Dopo aver avuto la nomina di “persona
dell’anno” e la copertina di Time, Papa Francesco raddoppia
guadagnandosi anche la copertina di Rolling Stone. Sotto la foto del
Pontefice compare il titolo della canzone di Bob Dylan «The Times They
Are A-Changin'». L’articolo all’interno disquisisce sulla rivoluzione che
Papa Bergoglio sta portando in Vaticano e nella Chiesa Cattolica.
Rolling Stone, la più importante rivista del mondo specializzata in
musica ma anche in cultura giovanile, dedica al Papa un profilo degno di
una pop star.
L’articolo (scritto da Mark Binelli) mette in risalto come Francesco sia
stato capace in poco meno di un anno di pontificato di rinnovare il
messaggio della Chiesa in tutto il mondo. Dal 13 marzo, giorno della sua
nomina al soglio di Pietro come Vicario di Cristo, le presenze agli
eventi in Vaticano sono più che triplicate, toccando la cifra record di
oltre 6,6 milioni di persone.
Con i suoi toni da persona semplice ed umile, vicino alla gente comune,
e soprattutto con le sue parole di conforto e di attenzione a coloro che
si trovano agli ultimi posti della scala sociale, ai diseredati, ai più
poveri, scrive l’articolo di Rolling Stone, questo Papa appare
perfettamente adatto agli attuali tempi difficilissimi. La sua scelta di
non usare paramenti e simboli papali più tradizionali e sgargianti
sostituendoli con cose più semplici ha conquistato indistintamente
tutti. La rivista sottolinea con grande evidenza le parole del pontefice
sul tema dell’omosessualità (“chi sono io per giudicare?”) e le sue
aspre critiche al capitalismo spregiudicato e senza regole morali, dove
conta solo il profitto più sfrenato senza pietà per nessuno.
Il nuovo spot della
“Chobani” per il Super Bowl che ha come sottofondo musicale l’hit di Bob
Dylan del 1966 "I Want You" è stato messo sul web. Billboard ha
confermato che un altro spot con la musica di Dylan sarà messo in onda
Domenica, questa volta con protagonista Dylan stesso.
Mercoledi
29 Gennaio 2014
Addio a
Pete Seeger, leggenda del folk
New York - Pete Seeger se n’è andato, il
celebre cantante folk americano aveva 94 anni.
Il nipote di Pete, Kitama Cahill Jackson, ha detto che lo zio è morto
per cause naturali al New York Presbiterian Hospital di New York dopo
una breve malattia.
Tra i suoi maggiori successi ricordiamo “Turn, Turn, Turn! (To
Everything There Is a Reason)” , un adattamento in musica tratto dal
Qoelet (o Libro dell'Ecclesiaste), divenuta celebre nella versione che
ne fecero i Byrds nel 1962, We Shall Overcome, diventato l’inno del
Movimento per i diritti civili (Civil Rights Movement), "Where Have All
the Flowers Gone?" canzone anti-militarista per eccellenza, “If I Had A
Hammer” (resa celebra in Italia dalla versione di Rita Pavone dal titolo
“Datemi un martello”, "Kisses Sweeter Than Wine" e la celeberrima
"Goodnight Irene".
Peter Seeger, più noto come Pete Seeger,
era nato a New York il 3 maggio 1919 ed è stato uno dei maggiori
cantanti e compositori statunitensi di musica folk. Era, assieme a Woody
Guthrie (con cui ha collaborato e cantato), fra i più conosciuti
folk-singer statunitensi. Attivista politico dell'estrema sinistra
americana e uno dei massimi autori della folk music e della canzone di
protesta degli anni cinquanta e sessanta, è autore di famosi talking
blues.
Suo padre, Charles Seeger, era un musicologo di fama e uno dei primi
ricercatori impegnati nel campo della musica orientale; i suoi fratelli,
Mike e Peggy, sono ugualmente musicisti e cantanti di fama. Nel 1943
Pete sposò Toshi-Aline Ohta, "la persona cui devo tutto nella mia vita",
come amava ripetere.
Alla fine degli anni trenta risale il suo incontro con Woody Guthrie,
che lo segnerà definitivamente e con il quale girerà tutta l'America
profonda, negli anni quaranta, alla ricerca della vera anima popolare
musicale del paese. Per fare questo, Seeger abbandonò gli studi di
sociologia che stava svolgendo a Harvard.
Membro fondatore dei gruppi folk The Almanac Singers e The Weavers
(quest'ultimo godette di un grande successo alla fine degli anni
cinquanta), Pete Seeger, per le sue idee, cadde ben presto vittima del
maccartismo che colpì la cultura americana progressista durante gli anni
cinquanta.
THE ALMANAC SINGERS, 1942: BESS HAWES, PETE SEEGER, MILLARD LAMPELL,
WOODY GUTHRIE, ARTHUR STERN, SIS CUNNINGHAM (left to right)
Pete Seeger ha iniziato la sua carriera di solista nel 1958 componendo
canzoni che sono diventate ben presto dei classici della folk music: fra
le altre, si segnalano If I Had a Hammer (scritta assieme a Lee Hays),
Turn! Turn! Turn! (con testo adattato dal libro biblico dell'Ecclesiaste
e brano successivamente rielaborato in chiave folk rock dal gruppo The
Byrds), The Bells of Rhymney (musicata su versi di un poema del gallese
Idris Davies), We Shall Overcome (canzone basata su uno spiritual, a sua
volta divenuta un cavallo di battaglia di Joan Baez e di altri
interpreti impegnati nelle battaglie per i diritti civili) e in
particolare Where Have All the Flowers Gone?, canzone contro la guerra,
anch'essa reinterpretata da artisti come Joan Baez, Peter, Paul and
Mary, The Kingston Trio, The Mamas and the Papas e dall'attrice e
cantante croato-americana Ksenia Prohaska nel suo mitico monodramma
musicale Marlene Dietrich, proprio perché la diva berlinese lo aveva
inserito nel proprio repertorio nel 1962.
Negli anni sessanta, Seeger ha scritto la prima versione di un manuale
divenuto un classico: How to Play the Five-String Banjo, un'opera che ha
formato intere generazioni di banjoisti.
Pete Seeger è da sempre stato impegnato come ecologista rigoroso e
combattente per la tutela dell'ambiente. Nel 1966 fu tra i soci
fondatori del Clearwater Group, un'organizzazione che, da allora, lotta
contro l'inquinamento delle acque del fiume Hudson e promuove la sua
pulizia.
Pete Seeger è sempre stato un comunista; il che, negli Stati Uniti
d'America, è notoriamente un problema di non poco conto. Gli sono stati
affibbiati soprannomi come "Stalin's songbird" (l'usignolo di Stalin), e
altri appellativi del genere. Effettivamente, almeno negli anni quaranta
e cinquanta, Seeger è stato uno strenuo sostenitore dell'Unione
Sovietica. Dopo il XX congresso del PCUS, durante il quale Nikita
Krusciov rivelò i crimini di Stalin e dello stalinismo, Seeger lasciò il
Partito Comunista Statunitense (di stretta osservanza sovietica) ma
rimase comunque un comunista e un marxista.
Krusciov e Stalin
La guerra nel Vietnam provocò in Pete
Seeger un'autentica opposizione a tutto campo, che si concretizzò nel
suo celebre e violento attacco televisivo alla politica di guerra del
presidente Lyndon B. Johnson, avvenuto durante il popolare Smothers
Brothers Comedy Hour, dove Seeger cantò anche quella che è una delle
prime canzoni contro la guerra vietnamita, Waist Deep in the Big Muddy
("Giù fino al collo nel grande pantano").
La canzone fu tagliata una prima volta dai censori televisivi e la
trasmissione interrotta, ma Seeger comparve di nuovo la settimana dopo
al programma e riuscì a cantarla per intero.
Come molti esponenti della vecchia sinistra americana, Pete Seeger non
si trovò molto a proprio agio con il radicalismo culturale e politico
degli anni sessanta, sfociato nelle rivolte studentesche che dagli USA
si diffusero in tutto il pianeta. Non gli piacevano molto le tensioni
generazionali fomentate dal movimento (registrò una volta una canzone
intitolata Be Kind to Parents, "Siate gentili con i genitori") e ammonì
ripetutamente i giovani radicali a evitare divisioni basate sui divari
tra generazioni.
Con il trascorrere degli anni c'è stato
da parte di Seeger un ripensamento profondo della sua attività politica:
ciò nonostante, negli anni settanta e ottanta ha continuato a sostenere
ogni sorta di causa progressista, pur dedicandosi prevalentemente a
quelle di carattere ambientalista.
Film: “Renaldo and Clara” di Bob Dylan
distribuito 36 anni fa
Trentasei anni fa, il 25 gennaio 1978 ,
l’epico film di quattro ore di Bob Dylan " Renaldo & Clara " iniziò una
sfortunata premiere teatrale con prime a New York City e Los Angeles.
Il film fu poi proiettato in poche altre città supplementari e poi fu
ritirato. Nello stesso anno una versione più breve (di circa 2 ore)
venne ripubblicata. Ho visto quella versione, l'ho trovata molto
interessante ma anche molto confusionaria.
La recensione del film sul New York Times scritta da Janet Maslin IL 26
gennaio 1978 cominciava così: -
C'è una insolenza in "Renaldo & Clara", il film di quattro ore scritto e
diretto da Bob Dylan e interprertato dai membri della sua Rolling
Thunder Revue, che non può essere facilmente ignorata. Mr. Dylan, che ha
un modo di esprimere le sue idee in modo che molto difficlimente ogni
spettatore riesca a cogliere tutta la ricchezza della sua opera, deve
essere intellettualmente carente o colpevole di qualche mancanza di
coraggio, ha pensato bene di produrre un film che è probabile che
nessuno lo trovi del tutto comprensibile. Eppure, per chiunque, anche
marginalmente interessato a Mr. Dylan, e per chiunque abbia voglia di
accettare l'idea che la sua evasività, tuttavia esasperante, è un
aspetto cruciale della sua opera più bella, "Renaldo e Clara", tiene
l'attenzione, almeno in modo efficace anche quando richiede pazienza-.
Nessuna conoscenza di Mr. Dylan o la sua storia dovrebbe essere
indispensabile per la comprensione del film, ma comunque la trama è
pesantemente basata sul suo passato. Il cantante David Blu,
interpretando se stesso, parla del clima artistico del Greenwich Village
quando Dylan arrivò lì, e Joan Baez è piuttosto timidamente presentata
come ex amante di Mr. Dylan, e ancora più timidamente, non interpreta se
stessa ma una persona diversa da lei, una figura molto vaga chiamata
Woman in White.
Director: Bob Dylan
Cast:
Bob Dylan … Renaldo
Sara Dylan … Clara
Joan Baez … Woman in White
Ronnie Hawkins … Bob Dylan
Jack Elliott … Longheno de Castro
Harry Dean Stanton … Lafkezio
Bob Neuwirth … The Masked Tortilla
Allen Ginsberg … The Father
David Mansfield … The Son
Helena Kallianiotes … Herself
Rubin ‘Hurricane’ Carter … Himself
T-Bone Burnett … The Inner Voice
"Renaldo and Clara", la trama del film
scena per scena
clicca qui
Lunedi 27 Gennaio 2014
La Gibson SJ-200 modello Bob Dylan in
mostra al NAMM
NAMM 2014: La Gibson aveva un angolo
tranquillo riservato per una chitarra decisamente da “non toccare”.
La chitarra, modello J-200 splendidamente ornata, è il risultato di una
collaborazione tra la Gibson e Bob Dylan, che si tradurrà in 120
esemplari, tutti firmati da Dylan stesso.
Di questo modello ne saranno costruiti altri 300 esemplari non firmati,
una versione meno ornata ad un prezzo più basso, con un inciso (non
intarsiato) battipenna. I prezzi e la disponibilità non sono ancora
stati resi noti al momento, ma quello che è certo è che sarà una
chitarra molto ambita.
La chitarra esposta è di proprietà della Bob Dylan Corporation (e quindi
presumibilmente di Dylan stesso), da qui il tassativo “non toccare”. Ne
volete una? Fareste meglio ad andarne a parlare col vostro rivenditore
locale Gibson: la domanda sarà alta, qualunque sia il prezzo.
Ciao Mr. Tambourine,
ho letto dell'uscita della nuova edizione 30th Anniversary Concert
Celebration, devo dirti che dell'evento non nutro un bel ricordo e non
concordo molto con le parole trionfali che commentano il post del 24
gennaio.
Bisogna dire che il nostro eroe era messo mooooooolto male all'epoca e
che
la sua esibizione è stata assai imbarazzante, all'epoca l'evento venne
trasmesso in differita da Canale 5 e mi trovai per le mani un bootleg
della serata prima dell'uscita del doppio ufficiale, sentendo questi
documenti "al grezzo" si notano delle enormi differenze con i documenti
ufficiali usciti successivamente.
In poche parole è stato quasi tutto molto "pettinato" e sistemato in
studio, l'intervento di Dylan in MY BACK PAGES non è quello fatto in
diretta, ma è stato "incollato" quello delle prove del giorno prima,
SONG
TO WOODY è stata cestinata fin da subito e KNOCKIN' rasenta appena la
sufficienza a causa di qualche stonatura di troppo.
Non solo Bob era fuso quella sera anche Kris Kristoferson era messo
assai
male, l'esibizione di Harrison è stata totalmente sistemata in studio
sia
nella parte vocale che nella base strumentale, etc, etc...
Devo dire che ci sono state anche grandi esibizioni che nella versione
ufficiale sono uguali a quella dei bootleg, ad esempio Clapton in DON'T
THINK TWICE è stato epico, Johnny Winter ha fatto una HIGHWAY da
brivido,
anche se si è dimenticato mezzo testo e i Pearl Jam mi sono davvero
piaciuti.
Sono curioso di sentire se nella nuova versione ci hanno messo ancora le
mani!
Ciao, Maurizio
Caro Maurizio,
fuori mi chiamo, quello che c'è scritto nel post del 24 gennaio è quanto
era scritto, parola per parola, sul comunicato ufficiale che appare sul
sito della Sony Italia.
Detto questo, per il resto la penso come te, anzi, andrei molto oltre,
nel senso che io non credo che i dischi o CD che escano sul mercato
contenenti esibizioni dal vivo siano "originali", a mio avviso sono
tutti, dal primo all'ultimo, "pettinati" come dici tu. Con le
apparecchiature che ci sono a disposizione è uno scherzo registrare un
disco in studio e farlo diventare dal vivo con overdubs di applausi,
fischi, rumori di fondo, larsen e cose varie, è un' operazione che
chiunque, con un computer ed un programma di registrazione tipo Qbase
può fare tranquillamente nella sua stanza. Ci sono dischi dal vivo che
hanno un suono talmente perfetto che è escluso siano stati registrati
sul palco, potrei citarti centinaia di dischi live che "non suonano"
live anche se registrati direttamente dal mixer, altrimenti dovremmo
pensare che i bootlegs dal suono "grezzo" siano stati registrati in
caverne piene di pippistrelli o altre stronzate del genere. Quindi non
mi stupisco se il disco del 30° anniversario subì questo trattamento e
sono certo che anche questa nuova riedizione sia stata ulteriormente
manomessa per migliorala. Dylan, pur rimaneggiato e pettinato, si vede e
si sente chiaramente, non è in una delle sue serate migliori (per essere
gentili), ma questo ha poca importanza, se vai ad un suo concerto puoi
essere fortunato se becchi la serata giusta o sfigato se incappi in
quella sbagliata. Il disco del 30° anniversario fu importante perchè
tutto il mondo musicale, attraverso gli artisti migliori, si inchinò e
rese omaggio alla musica di un artista che è ancora la più grande di
tutti. La versione di "Like a rolling stone" di John Mellencamp è la
miglior versione che io abbia mai sentito, Blowin' in the wind di Stevie
Wonder non mi ha entusiasmato, Foot of Praid di Lou Reed era monotonia,
Master of war di Eddie Vedder e Mike McCready accettabile, The Times
they are a-changin' di Tracy Chapman accattivante, It ain't me baby di
Johnny Cash e June Carter davvero pietosa e stonata, What was it you
wanted di Willie Nelson è ottima perchè il vecchio Willie ha una voce
incredibilmente bella e armonica, I'll be your baby tonight di Kriss
Kristofferson ben suonata dalla Willie Nelson Family in puro stile
country è piacevole, Highway 61 Revisited del mitico Johnny Winter con
la sua fedele Gibson Reverse accordata in "open G" è devastante e chi se
ne frega se si è dimenticato il testo (ho avuto la fortuna nel 1970 di
vedere Johnny con il suo gruppo che allora si chiamava "And" (erano gli
ex The McCoys che avevano avuto un successo mondiale con "Hang on
Sloopy" ), formato da musicisti incredibili, Rich Derringer alla
chitarra, Randy Jo Hobbs al basso e l'incredibile Randy Zehringer alla
batteria (fratello di Rich Derringer che in realtà si chiamava
"Zehringer" e che cambiò in Derringer perchè più american-stile), Seven
Days di Ron Wood anch'essa monotona, Just like a woman di Richie Havens
in una bellissima versione nel suo classico stile "grattaformaggio",
When The Ship Comes in dei Clancy Brothers con Robbie O'Connell e
special guest Tommy Makem buona, You Ain't Goin' Nowhere di Mary Chapin
Carpenter/Rosanne Cash/Shawn Colvin anch'essa brutta e piena di
stonature, Just Like Tom Thumb's Blues di Neil Young meravigliosa ed
intensa, idem per All along ther Watchtower sempre di Neil, I Shall Be
Released di Chrissie Hynde davvero bella con uno stratosferico assolo
della Gibson 335 di G.E. Smith, Don't Think Twice, It's Alright di Eric
Clapton direi unico lui e unica la versione, più bella non si poteva
fare, Emotionally Yours degli O'Jaysm con poca presa a poca grinta,
Absolutely Sweet Marie di George Harrison pettinata in modo evidente per
cercare di mascherare la serata negativa della voce di George, License
To Kill di Tom Petty & The Heartbreakers, e che ....., si può forse non
gradire la best band del Mainstream? Certamente no! La Mr. Tambourine
Man di Roger McGuinn accompagnato da Tom Petty & The Heartbreakers è un
capolavoro assoluto come canzone, come versione e come esecuzione, tanto
di cappello al vecchio Roger ed ai ritardatari Tom Petty & The
Heartbreakers (nel senso che purtroppo sono nati dieci anni in
ritardo...sob...sob....), It's Alright, Ma (I'm Only Bleeding) di Bob
Dylan un vero pastrocchio, My Back Pages di Bob Dylan/Roger McGuinn/Tom
Petty/Neil Young/Eric Clapton/George Harrison simpatica, peccato che
nella strofa di George il microfono era spento quindi metà ce la siamo
dovuti "immaginare", Knockin' On Heaven's Door tutti assieme non saprei
cosa dire, molto pasticciata e pregna di canti calanti o crescenti,
insomma stonati, ma riconosco la difficoltà anche per il fonico più
bravo del mondo di far sentire venti chitarre tutte assieme, per fortuna
quella in evidenza era quella di Clapton con uno stupendo assolo ed
altrettanti stupendi stacchi tra frase e frase, Girl Of The North
Country di Bob Dylan anch'essa senza feeling per la brutta serata di
Bob.
Speriamo che questa
riedizione sia migliore a livello sonoro, che molte stonature siano
state rifatte in studio ed eliminate, ed anche se non sarà un CD
propriamente dal vivo fa niente, l'importante che ci sappia emozionare
ancora come quella sera su Canale 5. Alla prossima, Mr.Tambourine, :o)
Ogni tanto faccio passare i miei LP ai quali sono molto legato
affettivamente perchè hanno accompagnato la mia giovinezza: Le copertine
degli LP anni ’60, ’70, ’80 erano dei veri capolavori artistici, avevano
uno spirito vitale, qualcosa che affascinava e molte volte ti
costringeva a comperare il disco a scatola chiusa. Ma quando, facendo
scorrere i dischi, arrivo a “Blonde on Blonde” devo fermarmi, togliere
il disco dalla scaffalatura, guardarlo come fossi un feticista,
toccarlo, rivoltarlo, annusarlo per sentire l’odore di quegli anni che
rimane inspiegabilmente intrappolato in quella copertina. E poi è più
forte di me, devo toglierlo dalla busta, metterlo sul piatto del mio
vecchio meraviglioso giradischi, stendermi sul divano, chiudere gli
occhi e cominciare a rivivere un’antica emozione, insomma, non riesco a
resistere a BoB (questo si suppone sia il significato del titolo
dell’album).
Ricordo la prima volta che lo ascoltai, quello che mi colpì
immediatamente, come un uppercut al mento, ancora prima di capire , fu
il suono , “quel wild-thin-mercury-sound” così definito da Dylan,
definizione che in se non significa niente ma fa capire che quelle
parole servivano per definire qualcosa di magico e unico, infatti Dylan
stesso cercherà invano per anni ed annorum di riprodurre quel suono
arcano senza mai più riuscirci, amen, per fortuna quel suono originale è
rimasto fissato su BoB, così quando qualcuno di noi fans ha l’esigenza
di risentirlo non deve far altro che mettere il disco sul piatto e la
nube magica del suono invade la casa.
Che aveva di strano quel suono che potremmo definire selvaggio? Niente,
ERA selvaggio e basta! Era un urlo di rabbia repressa che si sfogava in
quei solchi, un grido di liberazione, di sofferenza, di noia, di
desiderio, di voglia di cambiamento, d’amore, di rancore, di protesta,
di rimprovero, di assoluta solitudine, di un uomo che si ritrova solo in
mezzo ad un deserto dei milioni di persone che lo circondano e non
riesce a vedere niente di buono. Si può essere più soli in mezzo ad un
mare di persone che non chiusi in un angusto locale con l’unica
compagnia di se stessi, una specie di agorafobia anche se il termine non
è proprio esatto per descrivere questa sensazione, ma la sensazione di
vuoto e di nulla che Bob provava allora anche in mezzo a quelle migliaia
di persone che lo assillavano continuamente e volevano sempre da lui
qualcosa, migliaia di giornalisti che scrivevano sulle loro testate come
doveva essere Bob Dylan, cosa doveva fare, cosa doveva dire. Questo
interminabile assillo o fastidio a volte può trasformarsi in una
virtuale agorafobia e costringere una persona con la sensibilità di Bob
ad isolarsi dalla massa di tutti coloro che, volenti o nolenti, sono
costretti a vivere una vita normale, lamentandosi di tutto e riuscendo a
cambiare poco o niente. Era così che si sentiva Dylan negli anni nei
quali qualunque cosa doveva essere eccessiva?
Cosa mancava a Dylan, cosa gli recava dolore e rabbia nel contatto con
le persone i nomi delle quali sono mascherati tra le righe delle liriche
di BoB?
Quale spirito guidava le scelte e le mosse di Dylan in quella società
accecata dal benessere generato dal dopoguerra, quell’abbondanza che
creerà tanti personaggi quasi al di sopra della realtà quotidiana,
specialmente nell’America delle infinite possibilità, quell’America
nella quale ogni cittadino americano poteva relizzare il suo sogno?
Allora Dylan, proprio come oggi, era una persona indecifrabile, un
mistero vivente che ti rendeva schiavo o ti lasciava indifferente.
Di certo “Blonde on Blonde” è ancora l’album che riassume in sè, forse
meglio di tutti gli altri, le fonti ispirative del Dylan di allora ,
rinchiuse e cintate da una barriera di seducente filo spinato dalla
quale non si staccheranno più.
Da dove nasce Blonde? L’album vede la luce dopo la battaglia del
Festival di Newport nel 1965 dove sul palco successe di tutto ( Pete
Seeger con una scure voleva tagliare i cavi dell’amplificazione di Bob
), forse l’inizio della guerra personale di Bob a tutti coloro che
volevano a tutti i costi appiccicargli una qualunque etichetta, la
constatazione che molti di quelli che si dichiaravano suoi amici e che
godevano della sua fiducia erano invece degli sfruttatori e degli
approfittatori disonesti.
Dylan si sente moralmente ed eticamente al di
sopra di queste umane bassezze, ma solo lui se ne rende conto, solo lui
capisce di agire e pensare in una unica e virtuale quinta dimensione, un
luogo sconosciuto a tutti gli altri artisti, un luogo pesante nel quale
vivere la vita quotidiana, anche per Robert Zimmerman/Bob Dylan, un luogo
dove le sollecitazioni e le riflessioni sono sempre estreme, mai
mitigate da qualcosa o qualcuno, sorgenti dal nulla totale, quel nulla
che farà nascere in Bob l’esigenza di un linguaggio diverso, un
linguaggio che lo distinguerà dagli altri songwriters, il suo concetto
delle umane cose si ergerà sopra tutto lo scibile e andrà sottolineare
in modo incancellabile questa enorme e fondamentale differenza.
Anche nel suono del disco c’è questa differenza, il suono è il primo
avvertimento che qualcosa di diverso sta per essere sottoposto alle
orecchie non preparate di tutti quei critici soloni che sprecheranno
inutilmente ed a vanvera fiumi di inchiostro cercando di catalogare
“Blonde on Blonde” insiema a Bob. Non ci riusciranno mai , “Blonde on
Blonde” è rimasto un’opera unica , il suo suono è rimasto una cosa unica
che regge brillantemente il confronto con tutte le musiche e gli stili
da mezzo secolo, imitato da tutti e mai eguagliato da nessuno. La cosa
più strana ed incomprensibile è che quel suono fu realizzato da
musicisti di studio (quelli comunemente “turnisti” ) di Nashville, cioè
quanto di più normale possa esistere nella categoria dei musicisti di
professione.
Dylan era on the road in un tour massacrante, devastante , dove le urla,
i fischi, le proteste la facevano da padrone, un tour che sembra
prendere la strada del dramma sociale, invece stava imboccando quella
del dramma personale. E’ proprio in questo impensabile rincorrersi di
avvenimenti che Dylan scrive quello che diventerà il punto più alto
della sua arte , il suo “Capolavoro” in assoluto , il punto di svolta della
musica rock.
Si percepisce immediatamente l’odore del masterpiece , si capirà in
seguito il valore rivoluzionario dell’album (a parte il fatto che fu il
primo album doppio della storia) quando sarà chiaro che l’album non era
più una raccolta di canzoni easy-listening tipo i primi album ye-ye dei
Beatles ma bensì un’opera con un senso proprio di difficile
interpretazione, con un linguaggio dylaniano ancora più esasperato del
solito. L’album sarà il capostipite di una marea di altre opere da esso
ispirate, i cosidetti "concept albums", ed il decennio musicale successivo sarà ossessionato da questo
principio che diventerà un’esigenza vitale per la sopravvivenza di tutti
gli artisti di quel periodo. Fu un ordine imperativo “Basta, d’ora in
poi la musica si fa così” sembrò dire Dylan, “La musica non è un modo
banale di passare il tempo ma un modo intelligente per impegnarlo” e le
regole della nuova musica furono dettate senza possibilità di appello da
Bob e "BoB”.
La rivoluzione dylaniana furono i testi, punto allora deficitario nel
rock che ai tempi aveva assunto, anche grazie alla spinta devastante dei
Beatles il nome di “musica beat” o “Mersey sound”, preso dal fiume
Mersey che bagna Liverpool, ma Dylan con Blonde on Blonde dettò quelle
che sarebbero diventate le nuove regole che dovranno obbligatoriamente
essere assimilate da tutti, Beatles compresi (che erano allora
considerati i massimi artisti del momento, all’unanimità giudicati
insuperabili, e che saranno i primi a capire che l’era degli
stupidissimi ye-ye e delle liriche tipo " I'll buy you a diamond ring my
friend if it makes you feel alright" era finita, cominciando a pensare copiando lo stile
Dylan, incidendo albums come “Revolver”, “Sergent Pepper’s” e il “White
Album”). Ad un certo punto della sua ascesa verso il successo e la fama,
Dylan ripudia i testi della canzone di protesta del folk, legge,
assimila, rielabora concetti con la sua visione personale, prende e
trasforma tutto, mischia Shakespeare con Platone, i simboli del “poeta
maledetto” Arhtur Rimbaud entrano nel suo linguaggio, i suoi testi
diventano un film dal sapore felliniano, delle visioni quasi irreali
spruzzate abbondantemente da massiccie dosi di verismo e di fantasia,
quasi un ermetismo mascherato, da associazioni mentali metafisiche fuse
con la tradizione Appalachiana, la canzone che diventa poesia, la
letteratura e la poesia cantata invece che scritta, cosa davvero
inaudita per quei tempi. Dylan ha portato la poesia nei Juke-box dirà
Ginsberg. Dylan calò così il sipario sulla musica di ieri e quando lo
riaprì la musica aveva assunto una nuova espressione. Qualcuno salterà
immediatamente sul carro dylaniano, (i Beatles diranno la famosa
frase ripresa dai giornali di tutto il mondo “Dylan shows the
way”) , altri saliranno quando lui aveva già cambiato carro, il solco
della divisione era ormai tracciato e mai più sarà riempito.
I Beach Boys uscirono con “Pet Sound” , I Beatles con “Sergent Pepper’s”
con io volto di Dylan in copertina asieme ad altri celebri personaggi, gli Stones con “Their Satanic Majesties Request”, e Dylan allora fa
un testacoda improvviso incidendo “John Wesley Harding” (dice la
leggenda con i volti dei Beatles mascherati nel tronco dell'albero
dietro Bob) e tutti, artisti
e critici cadranno di nuovo nel baratro dello stupore che confonde le
idee. Ma allora, dov’era andato il favoloso suono di “Blonde on Blonde”?
Era semplicemente finito, come tutte le cose irripetibili, Bob cercava
altre strade, lui agirà sempre così per tutta la sua carriera, i
cambiamenti sono quelli che lo maturano, lo ispirano, lo fanno diventare
unico ed incopiabile, una specie di fossile in costante evoluzione, oggi
quì domani là, e postdomani nessuno lo sà.
A questo punto è ora di fare una passeggiata fra i solchi
di "BoB" per fare, with
a little help by Wikipedia, un pò di storia di questo “pezzo unico”
della musica moderna.
Blonde on Blonde è il settimo album discografico di Bob Dylan pubblicato
nel 1966 dalla Columbia Records. Il disco è ritenuto il primo
significativo album doppio della storia del Rock, anticipando di qualche
mese Freak Out! di Frank Zappa, e segna il definitivo passaggio dall'era
del 45 giri a quella del 33 giri.
Le sessioni di registrazione ebbero inizio a New York nell' ottobre del
1965, con la partecipazione di numerosi session men, inclusi i membri
della backing band di Dylan di allora, The Hawks.
Le sedute
continuarono fino al gennaio 1966, ma soltanto una traccia che finì poi
sull' album fu completata, “One of Us Must Know (Sooner or Later)”.
Dietro suggerimento del produttore Bob Johnston, Dylan, accompagnato dal
tastierista Al Kooper e dal chitarrista Robbie Robertson, si trasferì a
Nashville, la “country-music city” capitale del Tennessee. Queste
sessioni, con l'apporto di alcuni musicisti della scena locale, furono
maggiormente fruttuose, e nel febbraio/marzo '66 si ebbe la
registrazione di tutte le rimanenti canzoni dell'album.
Il disco conclude la cosiddetta "trilogia elettrica" di Dylan,
cominciata con “Bringing It All Back Home” e proseguita con “Highway 61
Revisited” (1965). “Blonde on Blonde” viene spesso indicato dalla
critica come uno dei più grandi album di tutti i tempi.
L'album raggiunse la posizione numero 9 nella classifica statunitense
Billboard 200, diventando doppio disco di platino, e la posizione numero
3 in Gran Bretagna. Dall'album furono estratti due singoli di successo:
Rainy Day Women #12 & 35 e I Want You. Due ulteriori canzoni presenti
sull'album, Just Like a Woman e Visions of Johanna, sono considerate tra
le migliori composizioni di Dylan, e sono state entrambe inserite nella
lista delle 500 migliori canzoni di sempre redatta dalla rivista Rolling
Stone.
Nel 2003 l'album si aggiudicò la posizione numero 9 nella lista della
classifica dei 500 migliori album di tutti i tempi redatta della rivista
Rolling Stone.
La grande quantità dei brani registrati da Dylan, costrinse la casa
discografica a stampare il primo doppio LP. L’album è rilevante perché
coniuga il rock blues elettrico di Dylan, consolidatosi su Highway 61
Revisited, con delle sonorità maggiormente eclettiche e con testi ancora
più surreali e sancisce la fine di un periodo importante nella carriera
dell’artista.
Registrato tra New York e Nashville, Blonde on Blonde fu prodotto da Bob
Johnston e venne acclamato dalla critica e dal pubblico alla sua uscita
per la sua sofisticatezza musicale, la sua forza controllata e il suo
lirismo surreale. Altri pensarono anche che l’album fosse più
accessibile musicalmente rispetto agli ultimi dischi di Dylan, trovando
le canzoni d'amore in esso contenute, più armoniose e di ampio respiro.
La Copertina
La foto di Claudia Cardinale venne inserita nella copertina interna
delle prime stampe dell'album Blonde on Blonde per volere di Bob Dylan.
La foto di copertina, che occupa le due facciate esterne del doppio
album, scattata da Jeffrey Schatzberg, raffigura Bob Dylan lievemente
sfuocato appoggiato a un muro, con indosso una giacca di pelle
scamosciata marrone e una sciarpa annodata al collo, mentre guarda
intensamente in macchina fotografica con un’epressione leggermente
infastidita. Nel 1968, la Columbia modificò la copertina interna del
disco, rimuovendo la fotografia dell’attrice Claudia Cardinale che era
stata inserita senza il di lei benestare, Le versioni originali
comprendenti anche la foto della Cardinale sono diventate nel corso
degli anni un raro oggetto per i collezionisti.
La Registrazione
All’epoca fece scalpore la decisione di Dylan di registrare l’album nel
profondo sud, a Nashville, la patria del country, perché ai tempi lui
era considerato la quintessenza del beatnik artistoide newyorchese. Più
avanti, con l’uscita dell’album Nashville Skyline, lo stesso Dylan
dimostrerà di essere sempre stato affine alle atmosfere rurali e agresti
e nondimeno un grande appassionato di country & western.
La controversa esibizione al Newport Folk Festival nel luglio 1965, che
aveva segnato la grande svolta “elettrica” di Dylan, era stato il primo
tentativo di riprodurre in concerto il suo nuovo sound. Il suo prossimo
tentativo si sarebbe materializzato in due concerti tenuti alla fine di
agosto insieme agli Hawks come gruppo di spalla.
Le sessioni a New York
Grazie al buon riscontro di queste esibizioni, Dylan decise di portarsi
gli Hawks, i futuri The Band, in studio di registrazione. Una seduta
prodotta da Bob Johnston si tenne tra il 5 e il 6 ottobre, allo Studio A
della Columbia a New York City. La session era incentrata su due
canzoni: I Wanna Be Your Lover e Can You Please Crawl Out Your Window?,
che però non trovarono collocazione sull’album in uscita.
Il 30 novembre, Dylan e gli Hawks registrarono il brano Freeze Out,
successivamente reintitolato Visions of Johanna, Freeze Out era una
composizione ambiziosa, dieci minuti di epica surreale. Ma nemmeno con
l’ausilio dei musicisti di studio Bruce Langhorne, Paul Griffin, e Al
Kooper, Dylan fu in grado di registrare una versione del brano che lo
soddisfacesse.
Dylan non effettuerà altre sessioni fino all‘anno nuovo; il 21 gennaio
1966, ritornò in studio per registrare un’altra lunga composizione,
She's Your Lover Now. Anche questa seduta fallì e Dylan non ritentò più
di registrare ancora la canzone, ma una take del 21 gennaio riemergerà
anni dopo, sul cofanetto The Bootleg Series Volumes 1–3 (Rare &
Unreleased) 1961–1991.
Dopo aver fallito la registrazione di due potenziali brani da includere
sul nuovo disco, Dylan si fece perplesso sull’uso degli Hawks come band
di studio. Fece un’altra session allo Studio A il 25 gennaio, ma questa
volta insieme al batterista Bobby Gregg, al bassista William E. Lee
(padre del regista Spike Lee), al
pianista Paul Griffin, e con Al Kooper all’organo; Robbie Robertson
suonò ugualmente durante queste sessioni, e molti membri degli Hawks
presenziarono in studio, ma la loro presenza è incerta per la mancanza
di documentazione attendibile. Comunque, due nuove canzoni furono
finalmente registrate: Leopard-Skin Pill-Box Hat e One of Us Must Know
(Sooner or Later).
Bobby Gregg
Un’altra seduta si tenne il 27, ma non ne uscì niente di buono. Quindi,
la difficoltà di completare i brani e i lenti progressi delle session,
contribuirono alla decisione di Dylan di cancellare le ultime tre sedute
di registrazione già prenotate in precedenza. Tempo dopo Dylan
incontrerà il critico Robert Shelton e gli confesserà: «Oh, ero
veramente giù. Voglio dire, in dieci sedute, non siamo riusciti a
registrare una sola canzone... Era colpa del gruppo. Ma, allora non lo
sapevo. Non volevo pensarlo».
Nashville
Circa in questo periodo, Dylan decise che cambiare scenario avrebbe
aiutato a migliorare la situazione. Il produttore Bob Johnston aveva già
avuto qualche esperienza precedente agli studi Columbia di Nashville,
Tennessee, lavorando con esperti veterani come Grady Martin e Floyd
Cramer, quindi si decise di spostare lì le sedute di registrazione per
l'album.
Il 14 febbraio 1966, Dylan tenne la sua prima seduta di registrazione al
Music Row Studios di Nashville. In aggiunta a Al Kooper, Dylan e
Johnston reclutarono il noto suonatore d’armonica, chitarrista e
bassista Charlie McCoy, i chitarristi Wayne Moss e Joe South, e il
batterista Kenny Buttrey.
Grady Martin
Floyd Cramer
Charlie McCoy
Waine Moss
Tre canzoni furono registrate in questa prima sessione, Fourth Time
Around e Visions of Johanna furono finalmente completate per
l’inclusione sull’album. Ulteriori tentativi di ri-registrare
Leopard-Skin Pill-Box Hat, invece, si rivelarono insoddisfacenti.
Il giorno dopo, Dylan fece un’estesa seduta che durò fino alle prime ore
del mattino del 16 febbraio. Fu durante questa sessione che Dylan
registrò un’altra composizione epica, Sad-Eyed Lady of the Lowlands, che
andrà ad occupare un'intera facciata del disco in uscita.
Un’altra session, il 17 febbraio fu dedicata alla registrazione di una
delle canzoni dal titolo più celebre e bizzarro tra quelli scritti da
Dylan, Stuck Inside of Mobile with the Memphis Blues Again. Un nastro
master completo della canzone fu completato con successo e
successivamente incluso nell‘album finale.
L’ 8 marzo furono registrate Absolutely Sweet Marie, Just Like A Woman,
e Pledging My Time. Un'ultima, lunghissima sessione durata tutta la
notte tra il 9 e il 10 marzo, produsse nastri definitivi di Most Likely
You Go Your Way (And I'll Go Mine), Temporary Like Achilles, Rainy Day
Women #12 & 35, Obviously Five Believers, I Want You, e Leopard-Skin
Pill-Box Hat, tutte completate e pronte per essere pubblicate.
Dylan rimase molto soddisfatto delle sessions di Nashville, e quando
supervisionò il mix finale di Blonde on Blonde, in aprile a Los Angeles,
si accorse di avere abbastanza materiale per un album doppio.
«Il tipo di suono che più si avvicina a quello che avevo sempre avuto in
mente, è quello sul disco Blonde on Blonde», affermerà Dylan nel 1978.
«Un sottile e teso suono al mercurio. Metallico e rilucente. Quello è il
tipo di sonorità che cerco. Non sono sempre stato in grado di ottenerla.
Il più delle volte mi sono dovuto accontentare di una combinazione di
chitarra, armonica e organo».
Rainy Day Women #12 & 35
Secondo lo scrittore Andy Gill, iniziando il suo nuovo album con il
suono di quella che sembrava "una demenziale banda di paese...
costituita da gente fuori di testa strafatta di erba", Dylan diede un
grosso choc ai suoi ex fans del periodo folk. Il biografo di Bob Dylan,
Clinton Heylin, suggerisce che la connotazione da Vecchio Testamento
dell'essere "lapidato" (in inglese "stoned" con doppio significato anche
di "strafatto" dalle droghe) con un sottofondo musicale da banda
dell'esercito della salvezza potesse essere un'ironica punzecchiatura ai
fondamentalisti religiosi. Il ritornello della traccia, sempre secondo
Heylin, deriverebbe dal brano Let's Go Get Stoned di Ray Charles che
Dylan aveva sentito alla radio. Invece, per quel che riguarda
l'enigmatico titolo della canzone, Heylin lo collega al biblico Libro
dei Proverbi, capitolo 27, versetto 15: «A continual dropping in a very
rainy day and a contentious woman are alike». Pubblicata su singolo il
22 marzo 1966, Rainy Day Women raggiunse la seconda posizione nella
classifica di Billboard riservata ai singoli, e la numero 7 nel Regno
Unito.
Pledging My Time
Dopo il divertimento spensierato di Rainy Day Women #12 and 35, Pledging
My Time, influenzata dal blues di Chicago, stabilisce lo stile
malinconico e ombroso dell'album. Il pezzo si basa su diverse canzoni
blues tradizionali, inclusa l'incisione di Elmore James di It Hurts Me
Too. Secondo il critico Michael Gray, la strofa del testo che recita:
«Somebody got lucky but it was an accident» rieccheggia la frase «Some
joker got lucky, stole her back again» presente in Come On in My Kitchen
di Robert Johnson, a sua volta ispirata alla registrazione del 1931 ad
opera di Skip James del brano Devil Got My Woman. Gray suggerisce che "i
sussultanti movimenti delle frasi melodiche" derivino dalla melodia di
Sitting on Top of the World, incisa da Mississippi Sheiks nel 1930.
Dietro al cantato di Dylan e al break strumentale improvvisato
all'armonica, il sound generale della canzone è fornito dalla chitarra
di Robbie Robertson, dal pianoforte blues di Hargus "Pig" Robbins, e
dalle percussioni suonate da Ken Buttrey. Una versione editata della
traccia venne pubblicata su singolo come lato B di Rainy Day Women #12 &
35.
Hargus "Pig" Robbins
Ken Buttrey
Visions of Johanna
Considerata da molti critici come uno dei brani capolavoro di Dylan,
Visions of Johanna si rivelò difficile da mettere su nastro. Heylin
colloca la composizione della canzone alla fine del 1965, quando Dylan
viveva al Chelsea Hotel con la moglie Sara. Il 30 novembre, nello studio
di registrazione a New York, Dylan annunciò la sua nuova epica
composizione con queste parole: «This is called Freeze Out» ("Questa si
intitola Freeze Out"). Dylan guidò la band attraverso 14 take della
canzone, incerto di come volesse che suonasse la traccia. Dieci
settimane dopo, Visions of Johanna venne riprovata negli studi di
Nashville venendo finalmente completata. Nel 1999, il professore
universitario di letteratura e poesia, Andrew Motion, proclamò che la
composizione aveva il miglior testo mai scritto per una canzone di
musica leggera e arrivò a proporre la candidatura di Bob Dylan al Premio
Nobel per la letteratura.
One of Us Must Know (Sooner or Later)
Quando Dylan arrivò in studio il 25 gennaio 1966, non aveva ancora
deciso il testo e il titolo di quella che sarebbe diventata la traccia
di chiusura del primo lato di Blonde on Blonde. Mentre Dylan metteva
insieme i pezzi della canzone, e il coro che titola il brano venne
aggiunto alla quinta take, la sessione durò tutta la notte proseguendo
fino alla mattina del giorno dopo. Solo alla diciottesima take venne
registrata una versione completa della canzone. La successiva take,
diciannovesima, concluse la seduta e finì sull'album quattro mesi dopo.
One of Us Must Know è un resoconto unilaterale della fine di una
relazione amorosa. Dissezionando le cose andate per il verso sbagliato,
il narratore assume un atteggiamento difensivo in una conversazione
univoca (e senza possibilità di replica alcuna) con la sua ex amante.
Come illustrato dalla frase introduttiva del brano, egli è incapace di
condurre una relazione normale: «I didn't mean to treat you so bad. You
don't have to take it so personal. I didn't mean to make you so sad. You
just happened to be there, that's all». ("Non avevo intenzione di
trattarti così male. Non devi prenderla così sul personale. Non volevo
renderti così triste. È successo soltanto che tu fossi qui, questo è
tutto.") One of Us Must Know fu la prima traccia completata per
l'inclusione in Blonde on Blonde, e l'unica selezionata dalle sessioni
svoltesi a New York. Il brano venne estratto come primo singolo e
pubblicato il 14 febbraio 1966, il medesimo giorno nel quale Dylan
iniziava a registrare a Nashville. Non riuscì ad entrare in classifica
in America, ma raggiunse la posizione numero 33 in Gran Bretagna.
I Want You
Brano tra i più orecchiabili sull'album, possiede una melodia di facile
presa ma un testo altresì alquanto criptico nel quale sfilano bizzarri
personaggi come un "becchino colpevole" (a guilty undertaker), un
"suonatore d'organo solitario" (a lonesome organ grinder), "padri
piangenti" (weeping fathers), salvatori addormentati (sleeping saviors),
la Regina di Picche (the Queen of Spades), e quel "fanciullo danzante
con l'abito da cinese" (dancing child with his Chinese suit) nel quale
spesso si è voluto vedere un riferimento velato a Brian Jones dei
Rolling Stones. È infatti stato spesso affermato che la canzone
riguardasse Anita Pallenberg, all'epoca fidanzata di Jones.
Altre interpretazioni del testo da parte di
critici e musicologi, fanno invece riferimento all'eroina come oggetto
dei ripetuti «I Want You» (it: "Ti voglio") che Dylan canta nel testo,
anche se è più plausibile che la materia del brano tratti semplicemente
dell'espressione sincera del suo desiderio per Sara Lowndes con la quale
Dylan si era da poco sposato. Pubblicata su singolo nel giugno del 1966,
I Want You raggiunse la posizione numero 20 in classifica negli Stati
Uniti, e la numero 16 in Gran Bretagna.
Stuck Inside of Mobile with the Memphis Blues Again
Incisa a Nashville, la composizione si dipana in nove complesse strofe,
ognuna delle quali descrive bozzetti surreali che illustrano
l'alienazione contemporanea. Alla fine il narratore è sopraffatto dal
susseguirsi di assurdità che gli capitano, come se la sua vita fosse
diventata una giostra da luna park dalla quale non riesce più a
scendere. In studio, la canzone si sviluppò attraverso svariate
revisioni musicali, giungendo alla forma conosciuta solo dopo numerose
registrazioni.
Leopard-Skin Pill-Box Hat
Leopard-Skin Pill-Box Hat è un blues dal tono sarcastico e misogino che
mette in ridicolo il materialismo, la moda, e il consumismo di una
ragazza dell'epoca. Il brano deriva la sua melodia e parte delle liriche
stesse dalla canzone Automobile (Blues) di Lightnin' Hopkins.
La traccia si sviluppò nel corso di sei versioni differenti incise a New
York, di altre 13 take registrate a Nashville, ed infine da una singola
prova il 10 marzo, che poi fu proprio quella a finire sull'album. Un
anno dopo la sua registrazione, Leopard-Skin Pill-Box Hat divenne il
quinto singolo estratto da Blonde on Blonde, raggiungendo la posizione
numero 81 nella classifica Billboard Hot 100.
Just Like a Woman
Brano tra i più famosi ed acclamati tra quelli scritti da Dylan, Just
Like a Woman è stata oggetto di numerose analisi da parte di critica e
pubblico con l'obiettivo di indovinare la destinataria delle liriche
della canzone. Il brano ha come soggetto una figura femminile che si
comporta, appunto, "proprio come una donna" (traduzione del titolo in
italiano). "Parla proprio come una donna, fa l'amore proprio come una
donna, ma va in crisi proprio come una bimba" canta Dylan nel
ritornello, descrivendo le due personalità differenti della
protagonista. Dylan scrisse questa gentile ballata il giorno del
ringraziamento del 1965 mentre si trovava in tour a Kansas City. È
opinione ampiamente diffusa che la canzone faccia riferimento a Edie
Sedgwick, un'attricetta del giro della "Factory" di Andy Warhol, con la
quale Dylan avrebbe avuto una fugace relazione all'epoca.
Most Likely You Go Your Way (And I'll Go Mine)
Un brillante blues sulla separazione di due amanti, Most Likely You Go
Your Way (And I'll Go Mine) è una di quelle tracce dal testo più
comprensibile dell'intera produzione del Dylan del periodo 1965–1966. Il
narratore è stanco di portare avanti una relazione stagnante e si
accinge a lasciare andare l'ex compagna per la sua strada (e lui per la
propria). Come già in Just Like a Woman e Absolutely Sweet Marie, egli
attende l'ultima strofa per assestare il "colpo finale", che in questo
caso arriva dal titolo del brano stesso. Most Likely You Go Your Way
venne pubblicata su singolo nel marzo 1967, come B-side di Leopard-Skin
Pill-Box Hat.
Temporary Like Achilles
Si tratta di un lento e lamentoso blues contraddistinto dal sound
paludoso del pianoforte di Hargus "Pig" Robbins. Nella canzone, il
narratore è stato abbandonato dall'amata, fuggita con un altro uomo.
Riferendosi al suo rivale in amore con il nome dell'eroe mitico
"Achille", il narratore ironizza sulle vanterie dell'uomo, chiedendosi
come sia stato possibile che la ragazza abbia scelto proprio lui.
Absolutely Sweet Marie
Questa canzone, descritta come uno "shuffle blues in up-tempo, pura
Memphis" è un esempio di "ovvia sensibilità pop con una melodia
compulsiva", venne registrata in quattro take il 7 marzo 1966. Le parole
del testo sono una serie di metafore sessuali, inclusa l'espressione
"beating on my trumpet" ("battere sulla mia tromba"), che derivano da
brani tradizionali blues. Nondimeno, la traccia contiene una delle
massime più celebri di Bob Dylan, e cioè l'affermazione che: «to live
outside the law you must be honest» ("per vivere come un fuorilegge,
bisogna essere onesti"), presa a modello e manifesto da molti hippie
bohemienne e contestatori vari.
4th Time Around Una leggenda piuttosto fondata, vuole che questa canzone, fosse un'acida
parodia del brano dei Beatles (scritto da John Lennon) Norwegian Wood
(This Bird Has Flown) presente sull'album Rubber Soul del 1965, dove
Lennon descriveva una sua scappatella extraconiugale facendo uso di un
linguaggio criptico, surreale, molto dylaniano. Infatti Dylan ben sapeva
che all'epoca Lennon era un suo grande ammiratore, e notando che la
canzone risentiva molto del suo stile e della sua influenza sul Beatle,
volle scrivere una risposta ironica al pezzo, mettendo in risalto (e
anche in ridicolo) la somiglianza della canzone con le sue composizioni
del tempo. Quindi Dylan, sentendosi in dovere di restituire il favore,
scrisse una canzone anch'essa in tempo 3/4, copiando la tonalità e la
struttura circolare della traccia dei Beatles, ma spingendo il racconto
di Lennon in una direzione maggiormente oscura. Lo scrittore Sean
Wilentz così descrive il risultato finale: "sembra di sentire Bob Dylan
che imita John Lennon che imita Bob Dylan".
Obviously 5 Believers
Obviously 5 Believers, è sostanzialmente una canzone d'amore blues
simile nella melodia e nella struttura a Me and My Chauffeur Blues di
Memphis Minnie, e venne descritta da Robert Shelton come "la miglior
canzone R&B sull'album". Registrata nelle prime ore della mattina del
9-10 marzo a Nashville con il titolo di lavorazione Black Dog Blues, la
traccia è sorretta dalla chitarra di Robertson, dall'armonica di Charley
McCoy, e dalla batteria di Ken Buttrey.
Sad Eyed Lady of the Lowlands
Scritta nello spazio di otto ore durante una sessione a Nashville, la
notte del 15–16 febbraio, la lunga Sad Eyed Lady, con i suoi undici e
più minuti di durata, andò ad occupare l'intera quarta facciata di
Blonde On Blonde. La critica fece subito notare come il termine
"Lowlands" fosse simile a "Lownds", il cognome da nubile della moglie di
Dylan, Sara, che Bob aveva sposato solo tre mesi prima. Quindi fu ben
presto chiaro che la composizione era un'ode alla neo-sposa, descritta
con gli "occhi tristi", la "pelle come seta" e il "viso di cristallo",
ma fu solo nel 1976 sull'album Desire che Dylan fugò ogni dubbio su chi
fosse il soggetto della canzone, quando cantò nel brano Sara, dedicato
alla moglie, le seguenti strofe:
Stayin' up for days in the Chelsea Hotel, Writin' Sad-Eyed Lady of the
Lowlands for you. it: Restando sveglio per giorni al Chelsea Hotel,
scrivendo Sad-Eyed Lady of the Lowlands per te.
Outtakes
I seguenti brani furono provati e registrati durante le sessioni per
Blonde on Blonde ma non trovarono posto sul disco.
Tell Me Momma veniva abitualmente eseguita durante i concerti del 1966
ma rimase ufficialmente inedita fino all'inclusione in The Bootleg
Series Vol. 4 nel 1998, dove appare in una versione dal vivo.
I Wanna Be Your Lover (alias I Don't Want to be Your Partner)
(successivamente pubblicata nel cofanetto Biograph)
I'll Keep It With Mine (successivamente pubblicata in The Bootleg Series
Volumes 1–3 (Rare & Unreleased) 1961–1991)
Jet Pilot (successivamente pubblicata nel cofanetto Biograph)
Medicine Sunday (versione embrionale di Temporary Like Achilles,
rilasciata in “Highway 61 Interactive CD-ROM” (1995))
Number One (strumentale)
She's Your Lover Now (alias Just a Little Glass of Water)
(successivamente pubblicata in The Bootleg Series Volumes 1–3 (Rare &
Unreleased) 1961–1991)
Strumentale senza titolo
Don't Tell Him, Tell Me
If You Want My Love
Tell Me Momma (successivamente pubblicata in The Bootleg Series Vol.
4: Bob Dylan Live 1966, The "Royal Albert Hall" Concert)
Positively Van Gogh
What Kind of Friend is This?
On A Rainy Afternoon
I Can't Leave Her Behind
Blonde on Blonde è stato pubblicato in non meno di undici edizioni
diverse, con differenze significative nei mixaggi e nella durata dei
brani. Nessuna specifica versione è stata mai dichiarata quella
ufficiale. Anche la data di pubblicazione dell’album è incerta; mentre
la Columbia riporta come data ufficiale il 16 maggio 1966, molti esperti
della discografia Dylaniana hanno avanzato dubbi sulla data in
questione, facendo notare che l’entrata del disco nella classifica di
Billboard risale solo al 23 luglio, ben due mesi abbondanti dopo la
presunta uscita di maggio. Ci sono poi anche significative differenze
tra i mixaggi mono e stereo dell’album. Al di là di tutto, alla sua
uscita, l'album fu salutato come una pietra miliare nel mondo del rock,
Paul McCartney disse che nessuno avrebbe più potuto incidere un disco di
una tale intensità artistica, Eric Clapton, dopo averlo ascoltato,
abbandonò il blues classico per interessarsi al rock; infine si dice che
l'album piacesse così tanto ai Rolling Stones, che quando, nel 1967,
Mick Jagger, Keith Richards e Marianne Faithfull furono arrestati a casa
di Richards durante un'orgia di sesso e droga, la polizia trovò sul
giradischi proprio Blonde on Blonde che risuonava a tutto volume nella
stanza.
Tracklist
Tutte le canzoni sono state scritte da Bob Dylan
Lato 1
1.Rainy Day Women #12 & 35 - 4:36
2.Pledging My Time - 3:50
3.Visions of Johanna - 7:33
4.One of Us Must Know (Sooner or Later) - 4:54
Lato 2
5.I Want You - 3:07
6.Stuck Inside of Mobile with the Memphis Blues Again - 7:05
7.Leopard-Skin Pill-Box Hat - 3:58
8.Just Like a Woman - 4:53
Lato 3
9.Most Likely You Go Your Way (And I'll Go Mine) - 3:30
10.Temporary Like Achilles - 5:02
11.Absolutely Sweet Marie - 4:57
12.4th Time Around - 4:35
13.Obviously 5 Believers - 3:35
Lato 4
14.Sad Eyed Lady of the Lowlands - 11:23
Musicisti: Bob Dylan – voce, chitarra, armonica, pianoforte
Robbie Robertson – chitarra
Rick Danko – basso, violino
Garth Hudson – tastiere
Richard Manuel – batteria, tastiere
Charlie McCoy – basso, chitarra, armonica, tromba
Al Kooper – organo, pianoforte, chitarra
Hargus "Pig" Robbins – pianoforte, tastiere
Bill Atkins – tastiere
Paul Griffin – pianoforte
Kenneth A. Buttrey – batteria
Sanford Konikoff – batteria
Joe South – chitarra
Jerry Kennedy – chitarra
Wayne Moss – chitarra, voce
Henry Strzelecki – basso
Wayne Butler – trombone
Bob Johnston – produzione
Mark Wilder – tecnico del suono
BNene, dopo tutte queste parole, moltissime delle quali tratte da Wikipedia,
permettetemi di darvi un consiglio, riascoltate Blonde on Blonde, non ve
ne pentirete!!!!
The Bootleg Series: la prossima uscita su
"Blood on the tracks"
clicca qui
Venerdi 24 Gennaio 2014
"The 30th Anniversary Concert Celebration
- Deluxe Edition"
Uscirà il 4 marzo in doppio CD, doppio
DVD e Blu ray The 30th Anniversary Concert Celebration - Deluxe Edition,
che documenta il concerto-tributo a Bob Dylan tenutosi il 16 ottobre
1992 al Madison Square Garden di New York. Sul sito di Rolling Stone
potete vedere il trailer del live.
Lo show è a dir poco spettacolare ed il cast di artisti crea pura e
semplice emozione. Il nuovo master in alta definizione e l’audio
rimasterizzato rendono "The 30th Anniversary Concert Celebration -
Deluxe Edition" un vero e proprio manifesto della storia della musica:
un evento imperdibile. 4 ore di spettacolo di fronte a 18.000 fan al
Madison Square Garden. Sul palco, Johnny Cash, June Carter Cash, Lou
Reed, The Clancy Brothers, Richie Havens, Johnny Winter, Roger McGuinn,
Tom Petty & the Heartbreakers, Stevie Wonder, Willie Nelson, Kris
Kristofferson, Neil Young, Eric Clapton, Ron Wood, Chrissie Hynde, The
O'Jays, Eddie Vedder, Sinéad O'Connor, Tracy Chapman, George Harrison
(che appariva onstage dopo ben 18 anni di assenza) e molti altri,
incluso lo stesso Bob negli ensemble finali del concerto.
"The 30th Anniversary Concert Celebration - Deluxe Edition"-
tracklist
Like A Rolling Stone - John Mellencamp
Blowin' In The Wind – Stevie Wonder
Foot Of Pride – Lou Reed
Masters Of War – Eddie Vedder/Mike McCready
The Times They Are A-Changin' – Tracy Chapman
It Ain't Me Babe – June Carter Cash/Johnny Cash
What Was It You Wanted – Willie Nelson
I'll Be Your Baby Tonight – Kris Kristofferson
Highway 61 Revisited – Johnny Winter
Seven Days – Ron Wood
Just Like A Woman – Richie Havens
When The Ship Comes in – The Clancy Brothers and Robbie O'Connell with
special guest Tommy Makem
War – Sinead O'Connor
Just Like Tom Thumb's Blues – Neil Young
All Along The Watchtower – Neil Young
I Shall Be Released – Chrissie Hynde
Love Minus Zero, No Limit – Eric Clapton (Track Only Available on
DVD/Blu-Ray Format)
Don't Think Twice, It's Alright – Eric Clapton
Emotionally Yours – The O'Jays
When I Paint My Masterpiece – The Band
You Ain't Goin' Nowhere – Mary Chapin Carpenter/Rosanne Cash/Shawn
Colvin
Absolutely Sweet Marie – George Harrison
License To Kill – Tom Petty & The Heartbreakers
Rainy Day Women #12 & 35 - Tom Petty & The Heartbreakers
Mr Tambourine Man – Roger McGuinn
It's Alright, Ma – Bob Dylan
My Back Pages – Bob Dylan/Roger McGuinn/Tom Petty/Neil Young/Eric
Clapton/George Harrison
Knockin' On Heaven's Door – Everyone
Girl Of The North Country – Bob Dylan
DVD Bonus Tracks:
Leopard-Skin Pill-box Hat - John Mellencamp
Boots Of Spanish Leather – Nancy Griffith with Carolyn Hester
Gotta Serve Somebody – Booker T. & The M.G.'s
DVD Bonus Features:
Behind The Scenes (40 minuti di filmati inediti tratti dalle prove,
interviste ed altro)
CD Audio bonus tracks:
Sinéad O'Connor - I Believe In You (dal soundcheck - inedito)
Eric Clapton - Don't Think Twice, It's Alright (dal soundcheck -
inedito)
Ciao,
Vi segnalo questa notizia che da giorni circola sulle varie pagine di
facebook dedicate a Bob.
Il Summer Festival di Lucca (che si tiene a luglio) ha confermato sia la
presenza del nostro amico comune sia il ritorno di Elton John e in più
si prevede l'arrivo per la prima volta in Italia di un giovane musicista
(famosissimo negli States) che da un paio di album ha abbandonato la
vena pop per abbracciare chitarra acustica ed armonica, John Mayer, ve
lo consiglio vivamente sia perché è un chitarrista straordinario (le sue
cover di Jimi Heandrix non sfigurano accanto quelle di SRV
http://youtu.be/T-YDNXggCYQ) sia perché è diventato un buon autore.
Comunque ecco un suo omaggio a Dylan:
Grazie mille per la
segnalazione della news dylaniana, anche se per il momento è solo una
"voce" senza conferma. Le "voci" dicono che il solo artista
confermato a Lucca è Bob, mentre invece la partecipazione come apertura
del Festival di Elton John non è ancora stata confermata ne dal sito di D'alessandro e
Galli che, al momento, elenca per Elton la sola data del 4 dicembre 2014 al
Mediolanum Forum di Assago, ne dal sito del Summer Festival.
Al momento attuale ne il sito di D'alessandro e Galli
http://www.dalessandroegalli.com/ e nemmeno quello del Lucca Summer festival
http://www.summer-festival.com/home indicano la partecipazione
di Bob, restiamo in attesa per aver la conferma ufficiale da questi siti
ed anche da quello di Bob Dylan, naturalmente con altre date
italiane! Speriamo che la "voce" diventi realtà! Alla prossima, Mr.Tambourine :o)
Ciao Mr. Tambourine,
intanto volevo ringraziare te e Maurizio Longo per gli auguri e poi
ancora grazie per il bel riepilogo delle origini della carriera
dylaniana che hai pubblicato in questi giorni collegandoti al film dei
fratelli Coen in uscita in Italia a febbraio. Mi perdonerai, spero, se
ti faccio un piccolo appunto a proposito di quello che hai scritto su
Hamish Henderson.
Il testo che tu hai ripreso (proveniente da un sito) diceva a proposito
di "Banks of Sicily": "Henderson scrive una canzone facendola musicare
al pipe major James Robertson..." in realtà l'autore della musica era
James Robertson of Boyne, Banffshire (1886-1961) e il brano, che si
intitolava "Fareweel to the Creeks", era stato scritto nel 1915 quando
egli era prigioniero in Germania. Robertson, prolifico compositore di
bagpipe music, aveva partecipato alla prima guerra mondiale ma non alla
seconda. Poi Henderson sentì suonare (nel 1944) questa melodia dal suo
pipe major e decise di riprenderla per la sua canzone. Quindi sia Dylan
sia Henderson si sono ispirati a una musica scritta nel 1915.
Per quanto riguarda Henderson, grande poeta scozzese, vorrei aggiungere
che, non solo soggiornò in Italia e tradusse alcuni nostri grandi poeti
come Quasimodo e Montale e anche la prima edizione in inglese delle
"Lettere dal carcere" di Gramsci, ma lavorò, nel 1951, insieme ad Alan
Lomax per curare una ricerca sulle ballate e musiche tradizionali
scozzesi che culminò nella pubblicazione del disco "Scotland". E qui,
quindi, il cerchio tra lui e Dylan si chiude.
Come sempre ho poi apprezzato il testo scritto da Miscio (talkin'
9308) e anche la tua salomonica risposta,
una chicca di buonsenso e diplomazia. A proposito dell'accesso al
simbolico, di cui lui parla, e del suo essere svincolato alle categorie
di bello e brutto, bene e male, caos e ordine, volevo riportare queste
considerazioni a Dylan con un paio di riflessioni.
Per la prima prendo spunto da un'osservazione fatta da Mike Marqusee nel
suo "Wicked Messenger: Bob Dylan e gli anni Sessanta" (Il Saggiatore -
2010) quando sottolinea come, nelle note di copertina a un album di Joan
Baez, Dylan confessi la sua resistenza alla voce della Baez, così dolce,
pulita e pura, scrivendo poi questi versi:
"The only beauty 's ugly, man
the crackin' shakin' breakin' sounds' re
the only beauty I understand"
(L'unica bellezza, amico, è il brutto/ i suoni crepitanti, tremuli e
spezzati sono/ l'unica bellezza che io comprenda).
Ma, a proposito della relazione tra la sua opera e il caos, quel suo
amore per registrazioni e concerti che spesso sembrano (e talvolta sono)
improvvisati e poco curati e talvolta sembrano nascere dal caos stesso
(alcune volte ricreando un nuovo ordine e armonia e altre immergendosi
ancora di più in esso) mi viene in mente un bellissimo testo scritto da
Pierre Boulez e dedicato a Paul Klee, ma che io credo potrebbe vestire
benissimo anche Dylan.
Un testo scritto da un musicista (Boulez appunto) per un artista che
conosceva profondamente la musica (nato in una famiglia di musicisti,
Klee era un eccellente violinista) e che delle relazioni tra musica e
arti figurative ha intessuto la sua opera. Boulez, riferendosi alle
opere e alle lezioni tenute da Klee nel periodo del Bauhaus, analizza le
relazioni tra spazio musicale e spazio pittorico ed è colpito dalla
particolare "impronta" di Klee che reagisce poeticamente al rigore
geometrico della scuola fondata da Gropius, incarnato splendidamente da
Kandinskij.
"In Klee(...) la linea non è mai una linea perfetta, ma un
approssimazione della linea (...) il cerchio non è il cerchio perfetto,
ma un cerchio, un cerchio tracciato a mano, per il quale ha rifiutato il
compasso (...). Si ha al tempo stesso la geometria e la deviazione dalla
geometria, il principio e la trasgressione del principio. (...) bisogna
al tempo stesso scoprire la trasgressione e usarla deliberatamente per
distruggere le rigidità del sistema e creare una sorta di imperfezione,
di goffaggine, assolutamente necessaria per produrre la vita. Occorrono
disciplina e rigore nei fondamenti e anarchia per combattere rigore e
disciplina. Da questa lotta nasce la poesia, una poesia fondata sul
dinamismo e sulla trasformazione; una poesia che porta l'irrazionalità
in un mondo che esige una struttura solida; una poesia che trascende il
conflitto tra ordine e caos."
Pierre Boulez - "Il paese fertile- Paul Klee e la musica" - Abscondita
srl - 2004
Un saluto a te e a tutti i Farmers, Maria Rosa
Grazie per la giusta
precisazione, quello che hai scritto è giusto e l'avevo letto anch'io,
però avevo deciso di tralasciare tutte queste informazioni
aggiuntive perchè lo scritto parlava di Bob e del 50° anniversario di
"The Times", così non era giusto dare troppo spazio ad una precisazione
non basilare. Il testro scritto da Pierre Boulez e dedicato a Paul Klee
calza a pennello anche per Dylan, concordo perfettamente! Ciao, alla
prossima, Mr.Tambourine.
Delrio canta Dylan e sul web lo suonano
clicca qui
Martedi 21 Gennaio 2014
Talkin' 9309
- Gypsy Flag
A proposito di Miscio
A proposito di Miscio: l'unica
"Watchtower" dove si possa andare "all along", in effetti, è una specie
di grande muraglia cinese. Io così me la sono sempre immaginata.
Su Mr Tambourine Man dissento, come dissentii in passato durante una
presentazione pubblica con Alessandro Carrera. La canzone è molto altro,
sicuramente: l'influsso di Keats, il duende, l'accesso al simbolico e al
trascendente. Ma perchè voler "epurare" la canzone dai suoi altrettanto
evidenti riferimenti all'intossicazione cannabinacea, fermo restando che
crediamo (?) non vi sia chissà che di male? Nel periodo della
composizione di Mr. Tambourine Man, Dylan assumeva in buona sostanza la
ricetta prescritta dal Dott. Allen Ginsberg. Il quale sosteneva - c'è un
articolo sulla cosa uscito proprio oggi sull'Internazionale - che "pot
is a reality kick" ("L'erba è una botta di realtà"): intendendo una
realtà "più vera", contrapposta a quella fittizia e consumista. La
"realtà più vera" è anche quella del simbolico e l'erba - perchè no,
moderatamente - aiuta l'accesso al simbolico...
Il "bateau ivre" di Rimbaud, la "magic swirling ship" di Dylan.
Un caro saluto a tutti, Gypsy Flag
Caro Gypsy, io penso che
Dave Van Ronk, quando ha definito "All Along Ther Watchtower" una serie
senza fine di strafalcioni non fosse del tutto cosciente di quel che
stava dicendo. In tutte le epoche passate, perchè ai giorni nostri le
torri di guardia sarebbero cose forse fuori dal tempo, erano i punti di
arrivo dei camminamenti che circondavano le città, o le fortezze, o
qualunque cosa avesse bisogno di essere difesa e non colta di sorpresa.
Per arrivare alla torre, che è il punto più elevato di un sistema
preventivo e difensivo, si deve quasi forzatamente percorrere i
camminamenti che portano ad essa, quindi, a mio parere, Van Ronk da una
valutazione errata della canzone, e poi, sinceramente, Van Ronk
conosceva Dylan di persona ma quanto conosceva il Dylan-pensiero? Per quanto riguarda invece
"Mr. Tambourine Man" sono abbastanza della tua opinione, la canzone è
farcita di duende (parola spagnola di difficile interpretazione che
dovrebbe significare due cose, una specie di bivalenza nel significato,
come dici tu simbolico e trascendentale, e forse il miglior modo di
capire l’idea di duende sarebbe quello di ricorrere alla formula di
Sant’Agostino per definire il tempo: «Se non mi si chiede che cos’è, lo
so. Se me lo si chiede, non lo so». Certamente l'influenza dell'erba
nelle visioni dylaniane in Tambourine è debordante, ma, al contrario di
Rimbaud che sembra essere costantemente votato all'autodistruzione,
Dylan esprime invece un senso di speranza e di rinnovamento del
presente, anche quando l'idea è espressa filtrata attraverso le visioni
simboliche e oniriche generate dall' influsso dell'erba. Dylan è sempre
positivo anche quando vede, giudica ed ammonisce. Le sue constatazioni
di situazioni negative non sono un desiderio di fuggirle attraverso la
distruzione di se stesso, sono soltanto l'espressione del dispiacere
provato nel vedere che certe situazioni sono regolate e dominate non
dallo spirito della giustizia ma piuttosto da quello della convenienza.
Dylan esprime queste sensazioni anche in altre canzoni di quel periodo
di contestazione, come "Master of War", "Talkin' John Birch Paranoid
Blues" o qualunque altra canzone nella quale Dylan bacchetta tutto ciò
che secondo lui viaggia su binari sbagliati. A mio avviso la "magic
swirling ship" di Dylan è la rappresentazione scritta di un desiderio
difficile da realizzare ma non per questo irraggiungibile o
irrealizzabile, quella magica nave dondolante che potrebbe essere la
descrizione della sensazione irreale creata dalla droga, la magica nave
che dovrebbe servire a raggiungere un apporodo lontano e difficilmente
raggiungibile, una nave magica appunto, capace di far divenire realtà i
sogni deliranti di un giovane com'era Dylan al tempo. Invece "Le bateau
ivre", il battello ebbro, poesia scritta da Arthur Rimbaud nel 1871 come
biglietto da visita per il circolo parigino dei poeti maledetti,
riassume in sé le idee di rotta, confine e passaggio, che da sempre
caratterizzano la letteratura. Il passaggio è il viaggio di un
io-poeta-battello alla ricerca dell’ignoto, ma è anche il passaggio
generazionale di un adolescente all’età adulta, alla ricerca di una
poesia liberata, scritta secondo la «sregolatezza di tutti i sensi»,
dove visioni ed esperienze, colori, suoni e sensazioni si mescolano e si
sovrappongono.
Le bateau ivre è qualcosa di dissacrante, costruita sugli enjambements,
le rime ironiche e ricche, attraverso un vocabolario
di straordinaria ricchezza e bellezza, un un testo in cui la parola si
piega e si distorce, per rendere il senso di un viaggio incredibile e
folle. In questo scritto, il giovane Rimbaud immagina l'incredibile
viaggio di un battello che si perde tra le acque impazzite di un oceano
furioso. L'equipaggio viene disperso durante la tempesta e il battello
incontra paesaggi incredibili, quasi onirici, caratterizzati da
spettacoli fantasmagorici, trascendenti ogni nozione di tempo e spazio.
Metaforicamente, il battello compie quel passaggio oltre la realtà, che
Rimbaud ne "La lettre du voyant" (Lettera del Veggente) definisce
"deragliamento dei sensi", come abbandono alla disposizione visionaria.
Questa sregolatezza dei sensi non consiste soltanto in un'evasione dal
proprio io ma diventa piuttosto la ricerca di una parte profonda e
oscura di sé, che coincide con il proprio inconscio e la natura. Solo
approfondendo questa parte segreta dell'uomo sarà possibile "scendere al
fondo dell'ignoto" e così - sostiene Rimbaud - "trovare il nuovo". Si
tratta perciò di un viaggio all'interno di sé stessi che conduce
inesorabilmente fuori di sé, nella realtà della vita universale. Il
battello Ebbro è infatti una successione di visioni, un susseguirsi
estenuante di immagini, un costante rapporto tra simbolo ed
autobiografia (poeta-battello). Il battello protagonista della poesia,
rimasto senza marinai e privo di ormeggi, è il simbolo del poeta. Come
il battello anche il poeta va incontro alle sue avventure liberamente e
senza vincoli. Come il battello anche il poeta è ormai stanco; e come il
battello non vuol tornare in acque sicure alla sua funzione di battello
di merci, così il poeta non può nemmeno pensare di ritornare ad una vita
normale: '' basta, ho pianto troppo ! le albe sono strazianti, / ogni
luna mi è atroce ed ogni sole amaro / [ ... ] Che la mia chiglia scoppi!
Che vada in fondo al mare". Arthur Rimbaud scrive questa lirica a soli
diciassette anni ed è uno dei capolavori indiscussi della Poesia di
tutti i tempi. Da questo si può constatare come tra Dylan e Rimbaud ci
sia una notevole differenza di intenti e di risultati, anche se Dylan
sarà sempre un ammiratore incondizionato di Rimbaud, per lui fonte di
ispirazione nel modo di scrivere più che nel modo di pensare. Dylan
pensa, assimila e valuta le cose che lo circondano molto diversamente da
Rimbaud, ma questo non gli impedirà di citare il "poeta maledetto" fra
gli scrittori che più l'hanno influenzato. Per chi non conoscesse la
poesia, ecco la lirica tradotta nella nostra lingua per una più facile
comprensione:
Il battello ebbro
Poiché discendevo i Fiumi impassibili,
mi sentii non più guidato dai bardotti:
Pellirossa urlanti li avevan presi per bersaglio
e inchiodati nudi a pali variopinti
Ero indifferente a tutti gli equipaggi,
portatore di grano fiammingo e cotone inglese.
Quando coi miei bardotti finirono i clamori,
i Fiumi mi lasciarono discendere dove volevo.
Nei furiosi sciabordii delle maree
l'altro inverno, più sordo d'un cervello di fanciullo
ho corso! E le Penisole salpate
non subirono mai caos così trionfanti.
La tempesta ha benedetto i miei marittimi risvegli.
Più leggero d'un sughero ho danzato tra i flutti
che si dicono eterni involucri delle vittime,
per dieci notti, senza rimpiangere l'occhio insulso dei fari!
Più dolce che ai fanciulli la polpa delle mele mature,
l'acqua verde penetrò il mio scafo d'abete
e dalle macchie di vini azzurrastri e di vomito
mi lavò, disperdendo àncora e timone.
E da allora mi sono immerso nel Poema
del Mare, infuso d'astri, e lattescente,
divorando i verdiazzurri dove, flottaglia
pallida e rapida, un pensoso annegato talvolta discende;
dove, tingendo di colpo l'azzurrità, deliri
e lenti ritmi sotto il giorno rutilante,
più forti dell'alcol, più vasti delle nostre lire,
fermentano gli amari rossori dell'amore!
Conosco i cieli che esplodono in lampi, e le trombe
e le risacche e le correnti: conosco la sera
e l'Alba esaltata come uno stormo di colombe,
e talvolta ho visto ciò che l'uomo crede di vedere!
Ho visto il sole basso, macchiato di mistici orrori,
illuminare lunghi filamenti di viola,
che parevano attori in antichi drammi,
i flutti scroscianti in lontananza i loro tremiti di persiane!
Ho sognato la verde notte delle nevi abbagliate,
bacio che sale lento agli occhi dei mari,
la circolazione di linfe inaudite,
e il giallo risveglio e il blu dei fosfori cantori!
Ho visto fermentare enormi stagni, reti
dove marcisce tra i giunchi un Leviatano!
Crolli d'acque in mezzo alle bonacce
e in lontananza, cateratte verso il baratro!
Ghiacciai, soli d'argento, flutti di madreperla, cieli di brace!
E orrende secche al fondo di golfi bruni
dove serpi giganti divorati da cimici
cadono, da alberi tortuosi, con neri profumi!
Quasi fossi un'isola, sballottando sui miei bordi litigi
e sterco d'uccelli, urlatori dagli occhi biondi.
E vogavo, attraverso i miei fragili legami
gli annegati scendevano controcorrente a dormire!
Io, perduto battello sotto i capelli delle anse ,
scagliato dall'uragano nell'etere senza uccelli,
io, di cui né Monitori né velieri Anseatici
avrebbero potuto mai ripescare l'ebbra carcassa d'acqua;
libero, fumante, cinto di brune violette,
io che foravo il cielo rosseggiante come un muro
che porta, squisita confettura per buoni poeti,
i licheni del sole e i moccoli d'azzurro;
io che correvo, macchiato da lunule elettriche,
legno folle, scortato da neri ippocampi,
quando luglio faceva crollare a frustate
i cieli oltremarini dai vortici infuocati;
io che tremavo udendo gemere a cinquanta leghe
la foia dei Behemots e i densi Malestrom,
filando eterno tra le blu immobilità,
io rimpiango l'Europa dai balconi antichi!
Ho veduto siderali arcipelaghi! ed isole
i cui deliranti cieli sono aperti al vogatore:
- È in queste notti senza fondo che tu dormi e ti esìli,
milione d'uccelli d'oro, o futuro Vigore?
Ma è vero, ho pianto troppo! Le Albe sono strazianti.
Ogni luna è atroce ed ogni sole amaro:
l'acre amore m'ha gonfiato di stordenti torpori.
Oh, che esploda la mia chiglia! Che io vada a infrangermi nel mare!
Se desidero un'acqua d'Europa, è la pozzanghera
nera e fredda dove verso il crepuscolo odoroso
un fanciullo inginocchiato e pieno di tristezza, lascia
un fragile battello come una farfalla di maggio.
Non ne posso più, bagnato dai vostri languori, o onde,
di filare nelle scia dei portatori di cotone,
né di fendere l'orgoglio di bandiere e fuochi,
e di nuotare sotto gli orrendi occhi dei pontoni.
Joan Baez aveva solo sei mesi più di Bob, ma era già una star in
America: i suoi concerti facevano il tutto esaurito. Nonostante
apparisse sul palco a piedi nudi come una contadina e cantasse canzoni
folk con voce verginale, la Baez era altezzosa, egocentrica e
intelligente e nessuno aveva saputo tenerle testa. Il primo incontro
con Bob avvenne al Gerde' s Folk City, una sera in cui lui suonava con
Mark Spoelstra. Casualmente, Mark era stato con la Baez per un breve
periodo di tempo nel 1956, in California, quando erano ragazzi: «Joanie,
gli uomini se li prendeva e così aveva fatto con me quando avevo sedici
anni. Si prendeva tutti quelli che voleva, li controllava. Sua madre una
volta mi ha detto: "Non so, ma Joanie gli uomini li mastica e poi li
sputa"». Nella sua autobiografia "E una voce per cantare", la Baez
descrive la prima impressione - pessima - che ebbe di Bob, l' uomo di
cui si sarebbe innamorata e al quale il suo nome sarebbe rimasto legato
per il resto della vita, anche se la loro relazione fu di breve durata.
«Sembrava uno zoticone venuto dalla campagna in città, con quei capelli
corti intorno alle orecchie e ricci sopra. Mentre si dondolava sui
piedi, suonando, sembrava che scomparisse dietro la chitarra. Portava
una giacca di pelle sgualcita e di due taglie più piccola. Aveva ancora
le guanciotte da bambino, ma una bocca incredibile: morbida, sensuale,
infantile, nervosa e reticente. Pronunciava con grinta le parole delle
sue canzoni... Era assurdo, era una cosa mai vista ed era sudicio al di
là dell' immaginabile». Nonostante fosse sporco, la Baez decise che lo
voleva conoscere meglio e perciò fu un pò più che irritata quando, al
loro secondo incontro, di lì a non molto, Bob mostrò più interesse per
sua sorella Mimi, che aveva quindici anni.
Mimi e Koan Baez
Il padre di Joan e Mimi,
Albert, era di origine messicana e le ragazze avevano entrambe la
carnagione scura e lunghi capelli neri. Mimi era più slanciata della
sorella e, probabilmente, un pò più carina. La sera in cui conobbe Bob
portava un semplice abito bianco che le stava particolarmente bene.
«Trovai Bob affascinante. Non doveva essere lui il centro dell'
attenzione quella sera, ma in effetti lo era, perché già allora era una
personalità carismatica» racconta Mimi. Bob corteggiò Mimi, anche se
stava con Suze, e la invitò a una festa, ma Joan ricordò alla sorellina
che si doveva alzare presto la mattina dopo ed era meglio tornare a
casa. La grande storia d' amore tra Bob e Joan Baez era ancora di là da
venire. E questo valeva anche per la carriera discografica di Bob, che
trovò diverse porte chiuse prima di ottenere un contratto. Izzy Young
del Folklore Center portò Bob alla Folkways Records, ma il proprietario
Moses «Moe» Asch non si mostrò molto interessato a lui. «Lo hanno
cacciato via» ricorda Young. «Bob non era vestito in modo adeguato,
dissero, o qualcosa del genere». Lui allora andò all' Elektra, dove non
fece una bella impressione al presidente della società Jack Holzman, poi
parlò con Manny Solomon della Vanguard Records, la casa discografica
della Baez. Solomon sembrava interessato, ma non firmarono nessun
accordo. Bob e Mark Spoelstra fecero una registrazione di prova, come
duo, per un' altra casa discografica: Spoelstra cantava canzoni come
Sister Kate e Dryland Blues e Bob lo accompagnava all' armonica, ma era
demoralizzato quando uscirono dallo studio. «Ho fatto schifo» disse.
«Che roba brutta». «Cosa? Sei stato grande!». «No, non ho suonato per
niente bene. Non avevo il giusto feeling». E probabilmente aveva
ragione, visto che quella session non portò a niente. Nell' ottobre del
1961, però, i contatti che Bob si era creato e aveva coltivato durante i
primi dieci mesi a New York cominciarono a funzionare e John Hammond, un
responsabile della Columbia Records, la più grossa casa discografica
degl i Stati Uniti, firmò un contratto con Bob. All' epoca, Hammond era
forse il discografico più famoso di New York. Nato in una famiglia dell'
alta società - suo padre era un banchiere e sua madre una Vanderbilt -
aveva frequentato Yale e studiato music a alla Julliard. Aveva scritto
per le rubriche musicali dei giornali, era stato impresario teatrale ed
era diventato famoso per aver scoperto Billie Holiday e aver lanciato
Benny Goodman. Adesso era un distinto gentiluomo sui cinquant' anni,
alto e sempre in giacca e cravatta. Stava mettendo sotto contratto con
la Columbia artisti del folk revival, ma voleva solo i migliori e perciò
si aggirava per il Greenwich Village, ascoltando i musicisti e
consultando le persone di cui aveva stima, come Pad dy Clancy. Nella sua
stessa famiglia aveva, con suo rammarico, un altro consigliere: il
figlio diciottenne John Hammond jr, che aveva intrapreso la carriera di
musicista blues. «Non riusciva a digerire il fatto che volessi fare il
cantante blues o il musicista, forse perché sapeva che era un mondo
pieno di insidie e che si faceva una vita dura» racconta John. Il
rapporto tra padre e figlio era difficile, ma quando ne aveva l'
occasione, il ragazzo parlava al padre dei musicisti di talento che conosceva al Village e tra questi c' era anche Bob Dylan.
Bob Dylan con John Hammond jr.
E in tre minuti Dylan creò il mito «Blowin' in the wind», il successo
nato in un caffè
Bob compose Blowin' in the Wind in pochi minuti, in un caffè di fronte
al Gaslight Club. Che fosse una canzone un pò particolare l' aveva
capito, ma non che lo fosse fino a quel punto. «In fondo era una delle
tante canzoni che avevo scritto», dice. La melodia era
straordinariamente simile a quella dello spiritual No More Auction
Block, ma - lo si è detto - prendere in prestito melodie e persino testi
rientrava nella tradizione del folk. È difficile, però, non essere d'
accordo con chi trova un pò retorico il testo di Blowin' in the Wind.
Molti dei più noti artisti folk di New York non si entusiasmarono
affatto quando sentirono per la prima volta la canzone: tre strofe di
frasi interrogative destinate a non trovare altra risposta se non in
questo: che la risposta è nel vento; un' idea talmente vaga da non
significare nulla. A Pete Seeger la canzone non parve un granché.
«Blowin' in the Wind non è una delle canzoni che preferisco», dice. «È
un pò troppo facile». Tom Paxton la trovava quasi impossibile da
imparare: «Io la odio. È una canzone-lista della spesa, in cui un verso
non ha nessun nesso con quello dopo», e Dave Van Ronk pensava,
francamente, che fosse una canzone stupida. Comunque, dopo un paio di
mesi che Bob suonava Blowin' in the Wind al Gerde' s Folk City, Van Ronk
si accorse con sorpresa che i musicisti che si trovavano nei pressi del
Washington Square Park avevano inventato parodie irriverenti del pezzo,
tipo: «The answer, my friend, is blowin' out your end (La risposta,
amico bello, ti vien fuori dal pisello, ndt)». «Se la canzone è tanto
buona da cominciar e a essere parodiata, senza che sia neppure stata
incisa», si disse però Van Ronk, «allora è migliore di quanto pensassi».
Intanto Roy Silver si era reso conto del fatto che Bob aveva creato
qualcosa di straordinario. «Blowin' in the Wind è stata la chiave di
volta», afferma. «È stata quella canzone a far scattare qualcosa»;
entusiasmo a parte, sentiva anche che Bob gli stava scivolando dalle
mani.
Roy Silver, Bob Dylan e un chitarrista non
identificato
Da quando aveva scoperto le potenzialità di quel musicista,
Grossman si era mostrato sempre più in teressato a lui; lo stesso Bob
ormai parlava della sua carriera più spesso con Grossman che con Silver.
Non che Bob si fosse dato tanto facilmente a Grossman. All' inizio,
anzi, aveva chiesto a Harold Leventhal di fargli da agente, ma pur
apprezzando lo per la serietà e la professionalità, e nonostante avesse
fatto lui il primo passo, non si decise mai a firmare un accordo. «Lo
chiamavo, ma lui non si faceva trovare, e di certo io non avevo
intenzione di rincorrerlo». Solo nel giugno del 1962 Silver decise di
cedere il suo contratto con Bob a Grossman per una modesta somma di
denaro e il diritto all' uso di uno spazio nell' ufficio di quest'
ultimo a New York. «Sapevo che Albert si sarebbe comportato da bastardo.
Lui aveva i soldi che io non avevo», racconta Silver. «Perciò ho venduto
il contratto per circa diecimila dollari ed è finita lì. Albert ha preso
in mano la cosa». Fu il miglior contratto di tutta la vita di Grossman.
Per diecimila dollari e lo spazio per una scrivania si era assicurato
un cliente che lo avrebbe reso milionario.
Richard Manuel, Albert Grossman e Bob Dylan
Albert Grossman è una figura
chiave della carriera di Dylan. Alcuni ritengono che senza di lui Bob
non avrebbe mai potuto avere tanto successo. «Nonostante i suoi difetti,
Albert credeva in Bob, ci credeva sul serio», afferma Van Ronk. «E lo ha
sempre sostenuto: il primo disco non aveva venduto e neanche il secondo
era andato granché bene, Ma Albert era convinto che Bob sarebbe andato
molto lontano e non si è mai arreso». L' uno aveva un talento
sconfinato, l' altro una grande esperienza e un innato senso degli
affari. Musicista e agente insieme sortirono, come dice Odetta, «una
combinazione potente». E Bob aveva più di un motivo per essere
soddisfatto, dato che, anche nei momenti in cui i loro rapporti si
fecero più tesi e difficili, dovette riconoscere a malincuore che
Grossman aveva sempre lavorato nel suo interesse. Il vero e proprio
conflitto nacque solo nel 1981, dodici anni dopo la fine del loro
sodalizio, quando Grossman fece causa a Bob per delle royalty mai
percepite. Bob, a sua volta, gli fece ben diciotto querele accusandolo
di sfruttamento e di raggiro e negando che fosse stato lui a «scoprirlo»
visto che aveva già un agente e un contratto discografico prima di conoscerlo. «Non avevo neanche idea di cosa fosse il mondo degli affari», ha
ammesso, e Grossman aveva avuto buon gioco approfittando della sua
ingenuità. Ma l' amarezza di Bob non nasceva solo dal denaro perso: si
sentiva ferito per essere stato tradito da qualcuno di cui si fidava.
Anno dopo anno, aveva visto Grossman appropriarsi di più di 7 milioni di
dollari; e quando gli chiesero da quanto tempo si conoscevano, Bob ci
pensò un pò e disse: «Beh, non credo di aver mai conosciuto davvero
quest' uomo, il signor Grossman». In un' altra occasione dichiarò
apertamente: «Grossman prima si è guadagnato la mia fiducia e la mia
amicizia per poi approfittarne e guadagnarci su».
Bob e Joan, fidanzati in concerto
Quando Joan Baez invitò Bob a seguirla nella sua tournée estiva come
guest star, Suze cadde in una crisi profonda. Le circostanze non sono
mai state chiarite, ma qualche tempo dopo il festival di Newport, e
forse dopo che era venuta a sapere della prossima partenza di Bob per la
tournée, Suze cercò di togliersi la vita col gas nell’appartamento
della West 4th Street. «Bob mi telefonò per chiedermi di andare là:
aveva bisogno di aiuto. Poi lei è venuta a stare da me», ricorda Carla
Rotolo, secondo la quale la sorella non intendeva davvero togliersi la
vita ma solo richiamare l’attenzione su di sé. Sta di fatto che Suze non
tornò a vivere con Bob dopo l’accaduto ma si trasferì definitivamente a
casa di Carla nel Lower East Side di Manhattan. «Bob ha lasciato dietro
di sé un bel po’ di vittime», dice Carla. «A quell’epoca Bobby era un
tipo molto incasinato». Sembra, insomma, che la voglia di Bob di
arrivare al successo fosse diventata più importante di ogni altra cosa.
È impossibile sapere cosa provasse davvero per ciò che era successo
perché non ne parlava, ma Bob non era un insensibile e sicuramente
dev’essere rimasto sconvolto. Certo non rinunciò alla tournée.
Oltre alla sofferenza che provocava a Suze, la relazione tra Dylan e la
Baez non piaceva a quelli della comunità del folk, che la vedevano
soprattutto come una mossa strategica. Sembrava che i due si usassero
l’un l’altro per dare una spinta alle rispettive carriere: alla Baez
faceva gioco presentare al pubblico un nuovo grande talento, e per Bob
era un’occasione per stare sotto i riflettori. A confermarlo è Oscar
Brand: «Lui aveva una tale bramosia di successo che forse ha fatto
parecchie cose... a mio avviso spaventose... e sono convinto che stesse
con Joan perché lei cantava le sue canzoni».
Oscar Brand
Non molto diverso era il
parere dell’ambiente del folk quando iniziò la tournée nel New Jersey,
il 3 agosto 1963. Arrivati a Lenox, nel Massachusetts, a distanza di
soltanto un mese dall’inizio della tournée i due recitavano già le parti
di copione più o meno fisso: lei cantava Blowin’ in the Wind, poi
chiedeva con nonchalance al pubblico: «Volete conoscere l’autore di
questa canzone?». La gente gridava di sì e allora appariva Bob
accompagnato da uno scroscio di applausi a scena aperta. Albert Grossman
era riuscito a ottenere, per ogni apparizione di Dylan, un cachet
persino più alto di quello della Baez, che d’altra parte aveva sempre
esibito il più completo disinteresse per le questioni finanziarie. «Non
appena si iniziava a discutere di soldi, lei staccava la spina», ricorda
Nancy Carlen, amica e produttrice dei suoi dischi. «Era una donna di
spettacolo che non era mai andata a caccia di successo. Il successo le è
piovuto addosso, e ne parlava come chi non aveva dovuto fare alcuna
fatica per conquistarselo».
Nancy Carlen
Per quanto i concerti potessero essere
studiati a tavolino e nonostante la generale impressione che lei e Bob
si stessero usando reciprocamente, c’era qualcuno che, come Eve Baer,
trovava la loro coppia affiatata e piena di fascino. Eve era al concerto
di Lenox e si innamorò subito di quel tipo dall’aria «modesta e timida».
Alcuni concerti si tenevano in grandi spazi, come lo stadio del tennis
di Forest Hills nel Queens, a New York. Lì la Baez presentò Bob a un
pubblico di quasi quindicimila persone, più o meno come l’intera
popolazione di Hibbing. «C’è un ragazzo che si aggira per New York e si
chiama Bob Dylan», disse la cantante. «E guarda caso Bob Dylan è qui con
me stasera». Per la Baez era gratificante presentare al mondo un genio e
i suoi amici e familiari pensavano che lei avesse giocato un ruolo
importante nella carriera di Bob, lasciando così intendere che lui non
le era mai stato abbastanza riconoscente. Di fatto non lo fu per niente.
«Per quanto si tenda a sottovalutare l’importanza che ebbero i concerti
con Joan», sostiene la sorella Mimi, «Joan ce la mise tutta per lanciare
Bob». E forse Bob era irritato per la condiscendenza con cui talvolta
lei lo trattava. Nella sua autobiografia, la Baez scrive infatti, con
una certa aria di superiorità, di «aver trascinato» il suo «piccolo
vagabondo fin sul palco», come chi si accinge a un «grande esperimento».
Era cosciente, in quel momento, di fare un favore a un collega, ma è
innegabile che fosse anche affascinata dall’energia, dal senso dello
humour e dall’intelligenza di Bob.
L’aiuto della Baez fu solo in parte determinante per il successo di Bob,
che già nell’estate del 1963 cominciava a camminare con le sue gambe.
L’album The Freewheelin’ Bob Dylan aveva venduto diecimila copie alla
settimana e parecchi artisti volevano eseguire e incidere cover delle
sue canzoni. Alcuni erano anche molto bravi, ma quando Hamilton Camp gli
fece sentire la sua versione di Girl from the North Country , Bob si
mise le mani sulle orecchie.
Bob, uno spinello insieme ai Beatles, Dylan incontra il gruppo in tour
negli Usa
Nelle nuove canzoni di Bob qualcuno trovò che ci fosse una punta di
autocompiacimento, anche se la prima esecuzione di Mr. Tambourine Man
venne accolta a Newport da scroscianti applausi. Dopo il festival, il
direttore di Sing Out! pubblicò una lettera aperta in cui rimproverava a
Bob il carattere introspettivo delle sue nuove canzoni e lo accusava di
aver ceduto alle lusinghe del divismo. Giudizi della critica a parte, il
festival fu un momento importante per Bob che poté finalmente conoscere
il cantante country Johnny Cash, con il quale aveva tenuto una fitta
corrispondenza e che ammirava da tempo. Bob e Johnny erano così contenti
di conoscersi che Joan Baez e June Carter Cash si misero a saltare sul
letto della stanza del motel dove Cash alloggiava, «proprio come
bambini» racconta Cash. Qualche giorno dopo il festival, Bob andò in
California e, tra gli ultimi giorni di luglio e l' inizio di agosto,
ebbe una breve parentesi romantica con la sua vecchia fidanzata Bonnie
Beecher. «L' ho accompagnato all' aeroporto ed è finita che sono salita
sull' aereo e ho passato una settimana alle Hawaii insieme a lui»,
ricorda Bonnie. Bob tenne un concerto a Waikiki, poi risalutò Bonnie e
tornò a est per andare a casa di Albert Grossman a Bearsville insieme a
Joan Baez, a sua sorella Mimi e Richard Fariña, il quale aveva da poco
divorziato da Carolyn Hester e sposato Mimi. Mimi non era un osso meno
duro di Carla. Una volta, pensando che Bob non trattasse Joan con il
rispetto dovuto, lo aveva preso per i capelli e glieli aveva tirati con
forza. Aveva capito - visto che Bob corteggiava quasi tutte le donne
che incontrava - che non era innamorato di Joan quanto lei lo era di
lui. Ma Joan sembrava non accorgersene ed era più presa che mai. Durante
la permanenza a Bearsville venne organizzato un incontro tra Bob e i
Beatles, che erano a New York nell' estate del 1964 al termine del loro
secondo viaggio negli Stati Uniti e stavano per tenere un concerto di
beneficenza al Paramount Theater. Bob quindi scese da Bearsville e lui e
il suo entourage vennero introdotti nella suite dei Beatles all' Hotel
Delmonico, dove una falange di poliziotti li avrebbe protetti dall'
assedio dei fan. I Beatles avevano appena finito di cenare con il loro
manager Brian Epstein, quando entrò Bob. Il giornalista Aronowitz,
orgogliosissimo, fece le pr esentazioni. Era uno dei momenti più alti
dell' esistenza di Bob e quell' incontro cambiò il corso della storia
della musica: Bob da allora riadattò in senso «beatlesiano» il suo modo
di fare rock' n' roll, mentre i Beatles cominciarono a scrivere te sti
seri e profondi come quelli delle canzoni di Dylan. Gli ospiti americani
proposero uno spinello. I Beatles preferivano bere piuttosto che
assumere droghe, e il loro drink preferito era Coca-Cola e scotch; però,
anche se i libri che parlano di quel periodo dicono che la band non
aveva mai fumato marijuana prima d' allora, è sicuro che almeno Harrison
e Lennon avevano già provato l' erba. Il punto era, però, che nessuno
dei Beatles aveva mai fumato marijuana di ottima qualità. Bob iniziò
goffamente a rollare il primo spinello, facendo cadere un pò di
marijuana. Visto che avevano la polizia proprio fuori della porta, si
trasferirono in una stanza interna prima di accendere. Bob passò il
primo spinello a Lennon che disse a Ringo Starr di provarlo, affermando
per ridere che Ringo era il suo assaggiatore. Il batterista iniziò a
fumarlo come una sigaretta senza passarlo agli altri, perciò Aronowitz
suggerì a Victor Maymudes di rollarne un altro. Non ci volle molto
perché fossero tutti fumati persi. McCartney disse di aver scoperto il
significato dell' esistenza e cercava una matita per scriverlo. Starr
ridacchiava. Brian Epstein diceva che si sentiva alto fino al soffitto.
Il giorno dopo, alla luce fioca del mattino, McCartney guardò i suoi
appunti a matita per scoprire il significato della vita distillato in
una sola frase: «Ci sono sette livelli». Nei giorni successivi Bob e i
Beatles si videro spesso, in albergo e in giro per New York. Da allora
nacque un legame d' amicizia particolarmente stretto tra Dylan, Lennon e
Harrison. Quando i Beatles suonarono al Paramount Theater, il 20
settembre, Bob andò a vedere i suoi nuovi amici in azione. Era un
pandemonio, con un pubblico di ragazzine scatenate che strillavano così
for te che era praticamente impossibile riuscire a sentire il gruppo.
Bob, che era piccoletto, stava in piedi su una sedia in uno dei corridoi
laterali per riuscire a vedere meglio. Notò con soddisfazione che il
concerto era l' opposto dei suoi, in cui i l pubblico ascoltava in
silenzio ogni parola e applaudiva alla fine. «Ne fu orgoglioso»,
sostiene Aronowitz.
Joan, le lacrime dopo l' abbandono
Uno dei motivi della crescente freddezza di Bob nei confronti di Joan
Baez era la modella Sara Lownds, della cui esistenza la Baez non sapeva
nulla in quel momento. Sara Lownds sarebbe ben presto diventata la donna
più importante della vita di Bob e alla fine anche la sua prima moglie,
la madre dei suoi figli e la fonte di ispirazione per alcune delle sue
canzoni più belle. Nonostante i modi quasi aristocratici, Sara era di
umili origini. Aveva avuto un' infanzia molto difficile e sembrava
proprio che volesse dimenticare quasi tutto il suo passato; la cosa,
unita al rifiuto di conceder e interviste, ha fatto sì che la sua vita
sia rimasta misteriosa almeno fino a oggi. (...) Al Chelsea, la vita di
Bob e Sara scorreva in modo molto tranquillo. In camera avevano un
pianoforte su cui Bob componeva le sue canzoni, ma erano in pochi a sapere che abitava lì. «Era un tipo piuttosto timido e tranquillo»,
ricorda il direttore del Chelsea, Stanley Bard.
Stanley Bard
Quando aveva voglia di
emozioni Bob se ne andava a bere al Kettle of Fish, al Village. Sara lo
accompagnava raramente in queste occasioni. Invece non mancava mai
Bobby Neuwirth, e talvolta c' erano anche Al Aronowitz e il cantante
David Cohen. (...) Il capo dei buffoni era Bobby Neuwirth: rideva quando
rideva Bob e gli teneva bordone nell' umiliare la Baez, che oltretutto
era amica sua. Una volta Joan si aggirava leggiadra con una camicetta
trasparente e Neuwirth fece pesanti allusioni all' evidente disinteresse
di Bob (che anche davanti alla cinepresa la guardava appena e quasi
evitava di parlarle). Della camicetta trasparente della Baez, Neuwirth
aveva detto che era «una di quelle camicette vedo-non-vedo che nessuno
vorrebbe vedere» e lei, sforzandosi di ridere con la sua consueta
spavalderia, disse che stava per crollare dal sonno. «Ti dirò una cosa,
sorella», replicò Neuwirth a quel punto. «È da un bel pò che sei
crollata. Sei crollata prima ancora di poter pensare che stavi
crollando». Quando fu spenta la cinepresa, la Baez si mise a piangere.
«Se penso all' affetto con il quale Joan lo aveva portato sul palco con
sé» ha detto Mimi. «Bob è decollato grazie a Joan, ma avevo capito che
lui voleva soltanto approfittare della situazione per poi levare le
tende. Di qui il mio disagio. Purtroppo Joan non ha mai voluto aprire
gli occhi sulla realtà, perché era troppo coinvolta in quella storia. È
così che la penso io». Secondo Pennebaker, Bob stava attraversando un
periodo di transizione: quando lui e la Baez erano stati in tournée
negli Stati Uniti, a marzo, formavano una squadra affiatata. Adesso
invece lui «stava cercando di uscire dal ruolo di suo compagno, nella
vita e nei duetti». Così la Baez non salì mai sul palco con lui e non
avrebbe più cantato in pubblico con lui fino alla metà degli anni
settanta. Bob non la invitò nemmeno ad andare con lui a Sintra, in
Portogallo, durante la pausa della tournée nel Regno Unito. Invece,
dagli Stati Uniti arrivò Sara. La Baez non sapeva ancora dell' esistenza
della ragazza e durante una delle sue ultime visite a casa di Grossman
si era persino messa una camicia da notte di Sara non immaginando a chi
appartenesse. Quando Bob tornò a Londra e fu costretto da un malanno
passeggero a stare chiuso nella sua suite, la Baez passò a trovarlo per
vedere come stava e fu Sara ad aprirle la porta. Così Joan scoprì
finalmente la donna che Bob vedeva di nascosto da lei da tanti mesi. Era
la fine della loro relazione, e lei se ne andò immediatamente per
proseguire la sua carriera, visto che al momento teneva anche concerti
solisti in Gran Bretagna. Ne fu sconvolta, ma aveva una personalità
forte e superò il rifiuto di Bob, del quale rimase amica; in seguito
riuscì persino a ridere dell' accaduto. Come ha detto l' amica Nancy
Carlen: «La sua forza sta nella capacità di ridere di sé e del mondo».
Negli anni a venire, lei e Bob avranno dei ritorni di fiamma. Ma lui
rimaneva il dongiovanni di sempre. A Londra cercò di sedurre la cantante
Marianne Faithfull, cacciandola via quando lei rifiutò le sue avance, e,
in assenza di Sara, frequentò la sedicenne cantante pop Dana Gillespie
che aveva conosciuto a una festa a Londra. «Credo che passasse
continuamente da una donna all' altra, come fanno in genere i
musicisti», ammette la Gillespie con filosofia. Lei gli portava la
chitarra e quando Bob aveva tem po libero gironzolava nella sua suite.
Una volta Bob aveva preso in prestito i pantaloni della Gillespie,
ornati di rose rosa e arancione. «E io me ne stavo lì, in mutande, senza
poter uscire perché i miei pantaloni li aveva lui. Bob si infilava i miei, ma i suoi non mi stavano. Sono dovuta rimanere in albergo ad
aspettare che tornasse. Mi aveva detto: "Torno fra un paio d' ore". Si è
ripresentato quasi quindici ore dopo».
Dana Gillespie con Bob Dylan
Quella vendetta lunga una canzone Così Bob Dylan creò «Like a Rolling
Stone»
Una biografia. Nel corso delle contrattazioni per l' acquisto della casa
a Hi Lo Ha, Bob stava lavorando a New York a quella che sarebbe
diventata forse la sua canzone più famosa, Like a Rolling Stone.
«Vomito» è la parola più usata da Dylan quando parla della canzone.
Quell' esplosione di disprezzo, dice, gli uscì come «un lungo getto di
vomito»: ne risultò un testo alla Kerouac con «una struttura assai
vomitosa», «...un pezzo ritmico su carta tutto incentrato sul mio odio e
- sono ancora le sue enigmatiche parole - diretto a un fine onesto.
Perciò non era odio, ma dire a qualcuno una cosa che non sapeva, dirgli
che era fortunato. Rivincita, forse, è un termine più corretto».
Insomma, era una canzone che nasceva da quella riserva di rabbia che era
una parte importante dell' insolita personalità di Bob. Certo, Like a
Rolling Stone poteva essere interpretata come una canzone misogina. Il
bersaglio designato era evidentemente un bersaglio femminile e a
ispirarla possono essere state molte delle donne di Bob, compresa la
Baez. Ma è più probabile che il pezzo fosse diretto a quelle persone che
Bob considerava «finte», e il suo successo dipese in buona parte dall'
empatia che crea nell' ascoltatore l' idea della rivalsa. Per ironia
della sorte, una delle più famose canzoni dell' epoca del folk-rock -
che predicò gli ideali di pace e armonia - parla di vendetta. Like a
Rolling Stone venne registrata a New York durante un acquazzone estivo
il 16 giugno 1965. Bob era arrivato allo studio della Columbia insieme
al giovane Mike Bloomfield, che doveva suonare la chitarra come solista.
Musicista blues di Chicago dal talento prodigioso, Bloomfield aveva un
ottimo rapporto con Bob, con il quale non era facilissimo lavorare:
nessuno dei due amava le prove né spiegare prima quel che aveva in mente
di realizzare. (...) Il singolo Like a Rolli ng Stone uscì il 20 giugno.
Benché durasse quasi il doppio dei singoli dell' epoca, con i suoi
cinque minuti e cinquantanove secondi, e fosse poco adatto ai passaggi
radiofonici, scalò inesorabile le classifiche e, soprattutto, ebbe
grande influenza sugli altri musicisti. «Era la voce più potente che
avessi mai sentito», ricorda Bruce Springsteen, che all' epoca era un
ragazzo e viveva a Freehold, nel New Jersey. John Lennon e Paul
McCartney avevano sentito il disco un giorno in cui si erano incontrati
per scrivere dei brani. «Sembrava immensa, infinita. Era bellissima»,
dice McCartney. «Bob ha fatto vedere a tutti che ci si poteva spingere
ancora un po' più in là». Quattro giorni dopo l' uscita di Like a
Rolling Stone Bob andò al Newport Folk Festival. I ritmi, di solito
piuttosto tranquilli e prevedibili della manifestazione, in quel 1965
furono sconvolti dalla decisione di Bob di eseguire amplificati i suoi
nuovi brani. Non era arrivato a Newport con quell' idea in mente: gli
era venuta così, per caso. Nel pomeriggio di sabato 24 luglio Bob aveva
suonato All I Really Want to Do da solista, alla chitarra acustica come
sempre. Quello stesso pomeriggio la band blues elettrica di Paul
Butterfield - c' era anche l' amico di Bob, Mik e Bloomfield - suonava
all' interno del Bluesville Workshop. Alan Lomax, che nutriva lo sdegno
del purista nei confronti dei ragazzi bianchi medioborghesi che
suonavano il blues, schernì il gruppo al momento della presentazione.
Albert Grossman, che pensava di proporsi come loro agente, si sentì
oltraggiato: affrontò Lomax e i due vennero alle mani. «Si rotolavano
per terra», ricorda divertita Sally Grossman. «Era uno scontro tra l'
élite e il popolo». Bob a quel punto prese una decisione epocale:
avrebbe eseguito le sue canzoni nuove con l' amplificatore, per
dimostrare a Lomax e agli altri che quel tipo di musica esisteva e non
si poteva liquidare così. Aveva già inciso un disco composto in parte di
brani rock, ma esibirsi sul palco di Newport era un insulto ai
tradizionalisti che consideravano il rock musica commerciale. «Stavolta
Dylan si era proprio rotto: "Bè, che vadano affanculo. Se pensano di
poter tenere fuori di qui la musica elettrica, se ne accorgeranno",
disse», raccont a Jonathan Taplin, roadie e in seguito road manager dei
gruppi di Grossman. «Di punto in bianco decise che voleva suonare con
strumenti elettrici».
Sally Grossman e Bob Dylan
E l' ebreo errante cantò per il Papa Bologna, 1997: Bob Dylan davanti a
Wojtyla
Alcuni pensavano che Bob avesse abbracciato il cristianesimo per ragioni
commerciali. Keith Richards dei Rolling Stones, per esempio, aveva
parlato di Bob come del «profeta del profitto». Anche Ronnie Hawkins
aveva ironizzato sul suo spirito cristiano quando il 20 aprile 1980 la
tournée di Dylan era arrivata a Toronto e i due avevano parlato per un
pò . «Dopo che questo disco avrà venduto un pò diventerai ateo, così
potrai vendere a quelli che non credono in niente» gli aveva detto
Hawkins, con una risata sardonica. A Bob non era piaciuta la battuta:
«Non ha riso. Mi ha guardato e basta. Ma io sapevo qual era il suo
piano. E lui sapeva che io sapevo: vendeva dischi. È il suo mestiere».
(...) Gli spettatori dovevano sorbirsi lo spettacolo insolito di lui che
faceva sermoni da predicatore televisivo. «In questo periodo non si
sente parlare molto di Dio. Bè, noi ne parleremo tutta la sera»,
aveva detto al pubblico di Hartford, nel Connecticut, il 7 maggio 1980.
Poche sere dopo ad Akron, nell' Ohio, Bob fu contento dell' accoglienza
abbastanza amichevole riservatagli dal pubblico. Ringraziò dicendo che
era abituato a «ogni tipo di malizia operata dal demonio», tra il
pubblico. Satana doveva aver messo lo zampino anche al botteghino, visto
che il concerto finale della tournée venne annullato a causa della
scarsità delle vendite. Bob subì altri colpi di sfortuna nei mesi
seguenti, e sia la sua vita professionale sia quella privata vennero
colpite dalle avversità e, infine, anche dalla tragedia. (...) Dopo tre
mesi fra malattia e convalescenza, e dopo la causa con Victor Maymudes,
Bob riprese le tournée il 3 agosto 1997, tenendo un concerto a Lincoln,
nel New Hampshire. Era ancora gonfio in viso, sudava abbondantemente e
chiazze scure gli macchiavano gli abiti di scena. «Prendo ancora
medicine tre volte al giorno. A volte mi gira un pò la testa e ho un
pò di nausea» ha dichiarato a Usa Today. «E ho bisogno di dormire
parecchio, ma credo che ce la farò». Un mese dopo suonò per Giovanni
Paolo II al Congresso eucaristico mondiale di Bologna. Sembrava
impossibile: un ebreo errante che cantava Knockin' on Heaven' s Door
davanti a un pontefice in là con gli anni che sembrava mezzo
addormentato. A Bob piacque il concerto, ma lo seccò il fatto di doversi
fermare dopo due canzoni per salire la predella e omaggiare Sua Santità
con lo Stetson in mano.
Oltretutto non aveva idea di cosa dire: il
Papa
sembrava molto più a suo agio e tenne l' omelia a una platea di
duecentomila persone, usando le parole del cantante. «Tu dici che la
risposta è nel vento, amico mio. È vero: ma non è un vento che spazza
via le cose. Questo vento è il respiro e la vita dello Spirito Santo, la
voce che ti chiama e ti dice: "Vieni!"». Nemmeno Bob avrebbe saputo dire
di meglio. Bob era in Europa quando Time Out of Mind uscì negli Sta ti
Uniti il 30 settembre 1997. Servendosi dei missaggi provvisori, Daniel
Lanois era riuscito a mantenere il sound naturale di quelle
straordinarie registrazioni di Miami. «Sembrava di stare di nuovo lì»
dice Cindy Cashdollar. Gli amici erano sorpresi dal carattere intimo
dei testi e Jacques Levy ha detto: «Si sente dentro la ricchezza
emozionale della sua vita». Le canzoni, come diceva Bob, avevano a che
fare con «la terribile realtà dell' esistenza piuttosto che con quello
idealismo tutto rose e fiori che va di moda adesso». Il disco era,
perciò, una provocazione: Greil Marcus, su Mojo, scrisse di averlo
trovato «scioccante per la sua amarezza e il rifiuto di ogni conforto,
di ogni gentilezza». C' erano, però, molte cose da apprezzare. Elvis
Costello, magari esagerando, aveva salutato Time Out of Mind come il
miglior disco di Bob in assoluto, ma tutta la critica era d' accordo
sulla qualità di quest' album, che ridestò l' interesse per il cantante.
Dylan tutt' a un tratto tornava di moda e, anzi, veniva celebrato come
un grande esponente della cultura americana: in ottobre, ebbe l' onore
di ricomparire sulla copertina di Newsweek. Non accadeva dal 1974:
allora aveva trentadue anni e girava per il Paese con la Band. Adesso,
nel 1997, ricompariva, invecchiato e con un' aria gufesca, in una
fotografia di Richard Avedon. Il titolo diceva: DYLAN È VIVO. Era come
se fosse risorto. «È un disco pieno di ombre, perché è così che mi
sento» ha dichiarato a Newsweek. «Non sono in sintonia con niente».
Jon Pankake era uno studente universitario affascinato dalla musica folk
americana.
Clarence AshleyJon PankakeTex Isley
Nel 1959 era stato a un concerto di Pete
Seeger nello Iowa: questa esperienza l'aveva spinto a ricercare i dischi
dei Weavers, il gruppo che aveva contribuito a rendere famose le canzoni
di Woody Guthrie. Jon, insieme all'amico Paul Nelson, trovò anche alcune
copie rarissime della
Anthology of American Folk Music, una straordinaria
raccolta in sei dischi curata da Harry Smith.
Harry Smith's Anthology of American Folk Music
Entusiasmati e incuriositi dalle canzoni d'amore,
dalle ballate sugli assassinii e dalla musica
religiosa dell'antologia, i due amici fondarono una
fanzine che circolava ciclostilata e che chiamarono
«Little Sandy Review».
L'appartamento di Pankake al 1401 della 6th SE divenne
uno dei luoghi di ritrovo di Dinkytown. Bob ci andava
regolarmente e suonava insieme a Pankake. «Suonavo il
banjo e la cosa lo incuriosiva molto» ricorda
quest'ultimo. Una volta Pankake stette fuori città per
un paio di settimane ma non chiuse l'appartamento:
allora Bob vi entrò e senza permesso portò via una
ventina di dischi. Tra questi c'era un raro cofanetto
di Ramblin' Jack Elliott, amico e compagno di
vagabondaggi di Woody Guthrie. Secondo Jon Pankake,
Bob potrebbe aver portato via da casa sua anche l'
Anthology of American Folk Music. «Non lo escluderei,
visto che non giravano così tante copie dell'
Anthology a Minneapolis». Se fu lui a prenderla - ma
Pankake non ne è certo - Bob ebbe per la prima volta
l'occasione di ascoltare incisioni che avrebbero poi
influenzato la sua carriera di musicista. Citazioni
dalle canzoni contenute in questa notevole collezione
sono sparse in tutta la sua opera; negli anni Novanta,
poi, Bob avrebbe scandagliato sistematicamente l'
Anthology e inciso due album acustici - Good as I Been
to You e World Gone Wrong - che riprendono tre canzoni
dell' Anthology . Il suo disco del 1997, Time Out of
Mind, era disseminato di citazioni tratte dall'
Anthology .
Queste canzoni sembravano arrivare da un mondo
perduto, forse dall'epoca della guerra civile. In
effetti però, diversi musicisti presenti nell'
Anthology erano ancora vivi e sarebbero stati
riscoperti con l'avanzata del folk revival. Molte
canzoni erano «Child Ballads» originarie della Gran
Bretagna e tramandate per generazioni. Contenevano
termini arcaici e immagini bizzarre che sembravano
fuori del tempo e dello spazio. Il cuculo, nel
tradizionale folk degli Appalachi The Coo Coo Bird , è
un uccello che non è originario degli Stati Uniti.
Nonostante queste stranezze, le canzoni parlavano
della quotidianità e i testi si potevano capire senza
difficoltà. Molti brani parlavano di amori finiti
male. In Sugar Baby il cantante montanaro «Dock» Boggs
aveva la voce di uno che sta sprofondando all'inferno,
mentre grugniva chiedendosi che fare di suo figlio ora
che la sua «dolce bambina» se n'era andata. Forse la
sua dolce bambina l'aveva lasciato; o forse era stato
lui a ucciderla. E sembrava che Dock stesse pensando
se far fare la stessa fine anche a suo figlio. Altre
canzoni parlavano di eventi catastrofici: incidenti
ferroviari, tragedie minerarie, l'affondamento del
Titanic. Alcune testimoniavano i mutamenti del tessuto sociale
americano. Peg and Awl raccontava la fine della produzione delle scarpe
fatte a mano dopo la nascita della grande industria calzaturiera.
"Dock" Boggs
La
Anthology di Smith è una delle raccolte più importanti
della musica americana, una testimonianza di storia
sociale e, oltretutto, un'opera poetica. «Era un
tesoro di musica folk, quel disco» ha dichiarato Bob.
«...è poesia, ognuna di quelle canzoni». Il linguaggio
era diverso da quello delle canzoni di successo. Era
originale e fantasioso, con frasi e immagini prese
dalla Bibbia oppure suggerite dall'esperienza diretta,
e carico dello spirito folklorico di terre quasi
sconosciute.
Al ritorno, Jon Pankake scoprì il furto perpetrato ai
danni della sua collezione. «A quell'epoca spesso si
lasciava la porta aperta» spiega lui. «Non avevo mai
perso niente e non ero mai stato vittima di un
crimine. Era la prima volta». Ben presto capì che era
stato Bob a prendere i dischi. A notte fonda,
accompagnato da due amici, lo affrontò. «Negava tutto»
racconta Pankake. «L'ho messo con le spalle al muro e
gli ho detto che sapevo con certezza che era stato
lui». Pankake gli sferrò un pugno e Bob confessò. Gli
restituì all'istante alcuni dei dischi e gli disse che
gli avrebbe riportato gli altri il mattino seguente.
Ripensando a questo squallido incidente, Pankake non
crede che Bob abbia rubato i dischi per rivenderli,
anche se valevano circa un centinaio di dollari. Bob,
probabilmente, non lo considerava neanche un furto. Lo
stesso Pankake riconosce che Bob era «assetato di
musica»: semplicemente, aveva saltato la formalità di
chiedere il permesso. Non sarebbe stata l'ultima volta
che Bob prendeva qualcosa senza chiedere.
Clarence Ashley, Jon Pankake, Tex Isley
Dylan, sulla strada seguendo Kerouac
Nell' estate del 1960 Bob andò in autostop fino a
Denver, nel Colorado. Era un viaggio di più di
millequattrocento chilometri e fu una delle più grandi
avventure della sua giovinezza, sulle orme del Kerouac
di Sulla strada , il cui protagonista,
l'anticonformista Dean Moriarty, si ferma spesso a
Denver nel corso dei suoi viaggi avanti e indietro per
il paese. Bob conosceva il libro ed era affascinato
dal personaggio di Moriarty. A spingerlo a Denver fu
però, soprattutto, la vivacità dell'ambiente musicale
della città, che contava diversi locali tra cui il
Satire e l'Exodus.
Dylan al Satire Lounge di Denver, 1963
Una conoscente di Bob gli suggerì di presentarsi a
Walt Conley, il cantante che gestiva il Satire e nel
quale si esibiva. Il gruppo di punta di Conley erano
Dick e Tommy Smothers. Gli Smothers Brothers suonavano
musica folk per un pubblico più vasto e meno esperto.
Si presentavano in giacca e cravatta. Come afferma
Conley, appartenevano a quel filone della musica folk
che «cercava di darsi una ripulita».
Bob, invece,
apparteneva a quel filone del folk che si rotolava
nella polvere. Bob suonava ballate hillbilly e si
vestiva con abiti logori di cotone e jeans: sembrava
un personaggio uscito da Furore e non profumava
esattamente di lavanda, visto che non era
scrupolosissimo in fatto di igiene. Comunque, Conley
gli lasciò fare una breve apparizione prima degli
Smothers Brothers.
Walt Conley viveva in una casetta di legno con tre
stanze, sulla via del suo club, e la divideva con i
musicisti che passavano in città. Quando arrivò Bob,
Dick Smothers e sua moglie dormivano nella stanza
degli ospiti e Tommy Smothers si era sistemato sul
divano. «Bob non sapeva dove dormire» ricorda Conley.
«Mi chiese se poteva sdraiarsi per terra e io gli
dissi di sì. Credo che sia rimasto lì per una notte e
poi abbia cominciato a girare per la città in cerca di
un posto dove stare». All'Exodus Bob conobbe Jesse
Fuller, l'autore di San Francisco Bay Blues , che
allora aveva sessantaquattro anni. Fuller era stato
uno dei primi modelli per Bob: era entrato nella sua
vita dopo Odetta e prima della travolgente, quasi
religiosa scoperta di Woody Guthrie. Fuller si esibiva
nel seminterrato dell'Exodus. Era uno one man band :
suonava contemporaneamente la chitarra, l'armonica, la
grancassa e cantava il blues. Purtroppo per Fuller, il
blues non era molto apprezzato dal grande pubblico
bianco all'epoca e gli affari non gli andavano bene.
«Se penso a quello che è il blues oggi!» dice Conley.
«Ma allora non interessava. E non interessava a
nessuno neanche Bob Dylan».
Gli Smothers Brothers fecero chiaramente capire che
Bob, trasandato finto vagabondo, non andava loro a
geni e ben presto lui perse il lavoro al Satire. «Bob
iniziò a girare per Denver cercando qualcosa da fare.
Si offrì di suonare nei locali, ma non lo voleva
nessuno», racconta Conley. «Confronta la fama di cui
gode adesso e quello che era allora: lo evitavano
proprio».
Bob non era arrivato da molto in città, quando Conley
ricevette una telefonata da Sophia St. John, che
gestiva un saloon in stile western nella vicina città
di Central City, nata all'epoca della corsa all'oro.
La città cercava di ricreare per i turisti l'atmosfera
del selvaggio West. I visitatori potevano setacciare
l'oro e i saloon e gli hotel sembravano usciti da un
western: pagavano gli attori per barcollare su e giù
per la Main Street con boccali di birra incollati a un
vassoio. Il locale di Sophia St. John si fregiava del
nome Gilded Garter, anche se non era uno strip club
come andrà raccontando in seguito Bob.
«Mi serve un cantante» disse la St. John a Walt. «Ho
una ragazza che si chiama Judy Collins ed è brava».
Judy Collins, che allora aveva ventun anni, era agli
inizi di una carriera che l'avrebbe presto portata a
diventare una delle stelle del folk revival. «Ma se
conosci qualcun altro, mandamelo».
«Ho un tizio che si chiama Bob Dylan» rispose Conley.
«È disoccupato e mi sta tra i piedi, perciò vorrei
mandarlo via».
Il Gilded Garter era un posto tremendo. Era
rumorosissimo e i turisti pensavano più a bere e a
mangiare. Bob cercava di intrattenerli suonando il
piano e cantando ma non ebbe successo; non ci volle
molto perché tornasse a Denver con le pive nel sacco e
si fermasse in un alberguccio vicino all'Exodus.
Il Gilded Garter Saloon
Dylan, l’altra faccia della passione
Due anni dopo il suo arrivo a New York, nel bel mezzo
di un inverno particolarmente freddo, Bob avrebbe
visto la propria vita cambiare in modo radicale. Qui
fece conoscenze destinate ad avere un peso decisivo
sulla sua carriera e maturò in fretta come artista.
In parte anche grazie al fatto che erano in pochi a
suonare l’armonica, Bob veniva a volte invitato, da
solo o con Mark, ad accompagnare altri musicisti. Uno
di questi era Fred Neil, un tipo scorbutico che veniva
dalla Florida, con i capelli rossicci e una profonda
voce baritonale.
Fred NeilJon Voigt e Dustin Hoffman in "Midnight Cowboy"
Cosa insolita, Neil era autore delle
canzoni che cantava, in seguito diventerà famoso per
aver composto Everybody’s Talkin’ , tema del film "Un
uomo da marciapiede" (Midnight Cowboy". Neil dava a Bob e Spoelstra un
paio di dollari per accompagnarlo dal vivo. Spoelstra
sostiene che avesse anche l’abitudine di dare qualche
pizzicotto sul sedere ai due ragazzi ogni volta che li
incontrava; ma mentre Spoelstra, infastidito, gli
diceva di piantarla, Bob si metteva a ridere. «Era
disponibile nei confronti di chiunque» ricorda
Spoelstra. «Era molto tollerante nei confronti delle
persone più diverse».
Bob Dylan con Mark Spoelstra backstage al Gerde's
Folk nel 1962
Era un tratto del carattere di Bob. Molti dei suoi più
cari amici erano omosessuali - il più noto è il poeta
Allen Ginsberg - ma lui non aveva mai manifestato
pregiudizi o imbarazzo. Nei primi anni a New York Bob
e Spoelstra, che passavano quasi tutte le sere nei bar
di Downtown e nei locali del Greenwich Village,
conobbero persone di ogni tipo. In un’intervista del
1966, Bob non solo lasciò intendere di aver ricevuto
anche le avance di uomini, ma addirittura dichiarò che
quand’era appena arrivato a New York lui e un amico si
erano dati da fare nei dintorni di Times Square.
«Guadagnavamo centocinquanta o duecentocinquanta
dollari a notte tra tutti e due. Facevamo base nei
bar, ci rimorchiavano uomini e donne». Spoelstra dice
che questa è una delle sue tante invenzioni e nega che
Bob abbia mai avuto tendenze omosessuali: «Ci dovevamo
dar da fare, dovevamo preoccuparci di trovare un posto
per dormire, ma non sono mai stato costretto a
vendermi. Bob non mi ha mai fatto delle avance e io
non l’ho mai visto farne ad altri uomini. In compenso
siamo stati in competizione per una donna. Nessuno dei
due rimase solo molto a lungo in quei sei mesi senza
freni».
In realtà, in quei primi «sei mesi senza freni» a New
York, Bob si affidava spesso al buon cuore delle
donne. All’inizio aveva passato qualche tempo dai
Gleason, gli amici di Guthrie, nel New Jersey. Sid si
preoccupava per le compagnie che Bob frequentava al
Village e gli dava un pò di soldi e Bob, che come al
solito non parlava molto del suo passato, quasi lasciò
loro credere di essere stato cresciuto da genitori
adottivi; ben presto cominciò a chiamare Sid «mamma» e
lei lo considerava uno della famiglia. Anche se lo
adorava, Sid era solo una delle donne che in un modo o
nell’altro gli diedero una mano. Del resto lui non
rimaneva mai troppo a lungo nello stesso posto e solo
di tanto in tanto approfittò dell’ospitalità altrui,
come fece con i Gleason, per non diventare sgradito.
Sidsel Gleason
La sua apparente vulnerabilità faceva sì che gli si
affezionassero. Ma dentro aveva una durezza che gli
permetteva di sopravvivere bene in città. Quando
Bonnie Beecher venne a New York con il suo gruppo
teatrale all’inizio della primavera 1961 e lo cercò
ansiosa, scoprì che Bob stava molto meglio di quel che
si aspettasse. Lui non vedeva l’ora di raccontarle la
sua nuova vita, piena di emozioni. «Una cosa dovevo
fare a ogni costo: tornare e raccontare agli amici che
lui aveva conosciuto davvero Woody Guthrie. Questo
solo gli interessava» ricorda Bonnie. E per
dimostrarglielo, Bob la portò all’ospedale del New
Jersey, dove Bonnie si rese conto di quanto speciale
fosse il legame tra i due. Col crescere del successo
di Dylan, nacquero inevitabilmente delle storie sul
fatto che Guthrie l’avesse in un certo senso scelto
come suo successore.
Bonnie Beecher, 1969
Una volta, per esempio, sembra che Guthrie avesse
detto: «Pete Seeger è uno che canta canzoni folk, non
un cantante folk. Anche Jack Elliott è uno che canta
canzoni folk. Ma Bobby Dylan è un cantante folk.
Cristo santo, lui è davvero un cantante folk».
L’agente di Guthrie, Harold Leventhal, smentisce
recisamente: «Woody non ha mai detto nulla su quelli
che venivano a trovarlo, anche perché non era più in
condizioni di conversare». La verità è che quegli
incontri furono più significativi per Bob che per
Guthrie, che ormai era molto malato.
Davis, la storia del cantante amico ed
ispiratore di Bob Dylan
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Sabato 18 Gennaio 2014
Il mio Village, i miei amici
L’autrice ricorda i personaggi Bohemian della sua giovinezza ora
diventati famosi
di Susan Green
La mia esperienza nell’ambiente del folk è iniziata durante l'autunno
del 1958. Mentre eravamo ancora studentesse delle scuole superiori, ogni
fine settimana la mia amica Suze Rotolo ed io scappavamo dalle nostre
città di origine, rispettivamente nel Queens e Long Island, per
assaporare il demi-monde bohémien di Lower Manhattan.
La domenica ci saremmo incontrate con altri amici a folleggiare in
Washington Square Park, dove la musica tradizionale e le radici della
musica popolare gareggiavano con le canzoni di protesta catturando tutta
la nostra attenzione. Anche se spesso facevamo volontariato per le
attività di promozione dei diritti civili o per bandire la bomba atomica
eravamo due ragazze ancora adolescenti che volevano solo divertirsi.
Suze accanto a me sulla destra
Tesa più dall’eccitazione più
accattivante del Village che dall'educazione scolastica, ero però
riluttante a lasciare il Goddard College nel settembre 1960. Il Village
sembrava molto più emozionante della vita del campus nelle zone rurali
del Vermont. Durante la mia gioventù quel quartiere della città era un
vero paradiso a mio avviso.
Anche se i miei genitori hanno vinto la discussione sul fatto che avrei
dovuto abbracciare il mondo accademico ed abbandonare le scappatelle al
Village, ho trascorso ogni vacanza possibile in quel luogo. Così, per
caso, il mio primo incontro con Bob Dylan è avvenuto durante il periodo
di Pasqua del 1961.
Stavo passeggiando lungo MacDougal Street con Judy, una mia compagna di
classe del liceo poi matricola alla New York University. Siamo entrate
al “Folklore Center”, un negozio che vendeva dischi e strumenti
acustici. Nella stanza sul retro, un ragazzo col la faccina rosea con un
berretto di velluto nero stava strimpellando la sua chitarra. Abbiamo
chiacchierato con lui per un pò di questo e quello.
Pochi giorni dopo, il 5 aprile, Judy mi ha invitata a partecipare a una
riunione del suo NYU Folk Music Club. Uno sconosciuto cantante che era
da poco arrivato in città si sarebbe esibito per il suo primo concerto
retribuito nella Grande Mela, guadagnando solo $ 20. In questo posto
c’erano circa sei persone, sedute sul pavimento. Il cantante era il
ragazzo dal Folklore Center, presentato a noi come Bob Dylan. Da quel
momento, diventai una sua fan accanita.
Bob Dylan, Karen Dalton and Fred Neil
performing in New York in 1961
Dylan spesso suonava l’armonica
accompagnando il trovatore Fred Neil al Café Wha? in MacDougal Street.
Ecco dove Dylan ha incontrato Dave Van Ronk , che è stato notevolmente
ri-immaginato come l'antieroe di "Inside Llewyn Davis". Dylan, Van Ronk
e Ramblin' Jack Elliott, erano tre amiconi fino a quando i primi salari
di fame li hanno trasformati in rivali semi-amici.
La Rotolo divenne amica e musa di Dylan dopo aver flirtato tutta una
giornata assistendo ad uno show popolare che includeva anche Dave Van
Ronk alla Riverside Church nel luglio 1961. "E' stato un momento molto
esaltante per la musica folk, " ricorda Bob Yellin, un residente di
Underhill poi diventato suonatore di banjo bluegrass con i ragazzi del
Greenbriar che aveva co-prodotto l'evento.
Bob Dylan, Suze Rotolo, Dave Van Ronk
La Rotolo appare mentre cammina nella
neve sottobraccio a Dylan sulla iconica copertina di "The Freewheelin’
Bob Dylan", album del 1963, ed il direttore della fotografia di "Inside
Llewyn Davis", Bruno Delbonnel, ha detto che ha usato quella copertina
come modello per l’inverno Newyorkese dello scontento personaggio
principale del film.
con Ralph Rinzer (a sinistra al mandolino) e John
Herald (a destra alla chitarra) membri dei Greenbriar Boys - 25
Settembre 1961. Dylan era un numero di contorno nello show dei
Greenbriar Boys e fu notato da Robert Shelton che gli dedicò la mitica
recensione sul New York Times che lanciò di fatto la carriera di Dylan
Il trionfo di Dylan cominciò dopo la fine
di settembre del 1961 quando il critico musicale Robert Shelton scrisse
sul New York Time il 29 settembre 1961 la recensione del suo concerto
d’apertura per i Greenbriar Boys) in un club del Village chiamato
Gerde’s Folk City: - Un volto nuovo e brillante della musica folk è apparso al Gerde's
Folk City. Nonostante non passi vent'anni, Bob Dylan è uno degli
stilisti più caratteristici che abbiano suonato in un cabaret di
Manhattan negli ultimi mesi.
Sorta d'incrocio tra un ragazzo del coro e un beatnik, Dylan ha
l'aspetto di un cherubino e una zazzera di capelli arruffati, in parte
coperti da un cappello di velluto nero alla Huck Finn. I suoi vestiti
hanno forse bisogno d'un sarto ma quando Dylan lavora con chitarra,
armonica e piano e compone canzoni nuove cosi in fretta da non riuscire
a ricordarle, non c'è dubbio che il talento gli sprizza da tutti i pori.
La sua voce è tutto tranne che graziosa. Dylan cerca coscientemente di
ritrovare la rude bellezza di un bracciante agricolo del Sud che
rimedita una melodia sulla sua veranda. Le sue note conservano tutto il
loro “tossire e abbaiare”, e un'intensità bruciante pervade le sue
canzoni.
Dylan è sia commediante sia tragico. Come un attore di vaudeville del
circuito rurale, può offrire tutta una gamma di buffi monologhi: Talking
Bear Mountain satireggia il sovraffollamento di un'escursione in barca;
Talking New York ironizza sulle sue difficoltà per guadagnarsi la
notorietà e Talking Havah Nagilah parodizza la mania della folk music e
il cantante stesso.
Se di vena seria, Dylan sembra recitare in un film al rallentatore. Le
sue elastiche frasi sono distese e stirate, al punto da far pensare che
potrebbero rompersi. Dylan scuote la testa e il corpo, chiude gli occhi
come se sognasse, sembra cercare a tastoni una parola e uno stato d'
animo, infine risolve la tensione acconsentendo a trovare la parola e lo
stato d'animo.
Può mormorare il testo di House Of The Rising Sun facendone un ruggito o
un sospiro scarsamente comprensibili oppure enunciare con la massima
chiarezza la poetica amarezza di un blues di Blind Lemon Jefferson: "Ti
chiedo un piccolo favore/Bada che la mia tomba sia pulita"
L'approccio altamente personale di Dylan alla canzone folk è ancora in
evoluzione. Dylan ha assorbito influenze come una spugna. A tratti la
sua tensione verso il dramma si risolve in un melodramma fuori bersaglio
e la sua stilizzazione minaccia di oscillare e di farsi eccesso
manieristico.
Ma, se non è per tutti i gusti, il suo modo di far musica ha il marchio
dell'originalità e dell'ispirazione, tanto più notevoli se si pensa alla
sua età. Dylan è vago riguardo alla sua nascita e ai suoi precedenti ma
importa meno dove è stato che dove sta andando, e sembrerebbe che stia
andando diritto in alto -.
(da maggiesfarm.it)
Bob e Suze
Ero tornata al Goddard a dicembre quando
la Rotolo mi scrisse una lettera circa il trambusto che aveva osservato
scatenarsi intorno a Dylan mentre stava registrando il suo primo album:
"Le cose che stanno accadendo a lui accadono solo nei film. Prendimi in
parola, venderanno I capelli di Bob Dylan come reliquie abbastanza
presto".
La Rotolo rimase vicina a Van Ronk per molto tempo dopo che la sua
relazione con Dylan si era conclusa. "Dave è un innovatore" mi disse nel
1996. "Penso che sia uno dei più grandi cantanti e racconta storie
meravigliose".
Van Ronk, scomparso nel 2002, sapeva
facilmente togliere “la buccia e la corteccia” alle cose, ma non ha mai
ottenuto i riconoscimenti che invece aveva raccolto l’ambizioso giovane
Dylan. Tuttavia, la sua eredità è molto al di sopra di quello che il
personaggio di Llewyn Davis lascia negli spettatori .
Duluth è una città del Nord del Minnesota. È costruita su una scogliera
sulla riva occidentale del Lago Superiore e vive del commercio di
minerale di ferro. Qui nacque Robert Allen Zimmerman, in arte Bob Dylan,
nel maggio del 1941. In un articolo del 1998 Elvis Costello scrisse:
«... che cosa ci fa Robert Zimmerman a Duluth? Già questa è una storia:
la sua famiglia dev’essere arrivata lì provenendo da qualche altra
parte. Già questo spiega la storia della musica folk».
Il padre di Bob, Abe Zimmerman, era figlio di Zigman e Anna Zimmerman,
immigrati ebrei dell’Europa dell’Est.
La madre, Beatrice Stone, detta Beatty, con l’accento sull’ultima
sillaba, veniva da una nota famiglia ebrea di Hibbing, una città della
Iron Range.
Nel 1941 Abe era stato promosso a un ruolo dirigenziale alla Standard
Oil; così lui e Beatty avevano abbastanza soldi da permettersi un
appartamento. Beatty era incinta quando si trasferirono al 519 North
della 3rd Avenue East, una casetta bifamiliare di assicelle con un tetto
spiovente e una veranda in cima a una collina che sovrastava Duluth.
Avevano affittato l’appartamento con due camere da letto al secondo
piano. Alle nove e cinque della sera del 24 maggio 1941, Beatty diede
alla luce un figlio maschio, nel vicino St. Mary’s Hospital. Pesava tre
chili e duecento grammi. Quattro giorni dopo, quando il bambino venne
registrato e circonciso, gli fu dato il nome. In effetti ne ricevette
due. In ebraico si chiamava Shabtai Zisel
ben Avraham. Al secolo sarebbe stato Robert Allen Zimmerman. Robert era
all’epoca il nome più diffuso tra i ragazzi. Quasi subito venne chiamato
Bob o Bobby. Sua madre diceva che era così bello che sarebbe potuto
essere una bambina.
Il quartiere di Central Hillside a Duluth era in prevalenza abitato da
ebrei e polacchi. C’erano una sinagoga in fondo alla strada, un general
store, un fornaio europeo, il negozio di liquori Loiselle e un Sears
Roebuck ai piedi della collina. Il tempo
dipendeva dal Lago Superiore, così ampio e profondo da rimanere
freddissimo per tutto l’anno. Anche nel bel mezzo dell’estate Duluth
poteva essere avvolta da una nebbia fredda. C’era il fresco odore
dell’oceano e si sentivano stridere i gabbiani. Quando le navi si
avvicinavano all’inconfondibile Ariel Bridge suonavano la sirena e dal
ponte rispondeva loro un’altra sirena.
Sono questi i paesaggi e i suoni che accompagnarono l’infanzia di Bob,
mentre la Seconda guerra mondiale si avviava, violenta, al termine. Nel
1946, un anno dopo la fine della guerra, Bob si iscrisse alle scuole
elementari di Nettleton, a due isolati da casa. Lo stesso anno debuttò
come cantante a una festa in famiglia. I bambini erano incoraggiati a
esibirsi per
intrattenere gli adulti. Quando venne il suo turno, Bob, che aveva
cinque anni, si mise a battere il piede per terra per richiamare
l’attenzione. «Se faranno tutti silenzio - disse -, canterò una canzone
per la mia nonna. Canto Some Sunday Morning ». Ebbe un tale successo che
il pubblico chiese un bis. Bob li accontentò con Accentuate the Positive
. Erano canzoni che andavano di moda alla radio, all’epoca. «Non la
smettevano di telefonarmi per congratularsi con me»,
ha raccontato Beatty, orgogliosa.
Poco tempo dopo, Bob ebbe una seconda opportunità di esibirsi, al
matrimonio della sorella di Beatty, Irene. I parenti volevano che Bob
cantasse ancora, ma il ragazzo era riluttante. Uno zio gli offrì dei
soldi, ma solo Abe riuscì a persuaderlo. Di nuovo introdusse la canzone
dicendo ai parenti su di giri: «Canterò se c’è silenzio». Fu un grande
successo anche
la seconda volta. Tutti applaudivano ed esultavano, e uno degli zii di
Bob gli mise in mano dei soldi. Con un istintivo senso dello spettacolo,
Bob si girò verso sua madre e disse: «Mamma, restituisco i soldi». Fece
impazzire i presenti. «La gente rideva di gioia nell’ascoltarlo. Direi
che era un bambino amabile, un bambino molto insolito - ricordava Abe -.
Credo
fossimo noi gli ultimi a immaginare che sarebbe diventato famoso prima o
poi... Quando aveva cantato Accentuate the Positive nel modo in cui i
bambini della sua età cantavano Mary Had a Little Lamb dicevano che era
bravissimo». Ed era incredibile (ad ammetterlo è la stessa Beatty)
quanto poco suo figlio fosse viziato, nonostante tutte le attenzioni.
Il primo bacio a ritmo di boogie
Il suo primo gruppo a Hibbing iniziò come una specie di gioco con dei
ragazzi che conosceva sin da quando era bambino. Come i genitori di Bob
avevano incoraggiato i loro figli a suonare strumenti musicali, così
avevano fatto anche altri genitori.
Con il crescere della loro passione per la musica Bob e John Bucklen
passavano sempre più tempo in un negozio di musica nella 1st Avenue,
gestito da un uomo di origine finlandese di nome Hautala, che - così
sembrava ai ragazzi - aveva sempre in bocca gli ultimi cinque centimetri
di un sigaro. Hautala, in un inglese stentato, mostrava con pazienza ai
ragazzi i cataloghi
di chitarre che poteva ordinare. Bob, che aveva da poco usato i suoi
risparmi per comprare una chitarra elettrica da quattro soldi al Sears
Roebuck, tenendola nascosta ai suoi genitori finché non avesse finito di
pagarla, si innamorò di una Supro elettrica solid-body con una sfumatura
dorata. (...)
Echo Star Helstrom, la prima ragazza importante di Bob, era
un'adolescente di Hibbing poco inserita. Era la figlia più piccola di
Matt e Martha Helstrom, i cui genitori venivano dalla Finlandia. In
città li chiamavano i «finlandiani». Echo Star aveva ricevuto questo
nome poetico perché era nata molti anni dopo l'ultimo dei suoi fratelli
- «mia madre diceva che ero come una piccola eco» - e perché il ghiaccio
aveva fatto un disegno a forma di stella sulla finestra dell'ospedale il
giorno della sua nascita. Era una ragazza con capelli biondo platino,
molto bella, ed era un'esclusa fin da piccola anche perché gli
Helstrom vivevano in mezzo ai boschi. Erano solo a cinque chilometri
dalla città, una piacevole passeggiata, d'estate; ma abbastanza distanti
perché Echo si considerasse una campagnola e ritenesse le ragazze di
Hibbing «gente di città». Si dava un look da ribelle e portava giacca di
pelle e jeans, in un periodo in cui molte ragazze indossavano gonnelline
di
feltro con i barboncini ricamati sopra. Come dice l'amico di Bob, Luke
Davich: «Era il suo aspetto a essere davvero selvaggio». Echo aveva
forse un aspetto selvaggio, ma era una persona piena di calore umano,
sensibile e allegra, che non condivideva l'entusiasmo generale per
Gioventù bruciata perché lo trovava «deprimente» e non c'era bisogno di
vivere «con tanta rabbia».
Nel fine settimana Echo faceva un giro in città insieme alla sua amica
Dee Dee Lockhart. Una sera che nevicava, nel 1957, mentre Echo e Dee Dee
attraversavano Howard Street dirette all'L&B Cafe, videro Bob all'angolo
della strada che suonava la chitarra e cantava. Echo pensava che Bob,
con il quale ricordava vagamente di aver parlato una volta, fosse «un
tipo strano». Non aveva l'aria di chi suona per soldi visto che non
aveva una ciotola per gli spiccioli e nessuno si fermava ad ascoltarlo.
Suonava per il puro piacere di farlo e cantava da solo sotto la neve. A
lei parve una cosa assolutamente bizzarra.
Le ragazze si sedettero in un séparé ed Echo ordinò uno dei suoi drink
speciali alla Coca-Cola: un misto di cioccolato e arancia o cioccolato e
ciliegia «tanto per cambiare».
Benché Echo ritenesse Bob un tipo strano, si misero a chiacchierare e
venne fuori che lei era un'altra appassionata del programma radiofonico
No-Name Jive e che amava il blues. A volte ascoltava la radio tutta la
notte, soprattutto d'estate quando il segnale era più forte e la
ricezione migliore. Il fatto che a Echo piacesse il blues la avvicinò
subito ai ragazzi. «I
miei amici non capivano quanto amassimo quel tipo di musica», racconta
lei. Quella sera Bob voleva suonare il piano, perciò andarono lì
accanto, al Moose Lodge.
Echo forzò la serratura con il suo temperino e Bob le suonò il
boogie-woogie. «Era bravo!», dice Echo. «Sapeva suonare il piano come un
vecchio bluesman». Si scambiarono i numeri di telefono e si misero
d'accordo per vedersi il giorno dopo. Bob voleva che andasse a casa sua
a sentire i suoi dischi.
Per un mese Echo, Bob e John Bucklen passarono il tempo insieme. Echo
era abituata ad aver degli amici maschi e parlava di Bob e Bucklen come
dei suoi amici «della musica». Ma una sera, mentre erano a casa di
Bucklen e parlavano di film, Bob baciò Echo, lasciandola di stucco. «Ero
completamente sbalordita: pensavo fossimo solo amici. Non avrei mai
immaginato
che fosse interessato a me come ragazza». John Bucklen fu costretto ad
andarsene e loro due passarono il resto della serata a pomiciare.
Zimmerman diventa Bob Dylan
Più la musica diventava una cosa seria per Bob, più divenne chiaro che
gli serviva un nome d'arte. Molti dei cantanti che gli piacevano si
erano scelti un nome orecchiabile, e Zimmerman non lo era di certo. Ci
sono un sacco di versioni su come Bobby Zimmerman sia diventato Bob
Dylan, e lui ha rilasciato dichiarazioni contraddittorie, nessuna delle
quali collima con la versione che ricordano i suoi amici. La risposta
più chiara che ha dato è questa: voleva chiamarsi Dillion perché un suo
zio portava quel cognome. In realtà non c'era nessun Dillion nella sua
famiglia. Dillion, in ogni caso, doveva essere un nome che Bob aveva
sentito spesso. James Dillon era stato uno dei primi fondatori di
Hibbing, e una famiglia con quel cognome possedeva una fattoria in
Dillon Road. Uno dei giocatori di football più famosi del Minnesota si
chiamava Bobby Dillon. In una nota serie televisiva dell'epoca, Gunsmoke
, c'era un personaggio che si chiamava Matt Dillon. Di qui forse l'idea
di quel nome. Bob, però, scelse di scriverlo in modo diverso.
Nella primavera del 1958, dopo che la neve si era sciolta e l'erba aveva
iniziato a crescere attorno alla casa di Echo nei boschi, Bob andò da
lei con la sua Ford decappottabile. «Ho trovato il nome», le disse. «So
come mi chiamerò d'ora in poi».
Quando glielo disse, Echo chiese: «D-i-l-l-o-n, come Matt Dillon?».
«No, no, no: D-y-l-a-n». Bob aveva un libro sottobraccio e lo mostrò a
Echo. Era una raccolta di poesie di Dylan Thomas.
Dylan Thomas era molto noto in America durante l'adolescenza di Bob. Il
poeta aveva tenuto una serie di reading che avevano avuto buon successo
ed era morto alcolizzato a New York nel 1953, a trentanove anni. Il
fatto che fosse morto abbastanza giovane e in quelle circostanze bastò
perché Bob lo accogliesse nel pantheon delle sue divinità tragiche
insieme a James Dean e Hank Williams. Bob, tra l'altro, leggeva e
apprezzava le poesie di Dylan Thomas. In effetti aveva
gusti sorprendentemente raffinati in fatto di letteratura e aveva letto
molto e bene. Questa attitudine in parte era dovuta a un professore di
letteratura della Hibbing High che aveva trasmesso l'amore e la capacità
di comprendere la materia a
quasi tutti i suoi alunni. Boniface J. Rolfzen, noto come B. J., era un
uomo che amava il suo lavoro.
«Ricordo che mi fece apprezzare Shakespeare», racconta John Bucklen.
«Era un bravo insegnante di letteratura:
lo sentivi che gli piaceva la materia, la conosceva e l'amava».
Quando dovette scrivere una tesina sul proprio autore preferito, Bob
scelse John Steinbeck e si entusiasmò a tal punto per Furore da scrivere
un saggio di quindici pagine per il quale ricevette un «ottimo». «John
Steinbeck è grande», diceva con entusiasmo Bob a Echo: il suo elogio fu
tale che lei si sentì spinta a leggere tutti i libri di Steinbeck che
riuscì a trovare. Echo ricorda che Bob aveva spesso dei libri
sottobraccio e che quei libri erano quasi sempre di poesia. Beatty
diceva che suo figlio scriveva poesie in continuazione: «Temevo che mi
sarebbe diventato poeta! Ai miei tempi, un poeta era un disoccupato».
Lei e Abe si preoccuparono parecchio per questa faccenda e la cosa
provocò delle tensioni, man mano che Bob cresceva.
In parte anche a causa dello scioglimento dei Golden Chords, Bob iniziò
a passare più tempo a Duluth e nelle Twin Cities insieme ai suoi amici e
ai cugini, durante l'ultimo anno di scuola. Echo sospettava che uscisse
con altre ragazze. Lo disse a John Bucklen e lui rispose che poteva
esser vero. Echo sospettava anche che Bob si vedesse con la sua amica
Dee Dee. Bob cominciava a mostrarsi indifferente nei suoi confronti.
Usciva da solo alla sera, dicendo a Echo di aspettarlo a casa. Lei si
stancò di questo andazzo e andò lo stesso in città. «Cosa ci fai qui?»,
le chiese Bob, quando la vide.
«Sono venuta in città con le mie amiche».
Allora lui la fece salire sulla moto e la riportò a casa. Lei pensava
che avrebbero passato la serata insieme. «Invece mi ha lasciato lì!»,
esclama, disgustata. «E ovviamente, una volta tornata a casa, i miei
genitori non mi avrebbero più fatta uscire. È stato l'inizio della
fine».
Echo affrontò Bob nel corridoio della Hibbing High e gli restituì il
braccialetto. «Cosa fai?», le chiese con gli occhi azzurri spalancati
per la sorpresa. «Non fare così, qui nel corridoio». Ma Echo aveva
deciso che tra loro era finita.
"The Times....": 50 anni fa la
rivoluzione di Bob Dylan
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Giovedi 16 Gennaio 2014
Talkin' 9308
- Miscio
Caro Mr. Tambourine,
che il nuovo anno sia propizio a tutti i Maggiesfarmer, e in particolare
a te e Maria Rosa, a cui sono debitore di ringraziamenti arretrati,
ma.... meglio tardi che mai. Scartabellare su Tempest ha fatto emergere
nuovi particolari che vi racconterò nei prossimi giorni, ma oggi volevo
parlare di un'altra cosa, e cioè del link relativo al film di Ethan e
Joel Coen, che sembra ripercorrere la biografia di Dave Van Ronk. Dico
sembra, poiché la moglie di Van Ronk ha messo fortemente in dubbio che
il film possa riferirsi al marito se non in certi frangenti. Nella sua
autobiografia, “The Mayor of MacDougal Street” Van Ronk si lascia andare
ad affermazioni un pò stralunate, tipo : «Da quella scena emersero un
Bob Dylan, un Tom Paxton, un Phil Ochs e tempo dopo una Joni Mitchell;
non un Johann Sebastian Bach o un Duke Ellington», come che al tempo di
Bach ci fossero i cantautori o come se Duke Ellington fosse un paroliere
o debba essere in un certo senso considerato, dato il suo virtuosismo
strumentale, “superiore” a un Robert Johnson. Affermazioni con poco
senso, anche se si capisce che l'intenzione di Van Ronk è quella di
mostrare che quella scena non produsse grandi artisti, cosa che può
anche non essere condivisa. Che poi Ginsberg e Kerouac siano “autori
sopravvalutatissimi” e che gli stili di vita alternativi degli anni 60'
si fossero già affacciati alla storia col marchese de Sade è un giudizio
da vero scarpone, che penso appartenga più all'autore dell'articolo che
a Van Ronk. Riguardo alla scrittura di Dylan, Van Ronk entra più nello
specifico e val la pena di ascoltarlo:
[ “… più auto-coscientemente “artistico” diviene lo scrivere, meno
interesse ho a prenderne parte. Come qualcuno disse una volta, “Quando
sento la parola “arte” tolgo la sicura alla mia Browning.” Tutta questa
mistica dell’arte è una delle grandi trappole di questa faccenda, perché
questa strada porta all’inintelligibilità. Dylan ha un sacco di
responsabilità per questo, perché dopo un pò scoprì che poteva
venirsene fuori con qualunque cosa – lui era Bob Dylan e la gente
prendeva ogni parola che usciva dalla sua bocca come vangelo. Così si
poté permettere cose come “All Along the Watchtower” che è semplicemente
uno strafalcione dall’inizio alla fine: una torre di guardia non è una
strada o un muro, e non ci si può camminare per il lungo. Naturalmente
questo tipo di superficialità non è nata con Dylan. C’era già una lunga
tradizione di poeti che scrivevano cose che suonavano meravigliose ma
che non avevano senso. A me la poesia risulta automaticamente sospetta,
perché se sei un poeta abbastanza bravo puoi far suonare delle stronzate
così meravigliosamente che la gente non si accorge che si tratta di
stronzate. Negli anni ’50 andavo regolarmente ad ascoltare Dylan Thomas
alla vecchia White Horse Tavern, e quando aveva bevuto parecchio – cosa
frequente -, recitava poesie, e a me cadeva la mandibola. Era magnifico,
sontuoso e recitava in maniera meravigliosa. Ma quando tornavo e le
leggevo sulla pagina scritta, parecchie di quelle cose si rivelavano
stupidaggini. Non tutte, in ogni modo, ma sfido chiunque a spiegarmi a
cosa si riferiscano alcuni elementi. Ho finito per concluderne che non
si dovrebbe mai esprimere in poesia qualcosa che non si possa dire anche
in prosa. La poesia ha gli stessi obblighi di senso di ogni altra
espressione prodotta dalla bocca umana. Quest’idea si è realizzata in me
soprattutto leggendo Ezra Pound. L’opera poetica di Pound comprende
alcuni dei più patetici oscurantismi che abbiano mai sporcato una
pagina, ma egli è pure l’autore di “The ABC of Reading” e questo libro
mi ha insegnato che la poesia è prima di tutto obbligata ad avere un
senso, perché se non lo ha, nessuno la leggerebbe, e se nessuno la
leggesse, non varrebbe la pena di scriverla. Riguardo alla scrittura di
una canzone, se la melodia è abbastanza carina e l’arrangiamento
abbastanza solido, la gente la ascolterà anche se le parole non hanno
alcun senso – ma ciò non ne fa una canzone ben scritta. Quando i testi
diventano pretenziosi, pomposi o oscuri, l’autore proclama alto e forte
che lui è un artista. Lo stesso concetto d’arte, come lo intendiamo
oggi, è una costruzione intellettuale dell’inizio del XIX secolo fondata
su quelle che considero false idee romantiche. Credo che fosse una buona
cosa che durante il Rinascimento, persone come Michelangelo fossero
trattate come dei decoratori d’interni. Una canzone ben scritta è un
pezzo d’artigianato. Prendetevi cura dell’artigianato e l’arte si
prenderà cura di se stessa.”]
Certamente l'usanza di propagandare ogni insulsaggine prodotta dalla
star di turno come un capolavoro è una delle caratteristiche
dell'industria culturale di massa, ma nonostante qualche caduta sia
innegabile, non penso che Dylan sia incappato tanto spesso nella
tentazione di usare tali scorciatoie (ho usato volutamente il verbo al
passato, perché oggi alla sua età e con più nulla da dimostrare sarebbe
patetico usare tali stratagemmi). Il contrario vorrebbe dire che non ha
creduto nel proprio valore di artista e nel contenuto delle sue opere, e
non penso che sia così. Inoltre è piuttosto evidente che il giudizio
dato da Van Ronk su “All Along the Watchtower” è un clamoroso
infortunio, e se fosse ancora vivo, avremmo potuto suggerirgli di
leggere l'articolo che Vites ha appena scritto (“BRUCE SPRINGSTEEN/ Da
Jimi Hendrix a Tom Morello, quando il rumore diventa necessario”) sulla
nuova esecuzione di “The Gost of Tom Joad” che tratta di queste cose;
poiché era una persona intelligente, ammetterebbe di essersi sbagliato.
Se poi ci aggiungiamo i giudizi su Dylan Thomas e Pound, l'impressione
che se ne trae è che la concezione che Van Ronk ha dell'arte avrebbe
bisogno di qualche aggiornamento. Dovremmo dare per scontata
l’inesistenza dell’inconscio quando lo utilizzano tutti, dai
pubblicitari alle commesse dei supermercati? Dimenticare Surrealismo e
Avanguardie? Pensare che la Linguistica moderna sia tutta una balla e
che ogni significante si porti appresso il suo significato come il
carabiniere col ladro sulla strada della galera? Dare un “senso”
all’opera d’arte è qualcosa di più complesso che non trasformarla in
prosa. Il linguaggio - diceva Levy-Strauss – come ogni altra istituzione
sociale, presuppone delle funzioni mentali operanti a livello inconscio.
Carrera, (e qui mi scuso di tirarlo sempre in mezzo, ma è quanto di
meglio possa sperare un dylaniano) a coloro che sostenevano la lettura
di Mr. Tambourine Man come l’esperienza di un viaggio allucinogeno
rispondeva : “...Mr. Tambourine Man non è affatto una canzone escapista.
[..] L’alternativa al mondo deludente del commercio e del consumo non è
la droga, perché anche la droga entra presto a far parte del consumo,
bensì l’accesso al simbolico.” Ora su cosa sia di preciso il “simbolico”
se ne occuperanno antropologi, linguisti e psicoanalisti e i
maggiesfarmer lo sapranno fare meglio di me. Da parte mia posso solo
dire che lo intuisco come una forza che sta dietro lo slittamento di
significato di termini che non hanno referenti precisi come bello e
brutto, bene o male. Non è necessario quindi diventare psicoanalisti
lacaniani per farsi un'idea di che cosa sia “l’accesso al simbolico”.
Non vuol dire cercare un senso tra quelli più comodi che si hanno a
disposizione, ma rifondare le categorie del senso, vuol dire un sistema
di valori completamente diverso da guerra e denaro, vuol dire capire che
un uomo e una donna non sono uguali solo perché lo dice la legge, ma
perché sono fratello e sorella che si tengono per mano in bilico sul
vuoto del mondo. Ecco perché tanti giovani, magari illusi, si dirà,
negli anni 60' ci si ritrovavano in questa canzone, la sentivano e la
capivano senza trasporla in prosa, ed ecco perché Ginsberg diceva che
Dylan aveva portato la poesia nel jukebox. Non si trattava, come dice
Van Ronk, di una illusione romantica, idealistica, il sospiro del buon
borghese che dura il tempo di una fumata di pipa in poltrona, davanti al
caminetto, e questo proprio perché quel sogno era legato al cambiamento
reale che stavano subendo la loro vita e i loro valori. E’ a questo
mondo in trasformazione che allude “Mr.Tambourine Man” e non ci allude
attraverso un “senso” strettamente determinato. Poi potremo speculare
sui particolari, sulla marijuana, sul perché della figura del
tamburello, il “trickster” (sempre Carrera) della situazione,
quell'essere semispirituale, traghettatore, “che mette in moto
cambiamenti imprevedibili” e ci porta nell'altro universo simbolico; del
perché sia proprio un personaggio perdente e puro come la Gelsomina di
“La Strada”, che (come ha detto lui) viene in mente a Dylan per
traghettarci nel mondo dei valori ribaltati. E' solo a questo punto e
non prima che possiamo richiamare la figura di Cristo, quello che si
sporca le mani con l'uomo e che s'incontra nel volto di Gelsomina, o
“negli occhi della ragazza della sponda del fiume rosso” (copia/incolla
da Vites), e non quello “escapista”, da “oppio dei popoli” che arriva
con la sua astronave per portarci nel giardino delle delizie dove
dimentichiamo i nostri dolori. Ma questi dettagli, queste
interpretazioni personali, più o meno calzanti, non sono così
importanti. L’importante è che il tamburo continui a suonare nella testa
della gente, a spingere la gran carriola del simbolico, perché cambiare
le culture è difficile e i processi simbolici sono lenti. Roll on,
Gelsomina, sistemaci.
ciao, Miscio.
Caro Miscio,
prima di tutto grazie degli auguri, detto questo, permettimi di farti i
miei complimenti perchè la tua mail è davvero ben scritta. Affronta
argomenti seri con una ricerca particolarmente accurata.
Che il film dei fratelli Coen “A PROPOSITO DI DAVIS” sia stato ispirato
al “Sindaco di MacDougal Street” non lo mette in dubbio nessuno, ma
proprio perchè è un film, non rispetta per niente quella che poteva, o
doveva essere, la filosofia di vita di Van Ronk. Credo che nel film ci
sia molto generato dalla fantasia dei fratelli Coen, dello sceneggiatore
e da coloro che hanno scritto questa storia ispirata ad un personaggio,
potremmo dire minore, del Village, anche se soprannominato “sindaco”.
Certo Van Ronk è un artista come tanti che hanno frequentato il Village
all’inizio degli anni ’60, ma penso, e questa è solo la mia opinione,
che abbia fatto parte degli artisti di seconda o terza fascia, questo
senza nulla togliere alle sue opere, ma proprio non me la sento di
paragonarlo a gente come Dylan, Ginsberg, Kerouac, Ferlinghetti, Lou
Reed, Andy Wharol, Woody Allen o Frank Zappa. Van Ronk ha avuto la
fortuna di conoscere e spianare la strada a Dylan, ma la sua sarà sempre
una battaglia persa fra talento, successo, arte, vita e tante altre
cose, non riuscirà mai a sfondare e diventare un artista di primo piano
sulla scena folk o cantautorale nazionale. Il talento non è cosa che si
compra al mercato a chili, o ce l’hai o non ce l’hai, pochissime persone
ne hanno tanto, moltissime ne hanno poco e fra queste moltissime ci sono
anche quelle che il talento lo sprecano per questioni di carattere, non
abbastanza determinate o volitive per raggiungere alti traguardi
sfruttando le loro doti. Se fosse così facile il mondo sarebbe
inflazionato di Bob Dylan, ma la realtà è molto diversa, dal Village
usciranno molti artisti di valore, ma pochissimi di talento e solo uno
di genio assoluto.
Naturalmente il film dei Coen è una cosa e la vita di Van Ronk è
un’altra, come è giusto che sia. La biografia di Van Ronk, come tutte le
biografie, può peccare in diverse cose, ma anche queste biografie vanno
prese con beneficio di inventario, anche Dylan si dimentica molte cose o
le confonde nella sua Chronicles. Van Ronk godeva di una posizione di
privilegio per il suo rapporto con Dylan e quindi può anche dire cose
che, per quanto strane possano sembrare, nessono potrebbe contestargli.
Probabilmente molto di quello che c’è nella sua biografia è vero, altre
cose minori saranno esagerate, alcune forse inventate di sana pianta, ma
ci stà tutto. Che poi le sue idee non siano magari totalmente
condivisibili mi sembra umano, i suoi giudizi sono solo “i suoi
giudizi”, e chissà quanti di questi pareri sono stati scritti solo ad
uso biografico. Ma questo noi non possiamo saperlo e nemmeno giudicarlo,
possiamo non condividerlo come mi sembra abbia fatto in parte tu, questo
non ce lo nega nessuno.
Fare della filosofia spicciola su artisti del calibro di Dylan è in
genere una cosa perdente, e forse Van Ronk era sincero, chi lo sà, forse
potrebbe essere diventato geloso del successo e del talento di Dylan,
forse si è sentito sottovalutato come artista, e l’elenco dei forse
potrebbe essere molto lungo, ma certo, dire che All along sia una
ciofeca mi sembra esagerato anche da parte di Van Ronk.
Certo valgono molto di più le opinioni ed i giudizi di studiosi come il
prof. Alessandro Carrera, perchè gente come lui, avendo una reputazione
da difendere ed onorare, non può permettersi di scrivere banalità o
sciocchezze.
Mi viene in mente di paragonarti ai Coen, nel senso che anche tu hai il
diritto di dire la tua proprio come han fatto loro, la differenza è che
loro dispongono oltre che di talento, anche di ingenti capitali che
permmettono loro di trasformare in film le loro opinioni, mentre altri
meno fortunati come te e tanti altri amici di Maggiesfarm, hanno a
disposizione solo una pagina di un piccolo sito amatoriale come la
Fattoria. Ma questo non toglie validità a nessuno, anzi, trovo molto
bello che si trovino spunti interessanti per dissertare su quella che
comunemente viene chiamata “arte”.
Resto in attesa delle prossime tue su Tempest e confesso che la cosa mi
intriga mica poco.
Ciao, Mr.Tambourine.
Ciao Mr. Tambourine,
qui la recensione de "L'Arena" del nostro concerto a Verona,
al Club "IL GIARDINO".
La firma è di Beppe Montresor, dylaniano oltranzista :-)
Diponibile in Blu-Ray, DVD e CD con
nuove bonus track
Una versione aggiornata del leggendario
evento all-star del 1992, "Bob Dylan: The 30th Anniversary Concert
Celebration" sarà pubblicata dalla Sony il 4 marzo negli Stati Uniti e
sarà disponibile in Blu -Ray e DVD per la prima volta, e il set di 2 CD
conterrà anche materiale aggiuntivo.
Ecco il trafiletto:
Il 16 ottobre del 1992, un gruppo impressionante di artisti si sono
riuniti al Madison Square Garden di New York City con lo scopo di
celebrare la musica di Bob Dylan in occasione del suo 30° anniversario
di carriera. Il cast riuniva un novero davvero notevole di grandi star
della musica come Eric Clapton, Johnny Cash, Eddie Vedder, i Clancy
Brothers, Lou Reed, Stivie Wonder, Willie Nelson, Johnny Winter, Neil
Young e molti altri, per un concerto di 4 ore di ore di fronte ad un
pubblico di oltre 18.000 persone. Calorosamente soprannominato
"Bobfest", lo spettacolo è stato trasmesso in tutto il mondo e
caratterizzato da un cast di notevoli artisti che eseguivano selezioni
scelte con cura e spesso sorprendenti dall’incomparabile Dylan Songbook.
Alla fine della serata, l' uomo onorato è apparso sul palco. In un mondo
dove i raduni all-star sono diventati comuni, la celebrazione di Bob
Dylan si è distinta come un evento musicale legittimamente memorabile.
Secondo Sony , la nuova edizione "deluxe" del CD presenta opere d'arte
aggiornate, audio rimasterizzato, materiale aggiuntivo (Eric Clapton
“Love Music Zero / No Limit" , incluso solo nella versione video) e due
tracce bonus inedite di prove ( "Don’t think twice. It’s all right"
suonata e cantata da Eric Claspton, e "I Believe In You" di Sinead
O'Connor ). La traccia separata di Kris Kristofferson che presenta
Stevie Wonder, incluso nel CD originale del 1993 ora non c’è più.
Le versioni Blu-Ray e DVD e dispongono di un inedito nuovo High
Definition (16 x 9) master video, audio rimasterizzati e 40 minuti di
materiale “dietro le quinte", tra cui un inedito repertorio di prove e
interviste .
29 brani sono inclusi nel programma di DVD / Blu -Ray regolare, con tre
spettacoli originariamente integrati nelle versioni originali 1993 in
VHS ora elencati come "bonus track" :"Leopard -Skin Pill -Box Hat" di
John Mellencamp, "Boots of Spanish Leather" di Nanci Griffith con
Carolyn Hester , e" Gotta Serve Somebody "di Booker T. & the MG.
Nel mese di dicembre Sinead O'Connor ha espresso in un post sul suo sito
quanto è stata contenta che la sua versione di " I Believe In You" sia
stata inclusa nel CD .
Elenco delle tracce , cortesia SONY :
CD1
•1. LIKE A ROLLING STONE - John Mellencamp
•2. LEOPARD-SKIN PILL-BOX HAT - John Mellencamp
•3. BLOWIN’ IN THE WIND - Stevie Wonder
•4. FOOT OF PRIDE - Lou Reed
•5. MASTERS OF WAR - Eddie Vedder/Mike McCready
•6. THE TIMES THEY ARE A-CHANGIN’ - Tracy Chapman
•7. IT AIN’T ME, BABE - June Carter Cash/Johnny Cash
•8. WHAT WAS IT YOU WANTED - Willie Nelson
•9. I’LL BE YOUR BABY TONIGHT - Kris Kristofferson
•10. HIGHWAY 61 REVISITED - Johnny Winter
•11. SEVEN DAYS - Ron Wood
•12. JUST LIKE A WOMAN - Richie Havens
•13. WHEN THE SHIP COMES IN - The Clancy Brothers and Robbie O’Connell
with special guest Tommy Makem
•14. YOU AIN’T GOIN’ NOWHERE - Mary-Chapin Carpenter/ Rosanne Cash/Shawn
Colvin
CD2
•1. JUST LIKE TOM THUMB’S BLUES - Neil Young
•2. ALL ALONG THE WATCHTOWER - Neil Young
•3. I SHALL BE RELEASED - Chissie Hynde
•4. LOVE MINUS ZERO/NO LIMIT - Eric Clapton (Note: Not on original CD)
•5. DON’T THINK TWICE, IT’S ALL RIGHT - Eric Clapton
•6. EMOTIONALLY YOURS - The O’Jays
•7. WHEN I PAINT MY MASTERPIECE - The Band
•8. ABSOLUTELY SWEET MARIE - George Harrison
•9. LICENSE TO KILL - Tom Petty & The Heartbreakers
•10. RAINY DAY WOMAN #12 & 35 - Tom Petty & The Heartbreakers
•11. MR TAMBOURINE MAN - Roger McGuinn
•12. IT’S ALRIGHT, MA (I’M ONLY BLEEDING) - Bob Dylan
•13. MY BACK PAGES - Bob Dylan/Roger McGuinn/Tom Petty/ Neil Young/Eric
Clapton/George Harrison
•14. KNOCKIN’ ON HEAVEN’S DOOR - Everyone
•15. GIRL OF THE NORTH COUNTRY - Bob Dylan
Bonus Tracks (Taken from rehearsal performances):
•DON’T THINK TWICE, IT’S ALL RIGHT – Eric Clapton
•I BELIEVE IN YOU - Sinead O’Connor
BLU-RAY/DVD:
•1. LIKE A ROLLING STONE - John Mellencamp
•2. BLOWIN’ IN THE WIND - Stevie Wonder
•3. FOOT OF PRIDE - Lou Reed
•4. MASTERS OF WAR - Eddie Vedder/Mike McCready
•5. THE TIMES THEY ARE A-CHANGIN’ - Tracy Chapman
•6. IT AIN’T ME BABE - June Carter Cash/Johnny Cash
•7. WHAT WAS IT YOU WANTED - Willie Nelson
•8. I’LL BE YOUR BABY TONIGHT - Kris Kristofferson
•9. HIGHWAY 61 REVISITED - Johnny Winter
•10. SEVEN DAYS - Ron Wood
•11. JUST LIKE A WOMAN - Richie Havens
•12. WHEN THE SHIP COMES IN - The Clancy Brothers and Robbie O’Connell
with special guest Tommy Makem
•13. WAR - Sinead O’Connor
•14. JUST LIKE TOM THUMB’S BLUES - Neil Young
•15. ALL ALONG THE WATCHTOWER - Neil Young
•16. I SHALL BE RELEASED - Chissie Hynde
•17. LOVE MINUS ZERO/NO LIMIT - Eric Clapton
•18. DON’T THINK TWICE, IT’S ALL RIGHT- Eric Clapton
•19. EMOTIONALLY YOURS - The O’Jays
•20. WHEN I PAINT MY MASTERPIECE - The Band
•21. YOU AIN’T GOIN’ NOWHERE - Mary-Chapin Carpenter/ Rosanne Cash/Shawn
Colvin
•22. ABSOLUTELY SWEET MARIE - George Harrison
•23. LICENSE TO KILL - Tom Petty & The Heartbreakers
•24. RAINY DAY WOMAN #12 & 35 - Tom Petty & The Heartbreakers
•25. MR TAMBOURINE MAN - Roger McGuinn
•26. IT’S ALRIGHT, MA - Bob Dylan
•27. MY BACK PAGES - Bob Dylan/Roger McGuinn/Tom Petty/Neil Young/Eric
Clapton/George Harrison
•28. KNOCKIN’ ON HEAVEN’S DOOR - Everyone
•29. GIRL OF THE NORTH COUNTRY - Bob Dylan
Bonus Performances:
•LEOPARD-SKIN PILL-BOX HAT - John Mellencamp
•BOOTS OF SPANISH LEATHER - Nancy Griffith with Carolyn Hester
•GOTTA SERVE SOMEBODY - Booker T. & The M.G.’s
•40 minutes of "Behind The Scenes" (includes previously unreleased
rehearsal footage and interviews).
COMPLETE ORIGINAL CONCERT LISTING:
Pre-Broadcast Songs:
•Gotta Serve Somebody - Booker T Jones
•From A Buick 6 - G.E. Smith
•Lay Lady Lay (instrumental) - G.E. Smith
•Boots Of Spanish Leather - Nanci Griffith & Carolyn Hester
•See That My Grave Is Kept Clean - John Hammond
Broadcast Songs
•Like A Rolling Stone - John Mellencamp with Al Kooper
•Leopard-Skin Pill-Box Hat - John Mellencamp with Al Kooper
•Blowin' In The Wind - Stevie Wonder
•Wanted Man - George Thorogood
•I Want You - Sophie B Hawkins
•Foot Of Pride - Lou Reed
•Masters Of War - Eddie Vedder & Mike McCready
•The Times They Are A-Changin' - Tracy Chapman
•It Ain’t Me, Babe - June Carter & Johnny Cash
•What Was It You Wanted? - Willie Nelson
•I’ll Be Your Baby Tonight - Kris Kristofferson
•Highway 61 Revisited - Johnny Winter
•Seven Days - Ron Wood
•Just Like A Woman - Richie Havens
•When The Ship Comes In - The Clancy Brothers & Tommy Makem
•I Believe In You (Abandoned) > War - Sinead O’Connor
•Just Like Tom Thumb’s Blues - Neil Young
•All Along The Watchtower - Neil Young
•I Shall Be Released - Chrissie Hynde
•Love Minus Zero/No Limit - Eric Clapton
•Don’t Think Twice, It’s All Right - Eric Clapton
•Emotionally Yours - The O’Jays
•When I Paint My Masterpiece - The Band
•You Ain’t Goin' Nowhere - Shawn Colvin/Mary Chapin Carpenter/Roseanne
Cash
•If Not For You - George Harrison
•Absolutely Sweet Marie - George Harrison
•License To Kill - Tom Petty & The Heartbreakers
•Rainy Day Women - Tom Petty & The Heartbreakers
•Mr. Tambourine Man - Roger McGuinn with Tom Petty & The Heartbreakers
•Song To Woody - Bob Dylan
•It’s Alright Ma (I’m Only Bleeding)- Bob Dylan
•My Back Pages - McGuinn, Petty, Young, Clapton, Dylan, Harrison
•Knockin' On Heaven’s Door - All
•Girl From The North Country - Bob Dylan
Known interviews: Sinead O’Connor, Eric Clapton, Rick Danko, Levon Helm,
Roger McGuinn, Liam Clancy, Tommy Makem, Sophie B. Hawkins, and Tracy
Chapman.
Known rehearsals:
•It Takes A Lot To Laugh, It Takes A Train To Cry (Dylan/Clapton)
•My Back Pages (McGuinn, Petty, Young, Clapton, Dylan, Harrison)
•Just Like Tom Thumb’s Blues (Neil Young)
•All Along The Watchtower (Neil Young)
•Forever Young (Neil Young)
Harold Lepidus - "Bob Dylan Examiner"
(Fonte:
http://www.examiner.com/article/bonus-material-for-dylan-s-30th-anniversary-concert-blu-ray-dvd-and-cd?CID=examiner_alerts_article)
Dylan ha "copiato" The Times They Are A-Changin'
?
Dylan
ha ammesso che proprio quel pezzo, tra i suoi più
riconoscibili, «deriva molto probabilmente da una vecchia
ballata scozzese». The times they are a-changin' ,
pubblicata nel 1964 e subito divenuta un classico della
controcultura - sarebbe stata ispirata da Hamish Henderson,
agente segreto scozzese, in seguito poeta e pacifista, e in
particolare dalla sua ballata the 51st (highland) division's
farewell to Sicily. Henderson, uno dei maggiori poeti di Scozia, scrisse il pezzo durante la seconda guerra mondiale
dedicandolo ai soldati che tornavano dall'Italia. Rab Noakes, cantautore e produttore, che ha studiato le
influenze scozzesi di Dylan, pensa che Bob vi si sia imbattuto attraverso
Richard Farina,
musicista e romanziere, ai tempi del Greenwich Village a New York negli anni sessanta.
Una canzone scozzese, e scritta nel più stretto e ostico dialetto delle
Highlands, dedicata...alla Sicilia? In guerra può succedere anche
questo. Nel 1943, dopo lo sbarco alleato, il 51° reggimento di fanteria
delle Highlands, proveniente dall'Africa Settentrionale, viene messo di
stanza in Sicilia, con comando nella località di Tremestieri, presso
Messina in direzione di Taormina. Ne fa parte anche il capitano Hamish
Henderson, che nella vita civile fa il folklorista e lo scrittore di
canzoni. Uno dei maggiori della sua terra. Nel 1944, quando il
reggimento viene spostato e deve abbandonare la Sicilia, Henderson
scrive una canzone facendola musicare al comandante ("Pipe Major",
ovvero "Cornamusa maggiore") della banda del reggimento, James
Robertson. Ne nasce "Farewell to Sicily", nota con una pletora di nomi
diversi ("Banks of Sicily", "Farewell ye Banks of Sicily", "The 51st
Regiment March of Creek"...), da allora divenuta un autentico classico.
Una canzone nella guerra, dove in qualche verso lo scozzese si mescola
all'italiano. Ma anche, a modo suo, una canzone contro la guerra, se gli
scozzesi del 51° reggimento sentirono il dovere di scrivere e cantare
una canzone che esprimeva il rimpianto di lasciare una terra dove, dopo
lo sbarco e cessati i combattimenti, dovevano essersi trovati
evidentemente bene. E una canzone dove traspare la stanchezza e la
preoccupazione di dover tornare a combattere ("puir bliddy swaddies are
weary"). E c'è anche una Lola da lasciare...
La canzone è stata interpretata, tra gli altri, dal Kingston Trio e da
Ewan McColl.
51st (Highland) Infantry Division
La 51st (Highland) Infantry Division fu una divisione di fanteria del
British Army. Costituita nel 1908, prese parte alla prima guerra
mondiale combattendo sul fronte occidentale e venendo sciolta nel 1919;
ricostruita nel 1938 come parte della Territorial Force, prese parte
alla seconda guerra mondiale combattendo in Francia, nel teatro del
Mediterraneo e poi di nuovo in Normandia, venendo infine sostanzialmente
disattivata al termine del conflitto.
La sua eredità è portata avanti dalla 51 (Scottish) Brigade, l'unità del
British Army attualmente responsabile della guarnigione della Scozia.
Come parte della British Expeditionary Force, la divisione fu inviata in
Francia nel gennaio del 1940, per poi partecipare alle operazioni contro
l'invasione tedesca del maggio seguente; l'unità fu quasi completamente
annientata durante la campagna, tanto che l'intero organico della 9th
(Highland) Infantry Division (unità di seconda schiera del Territorial
Army) fu utilizzato per ricostruire la 51st Division nell'agosto del
1940.
Inviata in Egitto, nell'ottobre del 1942 la divisione partecipò alla
seconda battaglia di El Alamein, scontro decisivo nell'ambito dello
scenario nordafricano della seconda guerra mondiale, durante la quale
ebbe il compito di sfondare la linea dei "giardini del diavolo" (una
linea di sbarramento di mine applicati dagli italo-tedeschi). La
divisione sfondò le difese italo-tedesche il 2 novembre assieme alla 9ª
Divisione australiana, subendo la maggior parte delle perdite (quasi
7.000 tra morti, feriti e dispersi) a causa dei campi minati;
successivamente tentò l'inseguimento dell'Afrika Korps tedesco, che
tuttavia nei pressi di Fuka riuscì a fuggire. A metà del 1943 la
divisione inseguì l'Afrika Korps attraverso la Libia e la Tunisia.
Dopo i successi del Nordafrica la 51st Division ebbe il compito, assieme
ad altre divisioni, di invadere la Sicilia (Operazione Husky) inquadrata
nel XXX Corpo d'armata dell'8ª Armata britannica.
La divisione viene chiamata anche per l'invasione della Normandia nel
giugno del 1944, inquadrata nel XXI Corpo d'armata britannico; la
divisione partecipò poi alla fallimentare operazione Perch e la
conquista della cittadina di Caen. Successivamente combatté con le forze
canadesi durante l'operazione Totalise (agosto 1944) e poi ancora lungo
la costa settentrionale della Francia; dopo la cattura di Le Havre,
prese parte alla battaglia della Schelda (ottobre 1944) e svolse compiti
secondari durante l'offensiva delle Ardenne. Nel febbraio del 1945 perse
parte all'operazione Veritable, per poi partecipare all'attraversamento
del Reno nel marzo seguente (operazione Plunder) concludendo il
conflitto nella zona di Bremerhaven.
The 51st (Highland) Division's Farewell to Sicily
Lo scozzese Hamish Henderson, membro degli Int. Corps britannici, aveva
partecipato alla Campagna del Nordafrica e poi, insieme alla 51ª
Divisione, si era mosso, in seno all'Operazione Husky, alla volta della
Sicilia. Dopo la liberazione di Messina (16-17 agosto 1943), la 51ª
divisione fu posta a presidiare il Messinese. Nei giorni di settembre
in cui si organizzava il rientro degli scozzesi a casa (via mare, perché
la via italiana era bloccata), il capitano Henderson si trovava nei
pressi di Linguaglossa, quando udì intonare da membri della 153ª brigata
le note di Farewell to the Creeks, un motivo per cornamusa scozzese
scritto intorno al 1915 dal Pipe Major James Robertson (1886-1961).
Sulla base di questa musica, Henderson scrisse le parole del brano che
prenderà il nome di The 51st (Highland) Division's Farewell to Sicily,
(brano conosciuto con vari titoli, tra cui Banks of Sicily). Bob Dylan
ha affermato che per la sua canzone The Times They Are a-Changin' ha
preso ispirazione dalla composizione di Henderson.
51st ( Highland ) Division's Farewell To Sicily
Words: Hamish Henderson / Music: James Robertson
The pipie is dozie, the pipie is fey
He wullnae come roun for his vino the day
The sky owre Messina is unco an gray
An aa the bricht chaumers are eerie
Fareweill ye banks o Sicily
Fare ye weill ye valley an shaw
There's nae Jock will murn the kyles o ye
Aa the bricht chaumers are eerie
[Puir bliddy swaddies are wearie]
Fareweill ye banks o Sicily
Fare ye weill ye valley an shaw
There's nae hame can smour the wiles o ye
Aa the bricht chaumers are eerie
[Puir bliddy swaddies are wearie]
Then doun the stair an line the watterside
Wait yer turn the ferry's awa
Then doun the stair an line the watterside
Aa the bricht chaumers are eerie
The drummie is polisht, the drummie is braw
He cannae be seen for his wabbin ava
He's beezed himsell up for a photie an aa
Tae leave wi his Lola, his dearie
Fareweill ye banks o Sicily
Fare ye weill ye sheilin an haa
We'll aa mind shebeens an bothies
Whaur kind signorinas were cheerie
Fareweill ye banks o Sicily
Fare ye weill ye sheilin an haa
We'll aa mind shebeens an bothies
Whaur Jock made a date wi his dearie
Then tune the pipes an drub the tenor drum
Leave yer kit this side o the waa
Then tune the pipes an drub the tenor drum
Puir bluidy swaddies are wearie
[Aa the bricht chaumers are eerie]
Dave Van Ronk (Brooklyn, 30 giugno 1936 –
New York, 10 febbraio 2002) è stato un musicista e cantautore
statunitense.
Chitarrista, arrangiatore (suo il moderno arrangiamento del traditional
The House of the Rising Sun) e intimo amico di Bob Dylan, è stato figura
di rilievo nel panorama della musica folk, che negli anni sessanta
gravitava attorno al Greenwich Village di New York City. Era
soprannominato il Sindaco di MacDougal Street.
Nel suo repertorio figuravano anche brani strumentali di ragtime. È
stato artista di spicco del Newport Folk Festival e nel 1985 gli è stato
conferito il Premio Tenco alla carriera.
Dave Van Ronk nasce e cresce a New York. Si trasferisce dalla natìa
Brooklyn al quartiere di Queens nel 1951 per studiare alla Holy Child
Catholic High School. Dal 1949 suona nel Barbershop Quartet, un gruppo
musicale composto da quattro musicisti che si esibisce nelle sale da
barbiere. Lascia prima di terminare gli studi alla scuola superiore e
trascorre gli anni successivi vagabondando per Manhattan. Ancora
adolescente si trasferisce al Greenwich Village, a qualche miglio da
casa. In quel periodo si imbarca anche come marinaio su navi della
marina mercantile. Le sue prime esperienze professionali nel campo della
musica sono al seguito di tradizionali orchestrine jazz che si
esibiscono nell'area di New York. Successivamente avrebbe detto riguardo
quel periodo e a proposito dei suoi compagni di viaggio: "Eravamo
intenzionati a suonare il jazz tradizionale nel modo peggiore possibile,
e lo facemmo!".
Il jazz revival tuttavia non prende campo e Van Ronk passa a dedicarsi
al blues che aveva ascoltato anni prima da artisti come Furry Lewis e
Mississippi John Hurt. Van Ronk non fu il primo musicista bianco a
suonare blues afroamericano, ma divenne noto per il suo stile
interpretativo inserito in un contesto originale. Dal 1958 passa a
suonare brani folk-blues accompagnandosi con la chitarra acustica.
Spesso componeva le canzoni che cantava, molte volte invece arrangiava
brani di artisti della prima era folk che venivano rivalutati in
coincidenza con il revival di questo genere musicale.
Registra il primo album Sings Ballads, Blues & a Spiritual nel 1959, per
l'etichetta discografica Folkways Records di Moses Asch.
Durante gli anni sessanta supportò il movement, il movimento della
sinistra radicale che appoggiava le cause per i diritti civili. In
questo senso fu membro della Libertarian League e del Trotskyist
American Committee per la Quarta Internazionale (ACFI, poi Workers
League, ente predecessore del Socialist Equality Party).
Nel 1969 si trovò coinvolto suo malgrado nei Moti di Stonewall, durante
i quali fu arrestato e imprigionato per un breve periodo. Nel 1974
partecipò, insieme a Pete Seeger, Arlo Guthrie e Bob Dylan, ad un
concerto organizzato da Phil Ochs in favore dei rifugiati politici dal
colpo di stato cileno di Augusto Pinochet e noto come An Evening with
Salvador Allende.
Ha continuato a suonare per quarant'anni tenendo il suo ultimo concerto
pochi mesi prima di morire. È deceduto per insufficienza cardiopolmonare
mentre era ricoverato per un cancro al colon in un ospedale di New York
City, prima di poter completare il libro di memorie scritto a quattro
mani con Elijah Wald, The Mayor Of MacDougal Street, pubblicato postumo
nel 2005.
È stato sposato negli anni sessanta con Terri Thal. Successivamente ha
avuto una relazione con Joanne Grace, quindi si è risposato con Andrea
Vuocolo, cui è stato legato per il resto della sua vita.
Van Ronk è diventato un personaggio di rilievo per i suoi molteplici
interessi. Di stazza vistosa, con personalità carismatica e aria da
intellettuale, amava cucinare, si occupava di storia, politica e
fantascienza, contribuendo a diverse fanzine. Cosa rara per uno
statunitense, non volle mai imparare a guidare un'auto, né quindi
prendere la patente di guida.
In particolare, di rilievo è stato l'apporto di Van Ronk al revival
della musica folk acustica degli anni sessanta, anche se la sua
formazione artistica traeva spunto da un vasto repertorio di motivi
tradizionali che comprendeva tanto ballate della cultura popolare della
Gran Bretagna, quanto canzoni di Bertolt Brecht, brani rock and roll,
New Orleans jazz e canti di genere swing. Spesso è stato associato al
blues, ma egli usava puntualizzare nei suoi concerti che aveva in
repertorio solo pochi brani di questo genere.
Van Ronk, che è stato amico, oltre che di Dylan, di numerosi altri
cantanti folk fra cui Tom Paxton, Patrick Sky, Phil Ochs e Joni
Mitchell, ha trovato sempre sorprendente il fatto di essere considerato
una leggenda del suo tempo.
Nel 2004 una parte di Sheridan Square, al Village, dove Barrow Street
incrocia con Washington Place, è stata rinominata in sua memoria Dave
Van Ronk Street.
Nel 2013 i fratelli Cohen hanno presentato al Festival di Cannes il film
"A proposito di Davis" (Inside Llewyn Davis), ispirato alla vita e alla
carriera di Van Ronk. Il titolo del film riprende il titolo dell'album
Inside Dave Van Ronk.
Discografia:
The Orange Blossom Jug Five: Skiffle in Stereo (1958)
Dave Van Ronk Sings Ballads, Blues And A Spiritual (1959)
Van Ronk Sings (Vol. 2) (1961)
Dave Van Ronk, Folksinger (1963)
Dave Van Ronk And The Red Onion Jazz Band: In The Tradition (1964)
Inside Dave Van Ronk (1964)
Just Dave Van Ronk (1964)
Dave Van Ronk And The Ragtime Jug Stompers (1964)
No Dirty Names (1966)
Dave Van Ronk And The Hudson Dusters (1968)
Van Ronk (1971)
Van Ronk (1972)
Songs For Ageing Children (1973)
Sunday Street (1976)
Somebody Else, Not Me (1980)
Your Basic Dave Van Ronk (1982)
St. James Infirmary (1983)
Dave Van Ronk In Rome (1983)
Going Back To Brooklyn (1985)
Hesitation Blues (1988)
Frankie Armstrong & Dave Van Ronk: Let No One Deceive You: Songs of
Bertolt Brecht (1990)
Hummin' To Myself - Dave Van Ronk Sings An American Songbook (1990)
The Folkways Years, 1959 - 1961 (1991)
A Chrestomathy (1992)
To All My Friends In Far-Flung Places (1994)
from ... another time & place (1995)
Dave Van Ronk Live at Sir George Williams University (1997)
Dave Van Ronk: Sweet & Lowdown (2001)
The Two Sides Of Dave Van Ronk (2002)
'Dave Van Ronk: ...and the tin pan bended and the story ended... (2004)
'Dave Van Ronk: The Mayor of MacDougal Street, Rarities 1957-1969 (2005)
Anticipata l'uscita di "A proposito di
Davis" dei Coen
clicca qui
Lunedi 13 Gennaio 2014
Shelter From The Storm - La storia
insita in “Blood On The Tracks”
(Parte terza)
E anche in questa fase Bob era
chiaramente preoccupato per le conseguenze che queste canzoni
autobiografiche avrebbero potuto avere sul suo già travagliato
matrimonio. La relativamente benigna "Meet Me In The Morning" fu scelta
al posto della ben più rancorosa "Call Letter Blues". Quest'ultima , che
verrà finalmente pubblicata sul Bootleg Series box set Vol. 1 - 3 nel
1991, ribolle per il senso di colpa e l'amarezza di un uomo appena
abbandonato dalla moglie. I suoi patetici dettagli domestici possono
venire solo dalle cose di tutti i giorni: "Beh, i tuoi amici vengono per
te, Non so cosa dire, Proprio non ce la faccio a dirgli Tesoro, che te
ne sei andata". E cosa avrebbe detto Sara sentendo queste frasi scritte
con con sputato veleno giulivo: "Beh, i bambini piangono per la mamma,
Dico loro: La mamma è partita per un viaggio, Beh, cammino sulle spine,
Spero che la lingua non mi scivoli".
La sensibilità del brano è sottolineata da una misteriosa omissione,
inserita più tardi nel libro di Bob Dylan Lyrics del 2004, dei suoi
versi finali, momento in cui Bob guarda la sua ex-partner con un altro
uomo e fa queste considerazioni: "Là fuori in lontananza, so che sei con
un altro uomo, ma è tutto a posto piccola, lo sai che ti capisco sempre.
Ragazze squillo nella luce della porta mi gettano tutte un'occhiata, ma
il mio cuore non ci sta, posso benissimo tirare dritto". Questo lato
oscuro dell'anima di una divorziata, troppo anche per Dylan, fu
rapidamente sepolto.
Dylan portò allora le registrazioni con lui in Minnesota per passare le
vacanze di Natale dal fratello David. Tornato a New York, il giornalista
Pete Hammill aveva scritto note di copertina elegiache e la Columbia le
aveva stampate su una copertina iconicamente elegante, la parte
anteriore mostrava una foto solarizzata di Dylan, impassibile,
indistinto, e apparentemente non agitato.
Le presse erano pronte per stampare i dischi, ma Bob e suo fratello
David, riascoltando le sessioni, si convinsero che almeno la metà dei
brani mancava di qualche scintilla vitale. "Avevo l’acetato" disse dopo
Bob, "Non l’avevo ascoltato da un paio di mesi, il disco non era ancora
uscito, e così l’ho messo sul giradischi. Appena l’ho sentito... ho
pensato che le canzoni avrebbero potuto suonare in modo diverso,
migliore. Così sono andato in studio e le ho registrate di nuovo". Dylan
chiamò la Columbia per interrompere la produzione alla vigilia di
Natale, poche ore prima della pubblicazione. La pressione su tutte le
persone coinvolte, appena i programmi erano stati ribaltati e triturati,
deve essere stata terribile. Fu l'unica volta che Dylan prese una
posizione rigida nel corso di una registrazione. Il suo investimento
personale in essa non avrebbe potuto essere più chiaro.
David Zimmerman convinse suo fratello Bob che non c'era bisogno di una
fuga disperata dal Minnesota per tornare a New York. Aveva lavorato nel
settore della musica del Minnesota per anni, e aveva tutti i contatti di
cui avevano bisogno. Il 27 dicembre , il “ Minneapolis Sound Studio 80”
fu prenotato dopo aver assemblato rapidamente alcuni musicisti locali.
All’inizio, l' introverso Dylan parlava con questi musicisti solo
attraverso David. Ma quando cominciarono a registrare “Idiot Wind" Blood
On The Tracks finalmente cominciò a prendere forma.
Dylan era preoccupato che i versi in questa canzone epica sul triste
crollo di un amore, indicassero troppo platealmente la sua rottura con
Sara. Scrisse dei nuovi versi leggermente modificati e,dopo una sola
take, si allontanò per una soda, e tornò con un altro versetto
scarabocchiato su un foglieto di carta. Poi cominciarono la seconda
take, quella che sarebbe andata sull’album.
Qualunque cosa era successa nella testa di Dylan da settembre, pensieri
di amore e di pace per la moglie assente non erano più alla ribalta.
Anche se Bob pensava che i testi non potevano ricondurre a Sara, i suoi
nuovi testi immaginavano un ex- amante accecato dalla corruzione, il cui
volto era deformato e irriconoscibile. Anche entrare nella stanza di lei
o toccare le sue cose che le erano appartenute gli provocava disgusto.
Peggio ancora, l’aveva ridotta come quei confusi fans impazziti che
entrambi avevano perseguitato a Woodstock e New York, che andavano da
lei a chiedere dov’era Bob. La sua voce era una frusta sferzante piena
di pericolosissimo veleno, come il suono di un organo catapultato in un
vortice carnevalesco. Con le sue immagini istintivamente surreali ("C'è
un soldato solitario sulla croce, un torrenziale fumo esce dalla porta
di un carro merci..."), che riconduceva la mente alla misteriosa fonte
di quei soprannaturali flussi lirici di Blonde On Blonde e al "selvaggio
suono di mercurio". Questo era appropriato perché, versetto dopo
versetto, " Idiot Wind" sembrava disfare uno dei più potenti incantesimi
dell'album. Era l'altra faccia oscura di "Sad Eyed -Lady Of The Lowlands
", un altrettanto maestoso rifiutare l’idolo di quella canzone che era
Sara.
Dopo si lanciò dritto in “Tangled Up In Blue", un’ alta canzone
candidata per il titolo di più grande canzone di Dylan, una panoramica
prismatica di un amore tristemente vacillante nel corso degli anni , la
sua seconda strofa in particolare ( " Lei era sposata quando ci siamo
incontrati per la prima volta, dopo poco divorziò, io l'ho aiutata a
tirarsene fuori, credo, ma ho usato un pò troppo le maniere brusche.
Guidammo quell'auto quanto più lontano possibile, l'abbandonammo ad
Ovest. Ci dividemmo in una buia e triste notte, essendo entrambi
d'accordo che fosse la cosa migliore, lei si voltò per guardarmi
mentre me ne stavo andando via. Le sentii dire alle mie spalle "Ci
incontreremo ancora un giorno su un viale alberato,
aggrovigliato nella tristezza".
Il testo sembrava riferirsi direttamente alla fine del primo matrimonio
di Sara col marito Hans Lownds. Ma le sue origini sotterranee
autobiografiche diventarono importanti per l’ uso geniale fatto da Dylan
con le tecniche apprese da Norman Raeben.
Dylan ha spiegato i vari spostamenti temporali della canzone, la
sfocatura delle amanti e la presenza di un narratore, con chiaro
riferimento al suo maestro. "Che cosa c'è di diverso?" ha detto , "E’
che c'è un codice nei testi, e c'è anche il senso del tempo. Stavo
cercando di renderlo come un dipinto dove si possono vedere le diverse
parti ma anche vedere tutto l’insieme... i personaggi cambiano dalla
prima persona alla terza persona, e tu non sei mai sicuro se è la terza
persona che parla o la prima. Ma se si guarda a fondo la cosa non ha
molta importanza".
Ancora una volta, qualcosa di vitale era stata acquisita in Minnesota.
Se le sessioni di New York avevano mostrato un superbo esempio di un
cantante/songwriter acustico, pronto a far fuori anche James Taylor,
Dylan era ormai consapevolmente di aver ripreso il suo stile di vita
della metà degli anni '60. Era tornato a fare il donnaiolo, ed a bere
molto. Ora la crisi con Sara che aveva causato tutto questo gli fece
ritrovare la sua capacità di scrivere. Tutti l’avevano aiutato. Il
musicista Kevin Odegard gli aveva suggerito di usare la voce su un altro
registro che gli permetteva un approccio più arzillo alle canzoni. David
aveva riscritto le parti di batteria mettendo in risalto il rullante con
le pelli tirate fino al punto di rottura. Le istruzioni di Dylan erano
state esplicite. "Era chiaro per noi" ha ricordato Odegard "Che Bob
voleva duplicare il suono che aveva ottenuto su “Highway 61".
Dylan prese una pausa dalle registrazioni per quel week-end, per tornare
poi in studio il 30 dicembre 1974. Portò i suoi figli con lui.
L’atmosfera attorno a Bob era migliorata, ma questo fatto non rimosse
l’dea che Blood On The Tracks era, come Jakob Dylan avrebbe poi
affermato a distanza di anni , "I miei genitori che litigano".
L'atmosfera divenne di rilassante vacanza come papà iniziò a cantare
"She’s A Big Girl Now" e "If You See Her, Say Hallo", interpretati come
addii col cuore spezzato a Sara. Era un pò giù " disse il bassista Billy
Petersen, "Il feeling era un pò pesante”.
Il tocco finale fu una parte su note molto alte di mandolino che Dylan
volle aggiungere a " If You See Her ... " per ottenere un suono "come le
ali degli uccelli svolazzanti". Il mandolinista, Peter Ostroushko, si
rifiutò di suonare così in alto sulla tastiera, sostenendo che tali note
non sarebbero suonate vere. Dylan gli strappò il mandolino di mano e
suonò le note personalmente.
Blood On The Tracks uscì nei negozi finalmente il 20 gennaio 1975,
diviso a 50/50 tra le sessioni di New York e quelle del Minnesota.
Nonostante la devastazione emotiva che lo aveva ispirato, l'album che
Dylan aveva creato non era un album sentimentale e strappalacrime, e
nemmeno una pura confessione in singhiozi Fu un capolavoro ben
equilibrato, "Idiot Wind" conteneva parole e sentimenti più duri di
"She’s A Big Girl Now " e "You’re Gonna Make Me Lonesome When You Go".
Quest'ultima, presumibilmente scritta per Ellen Bernstein dopo la sua
visita dell'estate precedente, potrebbe aver segretamente girato il
coltello nel cuore di Sara. Ma quando arriva "Shelter From The Storm",
un appello per la salvezza da parte di un vecchio amante, l'album
diventa l’immagine matura e profonda di un amore in crisi. Divertente e
drammatico, anche se non ultimo, "Lily, Rosemary and The Jack Of Heart",
un’epica ballata western in 16 strofe, tanto sorprendente come i cuori
spezzati di cui narra. E le performances di Dylan erano potenti e
perfettamente equilibrate come le migliori che avesse mai fatto. Dopo
aver cercato di sparire per otto anni, il trauma aveva spogliato il suo
nudo genio.
I recensori furono concordi, avevano preso atto con soddisfazione
crudele del break-up che aveva spazzato l’artista sostituendo Dylan
l'ottuso felice marito con il “Dylan reale”. "Il messaggio è desolante"
ha scritto Paul Cowan di The Village Voice, "A 34 anni, con il suo
matrimonio schiantatosi sugli scogli, lui è tornato solo, ancora una
volta vagabondo e solitario... come in tutti i grandi album i Dylan, il
dolore è il rovescio della sua leggendaria crudeltà... [ che ] porta un
tipo molto particolare di maledizione. "Dylan ha cercato di depistare i
suoi critici, "I critici hanno pensato che fosse autobiografico" Nel
1985, ancora più arrabbiato disse: "Bè, ho letto che questa doveva
essere di mia moglie. Vorrei che qualcuno mi chiedesse prima di scrivere
o stampare roba del genere. Cretini, stupidi e fuorvianti...comunque,
non è l'esperienza che conta, è l'atteggiamento verso l'esperienza. Io
non scrivo canzoni confessionali. L'emozione non ha niente a che fare
con essa. Sembra solo così, come sembra che Laurence Olivier sia Amleto
in persona quando recita in teatro ... "
Già nel 1975, però, allora più onesto, quando un intervistatore
radiofonico gli disse che aveva apprezzato il disco sbottò: "Un sacco di
persone mi dicono che hanno gradito questo album, è difficile per me
relazionarmi con persone che traggono godimento da questo tipo di
dolore” Qualunque fossero state le loro motivazioni, un milione di
americani comprarono Blood On The Tracks entro il marzo del '75. Andò al
n°1 in america (n° 4 nel Regno Unito), e per un pè seppe anche
difendersi dall’assalto di “Born To Run” di Bruce Springsteen. Il crollo
della sua famiglia gli aveva salvato la carriera.
Ciao Mr.Tambourine,
non ti ho mai ringraziato per aver continuato il lavoro di Michele
salvando tutto il capitale che aveva creato. Purtroppo sono uno dei
fedelissimi della prima ora, sempre troppo pigro per scrivere e far
sentire la mia voce. Ma ti assicuro che sono sempre connesso con la
Fattoria.
Forse ti è già arrivata voce, ma voglio segnalarti un libro su Bob Dylan
(e non solo) veramente diverso dagli altri: "Psycho Killer", un rock
thriller (di Ezio Guaitamacchi). In pratica gli indizi degli omicidi
sono da ricercare in cover di Bob Dylan che vengono inviate dopo ogni
omicidio. Già immagino la nuova serie CSI-La Fattoria :-)
Ciao Arduino, mi
emoziona in modo profondo che un fedelissimo della prima ora come ti sei
dichiarato sia ancora felicemente connesso con la Fattoria, questo
significa che nonostante la difficoltà di essere all'altezza di Michele
"Napoleon in rags" Murino, illuminato fondatore della Fattoria, in
qualcosa sono riuscito anch'io. Grazie per il suggerimento, è un libro
che leggerò sicuramente. Un salutone e mi raccomando, continua a
seguirci....e se vuoi scrivere alla Frm un'altra volta sappi che non mi
offenderò! Ciao, :o) Mr.Tambourine
Shelter From The Storm - La storia
insita in “Blood On The Tracks”
(Parte seconda)
Nel novembre del 1972 Bob e Sara avevano tentato di rifugiarsi in Messico, dove
Dylan aveva una parte nel film “Pat Garrett e Billy The Kid”. "Me ne
sono andato da New York, che era la cosa importante, c'era un sacco di
pressione laggiù" ha ricordato Bob. Ma il cambiamento nonostante si
fosse sul set di
Peckinpah a Durango non funzionò. "Mia moglie si stufò quasi subito.
Lei mi diceva: “Che diavolo ci facciamo qui?” Non era una domanda
facile alla quale rispondere".
Dylan fece un ultimo passo verso la libertà nel 1973, in direzione ovest
verso la California. Fu lì che la pressione della loro vita
tormentata cominciò ad emergere e le crepe nel loro matrimonio ad
apparire. La casa non andava bene, Sara voleva un'altra camera da letto,
così l'intero edificio fu abbattuto per ricostruirlo con più camere. Bob
vide questa come un'opportunità per avere una nuova casa, "la mia
fantasia". Con una comprensione poco pratica dell'edilizia, i Dylan
aveva appena innescato un progetto che sarebbe andato fuori controllo.
Un enorme camino era stato demolito e ricostruito, un ponte a forma di
gambe femminili attraversava un lago finto/naturale. Cinquantasei
hippies accampati in giardino in tende indiane a spese di Bob per due
anni, una stravaganza senza fine. Una cupola orientale coronava tutta
questa follia. Bob e Sara, in affitto nelle vicinanze con i loro cinque
figli durante la costruzione, avevano avuto dei forti contrasti per
gli infissi e gli arredi.
Nel frattempo, la stasi musicale di Dylan, autoindotta o no,
cominciò ad incrinarsi, troppo. Bob aveva avuto una separazione rancorosa
col suo manager Albert Grossman nel 1971, quando aveva scoperto che il suo vicino di
casa a Woodstock si era trattenuto la metà dei suoi diritti d'autore, un
accordo che scadeva nel 1973 e che forso non è stato del tutto estraneo
al blocco di Bob come scrittore. Dylan sciolse anche il contratto con la
Columbia, la sua casa discografica fin dal 1961, e fece un accordo con
David Geffen della Asylum Records. Improvvisamente, i diritti del
songwriting che sembravano sequestrati fino ad allora, cominciarono a
tornare in vita. Bob chiamò i suoi vecchi compari di The Band a Los
Angeles nel mese di novembre del 1973 e incise Planet Waves, il suo
primo vero LP dal 1970, in tre giorni. All’inizio doveva essere
intitolato Wedding Song perchè aveva la sua buona parte di odi alla
felicità coniugale. Ma una traccia, "Dirge" , ha offerto un primo lampo
nel buio che aveva così accuratamente cancellato dalla sua musica
recente. Sembrava ricordare un morto, un affare sadico, reale o
immaginario, chi poteva dirlo? "Mi odio perchè ti amo", sputò Bob, con
il suo vecchio freddo disprezzo, " ma io presto supererò tutto questo".
Fantasia o confessione, Dylan cominciò davvero ad accantonare Sara.
L'accordo con Geffen includeva un tour di ritorno per un eccezionale
successo per tutta l’America con The Band, e il relativo album live. Il
Tour del '74 e il doppio LP di fuoco Before The Flood furono dei
trionfi, e Dylan abbandonò la sua maschera diffidente per rimettersi in
gioco in modo aggressivo e riconquistare il suo posto primeggiante nella
gerarchia rock degli anni '70.
Sara però rimase indietro. "Lei disprezzava lo stile di vita rock'n'roll
", ha detto Dylan al roadie Jonathan Taplin ed al suo biografo Howard
Sounes. "Le persone che volevano solo parlare di musica erano noiose per
lei". "Lei non ha bisogno di essere sulla scena per essere felice" aveva
detto Dylan con ammirazione per la sua signora dagli occhi tristi che
era tornata a Woodstock. Ora, però, era proprio fuori, dopo otto anni di
astinenza, e con l’occasione del Tour rock raggiunse nuove profondità
debosciate. La Band aveva roadies che scattavano Polaroids alle ragazze
che volevano entrare nel backstage, e studiavano attentamente le
potenziali bellezze come cavalli da commerciare. Quanto Dylan si tuffò
nella piscina della groupies non è noto. Ma da febbraio in poi fu
certamente perso. Si mise con la rappresentante della Columbia Records
Ellen Bernstein, 24 anni, in California, frequentandola per gran parte
dell'anno. L’attrice Ruth Tyrangiel secondo Dylan iniziò una relazione
di 19 anni con lui in quello stesso mese, diventando, ha sentenziato un
tribunale nel 1995 "Infermiera, confidente, casalinga, governante,
cuoca, compagna sociale e consulente" per Dylan, che le aveva promesso
di lasciare Sara per lei. Dylan vagava in giro alla cazzo, e il
disfacimento del suo matrimonio era diventato argomento comune sui
giornali di quell’estate.
Ruth Tyrangiel in Renaldo & Clara
Lasciando la sua casa dei sogni, Dylan era tornato a New York in
primavera. Qui iniziò un rapporto strano quando anonimamente cominciò a
frequentare i corsi d'arte alla Carnegie Hall tenuti dal pittore Norman
Raeben, 73 anni, che divenne quasi un padre per Bob. Dylan aveva usato
in modo amatoriale e male la sua arte, con il suo vicino Bruce Dorfman
di Woodstock. Ora invece la tutela più radicale di Raeben aveva dato a
Dylan un guru e una figura paterna. Il catalizzatore si rivelò quando
Raeben osservò Dylan che guardava un vaso, poi lo prese e lo portò
via. "Disegnalo!" Sbottò. Dylan cominciò a ronzare con nuove idee
in tersta sulla
percezione delle cose che sarebbero presto emese nelle sue canzoni. Allo stesso
tempo, la sua adorazione per un uomo più anziano di lui lo stava
allontanando sempre di più da Sara. Raeben era "più potente di qualsiasi
mago" ha poi affermato Dylan, chiaramente incantato da Raeben. "Dopo
sono tornato a casa e mia moglie non mi capiva più, non capiva di cosa
stavo parlando, ed io non sapevo e non potevo spiegarglielo".
Bob con Norman Raeben
Dopo otto anni di repressione la maschera che Dylan aveva inconsciamente
indossato stava scivolandogli via dal volto. Come Clint coi killer
spietati, il sapore del Tour '74 aveva ridato a Dylan parte della sua
vecchia vita che si era rivelata coinvolgente. Aveva cominciato di nuovo
a fumare ed a bere molto, anche la dolce voce matura che aveva usato in
Nashville Skyline (quando aveva smesso di fumare) era stato malmenata,
cruda e infuriata su “Before The Flood”. Il Dott. Jekyll si stava
trasformando in Mr. Hyde, e Sara non riusciva a sopportarlo. Nell’estate
del 1974 si separarono.
Dylan si ritirò in una fattoria che aveva appena comprato nel suo stato
natale, il Minnesota, e che condivideva con il fratello David: La sua
nuova amante, Ellen Bernstein lo frequentò per un pò. Sara si vedeva
raramente. In questo buco nascosto cominciò a scrivere le canzoni di
Blood On The Tracks .
David Zimmerman, Sara e Bob
__________________
"Canzoni private " sarebbe stato il titolo dell’album quando Dylan
telefonò al suo vecchio mentore della Columbia John Hammond per
prenotare le date allo studio di registrazione nel settembre del 1974.
Certamente i testi che aveva scritto in Minnesota erano diversi da tutto
ciò che aveva scritto prima. "Tangled Up In Blue" era tra una dozzina di
canzoni che erano molto lontane da ciò che aveva scritto nei suoi
momenti lisergici dei suoi vent'anni o le omelie che aveva cantato fino
ad allora. Queste erano le parole bruciate dall'esperienza del
crepacuore, il 33enne Bob Dylan era mestamente diventato maturo.
Le canzoni erano diventate molto più importanti per lui, e,
utilizzando tre set di musicisti in due Stati, le registrò in sessioni che erano
durate tre mesi, ma per un uomo che aveva registrato il classico “John
Wesley Harding” in sei ore, questa era stata una maratona.
Però quando le sessioni per Blood On The Tracks iniziarono il 12
settembre l' umore di Dylan era diventato frettoloso, inspiegabilmente
anche per lui. I primi musicisti erano stati scelti a caso, quando il
produttore Phil Ramone, passeggiando nervosamente fuori dagli studi
della Columbia a New York aveva urtato il chitarrista Eric Weissberg che
stava registrando delle sessions per la colonna sonora del film "Deliverance"
(Un tranquillo week-end di paura) - (Weissberg
aveva acquistato una certa fama dopo aver registrato la canzone
"Duelling Banjos" per il film di John Boorman.
Ramone aveva detto a Weissberg che Dylan avrebbe registrato
quella stessa sera, ma non si era preoccupato di prenotare anche una
band per accompagnarlo. Così Weissberg aveva detto sì
alla richiesta di Ramone di accompagnare Dylan. Ma il Dylan che si
presentò quella notte era ombroso, con i nervi a fior di pelle, pieno
d’eccitazione, o forse era solo il troppo vino rosso che Bob stava
bevendo come se fosse acqua.
"Ho avuto la netta sensazione Bob non fosse concentrato" ricorderà
Weissberg, "Che non fosse interessato a fare una take perfetta. Aveva
bevuto molto vino e la registrazione risultò molto sciatta. Ma lui
insistette per andare avanti, passare al brano successivo senza
correggere gli evidenti errori".
Il noto disprezzo della “leggenda Dylan” per le regole di studio divenne
chiara quando a casa sua un Weissberg scioccato ascoltò la registrazione
della loro prima traccia "Simple Twist Of Fate". "Nel bel mezzo della
registrazione di questa canzone Dylan era saltato direttamente alla
seconda canzone". Weissberg era rimasto completamente confuso perché
Dylan stava cercando di insegnare a lui ed agli altri musicisti una
nuova canzone con un altra in sottofondo musicale. Weissberg, che era un
veterano delle sessions, aveva cercato di mantenere la calma e non
agitarsi. "Stavo pensando tra me e me: Basta regole Eric, questo ragazzo
è un genio. Forse è questo il modo col quale i geni funzionano".
"Meet Me In The Morning " e "Call Letter Blues " - quasi identici,
spavaldamente suonati in arrangiamenti blues con testi radicalmente
distinti furono fra le quattro canzoni completate in quella prima
sessione di tre ore. La potenza delle canzoni stava mostrando che
l’istinto di Dylan, apparentemente assente, era invece completamente
concentrato. Ma Weissberg e gli altri musicisti furono liquidati il giorno successivo,
mentre Dylan rimischiava il mazzo delle carte alla ricerca del suono che
voleva veramente. Un nuovo trio d’accompagnamento, il chitarrista
pedal-steel Buddy Cage, il bassista Tony Braun e l’organista Paul
Griffin avevano finito le registrazioni che sembravano essere ben
riuscite. Un Mick Jagger di passaggio aveva aggiunto ritocchi alla
batteria ed ai cori, ma finì la session tracannando champagne in compagnia di
Dylan.
Buddy Cage Paul Griffin
Dodici tracce furono completate in quelle sessioni di New York , ridotte
a 10 per le versioni promo di Blood On The Tracks stampate e inviate
alle principali stazioni radio nel mese di novembre, mentre la Columbia
preparava la pubblicazione per il giorno di Natale del 1974. Questo
album fantasma, che non sarebbe mai arrivato nei rack dei negozi, era
molto diverso da quello che alla fine Dylan avrebbe consegnato per la
pubblicazione.
Norman Raeben è stato uno dei personaggi più influenti nella vita di Bob
Dylan. Fu Norman Raeben, ebbe a dichiarare Dylan, che - alla metà degli
anni '70 - fu capace di rinnovare la sua abilità nel comporre canzoni.
Dylan fece capire anche che l'insegnamento e l'influenza ricevuti da
Norman alterarono in maniera così profonda la sua visione della vita che
sua moglie Sara non riuscì più a comprenderlo, e questo fu uno dei
fattori che contribuirono alla dissoluzione del matrimonio di Dylan. E'
alquanto strano che, data l'importanza dell'influenza di Norman Raeben
su Bob Dylan, egli non viene mai menzionato nelle biografie pubblicate
negli anni '80.
Dylan parlò per la prima volta di Raeben nel corso di alcune interviste
che egli rilasciò nel 1978 per promuovere il suo film, Renaldo & Clara,
sebbene per un certo periodo di tempo egli non volle identificare in
maniera specifica quell'uomo. "Non c'è nessuno come lui", raccontò Dylan
a Pete Oppel, giornalista del Dallas Morning News.
"Preferisco non dire il suo nome. E' davvero una persona speciale, e non
voglio creargli problemi".
"Era solo un vecchio" - disse Dylan a Ron Rosenbaum di Playboy - "Il suo
nome non significherebbe niente per te".
L'interesse di Dylan nei confronti di Norman iniziò in un certo giorno
del 1974, quando alcuni amici di Sara arrivarono a casa loro per una
visita:
"Parlavano di verità, di amore e di bellezza e di tutte quelle parole
che avevo sentito per anni, e riuscirono a definirle tutte quante al
punto che io non riuscivo a crederci... Chiesi loro "Dove avete trovato
queste definizioni?" e loro mi risposero raccontandomi del loro
maestro".
Sufficientemente impressionato, Dylan cercò di mettersi in contatto con
l'insegnante la volta successiva che si trovò New York. Era la primavera
del 1974 quando Dylan fece capolino con la sua testa dietro la porta di
Norman:
"Norman mi disse "Vuoi dipingere?" e allora io risposi "Beh, sai,
pensavo a qualcosa del genere". Norman mi disse "Bene, non so nemmeno se
meriti di essere qui. Fammi vedere quello che sei in grado di fare".
Così mi mise davanti questo vaso e mi disse: "Vedi questo vaso?". E me
lo lasciò davanti per circa 30 secondi e poi lo fece sparire e mi disse
"Disegnalo". Beh, voglio dire, iniziai a disegnarlo ma non ero in grado
di ricordare un cazzo di quel vaso. Lo avevo osservato ma non lo avevo
visto. Poi Norman diede un occhiata a quello che avevo disegnato e disse
"OK, puoi restare". E mi disse di fare tredici quadri... Beh, io non ero
andato lì per dipingere, ero andato lì solo per vedere che succedeva.
Andò a finire che rimasi lì per due mesi. Quel tizio era
straordinario..."
Quando Dylan ripensò a quello che era successo durante quei due mesi
arrivò alla conclusione che era stato trasformato al punto che per sua
moglie era diventato uno sconosciuto:
"Quella cosa mi cambiò completamente. Andavo a casa e mia moglie non
riusciva a capirmi. Non riuscì a capirmi dopo di allora. Fu in quel
momento che il nostro matrimonio cominciò ad andare a rotoli. Sara non
sapeva mai di cosa stessi parlando, o cosa stessi pensando. Nè io ero in
grado di spiegarglielo".
Dylan parlò di Norman a Pete Oppel, descrivendo con parole più che
casuali quale fosse la tecnica di insegnamento che Norman utilizzava nel
suo studio all'undicesimo piano della Carnegie Hall:
"Cinque giorni alla settimana andavo nel suo studio, e nei rimanenti due
giorni della settimana non facevo che pensare a quando ci sarei andato.
In genere rimanevo lì dalle otto alle quattro. Ho fatto questo per due
mesi..."
"In quella classe c'erano persone come vecchie signore, ricche vecchie
signore che venivano dalla Florida, che sedevano vicine ad un poliziotto
fuori servizio, che sedeva vicino ad un autista di autobus, che sedeva
vicino ad un avvocato... Tutti i generi di persone. Uno studente di arte
che era stato cacciato da ogni università. Giovani ragazze che lo
adoravano. Un paio di tipi seri che venivano lì e pulivano dopo le
lezioni, pulivano solo il posto. Un sacco di differenti tipi di persone
che tu non avresti mai pensato fossero interessate alla pittura. Ed
infatti non si trattava di pittura, era qualcos'altro..."
"Norman parlava in continuazione, dalle otto e trenta alle quattro, e
parlava sette lingue. Mi diceva cose a proposito di me stesso mentre io
stavo facendo qualcosa, disegnando qualcosa. Io non ero in grado di
dipingere. Pensavo di esserne in grado. Ma non sapevo disegnare".
Sembra, allora, che Norman fosse interessato più alla metafisica che
alla tecnica. Il suo metodo di insegnamento aveva a che fare con le
realtà estreme che potevano essere espresse in una varietà di modi. Non
è certo che Norman fece di Dylan un pittore più bravo ma chiaramente lo
cambiò:
"Avevo incontrato diversi maghi, ma questo tipo è più potente di
qualsiasi mago che io abbia mai incontrato. Ti guardava e ti diceva quel
che tu eri. E non giocava al riguardo. Se tu eri interessato a venirne a
capo, potevi stare lì e sforzarti di venirne a capo. Facevi il lavoro
tutto da solo. Lui era solo una specie di guida, o qualcosa del
genere..."
Fu solo un po' di tempo dopo che riuscii finalmente ad identificare il
misterioso uomo che Dylan chiamava Norman, come Norman Raeben, nato in
Russia nel 1901, che era venuto in vacanza negli U.S.A con la propria
famiglia quando aveva tre anni e a 14 anni vi si era trasferito
permanentemente. Il padre di Norman era il famoso scrittore Yiddish,
Sholem Aleichem (1859-1916), un uomo oggi meglio conosciuto per aver
creato il personaggio di Tvye, la cui vita romanzata venne adattata per
il musical "Il violinsita sul tetto". Il cambiamento più notevole che
derivò dai mesi che Dylan passò nello studio di Norman Raeben riguardava
la maniera in cui componeva i testi delle sue canzoni.
Dylan disse a Jonathan Cott di Rolling Stone che, dopo il suo incidente
motociclistico del 29 luglio 1968, scoprì di non essere più in grado di
comporre liberamente come aveva fatto fino a quel momento:
"Da quel momento in poi ebbi una sorta di amnesia. Ora puoi prendere
questa dichiarazione letteralmente o metafisicamente come meglio credi
ma questo fu quello che mi successe. Mi ci volle un sacco di tempo prima
che riuscissi di nuovo a fare in maniera consapevole quello che prima
facevo in maniera inconsapevole".
Dylan ripetè il concetto a Malt Damsker:
"E' come se fossi stato colto da amnesia all'improvviso... Non ero in
grado di imparare a fare quello che ero sempre stato capace di fare in
maniera naturale, cose come Highway 61 Revisited. Voglio dire, non puoi
sederti e scrivere quelle cose in maniera consapevole perchè è qualcosa
che ha a che fare con la sospensione del tempo..."
Nel corso di un'intervista con Jonathan Cott, Dylan descrive i suoi
album John Wesley Harding e Nashville Skyline come delle prove:
"...per afferrare qualcosa che mi conducesse laddove pensavo che avrei
dovuto essere... ma non mi portò da nessuna parte. Ero convinto che non
avrei più fatto niente altro..."
Fu con questa sensazione di quasi disperazione per non riuscire più a
comporre come faceva un tempo che Dylan ebbe la "buona sorte" di
incontrare Norman, "che mi insegnò come riuscire a vedere":
"Mise insieme la mia mente, la mia mano ed il mio occhio, in una maniera
tale da permettermi di fare in maniera consapevole quello che sentivo in
maniera inconscia".
Il tempo trascorso insieme a Norman aiutò la psiche di Dylan tanto da
ridirigerla in maniera sufficiente a fargli scrivere alcune nuove
canzoni, le canzoni che furono poi incluse in quello che è ancora oggi
il suo album più celebrato, Blood On The Tracks:
"Tutti furono concordi nel dire che quel mio album era un qualcosa di
davvero diverso dal solito, e quel che era diverso era il fatto che
esisteva un codice nei testi, ed anche che non esisteva il senso del
tempo..."
Dylan fece ulteriori tentativi per spiegare il concetto di "assenza di
tempo" nelle sue nuove canzoni in una conversazione con Matt Damsker:
"Con Blood On The Tracks feci in maniera consapevole quel che in genere
facevo inconsciamente. Non lo eseguii bene. Non avevo la capacità di
eseguirlo correttamente. Ma avevo scritto le canzoni... quelle che
avevano quella frammentazione del tempo, in cui il tempo non esisteva,
nel tentativo di rendere il centro della narrazione come una magnifica
lente sotto il sole. Fare questa cosa in maniera consapevole è un trucco
che io ho utilizzato per la prima volta con Blood On The Tracks. Sapevo
come fare perchè avevo imparato la tecnica... In realtà avevo un
insegnante per quello..."
Nel libretto allegato a Biograph un commento di Cameron Crowe a
proposito di Blood On The Tracks sembra essere il risultato di
un'osservazione non accreditata dello stesso Dylan:
"Ispirato a detta della stampa e della gente dalla rottura del suo
matrimonio con Sara, l'album deriva molto del proprio stile
dall'interesse di Dylan per la pittura. Le canzoni affondano in
profondità ed il loro senso della prospettiva e della realtà è in
continuo mutamento".
"I continui mutamenti" sono il risultato del senso di assenza del tempo
che caratterizza il LP. Parlando con la sua amica Mary Travers (di
Peter, Paul and Mary) il 26 aprile del 1975, Dylan fece un commento a
proposito del concetto di tempo, spiegando che egli aveva cercato non
solo di fare in modo che "il passato, il presente ed il futuro
esistessero tutti", ma anche che "fossero tutti presenti nello stesso
momento", qualcosa che egli aveva appreso da Norman.
"Tu hai ieri, oggi e domani tutti nello stesso spazio e c'è molto poco
che non puoi immaginarti succeda".
L'affermazione rilasciata da Dylan a Matt Damsker secondo la quale non
aveva eseguito le canzoni di Blood On The Tracks particolarmente bene
può essere sorprendente ma, proseguì Dylan, "esse potevano essere
modificate...".
Infatti, Dylan ha continuamente rielaborato quelle canzoni, cambiando i
testi più volte come ad esempio in brani come "Simple Twist Of Fate" e
"Tangled Up In Blue". Dylan lega insieme l'idea di tempo e di
cambiamento all'idea di canzone-come-un-quadro con specifico riferimento
a "Tangled Up In Blue" nelle note di Biograph, dove dice a proposito
della canzone:
"Stavo solo cercando di scriverla come fosse un quadro in cui tu puoi
vedere le diverse singole parti ma puoi anche vedere il totale del
dipinto. Con quella canzone in particolare era quello che stavo cercando
di fare... con il concetto di tempo, ed il modo in cui i personaggi
cambiano dalla prima persona alla terza persona, e non sei mai sicuro
del tutto se stia parlando la terza o la prima. Ma quando getti uno
sguardo d'insieme al totale non ha molta importanza".
Il dissolvimento dei personaggi e del tempo nelle canzoni dell'album
Blood On The Tracks fu un traguardo notevole; Dylan cercò di applicare
la stessa tecnica al suo film Renaldo & Clara. Parlando dell'influenza
del pensiero di Norman Raeben, Dylan richiamò l'attenzione di Jonathan
Cott su Renaldo & Clara:
"...anche in quel film ho utilizzato quella caratteristica dell'assenza
di tempo. E credo che quel concetto di creazione sia più reale e vero di
quella che invece possiede il senso del tempo... Il film crea e contiene
il tempo. Ecco quel che dovrebbe fare, dovrebbe contenere il tempo,
respirare in quel tempo e fermare il tempo nel farlo. E' come quando
osservi un quadro di Cézanne, ti perdi in quel dipinto per un certo
periodo di tempo. E nel frattempo respiri, il tempo passa ma tu non te
ne accorgi. Sei come sotto l'influsso di una magia".
Non c'è da stupirsi, dunque, se Dylan fu molto scocciato da coloro che
criticavano il film per la sua eccessiva durata e forse non è
inappropriato menzionare una sua dichiarazione di fastidio più recente
rivolta a coloro i quali tentavano di etichettare una delle canzoni
senza tempo e senza personaggi di Blood On The Tracks:
"'You’re A Big Girl Now', beh, ho letto che questa canzone parlerebbe di
mia moglie. Vorrei che la gente mi chiedesse il permesso prima di
uscirsene con cose del genere".
Dylan un tempo era in grado di creare canzoni in cui era assente il
concetto di tempo e che avevano le caratteristiche di un dipinto. Molte
volte egli fece dei paralleli tra la canzone e la pittura, come per
esempio nella presentazione del brano "Love Minus Zero/No Limit" nei
concerti del 1965 durante i quali introduceva la canzone definendola un
"dipinto castano e argento" o ancora un "dipinto porpora", ma solo dopo
aver studiato con Norman Raeben egli fu in grado di ricatturare la sua
apparentemente perduta capacità di scrivere canzoni simili, ora con la
notevole differenza di una composizione consapevole. E se Blood On The
Tracks fu il primo tentativo di tradurre in canzone quello che Dylan
aveva appreso da Norman, fu Street-Legal a rappresentare il culmine di
questa tecnica di tempo/non-tempo. Così Dylan dichiarò a Matt Damsker:
"Mai fino a Blood On The Tracks ero riuscito ad ottenere quello che
volevo ottenere, ed una volta che ci riuscii, questo non avvenne nè con
Blood On The Tracks nè con Desire. Fu con Street-Legal che giunsi più
vicino a quello che volevo esprimere con la mia musica. E' qualcosa che
ha a che fare con un'illusione di tempo. Voglio dire che le canzoni sono
necessariamente caratterizzate da una illusione di tempo. E' stato un
vecchio che mi insegnò tutto ciò ed io cercai di imparare tutto quello
che potevo..."
Shelter From The Storm - La storia
insita in “Blood On The Tracks”
(Parte prima)
In un pezzo d'archivio preso dal numero della rivista "Uncut" del
gennaio 2005, si torna indietro al Dylan del 1975, quando mutò la sua
crisi matrimoniale in uno dei drammi più interessanti della storia del
rock. Questa è la storia di Blood On The Tracks , l'album che ha segnato
la fine del matrimonio di Dylan, e la sua rinascita artistica.
__________________
13 febbraio 1977 . Bob Dylan e Sara stanno urlando a squarciagola. Sara
è appena scesa per la colazione nella loro villa di Malibù e trova Bob
ed i loro figli seduti a tavola con un'altra donna. E' una delle
innumerevoli amiche con le quali Bob è stato visto circolare in
quell’anno. Questa si è addirittuta trasferita in alcuni locali della
loro proprietà.
Ma, vedendola seduta a tavola con i loro figli, Sara ha finalmente uno
scatto. Nel diverbio furioso che segue Bob la prende a pugni in faccia
danneggiandole la mascella. Poi lui le dice di uscire. I loro 11 anni di
matrimonio, uno dei grandi romanzi del rock, sono finiti.
Ma 30 anni fa, nel dicembre del 1974, Dylan stava completando il suo
vero epitaffio. Scritto durante la loro prima separazione, “Blood On The
Tracks” è una delle descrizioni più veritiere di un amore andato a male
nella storia del rock, a volte recriminatorio, amaro e con il cuore
spezzato. E' uno dei picchi di Dylan, il disco nel quale il suo genio e
la sua fragile umanità si incontrano.
E tutto questo ha un costo. E' il culmine di otto anni nei quali Dylan,
dopo aver fatto il marito di Sara ed il padre dei loro figli, cerca di
eludere la sua fama e il suo talento alla ricerca di uno stile di vita
che lo possa far diventare in qualche modo di nuovo normale. E’
difficile per lui essere un buon marito, e lasciare che la musica ceda
il posto alle cose di tutti i giorni. Per tre anni nei primi anni '70,
lui non fa uscire nessun lavoro. Il re una volta intoccabile del rock
sembra finito. Con ironia terribile, ci vuole la rottura del suo
matrimonio per riaccendere la fiaccola della sua arte. “Blood On The
Tracks” è il disco che lo tira fuori dalla melma.
__________________
Woodstock 1969. Bob Dylan, il principe errante del movimento per la
pace, dorme con due pistole Colt a colpo singolo a portata di mano, e un
fucile Winchester che lui chiama "l' equalizzatore" appoggiato vicino
alla porta. Gli hippies han fatto la capriole sul suo tetto, han nuotato
nella sua piscina, si sono stesi sul suo letto, hannocalpestato il suo
vialetto a frotte. Queste sono le risposte a questa situazione, o
guardano il punto, le motivazioni per questo attegiamento difensivo. Con
una parte della sua mente, Dylan teme che le sue armi possano essere
maneggiate dai questi fans. Allo stesso tempo, vorrebbe sparare loro.
E' il momento top del tumulto controculturale in America, e battaglioni
di randagi puzzolenti arrivano fino alla porta di Dylan per vedere la
leggenda che vedono come loro leader: Dylan, il guru acido di Blonde On
Blonde, che ha dato senso al rock come nessun’altro mentre tutta una
gernerazione cadeva sotto il suo incantesimo. Questi fans sono disperati
per Dylan perchè manca da troppo un grande Hit per confermarlo messia
della musica. Ma la grandezza è l'ultima cosa nella mente di Dylan, gli
anni ’60 e tutto quello che è stato sono diventati una cosa irritante
lui, una cosa dalla quale sta tentando disperatamente di fuggire. Egli è
come Clint Eastwood ne “Gli spietati”, si nasconde in una casa colonica,
volendo che il mondo lo dimentichi. Egli ha messo via le armi musicali
con le quali ha fatto a pezzi il rock e non ha alcuna intenzione di
usarle mai più.
Dylan ha vissuto a Woodstock dal 1965. Ha sposato l' ex modella Sara
Lownds il 22 novembre dello stesso anno. Lui adora la sua silenziosa,
timida giovane moglie, immortalata in "Sad Eyed Lady Of The Lowlands".
E’ suo il merito di aver interrotto quel ritmo suicida della sua
carriera a metà degli anni '60 evitandogli una brutta fine, forse più
del famoso incidente in moto del 29 Luglio 1966 che originò la sua
battuta d'arresto. "Fino a quando non arrivò Sara pensavo che la morte
di Bob fosse solo una questione di tempo” disse l’ assistente personale
di Dylan a Woodstock, Bernard Paturel. "Ma più tardi, dopo l’arrivo di
Sara, non avevo mai visto un uomo tanto attaccato e dedicato alla
famiglia”. Bob aveva adottato Maria, la giovane figlia che Sara aveva
avuto dal precedente matrimonio, e la coppia ebbe poi altri quattro
figli in rapida successione. Vivere con la sua nuova famiglia gli fece
accantonare quel quasi soprannaturale fuoco creativo che aveva dentro
fin dalla metà degli anni '60, come una forte febbre che era passata.
Improvvisamente sembrava contento di accompagnare la figlia alla fermata
dello scuolabus, nel pomeriggio avrebbe scritto, o verniciato qualcosa,
o fatto visita ai vicini, mentre Sara faceva i lavori di casa. Sembrava
tutto così idilliaco.
"Avere figli ha cambiato la mia vita e mi ha allontanato da quasi tutto
ciò che mi stava succedendo" ricorda in Chronicles. "Fuori dalla mia
famiglia, niente aveva più un reale interesse per me.....stavo
fantasticando su una vita dalle nove alle cinque, una casa in campagna
con uno steccato bianco ... Pensavo che sarebbe stato bello. Quello era
il mio più profondo sogno”.
La musica incisa in questo periodo di ritiro – gli allora segreti
"Basement Tapes" con The Band per divertimento, non per essere pubblicta
su disco, John Wesley Harding (1968), Nashville Skyline (1969), Self
Portrait (1970) e New Morning (1970) , aveva voltato le spalle di Bob al
mondo e alle sue esigenze. Anche se buoni dischi, erano fiacchi rispetto
ai loro predecessori, quasi una quiete dopo la tempesta che sembrava
essere diventata permanente.
Dopo New Morning, Dylan realizzò altri album in studio per quattro anni.
In Chronicles, Dylan descrive quel periodo come uno stato “non
intenzionale”, un inganno quasi schizoide. Scosso dall’ assalto della
fama alla sua vita quotidiana, risentito delle folli aspettative dei
fans , decise di “demolire la mia identità" e trasformare la sua
immagine di messia nel felice e tranquillo cantante di Nashville
Skyline. "E' difficile vivere in questo modo", si ricorda di quella
maschera banale come se stesse ricordando di essere stato una spia o un
serial killer. "La prima cosa da fare è quella che ti è più cara...
L'arte non è importante se paragonata alla vita ... Comunque non avevo
più fame di quelle cose".
Il drammaturgo Archibald MacLeish , frustrato per le canzoni
superficiali che Dylan scrisse per una delle sue produzioni nel 1969 (in
seguito inserite in “New Morning” ) , gli chiese di scrivere qualcosa di
più profondo, più vero. Dylan glielo negò: "Non avevo intenzione di
andare più in profondità nel buio per nessuno. Avevo già vissuto nel
buio. La mia famiglia era la mia luce e stavo proteggendo quella luce a
tutti i costi".
La comunità rock borbottava con costernazione per il suo capo,
precedentemente considerato infallibile, che svolazzava tra il silenzio
e gli esperimenti familiari. Tuttavia Dylan ben presto si accorse che il
suo periodo di tranquillità e di astensione dalla mischia del rock aveva
avuto effetti dannosi sulla sua creatività artistica. In poco tempo, il
suo tranquillo lasciarsi andare alla deriva era diventato fin troppo
reale. "Fino a quando successe l'incidente viveva la musica 24 ore al
giorno" ha detto Robert Shelton nel 1971. "Se scriveva una canzone
sarebbe durata due ore, o due giorni.....ora, due righe ...".
Lasciare che il suo genio si distruggesse per amore di una vita
tranquilla con i suoi figli era una cosa che non poteva davvero
continuare. E, mentre gli anni '70 progredivano, la tensione tra i due
lati della sua natura lentamente lo lo stava tagliando in due. Come in
un terribile racconto dell’horror, più cercava di fuggire dalla sua
fama, tanto più rimaneva invischiato di nuovo nella sua morsa. Aveva
lasciato il suo supposto idillio di Woodstock alla fine del 1969
liquidandolo come un "viaggio quotidiano nel nulla". Lo spostamento
della sua famiglia nel cuore del Greenwich Village era però una
soluzione sbagliata, era difficile scrollarsi di dosso i suoi fans .
Quando camminava per le strade del village, si sentiva fissato come "un
gigantesco topo della giungla", uno schifo, una mania innaturale. Il
sedicente "Dylanologista" A.J. Weberman aveva peggiorato le cose
assediando la casa di Dylan, rimproverandolo con un megafono per aver
abbandonato il suo gregge. Rovistava nella spazzatura di Dylan in cerca
di indizi. Diede anche uno spintone a Sara, indignata perchè lui stava
cercando di violare il loro appartamento. Dylan finalmente pareggiò i
conti con questa specie di aguzzino uscendo in strada e riempiendolo di
botte. Ma il sogno di avere una vita normale vita a New York era stato
distrutto per sempre.
Sabato 11 Gennaio - Club IL GIARDINO – Lugagnano di Sona (VR)
K.BUTLER & THE JUDAS in concerto
2 ore e mezza di canzoni di Bob Dylan, da “Freewhelin” a “Tempest”,
acustico ed elettrico, in versioni sempre diverse come vuole il maestro,
dalla miglior tribute band che possiate immaginare, in un locale dove
conta ancora la musica e non chiacchierare al bar.
Non mancate: www.clubilgiardino.org
Il
21 Luglio 2014 sarà a Barolo l' unica data italiana di NEIL YOUNG and CRAZY
HORSE, prezzo del biglietto 26 euro.
Sicuramente ci saro'. Non ho mai visto Neil in un concerto live non
posso mancare.
un saluto Marcello.
Ricordo di averlo visto
il 15 luglio 1993 all'allora Forum di Assago con questa formazione:
Neil Young - vocals, guitar, harmonica, piano
Booker T. Jones - organ, synthesizer, vocals
Steve Cropper - guitar
Donald Duck Dunn - bass
Jim Keltner - drums
Astrid Young - backup vocals
Annie Stocking - backup vocals
Fu un grande concerto con uno Young super e una band che andava a
mille!!!!! Ti divertirai di sicuro, Neil è come il vino d'annata, più
invecchia e più è buono!!!!! Forse ci vedremo.....Alla prossima,
Mr.Tambourine.
Per maggiori
informazioni sul Festival Collisioni clicca qui
Phillip Everly era nato il 19 gennaio 1939. Egli era la metà del
leggendario duo"The Everly Brothers".
Mentre i Beatles e Simon & Garfunkel sono
due degli artisti più spesso citati per essere stati influenzati da
loro, gli Everly Brothers hanno avuto un profondo impatto su Bob Dylan.
Nel luglio del 1968 a Bob Dylan fu chiesto di scrivere alcune canzoni
per il film "Midnight Cowboy" (Un uomo da Marciapiede con Dustin Hoffman
e Jan Voigt) ma presentò le canzoni troppo tardi per essere incluse nel
film, la cui colonna sonora ebbe un successo strepitoso con la canzone “
Everybody's Talkin' “ scritta da Fred Neil e cantata da Harry Nilson.
Una di queste composizioni era "Lay Lady Lay". Verso la fine del 1968 o
all'inizio del 1969, quando gli Everly Brothers stavano suonando al
Bottom Line di New York, Dylan andò a trovarli nel backstage. Phil
chiese a Dylan se avesse qualche nuova canzone. Dylan prese una chitarra
e cantò dolcemente "Lay Lady Lay". Gli Everly non prestarono molta
attenzione e forse non capirono bene le parole del testo, in modo che
Don Everly la rifiutò dicendo: "Grazie, è una grande canzone, ma non
credo che noi riusciremo a farlo diventare un hit". Nel 1984, dopo la
reunion, gli Everly Brothers andarono in studio con Dave Edmunds come
produttore e alla fine registrarono proprio "Lay Lady Lay" includendola
nell'album “EB '84” . Nel loro album seguente, “Born Yesterday” , gli
Everly fecero la cover di “Abandoned Love” di Dylan.
Nel mese di aprile del 1969 Bob Dylan andò ai Columbia Music Row Studios
di Nashville per iniziare a registrare quello che si rivelò essere il
doppio album del 1970 “Self Portrait”. Tra le canzoni che Dylan provò a
registrare nella seconda e terza sessione ce n’erano due che potevano
essere associate agli Everly Brothers - "Take A Message To Mary" e " Let
It Be Me" (in originale la canzone si chiamava “Je t'appartiens", testo
di Pierre Delanoë e musica di Gilbert Bécaud. Tradotta in inglese da
Mann Curtis con il titolo di “Let it be me” diventerà uno standard
internationale grazie all’ interpretazione degli Everly Brothers nel
1960 e di Willie Nelson nel 1982. La canzone ebbe anche una versione
fatta da Elvis Presley, poi da Bob Dylan e da Nina Simone che
contribuirono a rendere popolare questa canzone di Gilbert Bécaud, la
più cantata nel mondo assieme a Et maintenant “ What now my love”).
Dylan successivamente coverizzò "Let It Be Me" nel 1981, per il lato B
di un singolo europeo. Inoltre, suonò assieme a George Harrison il 1
maggio 1970 la cover di "All I Have To Do is dream”. Questo classico
degli Everly Brothers potrebbe essere stato l'ispirazione per le outtake
dai "Basement Tapes" di Dylan .
L'uomo
che organizzò il primo concerto di Bob Dylan
Israel "Izzy" Young"
Guardate sotto la lettera "Y" nell'indice di
uno qualunque dei tanti libri scritti su
Bob Dylan e sicuramente ci troverete il nome di Israel "Izzy" Young. “Izzy" Young
( vero nome Israel Goodman Young) è accreditato di aver avuto un ruolo
cruciale nella crescita della musica popolare nel 1960, in particolare
per aver catapultato il giovane Bob Dylan verso la celebrità
organizzando il suo primo concerto alla Carnegie Chapter Hall nel 1961,
costo del biglietto $ 2.
Lo "Izzy's Young Folklore Center" in MacDougal Street nel Greenwich
Village di New York era il centro assoluto della scena musicale folk, un
luogo del quale Dylan scrisse una volta: "Che cosa ha detto la mosca
alla pulce? Il Folklore Center è il posto per me".
Izzy's Young
Folklore Center nel 1964
Il Folklore Center oggi (nell'ovale)
Oggi, che questa citazione è incorniciata
in una bacheca presso il Folklore Centrum di Stoccolma in Svezia, dove
Young ha trascorso gli ultimi tre decenni organizzando concerti per
musicisti locali e raccogliendo libri e articoli sulla musica popolare
dei giorni di “ Freewheelin' “, quando beatnik e folkies affollavano il
Village per reinventare se stessi.
Folklore Centrum - Stoccolma
La mentalità di allora era quella di
fregarsene da dove eri venuto e puntare su dove ti stavi dirigendo.
Molto tempo più tardi Dylan disse a un giornalista che indagava sul suo
mitico passato: "La nostalgia è la morte", ma la nostalgia è ciò che
ancora oggi spinge i fans di Dylan ad affluire allo Young Folklore
Centrum di Stoccolma. Per loro, che sono ancora giovani, l' ormai 85enne
Young è ancora il ragazzo che conosceva Bob Dylan.
"Ce ne sono a decine che ogni settimana vengono qui" ha detto Young
dei fans di Dylan. "Hanno letto ogni libro scritto su Dylan, sanno
tutto, allora perché venire qui? Beh, vogliono che racconti loro le
storie su come Dylan li fotteva tutti e su come prendeva la droga.
Vogliono pettegolezzi... Ho avuto qui fino a 100 persone come queste
quest' anno, e nessuno di loro ha detto nulla di interessante per me. Ciò
significa che non possono capire Dylan".
Con la passione e la compulsività di un devoto collezionista, Young ha
rivestito le pareti del Folklore Centrum con album, ritagli di giornale,
foto e volantini. Un immenso scaffale che occupa da solo un locale del
negozio situato nel cuore del quartiere un tempo bohemien di Södermalm,
è pieno di ritagli di articoli su Dylan pubblicati dalla stampa svedese.
Ma Young preferirebbe parlare di se
stesso piuttosto che di Bob Dylan, dopo tutto, perchè il lancio della carriera di
Dylan fu solo una parte della sua vita, ma le persone sembrano
interessarsi solo a quella. Ma anche per Young quel periodo è stato il
più significativo, lui ritaglia con attenzione ogni articolo su Dylan
che gli capita sottomano e lo infila nel raccoglitore dove tiene anche I
ritagli che parlano di lui stesso.
Young sembra frustrato quando non riesce a trovare un libretto che ha
scritto sul suo passato nel Bronx. Il suo sistema di archiviazione segue
una logica che sfugge facilmente ai visitatori e, a quanto pare, anche a
lui stesso. Gira sottosopra mucchi di carte, accatasta e mescola fogli
di appunti uno sull’altro e li infila in pesanti cartelle. " Vediamo,
vediamo..." dice senza aver perso nulla del suo accento Newyorkese.
"Dunque, poesia, lettere , articoli su di me... No ... Oh, ecco qualcosa
che io chiamo “stranezze sulla musica da affrontare in seguito". Poi: "
Aha ! Questo è il Village nel 1969. Questo è il mio amico che aveva
questo negozio che vendeva chitarre e che si è sposato nel mio
appartamento. Se abitassi ancora a New York City ora mi avrebbero
nominato almeno Vescovo".
Young rinuncia a cercare il libretto sul Bronx. Ora focalizza la sua
attenzione su di un invito a nozze dattiloscritto che elenca come
officiante “Israel G. Young, Minister, Universal Life Church, Modesto,
California.” Il menu comprende knishes del negozio di Yonah Shimmel,
fegatini di pollo tritato, ciambelle, e "vari piatti su ordinazione".
" Da non credere eh? Questo era il Village, dove nessuno vuole sapere se
ci sono ancora ebrei" dice, "Vedi, io sono fedele alle mie origini. Non
faccio credere di non essere ebreo".
Young nasce nel Lower East Side nel 1928. "Sono cresciuto al 110 di
Ludlow Street" ha detto, "Proprio un posto misero". Lui si tuffa nelle
sue note e rimescola di nuovo le cartelle, poi mi porge una pagina di un
suo manoscritto che ha scritto durante l'estate. Gran parte della nota è
dedicata alla sua educazione ebraica, prima nel Lower East Side, dove
c'erano "un sacco di mercati, teatri e più ebrei che in tutta New York,
con un sacco di bambini con cui giocare, e le visite occasionali alle
sinagoghe locali", e poi nel Bronx, dove la famiglia del giovane si
trasferì dopo l'offerta di affitto gratuito per sei mesi per favorire il
riempimento dei nuovi edifici popolari del quartiere.
Young è stato all'epicentro dell'esplosione popolare del folk negli
Stati Uniti, "Quelli furono i miei favolosi anni, non chiedetemi come
sono sopravvissuto perché sto ancora cercando di capirlo".
Fu in quegli anni favolosi che Young organizzò il primo concerto di
Dylan "Ho rotto il culo alla gente per convincerli a venire al concerto"
ha detto. "Solo 52 persone si presentarono, ma circa 300 persone
ricordano di essere stati lì. Tutti vogliono dire che erano a quel
concerto. Hai capito? "
Young sembra risentirsi con i fans di Dylan che arrivano al Folklore
Centrum solo per prendere un curioso contatto con lui, come se fosse un
esemplare vivo della storia di Dylan. Egli manifesta un certo
dispiacere, e dice di essere appesantito da preoccupazioni finanziarie e
che non può più permettersi la quota associativa alla comunità ebraica.
"La gente viene qui da tutto il mondo per vedere questo posto. Dovrei
veramente far pagare quialcosa".
L'ultima volta che ha visto Dylan, dice quest’uomo la cui, volente o
nolente, eredità è indissolubilmente legata a Dylan, è stato
cinque anni fa. Young fu ammesso nel backstage di un concerto dopo che
il responsabile capo della Security di Dylan era venuto al Folklore
Centrum a cercarlo. I due vecchi amici ebbero una breve chiacchierata e
dopo pochi minuti una donna della squadra di Dylan arrivò portando un
maglione per Bob.
«E lui si è girato per indossarlo" ha detto Young imitando i movimenti
del vecchio re del folk. " In altre parole, era tempo per me di andare.
La cosa mi ha ricordato la scena finale del dramma di Strindberg “The
Father”, dove l'uomo si gira e il servo mette una veste bianca su di
lui. Sai, un servo, non uno della sua famiglia. Questa è una cosa
terribile per me da pensare, quella scena mi torna sempre alla mente".
Young ha cercato di organizzare un altro incontro con Dylan, ma tutta la
corrispondenza deve passare attraverso l'ufficio di Dylan e finora è
stato impossibile per lui contattarlo direttamente. "Forse l'unica cosa
che potrei dirgli sarebbe - Sai, tu ed io siamo la stessa persona -.
“Cosa vuoi dire Izzy?” mi chiederebbe lui, Allora io gli direi: "Bene,
hai fatto quello che hai voluto ed hai continuato a farlo per tutta la
vita, ma niente è cambiato, io ho fatto tutto quello che ho voluto e
anche per me niente è cambiato, quindi, anche se io oggi sono in fondo
alla scala sociale e tu invece sei in cima, non c'è alcuna differenza
tra noi”. E lui sarebbe d'accordo con me.
“Miraggio bianco intorno a me”, era
riferito a Bob Dylan?
Forse non molti sanno che la canzone dei Dik Dik “L’Isola di Wight” è
una cover del brano Wight Is White del cantante francese Michel Delpech.
Alberto Salerno (paroliere di “Io
vagabondo” dei Nomadi) e Claudio Daiano ("Un pugno di sabbia" e "Un
giorno insieme" per i Nomadi) scrissero la versione in italiano
dell'originale "Wight is Wight", che fu un grande successo del 1969,
testo di Michel Delpech su musica di Roland Vincent (vendette oltre un
milione di copie) scritto per celebrare e ricordare il festival del 1969
che vide la famosa partecipazione di Bob Dylan, con i Beatles John con
Yoko Ono, George con Patty Boyd e Ringo con Maureen Cox seduti in terra
fra il pubblico degli hippies di allora.
Infatti l’inizio della canzone dice “Wight is Wight Dylan is Dylan”. La
canzone fu coverizzata in Spagna dal gruppo dei Los Catinos, in
Inghilterra da Sandie Shaw ed in Italia dai Dik Dik e dai Matia Bazar.
Pietro Montalbetti (Pietruccio dei Dik Dik), chitarrista del gruppo,
aveva da un pò di tempo l'idea di incidere una canzone dedicata ai
grandi raduni rock come il Festival di Woodstock e il Festival
dell'Isola di Wight, ascoltò il brano di Delpech e decise quindi di
farlo tradurre per il gruppo.
La traduzione italiana però deviò un pò dall’originale ignorando
completamente il nome di Bob Dylan, però c’è un passagio della canzone
che dice: “fra divise blu e giacche lunghe di lamé
ho visto te, miraggio bianco intorno a me” Quel miraggio bianco potrebbe
anche essere riferito proprio a Bob Dylan che a Wight si esibì con un
vestito completamente bianco? Ma questa ipotesi potrebbe essere solo
confermata o smentita dagli autori del testo italiano della canzone.
La prima edizione del festival si tenne il 31 agosto 1968, con un
concerto dei Jefferson Airplane, seguito da circa 10.000 persone. L'anno
seguente il festival durò 2 giorni, il 30 e il 31 agosto 1969, e vide la
presenza di Bob Dylan, di Joe Cocker, degli Who e dei Free.
L'edizione più nota fu sicuramente quella del 1970, che si tenne dal 26
al 30 agosto. Seguita da 600.000 persone e documentata dal film di
Murray Lerner “Message To Love: The Isle Of Wight festival” Quell'
edizione rimase famosa per essere stata l'ultima grande esibizione pubblica
di Jimi Hendrix prima della sua morte, ma anche per l'ultima apparizione
del gruppo dei Doors con Jim Morrison in Europa, nonché per quelle degli
Who, Joni Mitchell, Miles Davis, Jethro Tull, Free, Ten Years After,
Joan Baez, Moody Blues, Donovan, ELP, Leonard Cohen, e molti altri.
L'evento fu però dal punto di vista economico un fallimento, in quanto
molti non pagarono il biglietto di entrata (3 sterline per 5 giorni di
musica): gli organizzatori, che avevano già subìto le critiche negative
degli abitanti dell'isola, vennero messi in liquidazione e dovettero
coprire un buco di 125.000 sterline; il festival non si svolse più così
per parecchi anni fino al 2002.
Ecco il teasto originale francese della canzone:
Wight is Wight Dylan
is Dylan
Wight is Wight Viva Donovan
C'est comme un soleil Dans le gris du ciel
Wight is Wight Hippie, hippie, ...pie
Hippie hippie Hippie hippie
Ils sont arrivés dans l'île nue Sans un bagages et les pieds nus Comme
un cyclone inattendu
Comme une fleur avant la saison Comme une pluie de papillons A laquelle
on a jamais cru
Wight is Wight Dylan is Dylan
Wight is Wight Viva Donovan
C'est comme un soleil Dans le gris du ciel
Wight is Wight Hippie, hippie, ...pie
Hippie hippie Hippie hippie
Toi qui a voulu t'emprisonner As tu le droit de condamner Celui qui
cherche à s'évader
Chacun mène sa vie comme il veut
Tu ne peux plus baisser les yeux Car aussi vrai que tu es né
Wight is Wight Dylan is Dylan
Wight is Wight Viva Donovan
C'est comme un soleil Dans le gris du ciel
Ed ecco il video:
Martedi
7 Gennaio 2014
WELCOME 2014!!!
Un nuovo anno sta muovendo i primi passi per imparare a camminare.
Dylanisticamente parlando speriamo sia un anno migliore o almeno alla
pari di quello passato. Egoisticamente potremmo dire che ci andrebbe
bene anche se fosse uguale a quello scorso, ma non dimentichiamo che il
Tour 2013 cominciò il 5 aprile da Buffalo (New York) per protrarsi
stancamente fra mille inconvenienti e difficoltà fino al 4 di agosto a
Mountain View (California).
Questa serie di concerti registrò uno scarso gradimento da parte del
pubblico americano, forse Dylan non era in forma in quel periodo, forse
4 mesi filati di shows con solo qualche giorno di pausa hanno influito
negativamente sul rendimento di Bob e della band, continuamente turbata
da un alternarsi di chitarristi che, per bravi che fossero, non davano
tranquillità agli altri musicisti perchè poco padroni del repertorio e
dei metodi e dalle abitudini da concerto dylaniane. Le recensioni dei
concerti americani avevano come caratteristica quella di essere quasi
tutte improntate negativamente, sottolineando il malcontento ed il non
gradimento del pubblico che spesse volte abbandonava i concerti dopo
poche canzoni.
Dopo la fine del tratto americano, molto probabilmente, ci dev’essere
stato un meeting degli “stati generali” dylaniani per dare una svolta in
senso positivo ad un anno avviatosi su una strada irta di ostacoli.
Questo “Summit” ha dato i risultati sperati e che l’aria fosse cambiata
lo si capì subito fin dai primi concerti europei. Le novità sono
state quelle delle set lists quasi identiche per tutti i concerti, il
rientro fisso di Charlie Sexton nelle file della band, il settaggio del
palco molto più intimo che favoriva il feeling fra musicisti e pubblico
e senz’altro gli shows nei teatri che danno più calore che non quelli
nelle grandi arene da base-ball usate come sedi nel tratto americano, e
non ultima l'introduzione della pausa a metà spettacolo.
Le recensioni dei concerti europei sono tutte concordi sulla “forza” e
sulla compattezza degli spettacoli, sulla forma vocale e fisica di Bob (
certamente la pausa ha favorito le prestazioni canore), sull’unità della
band che grazie a tutte queste caratteristiche ha potuto essere in grado
di fornire un continuato supporto positivo e notevole allo show.
Abbiamo avuto testimonianze dirette dai media italiani che hanno
promosso a pieni voti i sei shows, ma non solo, anche le testimonianze
inviateci degli amici della Fattoria erano assulutamente concordi sulla
bontà di tutto l’insieme.
Naturalmente le locations più adatte allo spettacolo dylaniano attuale
sono certamente i teatri, dove il contatto fra artisti e pubblico è più
palpabile, dove la qualità del suono è di molto superiore alle
condizioni quasi sempre negative di quando l’impianto di amplificazione
deve coprire una vasta area all’aperto.
Anche le due e le tre serate nello stesso teatro hanno giocato
positivamente sulla resa dello show, personale più riposato, più
tranquillo e sicuro del rendimento del mix. Lo stesso vale per i
musicisti, quando il suono è bello, calibrato bene e diffuso in modo
uniforme ha un effetto gigantesco sui musicisti sul palco che sentendo
perfettamente la bontà del suono si gasano più facilmente offrendo
prestazioni eccellenti.
Noi, da devoti fans quali siamo, possiamo solo essere contenti che il Tour 2014
inizierà in Giappone (date confermate dal sito ufficiale di Bob)
sperando sia impostato sulla falsariga (nei limiti del
possibile) dei concerti europei del 2013. Certamente il ripetere
l’esperienza delle esibizioni plurime in teatro darà certamente ottimi
risultati, e la cosa può solo farci piacere.
Speriamo che il nostro paese sia incluso nel prossimo tratto europeo,
smentendo così le voci che i paesi europei toccati dal tour 2014 saranno
quelli non inclusi lo scorso anno.
Lasciatemi cogliere l’occasione per ringraziare sentitamente tutti
coloro che hanno speso un pò del loro tempo per mandare le loro opinioni
alla Fattoria, contibuendo in modo positivo a tanti piccoli scambi di
opinioni e notizie fra le varie tipologie di fans del Nostro. Spero che
continuerete a scrivere su queste pagine con lo stesso entusiasmo!
Mr.Tambourine
Bob Dylan terrà 14 concerti la prossima primavera in Giappone.
Il pubblico giapponese ha sempre la sua buona dose di oldies "oldies but
goodies" nel 2014, Eric Clapton, Rolling Stones, Jeff Beck, Toto...e ora
Bob Dylan !
E Dylan rimanerà in Giappone per circa un mese, suonando 14 spettacoli.
Ecco le date:
3/31 (Mon) Zepp
Diver City Tokyo ...19:00 start
4/01 (Tue) Zepp Diver City Tokyo ...19:00 start
4/03 (Thu) Zepp Diver City Tokyo ...19:00 start
4/04 (Fri) Zepp Diver City Tokyo ...19:00 start
4/07 (Mon) Zepp Diver City Tokyo ...19:00 start
4/08 (Tue) Zepp Diver City Tokyo ...19:00 start
4/13 (Sun) Zepp Sapporo ...17:00 start
4/14 (Mon) Zepp Sapporo ...19:00 start
4/17 (Thu) Zepp Nagoya ...19:00 start
4/18 (Fri) Zepp Nagoya ...19:00 start
I biglietti saranno in vendita a partire dal
18 Gennaio. Possono anche essere pre-ordinati attraverso il sito web
artisti UDO dell'organizzatore.
Se avete problemi durante la navigazione attraverso il sito giapponese e
/ o non avete una carta di credito giapponese o l'indirizzo, provate
attraverso il nostro
servizio di biglietteria.
Per tutti gli spettacoli , ci sono due tipi di biglietti disponibili :
I) Primo e secondo piano in piedi.
Di solito il primo piano è tutta l'area in piedi, mentre il 2° piano è
dove ci sono i sedili della balconata.
Prezzo: JPY 13.000
1° piano (platea)
II ) posti secondo piano.
Ci sono circa 100-200 posti a sedere sul balcone degli Zepp.
Prezzo: JPY 22.000
2° piano (balconata)
Bob Dylan in Tour in Giappone in
Marzo/Aprile 2014
TOKYO - Il cantante americano Bob Dylan terrà la sua settima tournée in
Giappone suonando 14 concerti in cinque città nei prossimi mesi di marzo
e aprile. Dylan, alla soglia dei 73 anni, ha effettuato la sua ultima
tournée in Giappone nel 2010.
Dylan si esibià negli Zepp live house di Tokyo , Nagoya , Osaka ,
Fukuoka e Sapporo .
Bob Dylan ha iniziato a lavorare al suo
nuovo album?
Bob Dylan sta lavorando su un nuovo album? Mentre il suo management
tiene la bocca ben serrata, ci sono diverse segnalazioni della cosa che
circolano su Internet. Nei giorni scorsi ci sono state “voci” molto
forti che il cantante sia finalmente tornare in studio di registrazione
per lavorare su quello che potrebbe essere l’album del ritorno alle
radici.
Secondo una fonte, le voci che Bob Dylan stia lavorando in studio di
registrazione sono vere, con ben otto canzoni già messe su nastro. "E'
ancora nelle fasi iniziali", " Ci sono gli uomini della Security fuori
dalle porte per assicurare nessuno senta nemmeno un sussurro" ha detto
una fonte.
Questa non è la prima volta che circolano “voci” in merito a sessioni di
registrazione di Bob Dylan. I Fans sono in ansiosa attesa di notizie in
merito...
Questa notizia, che va presa con la dovuta cautela, sembra essere però
un falso perchè riportata dal sito //en.mediamass.net, che è un sito
parodia di quelli di gossip e le notizie riportate naturalmente non sono
vere.