BOB DYLAN

NEWS

TOUR

ALBUMS

SONGS

MEDIA

FINEART

COMMUNITY

FEATURES

STORE

COMPLETE UNKNOWN

                                                      

 

 

 

 

LE  NEWS

 

MAGGIE'S FARM

sito italiano di BOB DYLAN

creato da Michele " Napoleon in rags" Murino - curato da Mr.Tambourine

a

make your holiday in the peaceful Tuscan countryside

invia le tue mail a : spettral@alice.it

send your mail to : spettral@alice.it

il presente sito, amatoriale, non riveste alcun carattere commerciale, ma intende solo onorare l'artista cui è dedicato. I testi delle canzoni e le immagini che appaiono in questo sito sono coperti da copyright © ed appaiono a solo scopo illustrativo e di studio (diritto di citazione), appartenendo ogni titolo di proprietà e di utilizzo ai rispettivi autori ed editori. Gli aventi diritto potranno richiedere la rimozione delle pagine qualora si sentano lesi.  Nella nostra personale convinzione che questo sito, come altri simili, non possa che costituire di riflesso un veicolo promozionale. Ove possibile verranno riportate le fonti.

this amateur site has no commercial character, but will only honor the artist which is dedicated. The lyrics and images that appear on this site are copyrighted © and are for illustration purposes only and study (right to quote), and belong to each title and use to their respective authors and publishers. Rightholders can request removal of pages if they feel damages or injuried. Is our personal conviction that this site, as similar ones, can only be a reflection of a promotional vehicle. Where possible the sources will be listed.

a
 

La Fattoria è chiusa per ferie

ci vediamo a settembre

buone vacanze a tutti i Maggiesfarmers

 

a
Mercoledi 25 Agosto 2010

U2 - Knockin' On Heaven's Door, Moscow 2010-08-25  

______________________________________________________________________________________________________

Lunedi 23 Agosto 2010

Il 23 agosto 2009, in un caldo pomeriggio afoso, se ne andava Lanfranco,
in silenzio, da solo, colpito da un infarto mentre stava costruendo uno dei
suoi meravigliosi bassi “Telelan” col corpo in alluminio.
Membro fondatore dei Blackstones, era diventato un amico amato
e stimato da tutti quegli artisti che come lui suonavano la musica di Bob.
Impossibile dimenticarti, il tuo sorriso è sempre nei nostri cuori............!
The Blackstones : Mick, Frank, Riki, Darius, D.D.

REMEMBERING A FRIEND

 

Lanny Brush a.k.a. Lanfranco Veronelli

(Thanks to Al Diesan for this deep rendition)

 

a

Sabato 7 Agosto 2010

METROPOLIS
Bob Dylan tribute

Friday, August 27, 2010      9:30 PM - 11:30 PM
Lady Beach - Via Roma, 113 - Ladispoli


http://events.myspace.com/Event/6641304/BOB-DYLAN-TRIBUT

 

Mr. AntonDjango's band presenta
Like a Rolling Stone

la Storia del Rock e dei ’60 vista attraverso gli occhi di Bob Dylan

Sabato 28 Agosto
Piazzetta del Teatro – ore 21 - MOGLIANO VENETO


Like a Rolling Stone è uno spettacolo/concerto musicale che racconta la nascita del grande rock attraverso storie – aneddoti - immagini proiettate su schermo gigante e musica eseguita dal vivo. Il tutto si sviluppa attorno alla vita, musicale e non, di Bob Dylan soffermandosi sul periodo d’oro del rock (gli anni “sessanta”..) e sugli amici che assieme a Dylan hanno contribuito all’affermazione di questo genere quali Rolling Stones e Beatles, Jimi Hendrix ed Eric Clapton, Chuck Berry ed Elvis, ‘Creedence , Animals, Deep Purple… E ad accompagnare il pubblico in questa “colorata” passeggiata musicale sarà la AntonDjango’s Band, gruppo musicale Veneto presente sulla scena da diversi anni (nel curriculum della Band da ricordare l’esibizione
in occasione del concerto di Bob Dylan al Pistoia Blues 2006..).

www.likearollingstone.it                            www.mr-antondjango.it 

 

_________________________________________________________________________________________________________

Set list: Oklahoma City, Oklahoma - Zoo Amphitheatre - August 6, 2010

1. Leopard-Skin Pill-Box Hat (Bob on keyboard)
2. Don't Think Twice, It's All Right (Bob on guitar)
3. I'll Be Your Baby Tonight (Bob on guitar)
4. Stuck Inside Of Mobile With The Memphis Blues Again (Bob on guitar)
5. I Don't Believe You (She Acts Like We Never Have Met) (Bob center stage on harp)
6. Tweedle Dee & Tweedle Dum (Bob on guitar)
7. Spirit On The Water (Bob on keyboard and harp)
8. High Water (For Charley Patton) (Bob center stage on harp, Donnie on banjo)
9. Honest With Me (Bob on keyboard)
10. Forgetful Heart (Bob Center Stage on harp)
11. Highway 61 Revisited
12. Workingman's Blues #2 (Bob on keyboard then center stage on harp)
13. Thunder On The Mountain (Bob on keyboard)
14. Ballad Of A Thin Man (Bob center stage on harp)

(encore)
15. Like A Rolling Stone (Bob on keyboard)
16. All Along The Watchtower (Bob on keyboard)

__________________________________________________________________________________________________

La politica secondo Dylan

di Alessandro Carrera   

Il peso delle “canzoni di protesta” nel suo percorso. Torna il libro di Marqusee

La parabola di Bob Dylan da sconosciuto imitatore di folk singer a nume della canzone di denuncia, poi oracolo della controcultura, e infine sornione artigiano di canzoni biblico-country, è troppo bella perché non venga voglia di raccontarla ancora e ancora. È quello che ha fatto Mike Marqusee, giornalista e attivista politico, nato in America e residente a Londra, con il suo Wicked Messenger. Bob Dylan e gli anni Sessanta, uscito ora in Italia nella buona traduzione di Seba Pezzani (Il Saggiatore 2010, pp. 368, €20). Marqusee, che si definisce un ebreo anti-sionista, ha scritto su Muhammad Ali e sull’imperialismo inglese, sul cricket e sull’India. Wicked Messenger (il “messaggero malvagio” che, oltre a essere una citazione dalla Bibbia, è anche il titolo di una canzone di Dylan inclusa in John Wesley Harding) è una riedizione ampliata di un libro uscito nel 2003 con il titolo di Chimes of Freedom: The Politics of Bob Dylan.
Gli anni intercorsi e la revisione hanno fatto molto bene al libro, che nella prima stesura era gravato dal desiderio di trovare a tutti i costi una continuità politica nell’opera di Dylan. La prospettiva adottata adesso da Marqusee è più distaccata ma anche più ampia e soddisfacente. Perché ciò che molti ascoltatori di Dylan ancora non sanno, o preferiscono non sapere, è che il più grande autore di “canzoni di protesta” ha scritto tali canzoni, almeno esplicitamente, solo per tre anni, dal 1962 al 1964. Da allora, e di altri anni ne sono passati quarantasei, Dylan ha avuto più cambi di pelle di una colonia di serpenti, ma per moltissimi rimane quasi esclusivamente l’autore di Blowin’ in the Wind e The Times They Are A-Changin’ – canzoni significative ancora oggi, e che lui non ha mai rinnegato (le esegue ancora, se pur con una voce e un arrangiamento molto diversi – e come potrebbe essere diversamente?), ma che ormai sono solo la lontana scintilla di un fuoco andato poi in tutte le direzioni.
Però è vero che senza quelle canzoni, senza la partecipazione, per quanto limitata nel tempo, al movimento per i diritti civili, e senza le canzoni della svolta elettrica del 1965 (che erano “di protesta” anch’esse, a modo loro, solo che non protestavano più contro una stortura specifica della società, ma contro la coercizione connaturata con la società stessa e contro i suoi infiniti meccanismi di controllo), tutto quello che è venuto dopo (la svolta country, le grandi ballate narrative degli anni Settanta, la scelta religiosa poi fattasi meno esplicita, il recupero della tradizione folk e blues degli anni Novanta e addirittura della canzone da salotto inizi Novecento, come in alcuni brani degli ultimi dischi) non avrebbe lo stesso peso, non poggerebbe su fondamenta così solide e non susciterebbe le stesse reazioni, né negative né positive.
Bene, per chi non conosce ancora il Dylan degli anni Sessanta, o per chi vuole ripercorrerne la parabola, il libro di Marqusee è prezioso, documentato e ben scritto. Non segue solo Dylan, ma anche lo sviluppo dei movimenti politici del decennio, facendo spazio anche ad altre figure musicali, come Phil Ochs o Curtis Mayfield, che risultano utilissime per collocare meglio la controversa eredità del Dylan di quegli anni. Le tappe della ricezione politica di Dylan ci sono tutte: le reazioni alla sua partecipazione insieme a Joan Baez alla marcia su Washington del 1963, organizzata da Martin Luther King; le sue successive prese di posizione critiche nei confronti di tutti i movimenti politici dettate da un anarchismo artistico insofferente di ogni disciplina, il suo silenzio imbarazzato sulla guerra del Vietnam, la fedeltà alle radici del folk americano nella sua accezione più ampia, da Woody Guthrie a Hank Williams, il suo ritiro nella famiglia alla fine di un decennio troppo convulso. Marqusee aggiunge anche un capitolo finale nel quale accenna al Dylan più recente, non solo degli ultimi dischi ma soprattutto del film Masked & Anonymous e l’autobiografia Chronicles. L’autore discute con obiettività anche la parabola di Bruce Springsteen, mostrando come le canzoni che vogliono essere troppo esplicite, da Born in the U.S.A. a The Rising, sono anche quelle che invecchiano più facilmente o che possono essere più facilmente manipolate, il che dà quasi ragione a molta (anche se non tutta) della reticenza maturata da Dylan dopo gli anni Sessanta, quando il mondo era diventato troppo complicato perché si potesse ancora pensare di cambiarlo con una chitarra a tracolla.

(Fonte: http://www.europaquotidiano.it)

Se ti interessa acquistare il libro  clicca qui

____________________________________________________________________________________________________

Review: Austin, Texas - The Backyard - August 4, 2010

di Chris Bennett

L’inizio del tour estivo di Dylan negli Stati Uniti è stato 2 spettacoli in uno. E' stato un inizio tiepido con diversi standard familiari e tre dei suoi brani più opachi e più recenti.
Mentre la voce di Dylan era forte e chiara in tutto, tendeva a succhiare la melodia di questi classici, senza lasciare nulla di memorabile al loro posto - solo i testi eseguiti con poco zelo. Gli arrangiamenti sono stati allo stesso modo senza vita. Ma hey, è stata la serata di inaugurazione, e il sole non era ancora tramontato.
La sempreverde / versatile Lay Lady Lay, la canzone # 2, ha fatto sognare - nessun trattamento può mascherare quel pezzo stupendo e Dylan la cantava come se fosse stata la sua preferita. Ma nella canzone # 8 io ero avvolto in un miscuglio di cose, irrequieto, una sensazione di brontolio, non speravo più una svolta decisiva nello show. E poi è venuto. Cold Irons Bound mi ha liberato. Dylan era fuori con l’armonica, e lui, la band e la folla hanno ottenuto il loro primo assaggio di un arrangiamento vero e proprio, con la giusta dinamica quanto mai necessaria. Il rumore della folla è raddoppiato alla fine e una specie di "rumore rosa" si è instaurato da qui in avanti. Dylan e Sexton non mollano mai. Grazioso e speciale, un concerto che era appena decollato su un altro piano.. Non credo che i contributi di Sexton possano essere esagerati - quando Dylan ha davanti uno spartito (o due) da rispettare lui è molto meglio. E questo si aggiunge naturalmente alla sua prestazione vocale. Sexton non è un musicista appariscente, ma ha inventiva ed è avventuroso, e questa band mancava proprio di uno come lui.... I due sembrano avere più chimica musicale adesso, o Sexton è più libero di spaziare.
Suona figure che danzano intorno all’armonica ed alla tastiera di Dylan, la miscelazione era molto efficace. Il suono dell’armonica di Dylan era davvero sentito e tecnicamente impeccabile. Sono stato lontano per qualche anno dagli show di Dylan dal vivo, e ora, per me, la sua tastiera suona meglio - è più integrata nel suono generale - più interessante del suo lavoro di chitarra. Il mix di questo spettacolo, per inciso, è stato eccellente. Tre pezzi importanti nella seconda parte si sono messi in evidenza: Workingman's Blues # 2 – questa è una grande canzone - un omaggio alla Hag, come la sua roba migliore, anelli di verità difficili da ingoiare, ma anche un sacco di spirito. Non sono sicuro se Ivan Neville è stato ospite solo per questo show, ma ha aggiunto un certo peso con il suo lavoro di organo. Can’t wait, - grande dinamica, Dylan di nuovo al meglio vocale. "Thin Man – a Dylan piace ancora biascicare quetsa lirica - Mr. Jones è quello che ognuno di noi vuole che sia - drammatico, una sorta di versione spaventosa , stile 1966.
Non perdete Dylan con Sexton in questo tour, se potete

____________________________________________________________________________________________________

UNDER THE RED SKY – La mia opinione - di Bruno C.                clicca qui

____________________________________________________________________________________________________

Sam Shepard                                                                                           clicca qui

____________________________________________________________________________________________________

Le cover....

Professor Louie, Miss Marie, Julien Poulson and The Beards performed The Basament Tapes song 'Long Distance Operator' by Bob Dylan. Live in concert, Squero di Dolo, Venice, Italy, 2 August 2010.

 

Professor Louie: Piano, Vocal
Miss Marie: Vocal, Percussion
Julien Poulson: Acoustic Guitar
Max Magro: Electric Guitar
Andrea Tolin: Bass
Emanuele Marchiori: Drums, Chorus.

Maggie's Farm Southern Band - Slow Train

 

Ogni Granello di Sabbia - Renzo Cozzani (Every Grain of Sand, by Bob Dylan)

 

Dylan Dogs - You Are Gonna Make Me Lonesome When You Go (Bob Dylan cover)

 

Make you feel my love (Bob Dylan) The Blackstones

 

 

a
Venerdi 6 Agosto 2010

Bob Dylan and His Band at The Backyard at Bee Cave - Austin, Texas - 08/04/2010

 

Bob Dylan live in Austin,TX, Aug 4 2010 - LARS

 

Bob Dylan live 04082010 Austin,TX, Ballad of a Thin Man

 

Bob Dylan along the watchtower 08042010 Austin, TX

 

Bob Dylan Tangled Up In Blue

 

_________________________________________________________________________________________________________

Lo show di Bob , ancora uno spettacolo musicale o che altro ?
opinioni a confronto - L'opinione di Tommy stuck inside of Mobile       clicca qui

__________________________________________________________________________________________________________

Review: near Paddock Wood, United Kingdom - Hop Farm Festival - July 3, 2010

Bob Dylan, Fattoria Hop, Kent

di Holly Williams

L’ Hop Farm Festival ha confezionato alcuni “momenti” musicali, con una selezione dagli anni Sessanta e Settanta di pesi massimi per tentare di riconquistare i suoi giorni di gloria. Da Van Morrison a Blondie, Peter Green e Ray Davies. Ma il più grande è stato, ovviamente, Bob Dylan.
Non avendo mai visto prima Dylan, anch’ io ho atteso il set Sabato. Lui ha aperto con alcune canzoni da Blonde on Blonde, anche se a volte era difficile dire se era una canzone o un grugnito. La loro intonazione lirica e il ritmo erano piuttosto alterati, nel senso che devi arrivare a metà canzone prima di riconoscere cose familiari come l'opener "Rainy Day Women # 12 & 35". La voce era scheggiata e poco armoniosa, come quando ha gracchiato cantando "Oh, mamma, can this really be the end?" durante "Stuck Inside of Mobile with the Memphis Blues Again", sembrava che davvero stava sul punto di gracchiare.
Sinceramente la voce di Dylan non è mai stata armoniosa nel canto, ma il concerto ha cominciato a marciare dopo averla riscaldata con i primi pezzi. Il lavoro con l'organo Hammond e l'armonica è stato accolto con gioia dalla folla, e tutto è stato supportato da una band ben stretta intorno a lui.
Ma purtroppo c'era zero interazione con il pubblico, anche con l’aiuto di due schermi video che hanno mostrato solo una band coinvolta solo a metà - nessuna emozione sui volti intrisi nei pochi primi piani consentiti, è questo ha reso un po' difficile lasciarsi coinvolgere totalmente. Questa cosa è sembrata eccessiva anche per le legioni di fans più vicini alla stessa età di Dylan che ovviamente si erano spinti davanti alla barriera frontale per essere più vicino al loro idolo.
Tuttavia, la possibilità di ascoltare le versioni dal vivo di "Like a Rolling Stone" e "Forever Young" - le due canzoni meglio eseguite - certamente ha sollevato lo stato d'animo. Diverse migliaia di persone hanno cantato con entusiasmo “How does it feel?", si può essere sicuri che la risposta era "dannatamente bene".

(Fonte: http://www.independent.co.uk)

__________________________________________________________________________________________________________

Almost True - L'altra storia del rock                                                          clicca qui

__________________________________________________________________________________________________________

Le cover....

 THE BEARDS - BALLAD OF THIN MAN

 

The Blackstones + Renzo Cozzani - FOREVER YOUNG

 

Al Diesan & Slow Train Band - Beyond here lies nothing

 

 

a
Giovedi 5 Agosto 2010

Set list: Austin, Texas - The Backyard - August 4, 2010

1. Leopard-Skin Pill-Box Hat
2. Lay, Lady, Lay
3. Just Like Tom Thumb's Blues (Bob on guitar)
4. Stuck Inside Of Mobile With The Memphis Blues Again (Bob on guitar)
5. Beyond Here Lies Nothin' (Bob on guitar, Ivan Neville on keyboard)
6. Tangled Up In Blue (Bob on guitar)
7. Rollin' And Tumblin'
8. Tryin' To Get To Heaven
9. Cold Irons Bound
10. Workingman's Blues #2 (Ivan Neville on keyboard)
11. Highway 61 Revisited
12. Can't Wait
13. Thunder On The Mountain
14. Ballad Of A Thin Man

(encore)
15. Like A Rolling Stone
16. All Along The Watchtower

________________________________________________________________________________________________________

Gabrielle Desiree pics removed

Well done man, you great !
Billy Joe

Thanks Billy, appreciated :o)

____________________________________________________________________________________________________

UNDER THE RED SKY – La mia opinione - di Celio                       clicca qui

____________________________________________________________________________________________________

MR.SPACEMAN per DANIELE su UNDER

Allora stringiamoci la mano e ti chiedo anche io scusa se ti sono parso un po troppo sicuro delle mie opinioni.
Certo..tutti quegli aneddoti spero un giorno li rivelerai.
Un saluto grande a te e a Mr.Tamburine.

p.s: Non l'ho detto, ma comunque Under lo ascolto molto volentieri d'estate.

______________________________________________________________________________________________________

La mail di Francesca Chiarelli

Bella cosa questa pagina
http://www.maggiesfarm.eu/togetherlyrics.htm
... ma perché non le tieni tutte assieme dove hai già le altre?
http://www.maggiesfarm.it/ttt.htm
O almeno aggiungi il link qui:
http://www.maggiesfarm.it/peralbum.htm
Ci fai impazzire a trovarle...
Mi rendo conto che è un sito gigantesco e al punto caotico in cui è
difficile fare manutenzione. Forse posso darti una mano?
Hai fatto un lavoro magnifico e noi fan italiani te ne siamo
infinitamente grati.

Francesca Chiarelli

Cara Francesca, le pagine sono già tutte assieme, segui questo percorso: Homepage/blackboard/Tutte le traduzioni dei testi di Dylan - ti porterà a questa pagina che raccoglie tutte le traduzioni : http://www.maggiesfarm.eu/ttt.htm .

Capisco che a volte una ricerca possa diventare macchinosa o difficile, ma Maggie's Farm è diventato talmente vasto che queste difficoltà sono normali, bisogna avere un pò di pazienza e capire bene come funziona l'integrazione tra le due parti del sito, d'altronde non c'era altro metodo, inoltre ti dico che la separazione è stata volutamente mantenuta per salvaguardare e rispettare il lavoro di Michele Murino.

Per quanto riguarda la tua offerta di aiuto è molto gradita, fammi sapere in che modo pensi di potermi dare una mano così vediamo se possiamo trovare un modo funzionale per collaborare. Aspetto tue nuove, Ciao, Mr.Tambourine

Ti segnalo che nella tua pagina
http://www.maggiesfarm.it/ttt370.htm
ci sono due righe tradotte col tempo sbagliato:

invece di "non so se ti ho visto, se ti avrei voluto baciare o uccidere"
"probabilmente non te ne sarebbe importato niente comunque"
andrebbe "se ti vedessi, non so se ti bacerei o ucciderei"
"probabilmente non te ne importerebbe niente comunque"

Francesca Chiarelli

Come già ti ho già spiegato non posso intervenire sulle vecchie pagine di MF, comunque messaggio girato a Michele,  ciao e grazie :o) Mr.Tambourine

_________________________________________________________________________________________________________

Tributo a Bob Dylan, venerdì 6 agosto, ai Giardini d’estate modenesi   clicca qui

_________________________________________________________________________________________________________

Incontrando Bob Dylan.

Ho trovato girovagando qui e li' questo racconto di un fan di Dylan. Bello e curioso.
Stefano C.


Okay, lo ammetto. Io sono un fan – lo sono stato da molti anni , da molti più di quanto mi possa ricordare. Perché altrimenti non mi sarei appostato fuori dal più esclusivo hotel di Glasgow con una temperatura sotto lo zero. Avevo visto suonare Dylan l'anno prima a Glasgow, ed ero deciso a sacrificarmi nella fredda attesa per rivederlo.
Così, ero in attesa per cercare di riuscire a scambiare qualche parola con il grande uomo - e - se possibile, un autografo. Avevo preparato una piccola collezione di pezzi scelti con cura ai quali l' aggiunta della sua firma li avrebbe elevati a status di Santa Reliquia (il programma del tour del 1966; il programma dell’ Isola di Wight, una copia di "Writings and Drawings).
Era una di quelle serate incredibilmente fredde, quando il respiro provoca le nuvola di vapore, e per due ore o più, ho cercato di mantenermi in movimento solo per mantenere un certo calore nel mio corpo. Dio sa che cosa pensava la gente che stava dentro    l’albergo. Dovevo essere pazzo - ma io ero una delle uniche due persone lì, quindi ho pensato che avevo più che mai la possibilità di veder uscire Bob.
Alla fine, un autobus si fermò fuori dall' hotel, era l’ora del sound-check – la mia adrenalina aumentò. La porta dell’hotel si aprì e uscì un ……bodyguard. Per qualche istante non si mosse e guardò in cima alle scale per avere chiara la scena e, ovviamente, valutare i rischi per il suo datore di lavoro. Mi avvicinai e gli chiesi cosa ne pensasse circa la probabilità di ottenere un autografo e, sorprendentemente, mi disse che potevo provare, ma mi disse con garbo di non insistere se fossi stato ignorato per non creargli problemi con Bob. Andava bene così. Sapevo le regole. Ora, tutto quello che dovevo fare era aspettare l’arrivo di Bob e convincerlo a firmare qualcuna delle cose che tenevo in mano.
Dopo circa cinque minuti, quella che sembrava una vecchia "borsa-umana" è uscita dall’hotel indossando almeno tre giacche, una con il suo cappuccio tirato sulla testa. Le mani in tasca, sembrava prendere tempo per avviarsi verso il bus. Fu solo allora che fui certo – Era Bob Dylan. L’ho raggiunto con il programma del '66 ed una penna – lui li prese tutti e due. L'aveva fatto!
La realtà mi colpì, non stavo più davanti al suo bodyguard, era Bob Dylan che parlava con me. Mi dispiace, devo scriverlo che ancora una volta - era DYLAN che stava parlando a me. I miei sensi erano al culmine dell’eccitazione. "Che cosa è questo?" mi ha chiesto.
"Uh? E' il programma del tuo tour del 1966", risposi. La sua mano si mosse. La penna si spostava sempre più vicina al foglio del programma. Stava per firmarlo. La sua testa si rivolse verso l'alto. Guardò verso di me. L'espressione mi ha ricordato quella di un coniglio che sta per scappare. Bob guardò la sua bodyguard e guardandolo dritto negli occhi, gli disse: "uuhh!".
Il panico si impadronì di me, sentivo che dovevo fare qualcosa. Ero congelato in un momento di incredulità, ma qualcosa mi ha fatto dire: "Potresti firmarmelo, per favore?". La sua mano si trasferì di nuovo verso il programma, ma nella mia mente tutto quello che potevo vedere era sempre il coniglio che correva nel campo verso la sua tana e sentivo che questa sarebbe stata la fine. La sua mano si fermò. Eravamo entrambi immobili. Egli emise un breve ma oh, così significativo, "mmmmmm".
Mi sono reso conto che dovevo ammettere la sconfitta, ma sembrava che fosse Bob ad arrendersi alla mia richiesta quando distese le sue braccia verso di me, ma invece mi ridiede il programma e la penna. I suoi occhi erano tornati al buio sotto il suo cappuccio. Si voltò e salì sul bus. Avevo fallito.

(Fonte: http://www.rockmine.com/Meet.html)

 

a
Mercoledi 4 Agosto 2010

The Mail from Andy

Dear people at "Maggie's Farm",
I think you should not post any information about members of Dylan's family who do not seek publicity themselves.
Apart from invading on Dylan's privacy you put those you "expose" at risk.
It's OK to post about Jakob and Jesse, because they work in the entertainment industry, but please leave Dylan's other children alone!
If you care about Bob Dylan you should protect the privacy of those who are
probably dearest to his heart ­ his children.
Any information about Gabrielle should be removed from your site.
Thank you.
All the best, Andy

Cari amici di "Maggie's Farm",
Penso che non si dovrebbero pubblicare tutte le informazioni sui membri della famiglia di Dylan che non cercano pubblicità per se stessi.
A parte l'invasione della privacy di Dylan, si espongono queste persone a rischi.
Va bene scrivere su Jacob e Jesse, perché lavorano nell' industria dell' intrattenimento, ma si prega di lasciare gli altri bambini di Dylan da soli!
Se vi preoccupate per Bob Dylan dovreste tutelare la privacy di coloro che sono probabilmente più cari al suo cuore - i suoi figli.
Tutte le informazioni su Gabrielle dovrebbero essere rimosse dal tuo sito.
Grazie.
Tutto il meglio, Andy

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

Dear Andy,
Thank you for your advice and your comments, but I think you're exaggerating a bit, my post about Desiree it's only a curiosity that all the fans of Dylan have, they are not F.B.I.'s records. All photos posted on my site are available on The Internet.
However I think that basically you're right, so i removed all the photos of Desiree from my site.
Ciao, Mr.Tambourine

____________________________________________________________________________________________________

nhersey1, is not Desiree the girl in the picture

the photograph was removed to respect the privacy of Gabrielle Desiree Dennis-Dylan

that picture you have posted of desiree is NOT Desiree. she looks nothing like that.
nhersey

Thanks for the clarification, it seems that you know well Desiree in her current look, luchy you!

Ciao, Mr.Tambourine

______________________________________________________________________________________________________

La risposta di Daniele Ardemagni a Mr. Spaceman

Caro mr.Spaceman, forse ti sono sembrato un pò severo coi tuoi pareri ma non era mia intenzione portarti offesa..se così è stato me ne scuso.
Semplicemente volevo dirti che mi sei sembrato troppo severo con Under (che pure io considero un lavoro di serie B della produzione dylaniana ma come ripeto ci sono pezzi belli che purtroppo, almeno nel disco, non sono stati trattati come dovevano) e con altri che forse sarebbe il caso, visto che non lo hanno fatto in precedenza critici e pubblico, rivalutare. Qui parlo di album come Empire (o New Morning) il quale malgrado sia soffocato da arrangiamenti troppo anni '80 contiene a parer mio belle canzoni. Ma in quel periodo Dylan volle fare un disco che potesse vendere molto, un disco "alla moda" e il risultato non fu uno dei migliori né da un punto di vista musicalmente qualitativo né di vendite.
Poi parlando di aneddoti tutto quello che volevo dire è di separare l'uomo dal mito...come ripeto se Dylan si è comportato male con qualcuno sono cose che riguardano la sua coscienza non i suoi lavori...mentre gli aneddoti del "vecchietto travestito da barbone" arrestato perchè non creduto di essere Dylan o che in Mexico si travesta da donna per non farsi riconoscere li trovo divertenti.
Avrei anche pure io aneddoti da raccontare visto che conosco chi gli ha fatto da cicerone nei due giorni passati a Brescia nel 2001, ma non potendo attualmente avere il suo permesso non credo sia giusto raccontarli se non uno divertente: andarono a bere un caffè in città e Dylan portava il suo cappello da cow-boy; il barista non riconoscendolo (o manco sapeva chi fosse) ha chiesto loro se stavano andando ad ascoltare un concerto. Ci fosse stata la Pausini o Ramazzotti avrebbero magari consumato due rullini fotografici...va beh..
Al di là di tutto comunque me l'ha descritto come una persona discreta ma non orso come lo si possa pensare o come vuol far credere...anzi. Del resto credo sia difficile essere Bob Dylan, nel bene e nel male.
Ciao Mr Spaceman, ciao Mr Tambourine, tutto chiarito spero... Un abbraccio.

Daniele Ardemagni

Credo che siate stati "chiari, corretti e rispettosi " come si doveva. Continuiamo pure la discussisione con questo Fair Play, che naturalmente varrà anche per le prossime discussione che vorrete proporre. Non potresti convincere il tuo amico "cicerone" a darti il nulla-osta per gli aneddoti di Dylan ? Salutami tanto la tua gentilissima e graziosissima sorella, è nato Giacomo ? Mr.Tambourine :o)

______________________________________________________________________________________________________

UNDER THE RED SKY – La mia opinione - di Pietro De Bellis        clicca qui

______________________________________________________________________________________________________

Il nuovo mono-set di Bob Dylan, informazioni da Amazon

Il nuovo CD-Set di Bob Dylan, The Original Mono Recordings, uscirà il 19 ottobre, e costerà 129,88 dollari, secondo Amazon.com.

Album d'esordio di Bob Dylan in vinile, in mono, Columbia Records, cortesia Searching For A Gem

Ecco le informazioni:
Prezzo di listino: 129,98 dollari
Il titolo sarà reso noto all’uscita il 19 Ottobre, 2010.
Etichetta: Sony Legacy
ASIN: B003XRDYX2
Descrizione del prodotto:
Questo Box raccoglie i primi otto LP di Bob Dylan, dal suo album di esordio Bob Dylan nel 1962 a John Wesley Harding nel 1968, così come la maggior parte delle persone li aveva sentiti, e come sono stati registrati per essere ascoltati : in mono. --- Greil Marcus, tratto dalla note di BOB DYLAN: THE MONO ORIGINAL RECORDINGS

I primi 8 album di Bob Dylan in studio in mono per la prima volta su CD:
Bob Dylan
The Freewheelin' Bob Dylan
The Time They Are A-Changin'
Another Side Of Bob Dylan
Bringing It All Back Home
Highway 61 Revisited
Blonde On Blonde
John Wesley Harding

-Ogni CD è confezionato in digipak, come le precedenti ristampe di Bob Dylan
-60 Pagin, libro a colori con nuove note di copertina, foto rare, memorabilia, informazioni discografiche e molto altro
custodia rigida per tenere gli 8 CD ed il libro in digipaks (misure: 5.5 "L x 3" W x 5 "H)
 

The Times They Are A-Changin', Columbia Records, particolare del retro copertina, cortesia Searching For A Gem.

Inoltre anche il nuovo The Bootleg Series, vol. 9, dovrebbe essere pubblicato nello stesso periodo.

Articolo correlato: 'Isis' informazioni aggiornate sul Bootleg Series' Vol.9, il nuovo set di Bob Dylan

Serching for a Gem ha informazioni dettagliate sul vinile originale monofonico

Grazie a Expecting Rain.

Harold Lepidus, "Bob Dylan Examiner"
http://www.examiner.com/x-21829-Bob-Dylan-Examiner~y2010m8d3-Bob-Dylan-mono-box-set-More-information-from-Amazon?cid=examiner-email

______________________________________________________________________________________________

Review: St. Herblain, France - Zenith Nantes Metropole - July 1, 2010

La leggenda Dylan sul palco: Giù il cappello per Bob!

di Veronique Isabelle ESCOLANO et LaBarre

Bob Dylan allo zenit ieri sera, di 8.300 persone e un pozzo di fuoco.
"Per cercare noi stessi ed il Bob Bob Dylan che c’è dentro di noi”, ha scritto François Bon. Ieri, 8300 persone sono venute per il suo ritorno a Nantes. Molti boomers, ma non solo.
Ore 20,45, Bob Dylan appare alla chitarra vestito di scuro, la faccia nascosta dall'ombra del suo cappello, apre con Leopard Skin Pill-Box Hat. La voce c’è. Più cesellata, più grave ma dannatamente bene. La sua voce è adatta per sbancare tutti. E’ un pò annegata dai decibel, mi si adatta. Si collega con It ain’t me babe. Nel terzo pezzo, Stuck inside, inizia e finisce con l’ armonica e la tastiera. Ci sentiamo fortunati. Il caldo aumenta rapidamente tra la folla. I lampi dei flash investono l’uomo che si rifiuta ai fotografi professionisti.

Un maestro. Nella folla di spettatori, Jean-Louis Jossic. "Vengo a vedere il mio maestro. Se ho un idolo, è lui. Prima ancora di pensare che un giorno io avrei cantato, ero un suo fan assoluto. Io lo paragono a Van Gogh, con il culmine di Blonde on Blonde. Spero che al mio funerale, la gente penserà a cantare Absolutely Sweet Mary. "

Ho incontrato quattro ragazzi, tutti sui 25 anni, erano due settimane fa alla Hellfest, poi sono tornati allo Zenith per gli ZZ Top. Essi potranno anche parlare di Neil Young, dei Wild Cats ... La magia della musica. Dice Sylvain "Ho preso uno schiaffo in faccia quando uscì il suo primo album nel 1962, gli altri sono meno " dylaniens ", ma è importante sapere chi è Dylan. "Questa è un'occasione da non perdere”.

C'era Bob ... e Rimbaud. Hubert, 56 anni, capo della claque: fan tra i fans, è arrivato come se fosse uno di famiglia. E qualunque cosa accada, non sarà deluso: "Contrariamente a quanto talvolta si dice, ha una presenza scenica così intensa che supera anche Mick Jagger. Ha scosso la mia adolescenza. La prima volta che l’ho visto in concerto è stato nel 1972 all'isola di Wight. La sua musica era più folk che rock, aveva il gruppo intorno a lui. Dopo è stato diverso. Ma non siamo mai stati delusi da Bob. Accanto a lui, sua figlia Violaine, 22 anni. "Siamo stati educati in questa cultura. Dylan, Neil Young ... Dylan è il riferimento. Mentre i Doors o gli Stones si sono portati via più di un artista. E poi quale artista di oggi durerà quarant'anni? Non ce n’è un’altro! "

Nostalgia. Marie-Claire Ghislaine, anni cinquanta. E’ ricaduta nei suoi anni ‘70. "Siamo stati giovani. Lo abbiamo visto per 20 anni, ed è stato bello”. "Le nostre figlie hanno imparato la chitarra sui pezzi di Dylan”. "Sappiamo che vedremo qualcosa di molto pro. Ed i ricordi riaffiorano”.

(Fonte: http://www.ouest-france.fr/actu/actuLocale_-La-legende-Dylan-sur-scene-chapeau-bas-Bob-_40879-1432077------44109-aud_actu.Htm)

________________________________________________________________________________________________________

SCARLET RIVERA                                                                                    clicca qui

________________________________________________________________________________________________________

Sinead O' Connor: il ritorno della papessa                                              clicca qui

 

a
Martedi 3 Agosto 2010

Another picture of Gabrielle Desiree Dennis-Dylan

the photograph was removed to respect the privacy of Gabrielle Desiree Dennis-Dylan

______________________________________________________________________________________________________

UNDER THE RED SKY – La mia opinione - di Michele Lenzi         clicca qui

______________________________________________________________________________________________________

Video: Bob Dylan, Tom Waits and Muhammed Ali backstage



ciao, Alberto

_______________________________________________________________________________________________________

La risposta di Mr. Spaceman a Daniele Ardemagni

Caro Daniele.
Onestamente, con tono pacato, ti dico che quello a giudicare ed a "sputare sentenze" sei stato tu (riguardo quello che ho detto).
Io ho solo parlato dei dischi e dell'aspetto della produzione(attenendomi ai fatti storici e non inventando). Ho detto che SAVED è un brutto disco ma ho parlato della MIA opinione, sei tu che l'hai fatta apparire come un "giudizio Universale" dandomi del saccente presuntuoso etc. etc.
Io sono libero quanto te di dire quello che mi appassiona di Bob o meno.
Se vengo incuriosito dal fatto che abbia fatto licenziare un poveraccio lo scrivo quante volte lo desidero. Qui sei tu che hai messo a me i "limiti" a ciò che posso esprimere o non posso esprimere. Ma io sto parlando di Bob, dei dischi, non di Te e del tuo approccio a Saved o a Blood (ho solo fatto un osservazione su SAVED non su di te che lo ami). Io non sono nessuno per dire che REAL LIVE sia brutto, ma se lo penso e lo dico per quale ragione devi dire che io lo abbia espresso a nome di tutti?
Dato che non è vero?
Ho sinceramente parlato dei dischi. Colorando la cosa con aneddoti. Dove vedi questa saccenza? Nella vita capita di fraintendersi, quindi se sei d'accordo continuiamo a parlare di Bob liberamente e perdonami se puoi la mia determinazione sull'argomento. Nessuno si crede nessuno qui, ne tantomeno io che oltretutto ascolto molto volentieri TTL, SELF PORTRAIT e REAL LIVE.
Se sono rimasto colpito in senso negativo dal fatto che Bob abbia sempre terrorizzato i suoi musicisti perchè non posso dirlo? (non ci apro i dibattiti..sono cose che scrivo da contorno alla mia PERSONALE opinione sugli albums).
Spero in un pacifico chiarimento.
Mr.Spaceman

______________________________________________________________________________________________________

Jakob non può sfuggire all’effetto del nome Dylan

Ma Jakob ha certamente un innato talento come il papà Bob

di Mark Robertson

Il luccichio nei suoi occhi e il familiare birignao sono entrambi promemoria dell’inconfondibile al quale Jakob Dylan non può sfuggire. Quando tuo padre è uno dei musicisti più famosi del pianeta, è difficile allontanarsi dalla realtà.
E tuttavia sembra proprio il tipo di ragazzo che prende tutto sul serio.
Ha avuto, per sua stessa ammissione, "una educazione molto confortevole, ma - hey! - Non è un grosso problema con il papà che ho”. E se la sua mamma è Sara Lowndes, la famosa Sad-Eyed Lady of the Lowlands di Dylan allora è facile anche con lei.
Dopo tutto, egli avrebbe potuto cambiare il suo nome a mettere le persone al largo delle chiacchiere.
Invece, ha mantenuto il nome della famiglia e ha continuato a scrivere canzoni.
E la prossima settimana tornerà in Scozia per un imperdibile spettacolo all’ Arches di Glasgow, per promuovere il suo secondo album da solista “Women and Country”.
Anche se ha avuto diversi dischi di platino per le vendite in tutto il mondo degli albums con la sua band The Wallflowers, quasi sempre viene citato per essere il figlio di Bob Dylan.
Ma per quanto lo riguarda avere un papà superstar non è né una benedizione né una maledizione.
"Non lo so cosa sia più importante," conferma. "E' quello che è. L'unico modo che sia vantaggioso per me è che ho idee musicali che alcune persone non hanno".
"Quando ho iniziato a fare musica, ho pensato che il nome non sarebbe stato un grosso problema, ma avevo torto".
Lungi dal rinunciare prima di iniziare, Jakob ha trasformato l'avido interesse dei media per la sua famiglia in qualcosa che lo motivava.
"La verità è, è che lui è come un grosso elefante che circola nella mia stanza, così come lo è per tante altre persone."
E mentre Bob ha coltivato un'immagine pubblica come il trovatore con il cuore di pietra, Jakob insiste che invece Bob è sempre stato coerente con lui.
"Era affettuoso," dice. "Quando ero un ragazzino, era un dio per me. Lo dico come qualsiasi ragazzo che ammirava il suo papà e ha avuto un grande rapporto con lui. Non ha mai perso una sola partita di campionato della scuola che ho giocato. Ha raccolto ogni palla di home-run che io abbia mai colpito. Ed è ancora molto affezionato a me. "
E per un uomo come Bob Dylan, che ha prodotto una musica molto influenzante nel corso degli ultimi 40 anni, è forse inevitabile che ci siano punti in cui avrà sentito un pò di se stesso nel songwriting del figlio.
Ma quando si parla di questo Jakob è irremovibile, lui non scrive mai per compiacere il padre.
"Io penso che ci sono alcune cose che lui possa riconoscere", dice Jakob. "E lui le può apprezzare un pò più di altri. Sono abbastanza realista per sapere che alcune cose che ho fatto non sono necessariamente il genere di musica che funziona sempre.
"Ma io sono sempre emozionato se lui ascolta la mia musica, ed è sempre incoraggiante, lo è sempre stato".
Si ha la sensazione che il nuovo album di Jakob sia qualcosa che suo padre approverebbe. Women and Country è, dopo tutto, un bellissimo disco ricco di grandi melodie e testi fortemente riflessivi.
E' il seguito del 2008 nel modo di vedere le cose, che è venuto dopo un paio di album di successo con The Wallflowers negli anni '90. E Jakob insiste nell’affermare che per lui è stato il conseguimento di una sensazione senza tempo.
"Non voglio sembrare retrò," dice, "ma io non voglio scrivere per l’attuale, voglio solo scrivere qualcosa che suoni bene anche fra dieci anni. "E’ più facile dirlo che farlo, ma è necessario essere in grado di tirare fuori anche questo lato del songwriting."
Certo, avere uno dei più grandi cantautori viventi del pianeta in famiglia ha i suoi vantaggi.
"Sarebbe sciocco fingere non ci sono somiglianze," dice. "Ci sono molti autori che non si può dire che non danno forma alla loro vita creativa. Da adolescente, ho seguito il pop-rock inglese per poi scoprire che erano tutti fan di papà. Lui ha toccato tutti gli stili di musica."
Ma ci sono anche altri paragoni musicali, con cantautori come Elvis Costello, John Prine e persino Tom Waits.
Ma mentre suo padre era la voce del movimento folk, Jakob ha sfruttato l’ energia del punk. "Sarebbe una forzatura dire la mia musica non chiami in causa il mio stile di vita", ammette. "Non c'è nessun segreto su come è la mia vita".
Così cita artisti del calibro di The Clash che vivono la loro vita come una ispirazione di massa. Ancora oggi suona ancora una chitarra Fender Telecaster in omaggio a Joe Strummer.
"Sono cresciuto nei primi anni 80 ed è stato un bel momento, alcuni di questi gruppi sono stati molto popolari, ma anche in realtà molto bravi", ricorda. "Ero lì al momento giusto. E' stato un periodo esaltante”.

Di ritorno in California dopo aver lasciato il college a New York, Jakob ha formato The Wallflowers. Il loro debutto è stato epico, il loro secondo album “Bringing Down the Horse” vendette sei milioni di copie in tutto il mondo. Nel 1998, The Wallflowers hanno vinto due Grammy per la Migliore Canzone Rock e la Migliore Rock Band Performance nella stessa notte in cui l' album di Bob “Time Out Of Mind” ha vinto la categoria “Album Of The Year”.
Dopo le mega-vendite con la band, Jakob ha deciso di fare da solo proprio due anni fa.
"L'idea per il primo album è nata dalla frustrazione," dice "e realmente non avevo un’idea chiara su chi volevo a suonare con me", ammette. "Sono giunto alla conclusione che forse semplicemente non dovevo cercare nessun tipo di suono, dovevano essere solo le canzoni e basta."
Questa volta, Jakob ha voluto ampliare i suoi orizzonti con l’aiuto di T-Bone Burnett - che aveva anche lavorato con The Wallflowers. Burnett fa parte della aristocrazia musicale degli Stati Uniti, dopo aver scritto, prodotto e suonato per tutta una serie di nomi stellari tra cui Bob Dylan, Roy Orbison, Tony Bennett e Emmylou Harris.
T-Bone ha visto crescere Jakob, essendo stato in tour con Bob per la sua ormai leggendaria tournée 1975-1976 Rolling Thunder Revue.
Jakob dice di ricordarsi poco di quel tempo, ma da allora ha visto le sue foto da piccolo che dormiva a fianco del palco. "E' stata una corsa incredibile per tener d’occhio questo ragazzo da quando aveva cinque anni," dice T-Bone.
«L'ho guardato svilupparsi e continuare ostinatamente di fronte ad eventi che un sacco di altra gente avrebbe detto “All’inferno tutto”. "Non posso immaginare di dover fare grandi cose per seguirlo, il carattere di Jakob è chiaramente definito ed è con successo accattivante, il che la dice lunga anche su Bob come un padre. Non credo che Jakob abbia venduto un solo disco solo perchè è il figlio di Bob. "
Jakob Dylan ha imparato alcune cose nei suoi ormai 20 anni di frequentazione del settore della musica, ma c'è qualcosa che aveva ben imparato anche prima, mantenere le sue ispirazioni vicino al cuore.
"Sono stato intorno alla musica da quando ero molto piccolo, quindi la mia esperienza è iniziata solo quando ho iniziato a lavorare. Detto questo, non c'è un manuale di regole per queste cose, faccio le cose che mi vengono in mente, e un sacco di queste derivano dalla mia esperienza, e sì, lo so, anche da un paio di altre cose che vengono da persone che conosco ma non posso nominare".
"Non posso dirvi cosa sta succedendo dietro le quinte".
Mantenere le cose avvolte nel mistero, tale il padre, tale il figlio.

(Fonte: http://community.livejournal.com/ohnotheydidnt/49193231.html)

 

a
Lunedi 2 Agosto 2010

La misteriosa canzone dei Pooh

Ciao Mr. Tambourine,
in effetti, in relazione al discorso Dylan/Pooh, anche io avevo subito pensato - leggendo del brano di ispirazione dylaniana che i Pooh avevano pronto nel '67 (come da articolo citato da Sandro Neri nel libro dedicato alla celebre band di Facchinetti e soci)
che potesse trattarsi di "Brennero '66", che tu citi.
Però ho scartato l'ipotesi perchè quel brano era già stato scritto da Facchinetti e Negrini appunto nel '66, mentre Neri parla chiaramente di un brano del '67 o oltre, quindi una novità rispetto a "Brennero '66", che in effetti in qualche modo sarebbe stata anche avvicinabile a certe canzoni-denuncia del primo Dylan, visto che nel testo Negrini raccontava la triste storia di un uomo ucciso in un episodio di terrorismo in Alto Adige. A proposito, preciso che - a differenza di quanto riportato nel trafiletto da te citato - "Brennero '66" non fu scartata dai responsabili di San Remo per i capelli lunghi dei Pooh, quanto perchè il testo di Negrini era appunto molto coraggioso nella denuncia di un episodio così tragico e certo non in sintonia con il Festival dei Fiori fatto di canzonette abbastanza innocue e spensierate. Tanto è vero che poi il brano fu riutilizzato in seguito per l'altra manifestazione canora similare, il Festival delle Rose, ma Negrini fu praticamente costretto dalla casa discografica a modificare il testo, attenuandone la denuncia diretta, riscrivendolo in gran parte e puntando più sull'aspetto poetico che politico (e questa è la canzone
che poi i Pooh incisero nel loro album di esordio, "Per quelli come noi", del periodo discografico che li vide legati alla Vedette di
Sciascia).
Resta dunque il mistero di quale sia il brano "dylaniano" dei Pooh che a questo punto secondo quando riporta Neri dovrebbe
collocarsi tra il '67 e il '70, ovvero prima di "Opera Prima" (quarto album della band e il primo dopo il passaggio dalla Vedette alla CGD).
Io ho un sospetto che potrebbe trattarsi di "Waterloo '70", altro brano di denuncia (una protest song in un certo senso) a firma
Facchinetti/Negrini, con un testo molto drammatico in cui i Pooh denunciavano la follia della guerra in una canzone in cui il
protagonista si ritrova con i suoi compagni a combattere "in un'alba senza domani ... ma nessuno sa per chi". In un certo qual modo il brano potrebbe avere reminiscenze di brani come "John Brown" e "Masters of war", o di altri brani anti-militaristi dylaniani. Non ne sono però convintissimo al cento per cento. Quindi resta valido il mio invito ad indagare (se qualcuno magari ha contatti con Negrini o Facchinetti potrebbe chiedere lumi?).
Ciao a tutti, Michele "Napoleon in rags"
ps:
Ecco comunque il testo di "Waterloo '70"
WATERLOO '70
(Facchinetti/Negrini)
Nasce il giorno intorno a noi / chiaro è l'orizzonte ormai / mille sguardi freddi e lontani / in un alba senza domani.
Un minuto e poi / forse anche per noi solo il buio ci sarà.
Siam venuti fino qui / ma nessuno sa per chi / sembra tutto in un incubo strano / ed il mondo sembra lontano.
Ma la realtà fredda tornerà / quando il cielo brucerà.
Ci han portati sopra le nuvole / poi ci hanno gettati qui / dove i fiori muoiono subito / e nessuno chiede per chi.
La mia casa sta laggiù / dove il cielo è sempre blu / dove il vento canta di sera / la canzone di primavera / la mia donna è là e mi
aspetterà / finchè tutto finirà .
Ora il vento muove le nuvole / e le porta via con sè / morte è la minaccia terribile / ma che cosa resta di me?
L'erba presto crescerà / le rovine coprirà / e nasconderà gli occhi stanchi / di fantasmi lividi e bianchi / ma non basterà
un'eternità / per scordare la verità.
Anche nella mia città / più nessuno aspetterà / nel vento c'è una nuvola nera / che ha distrutto la primavera...

E, per la cronaca, ecco anche il testo di "Brennero '66", versione addolcita per essere accettata al Festival delle Rose dopo la
"censura" di San Remo.

BRENNERO '66 (Facchinetti/Negrini)
Ora non senti nessuna voce fra gli echi della sera / Tanto ma tanto silenzio lì intorno / non fa paura / si muore bene in silenzio.
E una campana tra i monti racconta alla gente lontana / di te che sei morto per niente lassù.

Nella tua casa di pietra bruciata / non han mai visto la neve.
Ora sul muro è rimasta soltanto quella tua foto / stringevi in mano il fucile.
E una campana in paese racconta a una donna che piange / di quel tuo fucile che non servì a niente.

T'hanno ammazzato quasi per gioco / per dimostrare alla gente / che tra quei monti la voce del tempo / degli uomini uccisi / non deve contare più niente.
E la campana un po' triste che a te sembra tanto lontana / potrebbe tacere e lasciare il silenzio per te.

Caro Napoleon, riporto la prima mail dove poni la questione:

La mail di Michele Napoleon in rags

Ciao a tutti i Maggiesfarmers,
sto leggendo il bel libro di Sandro Neri dedicato ai Pooh, "Pooh. La grande storia 1966-2006" pubblicato da Giunti (molto bello e che consiglio a tutti gli appassionati di musica italiana). Nel capitolo del 1967 viene riportato quanto segue:
"L'estate dell'amore è alle porte. Per la prima volta tutto il mondo si trova sintonizzato sulle stesse frequenze, quelle di Sgt. Pepper's dei Beatles. Il flower power, l'onda hippy arrivata dall'America, divide il beat italiano. La "linea gialla" di Lucio Dalla, Luigi Tenco e Gianfranco Reverberi, contro quella "verde" che ruota intorno a Mogol.
Ma intanto il primo obiettivo del nuovo anno (riferito ai Pooh, nota di Napoleon) è arrivare a Sanremo, come i Pooh dichiarano pubblicamente.
"Abbiamo già pronto il pezzo. E' una canzone favolosa, assolutamente nuova. Un genere a metà tra Bob Dylan e i fratelli Grimm. Adatto ai bambini grandi e ai grandi bambini" (...)
C'è qualche super esperto dei Pooh in ascolto che è in grado di dirmi a quale canzone si riferisce l'articolo?

Siete a conoscenza inoltre di altri collegamenti Pooh/Dylan? A parte quelli a me già noti, tra cui Roby Facchinetti che più volte interpretava "Like a rolling stone" e altri pezzi dylaniani negli anni sessanta (in uno strano stile anglo-bergamasco, ricordo di
aver letto su varie biografie), o Red Canzian che tra i suoi dipinti (è anche pittore) annovera anche un ritratto di Dylan, o naturalmente il recente pezzo dei Pooh "La casa del sole", splendida cover di "House of the rising sun". Fatemi sapere, grazie!
Ciao a tutti,
Michele "Napoleon in rags"

Per risolvere proverò a girare la domanda direttamente ai Pooh, sperando che ci possano dare la risposta esatta :o)

_______________________________________________________________________________________________________

La risposta a Mr. Spaceman - di Daniele Ardemagni

Caro Spaceman..mi sembri che tu pecchi un pò di superbia (senza offesa). Prima di tutto non ho detto che Saved è bello quanto Blood on the tracks. Ho detto "addirittura" che lo preferisco. Ma l'ho detto a nome mio...non come: "è così per me e deve essere così per tutti". Sono anche io musicista e qualcosa di musica credo di capirne, ma con questo non voglio convertire nessuno a ciò che penso. Quel che dico non è Vangelo ma solo un' opinione, non è un "giudizio" come fa qualcuno, vero...?
Dici che Shot of love è brutto? Beh, ti rispondo che se in un album trovi pezzi quali Every grain of sand, The groom's still waiting at the altar, Lenny Bruce e Proprierty of Jesus andrei piano con certe affermazioni...può non rientrare nei capolavori ok, puoi non condividerne le tematiche (come anche in Saved) ma da qui a bollarlo "brutto" come ti sei permesso di fare tu non mi pare molto democratico né di ampie vedute.
E' vero (e me ne ri-scuso per l'ennesima volta) che non amo Blood On The Tracks se non tre o quattro episodi (nelle versioni live fra l' altro) ma non mi sono mai permesso di dire che faccia schifo...se è piaciuto a molti ci sarà un motivo..se a me non è piaciuto del tutto e mi annoia avrò il mio.
Quanto ai pettegolezzi del licenziamento di un cameriere, o che Dylan si travesta da barbone o da donna per non farsi riconoscere, che certi musicisti hanno "paura" di lui non credo siano cose che interessino alla produzione dei suoi lavori o al pubblico. Sono cavoli suoi...ne risponderà lui alla sua coscienza se sono vere o meno certe cose che si dicono.
Il mio parere su Under l'ho già espresso e credo che ci siano delle belle canzoni in quell'album (a mio avviso almeno quattro o cinque), ma che non sia un lavoro finito del tutto bene..colpa di Dylan o dei fratelli Was o della Sony non me ne fotte..è un album così..una caduta dopo Oh Mercy dalla quale Dylan si è rialzato da anni ormai pubblicando capolavori negli ultimi tredici anni..da TOOM a Modern Times fino a TTL. Quindi può essere abbondantemente perdonato.
Gli album che siano belli o brutti non possiamo essere noi a dirlo..ognuno ha il suo parere ed il suo punto di vista..ci pensa la storia a promuoverli, a bocciarli o a rivalutarli..
Basta con questo fare da bacchettoni, da sapienti e da dotti; se ci si comporta così è inutile aprire "discussioni" se poi invece di esprimere pareri "si danno "giudizi" con dita puntate come se fosse "verità assoluta". Conosco gente a cui piace tantissimo Under come altri album di Bob presi a calci o fatti uscire sotto contratto forzato, come Self Portrait o Real Live..non è gente stupida o impreparata sull'argomento...è gente che con quei lavori possono anche avere dei ricordi particolari e quindi sono legati ad essi. Come chiunque di noi può avere con altri dischi o canzoni.
Ripeto...basta fare i saputelli...non si arriva a nessuna conclusione e si rischia solo di aprire diatribe e mezzi litigi su un argomento a cui tutti teniamo che risponde al nome di Bob Dylan. Che ne pensi Mr. Tambourine?

Daniele Ardemagni

Comimciamo dalla prima parte della tua mail. Certamente ognuno di voi esprime la propria opinione senza voler convincere nessuno, è solo e rimane la vostra opinione, valida per voi e magari non per un altro. Le opinioni ed i gusti sono strettamente personali e quindi non giudicabili da nessuno. Trovo inutile che vi scagliate metaforicamente uno contro l’altro, anche se questo da più sapore alla minestra ! Ognuno ha diritto di dire la sua e nessuno ha il diritto di contestarlo, questo per un principio di libertà e civiltà che vorrei fosse rispettato, anche se, lo ripeto, questi scambi di opinioni con attacchi personali sono molto belli ed intriganti, ma ripeto ancora una volta, non sono giustificabili. Devo anche compiacermi con tutti voi che finora avete scritto perchè avete gestito le vostre diatribe con una buona dose di civiltà senza mai cadere nel volgare o peggio negli insulti inutili.
L’argomento è il disco di Dylan "Under the red sky" ed ognuno può dire cosa non gli piace e perchè senza per questo dover essere contestato. Le idee ci stanno tutte, valide o meno, a seconda del metro di giudizio di ognuno di noi, quindi continuiamo a parlare del disco e del lavoro di Dylan con tutti i paragoni e le opinioni che vogliamo, ma evitiamo di commentare gli altrui commenti, altrimenti si rischia di entrare in un circolo vizioso e non uscirne più. Caro Emanuele, potrai non essere d’accordo con Mr. Spaceman, con me, con tutti gli altri, ma che importa, tu esprimi la tua idea e gli altri la loro. Questo non vuol essere un rimprovero per nessuno, serve solo per chiarire che certe cose alla fine servono a poco ed escono dal seminato.
Il fatto della pretesa di licenziamento del cameriere di Aosta che ha salutato Dylan incontrandolo nel corridoio è un fatto reale, di cronaca, che interessa molte persone, molte più di quanto tu possa pensare, è un momento della vita di Dylan, che può o meno contribuire a capire la sua intricata personalità. Che si sia travestito da donna e da barbone è sacrosanta verità, niente è inventato, ci sono tanto di fotografie a testimoniare questi ed altri fatti dei quali oggi non abbiamo parlato ma dei quali potremo parlare in futuro (per esempio: il famoso incidente in motocicletta c’è stato o no ? Gerry Garcia ha detto che non c’è mai stato nessun incidente, che Dylan si era solo ritirato dalla vita pubblica e dalle scene per disintossicarsi, per ritrovar se stesso e per godersi in santa pace il suo matrimonio con Sara che era stato celebrato da poco. Altre persone che hanno frequentato Dylan in quel periodo dicono la stessa cosa , altre invece giurerebbero sulla testa della loro madre che Dylan fu vittima di un terribile e drammatico incidente che rischiò di paralizzarlo e che lo sfigurò. Personalmente propendo per la versione di Garcia, mi sembra la più logica ed aderente alla realtà dylaniana di quel periodo, ma potremmo discuterne per mesi senza mai trovare un accordo, infatto sono 50 anni che se ne discute ancora, ed ognuno rimane sempre sulle sue posizioni). Questo per dire che tutto quello che riguarda Dylan interessa i fans, anche se la cosa può dar fastidio come nel caso delle latrine puzzolenti dello scorso anno. Tutto serve per cercare, e sottolineo cercare di capire come e da cosa è costruito quell’enorme monumento che risponde al nome di Dylan.
Che i musicisti hanno paura di Dylan non è un’invenzione, la cosa fu dichiarata da Tom Petty e confermata da Roger McGuinn, detta dalle loro labbra: Quando Dylan entrava nella stanza nessuno poteva parlare se non interpellato. Immaginati i poveri Freeman, Kimball, Recile ed Herron, sul palco tremavano dal terrore, ad accezzione di Garnier che dopo oltre 2.000 concerti con Bob forse ci aveva fatto il callo, ma sapeva che doveva stare zitto anche lui. Suonare per Dylan è certo un buon lavoro e penso anche redditizzio, ma credo abbia insito la necessità di star zitto al momento opportuno e di non parlare quando non sei stato interrogato. Non è un mistero per nessuno che Dylan viaggia da solo, mangia da solo, dorme da solo (forse), e vede i suoi musicisti solo sul palco per un breve sound check (e non tutte le volte) e per lo show. Quest’anno con Sexton le cose sono un pò cambiate, forse Dylan ha preso Charlie in simpatia e gli permettte cose che ad altri non sono mai state concesse, con la conseguenza che c’è più spazio anche per gli altri, infatti la resa della band quest’anno è molto diversa da quella dell’anno scorso. Dylan stesso sembra coinvolto e non annoiato come era evidente lo scorso anno, ed anche questo è un dato di fatto che interessa moltissime persone, e se Dylan fa degli show noiosi, banali ed improvvisati uno dietro l’altro come è successo l’anno scorso, alla fine anche lui deve giustificarsi con suo pubblico, cioè noi, quelli che paghiamo fior di quattrini per vederlo, infatti quest’anno le cose sono cambiate in meglio, non sono ancora al livello che potrebbero facilmente raggiungere con qualche piccolo altro accorgimento, per esempio un pianista ed un organista che sappiano suonare davvero, altro esempio sarebbe quello di evitare di fare assoli di chitarra come ogni tanto gli prende il bizzo di fare, Dylan non è mai stato una lead guitar e sarebbe molto meglio che lasciasse questo compito a chi sa eseguirlo come si deve.
Ti dirò inoltre che non è facile per un fan dylaniano, che sappiamo essere coinvolto a volte fino al fanatismo o all’integralismo più becero, accettare dischi di serie B da Dylan, per un fan Dylan è obbligato a dire cose sempre intelligenti, sempre profetiche, a scrivere sempre testi altamente letterari e sempre avanti nei tempi, le canzoni dovrebbero essere tutte all’altezza di Like a rolling stone, Forever Young, The Times e via di questo passo. Lui sbaglia spesso, (ogni tanto scrive cose come Wiggle Wiggle) perchè anche se è un genio ha in lui anche una parte umana simile a noi, ha anche lui i suoi cali, i suoi momenti no e le sue debolezze. Ma noi fans questo non lo ammettiamo, lo rifiutiamo, non perdoniamo, critichiamo il più pesantemente possibile con la più grande leggerezza. La verità sta sempre nel mezzo, a volte sbaglia lui e a volte sbagliamo noi, ma è la vita, pensa che noia se fossimo tutti perfetti o tutti scemi !
Trovo i tuoi scritti molto ben fatti, anche se qualche volta ti lasci prendere la mano e sconfini, ma spero che continuerai a scrivere su Maggie’s Farm. C’è una cosa finale che non mi trova in linea con te, TTL non è un capolavoro, è, nel metro-Dylan, un album in stile minore come tanti altri, così come di Blonde on Blonde c’è ne solo uno e basta. Dylan ha fatto altri capolavori nella sua carriera, ma nessuno all’altezza di Blonde. Almeno questa è la mia opinione, contestabilissima da tutti, ma resta sempre la mia opinione. :o)
Mr.Tambourine

___________________________________________________________________________________________________

Come è stato grave il brutto incidente in moto del 29 luglio 1966?

"A tutti piacciono le moto in qualche modo”, Bob Dylan, 3 dicembre 1965
 

  (Saturday Evening Post, July 30, 1966)

Il 29 luglio 1966, Bob Dylan ebbe un incidente motociclistico. Oltre a questo, non sappiamo esattamente  cosa sia accaduto quel giorno.

Ci sono molti che hanno speculato. Ci sono anche persone che affermano di sapere cosa è successo. Ma poiché questo si è verificato nei giorni prima di Internet e TMZ, gli eventi effettivi sono rimasti avvolti nel mistero per decenni. Dylan ha sempre sostenuto di aver avuto diverse vertebre rotte, ed è stato visto indossare un collare dopo l'incidente.

Quello che sappiamo è che a quel tempo la salute di Dylan sembrava avere un gran deteriorioramento, e il suo carico di lavoro era sempre più intenso. L’ "incidente" era una scusa che ha permesso a Dylan di porre fine a tutto. Nessuna apparizione in televisione, nessun libro, nessun tour. Si era preso il suo tempo per pensare, raggruppare, e trascorrere il tempo con la sua famiglia.

Da allora, molti si sono chiesti circa la reale portata dell'incidente, e le ragioni possibili per fare sembrare che fosse stato anche peggio. Mentre ci sono state molte teorie contrarie http://www.earthtimes.org/articles/news/208993,bob-dylan-had-no-motorcycle-accident-says-dutch-artist.html, Howard Sounes, nel suo libro, Down The Highway (Grove Press), ha fatto del suo meglio per studiare tutte le possibilità http://www.americanheritage.com/articles/web/20060729-bob-dylan-motorcycle-woodstock-methamphetamine-robert-shelton-howard-sounes-ed-thaler.shtml
. Ha scritto che Dylan aveva parlato col suo manager, Albert Grossman, in Bearsville, New York, nel luglio 1966. Dylan procedeva sulla sua moto, seguito in auto dalla moglie Sara. La maggior parte delle persone sulla scena sono d'accordo che c'è stato un incidente. Egli non è stato ricoverato in un ospedale vicino, ma spinto al suo medico, Ed Thaler, a 50 miglia di distanza, a Middleton. Egli passò la convalescenza a casa Thaler per sei settimane, anche se è non è mai stato chiaro quando questo soggiorno sia effettivamente iniziato. Thaler, e Dylan, insistono sul fatto che non era una farsa per disintossicarsi. Quando il regista cinematografico di Dylan, D.A. Pennebaker, è andato a visitare Dylan nel mese di agosto ", egli non sembrava essere stato coinvolto in un incidente."

Ecco alcuni dei pensieri di Dylan sul tema:

Jann Wenner (rivista Rolling Stone, 1969) : Che cambiamento ti ha fatto fare l'incidente motociclistico?

DYLAN: Cosa è cambiato? Beh, è ... mi ha limitato. E' difficile parlare del cambiamento, sapete? Non è il tipo di modifica che si può esprimere a parole ... Oltre al cambiamento fisico. Ho avuto alcune vertebre sballate; le vertebre del collo. E c'è davvero poco di cui parlare. Non voglio parlarne. Così alla fine, ho avuto il mio incidente di moto, che mi ha tenuto lontano da tutta la altre cose, ma non mi importava più di esse.

-------------

PLAYBOY 1978 : L'incidente motociclistico nel 1966 ha qualche relazione con la tua sparizione e il tuo bisogno di rilassarti?

Dylan: Beh, ora stai saltando indietro nel tempo .... Cosa stavo facendo? Non lo so. Ma è venuto il tempo. E' stato quando ho avuto l'incidente di moto? Beh, tenevo un andazzo piuttosto difficile e non avrei potuto continuare a vivere in quelo modo molto più a lungo. Il fatto che l'ho fatta ad uscirne è stato abbastanza miracoloso. Ma, sai, a volte hai delle cosew troppo vicine e devi allontanarti per essere in grado di vederle. E qualcosa di simile è accaduto a me in quel momento.


---------------

DYLAN, 1984 : Quando ho avuto questo incidente di moto ... Mi sono svegliato ed analizzato i miei sensi, mi sono accorto che stavo solo lavorando solo per tutte quelle sanguisughe. E io non volevo farlo. Inoltre, avevo una famiglia e volevo solo stare con i miei figli.

---------------

Dylan, sulla rivista Spin Magazine, dicembre 1985 : Nel 1966 ho avuto un incidente con la moto che si è concluso con diverse vertebre rotte e una commozione cerebrale. Che mi ha messo “fuori” per un pò. Non potevo continuare a fare quello che facevo. Ero abbastanza al limite prima di tale incidente. E quesslo mi mise così giù che ho potuto vedere le cose in una prospettiva migliore. Prima non avevo un qualsiasi tipo di prospettiva. Io probabilmente sarei morto se avessi continuato a vivere come stavo facendo.


-----------

Iintervista su Esquire con Sam Shepard : E' stato la mattina presto sulla cima di una collina vicino a Woodstock. Non mi ricordo nemmeno come sia successo. Sono stato accecato dal sole per un secondo. . . . Mi è capitato di guardare verso il sole con entrambi gli occhi e sono rimasto cieco per un secondo e mi ha preso il panico o qualcosa del genere. Ho calcato il piede sul freno e la ruota posteriore si è bloccata e sono trovato per aria che volavo.

---------------

In una conferenza stampadel 1965 a San Francisco, a Dylan è stato chiesto il simbolismo della moto nel suo songwriting e sulle copertine degli album. Potete vedere la sua risposta qui sotto, a partire dal minuto 1:29:
 

Harold Lepidus, "Bob Dylan Examiner"
http://www.examiner.com/x-21829-Bob-Dylan-
Examiner~y2010m7d30-Dylans-back-pages--How-bad-was-that-motorcycle-accident-on-July-29-1966-?cid=examiner-email

________________________________________________________________________________________________________

Accadde ieri - 1 Agosto 1971 - The Concert for Bangladesh

Quando Dylan suonò con George Harrison - di Salvatore "Eagle"               clicca qui


Concert For Bangladesh

Il Pakistan è uno strano Paese, diviso in due parti che distano fra loro migliaia di chilometri e che sono profondamente diverse per razza, cultura e lingua. Sono due isole islamiche separate dall'India indù; una parte occidentale più ricca e importante e una orientale, il Bangladesh, sempre trascurata e povera. Nel 1969 sembrò che la storia cambiasse, con elezioni democratiche che segnarono il riscatto delle popolazioni orientali. Ma il regime del Pakistan Occidentale rifiutò l'esito delle consultazioni e scatenò una guerra civile per mantenere il potere. Nessuno ha mai conosciuto le vere cifre di quei giorni; si parla di milioni di morti e di un numero ancora maggiore di profughi che dal Bangladesh fuggirono verso l'India per scampare alle persecuzioni. Di quella tragedia in Occidente arrivò solo l'eco ma qualcuno fece in modo che se ne sapesse di più; Ravi Shankar, per esempio, originario del Bengala, profondamente toccato dalle storie di violenza e miseria che amici e parenti gli raccontarono in quei giorni drammatici per averle viste con i loro stessi occhi. Shankar si propose di aiutare quei milioni di disperati in fuga usando la sua autorità di stimato maestro; e per fare le cose al meglio, coinvolse l'amico George Harrison, suo discepolo e guru ancora molto ascoltato dalla comunità rock. Siamo nella primavera 1971, i Beatles si sono sciolti da un anno ma il loro fantasma continua ad aleggiare. Harrison ha pubblicato da poco un album epocale, il triplo All Things Must Pass, arrivando al primo posto delle classifiche con una canzone che sarà la sua gioia e il suo tormento, My Sweet Lord. Il racconto dell'amico lo impressiona, la sua musica e la sua fama gli paiono armi che vale la pena di usare per una battaglia di civiltà. Decide di organizzare un concerto per aiutare i profughi e di farlo a New York, al Madison Square Garden, coinvolgendo gli amici che ci staranno. Shankar spera di raccogliere 25mila sterline per fornire aiuti, Harrison scommette su qualcosa di più - «i Beatles erano stati abituati a pensare che, se devi fare una cosa, la devi fare in grande - perché non puntare allora a raccogliere un milione di dollari?». Alla fine i milioni di dollari saranno più d'uno, anche se con i tristi fastidi che vedremo. «Passai tre mesi a telefonare a tutti quelli che conoscevo. Volevo che fosse un concerto unico nel suo genere, indimenticabile». Harrison si spende con generosità e ha successo. Coinvolge l'amico Eric Clapton, il fratello Beatle Ringo Starr, i quasi Beatles Billy Preston e Klaus Voorman e i nuovi amici americani Jim Keltner e Leon Russell - saranno il nucleo della backing band. Riesce a tirare dalla sua Bob Dylan, l'elusivo Dylan che ancora non ha deciso cosa farà da grande e negli ultimi cinque anni ha tenuto un solo show vero e proprio, all'Isola di Wight. Il signor D ci pensa, indugia, tentenna ma alla fine ci sarà, e sarà l'attrazione principale. Quasi tutto riesce a George. Il «quasi» si chiama John Lennon, il vecchio compagno con cui è rimasto in buoni rapporti che però sta attraversando uno dei periodi più polemici e inquieti della sua esistenza. John sarebbe anche disposto a partecipare ma vuole farlo con Yoko Ono, insostituibile partner di quei giorni. George è perplesso, si oppone, cerca di convincerlo a presentarsi da solo. La discussione va per le lunghe. Non se ne farà nulla. George e i suoi amici salgono sul palco del Madison Square Garden il pomeriggio di domenica 1 agosto 1971 e poche ore dopo tengono un secondo spettacolo, com'è abitudine a quei tempi - matinée e serata. I biglietti sono andati a ruba, ci sono i bagarini ad attendere 20mila persone a ogni show («e neanche un poliziotto», proclama fiero il manager Allen Klein giurando sulle buone vibrazioni della giornata). È un evento, un «devo esserci» ma anche un'occasione di buona musica, con l'inizio mesmerico di Ravi Shankar con sitar e piccolo ensemble e poi lo show di Harrison & Friends, e alla fine Bob Dylan. I quarantamila si divertono e con loro i milioni che acquisteranno il triplo disco che uscirà mesi dopo, attirati da quella compagnia di all stars. Non tutto riesce bene, e oggi viene da essere anche più severi, con la polvere del tempo; ma come non intenerirsi davanti a George che apre il suo cuore più melodico (Something, Beware Of Darkness) e chiede aiuto a Clapton per una replica dal vivo di While My Guitar Gently Weeps, il gioiello del Doppio Bianco? Anche quella è novità, emozione, le canzoni dei Beatles dopo Candlestick Park che volano via dai giradischi, atterrano su un palco, assumono nuovi colori. Gli amici sono bravi e intraprendenti. Ringo canta It Don't Come Easy, Leon Russell si lancia in una Jumpin' Jack Flash degna di Mad Dog & The Englishmen. Non sono più gli anni Sessanta, c'è un'aria dolce e incerta di pop, rock, country senza la smania di ricerca di qualche anno prima; e soffia forte un vento d'America, anche se il padrone di casa è inglese e parla, forse per emozione o per orgoglio, con un accento spiccatamente Mersey. Arriva Dylan, e fino all'ultimo è stato un giallo. «Avevo questa scaletta per sommi capi, e dopo Here Comes The Sun c'era solo l'indicazione Bob, con un punto interrogativo. E quando arrivai a quel momento dello show mi girai a guardare se c'era davvero, perché la sera prima si era agitato, aveva visto tutte le telecamere e microfoni in quello spazio immenso e aveva detto: ‘Senti amico, non è il mio posto. Non posso farlo. Devo tornare a Long Island, ho un sacco di affari da sbrigare.' E invece, quando mi voltai stava già entrando in scena, tutto nervoso, con la sua armonica e la chitarra. Era una situazione tipo ‘ora o mai più', e dunque annunciai: ‘Sono contento di avere portato qui un amico di noi tutti... Mister Bob Dylan'». Dylan è in un momento della sua carriera un po' così: New Morning, Watching The River Flow, i trent'anni appena compiuti. Nelle prove prima dello show, George gli ha chiesto se possibile di suonare qualche canzone vecchia delle sue, tipo Blowin' In The Wind, e lui si è inalberato: Perché, tu farai I Wanna Hold Your Hand? In scena però si placa, è gentile, concentrato, e così disponibile da proporre non solo il vecchio inno ma tutto un repertorio di classici: A Hard Rain's Gonna Fall, It Takes A Lot To Laugh, Blowin' In The Wind, Mr. Tambourine Man, Just Like A Woman. Li canta spostando un po' gli originali, inaugurando la serie delle riletture che con gli anni diventerà lunghissima - Mr. Tambourine spazzolata da un vento della prateria, Just Like A Woman e Blowin' In The Wind con piglio cowboyesco; ma le canta con la sua voce vera, vivaddio!, quel naso & gola & cuore che aveva marchiato l'immaginario degli anni 60 e con gli anni 60 era volato via, dalle parti di Nashville Skyline. Ne viene uno show non perfetto ma prezioso, da tenersi stretti; anche perché passeranno altri anni prima che Dylan decida di ritornare, questa volta regolarmente, sulle scene. Harrison chiude il concerto con una commossa Bangladesh scritta per l'occasione, poi affida quella giornata al marketing. Uscirà un disco triplo, vendutissimo, e un film che in quegli ingenui giorni sazierà la fame di tanti appassionati rock specie nelle province più lontane, come la nostra. Oggi mettono disco e film sullo stesso piano, circonfusi di gloria e storia, ma non è proprio così. George amava l'album e molto meno quello che uscì nei cinema, frutto di un progetto che considerava inaccurato. Lo scrive a chiare lettere nell'autobiografia di I, Me Mine, se qualcuno si prende la briga di andarsela a leggere (da qualche tempo è disponibile anche in traduzione italiana, pubblicata da RCS Libri Illustrati). «Quelli di Allen Klein girarono il film e il film non fu fatto bene. Dopo il primo concerto scendemmo dal palco che eravamo quasi fritti dai grandi riflettori bianchi. Le luci del palco non si erano viste per nulla. Domandai al tecnico delle luci cosa fosse accaduto, e lui rispose che gli avevano detto di tenere accese le luci bianche, e uno di loro disse: ‘Ma no, non abbiamo bisogno di quelle luci per girare il film', ma dentro di sé pensava: ‘Ah ah, ormai comunque lo abbiamo girato, adesso per il secondo spettacolo possono anche usare le luci colorate'. Il secondo spettacolo è stato a mio avviso migliore. Le luci erano molto belle però il film non ‘venne fuori'. La cinepresa al centro sul fondo del Madison Square Garden girò una pellicola completamente buia, con solo una puntina di luce al centro, e non si vedeva niente. Un'altra cinepresa, sistemata a metà dell'edificio, sulla destra, era difettosa. Sulla sinistra, a metà, c'era una terza cinepresa, che aveva dei grossi cavi elettrici che pendevano davanti all'obiettivo, e rimasero lì per tutta la durata del concerto, Così ci restavano soltanto la cinepresa nella buca dell'orchestra di fronte al palco e quella a mano, che però non aveva la sincronizzazione fra immagine e suono. Il film che potete vedere è il risultato di un sacco di manipolazioni. Per esempio la mia prima canzone, Wah Wah, nel film è il risultato dell'edizione di dodici tagli di montaggio. Tre di questi sono veri, gli altri nove finti. Abbiamo dovuto mettere insieme riprese diverse da postazioni diverse. Abbiamo dovuto selezionare parti di inquadrature di alcune riprese e poi ingrandirle, con il risultato che appaiono molto sgranate - una cosa stupida da farsi. E ci sono altre cose che sono andate storte». Ma i fastidi del film sono nulla rispetto alla lite con il fisco che nascerà da quel concerto. Gli agenti americani non riconosceranno mai la natura benefica dell'evento e i proventi dello show, del disco e del film resteranno congelati su un conto bancario per anni, in un turbinio di ricorsi, citazioni, interventi legali: una cifra fra gli otto e i dieci milioni di dollari. Sarà una delle grandi amarezze della vita di Harrison, insieme alla memorabile causa per il plagio di My Sweet Lord affrontata in quello stesso periodo. Ma quello che alla fine importa è che il nobile Beatle riuscì nel suo intento, «suscitare molta attenzione sul Bangladesh, a far circolare la notizia», e per usare sempre la viva voce di George nell'autobiografia (siamo alla fine degli anni Settanta), «ancora oggi mi capita di incontrare camerieri in ristoranti bengalesi che mi dicono: ‘Oh, lei, signor Harrison! Quando eravamo nella giungla a combattere era bello sapere che qualcuno là fuori si stava preoccupando per noi». The Concert For Bangladesh, il disco, in origine era un triplo vinile in una elegante scatola, con un fascicolo ricco di illustrazioni. Ora è diventato un boxettino tascabile di due cd dove tutto è in miniatura. Ci sono i brani dell'originale, remixati, più un inedito: una Love Minus Zero/No Limit di Dylan dal concerto pomeridiano. Anche il film ha subito un restauro e ora viene proposto in doppio dvd (Warner Music Vision). Nel primo disco c'è il film di Saul Swimmer che spopolò nei cinerock degli anni 70. Nel secondo tutta una serie di special features piuttosto interessanti: un documentario rievocativo dei protagonisti (anche George, intervistato prima della morte), rare immagini dalle prove, dal soundcheck e dal concerto pomeridiano, e una serie di brevi inserti vari fra cui due sul "making" del film e dell'album. (riccardo bertoncelli) George Harrison & Friends - Concert For Bangladesh (Epic, 2CD) ***½
(Fonte: http://delrock.it/album/0/concert_for_bangladesh.php)


The Concert for Bangladesh - George Harrison & Friends

Il concerto per il Bangladesh ha segnato un'epoca. E' stato il primo esempio noto globalmente di concerto organizzato per raccogliere fondi a scopo benefico. Era il 1 agosto 1971, e in quel periodo il giovane stato asiatico stava vivendo momenti drammatici. Già conosciuto con il nome di Pakistan orientale, aveva deciso di diventare indipendente dal governo di Islamabad che scatenò un conflitto. L'India corse in aiuto della nuova nazione, ma ovviamente della guerra ne fece le spese la popolazione civile. George Harrison, svincolato dall'esperienza Beatles, raccolse con sé grandi stelle della musica sul palco del Madison Square Garden di New York. Non c'era ancora la strada della televisione via satellite come nel recente caso del Live 8, a raccontare l'evento in tutto il mondo. Però c'era il cinema e presto il grande schermo celebrò, grazie alla regia di Saul Swimmer, il concerto che uscì poi in triplo vinile e doppia audiocassetta. Ovvio che nella riscoperta attuale (benemerita) di materiale da riversare su Dvd ecco che non poteva mancare anche questo grande evento.



George Harrison al concerto per il Bangladesh

Esiste anche il doppio Cd rimasterizzato, ma l'immagine è sicuramente più importante nel caso di un concerto come il Bangla Desh. Perche è bello vedere come iniziò: sul palco salì un uomo indiano dalla piccola statura, sempre sorridente, di nome Ravi Shankar. Suonava uno strumento a molti sconosciuto, il sitar, complicato e affascinante nel suono e nella forma. Eppure il mondo della musica popolare e del rock'n'roll aveva già iniziato a conoscerlo come ispiratore di alcune atmosfere dei Beatles (soprattutto del già citato Harrison) e per la partecipazione al Festival di Monterrey, precedente alla grande kermesse di Woodstock. Shankar, nella prima facciata in vinile del triplo album, presentò un lungo brano chiamato Bangla Duhn. Grazie a questa partecipazione, la musica indiana e l'arte di Shankar iniziarono a fare breccia nel pubblico e in tanti artisti che vollero collaborare con lui: da Yehudi Menhuin a Philip Glass, Jean-Pierre Rampal e tanti altri. Poi i musicisti come Billy Preston, solista in That's the way God planned it, Eric Clapton, Leon Russell, Ringo Starr, Klaus Voorman al basso, Jesse Ed Davis alla chitarra, il gruppo Badfinger, la sezione fiati diretta da Jim Horn. E poi Bob Dylan, segnando un momento particolare di un evento già di per sé memorabile. L'arrivo di Dylan cambiò tutto, almeno per i brani che lo videro protagonista. Abbandonò il pianoforte per imbracciare il basso (così come faceva nella band di immortalata in Mad dogs & Englishmen), Ringo Starr scese dalla batteria e prese in mano il tamburello. Harrison restò come chitarra solista accanto a Dylan, chitarra acustica, armonica e inconfondibile voce. Bene, a questo puntro troviamo subito un grosso, enorme difetto: l'assenza di Mr.Tambourine Man. Non solo per la riconosciuta bellezza del brano, ma proprio perché nel film aveva un suo ruolo importante grazie anche al boato del pubblico che già in precedenza aveva accolto con entusiasmo Blowin' in the Wind. Non è certo l'inclusione di Love Minus Zero/No Limit (uno dei tre brani inediti del secondo Dvd, con il quartetto ricordato in precedenza) a poterci consolare. Ovvio che salutiamo con favore invece la riproposta della conferenza stampa le testimonianze (il Leon Russel di oggi è tutto da vedere, i capelli e la barba ci sono sempre: bianchissimi), gli inserti con la lavorazione del film. Ma soprattutto il concerto non ha assolutamente perduto il suo fascino: come se la pellicola fosse il ritratto di Dorian Gray. Per quanto riguarda l'edizione de luxe completano la confezione un bel libretto con foto del concerto, alcune cartoline con il logo The George Harrison fund for Unicef, la riproduzione delle parole di Bangladesh e del manifesto originale.

[Michele Manzotti]
(Fonte: http://www.drammaturgia.it/recensioni/recensione2.php?id=2795)



George Harrison

George Harrison ha sempre sostenuto di essere nato un giorno prima della data di nascita che gli è sempre stata attribuita, e cioè il 24 febbraio. In realtà, questa affermazione è stata in un certo senso sconfessata dalla sorella Louise, secondo la quale la loro madre scrisse sul proprio diario che George venne alla luce dieci minuti dopo la mezzanotte del 25 febbraio.

Cresciuto in una famiglia operaia (il padre era un autista di autobus), George era il più piccolo e timido di quattro figli. Molto presto la madre si accorse della sua passione per le chitarre (le disegnava sui quaderni scolastici) ed acconsentì a comprargliene una di seconda mano al porto di Liverpool. Era una Gretsch modello "Duo Jet" da cui George non si sarebbe mai più separato e che, molti anni dopo, avrebbe mostrato orgogliosamente sulla copertina dell'album Cloud Nine (1987).

George imparò a suonare quando era adolescente, nel periodo dello skiffle, vale a dire nella seconda metà degli anni cinquanta. Nel 1956 fondò assieme al fratello maggiore e ad alcuni amici il gruppo dilettantistico dei "Rebels". Poco dopo, nel 1958, il compagno di scuola Paul McCartney, notato il suo talento, lo presentò a John Lennon, che aveva fondato il gruppo dei Quarrymen. Vista la giovane età (appena quindici anni) Lennon, che era il leader del gruppo, non lo accettò subito ma ritenne la sua bravura indispensabile per la crescita musicale del complesso. George iniziò quindi a seguire i Quarrymen, suonando sporadicamente la chitarra quando era assente il chitarrista ufficiale, fino a diventarlo a tutti gli effetti nel 1959, poco prima che il gruppo cambiasse il nome in Beatles.
Nel corso del primo ingaggio ufficiale dei Beatles nel 1960 ad Amburgo, è rimasto celebre l'episodio legato al suo rimpatrio forzato in Inghilterra in quanto ancora minorenne e non autorizzato al lavoro.

Il ruolo nei Beatles
All'interno del gruppo Harrison ricoprì un ruolo non certamente marginale, come accompagnatore ai più prolifici e quotati colleghi Lennon & McCartney. Per i primi anni le sue prove compositive non furono frequenti, tuttavia, la sua voglia di smuovere i ritmi poveri dello skiffle e di dare alla chitarra un ruolo più predominante nei fraseggi del rock furono fondamentali per l'evoluzione musicale del complesso.

La prima composizione firmata da Harrison come compositore individuale fu Don't Bother Me, inclusa nell'album With The Beatles (1963), poiché la strumentale Cry for a shadow, risalente ai tempi di Amburgo, era co-firmata insieme a Lennon. George prese quindi coraggio e continuò a scrivere: altre sue canzoni da ricordare sono I Need You, If I needed Someone (entrambe del 1965), Taxman e I Want To Tell You (1966),segni evidenti della sua crescita musicale e della graduale emersione del suo talento. Tra l'altro, nel 1964, sul set del film A Hard Day's Night, George conobbe la modella Patty Boyd: i due si sposarono all'inizio del 1966.

A partire dal 1965 Harrison iniziò a cercare una propria identità musicale al di fuori del contesto dei Beatles. Conobbe il maestro indiano Ravi Shankar, con il quale iniziò a studiare ed a suonare il sitar. Il suo interesse per l'Oriente lo portò quindi ad abbracciare, più dei compagni, musica e religione indiana. Successivamente, tracce evidenti di questo suo interesse sarebbero affiorate in molte canzoni, sia con i Beatles sia come solista. Harrison fu tra i primi ad innestare strumenti orientali nel rock, e durante la permanenza con i Fab Four, suonò il sitar nelle canzoni Norwegian Wood (This Bird Has Flown) (1965), Love You To (1966), Within You, Without You (1967) e The Inner Light (1968), le cui basi musicali vennero incise interamente a Bombay da musicisti del luogo. I frequenti soggiorni in India comportarono per lui diversi viaggi, nei quali presto non fu più seguito dagli altri tre Beatles.

Nel secondo periodo di attività dei Beatles Harrison assunse un ruolo di primo piano, sia come chitarrista, affinando uno stile di chitarra inconfondibile, sia come autore originale ed intenso di alcune splendide canzoni come While My Guitar Gently Weeps (1968), Here Comes The Sun e Something (entrambe del 1969), quest'ultima suo personale capolavoro, la seconda delle canzoni dei Beatles più incise da altri cantanti[senza fonte]. Divenne inoltre un importante riferimento per molti chitarristi dell'epoca. Il suo talento non tardò a farsi sentire, benché fosse fortemente limitato da Lennon e McCartney che verso di lui mostrarono sempre l'atteggiamento di chi è più grande. Il carattere schivo ed introverso non gli consentì di ottenere il giusto spazio all'interno del gruppo. Questa situazione fu per lui motivo di frustrazione ma anche stimolo competitivo.

Considerato da sempre, alcune volte a torto, "il terzo" dei Beatles, in qualità di autore e produttore Harrison fu in realtà molto più attivo di quanto si creda. Alla fine degli anni Sessanta furono infatti numerose le sue produzioni per la Apple a favore di artisti come i Badfinger, Billy Preston, Jackie Lomax e Radha Krishna Temple. Desideroso di intraprendere progetti individuali e sempre incline alla sperimentazione musicale, in quel periodo Harrison si cimentò inoltre, per l'etichetta sperimentale Zapple, in musica d'avanguardia per film con Wonderwall Music (1968), colonna sonora di sapore orientale e con Electronic Sound (1969), un esperimento non troppo riuscito di musica elettronica.

L'esordio come solista
Quando i Beatles si sciolsero Harrison aveva solo ventisette anni. Aveva comunque trovato la sua identità musicale ed era pronto per iniziare la carriera solista. Il vero e proprio esordio avvenne con All Things Must Pass (1970), un album ambizioso e di grossa mole in cui poté mettere pienamente in luce la maturità artistica raggiunta. Il disco è triplo, co-prodotto con Phil Spector e registrato con Eric Clapton e Dave Mason, ed è unanimemente considerato il suo capolavoro. Quando uscì sorprese notevolmente la critica, che aveva sottovalutato per lungo tempo il talento del chitarrista ed ottenne un notevole successo di pubblico, arrivando a vendere la sorprendente quantità di circa sei milioni di copie in tutto il mondo, di cui circa la metà negli Stati Uniti. Il pezzo forte dell'album era il singolo My Sweet Lord, brano di enorme successo più tardi accusato di plagio per avere la melodia troppo simile a quella di He's So Fine, un successo delle Chiffons risalente ai primi anni sessanta.

La causa di plagio tra My Sweet Lord e He's So Fine è senza dubbio una delle più lunghe e controverse che si ricordino. Arrivò in tribunale nel 1976, ben cinque anni dopo la denuncia, e terminò inizialmente con una sentenza secondo cui Harrison aveva inconsciamente plagiato la canzone quando questi insistette che gli venne spontanea. Harrison fu per questo accusato di "plagio inconsapevole" e gli venne comminata una multa di oltre 1.600.000 dollari. Il fatto più sconcertante per lui fu che la canzone che gli diede maggiore successo gli fece conoscere anche l'onta del tribunale. In seguito si scoprì, però, che il suo manager di allora Allen Klein faceva il doppio gioco, "comprando" il caso e cercando di acquistare per sé i diritti di He's So Fine. In questo modo, Harrison avrebbe dovuto pagare la multa comminatagli dal giudice al suo ex-manager. Di conseguenza, fu intentata un'altra causa, che terminò nel 1990 con la cessione ad Harrison dei diritti della canzone plagiata nei mercati più importanti dietro il pagamento delle sole spese che Klein sostenne, pari a 576.000 dollari.

Il concerto per il Bangladesh
Nell'estate del 1971, rispondendo ad un invito di Ravi Shankar, Harrison organizzò in prima persona il celebre Concerto per il Bangladesh, iniziativa benefica a favore delle popolazioni di profughi dalla guerra civile tra India e Pakistan che portò alla costituzione dello stato del Bangladesh.
L'evento, che sarebbe diventato il suo "fiore all'occhiello", fu la prima iniziativa musicale di beneficenza di ampia portata ed ebbe una risonanza mondiale. Il 1º agosto furono organizzati due spettacoli dal vivo al Madison Square Garden di New York che fecero registrare il "tutto esaurito" grazie alla presenza di ospiti illustri quali Bob Dylan, Ravi Shankar, Eric Clapton, Leon Russell e Ringo Starr.
Gli spettacoli furono seguiti da un pubblico di circa 40.000 spettatori. Il secondo concerto fu registrato e pubblicato sul triplo LP live intitolato The Concert for Bangla Desh (1971), che ottenne un notevole successo in tutto il mondo.
Dall'evento fu ricavato anche un film concerto dallo stesso titolo (1972). George Harrison e Ravi Shankar ricevettero poi il premio Child Is The Father of the Man dall'UNICEF, come riconoscimento per gli impegni umanitari, mentre il doppio album ricevette il premio "Album dell'anno" ai Grammy Awards del 1972.
Considerando la portata dell'evento, gli intenti benefici furono tuttavia raggiunti soltanto parzialmente. Nel corso del 1972, i funzionari del Fisco americano sollevarono varie questioni in merito ai proventi raccolti dal concerto e dalle iniziative connesse.
L'album, tra l'altro, non fu considerato una pubblicazione benefica, con la conseguente applicazione sui proventi della normale tassazione per le pubblicazioni standard. Una parte consistente dei fondi raccolti rimase quindi bloccata fino al 1981.
Fu un duro colpo per Harrison, che rimpianse per lungo tempo il fatto di aver organizzato il concerto in fretta (cinque settimane soltanto) e di non aver istituito, causa i tempi ristretti, una fondazione benefica a cui destinare subito e senza problemi tutti i fondi raccolti.

Gli anni Settanta
Come riflesso dei suoi interessi umanitari e soprattutto dopo le spiacevoli vicende fiscali seguite al Concerto per il Bangladesh, nell'aprile 1973 Harrison istituì la Material World Charitable Foundation, una fondazione con cui volle supportare attivamente vari progetti di beneficenza in tutto il mondo. Alla fondazione decise di donare i proventi dai diritti d'autore di alcune canzoni incluse nel suo album successivo, Living in the Material World, che ancora una volta fece registrare vendite molto alte, forte del successo dei singoli Give Me Love (Give Me Peace On Earth),che comunque dimostrarono che George era interessato più alla spiritualità che alla materialità.
Nel 1974 Harrison fondò una propria etichetta discografica, la Dark Horse Records, la cui prima scrittura andò all'amico e maestro di sitar Ravi Shankar. Con lui l'ex-Beatle effettuò, tra novembre e dicembre di quello stesso anno, una tournée di cinquanta concerti tra gli Stati Uniti ed il Canada. L'evento avrebbe dovuto tra l'altro promuovere l'uscita dell'album Dark Horse e del singolo omonimo. Harrison aveva gravi problemi alla voce ma non fu possibile annullare la tournée, che fu un fiasco finanziario e ricevette critiche pesantemente negative da parte della stampa americana, compromise seriamente le vendite del disco e addirittura la reputazione di Harrison all'interno del business discografico. Le reazioni negative suscitate dal tour americano contribuirono, almeno in parte, a favorire il graduale distacco di Harrison dalla ribalta. Tra le sporadiche apparizioni della seconda metà degli anni Settanta si ricordano una partecipazione televisiva al programma Saturday Night Live con Paul Simon nel 1976 ed una piccola parte in All You Need Is Cash (1978), un graffiante film parodistico di Eric Idle (del gruppo di comici inglesi Monty Python) sulla storia dei Rutles, una banda fittizia che prendeva in giro i Beatles.

Due passatempi, in questo periodo, iniziarono ad assorbire molto del suo tempo libero: la passione per le corse automobilistiche di Formula Uno, che lo vide ospite frequente tra il pubblico degli appassionati in varie parti del mondo, e la cura attenta per lo splendido parco della sua tenuta di Friar Park, nei pressi di Oxford.

L'artista continuò a pubblicare nuovi lavori, registrati per lo più nel suo studio privato a Friar Park, uno tra i più sofisticati del mondo. Le vendite dei dischi si mantennero su livelli piuttosto buoni e gli fruttarono qualche altro successo di media classifica: You, da Extra Texture (Read All About It) (1975), This Song e Crackerbox Palace da Thirty-Three & 1/3 (1976) e Blow Away da George Harrison (1979).

La HandMade Films
Alla fine degli anni Settanta, l'amicizia con il gruppo di comici Monty Python lo stimolò nel finanziare la produzione del film Life Of Brian (1978), inizialmente rifiutato dalla Warner Brothers. L'iniziativa ebbe successo tanto da indurlo a fondare con il socio Dennis O' Brien la casa di produzione HandMade Films, parte della Dark Horse Productions, con l'obiettivo di finanziare pellicole dal budget contenuto, che le case più grandi avrebbero magari rifiutato.
Nel frattempo, anche la vita privata aveva raggiunto una tranquilla stabilità. Dopo il divorzio dalla prima moglie Patti Boyd, nel 1978 Harrison aveva sposato Olivia Trinidad Arias, una ex-segretaria della Dark Horse di origini messicane, da cui aveva avuto il figlio Dhani.
Successivamente, nel 1979 Harrison pubblicò, prima in edizione limitata (Genesis Publications) poi in edizione commerciale (1980), il libro I Me Mine, una breve ma celebre autobiografia in cui rivelava retroscena inediti e amari dell'epoca dei Beatles e del suo difficile rapporto con la fama e con lo show business, due realtà molto spesso accettate con riluttanza.

Gli anni Ottanta
Negli anni ottanta Harrison, sistematicamente boicottato dalla propria casa discografica che aveva perso fiducia in lui come artista commercialmente appetibile, ridusse notevolmente l'attività musicale e si dedicò prevalentemente alla produzione cinematografica, ottenendo buoni successi internazionali soprattutto come produttore esecutivo dei film dei Monty Python. Nel corso della sua attività, la HandMade Films alternò pellicole di successo ad episodi meno fortunati. Verso la metà del decennio la casa di produzione di Harrison, che era comunque diventata una presenza importante nell'ambito del cinema indipendente britannico, dovette chiudere i battenti, specialmente in seguito all'insuccesso di Shanghai Surprise.

Sul fronte discografico, l'album Somewhere in England (1981) ricevette addirittura l'affronto di essere rifiutato dalla casa discografica, finché Harrison non vi incluse la bella All Those Years Ago, suo personale tributo all'ex-collega John Lennon, recentemente scomparso e inizialmente destinata al nuovo album di Ringo Starr. Il singolo, a cui parteciparono lo stesso Ringo, Paul e Linda McCartney, diventò un immediato successo internazionale.

Dopo l'insuccesso del debole Gone Troppo (1982) trascorsero cinque anni durante i quali l'artista - a parte gli impegni nel campo della cinematografia - rimase lontano dalle cronache facendo parlare di sé assai di rado. Scarse furono anche le apparizioni in pubblico, tra cui sono da segnalare un'estemporanea presenza sul palco con i Deep Purple in Australia (1984), lo special televisivo Carl Perkins Tribute (1985) e la partecipazione al concerto per il decimo anniversario della fondazione benefica Prince's Trust (1987).

Rientro in scena
Pubblicato alla fine del 1987, l'album Cloud Nine segnò il prepotente rientro di George Harrison sulla scena musicale ed ottenne un notevole successo, che riuscì a rinverdire antichi fasti. Prodotto insieme a Jeff Lynne, che collaborò anche alla scrittura dei brani, il disco si avvale della presenza di altri illustri colleghi quali Eric Clapton, Elton John, Gary Wright e Ringo Starr. È il tipico album di un artista di mezza età che si ripresenta al pubblico dopo alcuni anni con consumata classe e disinvolta eleganza.

L'album si segnala, in particolare, per gli arrangiamenti curati e per le melodie fresche e briose, che hanno in un certo senso "aggiornato" la magia dei Beatles agli anni Ottanta. Il singolo Got My Mind Set On You, cover di una vecchia canzone di Rudy Clark cara ai Beatles fin dai tempi di Amburgo, riportò il nome di Harrison in vetta alla classifica statunitense dopo molto tempo. Buon successo ottenne anche la canzone When We Was Fab, in cui Harrison ricordava i tempi andati evocando intenzionalmente i Beatles. La canzone deve una parte della sua popolarità al sofisticato e divertente videoclip nel quale Harrison interpreta un musicista di strada e nel quale figurano anche Ringo Starr nel ruolo del batterista, di Jeff Lynne in quelli di un suonatore di violino e Elton John in quelli di un passante che fa l'elemosina a Harrison non accorgendosi di essere derubato dallo stesso. Nel finale del brano (di stile molto "beatlesiano") si inserisce uno splendido assolo di sitar suonato dallo stesso Harrison come a voler ricordare il suo importante periodo di sperimentazione orientale.

Il 25 febbraio 1988, il giorno del suo 45 compleanno, è stato ospite al Festival di Sanremo, dove è stato premiato per il video più visto del momento: When We Was Fab.

I Traveling Wilburys
L'anno successivo suscitò sorpresa la partecipazione di Harrison a Traveling Wilburys (1988), un progetto discografico di moderna american music straordinariamente riuscito. L'album, che ottenne un notevole successo commerciale vendendo oltre cinque milioni di copie in tutto il mondo, è accreditato ai fantomatici "fratelli Wilburys", sigla dietro la quale oltre all'ex-Beatle si celavano Bob Dylan, Tom Petty, Jeff Lynne e Roy Orbison il quale morì improvvisamente poche settimane dopo l'uscita del disco. Questo lavoro deve il suo successo critico e commerciale al fatto di essere riuscito a trarre il meglio da ciascuno dei musicisti coinvolti, ed in effetti ottenne un riscontro superiore a quello che avevano ottenuto (o avrebbero potuto ottenere) gli album solisti di ciascun componente del gruppo.
Le critiche che in passato avevano messo in ombra una parte della produzione di Harrison erano ormai un lontano ricordo. Anche Paul McCartney, dopo tanti anni, gli propose di tornare a comporre insieme. Harrison tuttavia rifiutò e preferì continuare a lavorare in altre occasioni con i suoi più recenti collaboratori che, invece, avevano apprezzato il suo talento da sempre e non lo avevano mai criticato. Nel periodo, infatti, Harrison seguì ancora i "Fratelli" anche in alcuni loro progetti solisti: Nel 1989 contribuì agli album Full Moon Fever di Tom Petty, Mystery Girl di Roy Orbison e, nel 1990, anche a Under the Red Sky di Bob Dylan.
Sempre nel 1989, infine, il termine del secondo decennio di carriera individuale fu onorato con la pubblicazione di una bella antologia, Best Of Dark Horse 1976-1989, in cui sono raccolti i brani più importanti del periodo e due canzoni nuove.

Gli anni Novanta
A molto tempo ormai dai fasti Beatles, negli anni novanta George Harrison, ormai appagato sotto molti punti di vista, si divise comodamente tra i consueti impegni nel campo della cinematografia ed una comoda attività musicale. L'unico risultato in studio fu il secondo capitolo della saga dei Traveling Wilburys, ironicamente intitolato Traveling Wilburys, Vol. 3 (1990), che ottenne un confortante successo commerciale. Il disco è dedicato allo scomparso Roy Orbison ed è realizzato sempre in compagnia dei "fratelli" Bob Dylan, Tom Petty e Jeff Lynne. Quest'ultimo produsse il lavoro assieme ad Harrison.

Espletati gli impegni con la "famiglia" Wilbury, nel dicembre 1991 il chitarrista, convinto da Eric Clapton, decise di affrontare nuovamente il pubblico, a tanti anni dall'ultima tournée. La mossa fu comunque criticata dai media, visto che Harrison optò solo per alcune date da effettuarsi in Giappone. Ad accompagnarlo c'erano l'amico di sempre Eric Clapton e la sua band, un gruppo di musicisti di prima scelta in cui si segnala Chuck Leavell alle tastiere. Il risultato discografico fu il doppio album Live In Japan (1992) che, nonostante le critiche positive, nulla aggiunse alle fortune di colui che fino a quel momento era un ex-Beatle. Da segnalare che durante il tour in Giappone George Harrison ebbe un'avventura con l'allora moglie di Eric Clapton, Lory Del Santo. È stata lei a rivelarlo nel 2007 affermando che quella con Harrison fu molto più che un'avventura, e che, nonostante fosse durato solo 3 giorni, fu per lei un periodo molto felice.

Poco dopo la tournée giapponese, il 6 aprile 1992, Harrison suonò dal vivo alla Royal Albert Hall di Londra. Il concerto faceva parte delle attività promozionali per il lancio del NLP, Natural Law Party (Partito della Legge Naturale), ideologia dietro la quale si celava ancora una volta l'anziano Maharishi. Successivamente, un altro impegno di rilievo fu la sua partecipazione al concerto di tributo alla trentennale carriera dell'amico Bob Dylan realizzato al Madison Square Garden di New York il 16 ottobre 1992 e trasmesso in TV via satellite. Le registrazioni del concerto furono pubblicate sul doppio album dal vivo Bob Dylan - The 30th Anniversary Concert Celebration (1993). Verso la fine dell'anno, il 6 dicembre, Harrison fu poi il primo musicista insignito del "Century Award", prestigioso riconoscimento alla carriera da parte della rivista americana Billboard.

Nel 1994, a causa di problemi finanziari, Harrison fu costretto a vendere la HandMade Films. La spiacevole vicenda portò con sé strascichi legali destinati a durare a lungo.
Quello stesso anno, il chitarrista tornò in studio di registrazione insieme con Paul McCartney e Ringo Starr per portare a termine il progetto Anthology dei Beatles, realizzato tra il 1995 ed il 1996 in un film-documentario e ben tre doppi album. Nonostante le critiche controverse, il progetto ha avuto il potere di consolidare ulteriormente il mito della più famosa pop band del Novecento. George appare in alcuni momenti molto sarcastico nel ricordare i vecchi tempi.

Gli ultimi anni
Il meditativo Harrison, come di consueto, tra un progetto e l'altro non fece parlare molto di sé. Dopo l'Anthology dei Beatles, nel 1995 lavorò alla compilazione di In Celebration, un box antologico di Ravi Shankar. Nelle note di copertina del cofanetto ebbe il privilegio di essere definito il vero padrino della world music. Lavorò poi alla produzione di Chants Of India (1997), un nuovo album di studio del musicista indiano.

Nel 1998, da un'intervista concessa dallo stesso Harrison, si venne a sapere che il musicista aveva recentemente sofferto di un tumore alla gola, provocato dall'aver fumato troppo, un grave ostacolo che ne aveva bloccato l'attività musicale. Rincuorò comunque i suoi fan, dichiarandosi completamente guarito.

Alla fine del 1999 Harrison subì un'aggressione da uno squilibrato, introdottosi nella sua residenza inglese. Fu salvato dalla moglie Olivia che ruppe una lampada sulla testa del suo aggressore, che tra l'altro aveva sempre odiato i Beatles.

Nel 2000 curò poi personalmente la realizzazione di una edizione rimasterizzata del celebre album All Things Must Pass, pubblicata all'inizio del 2001, nella quale tra l'altro aggiunse My Sweet Lord 2000, una nuova versione di My Sweet Lord incisa probabilmente per dimostrare la sua estraneità al plagio, ed annunciò l'imminente pubblicazione di un nuovo album unitamente ad un box antologico con nuove ristampe degli album del catalogo Dark Horse Records.

La fine
Quelle che erano state confortanti notizie sul suo stato di salute subirono netta smentita, quando, nell'estate del 2001, fu confermato che il musicista era affetto da una forma di tumore al cervello ormai in stato avanzato e quindi inoperabile.

George Harrison è morto di cancro all'età di 58 anni il 29 novembre 2001 a Los Angeles nella villa di Ringo Starr, a Beverly Hills. Il suo corpo è stato cremato, come da lui richiesto nelle sue ultime volontà, e le sue ceneri, raccolte in una scatola di cartone, sono state sparse nel sacro fiume indiano, il Gange. Alla notizia della morte tanti fan si radunarono presso gli studi di Abbey Road, simbolo dell'epopea beatlesiana per commemorarlo, la maggior parte di loro non era neanche nata quando i Beatles raggiunsero fama mondiale. La sua scomparsa ha suscitato commozione in tutto il mondo, compresi personaggi come Tony Blair, la Regina d'Inghilterra, gli amici di sempre Paul McCartney e Ringo Starr piangendolo sapendo che la sua chitarra gentile non avrebbe più suonato. Poco dopo la morte, la moglie Olivia rilasciò alla stampa la seguente dichiarazione: «Ha lasciato questo mondo come aveva vissuto: consapevole di Dio, senza paura della morte ed in pace, circondato dalla famiglia e dagli amici. Spesso ripeteva: "Tutto può attendere, non la ricerca di Dio e amatevi l'un l'altro"».

L'ultimo album, Brainwashed, è stato pubblicato un anno dopo la morte ed ha ottenuto ottime recensioni da parte della critica. Il disco raccoglie undici nuove canzoni ed il remake di uno standard, Between The Devil and the Deep Blue Sea. Lasciato incompiuto da Harrison, il disco è stato successivamente completato da Jeff Lynne e dal figlio Dhani. La volontà di Harrison, per ammissione degli stessi Lynne e Dhani, era di pubblicare l'album come una raccolta di demo. Prima della morte, tra l'altro, Harrison (sempre assieme a Lynne) stava lavorando ad un'antologia dei Traveling Wilburys.

Contemporaneamente alla pubblicazione di Brainwashed, la moglie Olivia ed Eric Clapton hanno organizzato un concerto in tributo alla sua memoria, Concert for George, svoltosi alla Royal Albert Hall di Londra il 29 novembre 2002. La registrazione è stata pubblicata sull'album Concert for George (2003). All'evento hanno partecipato Ravi Shankar, Paul McCartney, Ringo Starr, Eric Clapton, Tom Petty, Jeff Lynne, Gary Brooker, Billy Preston, Anoushka Shankar e il figlio Dhani. È spiccata la grande assenza di Bob Dylan.

All'inizio del 2004 è stato pubblicato il cofanetto The Dark Horse Years - 1976-1992, contenente le nuove ristampe degli album da Thirty-Three & 1/3 a Live In Japan, di cui Harrison aveva già parlato intorno al 2000. Tutti gli album del periodo sono stati quindi reimmessi sul mercato (che erano fuori catalogo da alcuni anni) accompagnati da un interessante DVD con interviste inedite e divertenti video promozionali di alcune canzoni.

Ad ottobre 2005, infine, il Concerto per il Bangladesh (album e film) è stato nuovamente pubblicato sia su doppio CD sia su DVD.

Nel settembre 2006 è stata pubblicata la versione rimasterizzata di Living In The Material World del 1973 (in versione normale e in formato deluxe).

Il 29 novembre 2006, a cinque anni esatti dalla scomparsa di George Harrison, Editori Riuniti (Collana Pensieri e Parole) pubblica 'Le Canzoni di George Harrison' di Michelangelo Iossa, il primo volume che analizza i testi di tutti i brani del canzoniere harrisoniano, dal periodo-Beatles sino alle produzioni postume.

(Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/The_Concert_for_Bangla_Desh)

La storia del genocidio nel Bangladesh

Sono stati declassificati e diventati ora consultabili i documenti relativi ai primi anni ’70, quando l’accoppiata Nixon-Kissinger metteva a ferro e fuoco il pianeta, con una particolare preferenza per il Sudamerica e per l’Asia. Dopo il sostegno e le autorizzazioni esplicite alla dittatura indonesiana, vengono alla luce le responsabilità sul genocidio in Bangladesh.

La storia è quella della divisione tra India e Pakistan, e in particolare di quella parte del primo Pakistan che ora si chiama Bangladesh; lo stato con la più alta densità della popolazione al mondo; ad oggi composta di 140 milioni di abitanti.

Alla costituzione delle due entità, nel 1947, si disegnarono due stati, uno a preponderanza islamica e uno a maggioranza indù, che a loro volta contenevano numerose comunità che potremmo definire nazionali, veri e propri stati assorbiti nell’immenso spazio colonizzato dalla Compagnia delle Indie e poi confluito sotto la Corona inglese.
In questa occasione ebbe luogo la più imponente migrazione umana che la storia ricordi, con decine di milioni di persone che per mesi si incrociarono in cammino verso la loro nuova terra.
L’entità pakistana venne così composta dall’unione di due parti, una a occidente e una ad oriente dell’India. Quella occidentale (l’attuale Pakistan) era a sua volta il risultato dell’accorpamento degli stati indiani a maggioranza islamica, quella orientale derivò dalla divisione del bengala in due parti, la più occidentale diventò lo stato indiano del Bengala Occidentale, l’altra venne denominata East Pakistan, in seguito Bangladesh.
L’East Pakistan era la parte più ricca, e fondava il suo benessere sul commercio della iuta, il Pakistan occidentale era, ed è, povero di risorse.
Agli inizi degli anni ’70 a reggere il paese era il generale Zulfikar Ali Bhutto, esponente dell’oligarchia familiare pachistana, con il sostegno del generale Yahya Khan e degli americani; e il rapporto tra i due Pakistan vedeva l’occidente dominare sull’oriente in virtù del controllo del potere militare.
L’attuale Pakistan, oltre ad avere una composizione etnica differente da quella bengalese, aveva costumi decisamente più rigidi, e li imponeva anche al resto del paese, con le buone o le cattive, non rinunciando a depredare i più ricchi fratelli, separati da 1200 miglia e settecento milioni di indiani.
Nel 1970 le elezioni in Bengala consegnano all’Est la maggioranza parlamentare, e costringono l’Ovest a rompere ogni indugio e infrangere ogni limite.
Povero e meno popolato, l’attuale Pakistan, e con lui i suoi leader, poteva contare solo sulla propria determinazione e sulla forza delle armi; armi che provenivano da Washington, o procurate con i fondi americani.
Perché Nixon, o meglio Kissinger, sostenessero le operazioni del generale Yaia, poi destinato a prendere il potere e presto detto, quanto noto; Yaia era per gli americani la chiave per accedere al gotha del potere cinese, vera e propria fissazione del gruppo che, ora come allora, aveva in mano le redini della politica estera Usa. Kissinger e Nixon cercavano la Cina comunista, le proponevano alleanze e spartizioni in Asia, ed erano particolarmente ostili all’India. Amici di estremisti islamici e comunisti cinesi, nemici della più grande democrazia del pianeta, curioso, ma non troppo.
Quando la bengalese Awami League guidata dallo sceicco Mujibur Rahman si aggiudica le elezioni, il Parlamento non viene più convocato. Dopo mesi di attesa Rahaman annuncia che l’Est dichiara la sua “piena autonomia regionale”, e di avere il completo controllo dell’amministrazione bengalese.

Per i militari fu il segnale, seguendo le intuizioni di Yaia ( “uccidetene tre milioni ed il resto mangerà dalle nostre mani”) venne dato corso alla “Operation Searchlight” destinata a devastare il Bengala Orientale. Non si conoscono i numeri effettivi del genocidio bengalese, basti l’impressionate dato di 50.000 sterminati nei primi tre giorni dell’operazione. I tre milioni di vittime, sono una cifra realistica.
Furono uccisi tutti i maschi bengalesi che si trovarono, con particolare preferenza per militari e studenti o intellettuali, in una sola notte a Dacca vennero sterminati 7.000 bengalesi, la popolazione dimezzata in una settimana.
Scioccati da tale violenza i bengalesi fuggirono in ogni direzione, dopo poche settimane dall’inizio dell’operazione si contavano già 30 milioni di profughi.
L’Awami League, fu bandita e Rahman arrestato; all’India non restò che aprire i confini, e accogliere 10 milioni di rifugiati in un lampo.
Poi cominciarono gli stupri di massa, paragonati da una studiosa americana a quelli praticati dai giapponesi a Nanchino, 400.000 o forse più bengalesi vennero stuprate sistematicamente.
Paradigmatico il racconto della reporter Aubrey Menen, presente ad un matrimonio bengalese, quando una pattuglia pakistana entrò nella casa, portò la sposa nella camera nuziale ove venne stuprata, con calma, da ciascuno dei soldati mentre gli altri tenevano sotto tiro i presenti. Andandosene alla fine senza dire niente, lasciarono lo sposo distrutto, inginocchiato a terra a vomitarsi addosso e la sposa incosciente e sanguinante alla vista dei parenti e degli amici. Lo stupro usato come arma non l’hanno inventato nei balcani.
L’India chiese a Nixon di intervenire, ma questi era di parere diverso, visto che alla Casa Bianca dichiarava “ Yaia è un buon amico, capisco l’angoscia di aver dovuto prendere misure del genere”.
Militari e diplomatici americani obbiettarono con forza, ma vennero rimossi.
Kissinger: “In tutta onestà, il presidente ha sentimenti speciali per Yaia. Non si può fare politica su queste basi, ma sono cose che capitano nella vita”.
Nixon a Yaia: “Quelli che si augurano un mondo più pacifico nella prossima generazione, vi saranno debitori per sempre”
Lo schieramento sulla questione bengalese vedeva Usa e Cina, inattive , che consideravano la questione un “affare interno pakistano” e sostenevano la parte pachistana; opposte a India, Russia e satelliti, ai quali si aggiungevano le popolazioni delle nazioni europee e del Giappone, solidamente in sostegno dei bengalesi. Bbc continuerà la sua emissione per il Bengala, e diventa così il media nazionale d’emergenza.
Nixon sul “Concerto per il Bangladesh”: “Così il Beatle sta dando i soldi ai dannati indiani?”
Kissinger: “Sì……..dobbiamo tenere sotto l’India, ridurre il problema dei rifugiati e della carestia, per toglierlgli la scusa per fare la guerra……cominciare a formare una struttura politica (remeber Iraq? ndr) e anche se succederà che nasca un altro stato in un paio d’anni, non deve succedere nei prossimi sei mesi”

Nixon aveva una spiegazione antropologica anche per la sua opposizione interna, affermando che gli ambasciatori in India rimanevano affascinati dai modi da traditori degli indiani, e diceva di preferire i pachistani, forse più stupidi (sic) ma diretti. Per Nixon gli indiani erano traditori e bastardi (testuale).
E’ agli atti, con firma autografa, quel “Don’t squeeze Yaia” che la dice lunga; per gli Usa era questione da nulla schiacciare il burattino.

Mentre rifiutavano aiuti all’India li consegnavano ai pachistani; pur convinti dell’inevitabilità storica della divisione del Pakistan, Nixon e Kissinger mostravano di preferire che la situazione di guerra si prolungasse almeno per un paio di anni; al fine di riempire di profughi gli odiati indiani.
Nell’agosto del 1971, dopo che Kissinger e Nixon avevano inutilmente provato a convincere i cinesi a muovere truppe ai confini dell’India, questa firma un trattato di pace e collaborazione con l’U.r.s.s, chiudendo definitivamente l’esperienza terzomondista inaugurata a Bandung nel 1955.
(Da allora “terzo mondo” diventerà sinonimo di arretratezza, ma allora indicava la divisione nella quale il primo mondo era quello schierato accanto agli americani nella Guerra Fredda, il secondo era composto dai paesi ad ispirazione comunista schierati con l’U.r.s.s, il terzo era quello dei “Paesi non allineati” associati a Bandung ed il quarto quello composto dagli stati rimanenti)
Alla fine dell’Ottobre del 1971, Indira Ghandi comincia un tour dei paesi occidentali per perorare la fine dei massacri, tour che si conclude a Washington.

I nuovi documenti a disposizione ci raccontano i gentiluomini esportatori di democrazia senza filtri, non stupisce che la cifra resti quella ben conosciuta dei pupari dell’invasione irachena.
Nixon e Kissinger discutono del giorno precedente, dell’incontro con Indira Ghandi:
K.-“ Anche se è un puttana, abbiamo ottenuto ciò che volevamo, non potrà tornare a casa e dire che non le abbiamo dato un caldo benvenuto, e nonostante questo dovrà andare alla guerra per la disperazione”
N.-“Abbiamo davvero fregato la vecchia strega”

Non appena tornata in patria, alla fine di novembre, la “puttana” scrisse a Nixon di sperare in un rafforzamento delle relazioni tra i due paesi.
Il giorno dopo, il 21 novembre, l’India invase il Bengala con un corpo di 200.000 uomini, mettendo fine ai massacri; in dieci giorni costrinse alla resa e catturò i pakistani, e li portò in India per sottrarli alla vendetta bengalese.
E’ opinione comune che l’attacco fosse pianificato fin da prima del viaggio della Ghandi.
Gli Stati Uniti protestarono all’Onu contro l’aggressione al Pakistan, dislocarono una portaerei nucleare nel Golfo del Bengala, fecero pressioni sui russi, tagliarono gli aiuti all’India e fornirono altri fondi alla dittatura pachistana.
Quando nulla si rivelò efficace, chiesero alla Cina di intervenire, offrendo aiuto in caso di contro-intervento sovietico; anche qui inutilmente. Il 10 Dicembre 1971, Kissinger suggerì l’idea all’ambasciatore cinese all’Onu, Huang Ha. Dai documenti declassificati risulta che dopo un paio di giorni i cinesi risposero picche.

Dopo tre mesi le truppe indiane si ritirarono, lasciando ai bengalesi la libertà e un governo formato dal vincitore delle elezioni Rahman, destinato poi ad essere soffocata da una serie di dittature militari.
Avevano portato la democrazia, che qualcun altro poi avrebbe rubato.

Nei giorni scorsi Henry Kissinger, ora sedicente sostenitore della collaborazione con il gigante indiano, si è scusato per aver dato della “strega” ad Indira Gandhi, invocando a scusante che quello fosse “il linguaggio di Nixon”, un gergo abituale tra i due, causa la passione di Nixon per il turpiloquio.
Ancora oggi la politica statunitense mantiene un patto d’acciaio con la dittatura militare pakistana, penalizzando l’India ad ogni occasione; le recentissime aperture sono state accolte con diffidenza da Dehli, dove da allora sono convinti che “Gli americani capiscono solo la forza”.
L’affermazione della supremazia del più forte guida, ora come allora, la proiezione militare americana sul globo, non certo la diffusione e l’esportazione della democrazia, o la lotta ai comunisti, agli islamici o al prossimo nemico da dare in pasto alle opinioni pubbliche.
La notizia ha fatto il giro del mondo, “puttana” è sparito in quasi tutti i paesi, e anche nel nostro la vicenda non ha meritato che un trafiletto riguardo al “vecchia strega” su qualche giornale.
I tre milioni di vittime, e gli altri milioni di devastati non hanno meritato una riga, le responsabilità del loro genocidio neppure; non una riga.

Non stupisce che nessuno comprenda perché le nostre città sono piene di bengalesi e pachistani, quanti italiani sanno da cosa sono dovuti fuggire, quanti sanno chi ringraziare?
Opinioni pubbliche non certo impressionabili dall’apprendere che Kissinger chiamasse strega Indira Ghandi; una disattenzione per la storia davvero sospetta, quasi a non voler incrinare l’immagine del fiero alleato, costruita nei decenni sul lavoro di migliaia di utili giornalisti dalla schiena non troppo dritta.

(Fonte: http://www.spazioforum.net/forum/index.php?showtopic=25880)

____________________________________________________________________________________________________

Patty Smith: Rock’n’roll e vecchi amori                                             clicca qui

 

aa

PREV. PAGE  -  PAGINA PRECEDENTE

a

ARCHIVIO NEWS

ARCHIVIO TALKING

a