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Giovedi 30 Gennaio 2014

Papa Francesco superstar su Rolling Stone

  

Dopo aver avuto la nomina di “persona dell’anno” e la copertina di Time, Papa Francesco raddoppia guadagnandosi anche la copertina di Rolling Stone. Sotto la foto del Pontefice compare il titolo della canzone di Bob Dylan «The Times They Are A-Changin'». L’articolo all’interno disquisisce sulla rivoluzione che Papa Bergoglio sta portando in Vaticano e nella Chiesa Cattolica. Rolling Stone, la più importante rivista del mondo specializzata in musica ma anche in cultura giovanile, dedica al Papa un profilo degno di una pop star.
L’articolo (scritto da Mark Binelli) mette in risalto come Francesco sia stato capace in poco meno di un anno di pontificato di rinnovare il messaggio della Chiesa in tutto il mondo. Dal 13 marzo, giorno della sua nomina al soglio di Pietro come Vicario di Cristo, le presenze agli eventi in Vaticano sono più che triplicate, toccando la cifra record di oltre 6,6 milioni di persone.
Con i suoi toni da persona semplice ed umile, vicino alla gente comune, e soprattutto con le sue parole di conforto e di attenzione a coloro che si trovano agli ultimi posti della scala sociale, ai diseredati, ai più poveri, scrive l’articolo di Rolling Stone, questo Papa appare perfettamente adatto agli attuali tempi difficilissimi. La sua scelta di non usare paramenti e simboli papali più tradizionali e sgargianti sostituendoli con cose più semplici ha conquistato indistintamente tutti. La rivista sottolinea con grande evidenza le parole del pontefice sul tema dell’omosessualità (“chi sono io per giudicare?”) e le sue aspre critiche al capitalismo spregiudicato e senza regole morali, dove conta solo il profitto più sfrenato senza pietà per nessuno.

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Papa Francesco diventa sempre più popolare                                        clicca qui

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“I Want You” per Chobani al Super Bowl

Il nuovo spot della “Chobani” per il Super Bowl che ha come sottofondo musicale l’hit di Bob Dylan del 1966 "I Want You" è stato messo sul web. Billboard ha confermato che un altro spot con la musica di Dylan sarà messo in onda Domenica, questa volta con protagonista Dylan stesso.

 

 

 
Mercoledi 29 Gennaio 2014

Addio a Pete Seeger, leggenda del folk

   

New York - Pete Seeger se n’è andato, il celebre cantante folk americano aveva 94 anni.
Il nipote di Pete, Kitama Cahill Jackson, ha detto che lo zio è morto per cause naturali al New York Presbiterian Hospital di New York dopo una breve malattia.
Tra i suoi maggiori successi ricordiamo “Turn, Turn, Turn! (To Everything There Is a Reason)” , un adattamento in musica tratto dal Qoelet (o Libro dell'Ecclesiaste), divenuta celebre nella versione che ne fecero i Byrds nel 1962, We Shall Overcome, diventato l’inno del Movimento per i diritti civili (Civil Rights Movement), "Where Have All the Flowers Gone?" canzone anti-militarista per eccellenza, “If I Had A Hammer” (resa celebra in Italia dalla versione di Rita Pavone dal titolo “Datemi un martello”, "Kisses Sweeter Than Wine" e la celeberrima "Goodnight Irene".

Peter Seeger, più noto come Pete Seeger, era nato a New York il 3 maggio 1919 ed è stato uno dei maggiori cantanti e compositori statunitensi di musica folk. Era, assieme a Woody Guthrie (con cui ha collaborato e cantato), fra i più conosciuti folk-singer statunitensi. Attivista politico dell'estrema sinistra americana e uno dei massimi autori della folk music e della canzone di protesta degli anni cinquanta e sessanta, è autore di famosi talking blues.
Suo padre, Charles Seeger, era un musicologo di fama e uno dei primi ricercatori impegnati nel campo della musica orientale; i suoi fratelli, Mike e Peggy, sono ugualmente musicisti e cantanti di fama. Nel 1943 Pete sposò Toshi-Aline Ohta, "la persona cui devo tutto nella mia vita", come amava ripetere.
Alla fine degli anni trenta risale il suo incontro con Woody Guthrie, che lo segnerà definitivamente e con il quale girerà tutta l'America profonda, negli anni quaranta, alla ricerca della vera anima popolare musicale del paese. Per fare questo, Seeger abbandonò gli studi di sociologia che stava svolgendo a Harvard.
Membro fondatore dei gruppi folk The Almanac Singers e The Weavers (quest'ultimo godette di un grande successo alla fine degli anni cinquanta), Pete Seeger, per le sue idee, cadde ben presto vittima del maccartismo che colpì la cultura americana progressista durante gli anni cinquanta.

  THE ALMANAC SINGERS, 1942: BESS HAWES, PETE SEEGER, MILLARD LAMPELL, WOODY GUTHRIE, ARTHUR STERN, SIS CUNNINGHAM (left to right)

Pete Seeger ha iniziato la sua carriera di solista nel 1958 componendo canzoni che sono diventate ben presto dei classici della folk music: fra le altre, si segnalano If I Had a Hammer (scritta assieme a Lee Hays), Turn! Turn! Turn! (con testo adattato dal libro biblico dell'Ecclesiaste e brano successivamente rielaborato in chiave folk rock dal gruppo The Byrds), The Bells of Rhymney (musicata su versi di un poema del gallese Idris Davies), We Shall Overcome (canzone basata su uno spiritual, a sua volta divenuta un cavallo di battaglia di Joan Baez e di altri interpreti impegnati nelle battaglie per i diritti civili) e in particolare Where Have All the Flowers Gone?, canzone contro la guerra, anch'essa reinterpretata da artisti come Joan Baez, Peter, Paul and Mary, The Kingston Trio, The Mamas and the Papas e dall'attrice e cantante croato-americana Ksenia Prohaska nel suo mitico monodramma musicale Marlene Dietrich, proprio perché la diva berlinese lo aveva inserito nel proprio repertorio nel 1962.
Negli anni sessanta, Seeger ha scritto la prima versione di un manuale divenuto un classico: How to Play the Five-String Banjo, un'opera che ha formato intere generazioni di banjoisti.
Pete Seeger è da sempre stato impegnato come ecologista rigoroso e combattente per la tutela dell'ambiente. Nel 1966 fu tra i soci fondatori del Clearwater Group, un'organizzazione che, da allora, lotta contro l'inquinamento delle acque del fiume Hudson e promuove la sua pulizia.

Pete Seeger è sempre stato un comunista; il che, negli Stati Uniti d'America, è notoriamente un problema di non poco conto. Gli sono stati affibbiati soprannomi come "Stalin's songbird" (l'usignolo di Stalin), e altri appellativi del genere. Effettivamente, almeno negli anni quaranta e cinquanta, Seeger è stato uno strenuo sostenitore dell'Unione Sovietica. Dopo il XX congresso del PCUS, durante il quale Nikita Krusciov rivelò i crimini di Stalin e dello stalinismo, Seeger lasciò il Partito Comunista Statunitense (di stretta osservanza sovietica) ma rimase comunque un comunista e un marxista.

Krusciov e Stalin

La guerra nel Vietnam provocò in Pete Seeger un'autentica opposizione a tutto campo, che si concretizzò nel suo celebre e violento attacco televisivo alla politica di guerra del presidente Lyndon B. Johnson, avvenuto durante il popolare Smothers Brothers Comedy Hour, dove Seeger cantò anche quella che è una delle prime canzoni contro la guerra vietnamita, Waist Deep in the Big Muddy ("Giù fino al collo nel grande pantano").
La canzone fu tagliata una prima volta dai censori televisivi e la trasmissione interrotta, ma Seeger comparve di nuovo la settimana dopo al programma e riuscì a cantarla per intero.
Come molti esponenti della vecchia sinistra americana, Pete Seeger non si trovò molto a proprio agio con il radicalismo culturale e politico degli anni sessanta, sfociato nelle rivolte studentesche che dagli USA si diffusero in tutto il pianeta. Non gli piacevano molto le tensioni generazionali fomentate dal movimento (registrò una volta una canzone intitolata Be Kind to Parents, "Siate gentili con i genitori") e ammonì ripetutamente i giovani radicali a evitare divisioni basate sui divari tra generazioni.

Con il trascorrere degli anni c'è stato da parte di Seeger un ripensamento profondo della sua attività politica: ciò nonostante, negli anni settanta e ottanta ha continuato a sostenere ogni sorta di causa progressista, pur dedicandosi prevalentemente a quelle di carattere ambientalista.

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E’ morto Pete Seeger, padre del folk impegnato                                    clicca qui

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Seeger, la voce della tradizione americana che non si arrese mai         clicca qui

 

 
Martedi 28 Gennaio 2014

"Lucca Summer Festival" 2014: Bob Dylan non confermato                  clicca qui

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Film: “Renaldo and Clara” di Bob Dylan distribuito 36 anni fa

Trentasei anni fa, il 25 gennaio 1978 , l’epico film di quattro ore di Bob Dylan " Renaldo & Clara " iniziò una sfortunata premiere teatrale con prime a New York City e Los Angeles.
Il film fu poi proiettato in poche altre città supplementari e poi fu ritirato. Nello stesso anno una versione più breve (di circa 2 ore) venne ripubblicata. Ho visto quella versione, l'ho trovata molto interessante ma anche molto confusionaria.

La recensione del film sul New York Times scritta da Janet Maslin IL 26 gennaio 1978 cominciava così:
- C'è una insolenza in "Renaldo & Clara", il film di quattro ore scritto e diretto da Bob Dylan e interprertato dai membri della sua Rolling Thunder Revue, che non può essere facilmente ignorata. Mr. Dylan, che ha un modo di esprimere le sue idee in modo che molto difficlimente ogni spettatore riesca a cogliere tutta la ricchezza della sua opera, deve essere intellettualmente carente o colpevole di qualche mancanza di coraggio, ha pensato bene di produrre un film che è probabile che nessuno lo trovi del tutto comprensibile. Eppure, per chiunque, anche marginalmente interessato a Mr. Dylan, e per chiunque abbia voglia di accettare l'idea che la sua evasività, tuttavia esasperante, è un aspetto cruciale della sua opera più bella, "Renaldo e Clara", tiene l'attenzione, almeno in modo efficace anche quando richiede pazienza-.

Nessuna conoscenza di Mr. Dylan o la sua storia dovrebbe essere indispensabile per la comprensione del film, ma comunque la trama è pesantemente basata sul suo passato. Il cantante David Blu, interpretando se stesso, parla del clima artistico del Greenwich Village quando Dylan arrivò lì, e Joan Baez è piuttosto timidamente presentata come ex amante di Mr. Dylan, e ancora più timidamente, non interpreta se stessa ma una persona diversa da lei, una figura molto vaga chiamata Woman in White.

Director: Bob Dylan
Cast:
Bob Dylan … Renaldo
Sara Dylan … Clara
Joan Baez … Woman in White
Ronnie Hawkins … Bob Dylan
Jack Elliott … Longheno de Castro
Harry Dean Stanton … Lafkezio
Bob Neuwirth … The Masked Tortilla
Allen Ginsberg … The Father
David Mansfield … The Son
Helena Kallianiotes … Herself
Rubin ‘Hurricane’ Carter … Himself
T-Bone Burnett … The Inner Voice

(Fonte: http://www.daysofthecrazy-wild.com/video-bob-dylans-renaldo-clara-released-35-years-ago/)

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"Renaldo and Clara", la trama del film scena per scena                         clicca qui

 

 
Lunedi 27 Gennaio 2014

La Gibson SJ-200 modello Bob Dylan in mostra al NAMM

  

NAMM 2014: La Gibson aveva un angolo tranquillo riservato per una chitarra decisamente da “non toccare”.
La chitarra, modello J-200 splendidamente ornata, è il risultato di una collaborazione tra la Gibson e Bob Dylan, che si tradurrà in 120 esemplari, tutti firmati da Dylan stesso.
Di questo modello ne saranno costruiti altri 300 esemplari non firmati, una versione meno ornata ad un prezzo più basso, con un inciso (non intarsiato) battipenna. I prezzi e la disponibilità non sono ancora stati resi noti al momento, ma quello che è certo è che sarà una chitarra molto ambita.
La chitarra esposta è di proprietà della Bob Dylan Corporation (e quindi presumibilmente di Dylan stesso), da qui il tassativo “non toccare”. Ne volete una? Fareste meglio ad andarne a parlare col vostro rivenditore locale Gibson: la domanda sarà alta, qualunque sia il prezzo.

(Fonte: http://bobdylansgear.blogspot.it/2011_01_01_archive.html)

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Talkin' 9312 - Mauriziolongo

Ciao Mr. Tambourine,
ho letto dell'uscita della nuova edizione 30th Anniversary Concert Celebration, devo dirti che dell'evento non nutro un bel ricordo e non concordo molto con le parole trionfali che commentano il post del 24 gennaio.

Bisogna dire che il nostro eroe era messo mooooooolto male all'epoca e che la sua esibizione è stata assai imbarazzante, all'epoca l'evento venne trasmesso in differita da Canale 5 e mi trovai per le mani un bootleg della serata prima dell'uscita del doppio ufficiale, sentendo questi documenti "al grezzo" si notano delle enormi differenze con i documenti ufficiali usciti successivamente.
In poche parole è stato quasi tutto molto "pettinato" e sistemato in studio, l'intervento di Dylan in MY BACK PAGES non è quello fatto in diretta, ma è stato "incollato" quello delle prove del giorno prima, SONG TO WOODY è stata cestinata fin da subito e KNOCKIN' rasenta appena la sufficienza a causa di qualche stonatura di troppo.

Non solo Bob era fuso quella sera anche Kris Kristoferson era messo assai male, l'esibizione di Harrison è stata totalmente sistemata in studio sia nella parte vocale che nella base strumentale, etc, etc...

Devo dire che ci sono state anche grandi esibizioni che nella versione ufficiale sono uguali a quella dei bootleg, ad esempio Clapton in DON'T THINK TWICE è stato epico, Johnny Winter ha fatto una HIGHWAY da brivido, anche se si è dimenticato mezzo testo e i Pearl Jam mi sono davvero piaciuti.

Sono curioso di sentire se nella nuova versione ci hanno messo ancora le mani!
Ciao, Maurizio

Caro Maurizio, fuori mi chiamo, quello che c'è scritto nel post del 24 gennaio è quanto era scritto, parola per parola, sul comunicato ufficiale che appare sul sito della Sony Italia. Detto questo, per il resto la penso come te, anzi, andrei molto oltre, nel senso che io non credo che i dischi o CD che escano sul mercato contenenti esibizioni dal vivo siano "originali", a mio avviso sono tutti, dal primo all'ultimo, "pettinati" come dici tu. Con le apparecchiature che ci sono a disposizione è uno scherzo registrare un disco in studio e farlo diventare dal vivo con overdubs di applausi, fischi, rumori di fondo, larsen e cose varie, è un' operazione che chiunque, con un computer ed un programma di registrazione tipo Qbase può fare tranquillamente nella sua stanza. Ci sono dischi dal vivo che hanno un suono talmente perfetto che è escluso siano stati registrati sul palco, potrei citarti centinaia di dischi live che "non suonano" live anche se registrati direttamente dal mixer, altrimenti dovremmo pensare che i bootlegs dal suono "grezzo" siano stati registrati in caverne piene di pippistrelli o altre stronzate del genere. Quindi non mi stupisco se il disco del 30° anniversario subì questo trattamento e sono certo che anche questa nuova riedizione sia stata ulteriormente manomessa per migliorala. Dylan, pur rimaneggiato e pettinato, si vede e si sente chiaramente, non è in una delle sue serate migliori (per essere gentili), ma questo ha poca importanza, se vai ad un suo concerto puoi essere fortunato se becchi la serata giusta o sfigato se incappi in quella sbagliata. Il disco del 30° anniversario fu importante perchè tutto il mondo musicale, attraverso gli artisti migliori, si inchinò e rese omaggio alla musica di un artista che è ancora la più grande di tutti. La versione di "Like a rolling stone" di John Mellencamp è la miglior versione che io abbia mai sentito, Blowin' in the wind di Stevie Wonder non mi ha entusiasmato, Foot of Praid di Lou Reed era monotonia, Master of war di Eddie Vedder e Mike McCready accettabile, The Times they are a-changin' di Tracy Chapman accattivante, It ain't me baby di Johnny Cash e June Carter davvero pietosa e stonata, What was it you wanted di Willie Nelson è ottima perchè il vecchio Willie ha una voce incredibilmente bella e armonica, I'll be your baby tonight di Kriss Kristofferson ben suonata dalla Willie Nelson Family in puro stile country è piacevole, Highway 61 Revisited del mitico Johnny Winter con la sua fedele Gibson Reverse accordata in "open G" è devastante e chi se ne frega se si è dimenticato il testo (ho avuto la fortuna nel 1970 di vedere Johnny con il suo gruppo che allora si chiamava "And" (erano gli ex The McCoys che avevano avuto un successo mondiale con "Hang on Sloopy" ), formato da musicisti incredibili, Rich Derringer alla chitarra, Randy Jo Hobbs al basso e l'incredibile Randy Zehringer alla batteria (fratello di Rich Derringer che in realtà si chiamava "Zehringer" e che cambiò in Derringer perchè più american-stile), Seven Days di Ron Wood anch'essa monotona, Just like a woman di Richie Havens in una bellissima versione nel suo classico stile "grattaformaggio", When The Ship Comes in dei Clancy Brothers con Robbie O'Connell e special guest Tommy Makem buona, You Ain't Goin' Nowhere di Mary Chapin Carpenter/Rosanne Cash/Shawn Colvin anch'essa brutta e piena di stonature, Just Like Tom Thumb's Blues di Neil Young meravigliosa ed intensa, idem per All along ther Watchtower sempre di Neil, I Shall Be Released di Chrissie Hynde davvero bella con uno stratosferico assolo della Gibson 335 di G.E. Smith, Don't Think Twice, It's Alright di Eric Clapton direi unico lui e unica la versione, più bella non si poteva fare, Emotionally Yours degli O'Jaysm con poca presa a poca grinta, Absolutely Sweet Marie di George Harrison pettinata in modo evidente per cercare di mascherare la serata negativa della voce di George, License To Kill di Tom Petty & The Heartbreakers, e che ....., si può forse non gradire la best band del Mainstream? Certamente no! La Mr. Tambourine Man di Roger McGuinn accompagnato da Tom Petty & The Heartbreakers è un capolavoro assoluto come canzone, come versione e come esecuzione, tanto di cappello al vecchio Roger ed ai ritardatari Tom Petty & The Heartbreakers (nel senso che purtroppo sono nati dieci anni in ritardo...sob...sob....), It's Alright, Ma (I'm Only Bleeding) di Bob Dylan un vero pastrocchio, My Back Pages di Bob Dylan/Roger McGuinn/Tom Petty/Neil Young/Eric Clapton/George Harrison simpatica, peccato che nella strofa di George il microfono era spento quindi metà ce la siamo dovuti "immaginare", Knockin' On Heaven's Door tutti assieme non saprei cosa dire, molto pasticciata e pregna di canti calanti o crescenti, insomma stonati, ma riconosco la difficoltà anche per il fonico più bravo del mondo di far sentire venti chitarre tutte assieme, per fortuna quella in evidenza era quella di Clapton con uno stupendo assolo ed altrettanti stupendi stacchi tra frase e frase, Girl Of The North Country di Bob Dylan anch'essa senza feeling per la brutta serata di Bob.

Speriamo che questa riedizione sia migliore a livello sonoro, che molte stonature siano state rifatte in studio ed eliminate, ed anche se non sarà un CD propriamente dal vivo fa niente, l'importante che ci sappia emozionare ancora come quella sera su Canale 5. Alla prossima, Mr.Tambourine, :o)

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Lucca Summer Festival 2014, voci: nel cast Bob Dylan                         clicca qui

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Quello strano tributo a Bob Dylan                                                          clicca qui

 

 
Sabato 25 Gennaio 2014

“Blonde on blonde”, the neverending album!

               

Ogni tanto faccio passare i miei LP ai quali sono molto legato affettivamente perchè hanno accompagnato la mia giovinezza: Le copertine degli LP anni ’60, ’70, ’80 erano dei veri capolavori artistici, avevano uno spirito vitale, qualcosa che affascinava e molte volte ti costringeva a comperare il disco a scatola chiusa. Ma quando, facendo scorrere i dischi, arrivo a “Blonde on Blonde” devo fermarmi, togliere il disco dalla scaffalatura, guardarlo come fossi un feticista, toccarlo, rivoltarlo, annusarlo per sentire l’odore di quegli anni che rimane inspiegabilmente intrappolato in quella copertina. E poi è più forte di me, devo toglierlo dalla busta, metterlo sul piatto del mio vecchio meraviglioso giradischi, stendermi sul divano, chiudere gli occhi e cominciare a rivivere un’antica emozione, insomma, non riesco a resistere a BoB (questo si suppone sia il significato del titolo dell’album).
Ricordo la prima volta che lo ascoltai, quello che mi colpì immediatamente, come un uppercut al mento, ancora prima di capire , fu il suono , “quel wild-thin-mercury-sound” così definito da Dylan, definizione che in se non significa niente ma fa capire che quelle parole servivano per definire qualcosa di magico e unico, infatti Dylan stesso cercherà invano per anni ed annorum di riprodurre quel suono arcano senza mai più riuscirci, amen, per fortuna quel suono originale è rimasto fissato su BoB, così quando qualcuno di noi fans ha l’esigenza di risentirlo non deve far altro che mettere il disco sul piatto e la nube magica del suono invade la casa.
Che aveva di strano quel suono che potremmo definire selvaggio? Niente, ERA selvaggio e basta! Era un urlo di rabbia repressa che si sfogava in quei solchi, un grido di liberazione, di sofferenza, di noia, di desiderio, di voglia di cambiamento, d’amore, di rancore, di protesta, di rimprovero, di assoluta solitudine, di un uomo che si ritrova solo in mezzo ad un deserto dei milioni di persone che lo circondano e non riesce a vedere niente di buono. Si può essere più soli in mezzo ad un mare di persone che non chiusi in un angusto locale con l’unica compagnia di se stessi, una specie di agorafobia anche se il termine non è proprio esatto per descrivere questa sensazione, ma la sensazione di vuoto e di nulla che Bob provava allora anche in mezzo a quelle migliaia di persone che lo assillavano continuamente e volevano sempre da lui qualcosa, migliaia di giornalisti che scrivevano sulle loro testate come doveva essere Bob Dylan, cosa doveva fare, cosa doveva dire. Questo interminabile assillo o fastidio a volte può trasformarsi in una virtuale agorafobia e costringere una persona con la sensibilità di Bob ad isolarsi dalla massa di tutti coloro che, volenti o nolenti, sono costretti a vivere una vita normale, lamentandosi di tutto e riuscendo a cambiare poco o niente. Era così che si sentiva Dylan negli anni nei quali qualunque cosa doveva essere eccessiva?
Cosa mancava a Dylan, cosa gli recava dolore e rabbia nel contatto con le persone i nomi delle quali sono mascherati tra le righe delle liriche di BoB?
Quale spirito guidava le scelte e le mosse di Dylan in quella società accecata dal benessere generato dal dopoguerra, quell’abbondanza che creerà tanti personaggi quasi al di sopra della realtà quotidiana, specialmente nell’America delle infinite possibilità, quell’America nella quale ogni cittadino americano poteva relizzare il suo sogno?
Allora Dylan, proprio come oggi, era una persona indecifrabile, un mistero vivente che ti rendeva schiavo o ti lasciava indifferente.

Di certo “Blonde on Blonde” è ancora l’album che riassume in sè, forse meglio di tutti gli altri, le fonti ispirative del Dylan di allora , rinchiuse e cintate da una barriera di seducente filo spinato dalla quale non si staccheranno più.
Da dove nasce Blonde? L’album vede la luce dopo la battaglia del Festival di Newport nel 1965 dove sul palco successe di tutto ( Pete Seeger con una scure voleva tagliare i cavi dell’amplificazione di Bob ), forse l’inizio della guerra personale di Bob a tutti coloro che volevano a tutti i costi appiccicargli una qualunque etichetta, la constatazione che molti di quelli che si dichiaravano suoi amici e che godevano della sua fiducia erano invece degli sfruttatori e degli approfittatori disonesti.

  

Dylan si sente moralmente ed eticamente al di sopra di queste umane bassezze, ma solo lui se ne rende conto, solo lui capisce di agire e pensare in una unica e virtuale quinta dimensione, un luogo sconosciuto a tutti gli altri artisti, un luogo pesante nel quale vivere la vita quotidiana, anche per Robert Zimmerman/Bob Dylan, un luogo dove le sollecitazioni e le riflessioni sono sempre estreme, mai mitigate da qualcosa o qualcuno, sorgenti dal nulla totale, quel nulla che farà nascere in Bob l’esigenza di un linguaggio diverso, un linguaggio che lo distinguerà dagli altri songwriters, il suo concetto delle umane cose si ergerà sopra tutto lo scibile e andrà sottolineare in modo incancellabile questa enorme e fondamentale differenza.
Anche nel suono del disco c’è questa differenza, il suono è il primo avvertimento che qualcosa di diverso sta per essere sottoposto alle orecchie non preparate di tutti quei critici soloni che sprecheranno inutilmente ed a vanvera fiumi di inchiostro cercando di catalogare “Blonde on Blonde” insiema a Bob. Non ci riusciranno mai , “Blonde on Blonde” è rimasto un’opera unica , il suo suono è rimasto una cosa unica che regge brillantemente il confronto con tutte le musiche e gli stili da mezzo secolo, imitato da tutti e mai eguagliato da nessuno. La cosa più strana ed incomprensibile è che quel suono fu realizzato da musicisti di studio (quelli comunemente “turnisti” ) di Nashville, cioè quanto di più normale possa esistere nella categoria dei musicisti di professione.



Dylan era on the road in un tour massacrante, devastante , dove le urla, i fischi, le proteste la facevano da padrone, un tour che sembra prendere la strada del dramma sociale, invece stava imboccando quella del dramma personale. E’ proprio in questo impensabile rincorrersi di avvenimenti che Dylan scrive quello che diventerà il punto più alto della sua arte , il suo “Capolavoro” in assoluto , il punto di svolta della musica rock.
Si percepisce immediatamente l’odore del masterpiece , si capirà in seguito il valore rivoluzionario dell’album (a parte il fatto che fu il primo album doppio della storia) quando sarà chiaro che l’album non era più una raccolta di canzoni easy-listening tipo i primi album ye-ye dei Beatles ma bensì un’opera con un senso proprio di difficile interpretazione, con un linguaggio dylaniano ancora più esasperato del solito. L’album sarà il capostipite di una marea di altre opere da esso ispirate, i cosidetti "concept albums", ed il decennio musicale successivo sarà ossessionato da questo principio che diventerà un’esigenza vitale per la sopravvivenza di tutti gli artisti di quel periodo. Fu un ordine imperativo “Basta, d’ora in poi la musica si fa così” sembrò dire Dylan, “La musica non è un modo banale di passare il tempo ma un modo intelligente per impegnarlo” e le regole della nuova musica furono dettate senza possibilità di appello da Bob e  "BoB”.

La rivoluzione dylaniana furono i testi, punto allora deficitario nel rock che ai tempi aveva assunto, anche grazie alla spinta devastante dei Beatles il nome di “musica beat” o “Mersey sound”, preso dal fiume Mersey che bagna Liverpool, ma Dylan con Blonde on Blonde dettò quelle che sarebbero diventate le nuove regole che dovranno obbligatoriamente essere assimilate da tutti, Beatles compresi (che erano allora considerati i massimi artisti del momento, all’unanimità giudicati insuperabili, e che saranno i primi a capire che l’era degli stupidissimi ye-ye e delle liriche tipo " I'll buy you a diamond ring my friend if it makes you feel alright" era finita, cominciando a pensare copiando lo stile Dylan, incidendo albums come “Revolver”, “Sergent Pepper’s” e il “White Album”). Ad un certo punto della sua ascesa verso il successo e la fama, Dylan ripudia i testi della canzone di protesta del folk, legge, assimila, rielabora concetti con la sua visione personale, prende e trasforma tutto, mischia Shakespeare con Platone, i simboli del “poeta maledetto” Arhtur Rimbaud entrano nel suo linguaggio, i suoi testi diventano un film dal sapore felliniano, delle visioni quasi irreali spruzzate abbondantemente da massiccie dosi di verismo e di fantasia, quasi un ermetismo mascherato, da associazioni mentali metafisiche fuse con la tradizione Appalachiana, la canzone che diventa poesia, la letteratura e la poesia cantata invece che scritta, cosa davvero inaudita per quei tempi. Dylan ha portato la poesia nei Juke-box dirà Ginsberg. Dylan calò così il sipario sulla musica di ieri e quando lo riaprì la musica aveva assunto una nuova espressione. Qualcuno salterà immediatamente sul carro dylaniano,  (i Beatles diranno la famosa frase ripresa dai giornali di tutto il mondo “Dylan shows the way”) , altri saliranno quando lui aveva già cambiato carro, il solco della divisione era ormai tracciato e mai più sarà riempito.

I Beach Boys uscirono con “Pet Sound” , I Beatles con “Sergent Pepper’s” con io volto di Dylan in copertina asieme ad altri celebri personaggi, gli Stones con “Their Satanic Majesties Request”, e Dylan allora fa un testacoda improvviso incidendo “John Wesley Harding” (dice la leggenda con i volti dei Beatles mascherati nel tronco dell'albero dietro Bob) e tutti, artisti e critici cadranno di nuovo nel baratro dello stupore che confonde le idee. Ma allora, dov’era andato il favoloso suono di “Blonde on Blonde”? Era semplicemente finito, come tutte le cose irripetibili, Bob cercava altre strade, lui agirà sempre così per tutta la sua carriera, i cambiamenti sono quelli che lo maturano, lo ispirano, lo fanno diventare unico ed incopiabile, una specie di fossile in costante evoluzione, oggi quì domani là, e postdomani nessuno lo sà.

     

A questo punto è ora di fare una passeggiata fra i solchi di "BoB" per fare, with a little help by Wikipedia, un pò di storia di questo “pezzo unico” della musica moderna.

Blonde on Blonde è il settimo album discografico di Bob Dylan pubblicato nel 1966 dalla Columbia Records. Il disco è ritenuto il primo significativo album doppio della storia del Rock, anticipando di qualche mese Freak Out! di Frank Zappa, e segna il definitivo passaggio dall'era del 45 giri a quella del 33 giri.

Le sessioni di registrazione ebbero inizio a New York nell' ottobre del 1965, con la partecipazione di numerosi session men, inclusi i membri della backing band di Dylan di allora, The Hawks.

Le sedute continuarono fino al gennaio 1966, ma soltanto una traccia che finì poi sull' album fu completata, “One of Us Must Know (Sooner or Later)”. Dietro suggerimento del produttore Bob Johnston, Dylan, accompagnato dal tastierista Al Kooper e dal chitarrista Robbie Robertson, si trasferì a Nashville, la “country-music city” capitale del Tennessee. Queste sessioni, con l'apporto di alcuni musicisti della scena locale, furono maggiormente fruttuose, e nel febbraio/marzo '66 si ebbe la registrazione di tutte le rimanenti canzoni dell'album.
Il disco conclude la cosiddetta "trilogia elettrica" di Dylan, cominciata con “Bringing It All Back Home” e proseguita con “Highway 61 Revisited” (1965). “Blonde on Blonde” viene spesso indicato dalla critica come uno dei più grandi album di tutti i tempi.

     

L'album raggiunse la posizione numero 9 nella classifica statunitense Billboard 200, diventando doppio disco di platino, e la posizione numero 3 in Gran Bretagna. Dall'album furono estratti due singoli di successo: Rainy Day Women #12 & 35 e I Want You. Due ulteriori canzoni presenti sull'album, Just Like a Woman e Visions of Johanna, sono considerate tra le migliori composizioni di Dylan, e sono state entrambe inserite nella lista delle 500 migliori canzoni di sempre redatta dalla rivista Rolling Stone.
Nel 2003 l'album si aggiudicò la posizione numero 9 nella lista della classifica dei 500 migliori album di tutti i tempi redatta della rivista Rolling Stone.

La grande quantità dei brani registrati da Dylan, costrinse la casa discografica a stampare il primo doppio LP. L’album è rilevante perché coniuga il rock blues elettrico di Dylan, consolidatosi su Highway 61 Revisited, con delle sonorità maggiormente eclettiche e con testi ancora più surreali e sancisce la fine di un periodo importante nella carriera dell’artista.
Registrato tra New York e Nashville, Blonde on Blonde fu prodotto da Bob Johnston e venne acclamato dalla critica e dal pubblico alla sua uscita per la sua sofisticatezza musicale, la sua forza controllata e il suo lirismo surreale. Altri pensarono anche che l’album fosse più accessibile musicalmente rispetto agli ultimi dischi di Dylan, trovando le canzoni d'amore in esso contenute, più armoniose e di ampio respiro.

La Copertina
La foto di Claudia Cardinale venne inserita nella copertina interna delle prime stampe dell'album Blonde on Blonde per volere di Bob Dylan. La foto di copertina, che occupa le due facciate esterne del doppio album, scattata da Jeffrey Schatzberg, raffigura Bob Dylan lievemente sfuocato appoggiato a un muro, con indosso una giacca di pelle scamosciata marrone e una sciarpa annodata al collo, mentre guarda intensamente in macchina fotografica con un’epressione leggermente infastidita. Nel 1968, la Columbia modificò la copertina interna del disco, rimuovendo la fotografia dell’attrice Claudia Cardinale che era stata inserita senza il di lei benestare, Le versioni originali comprendenti anche la foto della Cardinale sono diventate nel corso degli anni un raro oggetto per i collezionisti.


 

La Registrazione
All’epoca fece scalpore la decisione di Dylan di registrare l’album nel profondo sud, a Nashville, la patria del country, perché ai tempi lui era considerato la quintessenza del beatnik artistoide newyorchese. Più avanti, con l’uscita dell’album Nashville Skyline, lo stesso Dylan dimostrerà di essere sempre stato affine alle atmosfere rurali e agresti e nondimeno un grande appassionato di country & western.
La controversa esibizione al Newport Folk Festival nel luglio 1965, che aveva segnato la grande svolta “elettrica” di Dylan, era stato il primo tentativo di riprodurre in concerto il suo nuovo sound. Il suo prossimo tentativo si sarebbe materializzato in due concerti tenuti alla fine di agosto insieme agli Hawks come gruppo di spalla.

Le sessioni a New York
Grazie al buon riscontro di queste esibizioni, Dylan decise di portarsi gli Hawks, i futuri The Band, in studio di registrazione. Una seduta prodotta da Bob Johnston si tenne tra il 5 e il 6 ottobre, allo Studio A della Columbia a New York City. La session era incentrata su due canzoni: I Wanna Be Your Lover e Can You Please Crawl Out Your Window?, che però non trovarono collocazione sull’album in uscita.
Il 30 novembre, Dylan e gli Hawks registrarono il brano Freeze Out, successivamente reintitolato Visions of Johanna, Freeze Out era una composizione ambiziosa, dieci minuti di epica surreale. Ma nemmeno con l’ausilio dei musicisti di studio Bruce Langhorne, Paul Griffin, e Al Kooper, Dylan fu in grado di registrare una versione del brano che lo soddisfacesse.
Dylan non effettuerà altre sessioni fino all‘anno nuovo; il 21 gennaio 1966, ritornò in studio per registrare un’altra lunga composizione, She's Your Lover Now. Anche questa seduta fallì e Dylan non ritentò più di registrare ancora la canzone, ma una take del 21 gennaio riemergerà anni dopo, sul cofanetto The Bootleg Series Volumes 1–3 (Rare & Unreleased) 1961–1991.
 

   

Dopo aver fallito la registrazione di due potenziali brani da includere sul nuovo disco, Dylan si fece perplesso sull’uso degli Hawks come band di studio. Fece un’altra session allo Studio A il 25 gennaio, ma questa volta insieme al batterista Bobby Gregg, al bassista William E. Lee (padre del regista Spike Lee), al pianista Paul Griffin, e con Al Kooper all’organo; Robbie Robertson suonò ugualmente durante queste sessioni, e molti membri degli Hawks presenziarono in studio, ma la loro presenza è incerta per la mancanza di documentazione attendibile. Comunque, due nuove canzoni furono finalmente registrate: Leopard-Skin Pill-Box Hat e One of Us Must Know (Sooner or Later).

Bobby Gregg

Un’altra seduta si tenne il 27, ma non ne uscì niente di buono. Quindi, la difficoltà di completare i brani e i lenti progressi delle session, contribuirono alla decisione di Dylan di cancellare le ultime tre sedute di registrazione già prenotate in precedenza. Tempo dopo Dylan incontrerà il critico Robert Shelton e gli confesserà: «Oh, ero veramente giù. Voglio dire, in dieci sedute, non siamo riusciti a registrare una sola canzone... Era colpa del gruppo. Ma, allora non lo sapevo. Non volevo pensarlo».

Nashville
Circa in questo periodo, Dylan decise che cambiare scenario avrebbe aiutato a migliorare la situazione. Il produttore Bob Johnston aveva già avuto qualche esperienza precedente agli studi Columbia di Nashville, Tennessee, lavorando con esperti veterani come Grady Martin e Floyd Cramer, quindi si decise di spostare lì le sedute di registrazione per l'album.
Il 14 febbraio 1966, Dylan tenne la sua prima seduta di registrazione al Music Row Studios di Nashville. In aggiunta a Al Kooper, Dylan e Johnston reclutarono il noto suonatore d’armonica, chitarrista e bassista Charlie McCoy, i chitarristi Wayne Moss e Joe South, e il batterista Kenny Buttrey.

     

     Grady Martin                     Floyd Cramer                              Charlie McCoy                                             Waine Moss

Tre canzoni furono registrate in questa prima sessione, Fourth Time Around e Visions of Johanna furono finalmente completate per l’inclusione sull’album. Ulteriori tentativi di ri-registrare Leopard-Skin Pill-Box Hat, invece, si rivelarono insoddisfacenti.
Il giorno dopo, Dylan fece un’estesa seduta che durò fino alle prime ore del mattino del 16 febbraio. Fu durante questa sessione che Dylan registrò un’altra composizione epica, Sad-Eyed Lady of the Lowlands, che andrà ad occupare un'intera facciata del disco in uscita.
Un’altra session, il 17 febbraio fu dedicata alla registrazione di una delle canzoni dal titolo più celebre e bizzarro tra quelli scritti da Dylan, Stuck Inside of Mobile with the Memphis Blues Again. Un nastro master completo della canzone fu completato con successo e successivamente incluso nell‘album finale.
L’ 8 marzo furono registrate Absolutely Sweet Marie, Just Like A Woman, e Pledging My Time. Un'ultima, lunghissima sessione durata tutta la notte tra il 9 e il 10 marzo, produsse nastri definitivi di Most Likely You Go Your Way (And I'll Go Mine), Temporary Like Achilles, Rainy Day Women #12 & 35, Obviously Five Believers, I Want You, e Leopard-Skin Pill-Box Hat, tutte completate e pronte per essere pubblicate.
Dylan rimase molto soddisfatto delle sessions di Nashville, e quando supervisionò il mix finale di Blonde on Blonde, in aprile a Los Angeles, si accorse di avere abbastanza materiale per un album doppio.
«Il tipo di suono che più si avvicina a quello che avevo sempre avuto in mente, è quello sul disco Blonde on Blonde», affermerà Dylan nel 1978. «Un sottile e teso suono al mercurio. Metallico e rilucente. Quello è il tipo di sonorità che cerco. Non sono sempre stato in grado di ottenerla. Il più delle volte mi sono dovuto accontentare di una combinazione di chitarra, armonica e organo».

Rainy Day Women #12 & 35                                                                                                                                          Secondo lo scrittore Andy Gill, iniziando il suo nuovo album con il suono di quella che sembrava "una demenziale banda di paese... costituita da gente fuori di testa strafatta di erba", Dylan diede un grosso choc ai suoi ex fans del periodo folk. Il biografo di Bob Dylan, Clinton Heylin, suggerisce che la connotazione da Vecchio Testamento dell'essere "lapidato" (in inglese "stoned" con doppio significato anche di "strafatto" dalle droghe) con un sottofondo musicale da banda dell'esercito della salvezza potesse essere un'ironica punzecchiatura ai fondamentalisti religiosi. Il ritornello della traccia, sempre secondo Heylin, deriverebbe dal brano Let's Go Get Stoned di Ray Charles che Dylan aveva sentito alla radio. Invece, per quel che riguarda l'enigmatico titolo della canzone, Heylin lo collega al biblico Libro dei Proverbi, capitolo 27, versetto 15: «A continual dropping in a very rainy day and a contentious woman are alike». Pubblicata su singolo il 22 marzo 1966, Rainy Day Women raggiunse la seconda posizione nella classifica di Billboard riservata ai singoli, e la numero 7 nel Regno Unito.

Pledging My Time
Dopo il divertimento spensierato di Rainy Day Women #12 and 35, Pledging My Time, influenzata dal blues di Chicago, stabilisce lo stile malinconico e ombroso dell'album. Il pezzo si basa su diverse canzoni blues tradizionali, inclusa l'incisione di Elmore James di It Hurts Me Too. Secondo il critico Michael Gray, la strofa del testo che recita: «Somebody got lucky but it was an accident» rieccheggia la frase «Some joker got lucky, stole her back again» presente in Come On in My Kitchen di Robert Johnson, a sua volta ispirata alla registrazione del 1931 ad opera di Skip James del brano Devil Got My Woman. Gray suggerisce che "i sussultanti movimenti delle frasi melodiche" derivino dalla melodia di Sitting on Top of the World, incisa da Mississippi Sheiks nel 1930. Dietro al cantato di Dylan e al break strumentale improvvisato all'armonica, il sound generale della canzone è fornito dalla chitarra di Robbie Robertson, dal pianoforte blues di Hargus "Pig" Robbins, e dalle percussioni suonate da Ken Buttrey. Una versione editata della traccia venne pubblicata su singolo come lato B di Rainy Day Women #12 & 35.

Hargus "Pig" Robbins       Ken Buttrey

Visions of Johanna
Considerata da molti critici come uno dei brani capolavoro di Dylan, Visions of Johanna si rivelò difficile da mettere su nastro. Heylin colloca la composizione della canzone alla fine del 1965, quando Dylan viveva al Chelsea Hotel con la moglie Sara. Il 30 novembre, nello studio di registrazione a New York, Dylan annunciò la sua nuova epica composizione con queste parole: «This is called Freeze Out» ("Questa si intitola Freeze Out"). Dylan guidò la band attraverso 14 take della canzone, incerto di come volesse che suonasse la traccia. Dieci settimane dopo, Visions of Johanna venne riprovata negli studi di Nashville venendo finalmente completata. Nel 1999, il professore universitario di letteratura e poesia, Andrew Motion, proclamò che la composizione aveva il miglior testo mai scritto per una canzone di musica leggera e arrivò a proporre la candidatura di Bob Dylan al Premio Nobel per la letteratura.

One of Us Must Know (Sooner or Later)
Quando Dylan arrivò in studio il 25 gennaio 1966, non aveva ancora deciso il testo e il titolo di quella che sarebbe diventata la traccia di chiusura del primo lato di Blonde on Blonde. Mentre Dylan metteva insieme i pezzi della canzone, e il coro che titola il brano venne aggiunto alla quinta take, la sessione durò tutta la notte proseguendo fino alla mattina del giorno dopo. Solo alla diciottesima take venne registrata una versione completa della canzone. La successiva take, diciannovesima, concluse la seduta e finì sull'album quattro mesi dopo.
One of Us Must Know è un resoconto unilaterale della fine di una relazione amorosa. Dissezionando le cose andate per il verso sbagliato, il narratore assume un atteggiamento difensivo in una conversazione univoca (e senza possibilità di replica alcuna) con la sua ex amante. Come illustrato dalla frase introduttiva del brano, egli è incapace di condurre una relazione normale: «I didn't mean to treat you so bad. You don't have to take it so personal. I didn't mean to make you so sad. You just happened to be there, that's all». ("Non avevo intenzione di trattarti così male. Non devi prenderla così sul personale. Non volevo renderti così triste. È successo soltanto che tu fossi qui, questo è tutto.") One of Us Must Know fu la prima traccia completata per l'inclusione in Blonde on Blonde, e l'unica selezionata dalle sessioni svoltesi a New York. Il brano venne estratto come primo singolo e pubblicato il 14 febbraio 1966, il medesimo giorno nel quale Dylan iniziava a registrare a Nashville. Non riuscì ad entrare in classifica in America, ma raggiunse la posizione numero 33 in Gran Bretagna.

I Want You
Brano tra i più orecchiabili sull'album, possiede una melodia di facile presa ma un testo altresì alquanto criptico nel quale sfilano bizzarri personaggi come un "becchino colpevole" (a guilty undertaker), un "suonatore d'organo solitario" (a lonesome organ grinder), "padri piangenti" (weeping fathers), salvatori addormentati (sleeping saviors), la Regina di Picche (the Queen of Spades), e quel "fanciullo danzante con l'abito da cinese" (dancing child with his Chinese suit) nel quale spesso si è voluto vedere un riferimento velato a Brian Jones dei Rolling Stones. È infatti stato spesso affermato che la canzone riguardasse Anita Pallenberg, all'epoca fidanzata di Jones.

Altre interpretazioni del testo da parte di critici e musicologi, fanno invece riferimento all'eroina come oggetto dei ripetuti «I Want You» (it: "Ti voglio") che Dylan canta nel testo, anche se è più plausibile che la materia del brano tratti semplicemente dell'espressione sincera del suo desiderio per Sara Lowndes con la quale Dylan si era da poco sposato. Pubblicata su singolo nel giugno del 1966, I Want You raggiunse la posizione numero 20 in classifica negli Stati Uniti, e la numero 16 in Gran Bretagna.

Stuck Inside of Mobile with the Memphis Blues Again
Incisa a Nashville, la composizione si dipana in nove complesse strofe, ognuna delle quali descrive bozzetti surreali che illustrano l'alienazione contemporanea. Alla fine il narratore è sopraffatto dal susseguirsi di assurdità che gli capitano, come se la sua vita fosse diventata una giostra da luna park dalla quale non riesce più a scendere. In studio, la canzone si sviluppò attraverso svariate revisioni musicali, giungendo alla forma conosciuta solo dopo numerose registrazioni.

Leopard-Skin Pill-Box Hat
Leopard-Skin Pill-Box Hat è un blues dal tono sarcastico e misogino che mette in ridicolo il materialismo, la moda, e il consumismo di una ragazza dell'epoca. Il brano deriva la sua melodia e parte delle liriche stesse dalla canzone Automobile (Blues) di Lightnin' Hopkins.
La traccia si sviluppò nel corso di sei versioni differenti incise a New York, di altre 13 take registrate a Nashville, ed infine da una singola prova il 10 marzo, che poi fu proprio quella a finire sull'album. Un anno dopo la sua registrazione, Leopard-Skin Pill-Box Hat divenne il quinto singolo estratto da Blonde on Blonde, raggiungendo la posizione numero 81 nella classifica Billboard Hot 100.

Just Like a Woman
Brano tra i più famosi ed acclamati tra quelli scritti da Dylan, Just Like a Woman è stata oggetto di numerose analisi da parte di critica e pubblico con l'obiettivo di indovinare la destinataria delle liriche della canzone. Il brano ha come soggetto una figura femminile che si comporta, appunto, "proprio come una donna" (traduzione del titolo in italiano). "Parla proprio come una donna, fa l'amore proprio come una donna, ma va in crisi proprio come una bimba" canta Dylan nel ritornello, descrivendo le due personalità differenti della protagonista. Dylan scrisse questa gentile ballata il giorno del ringraziamento del 1965 mentre si trovava in tour a Kansas City. È opinione ampiamente diffusa che la canzone faccia riferimento a Edie Sedgwick, un'attricetta del giro della "Factory" di Andy Warhol, con la quale Dylan avrebbe avuto una fugace relazione all'epoca.

Most Likely You Go Your Way (And I'll Go Mine)
Un brillante blues sulla separazione di due amanti, Most Likely You Go Your Way (And I'll Go Mine) è una di quelle tracce dal testo più comprensibile dell'intera produzione del Dylan del periodo 1965–1966. Il narratore è stanco di portare avanti una relazione stagnante e si accinge a lasciare andare l'ex compagna per la sua strada (e lui per la propria). Come già in Just Like a Woman e Absolutely Sweet Marie, egli attende l'ultima strofa per assestare il "colpo finale", che in questo caso arriva dal titolo del brano stesso. Most Likely You Go Your Way venne pubblicata su singolo nel marzo 1967, come B-side di Leopard-Skin Pill-Box Hat.

Temporary Like Achilles
Si tratta di un lento e lamentoso blues contraddistinto dal sound paludoso del pianoforte di Hargus "Pig" Robbins. Nella canzone, il narratore è stato abbandonato dall'amata, fuggita con un altro uomo. Riferendosi al suo rivale in amore con il nome dell'eroe mitico "Achille", il narratore ironizza sulle vanterie dell'uomo, chiedendosi come sia stato possibile che la ragazza abbia scelto proprio lui.

Absolutely Sweet Marie
Questa canzone, descritta come uno "shuffle blues in up-tempo, pura Memphis" è un esempio di "ovvia sensibilità pop con una melodia compulsiva", venne registrata in quattro take il 7 marzo 1966. Le parole del testo sono una serie di metafore sessuali, inclusa l'espressione "beating on my trumpet" ("battere sulla mia tromba"), che derivano da brani tradizionali blues. Nondimeno, la traccia contiene una delle massime più celebri di Bob Dylan, e cioè l'affermazione che: «to live outside the law you must be honest» ("per vivere come un fuorilegge, bisogna essere onesti"), presa a modello e manifesto da molti hippie bohemienne e contestatori vari.

4th Time Around
Una leggenda piuttosto fondata, vuole che questa canzone, fosse un'acida parodia del brano dei Beatles (scritto da John Lennon) Norwegian Wood (This Bird Has Flown) presente sull'album Rubber Soul del 1965, dove Lennon descriveva una sua scappatella extraconiugale facendo uso di un linguaggio criptico, surreale, molto dylaniano. Infatti Dylan ben sapeva che all'epoca Lennon era un suo grande ammiratore, e notando che la canzone risentiva molto del suo stile e della sua influenza sul Beatle, volle scrivere una risposta ironica al pezzo, mettendo in risalto (e anche in ridicolo) la somiglianza della canzone con le sue composizioni del tempo. Quindi Dylan, sentendosi in dovere di restituire il favore, scrisse una canzone anch'essa in tempo 3/4, copiando la tonalità e la struttura circolare della traccia dei Beatles, ma spingendo il racconto di Lennon in una direzione maggiormente oscura. Lo scrittore Sean Wilentz così descrive il risultato finale: "sembra di sentire Bob Dylan che imita John Lennon che imita Bob Dylan".

Obviously 5 Believers
Obviously 5 Believers, è sostanzialmente una canzone d'amore blues simile nella melodia e nella struttura a Me and My Chauffeur Blues di Memphis Minnie, e venne descritta da Robert Shelton come "la miglior canzone R&B sull'album". Registrata nelle prime ore della mattina del 9-10 marzo a Nashville con il titolo di lavorazione Black Dog Blues, la traccia è sorretta dalla chitarra di Robertson, dall'armonica di Charley McCoy, e dalla batteria di Ken Buttrey.

Sad Eyed Lady of the Lowlands
Scritta nello spazio di otto ore durante una sessione a Nashville, la notte del 15–16 febbraio, la lunga Sad Eyed Lady, con i suoi undici e più minuti di durata, andò ad occupare l'intera quarta facciata di Blonde On Blonde. La critica fece subito notare come il termine "Lowlands" fosse simile a "Lownds", il cognome da nubile della moglie di Dylan, Sara, che Bob aveva sposato solo tre mesi prima. Quindi fu ben presto chiaro che la composizione era un'ode alla neo-sposa, descritta con gli "occhi tristi", la "pelle come seta" e il "viso di cristallo", ma fu solo nel 1976 sull'album Desire che Dylan fugò ogni dubbio su chi fosse il soggetto della canzone, quando cantò nel brano Sara, dedicato alla moglie, le seguenti strofe:
Stayin' up for days in the Chelsea Hotel, Writin' Sad-Eyed Lady of the Lowlands for you. it: Restando sveglio per giorni al Chelsea Hotel, scrivendo Sad-Eyed Lady of the Lowlands per te.
 

Outtakes
I seguenti brani furono provati e registrati durante le sessioni per Blonde on Blonde ma non trovarono posto sul disco.

Tell Me Momma veniva abitualmente eseguita durante i concerti del 1966 ma rimase ufficialmente inedita fino all'inclusione in The Bootleg Series Vol. 4 nel 1998, dove appare in una versione dal vivo.

I Wanna Be Your Lover (alias I Don't Want to be Your Partner) (successivamente pubblicata nel cofanetto Biograph)

I'll Keep It With Mine (successivamente pubblicata in The Bootleg Series Volumes 1–3 (Rare & Unreleased) 1961–1991)

Jet Pilot (successivamente pubblicata nel cofanetto Biograph)

Medicine Sunday (versione embrionale di Temporary Like Achilles, rilasciata in “Highway 61 Interactive CD-ROM” (1995))

Number One (strumentale)

She's Your Lover Now (alias Just a Little Glass of Water) (successivamente pubblicata in The Bootleg Series Volumes 1–3 (Rare & Unreleased) 1961–1991)

Strumentale senza titolo

Don't Tell Him, Tell Me

If You Want My Love

Tell Me Momma (successivamente pubblicata in The Bootleg Series Vol.
4: Bob Dylan Live 1966, The "Royal Albert Hall" Concert)

Positively Van Gogh

What Kind of Friend is This?
On A Rainy Afternoon

I Can't Leave Her Behind

Blonde on Blonde è stato pubblicato in non meno di undici edizioni diverse, con differenze significative nei mixaggi e nella durata dei brani. Nessuna specifica versione è stata mai dichiarata quella ufficiale. Anche la data di pubblicazione dell’album è incerta; mentre la Columbia riporta come data ufficiale il 16 maggio 1966, molti esperti della discografia Dylaniana hanno avanzato dubbi sulla data in questione, facendo notare che l’entrata del disco nella classifica di Billboard risale solo al 23 luglio, ben due mesi abbondanti dopo la presunta uscita di maggio. Ci sono poi anche significative differenze tra i mixaggi mono e stereo dell’album. Al di là di tutto, alla sua uscita, l'album fu salutato come una pietra miliare nel mondo del rock, Paul McCartney disse che nessuno avrebbe più potuto incidere un disco di una tale intensità artistica, Eric Clapton, dopo averlo ascoltato, abbandonò il blues classico per interessarsi al rock; infine si dice che l'album piacesse così tanto ai Rolling Stones, che quando, nel 1967, Mick Jagger, Keith Richards e Marianne Faithfull furono arrestati a casa di Richards durante un'orgia di sesso e droga, la polizia trovò sul giradischi proprio Blonde on Blonde che risuonava a tutto volume nella stanza.

Tracklist

Tutte le canzoni sono state scritte da Bob Dylan

Lato 1
1.Rainy Day Women #12 & 35 - 4:36
2.Pledging My Time - 3:50
3.Visions of Johanna - 7:33
4.One of Us Must Know (Sooner or Later) - 4:54

Lato 2
5.I Want You - 3:07
6.Stuck Inside of Mobile with the Memphis Blues Again - 7:05
7.Leopard-Skin Pill-Box Hat - 3:58
8.Just Like a Woman - 4:53

Lato 3
9.Most Likely You Go Your Way (And I'll Go Mine) - 3:30
10.Temporary Like Achilles - 5:02
11.Absolutely Sweet Marie - 4:57
12.4th Time Around - 4:35
13.Obviously 5 Believers - 3:35

Lato 4
14.Sad Eyed Lady of the Lowlands - 11:23

Musicisti:                                                                                                                                                                                Bob Dylan – voce, chitarra, armonica, pianoforte
Robbie Robertson – chitarra
Rick Danko – basso, violino
Garth Hudson – tastiere
Richard Manuel – batteria, tastiere
Charlie McCoy – basso, chitarra, armonica, tromba
Al Kooper – organo, pianoforte, chitarra
Hargus "Pig" Robbins – pianoforte, tastiere
Bill Atkins – tastiere
Paul Griffin – pianoforte
Kenneth A. Buttrey – batteria
Sanford Konikoff – batteria
Joe South – chitarra
Jerry Kennedy – chitarra
Wayne Moss – chitarra, voce
Henry Strzelecki – basso
Wayne Butler – trombone
Bob Johnston – produzione
Mark Wilder – tecnico del suono

BNene, dopo tutte queste parole, moltissime delle quali tratte da Wikipedia, permettetemi di darvi un consiglio, riascoltate Blonde on Blonde, non ve ne pentirete!!!!

Mr.Tambourine

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The Bootleg Series: la prossima uscita su "Blood on the tracks"         clicca qui

 

 
Venerdi 24 Gennaio 2014

"The 30th Anniversary Concert Celebration - Deluxe Edition"

Uscirà il 4 marzo in doppio CD, doppio DVD e Blu ray The 30th Anniversary Concert Celebration - Deluxe Edition, che documenta il concerto-tributo a Bob Dylan tenutosi il 16 ottobre 1992 al Madison Square Garden di New York. Sul sito di Rolling Stone potete vedere il trailer del live.
Lo show è a dir poco spettacolare ed il cast di artisti crea pura e semplice emozione. Il nuovo master in alta definizione e l’audio rimasterizzato rendono "The 30th Anniversary Concert Celebration - Deluxe Edition" un vero e proprio manifesto della storia della musica: un evento imperdibile. 4 ore di spettacolo di fronte a 18.000 fan al Madison Square Garden. Sul palco, Johnny Cash, June Carter Cash, Lou Reed, The Clancy Brothers, Richie Havens, Johnny Winter, Roger McGuinn, Tom Petty & the Heartbreakers, Stevie Wonder, Willie Nelson, Kris Kristofferson, Neil Young, Eric Clapton, Ron Wood, Chrissie Hynde, The O'Jays, Eddie Vedder, Sinéad O'Connor, Tracy Chapman, George Harrison (che appariva onstage dopo ben 18 anni di assenza) e molti altri, incluso lo stesso Bob negli ensemble finali del concerto.

"The 30th Anniversary Concert Celebration - Deluxe Edition"- tracklist

Like A Rolling Stone - John Mellencamp
Blowin' In The Wind – Stevie Wonder
Foot Of Pride – Lou Reed
Masters Of War – Eddie Vedder/Mike McCready
The Times They Are A-Changin' – Tracy Chapman
It Ain't Me Babe – June Carter Cash/Johnny Cash
What Was It You Wanted – Willie Nelson
I'll Be Your Baby Tonight – Kris Kristofferson
Highway 61 Revisited – Johnny Winter
Seven Days – Ron Wood
Just Like A Woman – Richie Havens
When The Ship Comes in – The Clancy Brothers and Robbie O'Connell with special guest Tommy Makem
War – Sinead O'Connor
Just Like Tom Thumb's Blues – Neil Young
All Along The Watchtower – Neil Young
I Shall Be Released – Chrissie Hynde
Love Minus Zero, No Limit – Eric Clapton (Track Only Available on DVD/Blu-Ray Format)
Don't Think Twice, It's Alright – Eric Clapton
Emotionally Yours – The O'Jays
When I Paint My Masterpiece – The Band
You Ain't Goin' Nowhere – Mary Chapin Carpenter/Rosanne Cash/Shawn Colvin
Absolutely Sweet Marie – George Harrison
License To Kill – Tom Petty & The Heartbreakers
Rainy Day Women #12 & 35 - Tom Petty & The Heartbreakers
Mr Tambourine Man – Roger McGuinn
It's Alright, Ma – Bob Dylan
My Back Pages – Bob Dylan/Roger McGuinn/Tom Petty/Neil Young/Eric Clapton/George Harrison
Knockin' On Heaven's Door – Everyone
Girl Of The North Country – Bob Dylan

DVD Bonus Tracks:
Leopard-Skin Pill-box Hat - John Mellencamp
Boots Of Spanish Leather – Nancy Griffith with Carolyn Hester
Gotta Serve Somebody – Booker T. & The M.G.'s

DVD Bonus Features:
Behind The Scenes (40 minuti di filmati inediti tratti dalle prove, interviste ed altro)

CD Audio bonus tracks:
Sinéad O'Connor - I Believe In You (dal soundcheck - inedito)
Eric Clapton - Don't Think Twice, It's Alright (dal soundcheck - inedito)

(Fonte: http://www.sonymusic.it/it/news/bob-dylan-uscir%C3%A0-il-4-marzo-30th-anniversary-concert-celebration-deluxe-edition)

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Il trailer del 30th Anniversary Concert Celebration

 

 

 
Giovedi 23 Gennaio 2014

Bob Dylan, ristampa deluxe per il concerto del 30ennale             clicca qui

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Il 4 marzo la versione HD del concerto del 30° anniversario         clicca qui

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From Another World: Tributo alla musica di Dylan                       clicca qui

 

 
Mercoledi 22 Gennaio 2014

Talkin' 9311 - Massi

http://iltirreno.gelocal.it/lucca/cronaca/2014/01/17/news/il-summer-si-fa-e-con-la-sua-biglietteria-1.8486978

http://en.wikipedia.org/wiki/Never_Ending_Tour_2014

Ciao,
Vi segnalo questa notizia che da giorni circola sulle varie pagine di facebook dedicate a Bob.
Il Summer Festival di Lucca (che si tiene a luglio) ha confermato sia la presenza del nostro amico comune sia il ritorno di Elton John e in più si prevede l'arrivo per la prima volta in Italia di un giovane musicista (famosissimo negli States) che da un paio di album ha abbandonato la vena pop per abbracciare chitarra acustica ed armonica, John Mayer, ve lo consiglio vivamente sia perché è un chitarrista straordinario (le sue cover di Jimi Heandrix non sfigurano accanto quelle di SRV http://youtu.be/T-YDNXggCYQ) sia perché è diventato un buon autore. Comunque ecco un suo omaggio a Dylan:

http://youtu.be/c-2KJIL1gSA

Ciao, Massi

Grazie mille per la segnalazione della news dylaniana, anche se per il momento è solo una "voce" senza conferma. Le "voci" dicono che il solo artista confermato a Lucca è Bob, mentre invece la partecipazione come apertura del Festival di Elton John non è ancora stata confermata ne dal sito di D'alessandro e Galli che, al momento, elenca per Elton la sola data del 4 dicembre 2014 al Mediolanum Forum di Assago, ne dal sito del Summer Festival. Al momento attuale ne il sito di D'alessandro e Galli http://www.dalessandroegalli.com/ e nemmeno quello del Lucca Summer festival http://www.summer-festival.com/home indicano la partecipazione di Bob, restiamo in attesa per aver la conferma ufficiale da questi siti ed anche da quello di Bob Dylan, naturalmente con altre date italiane!  Speriamo che la "voce" diventi realtà! Alla prossima, Mr.Tambourine :o)

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Talkin' 9310 - Maria Rosa Ventura

Ciao Mr. Tambourine,
intanto volevo ringraziare te e Maurizio Longo per gli auguri e poi ancora grazie per il bel riepilogo delle origini della carriera dylaniana che hai pubblicato in questi giorni collegandoti al film dei fratelli Coen in uscita in Italia a febbraio. Mi perdonerai, spero, se ti faccio un piccolo appunto a proposito di quello che hai scritto su Hamish Henderson.
Il testo che tu hai ripreso (proveniente da un sito) diceva a proposito di "Banks of Sicily": "Henderson scrive una canzone facendola musicare al pipe major James Robertson..." in realtà l'autore della musica era James Robertson of Boyne, Banffshire (1886-1961) e il brano, che si intitolava "Fareweel to the Creeks", era stato scritto nel 1915 quando egli era prigioniero in Germania. Robertson, prolifico compositore di bagpipe music, aveva partecipato alla prima guerra mondiale ma non alla seconda. Poi Henderson sentì suonare (nel 1944) questa melodia dal suo pipe major e decise di riprenderla per la sua canzone. Quindi sia Dylan sia Henderson si sono ispirati a una musica scritta nel 1915.
Per quanto riguarda Henderson, grande poeta scozzese, vorrei aggiungere che, non solo soggiornò in Italia e tradusse alcuni nostri grandi poeti come Quasimodo e Montale e anche la prima edizione in inglese delle "Lettere dal carcere" di Gramsci, ma lavorò, nel 1951, insieme ad Alan Lomax per curare una ricerca sulle ballate e musiche tradizionali scozzesi che culminò nella pubblicazione del disco "Scotland". E qui, quindi, il cerchio tra lui e Dylan si chiude.
Come sempre ho poi apprezzato il testo scritto da Miscio (talkin' 9308) e anche la tua salomonica risposta, una chicca di buonsenso e diplomazia. A proposito dell'accesso al simbolico, di cui lui parla, e del suo essere svincolato alle categorie di bello e brutto, bene e male, caos e ordine, volevo riportare queste considerazioni a Dylan con un paio di riflessioni.
Per la prima prendo spunto da un'osservazione fatta da Mike Marqusee nel suo "Wicked Messenger: Bob Dylan e gli anni Sessanta" (Il Saggiatore - 2010) quando sottolinea come, nelle note di copertina a un album di Joan Baez, Dylan confessi la sua resistenza alla voce della Baez, così dolce, pulita e pura, scrivendo poi questi versi:
"The only beauty 's ugly, man
the crackin' shakin' breakin' sounds' re
the only beauty I understand"
(L'unica bellezza, amico, è il brutto/ i suoni crepitanti, tremuli e spezzati sono/ l'unica bellezza che io comprenda).

Ma, a proposito della relazione tra la sua opera e il caos, quel suo amore per registrazioni e concerti che spesso sembrano (e talvolta sono) improvvisati e poco curati e talvolta sembrano nascere dal caos stesso (alcune volte ricreando un nuovo ordine e armonia e altre immergendosi ancora di più in esso) mi viene in mente un bellissimo testo scritto da Pierre Boulez e dedicato a Paul Klee, ma che io credo potrebbe vestire benissimo anche Dylan.
Un testo scritto da un musicista (Boulez appunto) per un artista che conosceva profondamente la musica (nato in una famiglia di musicisti, Klee era un eccellente violinista) e che delle relazioni tra musica e arti figurative ha intessuto la sua opera. Boulez, riferendosi alle opere e alle lezioni tenute da Klee nel periodo del Bauhaus, analizza le relazioni tra spazio musicale e spazio pittorico ed è colpito dalla particolare "impronta" di Klee che reagisce poeticamente al rigore geometrico della scuola fondata da Gropius, incarnato splendidamente da Kandinskij.

"In Klee(...) la linea non è mai una linea perfetta, ma un approssimazione della linea (...) il cerchio non è il cerchio perfetto, ma un cerchio, un cerchio tracciato a mano, per il quale ha rifiutato il compasso (...). Si ha al tempo stesso la geometria e la deviazione dalla geometria, il principio e la trasgressione del principio. (...) bisogna al tempo stesso scoprire la trasgressione e usarla deliberatamente per distruggere le rigidità del sistema e creare una sorta di imperfezione, di goffaggine, assolutamente necessaria per produrre la vita. Occorrono disciplina e rigore nei fondamenti e anarchia per combattere rigore e disciplina. Da questa lotta nasce la poesia, una poesia fondata sul dinamismo e sulla trasformazione; una poesia che porta l'irrazionalità in un mondo che esige una struttura solida; una poesia che trascende il conflitto tra ordine e caos."
Pierre Boulez - "Il paese fertile- Paul Klee e la musica" - Abscondita srl - 2004

Un saluto a te e a tutti i Farmers, Maria Rosa

Grazie per la giusta precisazione, quello che hai scritto è giusto e l'avevo letto anch'io, però avevo deciso di tralasciare tutte  queste informazioni aggiuntive perchè lo scritto parlava di Bob e del 50° anniversario di "The Times", così non era giusto dare troppo spazio ad una precisazione non basilare. Il testro scritto da Pierre Boulez e dedicato a Paul Klee calza a pennello anche per Dylan, concordo perfettamente! Ciao, alla prossima, Mr.Tambourine.

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Delrio canta Dylan e sul web lo suonano                                       clicca qui

 

 
Martedi 21 Gennaio 2014

Talkin' 9309 - Gypsy Flag

A proposito di Miscio

A proposito di Miscio: l'unica "Watchtower" dove si possa andare "all along", in effetti, è una specie di grande muraglia cinese. Io così me la sono sempre immaginata.
Su Mr Tambourine Man dissento, come dissentii in passato durante una presentazione pubblica con Alessandro Carrera. La canzone è molto altro, sicuramente: l'influsso di Keats, il duende, l'accesso al simbolico e al trascendente. Ma perchè voler "epurare" la canzone dai suoi altrettanto evidenti riferimenti all'intossicazione cannabinacea, fermo restando che crediamo (?) non vi sia chissà che di male? Nel periodo della composizione di Mr. Tambourine Man, Dylan assumeva in buona sostanza la ricetta prescritta dal Dott. Allen Ginsberg. Il quale sosteneva - c'è un articolo sulla cosa uscito proprio oggi sull'Internazionale - che "pot is a reality kick" ("L'erba è una botta di realtà"): intendendo una realtà "più vera", contrapposta a quella fittizia e consumista. La "realtà più vera" è anche quella del simbolico e l'erba - perchè no, moderatamente - aiuta l'accesso al simbolico...
Il "bateau ivre" di Rimbaud, la "magic swirling ship" di Dylan.
Un caro saluto a tutti, Gypsy Flag

Caro Gypsy, io penso che Dave Van Ronk, quando ha definito "All Along Ther Watchtower" una serie senza fine di strafalcioni non fosse del tutto cosciente di quel che stava dicendo. In tutte le epoche passate, perchè ai giorni nostri le torri di guardia sarebbero cose forse fuori dal tempo, erano i punti di arrivo dei camminamenti che circondavano le città, o le fortezze, o qualunque cosa avesse bisogno di essere difesa e non colta di sorpresa. Per arrivare alla torre, che è il punto più elevato di un sistema preventivo e difensivo, si deve quasi forzatamente percorrere i camminamenti che portano ad essa, quindi, a mio parere, Van Ronk da una valutazione errata della canzone, e poi, sinceramente, Van Ronk conosceva Dylan di persona ma quanto conosceva il Dylan-pensiero? Per quanto riguarda invece "Mr. Tambourine Man" sono abbastanza della tua opinione, la canzone è farcita di duende (parola spagnola di difficile interpretazione che dovrebbe significare due cose, una specie di bivalenza nel significato, come dici tu simbolico e trascendentale, e forse il miglior modo di capire l’idea di duende sarebbe quello di ricorrere alla formula di Sant’Agostino per definire il tempo: «Se non mi si chiede che cos’è, lo so. Se me lo si chiede, non lo so». Certamente l'influenza dell'erba nelle visioni dylaniane in Tambourine è debordante, ma, al contrario di Rimbaud che sembra essere costantemente votato all'autodistruzione, Dylan esprime invece un senso di speranza e di rinnovamento del presente, anche quando l'idea è espressa filtrata attraverso le visioni simboliche e oniriche generate dall' influsso dell'erba. Dylan è sempre positivo anche quando vede, giudica ed ammonisce. Le sue constatazioni di situazioni negative non sono un desiderio di fuggirle attraverso la distruzione di se stesso, sono soltanto l'espressione del dispiacere provato nel vedere che certe situazioni sono regolate e dominate non dallo spirito della giustizia ma piuttosto da quello della convenienza. Dylan esprime queste sensazioni anche in altre canzoni di quel periodo di contestazione, come "Master of War", "Talkin' John Birch Paranoid Blues" o qualunque altra canzone nella quale Dylan bacchetta tutto ciò che secondo lui viaggia su binari sbagliati. A mio avviso la "magic swirling ship" di Dylan è la rappresentazione scritta di un desiderio difficile da realizzare ma non per questo irraggiungibile o irrealizzabile, quella magica nave dondolante che potrebbe essere la descrizione della sensazione irreale creata dalla droga, la magica nave che dovrebbe servire a raggiungere un apporodo lontano e difficilmente raggiungibile, una nave magica appunto, capace di far divenire realtà i sogni deliranti di un giovane com'era Dylan al tempo. Invece "Le bateau ivre", il battello ebbro, poesia scritta da Arthur Rimbaud nel 1871 come biglietto da visita per il circolo parigino dei poeti maledetti, riassume in sé le idee di rotta, confine e passaggio, che da sempre caratterizzano la letteratura. Il passaggio è il viaggio di un io-poeta-battello alla ricerca dell’ignoto, ma è anche il passaggio generazionale di un adolescente all’età adulta, alla ricerca di una poesia liberata, scritta secondo la «sregolatezza di tutti i sensi», dove visioni ed esperienze, colori, suoni e sensazioni si mescolano e si sovrappongono.
Le bateau ivre è qualcosa di dissacrante, costruita sugli enjambements, le rime ironiche e ricche, attraverso un vocabolario
di straordinaria ricchezza e bellezza, un un testo in cui la parola si piega e si distorce, per rendere il senso di un viaggio incredibile e folle. In questo scritto, il giovane Rimbaud immagina l'incredibile viaggio di un battello che si perde tra le acque impazzite di un oceano furioso. L'equipaggio viene disperso durante la tempesta e il battello incontra paesaggi incredibili, quasi onirici, caratterizzati da spettacoli fantasmagorici, trascendenti ogni nozione di tempo e spazio. Metaforicamente, il battello compie quel passaggio oltre la realtà, che Rimbaud ne "La lettre du voyant" (Lettera del Veggente) definisce "deragliamento dei sensi", come abbandono alla disposizione visionaria. Questa sregolatezza dei sensi non consiste soltanto in un'evasione dal proprio io ma diventa piuttosto la ricerca di una parte profonda e oscura di sé, che coincide con il proprio inconscio e la natura. Solo approfondendo questa parte segreta dell'uomo sarà possibile "scendere al fondo dell'ignoto" e così - sostiene Rimbaud - "trovare il nuovo". Si tratta perciò di un viaggio all'interno di sé stessi che conduce inesorabilmente fuori di sé, nella realtà della vita universale. Il battello Ebbro è infatti una successione di visioni, un susseguirsi estenuante di immagini, un costante rapporto tra simbolo ed autobiografia (poeta-battello). Il battello protagonista della poesia, rimasto senza marinai e privo di ormeggi, è il simbolo del poeta. Come il battello anche il poeta va incontro alle sue avventure liberamente e senza vincoli. Come il battello anche il poeta è ormai stanco; e come il battello non vuol tornare in acque sicure alla sua funzione di battello di merci, così il poeta non può nemmeno pensare di ritornare ad una vita normale: '' basta, ho pianto troppo ! le albe sono strazianti, / ogni luna mi è atroce ed ogni sole amaro / [ ... ] Che la mia chiglia scoppi! Che vada in fondo al mare". Arthur Rimbaud scrive questa lirica a soli diciassette anni ed è uno dei capolavori indiscussi della Poesia di tutti i tempi. Da questo si può constatare come tra Dylan e Rimbaud ci sia una notevole differenza di intenti e di risultati, anche se Dylan sarà sempre un ammiratore incondizionato di Rimbaud, per lui fonte di ispirazione nel modo di scrivere più che nel modo di pensare. Dylan pensa, assimila e valuta le cose che lo circondano molto diversamente da Rimbaud, ma questo non gli impedirà di citare il "poeta maledetto" fra gli scrittori che più l'hanno influenzato. Per chi non conoscesse la poesia, ecco la lirica tradotta nella nostra lingua per una più facile comprensione:

Il battello ebbro

Poiché discendevo i Fiumi impassibili,
mi sentii non più guidato dai bardotti:
Pellirossa urlanti li avevan presi per bersaglio
e inchiodati nudi a pali variopinti

Ero indifferente a tutti gli equipaggi,
portatore di grano fiammingo e cotone inglese.
Quando coi miei bardotti finirono i clamori,
i Fiumi mi lasciarono discendere dove volevo.

Nei furiosi sciabordii delle maree
l'altro inverno, più sordo d'un cervello di fanciullo
ho corso! E le Penisole salpate
non subirono mai caos così trionfanti.

La tempesta ha benedetto i miei marittimi risvegli.
Più leggero d'un sughero ho danzato tra i flutti
che si dicono eterni involucri delle vittime,
per dieci notti, senza rimpiangere l'occhio insulso dei fari!

Più dolce che ai fanciulli la polpa delle mele mature,
l'acqua verde penetrò il mio scafo d'abete
e dalle macchie di vini azzurrastri e di vomito
mi lavò, disperdendo àncora e timone.

E da allora mi sono immerso nel Poema
del Mare, infuso d'astri, e lattescente,
divorando i verdiazzurri dove, flottaglia
pallida e rapida, un pensoso annegato talvolta discende;

dove, tingendo di colpo l'azzurrità, deliri
e lenti ritmi sotto il giorno rutilante,
più forti dell'alcol, più vasti delle nostre lire,
fermentano gli amari rossori dell'amore!

Conosco i cieli che esplodono in lampi, e le trombe
e le risacche e le correnti: conosco la sera
e l'Alba esaltata come uno stormo di colombe,
e talvolta ho visto ciò che l'uomo crede di vedere!

Ho visto il sole basso, macchiato di mistici orrori,
illuminare lunghi filamenti di viola,
che parevano attori in antichi drammi,
i flutti scroscianti in lontananza i loro tremiti di persiane!

Ho sognato la verde notte delle nevi abbagliate,
bacio che sale lento agli occhi dei mari,
la circolazione di linfe inaudite,
e il giallo risveglio e il blu dei fosfori cantori!

Ho visto fermentare enormi stagni, reti
dove marcisce tra i giunchi un Leviatano!
Crolli d'acque in mezzo alle bonacce
e in lontananza, cateratte verso il baratro!

Ghiacciai, soli d'argento, flutti di madreperla, cieli di brace!
E orrende secche al fondo di golfi bruni
dove serpi giganti divorati da cimici
cadono, da alberi tortuosi, con neri profumi!

Quasi fossi un'isola, sballottando sui miei bordi litigi
e sterco d'uccelli, urlatori dagli occhi biondi.
E vogavo, attraverso i miei fragili legami
gli annegati scendevano controcorrente a dormire!

Io, perduto battello sotto i capelli delle anse ,
scagliato dall'uragano nell'etere senza uccelli,
io, di cui né Monitori né velieri Anseatici
avrebbero potuto mai ripescare l'ebbra carcassa d'acqua;

libero, fumante, cinto di brune violette,
io che foravo il cielo rosseggiante come un muro
che porta, squisita confettura per buoni poeti,
i licheni del sole e i moccoli d'azzurro;

io che correvo, macchiato da lunule elettriche,
legno folle, scortato da neri ippocampi,
quando luglio faceva crollare a frustate
i cieli oltremarini dai vortici infuocati;

io che tremavo udendo gemere a cinquanta leghe
la foia dei Behemots e i densi Malestrom,
filando eterno tra le blu immobilità,
io rimpiango l'Europa dai balconi antichi!

Ho veduto siderali arcipelaghi! ed isole
i cui deliranti cieli sono aperti al vogatore:
- È in queste notti senza fondo che tu dormi e ti esìli,
milione d'uccelli d'oro, o futuro Vigore?

Ma è vero, ho pianto troppo! Le Albe sono strazianti.
Ogni luna è atroce ed ogni sole amaro:
l'acre amore m'ha gonfiato di stordenti torpori.
Oh, che esploda la mia chiglia! Che io vada a infrangermi nel mare!

Se desidero un'acqua d'Europa, è la pozzanghera
nera e fredda dove verso il crepuscolo odoroso
un fanciullo inginocchiato e pieno di tristezza, lascia
un fragile battello come una farfalla di maggio.

Non ne posso più, bagnato dai vostri languori, o onde,
di filare nelle scia dei portatori di cotone,
né di fendere l'orgoglio di bandiere e fuochi,
e di nuotare sotto gli orrendi occhi dei pontoni.

Alla prossima, Mr.Tambourine.

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Gli inizi di Bob Dylan (Parte terza)

Estratti dal libro "Bob Dylan" di Howard Sounes  (Ed. Guanda)

    http://www.guanda.it/scheda.asp?editore=Guanda&idlibro=1948&titolo=BOB+DYLAN

Joan Baez: Bob, lo zotico che amai

Joan Baez aveva solo sei mesi più di Bob, ma era già una star in America: i suoi concerti facevano il tutto esaurito. Nonostante apparisse sul palco a piedi nudi come una contadina e cantasse canzoni folk con voce verginale, la Baez era altezzosa, egocentrica e intelligente e nessuno aveva saputo tenerle testa. Il primo incontro con Bob avvenne al Gerde' s Folk City, una sera in cui lui suonava con Mark Spoelstra. Casualmente, Mark era stato con la Baez per un breve periodo di tempo nel 1956, in California, quando erano ragazzi: «Joanie, gli uomini se li prendeva e così aveva fatto con me quando avevo sedici anni. Si prendeva tutti quelli che voleva, li controllava. Sua madre una volta mi ha detto: "Non so, ma Joanie gli uomini li mastica e poi li sputa"». Nella sua autobiografia "E una voce per cantare", la Baez descrive la prima impressione - pessima - che ebbe di Bob, l' uomo di cui si sarebbe innamorata e al quale il suo nome sarebbe rimasto legato per il resto della vita, anche se la loro relazione fu di breve durata. «Sembrava uno zoticone venuto dalla campagna in città, con quei capelli corti intorno alle orecchie e ricci sopra. Mentre si dondolava sui piedi, suonando, sembrava che scomparisse dietro la chitarra. Portava una giacca di pelle sgualcita e di due taglie più piccola. Aveva ancora le guanciotte da bambino, ma una bocca incredibile: morbida, sensuale, infantile, nervosa e reticente. Pronunciava con grinta le parole delle sue canzoni... Era assurdo, era una cosa mai vista ed era sudicio al di là dell' immaginabile». Nonostante fosse sporco, la Baez decise che lo voleva conoscere meglio e perciò fu un pò più che irritata quando, al loro secondo incontro, di lì a non molto, Bob mostrò più interesse per sua sorella Mimi, che aveva quindici anni.

Mimi e Koan Baez

Il padre di Joan e Mimi, Albert, era di origine messicana e le ragazze avevano entrambe la carnagione scura e lunghi capelli neri. Mimi era più slanciata della sorella e, probabilmente, un pò più carina. La sera in cui conobbe Bob portava un semplice abito bianco che le stava particolarmente bene. «Trovai Bob affascinante. Non doveva essere lui il centro dell' attenzione quella sera, ma in effetti lo era, perché già allora era una personalità carismatica» racconta Mimi. Bob corteggiò Mimi, anche se stava con Suze, e la invitò a una festa, ma Joan ricordò alla sorellina che si doveva alzare presto la mattina dopo ed era meglio tornare a casa. La grande storia d' amore tra Bob e Joan Baez era ancora di là da venire. E questo valeva anche per la carriera discografica di Bob, che trovò diverse porte chiuse prima di ottenere un contratto. Izzy Young del Folklore Center portò Bob alla Folkways Records, ma il proprietario Moses «Moe» Asch non si mostrò molto interessato a lui. «Lo hanno cacciato via» ricorda Young. «Bob non era vestito in modo adeguato, dissero, o qualcosa del genere». Lui allora andò all' Elektra, dove non fece una bella impressione al presidente della società Jack Holzman, poi parlò con Manny Solomon della Vanguard Records, la casa discografica della Baez. Solomon sembrava interessato, ma non firmarono nessun accordo. Bob e Mark Spoelstra fecero una registrazione di prova, come duo, per un' altra casa discografica: Spoelstra cantava canzoni come Sister Kate e Dryland Blues e Bob lo accompagnava all' armonica, ma era demoralizzato quando uscirono dallo studio. «Ho fatto schifo» disse. «Che roba brutta». «Cosa? Sei stato grande!». «No, non ho suonato per niente bene. Non avevo il giusto feeling». E probabilmente aveva ragione, visto che quella session non portò a niente. Nell' ottobre del 1961, però, i contatti che Bob si era creato e aveva coltivato durante i primi dieci mesi a New York cominciarono a funzionare e John Hammond, un responsabile della Columbia Records, la più grossa casa discografica degl i Stati Uniti, firmò un contratto con Bob. All' epoca, Hammond era forse il discografico più famoso di New York. Nato in una famiglia dell' alta società - suo padre era un banchiere e sua madre una Vanderbilt - aveva frequentato Yale e studiato music a alla Julliard. Aveva scritto per le rubriche musicali dei giornali, era stato impresario teatrale ed era diventato famoso per aver scoperto Billie Holiday e aver lanciato Benny Goodman. Adesso era un distinto gentiluomo sui cinquant' anni, alto e sempre in giacca e cravatta. Stava mettendo sotto contratto con la Columbia artisti del folk revival, ma voleva solo i migliori e perciò si aggirava per il Greenwich Village, ascoltando i musicisti e consultando le persone di cui aveva stima, come Pad dy Clancy. Nella sua stessa famiglia aveva, con suo rammarico, un altro consigliere: il figlio diciottenne John Hammond jr, che aveva intrapreso la carriera di musicista blues. «Non riusciva a digerire il fatto che volessi fare il cantante blues o il musicista, forse perché sapeva che era un mondo pieno di insidie e che si faceva una vita dura» racconta John. Il rapporto tra padre e figlio era difficile, ma quando ne aveva l' occasione, il ragazzo parlava al padre dei musicisti di talento che conosceva al Village e tra questi c' era anche Bob Dylan.

Bob Dylan con John Hammond jr.

E in tre minuti Dylan creò il mito «Blowin' in the wind», il successo nato in un caffè

Bob compose Blowin' in the Wind in pochi minuti, in un caffè di fronte al Gaslight Club. Che fosse una canzone un pò particolare l' aveva capito, ma non che lo fosse fino a quel punto. «In fondo era una delle tante canzoni che avevo scritto», dice. La melodia era straordinariamente simile a quella dello spiritual No More Auction Block, ma - lo si è detto - prendere in prestito melodie e persino testi rientrava nella tradizione del folk. È difficile, però, non essere d' accordo con chi trova un pò retorico il testo di Blowin' in the Wind. Molti dei più noti artisti folk di New York non si entusiasmarono affatto quando sentirono per la prima volta la canzone: tre strofe di frasi interrogative destinate a non trovare altra risposta se non in questo: che la risposta è nel vento; un' idea talmente vaga da non significare nulla. A Pete Seeger la canzone non parve un granché. «Blowin' in the Wind non è una delle canzoni che preferisco», dice. «È un pò troppo facile». Tom Paxton la trovava quasi impossibile da imparare: «Io la odio. È una canzone-lista della spesa, in cui un verso non ha nessun nesso con quello dopo», e Dave Van Ronk pensava, francamente, che fosse una canzone stupida. Comunque, dopo un paio di mesi che Bob suonava Blowin' in the Wind al Gerde' s Folk City, Van Ronk si accorse con sorpresa che i musicisti che si trovavano nei pressi del Washington Square Park avevano inventato parodie irriverenti del pezzo, tipo: «The answer, my friend, is blowin' out your end (La risposta, amico bello, ti vien fuori dal pisello, ndt)». «Se la canzone è tanto buona da cominciar e a essere parodiata, senza che sia neppure stata incisa», si disse però Van Ronk, «allora è migliore di quanto pensassi». Intanto Roy Silver si era reso conto del fatto che Bob aveva creato qualcosa di straordinario. «Blowin' in the Wind è stata la chiave di volta», afferma. «È stata quella canzone a far scattare qualcosa»; entusiasmo a parte, sentiva anche che Bob gli stava scivolando dalle mani.

Roy Silver, Bob Dylan e un chitarrista non identificato

Da quando aveva scoperto le potenzialità di quel musicista, Grossman si era mostrato sempre più in teressato a lui; lo stesso Bob ormai parlava della sua carriera più spesso con Grossman che con Silver. Non che Bob si fosse dato tanto facilmente a Grossman. All' inizio, anzi, aveva chiesto a Harold Leventhal di fargli da agente, ma pur apprezzando lo per la serietà e la professionalità, e nonostante avesse fatto lui il primo passo, non si decise mai a firmare un accordo. «Lo chiamavo, ma lui non si faceva trovare, e di certo io non avevo intenzione di rincorrerlo». Solo nel giugno del 1962 Silver decise di cedere il suo contratto con Bob a Grossman per una modesta somma di denaro e il diritto all' uso di uno spazio nell' ufficio di quest' ultimo a New York. «Sapevo che Albert si sarebbe comportato da bastardo. Lui aveva i soldi che io non avevo», racconta Silver. «Perciò ho venduto il contratto per circa diecimila dollari ed è finita lì. Albert ha preso in mano la cosa». Fu il miglior contratto di tutta la vita di Grossman. Per diecimila dollari e lo spazio per una scrivania si era assicurato un cliente che lo avrebbe reso milionario.

  Richard Manuel, Albert Grossman e Bob Dylan

Albert Grossman è una figura chiave della carriera di Dylan. Alcuni ritengono che senza di lui Bob non avrebbe mai potuto avere tanto successo. «Nonostante i suoi difetti, Albert credeva in Bob, ci credeva sul serio», afferma Van Ronk. «E lo ha sempre sostenuto: il primo disco non aveva venduto e neanche il secondo era andato granché bene, Ma Albert era convinto che Bob sarebbe andato molto lontano e non si è mai arreso». L' uno aveva un talento sconfinato, l' altro una grande esperienza e un innato senso degli affari. Musicista e agente insieme sortirono, come dice Odetta, «una combinazione potente». E Bob aveva più di un motivo per essere soddisfatto, dato che, anche nei momenti in cui i loro rapporti si fecero più tesi e difficili, dovette riconoscere a malincuore che Grossman aveva sempre lavorato nel suo interesse. Il vero e proprio conflitto nacque solo nel 1981, dodici anni dopo la fine del loro sodalizio, quando Grossman fece causa a Bob per delle royalty mai percepite. Bob, a sua volta, gli fece ben diciotto querele accusandolo di sfruttamento e di raggiro e negando che fosse stato lui a «scoprirlo» visto che aveva già un agente e un contratto discografico prima di conoscerlo. «Non avevo neanche idea di cosa fosse il mondo degli affari», ha ammesso, e Grossman aveva avuto buon gioco approfittando della sua ingenuità. Ma l' amarezza di Bob non nasceva solo dal denaro perso: si sentiva ferito per essere stato tradito da qualcuno di cui si fidava. Anno dopo anno, aveva visto Grossman appropriarsi di più di 7 milioni di dollari; e quando gli chiesero da quanto tempo si conoscevano, Bob ci pensò un pò e disse: «Beh, non credo di aver mai conosciuto davvero quest' uomo, il signor Grossman». In un' altra occasione dichiarò apertamente: «Grossman prima si è guadagnato la mia fiducia e la mia amicizia per poi approfittarne e guadagnarci su».

Bob e Joan, fidanzati in concerto

Quando Joan Baez invitò Bob a seguirla nella sua tournée estiva come guest star, Suze cadde in una crisi profonda. Le circostanze non sono mai state chiarite, ma qualche tempo dopo il festival di Newport, e forse dopo che era venuta a sapere della prossima partenza di Bob per la tournée, Suze cercò di togliersi la vita col gas nell’appartamento della West 4th Street. «Bob mi telefonò per chiedermi di andare là: aveva bisogno di aiuto. Poi lei è venuta a stare da me», ricorda Carla Rotolo, secondo la quale la sorella non intendeva davvero togliersi la vita ma solo richiamare l’attenzione su di sé. Sta di fatto che Suze non tornò a vivere con Bob dopo l’accaduto ma si trasferì definitivamente a casa di Carla nel Lower East Side di Manhattan. «Bob ha lasciato dietro di sé un bel po’ di vittime», dice Carla. «A quell’epoca Bobby era un tipo molto incasinato». Sembra, insomma, che la voglia di Bob di arrivare al successo fosse diventata più importante di ogni altra cosa. È impossibile sapere cosa provasse davvero per ciò che era successo perché non ne parlava, ma Bob non era un insensibile e sicuramente dev’essere rimasto sconvolto. Certo non rinunciò alla tournée.
Oltre alla sofferenza che provocava a Suze, la relazione tra Dylan e la Baez non piaceva a quelli della comunità del folk, che la vedevano soprattutto come una mossa strategica. Sembrava che i due si usassero l’un l’altro per dare una spinta alle rispettive carriere: alla Baez faceva gioco presentare al pubblico un nuovo grande talento, e per Bob era un’occasione per stare sotto i riflettori. A confermarlo è Oscar Brand: «Lui aveva una tale bramosia di successo che forse ha fatto parecchie cose... a mio avviso spaventose... e sono convinto che stesse con Joan perché lei cantava le sue canzoni».

Oscar Brand

Non molto diverso era il parere dell’ambiente del folk quando iniziò la tournée nel New Jersey, il 3 agosto 1963. Arrivati a Lenox, nel Massachusetts, a distanza di soltanto un mese dall’inizio della tournée i due recitavano già le parti di copione più o meno fisso: lei cantava Blowin’ in the Wind, poi chiedeva con nonchalance al pubblico: «Volete conoscere l’autore di questa canzone?». La gente gridava di sì e allora appariva Bob accompagnato da uno scroscio di applausi a scena aperta. Albert Grossman era riuscito a ottenere, per ogni apparizione di Dylan, un cachet persino più alto di quello della Baez, che d’altra parte aveva sempre esibito il più completo disinteresse per le questioni finanziarie. «Non appena si iniziava a discutere di soldi, lei staccava la spina», ricorda Nancy Carlen, amica e produttrice dei suoi dischi. «Era una donna di spettacolo che non era mai andata a caccia di successo. Il successo le è piovuto addosso, e ne parlava come chi non aveva dovuto fare alcuna fatica per conquistarselo».

Nancy Carlen

Per quanto i concerti potessero essere studiati a tavolino e nonostante la generale impressione che lei e Bob si stessero usando reciprocamente, c’era qualcuno che, come Eve Baer, trovava la loro coppia affiatata e piena di fascino. Eve era al concerto di Lenox e si innamorò subito di quel tipo dall’aria «modesta e timida».
Alcuni concerti si tenevano in grandi spazi, come lo stadio del tennis di Forest Hills nel Queens, a New York. Lì la Baez presentò Bob a un pubblico di quasi quindicimila persone, più o meno come l’intera popolazione di Hibbing. «C’è un ragazzo che si aggira per New York e si chiama Bob Dylan», disse la cantante. «E guarda caso Bob Dylan è qui con me stasera». Per la Baez era gratificante presentare al mondo un genio e i suoi amici e familiari pensavano che lei avesse giocato un ruolo importante nella carriera di Bob, lasciando così intendere che lui non le era mai stato abbastanza riconoscente. Di fatto non lo fu per niente.
«Per quanto si tenda a sottovalutare l’importanza che ebbero i concerti con Joan», sostiene la sorella Mimi, «Joan ce la mise tutta per lanciare Bob». E forse Bob era irritato per la condiscendenza con cui talvolta lei lo trattava. Nella sua autobiografia, la Baez scrive infatti, con una certa aria di superiorità, di «aver trascinato» il suo «piccolo vagabondo fin sul palco», come chi si accinge a un «grande esperimento». Era cosciente, in quel momento, di fare un favore a un collega, ma è innegabile che fosse anche affascinata dall’energia, dal senso dello humour e dall’intelligenza di Bob.
L’aiuto della Baez fu solo in parte determinante per il successo di Bob, che già nell’estate del 1963 cominciava a camminare con le sue gambe. L’album The Freewheelin’ Bob Dylan aveva venduto diecimila copie alla settimana e parecchi artisti volevano eseguire e incidere cover delle sue canzoni. Alcuni erano anche molto bravi, ma quando Hamilton Camp gli fece sentire la sua versione di Girl from the North Country , Bob si mise le mani sulle orecchie.

Bob, uno spinello insieme ai Beatles, Dylan incontra il gruppo in tour negli Usa

Nelle nuove canzoni di Bob qualcuno trovò che ci fosse una punta di autocompiacimento, anche se la prima esecuzione di Mr. Tambourine Man venne accolta a Newport da scroscianti applausi. Dopo il festival, il direttore di Sing Out! pubblicò una lettera aperta in cui rimproverava a Bob il carattere introspettivo delle sue nuove canzoni e lo accusava di aver ceduto alle lusinghe del divismo. Giudizi della critica a parte, il festival fu un momento importante per Bob che poté finalmente conoscere il cantante country Johnny Cash, con il quale aveva tenuto una fitta corrispondenza e che ammirava da tempo. Bob e Johnny erano così contenti di conoscersi che Joan Baez e June Carter Cash si misero a saltare sul letto della stanza del motel dove Cash alloggiava, «proprio come bambini» racconta Cash. Qualche giorno dopo il festival, Bob andò in California e, tra gli ultimi giorni di luglio e l' inizio di agosto, ebbe una breve parentesi romantica con la sua vecchia fidanzata Bonnie Beecher. «L' ho accompagnato all' aeroporto ed è finita che sono salita sull' aereo e ho passato una settimana alle Hawaii insieme a lui», ricorda Bonnie. Bob tenne un concerto a Waikiki, poi risalutò Bonnie e tornò a est per andare a casa di Albert Grossman a Bearsville insieme a Joan Baez, a sua sorella Mimi e Richard Fariña, il quale aveva da poco divorziato da Carolyn Hester e sposato Mimi. Mimi non era un osso meno duro di Carla. Una volta, pensando che Bob non trattasse Joan con il rispetto dovuto, lo aveva preso per i capelli e glieli aveva tirati con forza. Aveva capito - visto che Bob corteggiava quasi tutte le donne che incontrava - che non era innamorato di Joan quanto lei lo era di lui. Ma Joan sembrava non accorgersene ed era più presa che mai. Durante la permanenza a Bearsville venne organizzato un incontro tra Bob e i Beatles, che erano a New York nell' estate del 1964 al termine del loro secondo viaggio negli Stati Uniti e stavano per tenere un concerto di beneficenza al Paramount Theater. Bob quindi scese da Bearsville e lui e il suo entourage vennero introdotti nella suite dei Beatles all' Hotel Delmonico, dove una falange di poliziotti li avrebbe protetti dall' assedio dei fan. I Beatles avevano appena finito di cenare con il loro manager Brian Epstein, quando entrò Bob. Il giornalista Aronowitz, orgogliosissimo, fece le pr esentazioni. Era uno dei momenti più alti dell' esistenza di Bob e quell' incontro cambiò il corso della storia della musica: Bob da allora riadattò in senso «beatlesiano» il suo modo di fare rock' n' roll, mentre i Beatles cominciarono a scrivere te sti seri e profondi come quelli delle canzoni di Dylan. Gli ospiti americani proposero uno spinello. I Beatles preferivano bere piuttosto che assumere droghe, e il loro drink preferito era Coca-Cola e scotch; però, anche se i libri che parlano di quel periodo dicono che la band non aveva mai fumato marijuana prima d' allora, è sicuro che almeno Harrison e Lennon avevano già provato l' erba. Il punto era, però, che nessuno dei Beatles aveva mai fumato marijuana di ottima qualità. Bob iniziò goffamente a rollare il primo spinello, facendo cadere un pò di marijuana. Visto che avevano la polizia proprio fuori della porta, si trasferirono in una stanza interna prima di accendere. Bob passò il primo spinello a Lennon che disse a Ringo Starr di provarlo, affermando per ridere che Ringo era il suo assaggiatore. Il batterista iniziò a fumarlo come una sigaretta senza passarlo agli altri, perciò Aronowitz suggerì a Victor Maymudes di rollarne un altro. Non ci volle molto perché fossero tutti fumati persi. McCartney disse di aver scoperto il significato dell' esistenza e cercava una matita per scriverlo. Starr ridacchiava. Brian Epstein diceva che si sentiva alto fino al soffitto. Il giorno dopo, alla luce fioca del mattino, McCartney guardò i suoi appunti a matita per scoprire il significato della vita distillato in una sola frase: «Ci sono sette livelli». Nei giorni successivi Bob e i Beatles si videro spesso, in albergo e in giro per New York. Da allora nacque un legame d' amicizia particolarmente stretto tra Dylan, Lennon e Harrison. Quando i Beatles suonarono al Paramount Theater, il 20 settembre, Bob andò a vedere i suoi nuovi amici in azione. Era un pandemonio, con un pubblico di ragazzine scatenate che strillavano così for te che era praticamente impossibile riuscire a sentire il gruppo. Bob, che era piccoletto, stava in piedi su una sedia in uno dei corridoi laterali per riuscire a vedere meglio. Notò con soddisfazione che il concerto era l' opposto dei suoi, in cui i l pubblico ascoltava in silenzio ogni parola e applaudiva alla fine. «Ne fu orgoglioso», sostiene Aronowitz.

     

 

Joan, le lacrime dopo l' abbandono

Uno dei motivi della crescente freddezza di Bob nei confronti di Joan Baez era la modella Sara Lownds, della cui esistenza la Baez non sapeva nulla in quel momento. Sara Lownds sarebbe ben presto diventata la donna più importante della vita di Bob e alla fine anche la sua prima moglie, la madre dei suoi figli e la fonte di ispirazione per alcune delle sue canzoni più belle. Nonostante i modi quasi aristocratici, Sara era di umili origini. Aveva avuto un' infanzia molto difficile e sembrava proprio che volesse dimenticare quasi tutto il suo passato; la cosa, unita al rifiuto di conceder e interviste, ha fatto sì che la sua vita sia rimasta misteriosa almeno fino a oggi. (...) Al Chelsea, la vita di Bob e Sara scorreva in modo molto tranquillo. In camera avevano un pianoforte su cui Bob componeva le sue canzoni, ma erano in pochi a sapere che abitava lì. «Era un tipo piuttosto timido e tranquillo», ricorda il direttore del Chelsea, Stanley Bard.

Stanley Bard

Quando aveva voglia di emozioni Bob se ne andava a bere al Kettle of Fish, al Village. Sara lo accompagnava raramente in queste occasioni. Invece non mancava mai Bobby Neuwirth, e talvolta c' erano anche Al Aronowitz e il cantante David Cohen. (...) Il capo dei buffoni era Bobby Neuwirth: rideva quando rideva Bob e gli teneva bordone nell' umiliare la Baez, che oltretutto era amica sua. Una volta Joan si aggirava leggiadra con una camicetta trasparente e Neuwirth fece pesanti allusioni all' evidente disinteresse di Bob (che anche davanti alla cinepresa la guardava appena e quasi evitava di parlarle). Della camicetta trasparente della Baez, Neuwirth aveva detto che era «una di quelle camicette vedo-non-vedo che nessuno vorrebbe vedere» e lei, sforzandosi di ridere con la sua consueta spavalderia, disse che stava per crollare dal sonno. «Ti dirò una cosa, sorella», replicò Neuwirth a quel punto. «È da un bel pò che sei crollata. Sei crollata prima ancora di poter pensare che stavi crollando». Quando fu spenta la cinepresa, la Baez si mise a piangere. «Se penso all' affetto con il quale Joan lo aveva portato sul palco con sé» ha detto Mimi. «Bob è decollato grazie a Joan, ma avevo capito che lui voleva soltanto approfittare della situazione per poi levare le tende. Di qui il mio disagio. Purtroppo Joan non ha mai voluto aprire gli occhi sulla realtà, perché era troppo coinvolta in quella storia. È così che la penso io». Secondo Pennebaker, Bob stava attraversando un periodo di transizione: quando lui e la Baez erano stati in tournée negli Stati Uniti, a marzo, formavano una squadra affiatata. Adesso invece lui «stava cercando di uscire dal ruolo di suo compagno, nella vita e nei duetti». Così la Baez non salì mai sul palco con lui e non avrebbe più cantato in pubblico con lui fino alla metà degli anni settanta. Bob non la invitò nemmeno ad andare con lui a Sintra, in Portogallo, durante la pausa della tournée nel Regno Unito. Invece, dagli Stati Uniti arrivò Sara. La Baez non sapeva ancora dell' esistenza della ragazza e durante una delle sue ultime visite a casa di Grossman si era persino messa una camicia da notte di Sara non immaginando a chi appartenesse. Quando Bob tornò a Londra e fu costretto da un malanno passeggero a stare chiuso nella sua suite, la Baez passò a trovarlo per vedere come stava e fu Sara ad aprirle la porta. Così Joan scoprì finalmente la donna che Bob vedeva di nascosto da lei da tanti mesi. Era la fine della loro relazione, e lei se ne andò immediatamente per proseguire la sua carriera, visto che al momento teneva anche concerti solisti in Gran Bretagna. Ne fu sconvolta, ma aveva una personalità forte e superò il rifiuto di Bob, del quale rimase amica; in seguito riuscì persino a ridere dell' accaduto. Come ha detto l' amica Nancy Carlen: «La sua forza sta nella capacità di ridere di sé e del mondo». Negli anni a venire, lei e Bob avranno dei ritorni di fiamma. Ma lui rimaneva il dongiovanni di sempre. A Londra cercò di sedurre la cantante Marianne Faithfull, cacciandola via quando lei rifiutò le sue avance, e, in assenza di Sara, frequentò la sedicenne cantante pop Dana Gillespie che aveva conosciuto a una festa a Londra. «Credo che passasse continuamente da una donna all' altra, come fanno in genere i musicisti», ammette la Gillespie con filosofia. Lei gli portava la chitarra e quando Bob aveva tem po libero gironzolava nella sua suite. Una volta Bob aveva preso in prestito i pantaloni della Gillespie, ornati di rose rosa e arancione. «E io me ne stavo lì, in mutande, senza poter uscire perché i miei pantaloni li aveva lui. Bob si infilava i miei, ma i suoi non mi stavano. Sono dovuta rimanere in albergo ad aspettare che tornasse. Mi aveva detto: "Torno fra un paio d' ore". Si è ripresentato quasi quindici ore dopo».

Dana Gillespie con Bob Dylan

Quella vendetta lunga una canzone Così Bob Dylan creò «Like a Rolling Stone»

Una biografia. Nel corso delle contrattazioni per l' acquisto della casa a Hi Lo Ha, Bob stava lavorando a New York a quella che sarebbe diventata forse la sua canzone più famosa, Like a Rolling Stone. «Vomito» è la parola più usata da Dylan quando parla della canzone. Quell' esplosione di disprezzo, dice, gli uscì come «un lungo getto di vomito»: ne risultò un testo alla Kerouac con «una struttura assai vomitosa», «...un pezzo ritmico su carta tutto incentrato sul mio odio e - sono ancora le sue enigmatiche parole - diretto a un fine onesto. Perciò non era odio, ma dire a qualcuno una cosa che non sapeva, dirgli che era fortunato. Rivincita, forse, è un termine più corretto». Insomma, era una canzone che nasceva da quella riserva di rabbia che era una parte importante dell' insolita personalità di Bob. Certo, Like a Rolling Stone poteva essere interpretata come una canzone misogina. Il bersaglio designato era evidentemente un bersaglio femminile e a ispirarla possono essere state molte delle donne di Bob, compresa la Baez. Ma è più probabile che il pezzo fosse diretto a quelle persone che Bob considerava «finte», e il suo successo dipese in buona parte dall' empatia che crea nell' ascoltatore l' idea della rivalsa. Per ironia della sorte, una delle più famose canzoni dell' epoca del folk-rock - che predicò gli ideali di pace e armonia - parla di vendetta. Like a Rolling Stone venne registrata a New York durante un acquazzone estivo il 16 giugno 1965. Bob era arrivato allo studio della Columbia insieme al giovane Mike Bloomfield, che doveva suonare la chitarra come solista. Musicista blues di Chicago dal talento prodigioso, Bloomfield aveva un ottimo rapporto con Bob, con il quale non era facilissimo lavorare: nessuno dei due amava le prove né spiegare prima quel che aveva in mente di realizzare. (...) Il singolo Like a Rolli ng Stone uscì il 20 giugno. Benché durasse quasi il doppio dei singoli dell' epoca, con i suoi cinque minuti e cinquantanove secondi, e fosse poco adatto ai passaggi radiofonici, scalò inesorabile le classifiche e, soprattutto, ebbe grande influenza sugli altri musicisti. «Era la voce più potente che avessi mai sentito», ricorda Bruce Springsteen, che all' epoca era un ragazzo e viveva a Freehold, nel New Jersey. John Lennon e Paul McCartney avevano sentito il disco un giorno in cui si erano incontrati per scrivere dei brani. «Sembrava immensa, infinita. Era bellissima», dice McCartney. «Bob ha fatto vedere a tutti che ci si poteva spingere ancora un po' più in là». Quattro giorni dopo l' uscita di Like a Rolling Stone Bob andò al Newport Folk Festival. I ritmi, di solito piuttosto tranquilli e prevedibili della manifestazione, in quel 1965 furono sconvolti dalla decisione di Bob di eseguire amplificati i suoi nuovi brani. Non era arrivato a Newport con quell' idea in mente: gli era venuta così, per caso. Nel pomeriggio di sabato 24 luglio Bob aveva suonato All I Really Want to Do da solista, alla chitarra acustica come sempre. Quello stesso pomeriggio la band blues elettrica di Paul Butterfield - c' era anche l' amico di Bob, Mik e Bloomfield - suonava all' interno del Bluesville Workshop. Alan Lomax, che nutriva lo sdegno del purista nei confronti dei ragazzi bianchi medioborghesi che suonavano il blues, schernì il gruppo al momento della presentazione. Albert Grossman, che pensava di proporsi come loro agente, si sentì oltraggiato: affrontò Lomax e i due vennero alle mani. «Si rotolavano per terra», ricorda divertita Sally Grossman. «Era uno scontro tra l' élite e il popolo». Bob a quel punto prese una decisione epocale: avrebbe eseguito le sue canzoni nuove con l' amplificatore, per dimostrare a Lomax e agli altri che quel tipo di musica esisteva e non si poteva liquidare così. Aveva già inciso un disco composto in parte di brani rock, ma esibirsi sul palco di Newport era un insulto ai tradizionalisti che consideravano il rock musica commerciale. «Stavolta Dylan si era proprio rotto: "Bè, che vadano affanculo. Se pensano di poter tenere fuori di qui la musica elettrica, se ne accorgeranno", disse», raccont a Jonathan Taplin, roadie e in seguito road manager dei gruppi di Grossman. «Di punto in bianco decise che voleva suonare con strumenti elettrici».

  
Sally Grossman e Bob Dylan

E l' ebreo errante cantò per il Papa Bologna, 1997: Bob Dylan davanti a Wojtyla

Alcuni pensavano che Bob avesse abbracciato il cristianesimo per ragioni commerciali. Keith Richards dei Rolling Stones, per esempio, aveva parlato di Bob come del «profeta del profitto». Anche Ronnie Hawkins aveva ironizzato sul suo spirito cristiano quando il 20 aprile 1980 la tournée di Dylan era arrivata a Toronto e i due avevano parlato per un pò . «Dopo che questo disco avrà venduto un pò diventerai ateo, così potrai vendere a quelli che non credono in niente» gli aveva detto Hawkins, con una risata sardonica. A Bob non era piaciuta la battuta: «Non ha riso. Mi ha guardato e basta. Ma io sapevo qual era il suo piano. E lui sapeva che io sapevo: vendeva dischi. È il suo mestiere». (...) Gli spettatori dovevano sorbirsi lo spettacolo insolito di lui che faceva sermoni da predicatore televisivo. «In questo periodo non si sente parlare molto di Dio. Bè, noi ne parleremo tutta la sera», aveva detto al pubblico di Hartford, nel Connecticut, il 7 maggio 1980. Poche sere dopo ad Akron, nell' Ohio, Bob fu contento dell' accoglienza abbastanza amichevole riservatagli dal pubblico. Ringraziò dicendo che era abituato a «ogni tipo di malizia operata dal demonio», tra il pubblico. Satana doveva aver messo lo zampino anche al botteghino, visto che il concerto finale della tournée venne annullato a causa della scarsità delle vendite. Bob subì altri colpi di sfortuna nei mesi seguenti, e sia la sua vita professionale sia quella privata vennero colpite dalle avversità e, infine, anche dalla tragedia. (...) Dopo tre mesi fra malattia e convalescenza, e dopo la causa con Victor Maymudes, Bob riprese le tournée il 3 agosto 1997, tenendo un concerto a Lincoln, nel New Hampshire. Era ancora gonfio in viso, sudava abbondantemente e chiazze scure gli macchiavano gli abiti di scena. «Prendo ancora medicine tre volte al giorno. A volte mi gira un pò la testa e ho un pò di nausea» ha dichiarato a Usa Today. «E ho bisogno di dormire parecchio, ma credo che ce la farò». Un mese dopo suonò per Giovanni Paolo II al Congresso eucaristico mondiale di Bologna. Sembrava impossibile: un ebreo errante che cantava Knockin' on Heaven' s Door davanti a un pontefice in là con gli anni che sembrava mezzo addormentato. A Bob piacque il concerto, ma lo seccò il fatto di doversi fermare dopo due canzoni per salire la predella e omaggiare Sua Santità con lo Stetson in mano.

Oltretutto non aveva idea di cosa dire: il Papa sembrava molto più a suo agio e tenne l' omelia a una platea di duecentomila persone, usando le parole del cantante. «Tu dici che la risposta è nel vento, amico mio. È vero: ma non è un vento che spazza via le cose. Questo vento è il respiro e la vita dello Spirito Santo, la voce che ti chiama e ti dice: "Vieni!"». Nemmeno Bob avrebbe saputo dire di meglio. Bob era in Europa quando Time Out of Mind uscì negli Sta ti Uniti il 30 settembre 1997. Servendosi dei missaggi provvisori, Daniel Lanois era riuscito a mantenere il sound naturale di quelle straordinarie registrazioni di Miami. «Sembrava di stare di nuovo lì» dice Cindy Cashdollar. Gli amici erano sorpresi dal carattere intimo dei testi e Jacques Levy ha detto: «Si sente dentro la ricchezza emozionale della sua vita». Le canzoni, come diceva Bob, avevano a che fare con «la terribile realtà dell' esistenza piuttosto che con quello idealismo tutto rose e fiori che va di moda adesso». Il disco era, perciò, una provocazione: Greil Marcus, su Mojo, scrisse di averlo trovato «scioccante per la sua amarezza e il rifiuto di ogni conforto, di ogni gentilezza». C' erano, però, molte cose da apprezzare. Elvis Costello, magari esagerando, aveva salutato Time Out of Mind come il miglior disco di Bob in assoluto, ma tutta la critica era d' accordo sulla qualità di quest' album, che ridestò l' interesse per il cantante. Dylan tutt' a un tratto tornava di moda e, anzi, veniva celebrato come un grande esponente della cultura americana: in ottobre, ebbe l' onore di ricomparire sulla copertina di Newsweek. Non accadeva dal 1974: allora aveva trentadue anni e girava per il Paese con la Band. Adesso, nel 1997, ricompariva, invecchiato e con un' aria gufesca, in una fotografia di Richard Avedon. Il titolo diceva: DYLAN È VIVO. Era come se fosse risorto. «È un disco pieno di ombre, perché è così che mi sento» ha dichiarato a Newsweek. «Non sono in sintonia con niente».

© Guanda

 

 
Lunedi 20 Gennaio 2014

Gli inizi di Bob Dylan (Parte seconda)

Estratti dal libro "Bob Dylan" di Howard Sounes  (Ed. Guanda)

    http://www.guanda.it/scheda.asp?editore=Guanda&idlibro=1948&titolo=BOB+DYLAN

I dischi rubati ispirano Bob

Jon Pankake era uno studente universitario affascinato dalla musica folk americana.

  Clarence AshleyJon PankakeTex Isley

Nel 1959 era stato a un concerto di Pete Seeger nello Iowa: questa esperienza l'aveva spinto a ricercare i dischi dei Weavers, il gruppo che aveva contribuito a rendere famose le canzoni di Woody Guthrie. Jon, insieme all'amico Paul Nelson, trovò anche alcune copie rarissime della
Anthology of American Folk Music, una straordinaria raccolta in sei dischi curata da Harry Smith.

   Harry Smith's Anthology of American Folk Music

Entusiasmati e incuriositi dalle canzoni d'amore, dalle ballate sugli assassinii e dalla musica religiosa dell'antologia, i due amici fondarono una fanzine che circolava ciclostilata e che chiamarono «Little Sandy Review».
L'appartamento di Pankake al 1401 della 6th SE divenne uno dei luoghi di ritrovo di Dinkytown. Bob ci andava regolarmente e suonava insieme a Pankake. «Suonavo il banjo e la cosa lo incuriosiva molto» ricorda quest'ultimo. Una volta Pankake stette fuori città per un paio di settimane ma non chiuse l'appartamento: allora Bob vi entrò e senza permesso portò via una
ventina di dischi. Tra questi c'era un raro cofanetto di Ramblin' Jack Elliott, amico e compagno di vagabondaggi di Woody Guthrie. Secondo Jon Pankake, Bob potrebbe aver portato via da casa sua anche l' Anthology of American Folk Music. «Non lo escluderei, visto che non giravano così tante copie dell' Anthology a Minneapolis». Se fu lui a prenderla - ma
Pankake non ne è certo - Bob ebbe per la prima volta l'occasione di ascoltare incisioni che avrebbero poi influenzato la sua carriera di musicista. Citazioni dalle canzoni contenute in questa notevole collezione sono sparse in tutta la sua opera; negli anni Novanta, poi, Bob avrebbe scandagliato sistematicamente l' Anthology e inciso due album acustici - Good as I Been
to You e World Gone Wrong - che riprendono tre canzoni dell' Anthology . Il suo disco del 1997, Time Out of Mind, era disseminato di citazioni tratte dall' Anthology .
Queste canzoni sembravano arrivare da un mondo perduto, forse dall'epoca della guerra civile. In effetti però, diversi musicisti presenti nell' Anthology erano ancora vivi e sarebbero stati riscoperti con l'avanzata del folk revival. Molte canzoni erano «Child Ballads» originarie della Gran Bretagna e tramandate per generazioni. Contenevano termini arcaici e immagini bizzarre che sembravano fuori del tempo e dello spazio. Il cuculo, nel tradizionale folk degli Appalachi The Coo Coo Bird , è
un uccello che non è originario degli Stati Uniti.
Nonostante queste stranezze, le canzoni parlavano della quotidianità e i testi si potevano capire senza difficoltà. Molti brani parlavano di amori finiti male. In Sugar Baby il cantante montanaro «Dock» Boggs aveva la voce di uno che sta sprofondando all'inferno, mentre grugniva chiedendosi che fare di suo figlio ora che la sua «dolce bambina» se n'era andata. Forse la sua dolce bambina l'aveva lasciato; o forse era stato lui a ucciderla. E sembrava che Dock stesse pensando se far fare la stessa fine anche a suo figlio. Altre canzoni parlavano di eventi catastrofici: incidenti ferroviari, tragedie minerarie, l'affondamento del Titanic. Alcune testimoniavano i mutamenti del tessuto sociale americano. Peg and Awl raccontava la fine della produzione delle scarpe fatte a mano dopo la nascita della grande industria calzaturiera.

"Dock" Boggs

La Anthology di Smith è una delle raccolte più importanti della musica americana, una testimonianza di storia sociale e, oltretutto, un'opera poetica. «Era un tesoro di musica folk, quel disco» ha dichiarato Bob.
«...è poesia, ognuna di quelle canzoni». Il linguaggio era diverso da quello delle canzoni di successo. Era originale e fantasioso, con frasi e immagini prese dalla Bibbia oppure suggerite dall'esperienza diretta, e carico dello spirito folklorico di terre quasi sconosciute. Al ritorno, Jon Pankake scoprì il furto perpetrato ai danni della sua collezione. «A quell'epoca spesso si lasciava la porta aperta» spiega lui. «Non avevo mai perso niente e non ero mai stato vittima di un crimine. Era la prima volta». Ben presto capì che era stato Bob a prendere i dischi. A notte fonda, accompagnato da due amici, lo affrontò. «Negava tutto» racconta Pankake. «L'ho messo con le spalle al muro e gli ho detto che sapevo con certezza che era stato
lui». Pankake gli sferrò un pugno e Bob confessò. Gli restituì all'istante alcuni dei dischi e gli disse che gli avrebbe riportato gli altri il mattino seguente.
Ripensando a questo squallido incidente, Pankake non crede che Bob abbia rubato i dischi per rivenderli, anche se valevano circa un centinaio di dollari. Bob, probabilmente, non lo considerava neanche un furto. Lo stesso Pankake riconosce che Bob era «assetato di musica»: semplicemente, aveva saltato la formalità di chiedere il permesso. Non sarebbe stata l'ultima volta che Bob prendeva qualcosa senza chiedere.

 
Clarence Ashley, Jon Pankake, Tex Isley

Dylan, sulla strada seguendo Kerouac

Nell' estate del 1960 Bob andò in autostop fino a Denver, nel Colorado. Era un viaggio di più di millequattrocento chilometri e fu una delle più grandi avventure della sua giovinezza, sulle orme del Kerouac di Sulla strada , il cui protagonista, l'anticonformista Dean Moriarty, si ferma spesso a Denver nel corso dei suoi viaggi avanti e indietro per il paese. Bob conosceva il libro ed era affascinato dal personaggio di Moriarty. A spingerlo a Denver fu però, soprattutto, la vivacità dell'ambiente musicale della città, che contava diversi locali tra cui il Satire e l'Exodus.

  Dylan al Satire Lounge di Denver, 1963

Una conoscente di Bob gli suggerì di presentarsi a Walt Conley, il cantante che gestiva il Satire e nel quale si esibiva. Il gruppo di punta di Conley erano Dick e Tommy Smothers. Gli Smothers Brothers suonavano musica folk per un pubblico più vasto e meno esperto. Si presentavano in giacca e cravatta. Come afferma Conley, appartenevano a quel filone della musica folk che «cercava di darsi una ripulita».

Bob, invece, apparteneva a quel filone del folk che si rotolava nella polvere. Bob suonava ballate hillbilly e si vestiva con abiti logori di cotone e jeans: sembrava un personaggio uscito da Furore e non profumava esattamente di lavanda, visto che non era scrupolosissimo in fatto di igiene. Comunque, Conley gli lasciò fare una breve apparizione prima degli Smothers Brothers.
Walt Conley viveva in una casetta di legno con tre stanze, sulla via del suo club, e la divideva con i musicisti che passavano in città. Quando arrivò Bob, Dick Smothers e sua moglie dormivano nella stanza degli ospiti e Tommy Smothers si era sistemato sul divano. «Bob non sapeva dove dormire» ricorda Conley.
«Mi chiese se poteva sdraiarsi per terra e io gli dissi di sì. Credo che sia rimasto lì per una notte e poi abbia cominciato a girare per la città in cerca di un posto dove stare». All'Exodus Bob conobbe Jesse Fuller, l'autore di San Francisco Bay Blues , che allora aveva sessantaquattro anni. Fuller era stato uno dei primi modelli per Bob: era entrato nella sua
vita dopo Odetta e prima della travolgente, quasi religiosa scoperta di Woody Guthrie. Fuller si esibiva nel seminterrato dell'Exodus. Era uno one man band : suonava contemporaneamente la chitarra, l'armonica, la grancassa e cantava il blues. Purtroppo per Fuller, il blues non era molto apprezzato dal grande pubblico bianco all'epoca e gli affari non gli andavano bene.

«Se penso a quello che è il blues oggi!» dice Conley.
«Ma allora non interessava. E non interessava a nessuno neanche Bob Dylan».
Gli Smothers Brothers fecero chiaramente capire che Bob, trasandato finto vagabondo, non andava loro a geni e ben presto lui perse il lavoro al Satire. «Bob iniziò a girare per Denver cercando qualcosa da fare. Si offrì di suonare nei locali, ma non lo voleva nessuno», racconta Conley. «Confronta la fama di cui gode adesso e quello che era allora: lo evitavano proprio».
Bob non era arrivato da molto in città, quando Conley ricevette una telefonata da Sophia St. John, che gestiva un saloon in stile western nella vicina città di Central City, nata all'epoca della corsa all'oro.
La città cercava di ricreare per i turisti l'atmosfera del selvaggio West. I visitatori potevano setacciare l'oro e i saloon e gli hotel sembravano usciti da un western: pagavano gli attori per barcollare su e giù per la Main Street con boccali di birra incollati a un vassoio. Il locale di Sophia St. John si fregiava del nome Gilded Garter, anche se non era uno strip club
come andrà raccontando in seguito Bob.
«Mi serve un cantante» disse la St. John a Walt. «Ho una ragazza che si chiama Judy Collins ed è brava».
Judy Collins, che allora aveva ventun anni, era agli inizi di una carriera che l'avrebbe presto portata a diventare una delle stelle del folk revival. «Ma se conosci qualcun altro, mandamelo».
«Ho un tizio che si chiama Bob Dylan» rispose Conley.
«È disoccupato e mi sta tra i piedi, perciò vorrei mandarlo via».
Il Gilded Garter era un posto tremendo. Era rumorosissimo e i turisti pensavano più a bere e a mangiare. Bob cercava di intrattenerli suonando il piano e cantando ma non ebbe successo; non ci volle molto perché tornasse a Denver con le pive nel sacco e si fermasse in un alberguccio vicino all'Exodus.

 
Il Gilded Garter Saloon

Dylan, l’altra faccia della passione

Due anni dopo il suo arrivo a New York, nel bel mezzo di un inverno particolarmente freddo, Bob avrebbe visto la propria vita cambiare in modo radicale. Qui fece conoscenze destinate ad avere un peso decisivo sulla sua carriera e maturò in fretta come artista. 
In parte anche grazie al fatto che erano in pochi a suonare l’armonica, Bob veniva a volte invitato, da solo o con Mark, ad accompagnare altri musicisti. Uno di questi era Fred Neil, un tipo scorbutico che veniva dalla Florida, con i capelli rossicci e una profonda voce baritonale.

Fred Neil      Jon Voigt e Dustin Hoffman in "Midnight Cowboy"

Cosa insolita, Neil era autore delle canzoni che cantava, in seguito diventerà famoso per aver composto Everybody’s Talkin’ , tema del film "Un uomo da marciapiede" (Midnight Cowboy". Neil dava a Bob e Spoelstra un paio di dollari per accompagnarlo dal vivo. Spoelstra sostiene che avesse anche l’abitudine di dare qualche pizzicotto sul sedere ai due ragazzi ogni volta che li incontrava; ma mentre Spoelstra, infastidito, gli diceva di piantarla, Bob si metteva a ridere. «Era
disponibile nei confronti di chiunque» ricorda Spoelstra. «Era molto tollerante nei confronti delle persone più diverse».
 

Bob Dylan con Mark Spoelstra backstage al Gerde's Folk nel 1962

Era un tratto del carattere di Bob. Molti dei suoi più cari amici erano omosessuali - il più noto è il poeta Allen Ginsberg - ma lui non aveva mai manifestato pregiudizi o imbarazzo. Nei primi anni a New York Bob e Spoelstra, che passavano quasi tutte le sere nei bar di Downtown e nei locali del Greenwich Village, conobbero persone di ogni tipo. In un’intervista del
1966, Bob non solo lasciò intendere di aver ricevuto anche le avance di uomini, ma addirittura dichiarò che quand’era appena arrivato a New York lui e un amico si erano dati da fare nei dintorni di Times Square.
«Guadagnavamo centocinquanta o duecentocinquanta dollari a notte tra tutti e due. Facevamo base nei bar, ci rimorchiavano uomini e donne». Spoelstra dice che questa è una delle sue tante invenzioni e nega che Bob abbia mai avuto tendenze omosessuali: «Ci dovevamo dar da fare, dovevamo preoccuparci di trovare un posto per dormire, ma non sono mai stato costretto a vendermi. Bob non mi ha mai fatto delle avance e io non l’ho mai visto farne ad altri uomini. In compenso siamo stati in competizione per una donna. Nessuno dei due rimase solo molto a lungo in quei sei mesi senza
freni».
In realtà, in quei primi «sei mesi senza freni» a New York, Bob si affidava spesso al buon cuore delle donne. All’inizio aveva passato qualche tempo dai Gleason, gli amici di Guthrie, nel New Jersey. Sid si preoccupava per le compagnie che Bob frequentava al Village e gli dava un pò di soldi e Bob, che come al solito non parlava molto del suo passato, quasi lasciò
loro credere di essere stato cresciuto da genitori adottivi; ben presto cominciò a chiamare Sid «mamma» e lei lo considerava uno della famiglia. Anche se lo adorava, Sid era solo una delle donne che in un modo o nell’altro gli diedero una mano. Del resto lui non rimaneva mai troppo a lungo nello stesso posto e solo di tanto in tanto approfittò dell’ospitalità altrui, come fece con i Gleason, per non diventare sgradito.
 

Sidsel Gleason

La sua apparente vulnerabilità faceva sì che gli si affezionassero. Ma dentro aveva una durezza che gli permetteva di sopravvivere bene in città. Quando Bonnie Beecher venne a New York con il suo gruppo teatrale all’inizio della primavera 1961 e lo cercò ansiosa, scoprì che Bob stava molto meglio di quel che si aspettasse. Lui non vedeva l’ora di raccontarle la
sua nuova vita, piena di emozioni. «Una cosa dovevo fare a ogni costo: tornare e raccontare agli amici che lui aveva conosciuto davvero Woody Guthrie. Questo solo gli interessava» ricorda Bonnie. E per dimostrarglielo, Bob la portò all’ospedale del New Jersey, dove Bonnie si rese conto di quanto speciale fosse il legame tra i due. Col crescere del successo di Dylan, nacquero inevitabilmente delle storie sul fatto che Guthrie l’avesse in un certo senso scelto come suo successore.

   Bonnie Beecher, 1969

Una volta, per esempio, sembra che Guthrie avesse detto: «Pete Seeger è uno che canta canzoni folk, non un cantante folk. Anche Jack Elliott è uno che canta canzoni folk. Ma Bobby Dylan è un cantante folk. Cristo santo, lui è davvero un cantante folk».
L’agente di Guthrie, Harold Leventhal, smentisce recisamente: «Woody non ha mai detto nulla su quelli che venivano a trovarlo, anche perché non era più in condizioni di conversare». La verità è che quegli incontri furono più significativi per Bob che per Guthrie, che ormai era molto malato.

Harold Leventhal

© Guanda

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A proposito di Davis                                                                       clicca qui

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Davis, la storia del cantante amico ed ispiratore di Bob Dylan     clicca qui

 

 
Sabato 18 Gennaio 2014

Il mio Village, i miei amici

L’autrice ricorda i personaggi Bohemian della sua giovinezza ora diventati famosi

  di Susan Green

La mia esperienza nell’ambiente del folk è iniziata durante l'autunno del 1958. Mentre eravamo ancora studentesse delle scuole superiori, ogni fine settimana la mia amica Suze Rotolo ed io scappavamo dalle nostre città di origine, rispettivamente nel Queens e Long Island, per assaporare il demi-monde bohémien di Lower Manhattan.

La domenica ci saremmo incontrate con altri amici a folleggiare in Washington Square Park, dove la musica tradizionale e le radici della musica popolare gareggiavano con le canzoni di protesta catturando tutta la nostra attenzione. Anche se spesso facevamo volontariato per le attività di promozione dei diritti civili o per bandire la bomba atomica eravamo due ragazze ancora adolescenti che volevano solo divertirsi.

Suze accanto a me sulla destra

Tesa più dall’eccitazione più accattivante del Village che dall'educazione scolastica, ero però riluttante a lasciare il Goddard College nel settembre 1960. Il Village sembrava molto più emozionante della vita del campus nelle zone rurali del Vermont. Durante la mia gioventù quel quartiere della città era un vero paradiso a mio avviso.
Anche se i miei genitori hanno vinto la discussione sul fatto che avrei dovuto abbracciare il mondo accademico ed abbandonare le scappatelle al Village, ho trascorso ogni vacanza possibile in quel luogo. Così, per caso, il mio primo incontro con Bob Dylan è avvenuto durante il periodo di Pasqua del 1961.
Stavo passeggiando lungo MacDougal Street con Judy, una mia compagna di classe del liceo poi matricola alla New York University. Siamo entrate al “Folklore Center”, un negozio che vendeva dischi e strumenti acustici. Nella stanza sul retro, un ragazzo col la faccina rosea con un berretto di velluto nero stava strimpellando la sua chitarra. Abbiamo chiacchierato con lui per un pò di questo e quello.
Pochi giorni dopo, il 5 aprile, Judy mi ha invitata a partecipare a una riunione del suo NYU Folk Music Club. Uno sconosciuto cantante che era da poco arrivato in città si sarebbe esibito per il suo primo concerto retribuito nella Grande Mela, guadagnando solo $ 20. In questo posto c’erano circa sei persone, sedute sul pavimento. Il cantante era il ragazzo dal Folklore Center, presentato a noi come Bob Dylan. Da quel momento, diventai una sua fan accanita.
 

 Bob Dylan, Karen Dalton and Fred Neil performing in New York in 1961

Dylan spesso suonava l’armonica accompagnando il trovatore Fred Neil al Café Wha? in MacDougal Street. Ecco dove Dylan ha incontrato Dave Van Ronk , che è stato notevolmente ri-immaginato come l'antieroe di "Inside Llewyn Davis". Dylan, Van Ronk e Ramblin' Jack Elliott, erano tre amiconi fino a quando i primi salari di fame li hanno trasformati in rivali semi-amici.
La Rotolo divenne amica e musa di Dylan dopo aver flirtato tutta una giornata assistendo ad uno show popolare che includeva anche Dave Van Ronk alla Riverside Church nel luglio 1961. "E' stato un momento molto esaltante per la musica folk, " ricorda Bob Yellin, un residente di Underhill poi diventato suonatore di banjo bluegrass con i ragazzi del Greenbriar che aveva co-prodotto l'evento.

Bob Dylan, Suze Rotolo, Dave Van Ronk

La Rotolo appare mentre cammina nella neve sottobraccio a Dylan sulla iconica copertina di "The Freewheelin’ Bob Dylan", album del 1963, ed il direttore della fotografia di "Inside Llewyn Davis", Bruno Delbonnel, ha detto che ha usato quella copertina come modello per l’inverno Newyorkese dello scontento personaggio principale del film.

  con Ralph Rinzer (a sinistra al mandolino) e John Herald (a destra alla chitarra) membri dei Greenbriar Boys - 25 Settembre 1961. Dylan era un numero di contorno nello show dei Greenbriar Boys e fu notato da Robert Shelton che gli dedicò la mitica recensione sul New York Times che lanciò di fatto la carriera di Dylan

Il trionfo di Dylan cominciò dopo la fine di settembre del 1961 quando il critico musicale Robert Shelton scrisse sul New York Time il 29 settembre 1961 la recensione del suo concerto d’apertura per i Greenbriar Boys) in un club del Village chiamato Gerde’s Folk City:
- Un volto nuovo e brillante della musica folk è apparso al Gerde's Folk City. Nonostante non passi vent'anni, Bob Dylan è uno degli stilisti più caratteristici che abbiano suonato in un cabaret di Manhattan negli ultimi mesi.
Sorta d'incrocio tra un ragazzo del coro e un beatnik, Dylan ha l'aspetto di un cherubino e una zazzera di capelli arruffati, in parte coperti da un cappello di velluto nero alla Huck Finn. I suoi vestiti hanno forse bisogno d'un sarto ma quando Dylan lavora con chitarra, armonica e piano e compone canzoni nuove cosi in fretta da non riuscire a ricordarle, non c'è dubbio che il talento gli sprizza da tutti i pori.
La sua voce è tutto tranne che graziosa. Dylan cerca coscientemente di ritrovare la rude bellezza di un bracciante agricolo del Sud che rimedita una melodia sulla sua veranda. Le sue note conservano tutto il loro “tossire e abbaiare”, e un'intensità bruciante pervade le sue canzoni.
Dylan è sia commediante sia tragico. Come un attore di vaudeville del circuito rurale, può offrire tutta una gamma di buffi monologhi: Talking Bear Mountain satireggia il sovraffollamento di un'escursione in barca; Talking New York ironizza sulle sue difficoltà per guadagnarsi la notorietà e Talking Havah Nagilah parodizza la mania della folk music e il cantante stesso.
Se di vena seria, Dylan sembra recitare in un film al rallentatore. Le sue elastiche frasi sono distese e stirate, al punto da far pensare che potrebbero rompersi. Dylan scuote la testa e il corpo, chiude gli occhi come se sognasse, sembra cercare a tastoni una parola e uno stato d' animo, infine risolve la tensione acconsentendo a trovare la parola e lo stato d'animo.
Può mormorare il testo di House Of The Rising Sun facendone un ruggito o un sospiro scarsamente comprensibili oppure enunciare con la massima chiarezza la poetica amarezza di un blues di Blind Lemon Jefferson: "Ti chiedo un piccolo favore/Bada che la mia tomba sia pulita"
L'approccio altamente personale di Dylan alla canzone folk è ancora in evoluzione. Dylan ha assorbito influenze come una spugna. A tratti la sua tensione verso il dramma si risolve in un melodramma fuori bersaglio e la sua stilizzazione minaccia di oscillare e di farsi eccesso manieristico.
Ma, se non è per tutti i gusti, il suo modo di far musica ha il marchio dell'originalità e dell'ispirazione, tanto più notevoli se si pensa alla sua età. Dylan è vago riguardo alla sua nascita e ai suoi precedenti ma importa meno dove è stato che dove sta andando, e sembrerebbe che stia andando diritto in alto -.
(da maggiesfarm.it)

 
Bob e Suze

Ero tornata al Goddard a dicembre quando la Rotolo mi scrisse una lettera circa il trambusto che aveva osservato scatenarsi intorno a Dylan mentre stava registrando il suo primo album: "Le cose che stanno accadendo a lui accadono solo nei film. Prendimi in parola, venderanno I capelli di Bob Dylan come reliquie abbastanza presto".

La Rotolo rimase vicina a Van Ronk per molto tempo dopo che la sua relazione con Dylan si era conclusa. "Dave è un innovatore" mi disse nel 1996. "Penso che sia uno dei più grandi cantanti e racconta storie meravigliose".

Van Ronk, scomparso nel 2002, sapeva facilmente togliere “la buccia e la corteccia” alle cose, ma non ha mai ottenuto i riconoscimenti che invece aveva raccolto l’ambizioso giovane Dylan. Tuttavia, la sua eredità è molto al di sopra di quello che il personaggio di Llewyn Davis lascia negli spettatori .

(Fonte: http://www.burlingtonfreepress.com)

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Fred Neil, al di là del Village                                                           clicca qui

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Gli inizi di Bob Dylan (Parte prima)

Estratti dal libro "Bob Dylan" di Howard Sounes  (Ed. Guanda)

   http://www.guanda.it/scheda.asp?editore=Guanda&idlibro=1948&titolo=BOB+DYLAN

Il bambino Bob

Duluth è una città del Nord del Minnesota. È costruita su una scogliera sulla riva occidentale del Lago Superiore e vive del commercio di minerale di ferro. Qui nacque Robert Allen Zimmerman, in arte Bob Dylan, nel maggio del 1941. In un articolo del 1998 Elvis Costello scrisse: «... che cosa ci fa Robert Zimmerman a Duluth? Già questa è una storia: la sua famiglia dev’essere arrivata lì provenendo da qualche altra parte. Già questo spiega la storia della musica folk».
Il padre di Bob, Abe Zimmerman, era figlio di Zigman e Anna Zimmerman, immigrati ebrei dell’Europa dell’Est.
La madre, Beatrice Stone, detta Beatty, con l’accento sull’ultima sillaba, veniva da una nota famiglia ebrea di Hibbing, una città della Iron Range.
Nel 1941 Abe era stato promosso a un ruolo dirigenziale alla Standard Oil; così lui e Beatty avevano abbastanza soldi da permettersi un appartamento. Beatty era incinta quando si trasferirono al 519 North della 3rd Avenue East, una casetta bifamiliare di assicelle con un tetto spiovente e una veranda in cima a una collina che sovrastava Duluth. Avevano affittato l’appartamento con due camere da letto al secondo piano. Alle nove e cinque della sera del 24 maggio 1941, Beatty diede
alla luce un figlio maschio, nel vicino St. Mary’s Hospital. Pesava tre chili e duecento grammi. Quattro giorni dopo, quando il bambino venne registrato e circonciso, gli fu dato il nome. In effetti ne ricevette due. In ebraico si chiamava Shabtai Zisel
ben Avraham. Al secolo sarebbe stato Robert Allen Zimmerman. Robert era all’epoca il nome più diffuso tra i ragazzi. Quasi subito venne chiamato Bob o Bobby. Sua madre diceva che era così bello che sarebbe potuto essere una bambina.
Il quartiere di Central Hillside a Duluth era in prevalenza abitato da ebrei e polacchi. C’erano una sinagoga in fondo alla strada, un general store, un fornaio europeo, il negozio di liquori Loiselle e un Sears Roebuck ai piedi della collina. Il tempo
dipendeva dal Lago Superiore, così ampio e profondo da rimanere freddissimo per tutto l’anno. Anche nel bel mezzo dell’estate Duluth poteva essere avvolta da una nebbia fredda. C’era il fresco odore dell’oceano e si sentivano stridere i gabbiani. Quando le navi si avvicinavano all’inconfondibile Ariel Bridge suonavano la sirena e dal ponte rispondeva loro un’altra sirena.
Sono questi i paesaggi e i suoni che accompagnarono l’infanzia di Bob, mentre la Seconda guerra mondiale si avviava, violenta, al termine. Nel 1946, un anno dopo la fine della guerra, Bob si iscrisse alle scuole elementari di Nettleton, a due isolati da casa. Lo stesso anno debuttò come cantante a una festa in famiglia. I bambini erano incoraggiati a esibirsi per
intrattenere gli adulti. Quando venne il suo turno, Bob, che aveva cinque anni, si mise a battere il piede per terra per richiamare l’attenzione. «Se faranno tutti silenzio - disse -, canterò una canzone per la mia nonna. Canto Some Sunday Morning ». Ebbe un tale successo che il pubblico chiese un bis. Bob li accontentò con Accentuate the Positive . Erano canzoni che andavano di moda alla radio, all’epoca. «Non la smettevano di telefonarmi per congratularsi con me»,
ha raccontato Beatty, orgogliosa.
Poco tempo dopo, Bob ebbe una seconda opportunità di esibirsi, al matrimonio della sorella di Beatty, Irene. I parenti volevano che Bob cantasse ancora, ma il ragazzo era riluttante. Uno zio gli offrì dei soldi, ma solo Abe riuscì a persuaderlo. Di nuovo introdusse la canzone dicendo ai parenti su di giri: «Canterò se c’è silenzio». Fu un grande successo anche
la seconda volta. Tutti applaudivano ed esultavano, e uno degli zii di Bob gli mise in mano dei soldi. Con un istintivo senso dello spettacolo, Bob si girò verso sua madre e disse: «Mamma, restituisco i soldi». Fece impazzire i presenti. «La gente rideva di gioia nell’ascoltarlo. Direi che era un bambino amabile, un bambino molto insolito - ricordava Abe -. Credo
fossimo noi gli ultimi a immaginare che sarebbe diventato famoso prima o poi... Quando aveva cantato Accentuate the Positive nel modo in cui i bambini della sua età cantavano Mary Had a Little Lamb dicevano che era bravissimo». Ed era incredibile (ad ammetterlo è la stessa Beatty) quanto poco suo figlio fosse viziato, nonostante tutte le attenzioni.

Il primo bacio a ritmo di boogie

Il suo primo gruppo a Hibbing iniziò come una specie di gioco con dei ragazzi che conosceva sin da quando era bambino. Come i genitori di Bob avevano incoraggiato i loro figli a suonare strumenti musicali, così avevano fatto anche altri genitori.
Con il crescere della loro passione per la musica Bob e John Bucklen passavano sempre più tempo in un negozio di musica nella 1st Avenue, gestito da un uomo di origine finlandese di nome Hautala, che - così sembrava ai ragazzi - aveva sempre in bocca gli ultimi cinque centimetri di un sigaro. Hautala, in un inglese stentato, mostrava con pazienza ai ragazzi i cataloghi
di chitarre che poteva ordinare. Bob, che aveva da poco usato i suoi risparmi per comprare una chitarra elettrica da quattro soldi al Sears Roebuck, tenendola nascosta ai suoi genitori finché non avesse finito di pagarla, si innamorò di una Supro elettrica solid-body con una sfumatura dorata. (...)
Echo Star Helstrom, la prima ragazza importante di Bob, era un'adolescente di Hibbing poco inserita. Era la figlia più piccola di Matt e Martha Helstrom, i cui genitori venivano dalla Finlandia. In città li chiamavano i «finlandiani». Echo Star aveva ricevuto questo nome poetico perché era nata molti anni dopo l'ultimo dei suoi fratelli - «mia madre diceva che ero come una piccola eco» - e perché il ghiaccio aveva fatto un disegno a forma di stella sulla finestra dell'ospedale il giorno della sua nascita. Era una ragazza con capelli biondo platino, molto bella, ed era un'esclusa fin da piccola anche perché gli
Helstrom vivevano in mezzo ai boschi. Erano solo a cinque chilometri dalla città, una piacevole passeggiata, d'estate; ma abbastanza distanti perché Echo si considerasse una campagnola e ritenesse le ragazze di Hibbing «gente di città». Si dava un look da ribelle e portava giacca di pelle e jeans, in un periodo in cui molte ragazze indossavano gonnelline di
feltro con i barboncini ricamati sopra. Come dice l'amico di Bob, Luke Davich: «Era il suo aspetto a essere davvero selvaggio». Echo aveva forse un aspetto selvaggio, ma era una persona piena di calore umano, sensibile e allegra, che non condivideva l'entusiasmo generale per Gioventù bruciata perché lo trovava «deprimente» e non c'era bisogno di vivere «con tanta rabbia».
Nel fine settimana Echo faceva un giro in città insieme alla sua amica Dee Dee Lockhart. Una sera che nevicava, nel 1957, mentre Echo e Dee Dee attraversavano Howard Street dirette all'L&B Cafe, videro Bob all'angolo della strada che suonava la chitarra e cantava. Echo pensava che Bob, con il quale ricordava vagamente di aver parlato una volta, fosse «un tipo strano». Non aveva l'aria di chi suona per soldi visto che non aveva una ciotola per gli spiccioli e nessuno si fermava ad ascoltarlo. Suonava per il puro piacere di farlo e cantava da solo sotto la neve. A lei parve una cosa assolutamente bizzarra.
Le ragazze si sedettero in un séparé ed Echo ordinò uno dei suoi drink speciali alla Coca-Cola: un misto di cioccolato e arancia o cioccolato e ciliegia «tanto per cambiare».
Benché Echo ritenesse Bob un tipo strano, si misero a chiacchierare e venne fuori che lei era un'altra appassionata del programma radiofonico No-Name Jive e che amava il blues. A volte ascoltava la radio tutta la notte, soprattutto d'estate quando il segnale era più forte e la ricezione migliore. Il fatto che a Echo piacesse il blues la avvicinò subito ai ragazzi. «I
miei amici non capivano quanto amassimo quel tipo di musica», racconta lei. Quella sera Bob voleva suonare il piano, perciò andarono lì accanto, al Moose Lodge.
Echo forzò la serratura con il suo temperino e Bob le suonò il boogie-woogie. «Era bravo!», dice Echo. «Sapeva suonare il piano come un vecchio bluesman». Si scambiarono i numeri di telefono e si misero d'accordo per vedersi il giorno dopo. Bob voleva che andasse a casa sua a sentire i suoi dischi.
Per un mese Echo, Bob e John Bucklen passarono il tempo insieme. Echo era abituata ad aver degli amici maschi e parlava di Bob e Bucklen come dei suoi amici «della musica». Ma una sera, mentre erano a casa di Bucklen e parlavano di film, Bob baciò Echo, lasciandola di stucco. «Ero completamente sbalordita: pensavo fossimo solo amici. Non avrei mai immaginato
che fosse interessato a me come ragazza». John Bucklen fu costretto ad andarsene e loro due passarono il resto della serata a pomiciare.

Zimmerman diventa Bob Dylan

Più la musica diventava una cosa seria per Bob, più divenne chiaro che gli serviva un nome d'arte. Molti dei cantanti che gli piacevano si erano scelti un nome orecchiabile, e Zimmerman non lo era di certo. Ci sono un sacco di versioni su come Bobby Zimmerman sia diventato Bob Dylan, e lui ha rilasciato dichiarazioni contraddittorie, nessuna delle quali collima con la versione che ricordano i suoi amici. La risposta più chiara che ha dato è questa: voleva chiamarsi Dillion perché un suo zio portava quel cognome. In realtà non c'era nessun Dillion nella sua famiglia. Dillion, in ogni caso, doveva essere un nome che Bob aveva sentito spesso. James Dillon era stato uno dei primi fondatori di Hibbing, e una famiglia con quel cognome possedeva una fattoria in Dillon Road. Uno dei giocatori di football più famosi del Minnesota si chiamava Bobby Dillon. In una nota serie televisiva dell'epoca, Gunsmoke , c'era un personaggio che si chiamava Matt Dillon. Di qui forse l'idea di quel nome. Bob, però, scelse di scriverlo in modo diverso.
Nella primavera del 1958, dopo che la neve si era sciolta e l'erba aveva iniziato a crescere attorno alla casa di Echo nei boschi, Bob andò da lei con la sua Ford decappottabile. «Ho trovato il nome», le disse. «So come mi chiamerò d'ora in poi».
Quando glielo disse, Echo chiese: «D-i-l-l-o-n, come Matt Dillon?».
«No, no, no: D-y-l-a-n». Bob aveva un libro sottobraccio e lo mostrò a Echo. Era una raccolta di poesie di Dylan Thomas.
Dylan Thomas era molto noto in America durante l'adolescenza di Bob. Il poeta aveva tenuto una serie di reading che avevano avuto buon successo ed era morto alcolizzato a New York nel 1953, a trentanove anni. Il fatto che fosse morto abbastanza giovane e in quelle circostanze bastò perché Bob lo accogliesse nel pantheon delle sue divinità tragiche insieme a James Dean e Hank Williams. Bob, tra l'altro, leggeva e apprezzava le poesie di Dylan Thomas. In effetti aveva
gusti sorprendentemente raffinati in fatto di letteratura e aveva letto molto e bene. Questa attitudine in parte era dovuta a un professore di letteratura della Hibbing High che aveva trasmesso l'amore e la capacità di comprendere la materia a
quasi tutti i suoi alunni. Boniface J. Rolfzen, noto come B. J., era un uomo che amava il suo lavoro.
«Ricordo che mi fece apprezzare Shakespeare», racconta John Bucklen. «Era un bravo insegnante di letteratura:
lo sentivi che gli piaceva la materia, la conosceva e l'amava».
Quando dovette scrivere una tesina sul proprio autore preferito, Bob scelse John Steinbeck e si entusiasmò a tal punto per Furore da scrivere un saggio di quindici pagine per il quale ricevette un «ottimo». «John Steinbeck è grande», diceva con entusiasmo Bob a Echo: il suo elogio fu tale che lei si sentì spinta a leggere tutti i libri di Steinbeck che riuscì a trovare. Echo ricorda che Bob aveva spesso dei libri sottobraccio e che quei libri erano quasi sempre di poesia. Beatty diceva che suo figlio scriveva poesie in continuazione: «Temevo che mi sarebbe diventato poeta! Ai miei tempi, un poeta era un disoccupato».
Lei e Abe si preoccuparono parecchio per questa faccenda e la cosa provocò delle tensioni, man mano che Bob cresceva.
In parte anche a causa dello scioglimento dei Golden Chords, Bob iniziò a passare più tempo a Duluth e nelle Twin Cities insieme ai suoi amici e ai cugini, durante l'ultimo anno di scuola. Echo sospettava che uscisse con altre ragazze. Lo disse a John Bucklen e lui rispose che poteva esser vero. Echo sospettava anche che Bob si vedesse con la sua amica Dee Dee. Bob cominciava a mostrarsi indifferente nei suoi confronti. Usciva da solo alla sera, dicendo a Echo di aspettarlo a casa. Lei si stancò di questo andazzo e andò lo stesso in città. «Cosa ci fai qui?», le chiese Bob, quando la vide.
«Sono venuta in città con le mie amiche».
Allora lui la fece salire sulla moto e la riportò a casa. Lei pensava che avrebbero passato la serata insieme. «Invece mi ha lasciato lì!», esclama, disgustata. «E ovviamente, una volta tornata a casa, i miei genitori non mi avrebbero più fatta uscire. È stato l'inizio della fine».
Echo affrontò Bob nel corridoio della Hibbing High e gli restituì il braccialetto. «Cosa fai?», le chiese con gli occhi azzurri spalancati per la sorpresa. «Non fare così, qui nel corridoio». Ma Echo aveva deciso che tra loro era finita.

Continua......

© Guanda

 

 
Venerdi 17 Gennaio 2014

Le acque salgono, profetizzava Dylan 50 anni fa                          clicca qui

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"The Times....": 50 anni fa la rivoluzione di Bob Dylan                 clicca qui

 

 
Giovedi 16 Gennaio 2014

Talkin' 9308 - Miscio

Caro Mr. Tambourine,
che il nuovo anno sia propizio a tutti i Maggiesfarmer, e in particolare a te e Maria Rosa, a cui sono debitore di ringraziamenti arretrati, ma.... meglio tardi che mai. Scartabellare su Tempest ha fatto emergere nuovi particolari che vi racconterò nei prossimi giorni, ma oggi volevo parlare di un'altra cosa, e cioè del link relativo al film di Ethan e Joel Coen, che sembra ripercorrere la biografia di Dave Van Ronk. Dico sembra, poiché la moglie di Van Ronk ha messo fortemente in dubbio che il film possa riferirsi al marito se non in certi frangenti. Nella sua autobiografia, “The Mayor of MacDougal Street” Van Ronk si lascia andare ad affermazioni un pò stralunate, tipo : «Da quella scena emersero un Bob Dylan, un Tom Paxton, un Phil Ochs e tempo dopo una Joni Mitchell; non un Johann Sebastian Bach o un Duke Ellington», come che al tempo di Bach ci fossero i cantautori o come se Duke Ellington fosse un paroliere o debba essere in un certo senso considerato, dato il suo virtuosismo strumentale, “superiore” a un Robert Johnson. Affermazioni con poco senso, anche se si capisce che l'intenzione di Van Ronk è quella di mostrare che quella scena non produsse grandi artisti, cosa che può anche non essere condivisa. Che poi Ginsberg e Kerouac siano “autori sopravvalutatissimi” e che gli stili di vita alternativi degli anni 60' si fossero già affacciati alla storia col marchese de Sade è un giudizio da vero scarpone, che penso appartenga più all'autore dell'articolo che a Van Ronk. Riguardo alla scrittura di Dylan, Van Ronk entra più nello specifico e val la pena di ascoltarlo:

[ “… più auto-coscientemente “artistico” diviene lo scrivere, meno interesse ho a prenderne parte. Come qualcuno disse una volta, “Quando sento la parola “arte” tolgo la sicura alla mia Browning.” Tutta questa mistica dell’arte è una delle grandi trappole di questa faccenda, perché questa strada porta all’inintelligibilità. Dylan ha un sacco di responsabilità per questo, perché dopo un pò  scoprì che poteva venirsene fuori con qualunque cosa – lui era Bob Dylan e la gente prendeva ogni parola che usciva dalla sua bocca come vangelo. Così si poté permettere cose come “All Along the Watchtower” che è semplicemente uno strafalcione dall’inizio alla fine: una torre di guardia non è una strada o un muro, e non ci si può camminare per il lungo. Naturalmente questo tipo di superficialità non è nata con Dylan. C’era già una lunga tradizione di poeti che scrivevano cose che suonavano meravigliose ma che non avevano senso. A me la poesia risulta automaticamente sospetta, perché se sei un poeta abbastanza bravo puoi far suonare delle stronzate così meravigliosamente che la gente non si accorge che si tratta di stronzate. Negli anni ’50 andavo regolarmente ad ascoltare Dylan Thomas alla vecchia White Horse Tavern, e quando aveva bevuto parecchio – cosa frequente -, recitava poesie, e a me cadeva la mandibola. Era magnifico, sontuoso e recitava in maniera meravigliosa. Ma quando tornavo e le leggevo sulla pagina scritta, parecchie di quelle cose si rivelavano stupidaggini. Non tutte, in ogni modo, ma sfido chiunque a spiegarmi a cosa si riferiscano alcuni elementi. Ho finito per concluderne che non si dovrebbe mai esprimere in poesia qualcosa che non si possa dire anche in prosa. La poesia ha gli stessi obblighi di senso di ogni altra espressione prodotta dalla bocca umana. Quest’idea si è realizzata in me soprattutto leggendo Ezra Pound. L’opera poetica di Pound comprende alcuni dei più patetici oscurantismi che abbiano mai sporcato una pagina, ma egli è pure l’autore di “The ABC of Reading” e questo libro mi ha insegnato che la poesia è prima di tutto obbligata ad avere un senso, perché se non lo ha, nessuno la leggerebbe, e se nessuno la leggesse, non varrebbe la pena di scriverla. Riguardo alla scrittura di una canzone, se la melodia è abbastanza carina e l’arrangiamento abbastanza solido, la gente la ascolterà anche se le parole non hanno alcun senso – ma ciò non ne fa una canzone ben scritta. Quando i testi diventano pretenziosi, pomposi o oscuri, l’autore proclama alto e forte che lui è un artista. Lo stesso concetto d’arte, come lo intendiamo oggi, è una costruzione intellettuale dell’inizio del XIX secolo fondata su quelle che considero false idee romantiche. Credo che fosse una buona cosa che durante il Rinascimento, persone come Michelangelo fossero trattate come dei decoratori d’interni. Una canzone ben scritta è un pezzo d’artigianato. Prendetevi cura dell’artigianato e l’arte si prenderà cura di se stessa.”]

Certamente l'usanza di propagandare ogni insulsaggine prodotta dalla star di turno come un capolavoro è una delle caratteristiche dell'industria culturale di massa, ma nonostante qualche caduta sia innegabile, non penso che Dylan sia incappato tanto spesso nella tentazione di usare tali scorciatoie (ho usato volutamente il verbo al passato, perché oggi alla sua età e con più nulla da dimostrare sarebbe patetico usare tali stratagemmi). Il contrario vorrebbe dire che non ha creduto nel proprio valore di artista e nel contenuto delle sue opere, e non penso che sia così. Inoltre è piuttosto evidente che il giudizio dato da Van Ronk su “All Along the Watchtower” è un clamoroso infortunio, e se fosse ancora vivo, avremmo potuto suggerirgli di leggere l'articolo che Vites ha appena scritto (“BRUCE SPRINGSTEEN/ Da Jimi Hendrix a Tom Morello, quando il rumore diventa necessario”) sulla nuova esecuzione di “The Gost of Tom Joad” che tratta di queste cose; poiché era una persona intelligente, ammetterebbe di essersi sbagliato. Se poi ci aggiungiamo i giudizi su Dylan Thomas e Pound, l'impressione che se ne trae è che la concezione che Van Ronk ha dell'arte avrebbe bisogno di qualche aggiornamento. Dovremmo dare per scontata l’inesistenza dell’inconscio quando lo utilizzano tutti, dai pubblicitari alle commesse dei supermercati? Dimenticare Surrealismo e Avanguardie? Pensare che la Linguistica moderna sia tutta una balla e che ogni significante si porti appresso il suo significato come il carabiniere col ladro sulla strada della galera? Dare un “senso” all’opera d’arte è qualcosa di più complesso che non trasformarla in prosa. Il linguaggio - diceva Levy-Strauss – come ogni altra istituzione sociale, presuppone delle funzioni mentali operanti a livello inconscio. Carrera, (e qui mi scuso di tirarlo sempre in mezzo, ma è quanto di meglio possa sperare un dylaniano) a coloro che sostenevano la lettura di Mr. Tambourine Man come l’esperienza di un viaggio allucinogeno rispondeva : “...Mr. Tambourine Man non è affatto una canzone escapista. [..] L’alternativa al mondo deludente del commercio e del consumo non è la droga, perché anche la droga entra presto a far parte del consumo, bensì l’accesso al simbolico.” Ora su cosa sia di preciso il “simbolico” se ne occuperanno antropologi, linguisti e psicoanalisti e i maggiesfarmer lo sapranno fare meglio di me. Da parte mia posso solo dire che lo intuisco come una forza che sta dietro lo slittamento di significato di termini che non hanno referenti precisi come bello e brutto, bene o male. Non è necessario quindi diventare psicoanalisti lacaniani per farsi un'idea di che cosa sia “l’accesso al simbolico”. Non vuol dire cercare un senso tra quelli più comodi che si hanno a disposizione, ma rifondare le categorie del senso, vuol dire un sistema di valori completamente diverso da guerra e denaro, vuol dire capire che un uomo e una donna non sono uguali solo perché lo dice la legge, ma perché sono fratello e sorella che si tengono per mano in bilico sul vuoto del mondo. Ecco perché tanti giovani, magari illusi, si dirà, negli anni 60' ci si ritrovavano in questa canzone, la sentivano e la capivano senza trasporla in prosa, ed ecco perché Ginsberg diceva che Dylan aveva portato la poesia nel jukebox. Non si trattava, come dice Van Ronk, di una illusione romantica, idealistica, il sospiro del buon borghese che dura il tempo di una fumata di pipa in poltrona, davanti al caminetto, e questo proprio perché quel sogno era legato al cambiamento reale che stavano subendo la loro vita e i loro valori. E’ a questo mondo in trasformazione che allude “Mr.Tambourine Man” e non ci allude attraverso un “senso” strettamente determinato. Poi potremo speculare sui particolari, sulla marijuana, sul perché della figura del tamburello, il “trickster” (sempre Carrera) della situazione, quell'essere semispirituale, traghettatore, “che mette in moto cambiamenti imprevedibili” e ci porta nell'altro universo simbolico; del perché sia proprio un personaggio perdente e puro come la Gelsomina di “La Strada”, che (come ha detto lui) viene in mente a Dylan per traghettarci nel mondo dei valori ribaltati. E' solo a questo punto e non prima che possiamo richiamare la figura di Cristo, quello che si sporca le mani con l'uomo e che s'incontra nel volto di Gelsomina, o “negli occhi della ragazza della sponda del fiume rosso” (copia/incolla da Vites), e non quello “escapista”, da “oppio dei popoli” che arriva con la sua astronave per portarci nel giardino delle delizie dove dimentichiamo i nostri dolori. Ma questi dettagli, queste interpretazioni personali, più o meno calzanti, non sono così importanti. L’importante è che il tamburo continui a suonare nella testa della gente, a spingere la gran carriola del simbolico, perché cambiare le culture è difficile e i processi simbolici sono lenti. Roll on, Gelsomina, sistemaci.

ciao, Miscio.

Caro Miscio,
prima di tutto grazie degli auguri, detto questo, permettimi di farti i miei complimenti perchè la tua mail è davvero ben scritta. Affronta argomenti seri con una ricerca particolarmente accurata.
Che il film dei fratelli Coen “A PROPOSITO DI DAVIS” sia stato ispirato al “Sindaco di MacDougal Street” non lo mette in dubbio nessuno, ma proprio perchè è un film, non rispetta per niente quella che poteva, o doveva essere, la filosofia di vita di Van Ronk. Credo che nel film ci sia molto generato dalla fantasia dei fratelli Coen, dello sceneggiatore e da coloro che hanno scritto questa storia ispirata ad un personaggio, potremmo dire minore, del Village, anche se soprannominato “sindaco”. Certo Van Ronk è un artista come tanti che hanno frequentato il Village all’inizio degli anni ’60, ma penso, e questa è solo la mia opinione, che abbia fatto parte degli artisti di seconda o terza fascia, questo senza nulla togliere alle sue opere, ma proprio non me la sento di paragonarlo a gente come Dylan, Ginsberg, Kerouac, Ferlinghetti, Lou Reed, Andy Wharol, Woody Allen o Frank Zappa. Van Ronk ha avuto la fortuna di conoscere e spianare la strada a Dylan, ma la sua sarà sempre una battaglia persa fra talento, successo, arte, vita e tante altre cose, non riuscirà mai a sfondare e diventare un artista di primo piano sulla scena folk o cantautorale nazionale. Il talento non è cosa che si compra al mercato a chili, o ce l’hai o non ce l’hai, pochissime persone ne hanno tanto, moltissime ne hanno poco e fra queste moltissime ci sono anche quelle che il talento lo sprecano per questioni di carattere, non abbastanza determinate o volitive per raggiungere alti traguardi sfruttando le loro doti. Se fosse così facile il mondo sarebbe inflazionato di Bob Dylan, ma la realtà è molto diversa, dal Village usciranno molti artisti di valore, ma pochissimi di talento e solo uno di genio assoluto.
Naturalmente il film dei Coen è una cosa e la vita di Van Ronk è un’altra, come è giusto che sia. La biografia di Van Ronk, come tutte le biografie, può peccare in diverse cose, ma anche queste biografie vanno prese con beneficio di inventario, anche Dylan si dimentica molte cose o le confonde nella sua Chronicles. Van Ronk godeva di una posizione di privilegio per il suo rapporto con Dylan e quindi può anche dire cose che, per quanto strane possano sembrare, nessono potrebbe contestargli. Probabilmente molto di quello che c’è nella sua biografia è vero, altre cose minori saranno esagerate, alcune forse inventate di sana pianta, ma ci stà tutto. Che poi le sue idee non siano magari totalmente condivisibili mi sembra umano, i suoi giudizi sono solo “i suoi giudizi”, e chissà quanti di questi pareri sono stati scritti solo ad uso biografico. Ma questo noi non possiamo saperlo e nemmeno giudicarlo, possiamo non condividerlo come mi sembra abbia fatto in parte tu, questo non ce lo nega nessuno.
Fare della filosofia spicciola su artisti del calibro di Dylan è in genere una cosa perdente, e forse Van Ronk era sincero, chi lo sà, forse potrebbe essere diventato geloso del successo e del talento di Dylan, forse si è sentito sottovalutato come artista, e l’elenco dei forse potrebbe essere molto lungo, ma certo, dire che All along sia una ciofeca mi sembra esagerato anche da parte di Van Ronk.
Certo valgono molto di più le opinioni ed i giudizi di studiosi come il prof. Alessandro Carrera, perchè gente come lui, avendo una reputazione da difendere ed onorare, non può permettersi di scrivere banalità o sciocchezze.
Mi viene in mente di paragonarti ai Coen, nel senso che anche tu hai il diritto di dire la tua proprio come han fatto loro, la differenza è che loro dispongono oltre che di talento, anche di ingenti capitali che permmettono loro di trasformare in film le loro opinioni, mentre altri meno fortunati come te e tanti altri amici di Maggiesfarm, hanno a disposizione solo una pagina di un piccolo sito amatoriale come la Fattoria. Ma questo non toglie validità a nessuno, anzi, trovo molto bello che si trovino spunti interessanti per dissertare su quella che comunemente viene chiamata “arte”.
Resto in attesa delle prossime tue su Tempest e confesso che la cosa mi intriga mica poco.
Ciao, Mr.Tambourine.

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Talkin' 9307 - Giancarlo Frigeri

Ciao Mr. Tambourine,
qui la recensione de "L'Arena" del nostro concerto a Verona,
al Club "IL GIARDINO".
La firma è di Beppe Montresor, dylaniano oltranzista :-)

http://www.larena.it/stories/Spettacoli/622791_butler_e_i_judas_fedeli_a_dylan/

Thanks a lot! :o)

 

 
Mercoledi 15 Gennaio 2014

Nuova edizione del “30th Anniversary Concert"

Diponibile in Blu-Ray, DVD e CD con nuove bonus track

Una versione aggiornata del leggendario evento all-star del 1992, "Bob Dylan: The 30th Anniversary Concert Celebration" sarà pubblicata dalla Sony il 4 marzo negli Stati Uniti e sarà disponibile in Blu -Ray e DVD per la prima volta, e il set di 2 CD conterrà anche materiale aggiuntivo.

Ecco il trafiletto:
Il 16 ottobre del 1992, un gruppo impressionante di artisti si sono riuniti al Madison Square Garden di New York City con lo scopo di celebrare la musica di Bob Dylan in occasione del suo 30° anniversario di carriera. Il cast riuniva un novero davvero notevole di grandi star della musica come Eric Clapton, Johnny Cash, Eddie Vedder, i Clancy Brothers, Lou Reed, Stivie Wonder, Willie Nelson, Johnny Winter, Neil Young e molti altri, per un concerto di 4 ore di ore di fronte ad un pubblico di oltre 18.000 persone. Calorosamente soprannominato "Bobfest", lo spettacolo è stato trasmesso in tutto il mondo e caratterizzato da un cast di notevoli artisti che eseguivano selezioni scelte con cura e spesso sorprendenti dall’incomparabile Dylan Songbook. Alla fine della serata, l' uomo onorato è apparso sul palco. In un mondo dove i raduni all-star sono diventati comuni, la celebrazione di Bob Dylan si è distinta come un evento musicale legittimamente memorabile.

Secondo Sony , la nuova edizione "deluxe" del CD presenta opere d'arte aggiornate, audio rimasterizzato, materiale aggiuntivo (Eric Clapton “Love Music Zero / No Limit" , incluso solo nella versione video) e due tracce bonus inedite di prove ( "Don’t think twice. It’s all right" suonata e cantata da Eric Claspton, e "I Believe In You" di Sinead O'Connor ). La traccia separata di Kris Kristofferson che presenta Stevie Wonder, incluso nel CD originale del 1993 ora non c’è più.

Le versioni Blu-Ray e DVD e dispongono di un inedito nuovo High Definition (16 x 9) master video, audio rimasterizzati e 40 minuti di materiale “dietro le quinte", tra cui un inedito repertorio di prove e interviste .

29 brani sono inclusi nel programma di DVD / Blu -Ray regolare, con tre spettacoli originariamente integrati nelle versioni originali 1993 in VHS ora elencati come "bonus track" :"Leopard -Skin Pill -Box Hat" di John Mellencamp, "Boots of Spanish Leather" di Nanci Griffith con Carolyn Hester , e" Gotta Serve Somebody "di Booker T. & the MG.
Nel mese di dicembre Sinead O'Connor ha espresso in un post sul suo sito quanto è stata contenta che la sua versione di " I Believe In You" sia stata inclusa nel CD .

Elenco delle tracce , cortesia SONY :

CD1
•1. LIKE A ROLLING STONE - John Mellencamp
•2. LEOPARD-SKIN PILL-BOX HAT - John Mellencamp
•3. BLOWIN’ IN THE WIND - Stevie Wonder
•4. FOOT OF PRIDE - Lou Reed
•5. MASTERS OF WAR - Eddie Vedder/Mike McCready
•6. THE TIMES THEY ARE A-CHANGIN’ - Tracy Chapman
•7. IT AIN’T ME, BABE - June Carter Cash/Johnny Cash
•8. WHAT WAS IT YOU WANTED - Willie Nelson
•9. I’LL BE YOUR BABY TONIGHT - Kris Kristofferson
•10. HIGHWAY 61 REVISITED - Johnny Winter
•11. SEVEN DAYS - Ron Wood
•12. JUST LIKE A WOMAN - Richie Havens
•13. WHEN THE SHIP COMES IN - The Clancy Brothers and Robbie O’Connell with special guest Tommy Makem
•14. YOU AIN’T GOIN’ NOWHERE - Mary-Chapin Carpenter/ Rosanne Cash/Shawn Colvin

CD2
•1. JUST LIKE TOM THUMB’S BLUES - Neil Young
•2. ALL ALONG THE WATCHTOWER - Neil Young
•3. I SHALL BE RELEASED - Chissie Hynde
•4. LOVE MINUS ZERO/NO LIMIT - Eric Clapton (Note: Not on original CD)
•5. DON’T THINK TWICE, IT’S ALL RIGHT - Eric Clapton
•6. EMOTIONALLY YOURS - The O’Jays
•7. WHEN I PAINT MY MASTERPIECE - The Band
•8. ABSOLUTELY SWEET MARIE - George Harrison
•9. LICENSE TO KILL - Tom Petty & The Heartbreakers
•10. RAINY DAY WOMAN #12 & 35 - Tom Petty & The Heartbreakers
•11. MR TAMBOURINE MAN - Roger McGuinn
•12. IT’S ALRIGHT, MA (I’M ONLY BLEEDING) - Bob Dylan
•13. MY BACK PAGES - Bob Dylan/Roger McGuinn/Tom Petty/ Neil Young/Eric Clapton/George Harrison
•14. KNOCKIN’ ON HEAVEN’S DOOR - Everyone
•15. GIRL OF THE NORTH COUNTRY - Bob Dylan

Bonus Tracks (Taken from rehearsal performances):
•DON’T THINK TWICE, IT’S ALL RIGHT – Eric Clapton
•I BELIEVE IN YOU - Sinead O’Connor

BLU-RAY/DVD:
•1. LIKE A ROLLING STONE - John Mellencamp
•2. BLOWIN’ IN THE WIND - Stevie Wonder
•3. FOOT OF PRIDE - Lou Reed
•4. MASTERS OF WAR - Eddie Vedder/Mike McCready
•5. THE TIMES THEY ARE A-CHANGIN’ - Tracy Chapman
•6. IT AIN’T ME BABE - June Carter Cash/Johnny Cash
•7. WHAT WAS IT YOU WANTED - Willie Nelson
•8. I’LL BE YOUR BABY TONIGHT - Kris Kristofferson
•9. HIGHWAY 61 REVISITED - Johnny Winter
•10. SEVEN DAYS - Ron Wood
•11. JUST LIKE A WOMAN - Richie Havens
•12. WHEN THE SHIP COMES IN - The Clancy Brothers and Robbie O’Connell with special guest Tommy Makem
•13. WAR - Sinead O’Connor
•14. JUST LIKE TOM THUMB’S BLUES - Neil Young
•15. ALL ALONG THE WATCHTOWER - Neil Young
•16. I SHALL BE RELEASED - Chissie Hynde
•17. LOVE MINUS ZERO/NO LIMIT - Eric Clapton
•18. DON’T THINK TWICE, IT’S ALL RIGHT- Eric Clapton
•19. EMOTIONALLY YOURS - The O’Jays
•20. WHEN I PAINT MY MASTERPIECE - The Band
•21. YOU AIN’T GOIN’ NOWHERE - Mary-Chapin Carpenter/ Rosanne Cash/Shawn Colvin
•22. ABSOLUTELY SWEET MARIE - George Harrison
•23. LICENSE TO KILL - Tom Petty & The Heartbreakers
•24. RAINY DAY WOMAN #12 & 35 - Tom Petty & The Heartbreakers
•25. MR TAMBOURINE MAN - Roger McGuinn
•26. IT’S ALRIGHT, MA - Bob Dylan
•27. MY BACK PAGES - Bob Dylan/Roger McGuinn/Tom Petty/Neil Young/Eric Clapton/George Harrison
•28. KNOCKIN’ ON HEAVEN’S DOOR - Everyone
•29. GIRL OF THE NORTH COUNTRY - Bob Dylan

Bonus Performances:
•LEOPARD-SKIN PILL-BOX HAT - John Mellencamp
•BOOTS OF SPANISH LEATHER - Nancy Griffith with Carolyn Hester
•GOTTA SERVE SOMEBODY - Booker T. & The M.G.’s
•40 minutes of "Behind The Scenes" (includes previously unreleased rehearsal footage and interviews).

COMPLETE ORIGINAL CONCERT LISTING:

Pre-Broadcast Songs:
•Gotta Serve Somebody - Booker T Jones
•From A Buick 6 - G.E. Smith
•Lay Lady Lay (instrumental) - G.E. Smith
•Boots Of Spanish Leather - Nanci Griffith & Carolyn Hester
•See That My Grave Is Kept Clean - John Hammond

Broadcast Songs
•Like A Rolling Stone - John Mellencamp with Al Kooper
•Leopard-Skin Pill-Box Hat - John Mellencamp with Al Kooper
•Blowin' In The Wind - Stevie Wonder
•Wanted Man - George Thorogood
•I Want You - Sophie B Hawkins
•Foot Of Pride - Lou Reed
•Masters Of War - Eddie Vedder & Mike McCready
•The Times They Are A-Changin' - Tracy Chapman
•It Ain’t Me, Babe - June Carter & Johnny Cash
•What Was It You Wanted? - Willie Nelson
•I’ll Be Your Baby Tonight - Kris Kristofferson
•Highway 61 Revisited - Johnny Winter
•Seven Days - Ron Wood
•Just Like A Woman - Richie Havens
•When The Ship Comes In - The Clancy Brothers & Tommy Makem
•I Believe In You (Abandoned) > War - Sinead O’Connor
•Just Like Tom Thumb’s Blues - Neil Young
•All Along The Watchtower - Neil Young
•I Shall Be Released - Chrissie Hynde
•Love Minus Zero/No Limit - Eric Clapton
•Don’t Think Twice, It’s All Right - Eric Clapton
•Emotionally Yours - The O’Jays
•When I Paint My Masterpiece - The Band
•You Ain’t Goin' Nowhere - Shawn Colvin/Mary Chapin Carpenter/Roseanne Cash
•If Not For You - George Harrison
•Absolutely Sweet Marie - George Harrison
•License To Kill - Tom Petty & The Heartbreakers
•Rainy Day Women - Tom Petty & The Heartbreakers
•Mr. Tambourine Man - Roger McGuinn with Tom Petty & The Heartbreakers
•Song To Woody - Bob Dylan
•It’s Alright Ma (I’m Only Bleeding)- Bob Dylan
•My Back Pages - McGuinn, Petty, Young, Clapton, Dylan, Harrison
•Knockin' On Heaven’s Door - All
•Girl From The North Country - Bob Dylan

Known interviews: Sinead O’Connor, Eric Clapton, Rick Danko, Levon Helm, Roger McGuinn, Liam Clancy, Tommy Makem, Sophie B. Hawkins, and Tracy Chapman.

Known rehearsals:
•It Takes A Lot To Laugh, It Takes A Train To Cry (Dylan/Clapton)
•My Back Pages (McGuinn, Petty, Young, Clapton, Dylan, Harrison)
•Just Like Tom Thumb’s Blues (Neil Young)
•All Along The Watchtower (Neil Young)
•Forever Young (Neil Young)

Harold Lepidus - "Bob Dylan Examiner"
(Fonte: http://www.examiner.com/article/bonus-material-for-dylan-s-30th-anniversary-concert-blu-ray-dvd-and-cd?CID=examiner_alerts_article)

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Bob Dylan 30th Anniversary CD1 ogm 

 

 
Martedi 14 Gennaio 2014

The Times They Are A-Changin', pubblicato 50 anni fa                clicca qui

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Dylan ha "copiato" The Times They Are A-Changin' ?

Dylan ha ammesso che proprio quel pezzo, tra i suoi più riconoscibili, «deriva molto probabilmente da una vecchia
ballata scozzese». The times they are a-changin' , pubblicata nel 1964 e subito divenuta un classico della controcultura - sarebbe stata ispirata da Hamish Henderson, agente segreto scozzese, in seguito poeta e pacifista, e in particolare dalla sua ballata the 51st (highland) division's farewell to Sicily. Henderson, uno dei maggiori poeti di Scozia, scrisse il pezzo durante la seconda guerra mondiale dedicandolo ai soldati che tornavano dall'Italia. Rab Noakes, cantautore e produttore, che ha studiato le influenze scozzesi di Dylan, pensa che Bob vi si sia imbattuto attraverso Richard Farina, musicista e romanziere, ai tempi del Greenwich Village a New York negli anni sessanta.
Una canzone scozzese, e scritta nel più stretto e ostico dialetto delle Highlands, dedicata...alla Sicilia? In guerra può succedere anche questo. Nel 1943, dopo lo sbarco alleato, il 51° reggimento di fanteria delle Highlands, proveniente dall'Africa Settentrionale, viene messo di stanza in Sicilia, con comando nella località di Tremestieri, presso Messina in direzione di Taormina. Ne fa parte anche il capitano Hamish Henderson, che nella vita civile fa il folklorista e lo scrittore di canzoni. Uno dei maggiori della sua terra. Nel 1944, quando il reggimento viene spostato e deve abbandonare la Sicilia, Henderson scrive una canzone facendola musicare al comandante ("Pipe Major", ovvero "Cornamusa maggiore") della banda del reggimento, James Robertson. Ne nasce "Farewell to Sicily", nota con una pletora di nomi diversi ("Banks of Sicily", "Farewell ye Banks of Sicily", "The 51st Regiment March of Creek"...), da allora divenuta un autentico classico. Una canzone nella guerra, dove in qualche verso lo scozzese si mescola all'italiano. Ma anche, a modo suo, una canzone contro la guerra, se gli scozzesi del 51° reggimento sentirono il dovere di scrivere e cantare una canzone che esprimeva il rimpianto di lasciare una terra dove, dopo lo sbarco e cessati i combattimenti, dovevano essersi trovati evidentemente bene. E una canzone dove traspare la stanchezza e la preoccupazione di dover tornare a combattere ("puir bliddy swaddies are weary"). E c'è anche una Lola da lasciare...
La canzone è stata interpretata, tra gli altri, dal Kingston Trio e da Ewan McColl.

51st (Highland) Infantry Division

La 51st (Highland) Infantry Division fu una divisione di fanteria del British Army. Costituita nel 1908, prese parte alla prima guerra mondiale combattendo sul fronte occidentale e venendo sciolta nel 1919; ricostruita nel 1938 come parte della Territorial Force, prese parte alla seconda guerra mondiale combattendo in Francia, nel teatro del Mediterraneo e poi di nuovo in Normandia, venendo infine sostanzialmente disattivata al termine del conflitto.
La sua eredità è portata avanti dalla 51 (Scottish) Brigade, l'unità del British Army attualmente responsabile della guarnigione della Scozia.
Come parte della British Expeditionary Force, la divisione fu inviata in Francia nel gennaio del 1940, per poi partecipare alle operazioni contro l'invasione tedesca del maggio seguente; l'unità fu quasi completamente annientata durante la campagna, tanto che l'intero organico della 9th (Highland) Infantry Division (unità di seconda schiera del Territorial Army) fu utilizzato per ricostruire la 51st Division nell'agosto del 1940.
Inviata in Egitto, nell'ottobre del 1942 la divisione partecipò alla seconda battaglia di El Alamein, scontro decisivo nell'ambito dello scenario nordafricano della seconda guerra mondiale, durante la quale ebbe il compito di sfondare la linea dei "giardini del diavolo" (una linea di sbarramento di mine applicati dagli italo-tedeschi). La divisione sfondò le difese italo-tedesche il 2 novembre assieme alla 9ª Divisione australiana, subendo la maggior parte delle perdite (quasi 7.000 tra morti, feriti e dispersi) a causa dei campi minati; successivamente tentò l'inseguimento dell'Afrika Korps tedesco, che tuttavia nei pressi di Fuka riuscì a fuggire. A metà del 1943 la divisione inseguì l'Afrika Korps attraverso la Libia e la Tunisia.
Dopo i successi del Nordafrica la 51st Division ebbe il compito, assieme ad altre divisioni, di invadere la Sicilia (Operazione Husky) inquadrata nel XXX Corpo d'armata dell'8ª Armata britannica.
La divisione viene chiamata anche per l'invasione della Normandia nel giugno del 1944, inquadrata nel XXI Corpo d'armata britannico; la divisione partecipò poi alla fallimentare operazione Perch e la conquista della cittadina di Caen. Successivamente combatté con le forze canadesi durante l'operazione Totalise (agosto 1944) e poi ancora lungo la costa settentrionale della Francia; dopo la cattura di Le Havre, prese parte alla battaglia della Schelda (ottobre 1944) e svolse compiti secondari durante l'offensiva delle Ardenne. Nel febbraio del 1945 perse parte all'operazione Veritable, per poi partecipare all'attraversamento del Reno nel marzo seguente (operazione Plunder) concludendo il conflitto nella zona di Bremerhaven.

The 51st (Highland) Division's Farewell to Sicily

Lo scozzese Hamish Henderson, membro degli Int. Corps britannici, aveva partecipato alla Campagna del Nordafrica e poi, insieme alla 51ª Divisione, si era mosso, in seno all'Operazione Husky, alla volta della Sicilia. Dopo la liberazione di Messina (16-17 agosto 1943), la 51ª divisione fu posta a presidiare il Messinese. Nei giorni di settembre in cui si organizzava il rientro degli scozzesi a casa (via mare, perché la via italiana era bloccata), il capitano Henderson si trovava nei pressi di Linguaglossa, quando udì intonare da membri della 153ª brigata le note di Farewell to the Creeks, un motivo per cornamusa scozzese scritto intorno al 1915 dal Pipe Major James Robertson (1886-1961). Sulla base di questa musica, Henderson scrisse le parole del brano che prenderà il nome di The 51st (Highland) Division's Farewell to Sicily, (brano conosciuto con vari titoli, tra cui Banks of Sicily). Bob Dylan ha affermato che per la sua canzone The Times They Are a-Changin' ha preso ispirazione dalla composizione di Henderson.

51st ( Highland ) Division's Farewell To Sicily

Words: Hamish Henderson / Music: James Robertson

The pipie is dozie, the pipie is fey
He wullnae come roun for his vino the day
The sky owre Messina is unco an gray
An aa the bricht chaumers are eerie

Fareweill ye banks o Sicily
Fare ye weill ye valley an shaw
There's nae Jock will murn the kyles o ye
Aa the bricht chaumers are eerie
[Puir bliddy swaddies are wearie]
Fareweill ye banks o Sicily
Fare ye weill ye valley an shaw
There's nae hame can smour the wiles o ye
Aa the bricht chaumers are eerie
[Puir bliddy swaddies are wearie]

Then doun the stair an line the watterside
Wait yer turn the ferry's awa
Then doun the stair an line the watterside
Aa the bricht chaumers are eerie

The drummie is polisht, the drummie is braw
He cannae be seen for his wabbin ava
He's beezed himsell up for a photie an aa
Tae leave wi his Lola, his dearie

Fareweill ye banks o Sicily
Fare ye weill ye sheilin an haa
We'll aa mind shebeens an bothies
Whaur kind signorinas were cheerie
Fareweill ye banks o Sicily
Fare ye weill ye sheilin an haa
We'll aa mind shebeens an bothies
Whaur Jock made a date wi his dearie

Then tune the pipes an drub the tenor drum
Leave yer kit this side o the waa
Then tune the pipes an drub the tenor drum
Puir bluidy swaddies are wearie
[Aa the bricht chaumers are eerie]



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Libri: Manhattan Folk Story - di Dave Van Ronk                            clicca qui

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Dave Van Ronk, il Sindaco di MacDougal Street

Dave Van Ronk (Brooklyn, 30 giugno 1936 – New York, 10 febbraio 2002) è stato un musicista e cantautore statunitense.
Chitarrista, arrangiatore (suo il moderno arrangiamento del traditional The House of the Rising Sun) e intimo amico di Bob Dylan, è stato figura di rilievo nel panorama della musica folk, che negli anni sessanta gravitava attorno al Greenwich Village di New York City. Era soprannominato il Sindaco di MacDougal Street.

 

Nel suo repertorio figuravano anche brani strumentali di ragtime. È stato artista di spicco del Newport Folk Festival e nel 1985 gli è stato conferito il Premio Tenco alla carriera.
Dave Van Ronk nasce e cresce a New York. Si trasferisce dalla natìa Brooklyn al quartiere di Queens nel 1951 per studiare alla Holy Child Catholic High School. Dal 1949 suona nel Barbershop Quartet, un gruppo musicale composto da quattro musicisti che si esibisce nelle sale da barbiere. Lascia prima di terminare gli studi alla scuola superiore e trascorre gli anni successivi vagabondando per Manhattan. Ancora adolescente si trasferisce al Greenwich Village, a qualche miglio da casa. In quel periodo si imbarca anche come marinaio su navi della marina mercantile. Le sue prime esperienze professionali nel campo della musica sono al seguito di tradizionali orchestrine jazz che si esibiscono nell'area di New York. Successivamente avrebbe detto riguardo quel periodo e a proposito dei suoi compagni di viaggio: "Eravamo intenzionati a suonare il jazz tradizionale nel modo peggiore possibile, e lo facemmo!".
Il jazz revival tuttavia non prende campo e Van Ronk passa a dedicarsi al blues che aveva ascoltato anni prima da artisti come Furry Lewis e Mississippi John Hurt. Van Ronk non fu il primo musicista bianco a suonare blues afroamericano, ma divenne noto per il suo stile interpretativo inserito in un contesto originale. Dal 1958 passa a suonare brani folk-blues accompagnandosi con la chitarra acustica. Spesso componeva le canzoni che cantava, molte volte invece arrangiava brani di artisti della prima era folk che venivano rivalutati in coincidenza con il revival di questo genere musicale.
Registra il primo album Sings Ballads, Blues & a Spiritual nel 1959, per l'etichetta discografica Folkways Records di Moses Asch.

Durante gli anni sessanta supportò il movement, il movimento della sinistra radicale che appoggiava le cause per i diritti civili. In questo senso fu membro della Libertarian League e del Trotskyist American Committee per la Quarta Internazionale (ACFI, poi Workers League, ente predecessore del Socialist Equality Party).
Nel 1969 si trovò coinvolto suo malgrado nei Moti di Stonewall, durante i quali fu arrestato e imprigionato per un breve periodo. Nel 1974 partecipò, insieme a Pete Seeger, Arlo Guthrie e Bob Dylan, ad un concerto organizzato da Phil Ochs in favore dei rifugiati politici dal colpo di stato cileno di Augusto Pinochet e noto come An Evening with Salvador Allende.
Ha continuato a suonare per quarant'anni tenendo il suo ultimo concerto pochi mesi prima di morire. È deceduto per insufficienza cardiopolmonare mentre era ricoverato per un cancro al colon in un ospedale di New York City, prima di poter completare il libro di memorie scritto a quattro mani con Elijah Wald, The Mayor Of MacDougal Street, pubblicato postumo nel 2005.

 

È stato sposato negli anni sessanta con Terri Thal. Successivamente ha avuto una relazione con Joanne Grace, quindi si è risposato con Andrea Vuocolo, cui è stato legato per il resto della sua vita.
Van Ronk è diventato un personaggio di rilievo per i suoi molteplici interessi. Di stazza vistosa, con personalità carismatica e aria da intellettuale, amava cucinare, si occupava di storia, politica e fantascienza, contribuendo a diverse fanzine. Cosa rara per uno statunitense, non volle mai imparare a guidare un'auto, né quindi prendere la patente di guida.
In particolare, di rilievo è stato l'apporto di Van Ronk al revival della musica folk acustica degli anni sessanta, anche se la sua formazione artistica traeva spunto da un vasto repertorio di motivi tradizionali che comprendeva tanto ballate della cultura popolare della Gran Bretagna, quanto canzoni di Bertolt Brecht, brani rock and roll, New Orleans jazz e canti di genere swing. Spesso è stato associato al blues, ma egli usava puntualizzare nei suoi concerti che aveva in repertorio solo pochi brani di questo genere.

Van Ronk, che è stato amico, oltre che di Dylan, di numerosi altri cantanti folk fra cui Tom Paxton, Patrick Sky, Phil Ochs e Joni Mitchell, ha trovato sempre sorprendente il fatto di essere considerato una leggenda del suo tempo.
Nel 2004 una parte di Sheridan Square, al Village, dove Barrow Street incrocia con Washington Place, è stata rinominata in sua memoria Dave Van Ronk Street.

Nel 2013 i fratelli Cohen hanno presentato al Festival di Cannes il film "A proposito di Davis" (Inside Llewyn Davis), ispirato alla vita e alla carriera di Van Ronk. Il titolo del film riprende il titolo dell'album Inside Dave Van Ronk.

Discografia:
The Orange Blossom Jug Five: Skiffle in Stereo (1958)
Dave Van Ronk Sings Ballads, Blues And A Spiritual (1959)
Van Ronk Sings (Vol. 2) (1961)
Dave Van Ronk, Folksinger (1963)
Dave Van Ronk And The Red Onion Jazz Band: In The Tradition (1964)
Inside Dave Van Ronk (1964)
Just Dave Van Ronk (1964)
Dave Van Ronk And The Ragtime Jug Stompers (1964)
No Dirty Names (1966)
Dave Van Ronk And The Hudson Dusters (1968)
Van Ronk (1971)
Van Ronk (1972)
Songs For Ageing Children (1973)
Sunday Street (1976)
Somebody Else, Not Me (1980)
Your Basic Dave Van Ronk (1982)
St. James Infirmary (1983)
Dave Van Ronk In Rome (1983)
Going Back To Brooklyn (1985)
Hesitation Blues (1988)
Frankie Armstrong & Dave Van Ronk: Let No One Deceive You: Songs of Bertolt Brecht (1990)
Hummin' To Myself - Dave Van Ronk Sings An American Songbook (1990)
The Folkways Years, 1959 - 1961 (1991)
A Chrestomathy (1992)
To All My Friends In Far-Flung Places (1994)
from ... another time & place (1995)
Dave Van Ronk Live at Sir George Williams University (1997)
Dave Van Ronk: Sweet & Lowdown (2001)
The Two Sides Of Dave Van Ronk (2002)
'Dave Van Ronk: ...and the tin pan bended and the story ended... (2004)
'Dave Van Ronk: The Mayor of MacDougal Street, Rarities 1957-1969 (2005)


(Fonte: Wikipedia)

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Anticipata l'uscita di "A proposito di Davis" dei Coen                  clicca qui

 

 
Lunedi 13 Gennaio 2014

Shelter From The Storm - La storia insita in “Blood On The Tracks”

(Parte terza)

E anche in questa fase Bob era chiaramente preoccupato per le conseguenze che queste canzoni autobiografiche avrebbero potuto avere sul suo già travagliato matrimonio. La relativamente benigna "Meet Me In The Morning" fu scelta al posto della ben più rancorosa "Call Letter Blues". Quest'ultima , che verrà finalmente pubblicata sul Bootleg Series box set Vol. 1 - 3 nel 1991, ribolle per il senso di colpa e l'amarezza di un uomo appena abbandonato dalla moglie. I suoi patetici dettagli domestici possono venire solo dalle cose di tutti i giorni: "Beh, i tuoi amici vengono per te, Non so cosa dire, Proprio non ce la faccio a dirgli Tesoro, che te ne sei andata". E cosa avrebbe detto Sara sentendo queste frasi scritte con con sputato veleno giulivo: "Beh, i bambini piangono per la mamma, Dico loro: La mamma è partita per un viaggio, Beh, cammino sulle spine, Spero che la lingua non mi scivoli".
La sensibilità del brano è sottolineata da una misteriosa omissione, inserita più tardi nel libro di Bob Dylan Lyrics del 2004, dei suoi versi finali, momento in cui Bob guarda la sua ex-partner con un altro uomo e fa queste considerazioni: "Là fuori in lontananza, so che sei con un altro uomo, ma è tutto a posto piccola, lo sai che ti capisco sempre. Ragazze squillo nella luce della porta mi gettano tutte un'occhiata, ma il mio cuore non ci sta, posso benissimo tirare dritto". Questo lato oscuro dell'anima di una divorziata, troppo anche per Dylan, fu rapidamente sepolto.

Dylan portò allora le registrazioni con lui in Minnesota per passare le vacanze di Natale dal fratello David. Tornato a New York, il giornalista Pete Hammill aveva scritto note di copertina elegiache e la Columbia le aveva stampate su una copertina iconicamente elegante, la parte anteriore mostrava una foto solarizzata di Dylan, impassibile, indistinto, e apparentemente non agitato.

Le presse erano pronte per stampare i dischi, ma Bob e suo fratello David, riascoltando le sessioni, si convinsero che almeno la metà dei brani mancava di qualche scintilla vitale. "Avevo l’acetato" disse dopo Bob, "Non l’avevo ascoltato da un paio di mesi, il disco non era ancora uscito, e così l’ho messo sul giradischi. Appena l’ho sentito... ho pensato che le canzoni avrebbero potuto suonare in modo diverso, migliore. Così sono andato in studio e le ho registrate di nuovo". Dylan chiamò la Columbia per interrompere la produzione alla vigilia di Natale, poche ore prima della pubblicazione. La pressione su tutte le persone coinvolte, appena i programmi erano stati ribaltati e triturati, deve essere stata terribile. Fu l'unica volta che Dylan prese una posizione rigida nel corso di una registrazione. Il suo investimento personale in essa non avrebbe potuto essere più chiaro.

David Zimmerman convinse suo fratello Bob che non c'era bisogno di una fuga disperata dal Minnesota per tornare a New York. Aveva lavorato nel settore della musica del Minnesota per anni, e aveva tutti i contatti di cui avevano bisogno. Il 27 dicembre , il “ Minneapolis Sound Studio 80” fu prenotato dopo aver assemblato rapidamente alcuni musicisti locali.
All’inizio, l' introverso Dylan parlava con questi musicisti solo attraverso David. Ma quando cominciarono a registrare “Idiot Wind" Blood On The Tracks finalmente cominciò a prendere forma.

Dylan era preoccupato che i versi in questa canzone epica sul triste crollo di un amore, indicassero troppo platealmente la sua rottura con Sara. Scrisse dei nuovi versi leggermente modificati e,dopo una sola take, si allontanò per una soda, e tornò con un altro versetto scarabocchiato su un foglieto di carta. Poi cominciarono la seconda take, quella che sarebbe andata sull’album.

Qualunque cosa era successa nella testa di Dylan da settembre, pensieri di amore e di pace per la moglie assente non erano più alla ribalta. Anche se Bob pensava che i testi non potevano ricondurre a Sara, i suoi nuovi testi immaginavano un ex- amante accecato dalla corruzione, il cui volto era deformato e irriconoscibile. Anche entrare nella stanza di lei o toccare le sue cose che le erano appartenute gli provocava disgusto. Peggio ancora, l’aveva ridotta come quei confusi fans impazziti che entrambi avevano perseguitato a Woodstock e New York, che andavano da lei a chiedere dov’era Bob. La sua voce era una frusta sferzante piena di pericolosissimo veleno, come il suono di un organo catapultato in un vortice carnevalesco. Con le sue immagini istintivamente surreali ("C'è un soldato solitario sulla croce, un torrenziale fumo esce dalla porta di un carro merci..."), che riconduceva la mente alla misteriosa fonte di quei soprannaturali flussi lirici di Blonde On Blonde e al "selvaggio suono di mercurio". Questo era appropriato perché, versetto dopo versetto, " Idiot Wind" sembrava disfare uno dei più potenti incantesimi dell'album. Era l'altra faccia oscura di "Sad Eyed -Lady Of The Lowlands ", un altrettanto maestoso rifiutare l’idolo di quella canzone che era Sara.
Dopo si lanciò dritto in “Tangled Up In Blue", un’ alta canzone candidata per il titolo di più grande canzone di Dylan, una panoramica prismatica di un amore tristemente vacillante nel corso degli anni , la sua seconda strofa in particolare ( " Lei era sposata quando ci siamo incontrati per la prima volta, dopo poco divorziò, io l'ho aiutata a tirarsene fuori, credo, ma ho usato un pò troppo le maniere brusche. Guidammo quell'auto quanto più lontano possibile, l'abbandonammo ad Ovest. Ci dividemmo in una buia e triste notte, essendo entrambi d'accordo che fosse la cosa migliore, lei si voltò per guardarmi
mentre me ne stavo andando via. Le sentii dire alle mie spalle "Ci incontreremo ancora un giorno su un viale alberato,
aggrovigliato nella tristezza".
Il testo sembrava riferirsi direttamente alla fine del primo matrimonio di Sara col marito Hans Lownds. Ma le sue origini sotterranee autobiografiche diventarono importanti per l’ uso geniale fatto da Dylan con le tecniche apprese da Norman Raeben.

Dylan ha spiegato i vari spostamenti temporali della canzone, la sfocatura delle amanti e la presenza di un narratore, con chiaro riferimento al suo maestro. "Che cosa c'è di diverso?" ha detto , "E’ che c'è un codice nei testi, e c'è anche il senso del tempo. Stavo cercando di renderlo come un dipinto dove si possono vedere le diverse parti ma anche vedere tutto l’insieme... i personaggi cambiano dalla prima persona alla terza persona, e tu non sei mai sicuro se è la terza persona che parla o la prima. Ma se si guarda a fondo la cosa non ha molta importanza".

Ancora una volta, qualcosa di vitale era stata acquisita in Minnesota. Se le sessioni di New York avevano mostrato un superbo esempio di un cantante/songwriter acustico, pronto a far fuori anche James Taylor, Dylan era ormai consapevolmente di aver ripreso il suo stile di vita della metà degli anni '60. Era tornato a fare il donnaiolo, ed a bere molto. Ora la crisi con Sara che aveva causato tutto questo gli fece ritrovare la sua capacità di scrivere. Tutti l’avevano aiutato. Il musicista Kevin Odegard gli aveva suggerito di usare la voce su un altro registro che gli permetteva un approccio più arzillo alle canzoni. David aveva riscritto le parti di batteria mettendo in risalto il rullante con le pelli tirate fino al punto di rottura. Le istruzioni di Dylan erano state esplicite. "Era chiaro per noi" ha ricordato Odegard "Che Bob voleva duplicare il suono che aveva ottenuto su “Highway 61".

Dylan prese una pausa dalle registrazioni per quel week-end, per tornare poi in studio il 30 dicembre 1974. Portò i suoi figli con lui. L’atmosfera attorno a Bob era migliorata, ma questo fatto non rimosse l’dea che Blood On The Tracks era, come Jakob Dylan avrebbe poi affermato a distanza di anni , "I miei genitori che litigano". L'atmosfera divenne di rilassante vacanza come papà iniziò a cantare "She’s A Big Girl Now" e "If You See Her, Say Hallo", interpretati come addii col cuore spezzato a Sara. Era un pò giù " disse il bassista Billy Petersen, "Il feeling era un pò pesante”.

Il tocco finale fu una parte su note molto alte di mandolino che Dylan volle aggiungere a " If You See Her ... " per ottenere un suono "come le ali degli uccelli svolazzanti". Il mandolinista, Peter Ostroushko, si rifiutò di suonare così in alto sulla tastiera, sostenendo che tali note non sarebbero suonate vere. Dylan gli strappò il mandolino di mano e suonò le note personalmente.

Blood On The Tracks uscì nei negozi finalmente il 20 gennaio 1975, diviso a 50/50 tra le sessioni di New York e quelle del Minnesota. Nonostante la devastazione emotiva che lo aveva ispirato, l'album che Dylan aveva creato non era un album sentimentale e strappalacrime, e nemmeno una pura confessione in singhiozi  Fu un capolavoro ben equilibrato, "Idiot Wind" conteneva parole e sentimenti più duri di "She’s A Big Girl Now " e "You’re Gonna Make Me Lonesome When You Go". Quest'ultima, presumibilmente scritta per Ellen Bernstein dopo la sua visita dell'estate precedente, potrebbe aver segretamente girato il coltello nel cuore di Sara. Ma quando arriva "Shelter From The Storm", un appello per la salvezza da parte di un vecchio amante, l'album diventa l’immagine matura e profonda di un amore in crisi. Divertente e drammatico, anche se non ultimo, "Lily, Rosemary and The Jack Of Heart", un’epica ballata western in 16 strofe, tanto sorprendente come i cuori spezzati di cui narra. E le performances di Dylan erano potenti e perfettamente equilibrate come le migliori che avesse mai fatto. Dopo aver cercato di sparire per otto anni, il trauma aveva spogliato il suo nudo genio.

I recensori furono concordi, avevano preso atto con soddisfazione crudele del break-up che aveva spazzato l’artista sostituendo Dylan l'ottuso felice marito con il “Dylan reale”. "Il messaggio è desolante" ha scritto Paul Cowan di The Village Voice, "A 34 anni, con il suo matrimonio schiantatosi sugli scogli, lui è tornato solo, ancora una volta vagabondo e solitario... come in tutti i grandi album i Dylan, il dolore è il rovescio della sua leggendaria crudeltà... [ che ] porta un tipo molto particolare di maledizione. "Dylan ha cercato di depistare i suoi critici, "I critici hanno pensato che fosse autobiografico" Nel 1985, ancora più arrabbiato disse: "Bè, ho letto che questa doveva essere di mia moglie. Vorrei che qualcuno mi chiedesse prima di scrivere o stampare roba del genere. Cretini, stupidi e fuorvianti...comunque, non è l'esperienza che conta, è l'atteggiamento verso l'esperienza. Io non scrivo canzoni confessionali. L'emozione non ha niente a che fare con essa. Sembra solo così, come sembra che Laurence Olivier sia Amleto in persona quando recita in teatro ... "

Già nel 1975, però, allora più onesto, quando un intervistatore radiofonico gli disse che aveva apprezzato il disco sbottò: "Un sacco di persone mi dicono che hanno gradito questo album, è difficile per me relazionarmi con persone che traggono godimento da questo tipo di dolore” Qualunque fossero state le loro motivazioni, un milione di americani comprarono Blood On The Tracks entro il marzo del '75. Andò al n°1 in america (n° 4 nel Regno Unito), e per un pè seppe anche difendersi dall’assalto di “Born To Run” di Bruce Springsteen. Il crollo della sua famiglia gli aveva salvato la carriera.

(Fonte:http://www.uncut.co.uk/bob-dylan/shelter-from-the-storm-the-inside-story-of-bob-dylan-s-blood-on-the-tracks-feature)

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Libri: Larry Sloman, 'On the road with Bob Dylan'                        clicca qui

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Sabato 11 Gennaio 2014

Talkin' 9306 - Mitzy1956

Salve, opera in vetro a piombo realizzata a Venezia artigianalmente. Un saluto e buone feste.

     

Che dire!!!!! Meravigliosa opera!!!! Complimenti all'autore!!!!!! I fans di Bob riescono sempre a stupire!!!!!!

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Talkin' 9305 - Arduino

Ciao Mr.Tambourine,
non ti ho mai ringraziato per aver continuato il lavoro di Michele salvando tutto il capitale che aveva creato. Purtroppo sono uno dei fedelissimi della prima ora, sempre troppo pigro per scrivere e far sentire la mia voce. Ma ti assicuro che sono sempre connesso con la Fattoria.
Forse ti è già arrivata voce, ma voglio segnalarti un libro su Bob Dylan (e non solo) veramente diverso dagli altri: "Psycho Killer", un rock thriller (di Ezio Guaitamacchi). In pratica gli indizi degli omicidi sono da ricercare in cover di Bob Dylan che vengono inviate dopo ogni omicidio. Già immagino la nuova serie CSI-La Fattoria :-)

Un link che può essere utile:
http://www.musicalnews.com/articolo.php?codice=26334&sz=2
Un saluto a te e tutti quelli che ti scrivono e rendono vivo il sito. Arduino.

Ciao Arduino, mi emoziona in modo profondo che un fedelissimo della prima ora come ti sei dichiarato sia ancora felicemente connesso con la Fattoria, questo significa che nonostante la difficoltà di essere all'altezza di Michele "Napoleon in rags" Murino, illuminato fondatore della Fattoria, in qualcosa sono riuscito anch'io. Grazie per il suggerimento, è un libro che leggerò sicuramente. Un salutone e mi raccomando, continua a seguirci....e se vuoi scrivere alla Frm un'altra volta sappi che non mi offenderò! Ciao, :o) Mr.Tambourine

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Shelter From The Storm - La storia insita in “Blood On The Tracks”

(Parte seconda)

Nel novembre del 1972 Bob e Sara avevano tentato di rifugiarsi in Messico, dove Dylan aveva una parte nel film “Pat Garrett e Billy The Kid”. "Me ne sono andato da New York, che era la cosa importante, c'era un sacco di pressione laggiù" ha ricordato Bob. Ma il cambiamento nonostante si fosse sul set di Peckinpah a Durango non funzionò. "Mia moglie si stufò quasi subito. Lei mi diceva: “Che diavolo ci facciamo qui?” Non era una domanda facile alla quale rispondere".

Dylan fece un ultimo passo verso la libertà nel 1973, in direzione ovest verso la California. Fu lì che la pressione della loro vita tormentata cominciò ad emergere e le crepe nel loro matrimonio ad apparire. La casa non andava bene, Sara voleva un'altra camera da letto, così l'intero edificio fu abbattuto per ricostruirlo con più camere. Bob vide questa come un'opportunità per avere una nuova casa, "la mia fantasia". Con una comprensione poco pratica dell'edilizia, i Dylan aveva appena innescato un progetto che sarebbe andato fuori controllo. Un enorme camino era stato demolito e ricostruito, un ponte a forma di gambe femminili attraversava un lago finto/naturale. Cinquantasei hippies accampati in giardino in tende indiane a spese di Bob per due anni, una stravaganza senza fine. Una cupola orientale coronava tutta questa follia. Bob e Sara, in affitto nelle vicinanze con i loro cinque figli durante la costruzione, avevano avuto dei forti contrasti per gli infissi e gli arredi.

Nel frattempo, la stasi musicale di Dylan, autoindotta o no, cominciò ad incrinarsi, troppo. Bob aveva avuto una separazione rancorosa col suo manager Albert Grossman nel 1971, quando aveva scoperto che il suo vicino di casa a Woodstock si era trattenuto la metà dei suoi diritti d'autore, un accordo che scadeva nel 1973 e che forso non è stato del tutto estraneo al blocco di Bob come scrittore. Dylan sciolse anche il contratto con la Columbia, la sua casa discografica fin dal 1961, e fece un accordo con David Geffen della Asylum Records. Improvvisamente, i diritti del songwriting che sembravano sequestrati fino ad allora, cominciarono a tornare in vita. Bob chiamò i suoi vecchi compari di The Band a Los Angeles nel mese di novembre del 1973 e incise Planet Waves, il suo primo vero LP dal 1970, in tre giorni. All’inizio doveva essere intitolato Wedding Song perchè aveva la sua buona parte di odi alla felicità coniugale. Ma una traccia, "Dirge" , ha offerto un primo lampo nel buio che aveva così accuratamente cancellato dalla sua musica recente. Sembrava ricordare un morto, un affare sadico, reale o immaginario, chi poteva dirlo? "Mi odio perchè ti amo", sputò Bob, con il suo vecchio freddo disprezzo, " ma io presto supererò tutto questo".

Fantasia o confessione, Dylan cominciò davvero ad accantonare Sara. L'accordo con Geffen includeva un tour di ritorno per un eccezionale successo per tutta l’America con The Band, e il relativo album live. Il Tour del '74 e il doppio LP di fuoco Before The Flood furono dei trionfi, e Dylan abbandonò la sua maschera diffidente per rimettersi in gioco in modo aggressivo e riconquistare il suo posto primeggiante nella gerarchia rock degli anni '70.

Sara però rimase indietro. "Lei disprezzava lo stile di vita rock'n'roll ", ha detto Dylan al roadie Jonathan Taplin ed al suo biografo Howard Sounes. "Le persone che volevano solo parlare di musica erano noiose per lei". "Lei non ha bisogno di essere sulla scena per essere felice" aveva detto Dylan con ammirazione per la sua signora dagli occhi tristi che era tornata a Woodstock. Ora, però, era proprio fuori, dopo otto anni di astinenza, e con l’occasione del Tour rock raggiunse nuove profondità debosciate. La Band aveva roadies che scattavano Polaroids alle ragazze che volevano entrare nel backstage, e studiavano attentamente le potenziali bellezze come cavalli da commerciare. Quanto Dylan si tuffò nella piscina della groupies non è noto. Ma da febbraio in poi fu certamente perso. Si mise con la rappresentante della Columbia Records Ellen Bernstein, 24 anni, in California, frequentandola per gran parte dell'anno. L’attrice Ruth Tyrangiel secondo Dylan iniziò una relazione di 19 anni con lui in quello stesso mese, diventando, ha sentenziato un tribunale nel 1995 "Infermiera, confidente, casalinga, governante, cuoca, compagna sociale e consulente" per Dylan, che le aveva promesso di lasciare Sara per lei. Dylan vagava in giro alla cazzo, e il disfacimento del suo matrimonio era diventato argomento comune sui giornali di quell’estate.

Ruth Tyrangiel in Renaldo & Clara

Lasciando la sua casa dei sogni, Dylan era tornato a New York in primavera. Qui iniziò un rapporto strano quando anonimamente cominciò a frequentare i corsi d'arte alla Carnegie Hall tenuti dal pittore Norman Raeben, 73 anni, che divenne quasi un padre per Bob. Dylan aveva usato in modo amatoriale e male la sua arte, con il suo vicino Bruce Dorfman di Woodstock. Ora invece la tutela più radicale di Raeben aveva dato a Dylan un guru e una figura paterna. Il catalizzatore si rivelò quando Raeben osservò Dylan che guardava un vaso, poi lo prese e lo portò via. "Disegnalo!" Sbottò. Dylan cominciò a ronzare con nuove idee in tersta sulla percezione delle cose che sarebbero presto emese nelle sue canzoni. Allo stesso tempo, la sua adorazione per un uomo più anziano di lui lo stava allontanando sempre di più da Sara. Raeben era "più potente di qualsiasi mago" ha poi affermato Dylan, chiaramente incantato da Raeben. "Dopo sono tornato a casa e mia moglie non mi capiva più, non capiva di cosa stavo parlando, ed io non sapevo e non potevo spiegarglielo".

Bob con Norman Raeben

Dopo otto anni di repressione la maschera che Dylan aveva inconsciamente indossato stava scivolandogli via dal volto. Come Clint coi killer spietati, il sapore del Tour '74 aveva ridato a Dylan parte della sua vecchia vita che si era rivelata coinvolgente. Aveva cominciato di nuovo a fumare ed a bere molto, anche la dolce voce matura che aveva usato in Nashville Skyline (quando aveva smesso di fumare) era stato malmenata, cruda e infuriata su “Before The Flood”. Il Dott. Jekyll si stava trasformando in Mr. Hyde, e Sara non riusciva a sopportarlo. Nell’estate del 1974 si separarono.

Dylan si ritirò in una fattoria che aveva appena comprato nel suo stato natale, il Minnesota, e che condivideva con il fratello David: La sua nuova amante, Ellen Bernstein lo frequentò per un pò. Sara si vedeva raramente. In questo buco nascosto cominciò a scrivere le canzoni di Blood On The Tracks .
 

David Zimmerman, Sara e Bob

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"Canzoni private " sarebbe stato il titolo dell’album quando Dylan telefonò al suo vecchio mentore della Columbia John Hammond per prenotare le date allo studio di registrazione nel settembre del 1974. Certamente i testi che aveva scritto in Minnesota erano diversi da tutto ciò che aveva scritto prima. "Tangled Up In Blue" era tra una dozzina di canzoni che erano molto lontane da ciò che aveva scritto nei suoi momenti lisergici dei suoi vent'anni o le omelie che aveva cantato fino ad allora. Queste erano le parole bruciate dall'esperienza del crepacuore, il 33enne Bob Dylan era mestamente diventato maturo.
Le canzoni erano diventate molto più importanti per lui, e, utilizzando tre set di musicisti in due Stati, le registrò in sessioni che erano durate tre mesi, ma per un uomo che aveva registrato il classico “John Wesley Harding” in sei ore, questa era stata una maratona.

Però quando le sessioni per Blood On The Tracks iniziarono il 12 settembre l' umore di Dylan era diventato frettoloso, inspiegabilmente anche per lui. I primi musicisti erano stati scelti a caso, quando il produttore Phil Ramone, passeggiando nervosamente fuori dagli studi della Columbia a New York aveva urtato il chitarrista Eric Weissberg che stava registrando delle sessions per la colonna sonora del film "Deliverance" (Un tranquillo week-end di paura) - (Weissberg aveva acquistato una certa fama dopo aver registrato la canzone "Duelling Banjos" per il film di John Boorman.

  

Ramone aveva detto a Weissberg che Dylan avrebbe registrato quella stessa sera, ma non si era preoccupato di prenotare anche una band per accompagnarlo. Così Weissberg aveva detto sì alla richiesta di Ramone di accompagnare Dylan. Ma il Dylan che si presentò quella notte era ombroso, con i nervi a fior di pelle, pieno d’eccitazione, o forse era solo il troppo vino rosso che Bob stava bevendo come se fosse acqua.

"Ho avuto la netta sensazione Bob non fosse concentrato" ricorderà Weissberg, "Che non fosse interessato a fare una take perfetta. Aveva bevuto molto vino e la registrazione risultò molto sciatta. Ma lui insistette per andare avanti, passare al brano successivo senza correggere gli evidenti errori".

Il noto disprezzo della “leggenda Dylan” per le regole di studio divenne chiara quando a casa sua un Weissberg scioccato ascoltò la registrazione della loro prima traccia "Simple Twist Of Fate". "Nel bel mezzo della registrazione di questa canzone Dylan era saltato direttamente alla seconda canzone". Weissberg era rimasto completamente confuso perché Dylan stava cercando di insegnare a lui ed agli altri musicisti una nuova canzone con un altra in sottofondo musicale. Weissberg, che era un veterano delle sessions, aveva cercato di mantenere la calma e non agitarsi. "Stavo pensando tra me e me: Basta regole Eric, questo ragazzo è un genio. Forse è questo il modo col quale i geni funzionano".

"Meet Me In The Morning " e "Call Letter Blues " - quasi identici, spavaldamente suonati in arrangiamenti blues con testi radicalmente distinti furono fra le quattro canzoni completate in quella prima sessione di tre ore. La potenza delle canzoni stava mostrando che l’istinto di Dylan, apparentemente assente, era invece completamente concentrato. Ma Weissberg e gli altri musicisti furono liquidati il giorno successivo, mentre Dylan rimischiava il mazzo delle carte alla ricerca del suono che voleva veramente. Un nuovo trio d’accompagnamento, il chitarrista pedal-steel Buddy Cage, il bassista Tony Braun e l’organista Paul Griffin avevano finito le registrazioni che sembravano essere ben riuscite. Un Mick Jagger di passaggio aveva aggiunto ritocchi alla batteria ed ai cori, ma finì la session tracannando champagne in compagnia di Dylan.

Buddy Cage         Paul Griffin

Dodici tracce furono completate in quelle sessioni di New York , ridotte a 10 per le versioni promo di Blood On The Tracks stampate e inviate alle principali stazioni radio nel mese di novembre, mentre la Columbia preparava la pubblicazione per il giorno di Natale del 1974. Questo album fantasma, che non sarebbe mai arrivato nei rack dei negozi, era molto diverso da quello che alla fine Dylan avrebbe consegnato per la pubblicazione.

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IL MISTERIOSO NORMAN RAEBEN

di Bert Cartwright (traduzione di Michele Murino)

Norman Raeben è stato uno dei personaggi più influenti nella vita di Bob Dylan. Fu Norman Raeben, ebbe a dichiarare Dylan, che - alla metà degli anni '70 - fu capace di rinnovare la sua abilità nel comporre canzoni. Dylan fece capire anche che l'insegnamento e l'influenza ricevuti da Norman alterarono in maniera così profonda la sua visione della vita che sua moglie Sara non riuscì più a comprenderlo, e questo fu uno dei fattori che contribuirono alla dissoluzione del matrimonio di Dylan. E' alquanto strano che, data l'importanza dell'influenza di Norman Raeben su Bob Dylan, egli non viene mai menzionato nelle biografie pubblicate negli anni '80.

Dylan parlò per la prima volta di Raeben nel corso di alcune interviste che egli rilasciò nel 1978 per promuovere il suo film, Renaldo & Clara, sebbene per un certo periodo di tempo egli non volle identificare in maniera specifica quell'uomo. "Non c'è nessuno come lui", raccontò Dylan a Pete Oppel, giornalista del Dallas Morning News.
"Preferisco non dire il suo nome. E' davvero una persona speciale, e non voglio creargli problemi".
"Era solo un vecchio" - disse Dylan a Ron Rosenbaum di Playboy - "Il suo nome non significherebbe niente per te".
L'interesse di Dylan nei confronti di Norman iniziò in un certo giorno del 1974, quando alcuni amici di Sara arrivarono a casa loro per una visita:
"Parlavano di verità, di amore e di bellezza e di tutte quelle parole che avevo sentito per anni, e riuscirono a definirle tutte quante al punto che io non riuscivo a crederci... Chiesi loro "Dove avete trovato queste definizioni?" e loro mi risposero raccontandomi del loro maestro".

Sufficientemente impressionato, Dylan cercò di mettersi in contatto con l'insegnante la volta successiva che si trovò New York. Era la primavera del 1974 quando Dylan fece capolino con la sua testa dietro la porta di Norman:

"Norman mi disse "Vuoi dipingere?" e allora io risposi "Beh, sai, pensavo a qualcosa del genere". Norman mi disse "Bene, non so nemmeno se meriti di essere qui. Fammi vedere quello che sei in grado di fare". Così mi mise davanti questo vaso e mi disse: "Vedi questo vaso?". E me lo lasciò davanti per circa 30 secondi e poi lo fece sparire e mi disse "Disegnalo". Beh, voglio dire, iniziai a disegnarlo ma non ero in grado di ricordare un cazzo di quel vaso. Lo avevo osservato ma non lo avevo visto. Poi Norman diede un occhiata a quello che avevo disegnato e disse "OK, puoi restare". E mi disse di fare tredici quadri... Beh, io non ero andato lì per dipingere, ero andato lì solo per vedere che succedeva. Andò a finire che rimasi lì per due mesi. Quel tizio era straordinario..."

Quando Dylan ripensò a quello che era successo durante quei due mesi arrivò alla conclusione che era stato trasformato al punto che per sua moglie era diventato uno sconosciuto:
"Quella cosa mi cambiò completamente. Andavo a casa e mia moglie non riusciva a capirmi. Non riuscì a capirmi dopo di allora. Fu in quel momento che il nostro matrimonio cominciò ad andare a rotoli. Sara non sapeva mai di cosa stessi parlando, o cosa stessi pensando. Nè io ero in grado di spiegarglielo".
Dylan parlò di Norman a Pete Oppel, descrivendo con parole più che casuali quale fosse la tecnica di insegnamento che Norman utilizzava nel suo studio all'undicesimo piano della Carnegie Hall:
"Cinque giorni alla settimana andavo nel suo studio, e nei rimanenti due giorni della settimana non facevo che pensare a quando ci sarei andato. In genere rimanevo lì dalle otto alle quattro. Ho fatto questo per due mesi..."
"In quella classe c'erano persone come vecchie signore, ricche vecchie signore che venivano dalla Florida, che sedevano vicine ad un poliziotto fuori servizio, che sedeva vicino ad un autista di autobus, che sedeva vicino ad un avvocato... Tutti i generi di persone. Uno studente di arte che era stato cacciato da ogni università. Giovani ragazze che lo adoravano. Un paio di tipi seri che venivano lì e pulivano dopo le lezioni, pulivano solo il posto. Un sacco di differenti tipi di persone che tu non avresti mai pensato fossero interessate alla pittura. Ed infatti non si trattava di pittura, era qualcos'altro..."
"Norman parlava in continuazione, dalle otto e trenta alle quattro, e parlava sette lingue. Mi diceva cose a proposito di me stesso mentre io stavo facendo qualcosa, disegnando qualcosa. Io non ero in grado di dipingere. Pensavo di esserne in grado. Ma non sapevo disegnare".

Sembra, allora, che Norman fosse interessato più alla metafisica che alla tecnica. Il suo metodo di insegnamento aveva a che fare con le realtà estreme che potevano essere espresse in una varietà di modi. Non è certo che Norman fece di Dylan un pittore più bravo ma chiaramente lo cambiò:
"Avevo incontrato diversi maghi, ma questo tipo è più potente di qualsiasi mago che io abbia mai incontrato. Ti guardava e ti diceva quel che tu eri. E non giocava al riguardo. Se tu eri interessato a venirne a capo, potevi stare lì e sforzarti di venirne a capo. Facevi il lavoro tutto da solo. Lui era solo una specie di guida, o qualcosa del genere..."

Fu solo un po' di tempo dopo che riuscii finalmente ad identificare il misterioso uomo che Dylan chiamava Norman, come Norman Raeben, nato in Russia nel 1901, che era venuto in vacanza negli U.S.A con la propria famiglia quando aveva tre anni e a 14 anni vi si era trasferito permanentemente. Il padre di Norman era il famoso scrittore Yiddish, Sholem Aleichem (1859-1916), un uomo oggi meglio conosciuto per aver creato il personaggio di Tvye, la cui vita romanzata venne adattata per il musical "Il violinsita sul tetto". Il cambiamento più notevole che derivò dai mesi che Dylan passò nello studio di Norman Raeben riguardava la maniera in cui componeva i testi delle sue canzoni.
Dylan disse a Jonathan Cott di Rolling Stone che, dopo il suo incidente motociclistico del 29 luglio 1968, scoprì di non essere più in grado di comporre liberamente come aveva fatto fino a quel momento:
"Da quel momento in poi ebbi una sorta di amnesia. Ora puoi prendere questa dichiarazione letteralmente o metafisicamente come meglio credi ma questo fu quello che mi successe. Mi ci volle un sacco di tempo prima che riuscissi di nuovo a fare in maniera consapevole quello che prima facevo in maniera inconsapevole".
Dylan ripetè il concetto a Malt Damsker:
"E' come se fossi stato colto da amnesia all'improvviso... Non ero in grado di imparare a fare quello che ero sempre stato capace di fare in maniera naturale, cose come Highway 61 Revisited. Voglio dire, non puoi sederti e scrivere quelle cose in maniera consapevole perchè è qualcosa che ha a che fare con la sospensione del tempo..."

Nel corso di un'intervista con Jonathan Cott, Dylan descrive i suoi album John Wesley Harding e Nashville Skyline come delle prove:
"...per afferrare qualcosa che mi conducesse laddove pensavo che avrei dovuto essere... ma non mi portò da nessuna parte. Ero convinto che non avrei più fatto niente altro..."
Fu con questa sensazione di quasi disperazione per non riuscire più a comporre come faceva un tempo che Dylan ebbe la "buona sorte" di incontrare Norman, "che mi insegnò come riuscire a vedere":
"Mise insieme la mia mente, la mia mano ed il mio occhio, in una maniera tale da permettermi di fare in maniera consapevole quello che sentivo in maniera inconscia".
Il tempo trascorso insieme a Norman aiutò la psiche di Dylan tanto da ridirigerla in maniera sufficiente a fargli scrivere alcune nuove canzoni, le canzoni che furono poi incluse in quello che è ancora oggi il suo album più celebrato, Blood On The Tracks:
"Tutti furono concordi nel dire che quel mio album era un qualcosa di davvero diverso dal solito, e quel che era diverso era il fatto che esisteva un codice nei testi, ed anche che non esisteva il senso del tempo..."

Dylan fece ulteriori tentativi per spiegare il concetto di "assenza di tempo" nelle sue nuove canzoni in una conversazione con Matt Damsker:
"Con Blood On The Tracks feci in maniera consapevole quel che in genere facevo inconsciamente. Non lo eseguii bene. Non avevo la capacità di eseguirlo correttamente. Ma avevo scritto le canzoni... quelle che avevano quella frammentazione del tempo, in cui il tempo non esisteva, nel tentativo di rendere il centro della narrazione come una magnifica lente sotto il sole. Fare questa cosa in maniera consapevole è un trucco che io ho utilizzato per la prima volta con Blood On The Tracks. Sapevo come fare perchè avevo imparato la tecnica... In realtà avevo un insegnante per quello..."

Nel libretto allegato a Biograph un commento di Cameron Crowe a proposito di Blood On The Tracks sembra essere il risultato di un'osservazione non accreditata dello stesso Dylan:
"Ispirato a detta della stampa e della gente dalla rottura del suo matrimonio con Sara, l'album deriva molto del proprio stile dall'interesse di Dylan per la pittura. Le canzoni affondano in profondità ed il loro senso della prospettiva e della realtà è in continuo mutamento".
"I continui mutamenti" sono il risultato del senso di assenza del tempo che caratterizza il LP. Parlando con la sua amica Mary Travers (di Peter, Paul and Mary) il 26 aprile del 1975, Dylan fece un commento a proposito del concetto di tempo, spiegando che egli aveva cercato non solo di fare in modo che "il passato, il presente ed il futuro esistessero tutti", ma anche che "fossero tutti presenti nello stesso momento", qualcosa che egli aveva appreso da Norman.
"Tu hai ieri, oggi e domani tutti nello stesso spazio e c'è molto poco che non puoi immaginarti succeda".
L'affermazione rilasciata da Dylan a Matt Damsker secondo la quale non aveva eseguito le canzoni di Blood On The Tracks particolarmente bene può essere sorprendente ma, proseguì Dylan, "esse potevano essere modificate...".
Infatti, Dylan ha continuamente rielaborato quelle canzoni, cambiando i testi più volte come ad esempio in brani come "Simple Twist Of Fate" e "Tangled Up In Blue". Dylan lega insieme l'idea di tempo e di cambiamento all'idea di canzone-come-un-quadro con specifico riferimento a "Tangled Up In Blue" nelle note di Biograph, dove dice a proposito della canzone:
"Stavo solo cercando di scriverla come fosse un quadro in cui tu puoi vedere le diverse singole parti ma puoi anche vedere il totale del dipinto. Con quella canzone in particolare era quello che stavo cercando di fare... con il concetto di tempo, ed il modo in cui i personaggi cambiano dalla prima persona alla terza persona, e non sei mai sicuro del tutto se stia parlando la terza o la prima. Ma quando getti uno sguardo d'insieme al totale non ha molta importanza".

Il dissolvimento dei personaggi e del tempo nelle canzoni dell'album Blood On The Tracks fu un traguardo notevole; Dylan cercò di applicare la stessa tecnica al suo film Renaldo & Clara. Parlando dell'influenza del pensiero di Norman Raeben, Dylan richiamò l'attenzione di Jonathan Cott su Renaldo & Clara:
"...anche in quel film ho utilizzato quella caratteristica dell'assenza di tempo. E credo che quel concetto di creazione sia più reale e vero di quella che invece possiede il senso del tempo... Il film crea e contiene il tempo. Ecco quel che dovrebbe fare, dovrebbe contenere il tempo, respirare in quel tempo e fermare il tempo nel farlo. E' come quando osservi un quadro di Cézanne, ti perdi in quel dipinto per un certo periodo di tempo. E nel frattempo respiri, il tempo passa ma tu non te ne accorgi. Sei come sotto l'influsso di una magia".

Non c'è da stupirsi, dunque, se Dylan fu molto scocciato da coloro che criticavano il film per la sua eccessiva durata e forse non è inappropriato menzionare una sua dichiarazione di fastidio più recente rivolta a coloro i quali tentavano di etichettare una delle canzoni senza tempo e senza personaggi di Blood On The Tracks:
"'You’re A Big Girl Now', beh, ho letto che questa canzone parlerebbe di mia moglie. Vorrei che la gente mi chiedesse il permesso prima di uscirsene con cose del genere".

Dylan un tempo era in grado di creare canzoni in cui era assente il concetto di tempo e che avevano le caratteristiche di un dipinto. Molte volte egli fece dei paralleli tra la canzone e la pittura, come per esempio nella presentazione del brano "Love Minus Zero/No Limit" nei concerti del 1965 durante i quali introduceva la canzone definendola un "dipinto castano e argento" o ancora un "dipinto porpora", ma solo dopo aver studiato con Norman Raeben egli fu in grado di ricatturare la sua apparentemente perduta capacità di scrivere canzoni simili, ora con la notevole differenza di una composizione consapevole. E se Blood On The Tracks fu il primo tentativo di tradurre in canzone quello che Dylan aveva appreso da Norman, fu Street-Legal a rappresentare il culmine di questa tecnica di tempo/non-tempo. Così Dylan dichiarò a Matt Damsker:

"Mai fino a Blood On The Tracks ero riuscito ad ottenere quello che volevo ottenere, ed una volta che ci riuscii, questo non avvenne nè con Blood On The Tracks nè con Desire. Fu con Street-Legal che giunsi più vicino a quello che volevo esprimere con la mia musica. E' qualcosa che ha a che fare con un'illusione di tempo. Voglio dire che le canzoni sono necessariamente caratterizzate da una illusione di tempo. E' stato un vecchio che mi insegnò tutto ciò ed io cercai di imparare tutto quello che potevo..."


 

 
Venerdi 10 Gennaio 2014

Libri: On the road with Bob Dylan                                                  clicca qui

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David Crosby: Joni Mitchell meglio anche di Bob Dylan              clicca qui

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Shelter From The Storm - La storia insita in “Blood On The Tracks”

(Parte prima)

In un pezzo d'archivio preso dal numero della rivista "Uncut" del gennaio 2005, si torna indietro al Dylan del 1975, quando mutò la sua crisi matrimoniale in uno dei drammi più interessanti della storia del rock. Questa è la storia di Blood On The Tracks , l'album che ha segnato la fine del matrimonio di Dylan, e la sua rinascita artistica.
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13 febbraio 1977 . Bob Dylan e Sara stanno urlando a squarciagola. Sara è appena scesa per la colazione nella loro villa di Malibù e trova Bob ed i loro figli seduti a tavola con un'altra donna. E' una delle innumerevoli amiche con le quali Bob è stato visto circolare in quell’anno. Questa si è addirittuta trasferita in alcuni locali della loro proprietà.
Ma, vedendola seduta a tavola con i loro figli, Sara ha finalmente uno scatto. Nel diverbio furioso che segue Bob la prende a pugni in faccia danneggiandole la mascella. Poi lui le dice di uscire. I loro 11 anni di matrimonio, uno dei grandi romanzi del rock, sono finiti.

Ma 30 anni fa, nel dicembre del 1974, Dylan stava completando il suo vero epitaffio. Scritto durante la loro prima separazione, “Blood On The Tracks” è una delle descrizioni più veritiere di un amore andato a male nella storia del rock, a volte recriminatorio, amaro e con il cuore spezzato. E' uno dei picchi di Dylan, il disco nel quale il suo genio e la sua fragile umanità si incontrano.

E tutto questo ha un costo. E' il culmine di otto anni nei quali Dylan, dopo aver fatto il marito di Sara ed il padre dei loro figli, cerca di eludere la sua fama e il suo talento alla ricerca di uno stile di vita che lo possa far diventare in qualche modo di nuovo normale. E’ difficile per lui essere un buon marito, e lasciare che la musica ceda il posto alle cose di tutti i giorni. Per tre anni nei primi anni '70, lui non fa uscire nessun lavoro. Il re una volta intoccabile del rock sembra finito. Con ironia terribile, ci vuole la rottura del suo matrimonio per riaccendere la fiaccola della sua arte. “Blood On The Tracks” è il disco che lo tira fuori dalla melma.
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Woodstock 1969. Bob Dylan, il principe errante del movimento per la pace, dorme con due pistole Colt a colpo singolo a portata di mano, e un fucile Winchester che lui chiama "l' equalizzatore" appoggiato vicino alla porta. Gli hippies han fatto la capriole sul suo tetto, han nuotato nella sua piscina, si sono stesi sul suo letto, hannocalpestato il suo vialetto a frotte. Queste sono le risposte a questa situazione, o guardano il punto, le motivazioni per questo attegiamento difensivo. Con una parte della sua mente, Dylan teme che le sue armi possano essere maneggiate dai questi fans. Allo stesso tempo, vorrebbe sparare loro.

E' il momento top del tumulto controculturale in America, e battaglioni di randagi puzzolenti arrivano fino alla porta di Dylan per vedere la leggenda che vedono come loro leader: Dylan, il guru acido di Blonde On Blonde, che ha dato senso al rock come nessun’altro mentre tutta una gernerazione cadeva sotto il suo incantesimo. Questi fans sono disperati per Dylan perchè manca da troppo un grande Hit per confermarlo messia della musica. Ma la grandezza è l'ultima cosa nella mente di Dylan, gli anni ’60 e tutto quello che è stato sono diventati una cosa irritante lui, una cosa dalla quale sta tentando disperatamente di fuggire. Egli è come Clint Eastwood ne “Gli spietati”, si nasconde in una casa colonica, volendo che il mondo lo dimentichi. Egli ha messo via le armi musicali con le quali ha fatto a pezzi il rock e non ha alcuna intenzione di usarle mai più.

Dylan ha vissuto a Woodstock dal 1965. Ha sposato l' ex modella Sara Lownds il 22 novembre dello stesso anno. Lui adora la sua silenziosa, timida giovane moglie, immortalata in "Sad Eyed Lady Of The Lowlands". E’ suo il merito di aver interrotto quel ritmo suicida della sua carriera a metà degli anni '60 evitandogli una brutta fine, forse più del famoso incidente in moto del 29 Luglio 1966 che originò la sua battuta d'arresto. "Fino a quando non arrivò Sara pensavo che la morte di Bob fosse solo una questione di tempo” disse l’ assistente personale di Dylan a Woodstock, Bernard Paturel. "Ma più tardi, dopo l’arrivo di Sara, non avevo mai visto un uomo tanto attaccato e dedicato alla famiglia”. Bob aveva adottato Maria, la giovane figlia che Sara aveva avuto dal precedente matrimonio, e la coppia ebbe poi altri quattro figli in rapida successione. Vivere con la sua nuova famiglia gli fece accantonare quel quasi soprannaturale fuoco creativo che aveva dentro fin dalla metà degli anni '60, come una forte febbre che era passata. Improvvisamente sembrava contento di accompagnare la figlia alla fermata dello scuolabus, nel pomeriggio avrebbe scritto, o verniciato qualcosa, o fatto visita ai vicini, mentre Sara faceva i lavori di casa. Sembrava tutto così idilliaco.

"Avere figli ha cambiato la mia vita e mi ha allontanato da quasi tutto ciò che mi stava succedendo" ricorda in Chronicles. "Fuori dalla mia famiglia, niente aveva più un reale interesse per me.....stavo fantasticando su una vita dalle nove alle cinque, una casa in campagna con uno steccato bianco ... Pensavo che sarebbe stato bello. Quello era il mio più profondo sogno”.

La musica incisa in questo periodo di ritiro – gli allora segreti "Basement Tapes" con The Band per divertimento, non per essere pubblicta su disco, John Wesley Harding (1968), Nashville Skyline (1969), Self Portrait (1970) e New Morning (1970) , aveva voltato le spalle di Bob al mondo e alle sue esigenze. Anche se buoni dischi, erano fiacchi rispetto ai loro predecessori, quasi una quiete dopo la tempesta che sembrava essere diventata permanente.

Dopo New Morning, Dylan realizzò altri album in studio per quattro anni. In Chronicles, Dylan descrive quel periodo come uno stato “non intenzionale”, un inganno quasi schizoide. Scosso dall’ assalto della fama alla sua vita quotidiana, risentito delle folli aspettative dei fans , decise di “demolire la mia identità" e trasformare la sua immagine di messia nel felice e tranquillo cantante di Nashville Skyline. "E' difficile vivere in questo modo", si ricorda di quella maschera banale come se stesse ricordando di essere stato una spia o un serial killer. "La prima cosa da fare è quella che ti è più cara... L'arte non è importante se paragonata alla vita ... Comunque non avevo più fame di quelle cose".

Il drammaturgo Archibald MacLeish , frustrato per le canzoni superficiali che Dylan scrisse per una delle sue produzioni nel 1969 (in seguito inserite in “New Morning” ) , gli chiese di scrivere qualcosa di più profondo, più vero. Dylan glielo negò: "Non avevo intenzione di andare più in profondità nel buio per nessuno. Avevo già vissuto nel buio. La mia famiglia era la mia luce e stavo proteggendo quella luce a tutti i costi".
La comunità rock borbottava con costernazione per il suo capo, precedentemente considerato infallibile, che svolazzava tra il silenzio e gli esperimenti familiari. Tuttavia Dylan ben presto si accorse che il suo periodo di tranquillità e di astensione dalla mischia del rock aveva avuto effetti dannosi sulla sua creatività artistica. In poco tempo, il suo tranquillo lasciarsi andare alla deriva era diventato fin troppo reale. "Fino a quando successe l'incidente viveva la musica 24 ore al giorno" ha detto Robert Shelton nel 1971. "Se scriveva una canzone sarebbe durata due ore, o due giorni.....ora, due righe ...".

Lasciare che il suo genio si distruggesse per amore di una vita tranquilla con i suoi figli era una cosa che non poteva davvero continuare. E, mentre gli anni '70 progredivano, la tensione tra i due lati della sua natura lentamente lo lo stava tagliando in due. Come in un terribile racconto dell’horror, più cercava di fuggire dalla sua fama, tanto più rimaneva invischiato di nuovo nella sua morsa. Aveva lasciato il suo supposto idillio di Woodstock alla fine del 1969 liquidandolo come un "viaggio quotidiano nel nulla". Lo spostamento della sua famiglia nel cuore del Greenwich Village era però una soluzione sbagliata, era difficile scrollarsi di dosso i suoi fans . Quando camminava per le strade del village, si sentiva fissato come "un gigantesco topo della giungla", uno schifo, una mania innaturale. Il sedicente "Dylanologista" A.J. Weberman aveva peggiorato le cose assediando la casa di Dylan, rimproverandolo con un megafono per aver abbandonato il suo gregge. Rovistava nella spazzatura di Dylan in cerca di indizi. Diede anche uno spintone a Sara, indignata perchè lui stava cercando di violare il loro appartamento. Dylan finalmente pareggiò i conti con questa specie di aguzzino uscendo in strada e riempiendolo di botte. Ma il sogno di avere una vita normale vita a New York era stato distrutto per sempre.

(Fonte: http://www.uncut.co.uk/bob-dylan/shelter-from-the-storm-the-inside-story-of-bob-dylan-s-blood-on-the-tracks-feature#TTZbwYMmKfUpbGpp.99)

 

 
Giovedi 9 Gennaio 2014

Talkin' 9304 - Giancarlo Frigeri

Sabato 11 Gennaio - Club IL GIARDINO – Lugagnano di Sona (VR)

K.BUTLER & THE JUDAS in concerto

2 ore e mezza di canzoni di Bob Dylan, da “Freewhelin” a “Tempest”, acustico ed elettrico, in versioni sempre diverse come vuole il maestro, dalla miglior tribute band che possiate immaginare, in un locale dove conta ancora la musica e non chiacchierare al bar.
Non mancate: www.clubilgiardino.org

https://www.facebook.com/Bobdylanitaliantributeband

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Talkin' 9303 - Duluth49

Festrival "Collisioni" Barolo 2014

Il 21 Luglio 2014 sarà a Barolo l' unica data italiana di NEIL YOUNG and CRAZY HORSE, prezzo del biglietto 26 euro.
Sicuramente ci saro'. Non ho mai visto Neil in un concerto live non posso mancare.
un saluto Marcello.

Ricordo di averlo visto il 15 luglio 1993 all'allora Forum di Assago con questa formazione:
Neil Young - vocals, guitar, harmonica, piano
Booker T. Jones - organ, synthesizer, vocals
Steve Cropper - guitar
Donald Duck Dunn - bass
Jim Keltner - drums
Astrid Young - backup vocals
Annie Stocking - backup vocals

Fu un grande concerto con uno Young super e una band che andava a mille!!!!! Ti divertirai di sicuro, Neil è come il vino d'annata, più invecchia e più è buono!!!!! Forse ci vedremo.....Alla prossima, Mr.Tambourine.

Per maggiori informazioni sul Festival Collisioni                           clicca qui

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IN GIRO PER IL "VILLAGE" RESPIRANDO I RICORDI                   clicca qui

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È morto Phil, addio al duo degli Everly Brothers                          clicca qui

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Everly Brothers, addio a Phil Everly                                              clicca qui

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Bob Dylan e Phil Everly

Phillip Everly era nato il 19 gennaio 1939. Egli era la metà del leggendario duo"The Everly Brothers".

Mentre i Beatles e Simon & Garfunkel sono due degli artisti più spesso citati per essere stati influenzati da loro, gli Everly Brothers hanno avuto un profondo impatto su Bob Dylan.
Nel luglio del 1968 a Bob Dylan fu chiesto di scrivere alcune canzoni per il film "Midnight Cowboy" (Un uomo da Marciapiede con Dustin Hoffman e Jan Voigt) ma presentò le canzoni troppo tardi per essere incluse nel film, la cui colonna sonora ebbe un successo strepitoso con la canzone “ Everybody's Talkin' “ scritta da Fred Neil e cantata da Harry Nilson. Una di queste composizioni era "Lay Lady Lay". Verso la fine del 1968 o all'inizio del 1969, quando gli Everly Brothers stavano suonando al Bottom Line di New York, Dylan andò a trovarli nel backstage. Phil chiese a Dylan se avesse qualche nuova canzone. Dylan prese una chitarra e cantò dolcemente "Lay Lady Lay". Gli Everly non prestarono molta attenzione e forse non capirono bene le parole del testo, in modo che Don Everly la rifiutò dicendo: "Grazie, è una grande canzone, ma non credo che noi riusciremo a farlo diventare un hit". Nel 1984, dopo la reunion, gli Everly Brothers andarono in studio con Dave Edmunds come produttore e alla fine registrarono proprio "Lay Lady Lay" includendola nell'album “EB '84” . Nel loro album seguente, “Born Yesterday” , gli Everly fecero la cover di “Abandoned Love” di Dylan.

Nel mese di aprile del 1969 Bob Dylan andò ai Columbia Music Row Studios di Nashville per iniziare a registrare quello che si rivelò essere il doppio album del 1970 “Self Portrait”. Tra le canzoni che Dylan provò a registrare nella seconda e terza sessione ce n’erano due che potevano essere associate agli Everly Brothers - "Take A Message To Mary" e " Let It Be Me" (in originale la canzone si chiamava “Je t'appartiens", testo di Pierre Delanoë e musica di Gilbert Bécaud. Tradotta in inglese da Mann Curtis con il titolo di “Let it be me” diventerà uno standard internationale grazie all’ interpretazione degli Everly Brothers nel 1960 e di Willie Nelson nel 1982. La canzone ebbe anche una versione fatta da Elvis Presley, poi da Bob Dylan e da Nina Simone che contribuirono a rendere popolare questa canzone di Gilbert Bécaud, la più cantata nel mondo assieme a Et maintenant “ What now my love”). Dylan successivamente coverizzò "Let It Be Me" nel 1981, per il lato B di un singolo europeo. Inoltre, suonò assieme a George Harrison il 1 maggio 1970 la cover di "All I Have To Do is dream”. Questo classico degli Everly Brothers potrebbe essere stato l'ispirazione per le outtake dai "Basement Tapes" di Dylan .

Harold Lepidus - "Bob Dylan Examiner"
http://www.examiner.com/article/bob-dylan-and-phil-everly

 

 
Mercoledi 8 Gennaio 2014

L'uomo che organizzò il primo concerto di Bob Dylan

Israel "Izzy" Young"

Guardate sotto la lettera "Y" nell'indice di uno qualunque dei tanti libri scritti su Bob Dylan e sicuramente ci troverete il nome di Israel "Izzy" Young. “Izzy" Young ( vero nome Israel Goodman Young) è accreditato di aver avuto un ruolo cruciale nella crescita della musica popolare nel 1960, in particolare per aver catapultato il giovane Bob Dylan verso la celebrità organizzando il suo primo concerto alla Carnegie Chapter Hall nel 1961, costo del biglietto $ 2.

Lo "Izzy's Young Folklore Center" in MacDougal Street nel Greenwich Village di New York era il centro assoluto della scena musicale folk, un luogo del quale Dylan scrisse una volta: "Che cosa ha detto la mosca alla pulce? Il Folklore Center è il posto per me".

      

     Izzy's Young Folklore Center nel 1964                                    Il Folklore Center oggi (nell'ovale)

Oggi, che questa citazione è incorniciata in una bacheca presso il Folklore Centrum di Stoccolma in Svezia, dove Young ha trascorso gli ultimi tre decenni organizzando concerti per musicisti locali e raccogliendo libri e articoli sulla musica popolare dei giorni di “ Freewheelin' “, quando beatnik e folkies affollavano il Village per reinventare se stessi.

Folklore Centrum - Stoccolma

La mentalità di allora era quella di fregarsene da dove eri venuto e puntare su dove ti stavi dirigendo. Molto tempo più tardi Dylan disse a un giornalista che indagava sul suo mitico passato: "La nostalgia è la morte", ma la nostalgia è ciò che ancora oggi spinge i fans di Dylan ad affluire allo Young Folklore Centrum di Stoccolma. Per loro, che sono ancora giovani, l' ormai 85enne Young è ancora il ragazzo che conosceva Bob Dylan.
"Ce ne sono a decine che ogni settimana vengono qui" ha detto Young dei fans di Dylan. "Hanno letto ogni libro scritto su Dylan, sanno tutto, allora perché venire qui? Beh, vogliono che racconti loro le storie su come Dylan li fotteva tutti e su come prendeva la droga. Vogliono pettegolezzi... Ho avuto qui fino a 100 persone come queste quest' anno, e nessuno di loro ha detto nulla di interessante per me. Ciò significa che non possono capire Dylan".

Con la passione e la compulsività di un devoto collezionista, Young ha rivestito le pareti del Folklore Centrum con album, ritagli di giornale, foto e volantini. Un immenso scaffale che occupa da solo un locale del negozio situato nel cuore del quartiere un tempo bohemien di Södermalm, è pieno di ritagli di articoli su Dylan pubblicati dalla stampa svedese.

Ma Young preferirebbe parlare di se stesso piuttosto che di Bob Dylan, dopo tutto, perchè il lancio della carriera di Dylan fu solo una parte della sua vita, ma le persone sembrano interessarsi solo a quella. Ma anche per Young quel periodo è stato il più significativo, lui ritaglia con attenzione ogni articolo su Dylan che gli capita sottomano e lo infila nel raccoglitore dove tiene anche I ritagli che parlano di lui stesso.

Young sembra frustrato quando non riesce a trovare un libretto che ha scritto sul suo passato nel Bronx. Il suo sistema di archiviazione segue una logica che sfugge facilmente ai visitatori e, a quanto pare, anche a lui stesso. Gira sottosopra mucchi di carte, accatasta e mescola fogli di appunti uno sull’altro e li infila in pesanti cartelle. " Vediamo, vediamo..." dice senza aver perso nulla del suo accento Newyorkese. "Dunque, poesia, lettere , articoli su di me... No ... Oh, ecco qualcosa che io chiamo “stranezze sulla musica da affrontare in seguito". Poi: " Aha ! Questo è il Village nel 1969. Questo è il mio amico che aveva questo negozio che vendeva chitarre e che si è sposato nel mio appartamento. Se abitassi ancora a New York City ora mi avrebbero nominato almeno Vescovo".
Young rinuncia a cercare il libretto sul Bronx. Ora focalizza la sua attenzione su di un invito a nozze dattiloscritto che elenca come officiante “Israel G. Young, Minister, Universal Life Church, Modesto, California.” Il menu comprende knishes del negozio di Yonah Shimmel, fegatini di pollo tritato, ciambelle, e "vari piatti su ordinazione".
" Da non credere eh? Questo era il Village, dove nessuno vuole sapere se ci sono ancora ebrei" dice, "Vedi, io sono fedele alle mie origini. Non faccio credere di non essere ebreo".

Young nasce nel Lower East Side nel 1928. "Sono cresciuto al 110 di Ludlow Street" ha detto, "Proprio un posto misero". Lui si tuffa nelle sue note e rimescola di nuovo le cartelle, poi mi porge una pagina di un suo manoscritto che ha scritto durante l'estate. Gran parte della nota è dedicata alla sua educazione ebraica, prima nel Lower East Side, dove c'erano "un sacco di mercati, teatri e più ebrei che in tutta New York, con un sacco di bambini con cui giocare, e le visite occasionali alle sinagoghe locali", e poi nel Bronx, dove la famiglia del giovane si trasferì dopo l'offerta di affitto gratuito per sei mesi per favorire il riempimento dei nuovi edifici popolari del quartiere.

Young è stato all'epicentro dell'esplosione popolare del folk negli Stati Uniti, "Quelli furono i miei favolosi anni, non chiedetemi come sono sopravvissuto perché sto ancora cercando di capirlo".
Fu in quegli anni favolosi che Young organizzò il primo concerto di Dylan "Ho rotto il culo alla gente per convincerli a venire al concerto" ha detto. "Solo 52 persone si presentarono, ma circa 300 persone ricordano di essere stati lì. Tutti vogliono dire che erano a quel concerto. Hai capito? "
Young sembra risentirsi con i fans di Dylan che arrivano al Folklore Centrum solo per prendere un curioso contatto con lui, come se fosse un esemplare vivo della storia di Dylan. Egli manifesta un certo dispiacere, e dice di essere appesantito da preoccupazioni finanziarie e che non può più permettersi la quota associativa alla comunità ebraica. "La gente viene qui da tutto il mondo per vedere questo posto. Dovrei veramente far pagare quialcosa".

L'ultima volta che ha visto Dylan, dice quest’uomo la cui, volente o nolente, eredità è indissolubilmente legata a Dylan, è stato cinque anni fa. Young fu ammesso nel backstage di un concerto dopo che il responsabile capo della Security di Dylan era venuto al Folklore Centrum a cercarlo. I due vecchi amici ebbero una breve chiacchierata e dopo pochi minuti una donna della squadra di Dylan arrivò portando un maglione per Bob.
«E lui si è girato per indossarlo" ha detto Young imitando i movimenti del vecchio re del folk. " In altre parole, era tempo per me di andare. La cosa mi ha ricordato la scena finale del dramma di Strindberg “The Father”, dove l'uomo si gira e il servo mette una veste bianca su di lui. Sai, un servo, non uno della sua famiglia. Questa è una cosa terribile per me da pensare, quella scena mi torna sempre alla mente".

Young ha cercato di organizzare un altro incontro con Dylan, ma tutta la corrispondenza deve passare attraverso l'ufficio di Dylan e finora è stato impossibile per lui contattarlo direttamente. "Forse l'unica cosa che potrei dirgli sarebbe - Sai, tu ed io siamo la stessa persona -. “Cosa vuoi dire Izzy?” mi chiederebbe lui, Allora io gli direi: "Bene, hai fatto quello che hai voluto ed hai continuato a farlo per tutta la vita, ma niente è cambiato, io ho fatto tutto quello che ho voluto e anche per me niente è cambiato, quindi, anche se io oggi sono in fondo alla scala sociale e tu invece sei in cima, non c'è alcuna differenza tra noi”. E lui sarebbe d'accordo con me.

(Fonte: http://www.tabletmag.com/scroll/157789/the-man-behind-bob-dylans-first-concert)

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“Miraggio bianco intorno a me”, era riferito a Bob Dylan?

  

Forse non molti sanno che la canzone dei Dik Dik “L’Isola di Wight” è una cover del brano Wight Is White del cantante francese Michel Delpech.

Alberto Salerno (paroliere di “Io vagabondo” dei Nomadi) e Claudio Daiano ("Un pugno di sabbia" e "Un giorno insieme" per i Nomadi) scrissero la versione in italiano dell'originale "Wight is Wight", che fu un grande successo del 1969, testo di Michel Delpech su musica di Roland Vincent (vendette oltre un milione di copie) scritto per celebrare e ricordare il festival del 1969 che vide la famosa partecipazione di Bob Dylan, con i Beatles John con Yoko Ono, George con Patty Boyd e Ringo con Maureen Cox seduti in terra fra il pubblico degli hippies di allora.

Infatti l’inizio della canzone dice “Wight is Wight Dylan is Dylan”. La canzone fu coverizzata in Spagna dal gruppo dei Los Catinos, in Inghilterra da Sandie Shaw ed in Italia dai Dik Dik e dai Matia Bazar.
Pietro Montalbetti (Pietruccio dei Dik Dik), chitarrista del gruppo, aveva da un pò di tempo l'idea di incidere una canzone dedicata ai grandi raduni rock come il Festival di Woodstock e il Festival dell'Isola di Wight, ascoltò il brano di Delpech e decise quindi di farlo tradurre per il gruppo.
La traduzione italiana però deviò un pò dall’originale ignorando completamente il nome di Bob Dylan, però c’è un passagio della canzone che dice: “fra divise blu e giacche lunghe di lamé ho visto te, miraggio bianco intorno a me” Quel miraggio bianco potrebbe anche essere riferito proprio a Bob Dylan che a Wight si esibì con un vestito completamente bianco? Ma questa ipotesi potrebbe essere solo confermata o smentita dagli autori del testo italiano della canzone.

   

La prima edizione del festival si tenne il 31 agosto 1968, con un concerto dei Jefferson Airplane, seguito da circa 10.000 persone. L'anno seguente il festival durò 2 giorni, il 30 e il 31 agosto 1969, e vide la presenza di Bob Dylan, di Joe Cocker, degli Who e dei Free.
L'edizione più nota fu sicuramente quella del 1970, che si tenne dal 26 al 30 agosto. Seguita da 600.000 persone e documentata dal film di Murray Lerner “Message To Love: The Isle Of Wight festival” Quell' edizione rimase famosa per essere stata l'ultima grande esibizione pubblica di Jimi Hendrix prima della sua morte, ma anche per l'ultima apparizione del gruppo dei Doors con Jim Morrison in Europa, nonché per quelle degli Who, Joni Mitchell, Miles Davis, Jethro Tull, Free, Ten Years After, Joan Baez, Moody Blues, Donovan, ELP, Leonard Cohen, e molti altri. L'evento fu però dal punto di vista economico un fallimento, in quanto molti non pagarono il biglietto di entrata (3 sterline per 5 giorni di musica): gli organizzatori, che avevano già subìto le critiche negative degli abitanti dell'isola, vennero messi in liquidazione e dovettero coprire un buco di 125.000 sterline; il festival non si svolse più così per parecchi anni fino al 2002.
Ecco il teasto originale francese della canzone:

Wight is Wight Dylan is Dylan
Wight is Wight Viva Donovan
C'est comme un soleil Dans le gris du ciel
Wight is Wight Hippie, hippie, ...pie
Hippie hippie Hippie hippie

Ils sont arrivés dans l'île nue Sans un bagages et les pieds nus Comme un cyclone inattendu
Comme une fleur avant la saison Comme une pluie de papillons A laquelle on a jamais cru

Wight is Wight Dylan is Dylan
Wight is Wight Viva Donovan
C'est comme un soleil Dans le gris du ciel
Wight is Wight Hippie, hippie, ...pie
Hippie hippie Hippie hippie

Toi qui a voulu t'emprisonner As tu le droit de condamner Celui qui cherche à s'évader
Chacun mène sa vie comme il veut Tu ne peux plus baisser les yeux Car aussi vrai que tu es né

Wight is Wight Dylan is Dylan
Wight is Wight Viva Donovan
C'est comme un soleil Dans le gris du ciel

Ed ecco il video:

 

 

 
Martedi 7 Gennaio 2014

WELCOME 2014!!!

Un nuovo anno sta muovendo i primi passi per imparare a camminare.
Dylanisticamente parlando speriamo sia un anno migliore o almeno alla pari di quello passato. Egoisticamente potremmo dire che ci andrebbe bene anche se fosse uguale a quello scorso, ma non dimentichiamo che il Tour 2013 cominciò il 5 aprile da Buffalo (New York) per protrarsi stancamente fra mille inconvenienti e difficoltà fino al 4 di agosto a Mountain View (California).
Questa serie di concerti registrò uno scarso gradimento da parte del pubblico americano, forse Dylan non era in forma in quel periodo, forse 4 mesi filati di shows con solo qualche giorno di pausa hanno influito negativamente sul rendimento di Bob e della band, continuamente turbata da un alternarsi di chitarristi che, per bravi che fossero, non davano tranquillità agli altri musicisti perchè poco padroni del repertorio e dei metodi e dalle abitudini da concerto dylaniane. Le recensioni dei concerti americani avevano come caratteristica quella di essere quasi tutte improntate negativamente, sottolineando il malcontento ed il non gradimento del pubblico che spesse volte abbandonava i concerti dopo poche canzoni.
Dopo la fine del tratto americano, molto probabilmente, ci dev’essere stato un meeting degli “stati generali” dylaniani per dare una svolta in senso positivo ad un anno avviatosi su una strada irta di ostacoli.
Questo “Summit” ha dato i risultati sperati e che l’aria fosse cambiata lo si capì subito fin dai primi concerti europei. Le  novità sono state quelle delle set lists quasi identiche per tutti i concerti, il rientro fisso di Charlie Sexton nelle file della band, il settaggio del palco molto più intimo che favoriva il feeling fra musicisti e pubblico e senz’altro gli shows nei teatri che danno più calore che non quelli nelle grandi arene da base-ball usate come sedi nel tratto americano, e non ultima l'introduzione della pausa a metà spettacolo.
Le recensioni dei concerti europei sono tutte concordi sulla “forza” e sulla compattezza degli spettacoli, sulla forma vocale e fisica di Bob ( certamente la pausa ha favorito le prestazioni canore), sull’unità della band che grazie a tutte queste caratteristiche ha potuto essere in grado di fornire un continuato supporto positivo e notevole allo show.
Abbiamo avuto testimonianze dirette dai media italiani che hanno promosso a pieni voti i sei shows, ma non solo, anche le testimonianze inviateci degli amici della Fattoria erano assulutamente concordi sulla bontà di tutto l’insieme.
Naturalmente le locations più adatte allo spettacolo dylaniano attuale sono certamente i teatri, dove il contatto fra artisti e pubblico è più palpabile, dove la qualità del suono è di molto superiore alle condizioni quasi sempre negative di quando l’impianto di amplificazione deve coprire una vasta area all’aperto.
Anche le due e le tre serate nello stesso teatro hanno giocato positivamente sulla resa dello show, personale più riposato, più tranquillo e sicuro del rendimento del mix. Lo stesso vale per i musicisti, quando il suono è bello, calibrato bene e diffuso in modo uniforme ha un effetto gigantesco sui musicisti sul palco che sentendo perfettamente la bontà del suono si gasano più facilmente offrendo prestazioni eccellenti.
Noi, da devoti fans quali siamo, possiamo solo essere contenti che il Tour 2014 inizierà in Giappone (date confermate dal sito ufficiale di Bob) sperando sia impostato sulla falsariga (nei limiti del possibile) dei concerti europei del 2013. Certamente il ripetere l’esperienza delle esibizioni plurime in teatro darà certamente ottimi risultati, e la cosa può solo farci piacere.
Speriamo che il nostro paese sia incluso nel prossimo tratto europeo, smentendo così le voci che i paesi europei toccati dal tour 2014 saranno quelli non inclusi lo scorso anno.
Lasciatemi cogliere l’occasione per ringraziare sentitamente tutti coloro che hanno speso un pò del loro tempo per mandare le loro opinioni alla Fattoria, contibuendo in modo positivo a tanti piccoli scambi di opinioni e notizie fra le varie tipologie di fans del Nostro. Spero che continuerete a scrivere su queste pagine con lo stesso entusiasmo!
Mr.Tambourine

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Annunciato il Japan Tour 2014

Bob Dylan terrà 14 concerti la prossima primavera in Giappone.

Il pubblico giapponese ha sempre la sua buona dose di oldies "oldies but goodies" nel 2014, Eric Clapton, Rolling Stones, Jeff Beck, Toto...e ora Bob Dylan !
E Dylan rimanerà in Giappone per circa un mese, suonando 14 spettacoli.

Ecco le date:

3/31 (Mon)  Zepp Diver City Tokyo ...19:00 start
4/01 (Tue)  Zepp Diver City Tokyo ...19:00 start
4/03 (Thu)  Zepp Diver City Tokyo ...19:00 start
4/04 (Fri)    Zepp Diver City Tokyo ...19:00 start
4/07 (Mon) Zepp Diver City Tokyo ...19:00 start
4/08 (Tue)  Zepp Diver City Tokyo ...19:00 start

4/13 (Sun)  Zepp Sapporo ...17:00 start
4/14 (Mon) Zepp Sapporo ...19:00 start

4/17 (Thu) Zepp Nagoya ...19:00 start
4/18 (Fri)   Zepp Nagoya ...19:00 start

4/19 (Sat) Zepp Fukuoka ...18:00 start

4/21 (Mon)  Zepp Namba Osaka ...19:00 start
4/22 (Tue)  Zepp Namba Osaka ...19:00 start
4/23 (Wed) Zepp Namba Osaka ...19:00 start

I biglietti saranno in vendita a partire dal 18 Gennaio. Possono anche essere pre-ordinati attraverso il sito web artisti UDO dell'organizzatore.
Se avete problemi durante la navigazione attraverso il sito giapponese e / o non avete una carta di credito giapponese o l'indirizzo, provate attraverso il nostro servizio di biglietteria.
Per tutti gli spettacoli , ci sono due tipi di biglietti disponibili :
I) Primo e secondo piano in piedi.
Di solito il primo piano è tutta l'area in piedi, mentre il 2° piano è dove ci sono i sedili della balconata.
Prezzo: JPY 13.000
1° piano (platea)


II ) posti secondo piano.
Ci sono circa 100-200 posti a sedere sul balcone degli Zepp.
Prezzo: JPY 22.000
2° piano (balconata)
 

(Fonte : http://www.japanconcerttickets.com/bob-dylan-japan-tour-2014/)

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Bob Dylan in Tour in Giappone in Marzo/Aprile 2014

TOKYO - Il cantante americano Bob Dylan terrà la sua settima tournée in Giappone suonando 14 concerti in cinque città nei prossimi mesi di marzo e aprile. Dylan, alla soglia dei 73 anni, ha effettuato la sua ultima tournée in Giappone nel 2010.
Dylan si esibià negli Zepp live house di Tokyo , Nagoya , Osaka , Fukuoka e Sapporo .
 


(fonte: http://www.japantoday.com/category/entertainment/view/bob-dylan-to-tour-japan-in-march-april)

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Bob Dylan ha iniziato a lavorare al suo nuovo album?

Bob Dylan sta lavorando su un nuovo album? Mentre il suo management tiene la bocca ben serrata, ci sono diverse segnalazioni della cosa che circolano su Internet. Nei giorni scorsi ci sono state “voci” molto forti che il cantante sia finalmente tornare in studio di registrazione per lavorare su quello che potrebbe essere l’album del ritorno alle radici.
Secondo una fonte, le voci che Bob Dylan stia lavorando in studio di registrazione sono vere, con ben otto canzoni già messe su nastro. "E' ancora nelle fasi iniziali", " Ci sono gli uomini della Security fuori dalle porte per assicurare nessuno senta nemmeno un sussurro" ha detto una fonte.
Questa non è la prima volta che circolano “voci” in merito a sessioni di registrazione di Bob Dylan. I Fans sono in ansiosa attesa di notizie in merito...
Questa notizia, che va presa con la dovuta cautela, sembra essere però un falso perchè riportata dal sito //en.mediamass.net, che è un sito parodia di quelli di gossip e le notizie riportate naturalmente non sono vere.

 

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