Buongiorno Mr. Tambourine,
vorrei cominciare a dire la mia sulla lectio magistralis di Bob, ma gli
interventi sul sito mi inducono a deviare ancora una volta, perchè sono
illuminanti a comprendere la coerenza di fondo e la lucidità del
progetto artistico e poetico di Dylan che, indubbiamente, oggi è al
"palo", secondo l'opinione di mcioffi o, secondo la mia, a "una svolta".
Parto dalla coerenza di cui ho parlato appena prima. Avevo già detto, un
po' di tempo fa, che da "Tarantula" a "Triplicate" vedevo un disegno
organico. Adesso mi sembra più facile spiegarlo, dopo le tue parole e
quelle del farmer già citato. Nel romanzo giovanile più volte rinnegato,
ma ancora pubblicato, tradotto e commentato, Dylan disintegrava la
parola scritta e tutte le regole che la rendono fruibile e
comprensibile, per affermare implicitamente che sulla pagina scritta,
ridotta da lui ad un coacervo di parole condensate, frullate, eppure
ancora riconoscibili come tali per quelli che hanno tentato l'impresa di
decifrarle, doveva, da quel momento in poi, prevalere la parola cantata,
di cui lui, il ragazzino triste e - apprendo ora dal tuo intervento -
simpatico cacciapalle seriale, sarebbe diventato l'interprete più
originale e quasi unico. Per completare l'impresa di essere, non uno dei
cantanti americani del XX secolo, ma IL CANTANTE AMERICANO del XX
secolo, ha reinterpretato, nel tanto discusso album "Triplicate", la
canzone americana della prima metà del secolo, quella che precede la sua
nascita fisica ed il suo esordio come folk-singer. Ancora oggi, nella
parte finale della sua lectio, Bob riafferma che "le canzoni sono
diverse dalla letteratura. Sono fatte apposta per essere cantate, non
lette...", ma ... la letteratura "lo perseguita", poichè l'assegnazione
del Nobel lo ha "costretto", suo malgrado, a scendere dal palco e a
"riprendere in mano la penna", ma per fare che? scrivere una canzone,
inedita, nuova? o la lectio magistralis, rigorosamente in prosa, non
cantata ma letta, che lo ha consacrato definitivamente premio Nobel per
la letteratura, premio che, tuttavia, gli è stato conferito per
l'originalità e la bellezza delle sue canzoni. E ora, che fare? Forse ci
sta pensando, ma nella sua lectio ho colto qualche indizio, che proverò
a raccontare . Alla prossima. Grazie per il sito... è troppo bello!
Lunga vita. Carla.
Il problema della
differenza fra letteratura e canzone, a mio avviso, è un problema che
non esiste. Se tu leggi una qualunque delle opere di Shakespeare, dal
Giulio Cesare a Giulietta e Romeo, ti troverai spaesata per la loro
forma che sembra scolastica. Le due tragedie sono state scritte come
sceneggiatura teatrale (o per il cinema, del quale ai tempi non si
sarebbe nemmeno immaginata l'invenzione. Le frasi ed i concetti di
Shakespeare sono quello che contano, sono il reale valore dell’opera,
concepita e scritta in forma semplice in modo da far capire a chi doveva
mettere in scena le sue opere cosa era necessario avere sul palco e dove
doveva svolgersi la scena.
La bellezza e la grandezza di Shakespeare stava nelle sue parole,
(caratteristiche applicabili anche a quelle di Bob Dylan) ma io penso
che le sue parole vadano ascoltate recitare da un attore (tipo Gasmann)
che sappia dare ad esse la giusta inflessione, il giusto peso, il giusto
accento, che sappia rendere palese l’intenzione shakesperiana. Leggerle
sul è bello, ma sentirle recitate in teatro è tutt’altra cosa. Col tempo
alcune frasi estratte dalle sue opere sono diventate dei must, ad
esempio:
Siamo fatti della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel
tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita. (La tempesta)
Il pazzo, l’amante e il poeta non sono composti che di fantasia. (Sogno
di una notte di mezza estate)
Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama
il tuo peccato e sarai innocente. (Romeo e Giulietta)
Sappiamo ciò che siamo ma non quello che potremmo essere. (Amleto)
Io considero il mondo per quello che è: un palcoscenico dove ognuno deve
recitare la sua parte.
(Il mercante di Venezia) - La frase è stata usata anche nella parte
parlata della canzone
di Elvis Presley "Are you lonesome tonight" ( You know someone said that
the world's a stage and each must play a part).
Finché possiamo dire: “quest’è il peggio”, vuol dir che il peggio ancora
può venire. (Re Lear)
Pochi amano sentir parlare dei peccati che amano commettere. (Pericle,
il principe di Tiro)
I vigliacchi muoiono molte volte prima della loro morte. (Giulio Cesare)
A volte ciò che conta nei discorsi è quello che segue dopo un “ma” o un
“tuttavia”. In genere un uomo inizia lodando (apparentemente) la persona
di cui sta parlando fino a quando arriva al “ma”. Naturalmente dopo il
“ma” viene fuori ciò che veramente si pensa di una persona o di un
fatto.
Nell’orazione funebre di Marco Antonio sul corpo morto di Cesare,
Shakespeare sembra inizialmente contraddire questo tipico modo di
procedere del discorso: “E tuttavia Bruto è un uomo d’onore”. Invece
tutto il discorso procede nello stesso modo, nella voluta ambiguità
della parola. Mentre Antonio parla apparentemente in maniera positiva di
Bruto, pian piano introduce nell’animo dei cittadini romani il suo
severo giudizio sul traditore Bruto, finché aggiunge un “tuttavia” che
nega esplicitamente il “tuttavia” iniziale: “E tuttavia io ho con me
trovata nei suoi scaffali una pergamena con il sigillo di Cesare, il suo
testamento”.
Se consideriamo attentamente le frasi sopra riportate ci accorgiamo che
potrebbero benissimo essere state scritte da Bob Dylan, ed allora il
paragonarsi al grande drammaturgo inglese non è più una stonatura
stridente, si nota affinità nell’arguzia descrittiva e narrativa dei due
personaggi così lontani, così diversi e così uguali. Forse Dylan, nei
suoi testi migliori, quelli dei primi anni, è più visionario e più
fantasioso, la bellezza delle parole di Shakespeare è immediatamente
comprensibile, quelle di Dylan richiedono uno sforzo di indagine
maggiore, pur avendo i due scrittori la stessa valenza intellettuale e
lo stesso talento narrativo.
E’ difficile dare un valore certo al Premio Nobel per la letteratura,
anche perchè al giorno d’oggi il concetto di letteratura si è esteso ad
altre forme di espressione che sono nate nel tempo. Shakespeare ha
scritto per il teatro senza sapere che stava scrivendo anche per il
cinema, ma lui non poteva conoscere il futuro. Oggi noi sappiamo com’è
considerato Shakespeare, ma non sappiamo come sarà considerato Dylan fra
200 anni. Ma in fondo a noi non importa perchè, come cantavano i Nomadi
"ma noi non ci saremo", quindi per noi è importante come lo consideriamo
adesso. Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Kingston, Ontario - Rogers K-Rock
Centre, June 27, 2017
1. Things Have Changed (Bob on piano, Donnie on pedal steel)
2. Don’t Think Twice, It’s All Right (Bob on piano, Donnie on lap steel,
Stu on acoustic guitar, Tony on standup bass)
3. Highway 61 Revisited (Bob on piano, Donnie on lap steel)
4. Why Try To Change Me Now (Bob center stage, Donnie on pedal steel,
Tony on standup bass)
5. Summer Days (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic guitar)
6. Make You Feel My Love (Bob on piano,
Donnie on pedal steel, Stu on acoustic guitar)
7. Duquesne Whistle (Bob on piano, Donnie on lap steel,Tony on standup
bass)
8. Melancholy Mood (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on
standup bass)
9. Stormy Weather (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup
bass)
10 Pay In Blood (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic
guitar)
11. Once Upon A Time (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on
standup bass)
12. Tangled Up In Blue (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on
acoustic guitar)
13. Early Roman Kings (Bob on piano, Donnie on lap steel, Tony on
standup bass)
14. Desolation Row (Bob on piano, Donnie on electric mandolin, Tony on
standup bass)
15. Soon After Midnight (Bob on piano, Donnie on lap steel, Stu on
acoustic guitar)
16. That Old Black Magic (Bob center stage, Donnie on pedal steel,
Tony on standup bass)
17. Long And Wasted Years (Bob center stage, Donnie on pedal steel,
Stu on acoustic guitar, Tony on standup bass)
18. Autumn Leaves (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on
standup bass)
(encore)
19. Blowin' In The Wind (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic
guitar,
Tony on standup bass)
20. Ballad Of A Thin Man (Bob on piano, Donnie on lap steel)
A Freewheelin’ Time - sulla strada di
Bob Dylan - Memorie dal Greenwich Village -
Suze Rotolo racconta Suze
Rotolo
Chi
cercherà parte della storia di Bob Dylan o chi si aspettava che questo
libro fosse la narrazione degli anni giovanili di Bob Dylan passati al
Village resterà certamente deluso.
In questo libro c’è il 50% di Suze, il 25 % di Bob Dylan ed il restante
25% è affollato dai tanti personaggi del Village anni ‘60.
Dice Suze che agli inizi di quel decennio una donna americana era
qualcosa di completamente spersonalizzato ed in un certo senso proprietà
di un uomo. Quando una donna si sposava, dice Suze, non era più la
signorina Hall ma diventava la Signora Van Ronk. La ragazza che stava
con un musicista o con un artista o con qualunque altro tipo di uomo era
in pratica la sua “pollastra”. Suze Rotolo era considerata nel Village
la pollastra di Bob Dylan e non la Suze Rotolo ragazza con una sua
personalità intrinseca. Questo succedeva a tutte le donne in quegli
anni, ma Suze sembra volerci gridare nelle orecchie che lei non è mai
stata "la pollastra" di Dylan o “la ragazza della copertina di
Freewheelin’“, ma una red-diaper baby (così erano chiamati i figli dei
genitori comunisti nel post Maccartismo americano) con i suoi desideri,
le sue aspirazioni, i suoi sogni, le sue capacità e le sue idee
politiche ed artistiche, con una vita da vivere senza dover dipendere
per forza da altre persone. Suze rifiuta categoricamente quel ruolo, ero
innamorata di Bob Dylan dice, ma non ero il suo giocattolo sessuale, se
facevo sesso con lui è perchè l’amavo, non per farlo divertire, questo
il messaggio tra le righe del libro, anche l’aborto confermato da Suze è
stato un atto d’amore, Dylan non era assolutamente pronto per una
famiglia ed un figlio, questo Suze l’aveva capito chiaramente ed accettò
l’aborto con apparente serenità, se è tutto vero quel poco che ha
scritto sull’argomento.
Il libro è un insieme di momenti senza una precisa successione
cronologica, è la descrizione di numerosi avvenimanti raccontati così
come le sono venuti in mente, a volte imprecisi e confusi, senza che
questo significhi che non siano veri. I ricordi, dopo tanti anni tendono
a sfumare i contorni e può capitare che nell’andare a ripescarli dal
fondo del pozzo delle rimembranze si possano riportare a galla vecchie
storie che però rimangono circondate da un alone di nebbia, come uscir
nella brughiera di mattina dove non si vede un passo per ritrovar se
stesso, o domandarsi perchè quando scende la tristezza in fondo al cuore
come la neve non fa rumore. Forse sono solo vecchie emozioni che ti
vogliono ricordare che tu le hai vissute.
É evidente che Suze racconta solo una parte della sua avventura con
Dylan, anche se nella prefazione scrive: “Per Luca (il figlio) perchè
sappia e per Enzo (il marito) che ha sempre saputo”.
Deve essere terribile vivere la vita dividendola con un’altra persona
che è l’altra faccia di te stessa, non quella che sei ma quella che la
gente nel suo immaginario pensa che tu sia. Suze ha vissuto
contemporaneamente la vita di due persone, quella di Susan Elizhabet
Rotolo aka Suze e quella della “Ragazza della copertina di
Freewheelin’“, una copertina che, volente o nolente è diventata un’icona
di quegli anni, una cosa che ti si appiccica adosso e non puoi più
scrollartela di dosso per tutta la vita. Suze sapeva benissimo che il
suo passato con Dylan era quello che interessava alla gente, e che il
suo presente col marito Enzo e col figlio Luca per le cronache contavano
come il due di picche a briscola. Chissà quante volte incontrando
persone nuove avrà dovuto sopportare lo sguardo indagatore, quello che
cerca di rubare la tua vita ed i tuoi segreti solo per pura cusiosità,
quante volte sarà stata costretta a far buon viso a cattiva sorte,
quante migliaia di volte sarà stata presentata come “la ragazza della
copertina di Freewheelin’“
Suze descrive a modo suo la realtà e la durezza della vita sua e della
sua famiglia dove chi era comunista trovava certamente rogne facilmente,
per lei è importante che chi legge capisca cosa vuol dire, capisca la
sua rinuncia, era la donna di una leggenda ma voleva essere se stessa,
senza essere obbligata ad essere legata o schiava di questo mito
incontrollabile che ingigantiva giorno per giorno senza un freno o una
precisa ragione. Racconta alcuni dei suo tipici momenti nel Village con
Bob ed i loro amici e conoscenti, persone che dipinge con poche
pennellate perchè non importa se non si vedono i particolari. Il Village
era un mondo “fuori” dalla consuetudine americana, un covo di pericolosi
idealisti che stavano attuando una rivoluzione in bianco, fatta solo di
parole e non di sangue. Nomi noti e famosi entrano ed escono dalle
pagine con tranquillità, niente nel libro è ossessivo, è tutta una
ventata di nuova vita che sta prendendo forma e nessuno sa dove ti
porterà. Così è stato per Suze, un inizio con una meravigliosa avventura
ai confini della realtà e la fine con una vita normalissima senza mai
aver ostentrato o reclamato qualcosa del passato.
Suze racconta ma si capisce che quando scrisse il libro prima di
andarsene era ormai distaccata per sempre dalla più grande leggenda
artistica americama, ma senza drammi, senza pentimenti, solo con qualche
piacevole ricordo che per anni è stato confinato nei meandri della sua
mente fino al giorno che per incanto si decise a scrivere di quei
giorni.
Esattamente non si capisce perchè abbia voluto scrivere questo libro
cinquant'anni dopo quella storia, una piccola storia d’amore fra due
giovani tenuta in solaio quasi per gelosia fino al 2002, quando per la
prima volta parlò della sua storia con Dylan in un un convegno pubblico.
Seguì poi il libro nel 2008, forse solo lei sapeva il motivo per cui
l’aveva scritto, così preciso e così vago. Suze parla più di se stessa
che di Bob, e credo che sia giusto così, la storia di Bob la conoscono
tutti, la storia di Suze solo gli amici più intimi. Ora la storia è di
dominio pubblico, niente di nuovo o che non fosse già risaputo, ma forse
è servita a Suze per staccarsi dalla ragazza della copertina di
Freewheelin’.
E' poi finito tutto senza un dramma o un addio definitivo, credo che i
due siano sempre rimasti amici ed in contatto, anche dopo il matrimonio
di Suze. Unico vero rammarico confessato da Suze è la perdita dei
maglioni e del cappotto che indossava su quella copertina a causa di un
incendio che devastò totalmente il suo appartamento.
Lei aveva intuito la genialità e le necessità di Bob Dylan, così si
ritirò in silenzio dalla vita di quell’uomo mandato da qualcuno sulla
terra ad insegnar qualcosa agli altri. Certo era una persona strana, ma
perchè, Leonardo, Michelangelo, Caravaggio non erano anche loro persone
strane?
Bob Dylan non ha mai reso la vita facile a nessuno con il suo agire,
nemmeno a se stesso, parola di Suze Rotolo.
Mr.Tambourine
Mercoledì
28
Giugno 2017
Talkin'
10173 -
lorenzo.masetti
Oggetto: Sir Eglamore
Caro Mr. Tambourine,
a proposito della tenzone tra Sir Eglamore e il nostro sito, teniamo a
far sapere al nobile cavaliere che noi di Antiwar Songs disponiamo di
draghi estremamente feroci e questa volta potrebbe non averla vinta :0).
La saluto che il tempo stringe e debbo tornare a tradurre le canzoni di
Rino Gaetano in lappone antico.
Lorenzo
Caro Lorenzo, vedo che
hai capito perfettamente il personaggio di Sir Eglamore e me ne
rallegro. Io ho imparato ad accettarlo ed apprezzarlo così com'è, anzi,
mi spiacerebbe immensamente se un giorno dovesse cambiare modo di fare o
di pensare. Lo trovo sempre stimolante e permettimi di confessarti che
per me è sempre divertente ed anche istruttivo avere sue mail alle quali
rispondere con la mia piccola retorica che non è certo paragonabile alla
sua. Se un giorno dovessi venire a sapere l'identità di Sir Eglamore
rimarrei deluso, lui mi piace così com'è, con la sua vena satirica,
intellettuale ed altamente provocatoria. Ho avuto l'impressione che
Eglamore possa essere in realtà una donna, perchè sa essere più perfido
del più perfido degli uomini. Quindi, patto di fratellanza suggellato
fra Maggie's Farm ed Antiwar Songs alla faccia di Sir Eglamore
:o)))))))! Spero di risentirti ancora in futuro, alla prossima,
con amicizia, Mr.Tambourine, :o)
In edicola: Bob Dylan Studio
Collection
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Martedì 27
Giugno 2017
Syracuse, New York - Lakeview
Amphitheater, June 25, 2017
1. Things Have Changed (Bob on piano, Donnie on pedal steel)
2. Don’t Think Twice, It’s All Right (Bob on piano, Donnie on lap steel,
Stu on acoustic guitar, Tony on standup bass)
3. Highway 61 Revisited (Bob on piano, Donnie on lap steel)
4. Why Try To Change Me Now (Bob center stage, Donnie on pedal steel,
Tony on standup bass)
5. Summer Days (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic guitar)
6. Make You Feel My Love (Bob on piano,
Donnie on pedal steel, Stu on acoustic guitar)
7. Duquesne Whistle (Bob on piano, Donnie on lap steel,Tony on standup
bass)
8. Melancholy Mood (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on
standup bass)
9. Stormy Weather (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup
bass)
10 Pay In Blood (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic
guitar)
11. Once Upon A Time (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on
standup bass)
12. Tangled Up In Blue (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on
acoustic guitar)
13. Early Roman Kings (Bob on piano, Donnie on lap steel, Tony on
standup bass)
14. Desolation Row (Bob on piano, Donnie on electric mandolin, Tony on
standup bass)
15. Soon After Midnight (Bob on piano, Donnie on lap steel, Stu on
acoustic guitar)
16. That Old Black Magic (Bob center stage, Donnie on pedal steel,
Tony on standup bass)
17. Long And Wasted Years (Bob center stage, Donnie on pedal steel,
Stu on acoustic guitar, Tony on standup bass)
18. Autumn Leaves (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on
standup bass)
(encore)
19. Blowin' In The Wind (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic
guitar,
Tony on standup bass)
20. Ballad Of A Thin Man (Bob on piano, Donnie on lap steel)
Caro Mr.Tambourine,
per la rubrica "stranezze dylaniane" segnalo due articoli che ho trovato
in rete più un terzo compilato da me nel periodo di esilio dalla
Fattoria. Spero siano di tuo e vostro interesse. Io li ho trovati
davvero molto curiosi e particolari, specie vista la natura dei siti
dove sono stati pubblicati. Quando si dice "essere trasversali", eh! ;)
Grazie per le
segnalazioni Dario! Alla prossima, Mr.Tambourine, :o)
Lunedì 26
Giugno 2017
Kingston, New York - Hutton
Brickyards, June 24, 2017
1. Things Have Changed (Bob on piano, Donnie on lap steel, Stu on
acoustic guitar, Tony on standup bass)
2. Don’t Think Twice, It’s All Right (Bob on piano, Donnie on lap steel)
3. Highway 61 Revisited (Bob on piano, Donnie on lap steel)
4. Why Try To Change Me Now (Bob center stage, Donnie on pedal steel,
Tony on standup bass)
5. Summer Days (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic guitar)
6. Love Sick (Bob on piano, Donnie on pedal steel)
7. Duquesne Whistle (Bob on piano, Donnie on lap steel,Tony on standup
bass)
8. Melancholy Mood (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on
standup bass)
9. Stormy Weather (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup
bass)
10 Pay In Blood (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic
guitar)
11. Once Upon A Time (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on
standup bass)
12. Early Roman Kings (Bob on piano, Donnie on lap steel, Tony on
standup bass)
13. Tangled Up In Blue (Bob on piano,
Donnie on pedal steel, Stu on acoustic guitar)
14. Desolation Row (Bob on piano, Donnie on electric mandolin, Tony on
standup bass)
15. Soon After Midnight (Bob on piano, Donnie on lap steel, Stu on
acoustic guitar)
16. That Old Black Magic (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony
on standup bass)
17. Long And Wasted Years (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu
on acoustic guitar, Tony on standup bass)
18. Autumn Leaves (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on
standup bass)
(encore)
19. Blowin' In The Wind (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic
guitar, Tony on standup bass)
20. Ballad Of A Thin Man (Bob on piano, Donnie on lap steel)
Sono mortificato per quanto è accaduto. Davvero! Non era certo mia
intenzione offendere qualcuno, tantomeno i simpatici amici di Antiwar
Songs. Purtroppo ho dato credito alle parole piene di invidia di Miscio,
ma la mia intenzione era quella di sublimare Mudcat Café e al contempo
umiliare il povero Miscio che dimostrava di non conoscerlo, non certo di
demolire Antiwar Songs che è un sito bellissimo, che io nemmeno conosco.
Porgo quindi le mie scuse, anche se non dovute, ai curatori del
bellissimo Antiwar Songs, tenendo a precisare che si tratta di scuse
sincere, a differenza di quelle di Miscio che invece
suonano bugiarde. Non
mi piace fare il delatore, ma mi dicono tra l’altro che Miscio
anche dopo le scuse continui a sparlare di Antiwar Songs nei bar.
Invece, lasciatemelo dire, Antiwar Songs è un sito meraviglioso:
contiene migliaia di canzoni in milioni di versioni e traduzioni
diverse; è utilissimo per esempio quando hai l’urgenza di avere la
traduzione in fiammingo de La Locomotiva di Guccini. Chi ci vede una
certa saccenza poliglotta è semplicemente un
provinciale ignorante e pieno di livore. Antiwar Songs è
indiscutibilmente un’eccellenza culturale.
Sì, c’è un po’ il problema (anzi la
problematica) della grafica che ricorda quella del sito di una
parrocchia di montagna, ma come fai a colpevolizzare i volonterosi che,
a costo di trascurare moglie e figli, passano giornate e notti intere
alla ricerca di queste canzoni tristissime? E, una volta trovate, le
commentano e le traducono senza sosta, in lappone o in esperanto, in
catalano o in coreano. Che poi, a forza di canzoni tristi, si
intristisce anche la loro vita e quella dei loro familiari.
Si possono forse censurare i missionari se
gli affreschi della missione sono di cattivo gusto? No di certo.
Piuttosto, se devo essere sincero, non mi è molto chiaro qual è il filo
conduttore di questo sito un po’ ipertrofico e disordinato, dato che
molto spesso le canzoni raccolte in Antiwar Songs trattano dei più
disparati argomenti fuorché della guerra. Per esempio deduco dalla sua
presenza in Antiwar Songs che Bartali di Paolo Conte sia una canzone
contro la guerra, ma io, sarà anche un mio limite, non trovo nessuna
metafora antimilitarista in: “le donne a volte sono scontrose o forse
han voglia di far la pipi’“. Conosco la domestica
di Paolo Conte, potremmo provare a chiedere
direttamente a lui, intanto che vive. Allo stesso modo non sento
il boato dei cannoni in: “Spesso il salmone e il mantecato, più è pagato
più valore ha. La donna di strada è un fatto mitico ma se il prezzo è
politico ce puoi pure stà” (si tratta di OK Papà di Rino Gaetano, un
brano memorabile). Anche in Things Have Changed e Forever Young
del nostro divino maestro non trovo elmetti
insanguinati né schegge di mortaio. E così
si potrebbe continuare per giorni. Ma non è certo questo andare
sistematicamente fuori tema in un guazzabuglio inestricabile di post
sconnessi fra loro a infastidire maggiormente.
A irritare invece è l’ipocrisia della retorica libertaria che trasuda da
ogni riga scritta su Antiwar Songs,
è insopportabile il tono paternalistico di
chi si ritiene depositario della morale - non si
sa bene in base a cosa -. Questi campioni delle libertà, queste
anemiche vestali di un nuovo conformismo, il cui piagnisteo è più
violento e autoritario di ciò che intendono
stigmatizzare, sfoggiano il loro libertarismo come un ermellino
in tribunale, salvo poi far scattare la
censura se un pensiero diventa dissonante.
E poi cos’è questo pregiudizio contro l’esercito! Ho controllato nel Web
ed è pieno di siti di canzoni contro qualcosa: Canzoni contro la Droga,
Canzoni contro la Povertà, Canzoni contro la Maleducazione, Canzoni
contro la Concorrenza Sleale… solo per citare i più famosi, mi chiedo
però perché mai fare un sito di Canzoni contro la Guerra. Che bislacca
idea è mai questa? Con tutti i problemi gravi che ci sono (e le
rispettive canzoni), proprio con la guerra dobbiamo prendercela?
Sono strabismi: non è la vita ad esser
sacra, lo è solo l’arte e forse nemmeno quella. Ci stiamo arrivando
piano piano. Guardiamoci negli occhi: al di là dei post indignati su FB,
a qualcuno importa qualcosa dei morti in Siria? Assolutamente niente a
nessuno, che ci angustia se mai è l’abbattimento delle colonne di
Palmira; ed è giusto che sia così perché di colonne romane originali non
ne avremo altre. Qualcuno dice che la vie est à peu près notre seul
luxe, ed è vero da un certo punto di vista,
ma guardando da lontano siam solo formichine… una più, una meno, prima o
dopo, che differenza fa? La guerra esalta tutti i valori più nobili
dell’animo umano: il senso dell’onore e la dignità, il coraggio, la
lealtà, la vera solidarietà. Lo scontro individuale, il duello
cavalleresco sono alla base di tutte le culture intellettualmente più
evolute. E’ la guerra che ci forgia e augurarne la fine equivale ad
aspirare a un modello di uomo ameba.
La guerra sarebbe poi un vero toccasana per
una società in evidente stato di cancrena come è la nostra. I vantaggi
sarebbero molteplici ed evidenti: innanzi tutto riconsegneremmo alla
natura alcuni continenti che tanti problemi ora ci stanno causando, la
crescita demografica quindi smetterebbe di costituire una minaccia per
il mondo, le spiagge e i musei si svuoterebbero,
nascerebbero tanti bambini, le mamme potrebbero starsene a casa con
loro, e i poveri vecchietti finalmente tornare a morire nel loro letto.
Si ricostituirebbe la famiglia patriarcale, il welfare alimentato dai
proventi della ricostruzione alleggerirebbe tutti dai fardelli del
liberismo, tutti avrebbero un lavoro e l’economia tornerebbe a essere
sostenibile. Pur nel rispetto di una rigorosa e vitale
divisione della società in classi, una
nuova morigeratezza andrebbe ad annullare quella odiosa e incolmabile
distanza che separa oggi il povero dal ricco. La supremazia della
tecnologia si sgretolerebbe, si interromperebbe il processo di
omologazione globale e le differenze tornerebbero a essere un’umana
peculiarità. Rinascerebbero la ballata e la tradizione orale.
Rinascerebbero misticismo e liturgia, la società si ricostituirebbe
intorno a pochi valori fondanti e condivisi e, come le streghe,
verrebbero bruciati i vegani, i sindacalisti, i tatuati, i celiaci, le
femministe, i collezionisti, i complottisti, gli
chef, gli animalisti, i culturisti, i pacifisti, gli ufologi, i
depilati e chiunque altro proceda in direzione ostinata e contraria.
Basta con questi luoghi comuni triti e ritriti, rompiamo le catene di
questa sudditanza culturale! Maggie’s Farm non ha l’etica in esclusiva,
ma è un sito sanguigno e virile e non sopporterà oltre. Miscio, abbi il
coraggio delle tue parole, rialzati e
tirati su le brache. Ti sei lasciato umiliare come un giullare sotto lo
stivale di un re capriccioso. Su Antiwar Songs hanno esposto il tuo
scalpo - fingi di non vedere, Miscio? -,
proprio come nel teatro di Denver quello dei Cheyennes massacrati da
Chivington. Questo affronto noi di Maggie’s Farm non lo possiamo
accettare.
Tamburino, oh mio Tamburino, è finito il tempo delle parole, ora serve
l’azione: chiama alle armi tutto il clan, laveremo nel sangue questa
offesa. I giovani intemperanti non aspettano che un tuo cenno, fremono
come a Siena i puledri dietro i canapi. Stiamo avvelenando le frecce nel
fegato rancido di un’anaconda, nel mattino tintinnante ti seguiremo.
Quando la nave attraccherà e ne usciranno i nostri ragazzi, correndo e
ululando, pieni vita e di coraggio, il nemico non
crederà ai propri occhi, intorpiditi dall’inerzia e dalla
menzogna. Io e Miscio combatteremo fianco a fianco e dimenticheremo gli
antichi dissapori. Le teste ancora sonnolente con un colpo netto
verranno sbalzate dal collo e rotoleranno nella sabbia. Gli eroi si
affronteranno e il duello tra il nobile Prof. Carrera e l’infido Prof.
Venturi, traditore di ballate, sarà terribile, ma alla fine, con l’aiuto
degli dei, il Venturi rovinerà a terra e,
implorando pietà come un bimbo davanti a un lupo, si proteggerà il capo
con le fotocopie delle sue traduzioni, ma inutilmente: il Carrera gli
stritolerà il cranio sotto il peso
dell’edizione originale del suo tomo supremo. Poi, avvoltolo nelle sue
lunghe trecce nere, ne trascinerà il corpo martoriato lungo le strade di
Antiwar Songs, fino al cospetto di re Masetti che,
impietrito sul suo trono, si accecherà con la stilografica pur di
non conoscere lo scempio del suo regno. Il sito rivale sarà raso al
suolo, nemmeno una pietra dovrà rimanere in piedi e il sale verrà sparso
sulle rovine così che mai nulla lì possa più rinascere. Lo stupro di
mogli e figlie sarà ammesso, come anche il saccheggio incoraggiato, ma
che nessuno mangi il cuore dei nemici o si trasformerà anch’egli in una
viscida medusa. Qual’era l’insulso, confuso, inesatto, pretenzioso e
saccente Antiwar Songs.
Sir Eglamore
Dopo aver letto mi son
trovato a bocca aperta oh prode Sir Eglamore! La tua analisi, che poi
rappresenta anche la tua opinione, va rispettata anche se non sarà da
tutti condivisa, primo fra tutti
Re Masetti che mai avrebbe pensato ad
una così pesante rampogna! Ma così va la vita purtroppo, noi, come
moltissimi altri odiamo ed aborriamo la guerra perchè fin dagli omerici
tempi infiniti addusse lutti agli Achei, e molte anzi tempo all'Orco
generose travolse alme d'eroi, e di cani e d'augelli orrido pasto lor
salme abbandonò (così di Giove l'alto consiglio s'adempìa), da quando
primamente disgiunse aspra contesa il re de' prodi Atride e il divo
Achille. Così, molto pomposamente, il Monti interpretò le parole di
Omero come se il greco poeta gli avesse fatto un dispetto
scrivendole prima di lui.
Ma poi, chi era questo borioso primo fra tutti reporter di guerra, che
scriveva solo di immensi massacri e tremende vendette
come se il buon senso e la
pietà non facesse
parte di questo mondo? Questo arrogante ed egocentrico Omero
storicamente identificato come noto poeta greco autore dell'Iliade e
dell'Odissea, il poemetto giocoso Batracomiomachia, i cosiddetti Inni
omerici, il poemetto
Margite e vari poemi
del Ciclo epico, fin da dubitare di se stesso, talmente pieno di se da
mettersi in dubbio da solo, dando origine alla cosidetta "questione
omerica" ed alla discussione non ancora conclusa che metterebbe in
dubbio la sua stessa esistenza. Una parte notevolmente importante nella
tradizione biografica di Omero verteva intorno alla questione della
sua patria.
Nell'antichità ben sette città si contendevano il diritto di aver dato i
natali al poeta: prime tra tutte Chio, Smirne e Colofone, poi Atene,
Argo, Rodi e Salamina. La maggioranza di queste città si trova
nell'Asia minore,
e precisamente nella Ionia. In effetti, la lingua di base dell'Iliade è
il dialetto ionico: questo dato attesta però soltanto che la formazione
dell'epica è probabilmente da collocarsi non nella Grecia odierna, ma
nelle città ioniche della costa anatolica, e non ci dice nulla sulla
reale esistenza di Omero, né tanto meno sulla sua provenienza, ma chi
può confermare che l'Iliade era scritta in dialetto ionico, visto che
l'Iliade è stata tramandata
oralmente
per centinaia d'anni! In epoca ellenistica fu codificata da filologi
alessandrini guidati da Zenodoto nella prima edizione critica,
comprendente 15.696 versi divisi in 24 libri (ciascuno corrispondente ad
un rotolo, che ne dettava la lunghezza). Ai tempi il testo era infatti
estremamente oscillante, visto che la precedente
tradizione orale
aveva originato numerose varianti, perciò la traduzione del povero Monti
potrebbe essere solo una delle tante, grossa mancanza del nostro sistema
scolastico che così, non avendo avallato nessun'altra traduzione, ci
priva della possibilità del confronto con altre fonti, come per dire,"E
se ci fossero versioni dell'Iliade nelle quali è
Ettore ad uccidere Achille
e non viceversa come scritto dal Monti? Dubbio che potrebbe risolvere
solo Re Masetti di Antiwar Songs con le sue milioni di traduzioni di
canzoni, anche perchè tutti gli storici sono concordi che l' Iliade, ai
tempi dei tempi, fosse narrata cantando, una lunghissima saga fornata da
centinaia di canzoni. Ecco l'importanza di persone come Re Masetti che
mettono a disposizione di tutti i poveri working-class heroes come me la
possibilità di leggere e capire, ognuno nella propria lingua un classico
dell'antichità. Perchè mai un Viet Cong , un Apache, un Boscimano, un
Sentinelese (abitante delle isole Andamane, precisamente dell'isola di
North Sentinel), uno del popolo dei Ruc (individuati per la prima volta
durante la Guerra del Vietnam da soldati nordvietnamiti), o un Pintupi
(gruppo tribale individuato nel 1984 nel Deserto di Gibson
nell'Australia Occidentale, non dovrebbe poter godere della traduzione
dell'Iliade nella propria lingua natale?
Hai certamente
ragione caro Eglamore quando sostieni che la guerra metta in evidenza le
migliori qualità della razza umana, cortaggio, abnegazione, eroismo,
sacrificio, crudeltà e follia assoluta, dedizione nell'uccidere i
proprio simili che nessun'altro essere vivente ha dimostrato. Senza
guerre saremmo un popolo veramente di
debosciati,
di inutili trascinatori di una vita amorfa in attesa della morte, di
smidollati deboli e malaticci perchè niente ci metterebbe mai in
condizione di agire o di difenderci da qualche pericolo.
Dunque viva la guerra,
viva le bombe intelligenti, viva le bombe stupide, che si permettono, al
pari di quelle intelligenti, di ammazzare e smembrare donne, vecchi e
bambini che poco hanno a che fare con la nobile arte marziale.
Purtroppo anch'io odio
la guerra e non cercherò mai e poi mai di provocare un conflitto tra
Maggie's Farm e Anriwar Song, nemmeno sotto forma di
disfida di Barletta
o di Orazi e Curiazi. Mi spiace deluderti, ma il mio pacifismo
incartapecorito non mi permette di provocare Re Masetti per
impossessarmi del suo regno, mi basta e avanza il mio che, pur
piccolo, mi da tanto ma tanto da fare.
Comunque sei geniale,
e trovo che tu faccia bene a sparare a zero e sparlare del
vile Miscio,
maggiesfarmer subdolo e non degno di credibiltà, bugiardo ed
inaffidabile, forse anche infame e ricattatore! Per me è sempre un
piacere ed un divertimento leggere i voli pindarici della tua
fantasia, ma se invece di fantasia fosse verità assoluta ti prego di
scusarmi perchè nella mia pochezza mi capita spesso di non capire cosa
leggo. Alla prossima, live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
La storia e i segreti di "The
Freewhelin’ Bob Dylan"
clicca qui
Domenica
25
Giugno 2017
Kingston, New York - Hutton
Brickyards, June 23, 2017
1. Things Have Changed (Bob on piano, Donnie on lap steel, Stu on
acoustic guitar, Tony on standup bass)
2. Don’t Think Twice, It’s All Right (Bob on piano, Donnie on lap steel)
3. Highway 61 Revisited (Bob on piano, Donnie on lap steel)
4. Why Try To Change Me Now (Bob center stage, Donnie on pedal steel,
Tony on standup bass)
5. Summer Days (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic guitar)
6. Love Sick (Bob on piano, Donnie on pedal steel)
7. Duquesne Whistle (Bob on piano, Donnie on lap steel,Tony on standup
bass)
8. Melancholy Mood (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on
standup bass)
9. Stormy Weather (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup
bass)
10 Pay In Blood (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic
guitar)
11. Once Upon A Time (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on
standup bass)
12. Early Roman Kings (Bob on piano, Donnie on lap steel, Tony on
standup bass)
13. Tangled Up In Blue (Bob on piano,
Donnie on pedal steel, Stu on acoustic guitar)
14. Desolation Row (Bob on piano, Donnie on electric mandolin, Tony on
standup bass)
15. Soon After Midnight (Bob on piano, Donnie on lap steel, Stu on
acoustic guitar)
16. That Old Black Magic (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony
on standup bass)
17. Long And Wasted Years (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu
on acoustic guitar, Tony on standup bass)
18. Autumn Leaves (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on
standup bass)
(encore)
19. Blowin' In The Wind (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic
guitar, Tony on standup bass)
20. Ballad Of A Thin Man (Bob on piano, Donnie on lap steel)
Sabato 24
Giugno 2017
Willie Nile
lo omaggia, Bob Dylan apprezza “positivamente”
clicca qui
Nel 2012 uscirono due album di due
grandi: Old Ideals di Cohen e Tempest di Dylan. Dopodiché Cohen, sempre
"lento discograficamente", forse presentendo la fine vicina, si diede
un'insolita mossa e sfornò Popular Problem nel 2014 e You Want it Darker
nel 2016 (album in studio) e pubblicò pure un paio di live, l'ultimo con
un paio di inediti. Dylan invece ha teoricamente smesso di
scrivere...solo Cover ed i soliti infiniti concerti. Ipotizzando che il
2017 si chiuda senza inediti, cosa molto probabile (per non dire certa)
e supponendo e sperando in un disco davvero suo fra il 2018 e il 2019,
ecco che ci avvicineremmo a raggiungere e eguagliare il record di anni
senza inediti del periodo '90-'97 (Under the Red Sky - Time Out of
Mind), e Bob sarebbe alla soglia degli 80 anni. Che Dylan abbia deciso
di smettere con gli inediti é triste; che stia sprecando tempo con
Sinatra é palese...che Tempest sia davvero l'ultimo capitolo di un libro
meraviglioso un'atroce sospetto. Del resto meglio una Cover di una
brutta canzone, ammesso che sue canzoni non gli vengano più...ma Cristo
Santo! Meglio una sua brutta canzone di una brutta cover! Perché
Sinatra? Faccia cover di canzoni poco conosciute di Cohen, Sixto
Rodriguez, Neil Young, Lou Reed...traduca De André e Brassens in
inglese...insomma...ci siamo capiti. La sensazione che stia sprecando
tempo, tanto tempo...quel che resta del suo prezioso tempo...é
fortissima. Saluti
Capisco la tua
delusione ed anche la tua rabbia, ma sono certo che siamo in tanti a
provare le stesse sensazioni. Le risposte alle tue domande (che
coincidono anche con molte delle nostre) le potrebbe dare solo Dylan,
quindi una spiegazione diretta non ci sarà mai. Magari Bob ha già pronto
un album di sue nuove canzoni inedite o magari non ci pensa nemmeno da
lontano. Gli annni passano inesorabili, il fisico e la mente rallentano
anche se a noi sembra che non sia così, quello che andava bene ieri oggi
non funziona più. Per un songwriter quale è Dylan l'ispirazione è una
cosa importantissima, ma io capisco perfettamente che i problemi del
mondo attuale possano anche non interessare più la sfera emotiva di
Dylan, forse presa da altre cose, ad esempio quegli insulsi cancelli di
ferro e quei dozzinali quadri di una New York che per lui può avere un
significato e che per noi è più difficile comprendere. Ho provato a
cercare di capire, e mentre leggevo il libro di Suze Rotolo (del quale
scriverò a breve il mio commento) "A freewheelin' Time" Memorie dal
Greenwich Village" mi ha colpito la frase di Suze che dice che nel 1960
lei viveva a Brooklin Eights, e lì mi si è accesa una lampadina, mi sono
ricordato (perchè l'ho cercato a lungo) che c'è un quadro della raccolta
"Beaten Path" che si intitola proprio "Brooklin Eights" e rappresenta
l'ingresso del n° 242 di Henry Street nel quartiere detto Brooklin
Eights!. Poteva essere un "remeber" o un omaggio alla memoria di Suze?
Io lo ritengo molto probabile, ma naturalmente è solo una mia idea!
Ho dovuto far passare
il quartiere al setaccio con Google Maps per trovare il posto dipinto da
Bob, stesso albero, stesso ingresso, ma quando l'ho scovato la
soddisfazione è stata grande. Comunque nessuno di noi può prevedere cosa
farà Dylan in futuro, e se mai qualcuno ci riuscisse sarebbe soltanto un
colpo di culo. Inutile la nostra rabbia e la nostra delusione, pensiamo
invece che tutto ciò che ci ha dato finora Bob è molto più di quello che
qualsiasi altro artista ha dato ai suoi fans, e comunque davanti c'è
sempre un futuro! Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Buongiorno Mr. Tambourine,
il sito è così ricco di novità che, se si perde qualche passaggio, si
fatica a recuperare il dibattito. In vero ho dedicato molto tempo a
trascrivere sul mio quadernone la lezione magistrale del Nostro. Ora che
ce l'ho nero su bianco, venti pagine di quaderno scritte senza saltare
le righe, in grafia minuta, sono più tranquilla, essendo diventata, per
me, un "possesso per sempre".
Ho anche trascritto "il discorso del cantante" di Alessandro Carrera,
che è un piacevolissimo racconto in cui l'Autore dice o immagina di aver
incontrato Dylan in un piano bar e di aver ascoltato il suo lungo
discorso sul Nobel e sui libri che ha letto. Carrera risolve il problema
delle citazioni inesatte, soprattutto quelle relative a "Moby Dick",
affermando che Dylan, come anche altri lettori, cita il libro a modo
suo, fa dire all'Autore del romanzo ciò che lui stesso vorrebbe dire e
che l'Autore vero del libro non si è mai sognato di scrivere. A volte mi
capita di "pensare male" e, cominciando a conoscere un po' l'universo
Dylan, non vorrei che, con le citazioni imprecise o inventate, il Nostro
abbia messo alla prova l'attenzione e la cultura degli accademici, degli
studiosi e dei fan. E' un'idea un po' peregrina, ma ci può stare e, se
fosse vera, potremmo dire che Dylan, sulle citazioni, "ha trovato duro".
Prima di fare alcune considerazioni sulla lectio, che rinvio alla
prossima, vorrei dire a Miscio che il suo intervento sulla distinzione
tra verità e realtà è molto interessante. Secondo me, è meglio vivere in
un mondo in cui c'è il rischio che verità e realtà non coincidano,
piuttosto che in un mondo (quello pre-illuminista, per intenderci), in
cui il problema non si poneva neppure, poichè c'era una sola
verità-realtà, dogmatica e non soggetta a discussione. La sfida che ha
evidenziato Miscio è un continuo "mind games", molto stimolante, che
mette alla prova la conoscenza, ma anche l'onestà intellettuale di tutti
i partecipanti. Lunga vita. Carla.
Ciao Carla, l'idea che
Dylan faccia citazioni bislacche per mettere in difficoltà i critici è
stata già manifestata da me, da Paolo Vites, dal Prof. Alessandro
Carrera ed anche da molti altri che adesso non starò ad elencare. Dylan
è sempre stato un cacciapalle inventore, cominciando da quando arrivò a
New York raccontando di essere un orfanello che aveva girato gli States
con un piccolo circo, cosa che non fu difficile smascherare. Stessa cosa
per il cognome, Bob teneva molto a non far sapere di chiamarsi Zimmerman
e che era ebreo, probabilmente perchè in quegli anni del
post-maccartismo in America era ancora difficile essere ebreo, italiano
o peggio ancora comunista. Fu la stessa Suze Rotolo a scoprire il vero
cognome quando casualmente, durante i due anni di convivenza con Bob
all'ultimo piano del 161 di West Fourth Street, il portafolio di Bob
cadde dalla tasca dei pantaloni e dallo stesso fuoriusci la cartolina di
chiamata alle armi con indicato chiaramente il nome Robert Zimmerman.
Durante i primi tempi del Village, appena giunto a New York, Bob
inventava una storia diversa per ogni nuova persona che conosceva,
continuò poi a mentire alla Baez durante la loro relazione (Bob era
segretamente innamorato di Mimì Baez, la sorella minore di Joan), mentì
con Suze tenedo nascosta la sua relazione con la Baez, anche se Suze che
era una ragazza molto sveglia aveva mangiato la foglia ed aveva lasciato
l'appartamento di Fourth Street nel quale conviveva con Bob. Mentì poi
spudoratamente alla Baez (perchè era un viatico molto efficace per
raggiungere il successo che tanto stava cercando) sull'esistenza di Sara
che avrebbe sposato di lì a poco. Menti clamorosamente con la storia
dell'incidente motociclistico (smentito da tutti i suoi amici più
vicini) raccontando almeno una decina di versioni diverse dell'accaduto.
Potremmo continuare ad elencare "fatti strani" per molto tempo ancora,
ma servirebbe a poco, Dylan è un simpatico "mentitore seriale" col solo
scopo di espandere l'attenzione su se stesso. Dylan conosce tutti i
trucchi del campo della musica americana, campo nel quale prendere la
canzoni di un altro e riscriverne le parole è una cosa di tutti i
giorni. Questo non sminuisce la sua genialità, ma è pur vero che un
"genio" è per forza di cose anche furbo. Miscio è uno che la da lunga ed
è altrettanto bravo a descrivere le cose che tutti noi leggiamo con
curiosità e piacere. Alla prossima, live long and prosper,
Mr.Tambourine, :o)
Venerdì 23
Giugno 2017
Providence, Rhode Island - Providence
Performing Arts Center, June 21, 2017
1. Things Have Changed
2. Don’t Think Twice, It’s All Right (Bob did not play guitar)
3. Highway 61 Revisited
4. Why Try To Change Me Now
5. Summer Days
6. Love Sick
7. Duquesne Whistle
8. Melancholy Mood
9. Stormy Weather
10 Pay In Blood
11. Once Upon A Time
12. Early Roman Kings
13. All Or Nothing At All
14. Desolation Row
15. Soon After Midnight
16. That Old Black Magic
17. Long And Wasted Years
18. Autumn Leaves
(encore)
19. Blowin' In The Wind
20. Ballad Of A Thin Man
Buon giorno Mr. Tambourine. Buon giorno
amici.
Le polemiche raglianti intorno al discorso per il Nobel hanno, com'era
ovvio, fatto perdere di vista non solo l'analisi, ma persino (temo) la
lettura del discorso. Su di esso c'è molto da dire, proprio per la
densità "geologica" della poetica e delle modalità comunicative del
Nostro. Io mi limito a pochi spunti sotto la mia angolatura di
classicista.
Mi sembra che il discorso utilizzi una sorta di doppio voltaggio: da un
lato il Dylan lettore, che si autorappresenta intento a leggere libri
più o meno canonici nell'esordio scolastico, dall'altro il Dylan
artista, che sull'autorevolezza degli altri innesta la propria personale
e innovativa autorevolezza (un procedimento già tipico di tutta la
letteratura antica).
Di pregiato sapore "arcaico" ci sono almeno quattro cose:
1. un'arte della parola da cantare e da
ascoltare dilatata per generazioni di cantori professionisti, di cui si
perse il nome ma non i canti, sintetizzati alla fine dal leggendario
nome di Omero (e magari tra secoli, come ci fu la questione omerica, ci
sarà la questione dylaniana...);
2. un'arte come investitutura generazione
dopo generazione (un tempo erano le muse, sul monte Parnaso, ad affidare
l'incarico, adesso Buddy Holly che ti guarda fisso negli occhi...);
3. un'arte consapevole della caducità
delle cose ma altrettanto consapevole della propria eternità; e se
Orazio, che era ateo e materialista, credeva che i suoi versi sarebbero
durati "più perenni del bronzo", Dylan dà una conclusione di tono
elevato al suo discorso: le sue canzoni scendono quasi all'Ade ma da
esso ritornano e sono, anzi saranno, "vive nella terra dei vivi";
4. naturalmente la chiusa, con l'incipit
dell'Odissea: "Sing in me, oh Muse, and through me tell the story".
Dylan sta utilizzando la traduzione di Robert Fitzgerald del 1961, che
procede a una significativa amplificazione dell'originale verbo greco
énnepe (nel 1990 Mandelbaum è più letterale ma meno espressivo con
"Muse, tell me"). Questa traduzione ingloba dentro di sè la concezione
antichissima della poesia, che Platone riprese: il poeta è un individuo
qualunque, che il dio misteriosamente ispira, cioè riempie del suo
spirito, rendendolo un medium tra sè e gli uomini, significando cose
altrimenti indicibili proprio attraverso, through, di lui. E'
confortante ricordare che Cesare Cremonini, a commento del Nobel,
scrisse una bella pagina proprio di questo tono, che vale la pena di
riprendere:
http://www.rockol.it/news-664029/cesare-cremonini-il-nobel-a-bob-dylan-e-truffa
.
Insomma, se il Dylan lettore fa (apparente?) atto di modestia, il Dylan
artista sa benissimo il proprio conio e lo declina: non c'è bisogno di
un metereologo - mi verrebbe da dire - per sapere da che parte tira
l'ispirazione...
Grazie dell'ospitalità.
Stay well! Antonia Piva
Ciao Antonio,
prima di tutto grazie per aver espresso la tua opinione sulla non facile
questione della Lecture dylaniana. Nel 2012 Cesare scriveva: "l’amore di
una vita è Bob Dylan: mi ci butto dentro quotidianamente perché me ne
sono follemente innamorato. Però è una storia difficile. Mi sono accorto
che lui non perde mai. Fa parte della sua struttura emotiva: ha un
approccio per cui quando sta per perdere fugge verso altre mete. E’ un
approccio che ho molto amato". Ma invece nellarticolo che hai citato tu
il discorso su Bob è di sapore metafisico, considerando la metafisica
quella parte della filosofia che, andando oltre gli elementi contingenti
dell'esperienza sensibile, si occupa degli aspetti ritenuti più
autentici e fondamentali della realtà, secondo la prospettiva più ampia
e universale possibile. Nel tentativo di superare gli elementi
instabili, mutevoli, e accidentali dei fenomeni, la metafisica concentra
la propria attenzione su ciò che considera eterno, stabile, necessario,
assoluto, per cercare di cogliere le strutture fondamentali dell'essere.
In quest'ottica, i rapporti tra metafisica e ontologia sono molto
stretti, tanto che sin dall'antichità si è soliti racchiudere il senso
della metafisica nell'incessante ricerca di una risposta alla domanda
metafisica fondamentale «perché l'essere piuttosto che il nulla?». Dylan
è fondamentalmente un artista trascendentale, intendendo per
trascendentale un termine ideale per designare un qualcosa massimamente
«universale», concetto poi rielaborato da Kant e dagli idealisti
tedeschi Fichte e Schelling in riferimento a ciò che esiste «in sè e per
sé», ma è funzionale ad altro da sè, in campo musicale, si dice di una
scrittura virtuosistica estremamente ardua e di particolare effetto. Io
credo che Cremonini volesse dire che Dylan è un artista che va oltre
l'essenza dell'artista, una specie di Leonardo da Vinci della musica e
della parola, intendendo significare che Leonardo non può aver pensato
tutto da solo, milioni di muse e di dei devomo avergli uggerito i
problemi e le sue incredibili soluzioni, quindi il merito delle sue
scoperte andrebbe parimenti diviso con questa immaginaria ed invisibile
folla creata dalla mente umana. Non è che Dylan sia una "truffa", è che
è talmente grande che non può essere tutta farina del suo sacco, anche
lui come Leonardo, deve avere alle spalle il Gotha del mondo musicale
che instaura nella sua mente le musiche e le parole che poi lui,
inconsapevolmente scrive. Ecco perchè il Nobel a Dylan sarbbe
apparentemente una truffa, perchè uno che scrive cose tanto eccelse
dovrebbe condividere il premio almeno con le famosissime Muse, le nove
figlie di Zeuse di Mnemosine, figlia di Urano e di Gaia,
personificazione della memoria, chiamate Pieridi (di "Pieria", in
Tracia) e quelle della Beozia, alle pendici dell'Elicona, alle
dipendenze di Apollo che ne dirigeva i canti. Originariamente le Muse
erano legate alla musica considerata la prima di ogni arte, ma in
seguito venne loro attribuita la protezione di ogni forma di pensiero
che gli uomini di allora esprimevano, in tutte le sue forme: eloquenza,
persuasione, saggezza, storia. Il Nobel sarebbe dunque in comproprietà
con Clio, colei che rende celebre la Storia, ovvero il canto epico, con
una pergamena in mano spesso srotolata; Euterpe, colei che rallegra, la
Poesia lirica, con un flauto o con le tibie; Thalia, colei che è
festiva, la Commedia, con una maschera comica, una ghirlanda d'edera e
un bastone; Melpomene, colei che canta, la Tragedia, con una maschera
tragica, una spada e il bastone di Eracle (Ercole); Tersicore, colei che
si diletta nella danza, la lirica corale e poi la Danza, con la lira;
Erato, colei che provoca desiderio, la Poesia amorosa (poi anche la
geometria e la mimica), con il rotolo; Polimnia, colei che ha molti
inni, la danza rituale e il canto sacro, ovvero il Mimo, senza oggetti;
Urania, colei che è celeste, l'Astronomia e l'epica didascalica, con un
globo celeste, o un bastone, o l'indice, puntato al cielo; Calliope,
colei che ha una bella voce, l'Elegia, con una tavoletta ricoperta di
cera e uno stilo, oppure col rotolo nella sinistra. Tutte queste sono
caratteristiche che possiamo trovare condensate nell'essere di Dylan e
soprattutto nel suo modo di esprimersi e di porsi. Certamente è
difficile accettare che una persona sola abbia accumulato una simile
quantità di capolavori senza l'aiuto di nessuno, ma Dylan l'ha
dichiarato più volte e chiaramente che lui prende da tutti, impara e
trasforma. Carrera lo definisce un bricoleur, un simpatico dilettante
tuttofare un pò brigante che tutto prende ed infila nel suo gran
setaccio, poi cribbia e tutto paragona prima di dare comunicazione del
risultato delle sue strane operazioni. C'è molto buon senso nella tua
interpretazione ma io credo che nella sua Lecture ci sia ancora qualcosa
che non è ancora stato scoperto, ma prima o poi, qualcuno dei nostri
bravissimi Maggiesfarmers riuscirà a spiegarci il discorso dylaniano con
un luce ed una angolatura che non avevamo ancora considerato. Basta
saper attendere....live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Giovedì 22
Giugno 2017
Shelburne, Vermont - The Green at the
Shelburne Museum, June 20, 2017
1. Things Have Changed
2. Don’t Think Twice, It’s All Right (Bob
did not play guitar)
3. Highway 61 Revisited
4. Why Try To Change Me Now
5. Summer Days
6. Love Sick
7. Duquesne Whistle
8. Melancholy Mood
9. Stormy Weather
10. Pay In Blood
11. Once Upon A Time
12. Early Roman Kings
13. All Or Nothing At All
14. Desolation Row
15. Soon After Midnight
16. That Old Black Magic
17. Long And Wasted Years
18. Autumn Leaves
(encore)
19. Blowin' In The Wind
20. Ballad Of A Thin Man
Salvatore "Eagle" Esposito, uno dei primi
"Fedeli" della Fattoria da quando Michele la iniziò nel 1999. E' sempre
stato presente in diversi modi e con diversi scritti per dare un taglio
serio, culturale e storico con diversi saggi scritti proprio per queste
pagine su Bob Dylan. Mi fa molto piacere sapere che ci segue ancora con
la stessa passione di molti anni fa, d'altronde, quando si diventa
Maggiesfarmer lo si è per sempre! Per rendere merito al caro Sal "Eagle"
come è stato spesso chiamato nelle numerose pagine del sito di Michele e
nell'attuale, giusto per farvi capire il "peso specifico" di
Salvatore, potete leggere alcuni dei suoi scritti che mi sono permesso
di elencare sotto:
"Sono convinto che
invecchiando si migliori... Così, se mi cercherete quando avrò
novant'anni, mi troverete su un palcoscenico." BOB DYLAN
Trama
"Per aver creato nuove espressioni poetiche nella grande tradizione
della canzone americana". Con questa motivazione, il 13 ottobre 2016,
l'Accademia svedese ha assegnato a Bob Dylan il Premio Nobel per la
Letteratura, l'ultimo e forse il più importante dei tanti riconoscimenti
a lui tributati.
Figura tra le più importanti del panorama musicale planetario, Bob Dylan
- come disse Allen Ginsberg - ha portato "la poesia nei jukebox",
raccontando l'America, proseguendone la tradizione musicale e
diventandone lui stesso parte integrante.
Da voce della controcultura del Folk Revival degli Anni Sessanta ad
alchimista del sottile e selvaggio suono mercuriale del rock, passando
per la straordinaria parabola della Rolling Thunder Revue e dei "Gospel
Years" che lo videro cristiano rinato, fino a giungere alle nebbie degli
anni Ottanta e alla rinascita dell'ultimo ventennio, Bob Dylan ha dato
vita a uno dei più articolati percorsi artistici della storia del rock,
con oltre quaranta dischi all'attivo, numerose pubblicazioni di
materiali d'archivio e un'impressionante mole di concerti ogni anno.
A oltre cinquant'anni dal debutto, Dylan continua a sfuggire a ogni
definizione o stereotipo che il tempo ha tentato di cucirgli addosso e,
senza guardarsi indietro, prosegue incessantemente il suo cammino
attraverso i sentieri della musica americana, riportando alla luce perle
dimenticate come il repertorio del "Great American Songbook", riletto
nella recente trilogia discografica culminata con la pubblicazione di
Triplicate.
Autore
Salvatore Esposito, Giornalista pubblicista e critico musicale con alle
spalle un'esperienza decennale, ha scritto per storiche riviste musicali
italiane come "Jam" e "FolkBulletin" e collaborato con autorevoli siti
specializzati come "Il Popolo del Blues" di Ernesto De Pascale. Già
co-autore dei volumi su Bob Dylan e CSN della collana "Legends" di
Editori Riuniti e di Francesco De Gregori. Quarant'anni di Canzoni. Ha
curato con Ciro De Rosa l'eBook Viaggio In Italia per SquiLibri ed è tra
gli autori del volume Ricci i tuoi capelli. Arie e canti popolari di
Cannole edito da Kurumuny Editore. Appassionatosi alla musica
tradizionale italiana e alla world music, ha fondato nel 2009 la testata
online www.blogfoolk.com di cui è direttore editoriale.
Salve a tutti.
Toglietemi una curiosità, se possibile.
Ho notato che Dylan nel concerto del 17 giugno a Dover ha proposto una
set list di soli suoi brani tralasciando completamente le ultime
produzioni degli standards americani, ha fatto una lista più breve e
senza bis. ci sarà un motivo?
Grazie, Michele Lenzi.
Ciao Michele, il
motivo è che il concerto del 17 giugno a Dover era parte del "Firefly
Music Festival", con diverso altri artisti in cartellone. Non
essendo un singolo concerto anche il tempo è limiktato credo a circa
un'ora e mezza, minuto più minuto meno di esibizione per artista. Come
hai potuto constatare anche la setlist aveva un sapore completamente
diverso perchè di solito in un Festival con la presenza di molti
artisti, tutti tendono a presentare una setlist farcita dei loro
migliori hit in carriera, infatti la set list di Bob vedeva;
1. Things Have Changed
(Bob on piano)
2. It's All Over Now, Baby Blue (Bob on piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob on piano)
4. Simple Twist Of Fate (Bob on piano)
5. Beyond Here Lies Nothin' (Bob on piano)
6. Make You Feel My Love (Bob on piano)
7. Lonesome Day Blues (Bob on piano)
8. Don't Think Twice, It's All Right (Bob on piano)
9. Summer Days (Bob on piano)
10. Blind Willie McTell (Bob on piano)
11. Duquesne Whistle (Bob on piano)
12. A Hard Rain's A-Gonna Fall (Bob on piano)
13. Pay In Blood (Bob on piano)
14. Love Sick (Bob on piano)
15. Ballad Of A Thin Man (Bob on piano)
Con la sola eccezione di Beyond Here Lies Nothin', Lonesome Day Blues,
Duquesne Whistle, Pay In Blood e Love Sick che non si possono proprio
definire dei Masterpieces pur essendo canzoni importanti e
signiuficative. Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Mercoledì
21
Giugno 2017
Talkin' 10167
- acarrera
Caro Mr. Tambourine,
qui c'è il link all'articolo che ho scritto a commento del discorso del
Nobel di Dylan. Ci ha messo alcuni giorni ad uscire, ma l'avevo scritto
a ridosso del discorso, troppo in fretta per correggere due imprecisioni
che sono rimaste. La prima riguarda il numero delle frasi che Dylan
avrebbe rielaborato dalle SparkNotes per la parte del suo discorso che
riguarda Moby Dick (non una ma venti). La seconda riguarda la citazione
della strofa di "You Ain't Talkin' to Me" di Charlie Poole, che in
realtà è stata scritta da Jim Krause. Nell'articolo dico che la versione
di Krause è del 2002, ma quasi certamente non è così. La versione di
Krause è apparsa in internet nel 2002, ma è descritta come una "draft
dodging song" (canzone di renitenti alla leva) e Krause stesso dice di
averla composta "once", cioè molto tempo prima. Deve essere stato prima
del 1973, visto che negli Stati Uniti la leva obbligatoria è stata
abolita in quell'anno. Aggiungo solo che non mi sono particolarmente
scandalizzato del ricorso alle SparkNotes. Sì, Bob poteva lavorarci un
po' di più e nessuno se ne sarebbe accorto, ma Dylan non cerca mai di
nascondere né i suoi prestiti né i suoi furti. È un bricoleur qualunque
cosa faccia (canzoni, prosa, pittura, ecc.). Con lui, è prendere o
lasciare.
Ciao Alessandro, un
sentito grazie per la segnalazione del tuo articolo che come al solito
sarà divorato ed apprezzato da tutti i nostri fedeli Maggiesfarmers che
ti hanno sempre in venerata simpatia ed altrettanto venerata stima per
la tua competenza dylaniana. Ho letto con piacere il tuo scritto, e che
dire, hai illustrato in un modo che sembra una "storia vera" un fatto
che potrebbe succedere in un qualsiasi locale americano dove si fa
musica fino a tarda notte. Tutto quello che ti racconta questo
"fantasioso" cantante dalla voce sassosa e fangosa potrebbe anche essere
vero, come potrebbe invece aver inventato tutto sul momento solo per
raccontare un'altra incredibile storia, solo che questa volta è successo
vis-à-vis per quanto incredibile possa sembrare. E' stato un modo
semplice e sincero per raccontare la Nobel Lecture con tutti i suoi
pregi e difetti, i particolari contestati sono solo per coloro che hanno
del tempo da perdere e non capiscono che la cosa importante è il
messaggio nascosto fra le righe dello scritto. Il vecchio accetta il
premio ma si stupisce, in fondo ha fatto quello che altre migliaia di
scrittori di canzoni e cantanti hanno fatto prima di lui, scrivere e
cantare canzoni, senza chiedersi se stavano facendo letteratura o solo
musica. E' un rimprovero agli accademici svedesi? Potrebbe anche essere,
un tipo come Bob Dylan può anche permettersi di bacchettare la pomposa
Accademia di Svezia, in fondo nessuno è perfetto, nè Bob Dylan nè
l'Accademia di Svezia. La storia che racconta il vecchio cantante dalla
voce rasposa potrebbbe essere un fake, ma che importa, la storia è
bella, affascinante, se poi è vera meglio ancora. Grazie ancora, alla
prossima, Mr.Tambourine, :o)
Caro Mr. Tambourine,
devo necessariamente scusarmi coi curatori del sito antiwarsongs; il mio
giudizio sulle imprecisioni non intendeva in alcun modo essere offensivo
del lavoro che compiono per tenere in piedi tante pagine così meritevoli
di interesse. Il fatto è che di fronte all'eccitazione di trovare un
fake nel discorso di Dylan mi sono lasciato prendere dalla sindrome del
“grillo parlante”, che spara sentenze. Spesso il semplice utente come
me, non si rende conto della fatica e delle infinite faccende che deve
sbrigare chi tiene in piedi un sito internet. Di fronte ad un database
imponente e in continua crescita il lavoro di verifica deve essere
estenuante ed è più che giustificata la presenza di qualche errore. Del
resto, di imprecisioni ne commetto alla fine più io, che devo solo
scrivere qualche intervento qua e là. Non sapevo per esempio che Jim
Krause avesse registrato la canzone in questione, ed è quindi possibile
che Dylan abbia preso la citazione direttamente da lì, anche se lo
ritengo un po' improbabile (quando si fa una citazione è più comodo
avere il testo scritto). Effettivamente quella piccola differenza di
testo rispetto all'originale di Krause che mi sembrava fornire la prova
della provenienza della citazione di Dylan da antiwarsongs, non esiste,
devo aver preso proprio un abbaglio. Ha quindi ragione Lorenzo Masetti
nell'affermare che Dylan potrebbe aver benissimo recuperato il testo da
altre fonti. Vorrà dire che, come si augura quel simpatico utente di
antiwarsongs, andrò veramente “a cagare nel carbone”. Per quanto
riguarda l'intervento di Sir Eglamore, chi non frequenta la Fattoria non
conosce la sua ironia e quindi è portato a prenderlo tutto sul serio.
Sarebbe capace di far scoppiare la guerra con un sito contro la guerra.
Io direi di assolverlo e di processare solo il povero Miscio.
Purtroppo, come spesso accade, la discussione finisce su particolari
secondari, mentre quello che ci dovrebbe interessare è il perchè, come
appare ormai evidente, Dylan usi in maniera così sistematica e
consapevole il fake (oltre a Poole, Melville e i prelievi da SparkNotes)
in un discorso ufficiale. Si è parlato di Postmodernismo. Postmodernismo
artistico, intendo, che il postmodernismo in campo economico-sociale non
è nient'altro che il capitalismo contemporaneo con le sue
trasformazioni, e non credo sia necessario elencarle, dato che le
viviamo concretamente. Se proviamo a definire il postmodernismo in campo
artistico come un insieme di tecniche, finiamo col dover ammettere che
nessuna (citazionismo, uso del falso, prospettivismo, pastiche, ecc..) è
specificamente nuova, ma che tutte hanno vetuste origini, tanto da far
sospettare che, nel caso di Dylan, derivino più da strategie
rintracciate nella musica popolare che non da letture filosofiche.(Ad
esempio: i vecchi bluesman erano formidabili raccontatori di balle, il
contenuto delle canzoni popolari è una continua riscrittura delle
vecchie forme, la scomparsa dell'autore ne è un tratto distintivo, e
così via) Il fatto è che queste tecniche sono diventate consuete
nell'arte contemporanea e la presenza di alcune di esse non definisce
automaticamente l'opera come postmoderna. L'ipotesi che mi sento di
fare, qui accovacciato sul carbone, (che si pensa che è una meraviglia),
è che Dylan abbia voluto attirare l'attenzione sul rapporto tra realtà e
verità. La memoria sarà anche corta, ma dovremmo ricordarci di quei
rotocalchi in cui Marylin sposava John Kennedy, o dove giovani in fila
in un centro di reclutamento degli anni 50' venivano fatti passare come
immigrati clandestini. E più recentemente, nei suoi quadri, di quei
panorami realistici dove però spariscono palazzi aziendali, quasi a dire
che è quest'altra la sua realtà. O anche dei fake congegnati nelle
Cronache. Senza inoltrarci in uno di quei pipponi filosofici che
convergono inesorabilmente al deliquio, potremmo riformulare la
questione così: come possiamo dire la verità in un mondo in cui il
potere ha a disposizione macchine tecnico-sociali che sono in grado di
produrre la realtà? La relazione sarebbe simile a quella tra utente e
webmaster: se io scrivessi delle cose e se un alter ego malvagio di
Mr.Tambourine le pubblicasse sul sito in versione contraffatta, la
verità sarebbe la mia, ma la realtà sarebbe la sua. A cosa servirebbe la
mia verità, se non all'igiene personale, lassù sul carbone? Si possono
fare tanti esempi. Un contadino può avere il diritto di far germogliare
le sue sementi senza comprarle ogni anno da una multinazionale, ma se
quest'ultima controlla il mercato e produce sementi sterili, di lì a
pochi anni il contadino si ritroverà a doverle comprare o a vedere il
suo campo ridursi ai livelli di produttività del neolitico. E ancora,
può darsi che il voto sia riconosciuto come diritto democratico, ma se
determinati soggetti detengono il controllo degli organi di formazione
dell'opinione, se per essere eletti bisogna essere di fatto milionari,
se le “esigenze della governabilità” portano ad un sistema elettorale
maggioritario, la democrazia, correttamente intesa, è abolita.
Per fare un esempio ancora in campo finanziario, l'Italia si trova ad
avere lo stesso rating del Marocco e questo, indipendentemente dalla
struttura sociale e produttiva, è tutto quello che interessa ai mercati
internazionali, che si trovano a poter decidere di una crisi economica.
Riassumendo in filosofese, le macchine tecno-sociali sono sviluppate al
punto da riuscire a produrre la realtà, e ciò provoca una conseguente
crisi della base ontologica, della “sostanza” su cui si basa il giudizio
di verità. Ora è vero che un artista, come Dylan, non ha a che fare
direttamente coi meccanismi materiali della realtà, ma lavora nel campo
della sua rappresentazione simbolica. Citare un falso Melville, un falso
Charlie Poole o saccheggiare le SparkNotes come farebbe uno studente per
una tesina può certo dirci di stare sul chi vive, perché le
rappresentazioni possono essere manipolate, ma questa non è una gran
novità e non sarebbe una gran trovata dire: state attenti a Melville
perché lì si cela il potere. Piuttosto l'indicazione sembra andare in
senso contrario: le opere sono inesauribili perchè non sono bare chiuse,
ma “macchine desideranti”, e lo sono in quanto si ricollegano alla
nostra capacità di immaginare e di modificare il dato. Solo in questo
modo, smontandole e rimontandole, le opere del passato possono produrre
il disincanto della realtà, soltanto decontestualizzando i personaggi
come in Desolation Row, dando loro altre maschere, facendoli parlare da
quel luogo contraddittorio e incerto che sono i nostri desideri,
possiamo sperare che ci raccontino storie che non conoscevamo, che non
sospettavamo che esistessero, tracciando così percorsi possibili in una
realtà che non è solo quella che ci è consegnata. Il segno dicono gli
esperti, dopo un po' si territorializza, si esaurisce, non fa più
scandalo, sappiamo persino il suo significato, una volta chiuso il libro
si ferma lì: questa è la realtà di Mr.Jones. E invece l'arte funziona se
ci fa mancare la terra sotto i piedi, se rende incerto l'ovvio, se ci
viene a dire che nessun uomo al mondo possiede la saggezza per tracciare
la via, che non c'è nessuna via tracciata se non parte da una
responsabilità collettiva e dalla volontà di crearla. Ecco allora perché
qui la verità è sacrificabile: non serve più a niente, l'hanno resa
maschera tra le maschere. Non è nichilismo, ma una specie di lotta,
l'uso di un linguaggio che sia all'altezza di quello dell'avversario, e
che dentro quello dell'avversario, perché ormai non ce ne sono altri a
questo mondo, sappia rivendicare lo spazio in cui si sviluppano forme di
soggettività imprevedibili. Mi sembra che questo in fondo sia lo stesso
sentiero in cui si muoveva Bowie, con mezzi di tipo diverso: questi
erano i suoi “eroi” e ad essi era rivolta la domanda “A che punto siamo
noi adesso?”. Considerazioni come queste richiederebbero dei trattati,
ma spero di avere detto, anche se confusamente e in via preliminare,
delle cose che possano stimolare la discussione, fosse anche solo per
mandarmi a cagare.
Ciao, Miscio.
Caro Miscio, ho
letto con vero piacere il tuo suntuoso scritto, non saprei come altro
definirlo. Hai detto tutte le cose che io pensavo ma che non sarei mai
riuscito a dire in maniera così scorrevole e piacevole. Son convinto che
anche Lorenzo Masetti apprezzerà questa mail! Non riesco ad aggiungere
altro, hai già detto tutto tu in manioera encomiabile. Posso solo dire
"Bravo Miscio!". Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Gentilissimi,
con la presente segnaliamo la presentazione del libro in oggetto che si
terrà a Treviso, nella sede della Fondazione Benetton il prossimo 21
giugno. In allegato il comunicato stampa e la locandina e qui di seguito
l’invito elettronico.
Vi chiediamo cortesemente se possibile pubblicare la notizia sul vostro
blog e/o divulgarlo ai vostri iscritti.
Ringraziandovi per la collaborazione resto a disposizione per eventuali
chiarimenti.
Alessandra Buso
Fondazione Benetton – Treviso
Relazioni esterne e comunicazione
Dylan classico. Fonti antiche di
un poeta on the road
presentazione pubblica del libro dedicato a Bob Dylan di Antonia Piva
mercoledì 21 giugno 2017, ore 21 - Treviso, spazi Bomben
Il 21 giugno, giorno del solstizio d’estate, si celebra la Festa Europea
della Musica.
La Fondazione Benetton si unisce ai numerosi eventi in programma
presentando il volume di Antonia Piva, Dylan classico. Fonti antiche di
un poeta on the road, pubblicato nell’aprile scorso da Osanna edizioni.
Nelle pagine del libro l’autrice, filologa classica e dirigente
scolastico del Liceo Statale “Duca degli Abruzzi” di Treviso, sceglie un
approccio molto originale e coinvolgente al più influente folksinger
dell’ultimo mezzo secolo, insignito nell’ottobre scorso del Premio Nobel
per la Letteratura.
Antonia Piva esplora infatti gli echi e i rimandi di matrice classica
presenti nel suo corpus letterario, evidenziandone la straordinaria
densità poetica e ricollegandola alla sensibilità remota dei bardi e
degli aedi, dei trovatori e dei menestrelli.
Insieme alla musica di Dylan, l’autrice ne parlerà con Massimo Rossi,
Fondazione Benetton.
Ingresso libero.
Per informazioni: Fondazione Benetton, tel. 0422.5121,
fbsr@fbsr.it
Martedì 20
Giugno 2017
Wallingford, Connecticut -
Toyota Presents Oakdale Theatre, June 18, 2017
1. Things Have Changed
2. It Ain't Me, Babe (Bob on guitar)
3. Highway 61 Revisited
4. Stormy Weather
5. Summer Days
6. Scarlet Town
7. Duquesne Whistle
8. Melancholy Mood
9. Once Upon A Time
10 Pay In Blood
11. Why Try To Change Me Now
12. Early Roman Kings
13. Desolation Row
14. All Or Nothing At All
15. Soon After Midnight
16. That Old Black Magic
17. Long And Wasted Years
18. Autumn Leaves
(encore)
19. Blowin' In The Wind
20. Ballad Of A Thin Man
Carissimo Mr. Tambourine,
sono Lorenzo Masetti, webmaster di
antiwarsongs.org.
Intanto i nostri complimenti per il sito che e' sempre stato un
riferimento per noi appassionati di Dylan fin da tempi in cui su
internet si trovavano scarsissime notizie.
Come vedi c'è stata un po' di polemica sulla Nobel Lecture di Dylan e
sulla citazione sbagliata di Charle Poole. Io personalmente sono anche
convinto che il nostro abbia inserito apposta una citazione sbagliata
per vedere chi se ne accorgeva.
La canzone era sul nostro sito e in effetti avevamo sbagliato ad
attribuirla a Charlie Poole (puo' succedere in un database che contiene
migliaia e migliaia di canzoni) ma non e' certo scontato che Dylan
l'abbia trovata sul nostro sito.
Perché mai antiwarsongs.org sarebbe l'unica fonte possibile? Il mondo
non si ferma a Internet. Dylan potrebbe benissimo aver ascoltato o
possedere il disco di Jim Krause e averlo copiato da lì, se - come
sembra che qualcuno voglia suggerire trovandomi anche d'accordo - la
citazione sbagliata è intenzionale. Oppure, anche più probabile, si
ricordava di questa parodia, ha voluto inserirla nel discorso
attribuendola a Charlie Poole e ha cercato il testo sotto il nome di
Charlie Poole e l'ha trovato sul nostro sito.
Quando poi ci hanno segnalato la cosa abbiamo aggiornato la pagina e
abbiamo anche rintracciato l'autore della parodia, Jim Krause, che l'ha
incisa nel 1985 e ha postato il testo nel 2002 su mudcat.
Solo mi spieghi perché i visitatori del tuo sito ce l'hanno tanto con
antiwarsongs.org ?? (in una pagina leggo pessimo, pieno di imprecisioni,
italianissimo - come se essere italiani fosse una colpa...). Tante
critiche le avevamo ricevute solo dai fan di Shakira :o)
Un saluto, Lorenzo.
Carissimo Lorenzo, prima
di tutto permettimi di farti i complimenti per il tuo di sito, sito dal
quale spesse volte ho saccheggiato testi e spiegazioni forse senza
citarne la fonte. In un sito, specialmente quando diventa di una
notevole dimensione come i nostri due, è fatale o normale che qualche
citazione non precisissima possa essere sfuggita al curatore. Io non
saprei dirti se Dylan ha preso il testo e la citazione dal tuo sito,
anche se potrebbe essere molto probabile visto che in Internet, dopo
lunga ricerca, il tuo sito era l'unico che riportava quel testo
attribuendolo a Charlie Poole. Se Dylan avesse preso il testo dal tuo
sito al tuo posto farei salti mortali di gioia, così come se venissi a
sapere che per un motivo o per l'altro His Bobness avesse attinto
qualcosa da Maggie's Farm. Dylan cita testualmente nella sua Nobel
Lecture:
Charlie Poole from North Carolina had a song that connected to all this.
It's called "You Ain't Talkin' to Me," and the lyrics go like this:
I saw a sign in a window walking up town one day.
Join the army, see the world is what it had to say.
You'll see exciting places with a jolly crew,
You'll meet interesting people, and learn to kill them too.
Oh you ain't talkin' to me, you ain't talking to me.
I may be crazy and all that, but I got good sense you see.
You ain't talkin' to me, you ain't talkin' to me.
Killin' with a gun don't sound like fun.
You ain't talkin' to me.
(Charlie Poole, della North Carolina, aveva una canzone che collegava
tutto questo. Si intitola “You Ain’t Talkin’ to Me” e i versi dicono:
Ho visto un cartello in una vetrina andando un giorno in città.
“Entra nell’esercito, gira il mondo”, è quello che diceva
“Vedrai posti eccitanti in allegra compagnia,
Incontrerai persone interessanti e imparerai anche a ucciderle”.
Oh, non stai parlando a me, non stai parlando a me.
Posso essere matto e tutto quanto, ma credimi, ho buonsenso.
Non stai parlando a me, non stai parlando a me.
Uccidere con un’arma non suona divertente.
Non stai parlando a me.)
Come è riportato
https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=8269&lang=en
. La versione del testo citata da Dylan si trova
in Internet solo nel tuo sito, perciò è assai probabile che Dylan
l'abbia plagiata da lì. Potrebbe anche essere che Dylan l'abbia sentita
e magari anche cantata tantissimi anni fa in occasioni che noi non
sapremo mai e che forse nemmeno lui ricorda più con precisione. Ma credo
che, tutto sommato, questo non sia un grosso problema, certamente è un
problema per coloro che devono fare dimostrazione di elevata saccenza
cercando di far passare Dylan come ladro o idiota.
Gli unici che hanno
espresso un giudizio, a mio avviso, troppo frettoloso, sono stati i
nostri lettori Miscio (Talkin'
10152)
e Sir Eglamore (Talkin'
10154),
ed anche se il loro giudizio non mi trova d'accordo devo accettarlo,
ognuno ha diritto di esprimere le proprie idee che potrebbero anche
cambiare col tempo, considerando che criticare il lavoro degli altri è
sempre più facile che farlo. Anche Maggie's Farm, specialmente nei primi
tempi della mia gestione, e col sito anch'io personalmente, abbiamno
raccolto critiche ed insulti di tutti i tipi, a volte veramente
offensive, ma alla lunga, con la tipica pazienza della formichina, tutto
è stato superato ed oggi Maggie viaggia piuttosto bene, ma non posso
escludere di scrivere ancora in futuro qualche inesattezza. Vuol dire
che quando succederà qualcuno me lo segnalerà, gli dirò grazie e farò le
opportune correzioni come credo che abbia fatto anche tu con questo
scritto che è diventato un problema perchè citato da Dylan in persona.
Come vorrei scrivere sul mio sito una grossa inesattezza che Dylan
potesse copiare e citare in un suo discorso ufficiale!!!!! Ti ringrazio
di cuore per avermi contattato e ti prometto che quando in futuro dovrò
prendere qualcosa dal tuo sito mi sentirò assolutamente obbligato di
citarne la fonte. LIve long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Carissimo Tambourine,
se pubblicherai la e-mail che ho inviato ieri sappi solo che ero al
corrente delle polemicuccie in corso. La lectio mi è piaciuta molto. Ho
letto Moby Dick un paio di volte, una volta intero, poi diverse volte
l'ho preso in mano e credo che Bob abbia, da buon americano, ben
spiegato che opera è. L'Osissea l'ho letta tre o quattro anni fa, si
capisce che Dylan ama il testo di Omero. Un po' Omero è ogni americano,
un po' lo è anche lui altroché. Niente di nuovo sul fronte occidentale
non l'ho letto e lo leggerò. Dylan è stato umile, non si è paragonato a
nessuno, ritiene di essere un autore di canzoni e fa capire che il Nobel
è come lo avessero preso con lui i vecchi folksingers ormai tutti sotto
terra e invita ad ascoltare e non a leggere le sue canzoni.
Massimo Gramellini è un giornalista mediocre che non si informa, scrive
per sentito dire, non legge, è ignorantotto e per di più è sette otto
anni che è finito. Lo dicono in tanti che purtroppo anche la cultura è
finita in mano a questa categoria che occupa praterie di spazio pubblico
su vari canali.
Trenta anni fa sono stato con un compagno di classe che ha sempre mal
visto artisti e affini della musica come futili e privi di umiltà, un
compagno molto intelligente ad un concerto di Dylan. Bob fu l'unico
insieme a De André che passò il suo esame. Diceva solo che la sua
fortuna, quella di Dylan, era suonare con gente in gamba. Fortuna
meritata gli dissi io. Ancora vent'anni dopo mi telefonava dalla
Svizzera in cui le radio davano in continuo "Things Have Changed" per
dirmi se avevo sentito che sound e che tiro aveva il pezzo.
Siamo l'unica nazione occidentale in cui Dylan e Choen non sono
conosciuti. Ho girato la Svizzera in auto e in una normale giornata e
minimo due canzoni di Dylan le senti, dipende dai canali, forse anche di
più. Sono i loro de André.
Nessun altro artista ha passato il vaglio del mio caro amico dotato di
intelligenza fuori dal comune. Addirittura demolito Bono che vedemmo
l'anno dopo.
Solo per evidenziare che uno che non ha interessi musicali ha apprezzato
Dylan anche per lo stile e il modo di fare sotto i riflettori e per la
sobrietà dell'insieme, luci, strumenti, chitarristi bassisti e
armoniche.
Io dico che non c'è più cultura in Italia, tutto è Spritz, si scrive per
sentito dire, i migliori affondano, i peggiori mangiano alla tavola del
re.
Ciao, Andre The Giant.
Ciao Andre, come vedi ho
rispettato la tua richiesta di anonimato usando il nome di un notissimo
wrestler al posto del tuo. Approvo in pieno la tua affermazione che da
noi tutto è Spritz e che i peggiori mangiano alla tavoila del re mentre
i migliori sono reietti. Ma in fondo la storia del mondo non è sempre
stata così? Ogni civiltà, raggiunto il suo apice, ha cominciato una
vertiginosa caduta che l'ha portata alla rovina. Io non sò quando questa
attuale civiltà riuscirà ad autodistruggersi, ma capisco perchè mio
figlio non vuole avere figli per non obbligarli a vivere in un mondo
come questo. Grazie per aver espresso la tua opinione, alla prossima,
live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Lunedì 19
Giugno 2017
Dover, Delaware - Firefly Music
Festival, June 17, 2017
1. Things Have Changed (Bob on piano)
2. It's All Over Now, Baby Blue (Bob on
piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob on piano)
4. Simple Twist Of Fate (Bob on piano)
5. Beyond Here Lies Nothin' (Bob on piano)
6. Make You Feel My Love (Bob on piano)
7. Lonesome Day Blues (Bob on piano)
8. Don't Think Twice, It's All Right (Bob on piano)
9. Summer Days (Bob on piano)
10. Blind Willie McTell (Bob on piano)
11. Duquesne Whistle (Bob on piano)
12. A Hard Rain's A-Gonna Fall (Bob on
piano)
13. Pay In Blood (Bob on piano)
14. Love Sick (Bob on piano)
15. Ballad Of A Thin Man (Bob on piano)
Ciao Mr Tambourine,
Il Prof. Carrera mi ha rilasciato un'intervista sul saggio relativo alla
canzone & società italiana che ha curato. Lo ha pubblicato Arte &
Società.
Si parla anche del nostro Bob Dylan.
Ti invio il link sperando di farti cosa gradita.
Un abbraccio, Corrado.
Grazie per la
segnalazione caro Corrado, è sempre un piacere leggere ciò che scrive il
Prof. Alessandro Carrera. Un abbraccio, alla prossima, Mr.Tambourine,
:o)
Gentile Tambourine,
vorrei ringraziare per il bel servizio che fate a tutti gli appassionati
di Dylan. Mi riferisco alle traduzioni di interviste e ultima la lectio
magistralis. Riportate internet al suo valore vero, un valore
importante. Internet il suo mondo si sta rivelando l'ennesima occasione
mancata dell'umanità a tal punto che è già peggio della peggior tv a
dimostrazione che la tanto vituperata tv era lo specchio dei suoi
utenti, cosa lapalissiana per internet: fatta dagli internauti, il 70%
di quel che viaggia in internet è da buttare via.
Voi siete una eccezione tra altre eccezioni fate un servizio notevole
senza fini di lucro come altri lo fanno su altre passioni, una minoranza
come scritto prima.
A me è piaciuta molto l'intervista del sito ufficiale da voi pubblicata
e anche moltissimo la lectio magistralis. Dylan ha saputo portare tre
grandi libri al sugo del sale della sua poetica. Dylan ha fatto suoi i
tre libri tirando fuori quel che è servito a lui per scrivere i testi.
Della sua visione di Melville mi fido ciecamente. Penso sia come lo
leggono gli americani. Per loro è quasi una Bibbia e come segnala Dylan
è un romanzo intriso di Bibbia. La parte su Omero è lirica. Mi è
piaciuto come ha reso semplici senza semplificare tre grandi libri
chiosando su Omero i cui versi si sa probabilmente nell'antichità erano
cantati perdendo nei secoli la musica.
Dylan è molto più semplice di quel che si crede, più complicato di quel
che si pensa. Arriva comunque sempre dal folk , la ballata semplice per
antonomasia, ha semplicemente arricchito il folk di immagini belle, che
fanno riflettere che entusiasmano. Dylan è un intriso: intriso di folk e
blues, di letteratura e Bibbia e i suoi testi sgorgano intrisi di questo
e di quello.
Il tema del viaggio poi come in Tungled up in blue (But me, I’m still on
the road/ Headin’ for another joint - ma io sto sempre sulla strada/
diretto verso un'altra bettola) è preponderante. Viaggiare e vagare come
Omero viaggiando verso casa. E la casa non arriva mai.
Per me Dylan dall'intervista di due anni fa a Rolling Stone sta
concedendo il meglio. Non sono d'accordo con voi, sono le migliori e più
sincere interviste e dichiarazioni di sempre. Sta venendo fuori ina vena
narrariva da racconta storie che nelle sue canzoni è apparsa qua e là
con risultati spesso stupendi: già citata tungled up ricordo la favolosa
Bronswille Girl.
Non posso che ringraziare e salutare.
Ciao!!!!
Grazie per le tue bellissime parole,
noi continueremo a fare con passione questo lavoraccio, dico lavoraccio
perchè è più difficile da fare di quanto si creda, e lavoraccio perchè
ci sottopone a meritate lodi ed a critiche spesso ingiuste, come se
coloro che scrivono su queste pagine dovessero in qualche modo
giustificare il perchè esprimono le idee che hanno invece di adeguarsi
alla a volte confusa massa. Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Sabato 17
Giugno 2017
Port Chester, New York - Capitol
Theatre, June 15, 2017
1. Things Have Changed
2. Don't Think Twice, It's All Right (Bob on
GUITAR)
3. Highway 61 Revisited
4. Stormy Weather
5. Summer Days
6. Scarlet Town
7. Duquesne Whistle
8. Melancholy Mood
9. This Nearly Was Mine
10 Pay In Blood
11. Why Try To Change Me Now
12. Early Roman Kings
13. Desolation Row
14. All Or Nothing At All
15. Soon After Midnight
16. That Old Black Magic
17. Long And Wasted Years
18. Autumn Leaves
(encore)
19. Blowin' In The Wind
20. Ballad Of A Thin Man
Ciao Mr.Tambourine,
per la rassegna stampa "Dylan ha copiato il discorso..." ti suggerisco
caldamente di postare su Maggies Farm questo bel pezzo di Paolo Vites:
Come sempre il buon Paolo sa esprimere sentimenti condivisi dagli
estimatori del Nostro. Lo fa con competenza, grinta e un'attitudine
rock, che personalmente condivido e un po' gli invidio. Ormai mi sono
lasciato andare a una certa rassegnazione che con il personaggio Dylan e
con il rock anni sessanta e settanta c'entra davvero poco. Vites per
fortuna è ancora una volta partecipe, presente e con la tipica "Garra
Charrua" (Ci sono innumerevoli definizioni inglesi delle parole "Garra
Charrua", e nessuna di esse è esattamente la stessa. Le parole sembrano
significare qualcosa di diverso per ogni singola persona che le dice. Le
parole "Garra Charrua" sono nate per descrivere lo spirito del calcio
giocato in Uruguay. I calciatori della nazionale Uruguaiana hanno "La
Garra Charrua", che si traduce letteralmente come "l'artiglio di
Charrua"' e figurativamente si riferisce ad una ferocia e ad uno spirito
combattivo che non conosce il significato della sconfitta. Si riferisce
alla popolazione dei Charrua, un popolo indiano che ha combattuto gli
invasori stranieri con una ferocia incredibile.
La loro tenacia maniacale è stata adottata come spirito nazionale dagli
Uruguaiani ed è quello che si è spesso manifestato sui campi di calcio
negli anni in varie forme ...) che in questi casi non è solo utile, ma
fondamentale.
Cordiali saluti dylaniati, Dario Twist of fate.
Ciao Dario, prima di
tutto grazie per la segnalazione. L'amico Paolo Vites sa scrivere in
modo che ogni volta che lo lo leggo lo invidio, pazienza.....non tutti
hanno il dono della parola scritta come lui! Che dire di Gramellini,
riporto alcune cose tanto per dare a tutti l'idea di chi sia questo
personaggio: "Collabora con la trasmissione televisiva Che tempo che fa
di Rai Tre, dove ogni sabato sera commenta con Fabio Fazio (quello che
per alcuni milioni di euro annui fa finta di tartagliare quando
intervista qualcuno perchè è convinto di dare l'impressione di sapere
talmente tante cose del personaggio che sta per intervistare che è
costretto a tartagliare mentre mentalmente sfoglia le innumerevoli
domande per sceglierne una con la quale cominciare l'intervista, ma fa
un effetto pietoso perchè si vede che sta recitando, ed anche male), i
sette personaggi o fatti più importanti della settimana. Ha pubblicato
alcuni saggi che trattano della società e della politica italiana, un
almanacco sui 150 anni della storia d'Italia (con Carlo Fruttero) e due
serie di racconti sulla sua squadra del cuore, il Torino. Il 29 aprile
2010 è uscito il suo primo romanzo, L'ultima riga delle favole, una
favola esoterica sull'amore che in Italia ha venduto oltre 250 mila
copie ed è stata tradotta in vari Paesi. Il primo marzo 2012 è uscito il
suo secondo romanzo, Fai bei sogni, che è risultato il libro più venduto
del 2012, con oltre un milione di copie. A partire dall'autunno 2016,
conduce il programma Le parole della settimana in onda il fine settimana
prima di Che tempo che fa. Dopo aver trascorso 28 anni alla «Stampa», il
21 gennaio 2017 saluta i suoi lettori con un ultimo "Buongiorno". Dal
successivo 13 febbraio collabora al «Corriere della Sera». Forse questo
gli ha fruttato l'entrata nella categoria, tipicamente nazionale, dei
tuttologi che parlano di cose che non conoscono bene, come nel caso di
Dylan. A me personalmente scappa soltanto un sorriso quando mi capita di
leggere certi articoli che assomigliano ai discorsi di Cetto La
Qualunque dove non si capisce niente - Cazzu cazzu iu iu iu.
Quotidianamente spessatamente purtroppamente per chiunque la qualunque e
chiccessia io vi prometto... 'Cchiu pilu pì ttutti, nella misura in cui
mi voterete ci saranno giubilei di pilu, carovane di pilu,
transatlantici carichi di pilu...- ma alla fine per fortuna c 'è il
famoso pilu pì ttutti. Paolo picchia duro su Gramellini, ed io credo a
ragione e, lasciamelo dire, mi son proprio gustato questa "cameo"
Vitesiano. Son certo che anche i nostri Maggiesfarmers proveranno lo
stesso piacere leggendo lo scritto di Paolo. Alla prossima,
Mr.Tambourine, :o)
Mi permetto di scrivere queste poche
righe. La cosa che mi ha dato veramente fastidio e' l'articolo di
Gramellini sul Corriere della Sera, mi sono chiesto, ma tu grandissimo
cosa ne sai del MONDO DYLAN.......prima di dire queste immense cazzate
non basta che ti lavi la bocca, ma fatti una bella doccia e lavati,
lavati. Lavati molto bene magari scoprirai che questo non ti bastera'
per essere abbastanza pulito ...... Per il resto sono completamente
d'accordo con quanto hai scitto tu MR. TAMBOURINE. Le stesse cose le ho
pensate quando ho letto questa schifezza MR. JONES ........
Un saluto a tutti, Marcello
Caro Marcello, non
cadere anche tu nell'errore di prendere sul serio questi tuttologi di
piccolo cabotaggio, perdona loro perchè non sanno quello che dicono e,
per finire con Dante, non ragionar di lor ma guarda e passa! Live long
and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Venerdì 16
Giugno 2017
Port Chester, New York - Capitol
Theatre, June 14, 2017
1. Things Have Changed
2. To Ramona (Bob on GUITAR)
3. Highway 61 Revisited
4. Stormy Weather
5. Summer Days
6. Scarlet Town
7. Duquesne Whistle
8. Melancholy Mood
9. This Nearly Was Mine
10 Pay In Blood
11. Why Try To Change Me Now
12. Early Roman Kings
13. Desolation Row
14. All Or Nothing At All
15. Soon After Midnight
16. That Old Black Magic
17. Long And Wasted Years
18. Autumn Leaves
(encore)
19. Blowin' In The Wind
20. Ballad Of A Thin Man
Scusatemi amici,
ma sono sempre più convinto che Dylan faccia apposta a tenere
comportamenti strani, dire cose strane che magari ha letto da qualche
parte, o se preferite e pensate che Dylan non navighi in Internet, che
abbia istruito qualcuno del suo staff proprio per queste cose, gli dice:
“Questo è l’argomento da trattare, trova qualcuno che abbia già pparlato
di questo e copia le stesse cose cambiando solo qualche parola, vedrai
che casino scateneremo, ci sarà da divertirsi!”. Sono ormai convinto che
per Dylan questo sia un passatempo che stimoli la sua fantasia,
certamente lui conosce meglio i giornalisti di quanto i giornalisti
conoscano lui. Sa perfettamente che per ogni minima cosa che dice
milioni di ricercatori setacciano Internet per essere in grado di
dimostrare che Dylan è uno stupido e banale plagiarista, che riporta le
frasi degli altri senza saperlo. Dai, siamo un pò reali, qualcuno pensa
davvero che Dylan sia mezzo uomo e mezzo idiota? Che plagia quello che
dice perchè non ha niente di suo da dire? Chiedo a questi dubitatori di
professione, sapete chi ha scritto Blowin’ in the wind, The times they
are a-changin’, Like a rolling stone, Mr. Tambourine Man, Ballad of a
thin man? E, secondo voi, uno che ha scritto queste canzoni non saprebbe
cosa dire ed avrebbe bisogno di usare frasi altrui? Mi rifiuto di
pensarla così, a mio modo di vedere Dylan è perfettamente cosciente dei
plagi che fa sia nel campo delle parole che in quello della pittura. Lui
si diverte con la banalità di una certa parte dell’umanità e si bea
nell’idea che questi continuino a cercare di dimostrare che lui sia uno
scemo. Chissà come ridono lui ed il suo staff ora che qualcuno ha
scoperto la similitudine di certe frasi riassuntive del libro Moby Dick
nella sua freschissima Nobel Lecture e dirà “ Ma possibile che non si
accorgano che faccio apposta?”. Anche il premio Nobel non è stato esente
dalla sua apparente spensieratezza e mancanza di serietà morale, perfino
con questa Nobel Lecture o Lectio Magistralis che dir si voglia si è
divertito, con tutti i sapienti dell’accademia di Svezia si è divertito,
col suo non farsi trovare si è divertito, forse qualcuno gli ha tradotto
le proteste di Alessandro Baricco per il Nobel assegnatogli
domenticandosi che la critica letteraria è stata spesso severa sulla
produzione letteraria di Baricco stesso. Un grande dibattito che vide
coinvolta la sua produzione saggistica è quello che riguarda l'accusa di
appropriazione da parte di Baricco di alcune teorizzazioni filosofiche
provenienti soprattutto da Walter Benjamin senza che lo scrittore ne
mettesse in luce la provenienza, utilizzandole quindi come proprie
elaborazioni. Poffarbacco, allora chi è senza peccato scagli la prima
pietra! Ma si sa, tutto il mondo è paese, e tutti tengono famiglia e
c’ianno da maggnà e bevere! Baricco è stato giustamente premiato col
premio Viareggio che certamente non può essere minimamente paragonato al
premio Nobel per la letteratura. Il Nobel è roba da grossi calibro come
Anatole France, William Butler Yeats, George Bernard Shaw, Grazia
Deledda, Thomas Mann, Luigi Pirandello, Eugene O'Neill, William
Faulkner, Bertrand Russell, Ernest Hemingway, Albert Camus, Boris
Pasternak (rifiutato su pressione del regime sovietico), Salvatore
Quasimodo, John Steinbeck, Aleksandr Isaevič Solženicyn, Pablo Neruda,
Eugenio Montale, Dario Fo, e dulcis in fundo Bob Dylan. Per entrare in
questo elenco bisogna avere gli attributi da genio, quelli da uomo
normale non sono abbastanza.
Bravo Dylan, erano anni che non suonavi più la chitarra sul palco, ma
ieri sera a Port Chester l’hai fatto per “To Ramona”, certamente hai
stupito tutti, ma il vero motivo rimarrà misterioso, forse è una
silenziosa risposta a quelli che credono di saper tutto di te?
Live long and prosper dear Master, Mr.Tambourine, :o)
Giovedì 15
Giugno 2017
Port Chester, New York - Capitol
Theatre, June 13, 2017
1. Things Have Changed (Bob standing at piano)
2. Don't Think Twice, It's All Right (Bob sitting at piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob standing at piano)
4. Beyond Here Lies Nothin' (Bob sitting at piano)
5. I Could Have Told You (Bob center stage)
6. Pay In Blood (Bob standing at piano)
7. Melancholy Mood (Bob on piano then center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob sitting at piano)
9. Stormy Weather (Bob standing at piano)
10 Tangled Up In Blue (Bob sitting at piano)
11. Early Roman Kings (Bob standing at piano)
12. Spirit On The Water (Bob Bob sitting at piano)
13. Love Sick (Bob standing at piano)
14. All Or Nothing At All (Bob center stage)
15. Desolation Row (Bob standing at piano)
16. Soon After Midnight (Bob standing at piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)
(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob sitting at piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob standing at piano)
Buon pomeriggio,
sono Sveva Peluso di #logosedizioni, casa editrice e distributore
italiano di Taschen.
Vi scrivo per informarvi che nel nostro catalogo è presente il titolo
"Bob Dylan. A year and a day", di Daniel Kramer, in edizione limitata,
composta da 1965 copie.
Quando il fotografo Daniel Kramer
incontrò Bob Dylan per la prima volta, il cantante aveva 23 anni ed era
quasi uno sconosciuto. In quella prima occasione, a Woodstock, Dylan
sembrava inquieto e a disagio di fronte all’obiettivo. Eppure, nel giro
di un anno e un giorno, tutto sarebbe cambiato. Dal 1964 al 1965, Kramer
ebbe la possibilità unica di fotografare Bob Dylan in tour, ai concerti
e nel backstage, dando forma a uno dei più seducenti portfolio
fotografici della storia della musica, un documento eccezionale
dell’ascesa di Dylan all’Olimpo delle superstar.
Tra i punti centrali della sua carriera: il concerto con Joan Baez alla
Philharmonic Hall del Lincoln Center, la sessione di registrazione di
Bringing It All Back Home e il concerto, ora leggendario, a Forest
Hills, dove il suo controverso passaggio alla chitarra elettrica divenne
emblematico del suo stato di perenne cambiamento. Testimonianza di un
periodo seminale nella storia del rock e in quella di Bob Dylan, queste
fotografie ritraggono anche una serie di amici e collaboratori di tutto
rispetto, come Joan Baez, Johnny Cash, Allen Ginsberg, e Albert
Grossman.
Pubblicato per la prima volta nel 1967, con il sostegno di W. Eugene
Smith, il portfolio di Kramer dedicato a Dylan divenne subito un
classico. Oggi, mezzo secolo più tardi, TASCHEN riscopre quest’opera con
un’accurata selezione di circa 200 immagini, molte delle quali mai
pubblicate prima, inclusi scatti scartati per le copertine degli album
Bringing It All Back Home e Highway 61 Revisited. Un’edizione di pregio
per ogni fan di Dylan che si rispetto, questo volume rappresenta una
testimonianza intima e assai evocativa di un fotografo fondamentale, di
un periodo particolare e di un artista misterioso nel momento in cui
raggiunse il successo planetario.
Edizione limitata di 1965 copie numerate e firmate da Daniel Kramer.
Il fotografo:
Daniel Kramer è un fotografo e regista i cui ritratti e storie per
immagini sono stati pubblicati a livello internazionale; come regista ha
realizzato documentari e spot pubblicitari. A catapultarlo sulla scena
internazionale sono state però le sue foto di Bob Dylan, il primo grande
lavoro pubblicato sul giovane artista in procinto di trasformarsi da
superstar a vera e propria icona tra il 1964 e il 1965. Le fotografie di
Kramer hanno partecipato a numerose esposizioni e sono presenti in molte
collezioni. Nato a Brooklyn, Kramer vive a New York con la moglie e
collaboratrice Arline Cunningham Kramer.
Vi sarei grata se poteste informare i membri del vostro fan club sulla
pubblicazione, anche inoltrando loro questa e-mail.
Rimango a disposizione per qualsiasi informazione e chiarimento, e vi
porgo i miei più cordiali saluti, Sveva Peluso.
Sveva Peluso - INTER LOGOS SRL
e-mail: sveva.peluso@logos.info
skype: live:sveva.peluso
Home Page: librerie.libri.it
Buonasera Sveva, la
ringrazio della cortese segnalazione che di certo interesserà molti
lettori di Maggie's Farm. Ho pubblicato la sua mail in modo che chi
volesse delucidazioni possa contattarla direttamente. Live long and
prosper, Mr.Tambourine, :o)
Mercoledì
14
Giugno 2017
337044
Bobdylan
Scoperto il 16 febbraio 1996 da
E. W. Elst a Caussols, Francia, dove c'è il CERGA Observatory sul Calern
plateau. Il 337044 Bobdylan è un asteroide della fascia principale,
presenta un'orbita caratterizzata da un semiasse maggiore pari a
2,3309726 UA e da un'eccentricità di 0,1525152, inclinata di 2,14127°
rispetto all'eclittica.
CERGA Observatory, Calern plateau, Caussols - France
Salve Mr. Tambourine,
un grazie grandissimo all'ottimo traduttore della lezione di Dylan e al
sito che ha tempestivamente pubblicato l'originale e la traduzione. Sono
immersa nella lettura. A presto! Lunga vita. Carla
Naturalmente giro il complimento a
Silvano Cattaneo, io non ho fatto niente, ho solo pubblicato quello che
ha tradotto lui! Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
_____________________________________________________________________________________________________
Talkin' 10156
- tarquaz
Ciao Michele, mi chiamo Tarquinio e
quest'anno ho gli esami di maturità. Sono un appassionato di Bob Dylan e
quasi tutta la musica Folk da tempo, nonostante la giovane età. Volevo
incentrare la mia tesina proprio su qualche testo di Dylan ma non credo
di avere abbastanza conoscenze per farlo da solo, mi servirebbe un aiuto
da qualcuno di molto esperto, proprio come te! Potresti darmi una mano?
Grazie in anticipo!
Ciao Tarquaz, (prima
di tutto tengo a precisare che Michele ha lasciato il sito da ormai 9
anni e quindi ti risponderò io) lodevole il tuo intento di fare una
tesina su Bob Dylan, in particolar modo perchè sei un giovane e non un
vecchio barboso fan incallito e datato come posso essere io. Confesso di
non essere in grado di suggerirti niente, fare una tesi non è come
raccogliere articoli da giornali e WEB come ho fatto io. Però sono
sicuro che se comincerai a sfogliare l'archivio di Maggie's Farm
troverai materiale per farne 3 di tesine. Ti consiglio la pagina
dell'archivio:
Sono certo che con
l'aiuto del materiale d'archivio del sito potrai redigere un'ottima tesi
che ti permetterà di prenderai una maturità a pieni voti. Ligve long and
prosper, Mr.Tambourine, :o)
Martedì 13
Giugno 2017
Talkin' 10155
- silcatt
Ciao Mr.Tambourine,
Grazie per le parole di ringraziamento che hai scritto per la mia
traduzione della Nobel Lecture. Per me è un piacere aggiungere un
piccolo contributo ogni tanto al grande lavoro che fai tu ogni giorno.
Se poi ci fosse qualcun altro più dentro di me ai misteri dylaniani e
della lingua inglese e volesse migliorare la traduzione, ben venga. Tra
l'altro, rileggendola mi sono accorto di un paio di refusi. Niente di
importante che cambi il senso, ma ti riallego il file corretto così puoi
eventualmente sostituirlo nella sezione archivio.
Nella mia mail precedente ho fatto anche una cosa che di solito cerco di
non fare (soprattutto con Dylan): esprimere un giudizio. Parola turna
indré! Con uno come Dylan, più che giudicare, è meglio cercare di
capire, lasciando ai posteri l'ardua sentenza.
Alla prossima, Silvano.
Caro Silvano, la
tua modestia ti fa onore. Ringrazio Thot (scritto anche Toth o Thoth,
che è una divinità appartenente alla religione dell'antico Egitto, dio
della Luna, della sapienza, della scrittura, della magia, della misura
del tempo, della matematica e della geometria. È rappresentato sotto
forma di ibis, uccello che vola sulle rive del Nilo, o sotto forma (meno
frequente) di babbuino) che mi da modo di conoscere persone come te e
come tanti altri amici che mi danno una grossa mano dove la mia
tentennante cultura comincia a scricchiolare. Siete un grande aiuto e
fate un lavoro utilissimo per tutti coloro che come me hanno delle
difficoltà con l'inglese più impegnativo, cioè quello oltre la scuola.
Trovo invece che tu abbia fatto bene ad esprimere la tua opinione,
giusta o sbagliata o bizzarra che possa essere, è bello che ognuno
manifesti il proprio pensiero mettendolo a disposizione degli altri, e
magari qualche volta ne subisce anche le critiche. Ma queste sono cose
che tengono vivo l'interesse verso Bob e verso questo sito a lui
dedicato. Ogni discussione, parere, contrasto, opinione ha il suo
valore, può aiutarci a capire meglio certe sfumature o certi
avvenimenti. Io spero che altri amici esprimano il loro parere su questa
"Nobel Lecture", e non importa se sia piaciuta ed apprezzata o sia stata
deludente, ciò che importa è dire la propria impressione in piena
serenità e libertà. Grazie ancora per aver dedicato parte del tuo tempo
a tutti noi, alla prossima, live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Grandissimo onore a Miscio per
averci esposto i dettagli della nuova divertente controversia dylaniana.
Applauso.
Per qualche istante però mi sono illuso che Miscio frequentasse Mudcat
Cafe, grande sito per anime elette, invece ho poi capito che ci è
arrivato solo tramite il pessimo Antiwar Songs.
La ricostruzione del Miscio non mi pare però del tutto condivisibile. O
forse sì, vai a sapere!
Dylan naviga in Internet? Ha uno smartphone, usa l’Ipad? Questa è la
prima domanda che mi porrei. Se la risposta fosse affermativa sarebbe
per me una grande delusione, ma se lo facesse mi parrebbe più verosimile
la frequentazione di Mudcat Cafe piuttosto che dell’italianissimo
Antiwar. Potrebbe anche essere che il nostro vate, selvatico e
vegliardo, commissioni allo sventurato di turno le ricerche su google
(in questo caso non vorrei essere nei panni di quel povero disgraziato).
In ogni caso la questione è estremamente interessante e, in definitiva,
dimostra l’uso espressionistico che delle fonti fa Dylan. Se questo
succede con una canzone country, immaginiamo che approccio filologico
possa avere con il materiale letterario. Vedi Tangled Up in Blue con
Dante, Plutarco, Petrarca e il secolo sbagliato. Vero Miscio? Non ne
parlavamo a proposito del Nobel? Dylan colto? Io direi Dylan affamato di
suggestioni e ispirazione, dovunque e comunque arrivino.
L’ipotesi invece che Dylan sia consapevole del fake, in fondo plausibile
data l’eccentricità del personaggio in questione, oltre che suggestiva,
renderebbe tutto ancora più sconcertante, perché denoterebbe una
supponenza e un cinismo maggiori di quanto già gli si attribuisca.
Comunque ha ragione la Baez: questo uomo vive in un mondo tutto suo e i
normali parametri non sono in grado di spiegare alcunché.
Bravo, bravo Miscio. Vicenda esilarante. E il Prof. Carrera che dice?
Sir Eglamore.
Ciao Eglamore, mi
stupisce che tu possa apprezzare le parole di qualcun'altro al di fuori
delle tue - :o) - , è proprio vero che a questo mondo c'è sempre
qualcosa da imparare. Miscio ha fatto un' ottima ricerca,
indipendentemente da dove abbia attinto per mettere insieme le sue
osservazioni. Io sono convinto che a Dylan non interessi minimamente se
qualche volta dice o racconta dei fake, è da quando è arrivato a New
York nel Gennaio del 1961 che racconta palle con disinvoltura
straordinaria, ma questo non gli ha impedito di diventare "The Greatest"
in un campo nel quale milioni di persone si cimentano anche con notevole
talento e capacità. La domanda è: Quanti anni dovranno passare prima che
un altro songwriter possa assurgere agli onori del Nobel? Ce ne sarà un
altro prima o poi o Dylan resterà un caso unico? Come ha scritto Suze
Rotolo nel suo libro "A Freewheelin' Time" appena uscito in edizione
tradotta in italiano, Bob aveva la sconcertante abilità di complicare
l'ovvio e santificare il banale, e questo non era poco in una società
nella quale un'intera generazione aveva il permesso di bere alcool e di
morire in guerra a 18 anni ma non aveva il diritto di voto fino a 21.
Naturalmente, col crescere della sua fama, il pubblico, i fans e i
simpatizzanti si sono creati un Dylan a loro immagine e si aspettano che
Bob sia questa immagine. Ancor oggi è abbastanza citare il suo nome per
scatenare una quantità indescrivibile di storie e di dettagli infiniti
sul significato di ogni parola che abbia mai detto, scritto o cantato.
Ma Dylan è quello che dice la Baez, è una persona che vive in un suo
mondo nel quale non fa entrare nessun' altro. Non possiamo dire se
questi sia un bene o un male, possiamo solo dire che le cose stanno
così, punto e basta. Ciò che ha importanza 10 per me o per te per Bob
potrebbe avere importanza 1 o 20 o 100, non lo sapremo mai, è difficile
che persone che vivono in questo mondo possano giudicare uno che vive in
un altro. Bob è sempre stato un enorme frantoio nel quale gettare di
tutto. Lui macina, rompe, riassembla i resti a modo suo e presenta la
sua arte in modo che a volte può sembrare strano o senza senso. Nessuno
di noi ha ancora capito realmente il perchè di questi ultimi cinque
dischi di roba che col Dylan che conosciamo noi hanno poco o niente a
che fare, forse figli di una bizzarria, o di un ricordo, o di una
nostalgia, o di qualcosa che non sapremo mai. E' anche interessante,
bello ed istruttivo che persone con il sale in zucca come te e Miscio vi
buttiate in disquisizioni mai banali e sempre interessanti. Che ci
importa se Dylan dice dei fake, non è quello che conta, l'importante è
il valore intrinseco del suo messaggio all'umanità che non sempre riesce
a capire ciò che sta dicendo e per questo rimane sorpresa e sconvolta.
Dylan è un genio, e come tale va considerato, trattato e rispettato. Non
voglio fare paragoni inutili, Picasso, Rimbaud, Shakespeare, Omero e via
di questo passo, ognuno di questi artisti ha avuto una sua valenza e
Dylan ha avuto ed ha ancora oggi la sua. Dylan va preso e accettato così
com'è, verità e bugie comprese, ogni altra accezione diventa inutile!
Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Lunedì 12
Giugno 2017
Talkin' 10153
- silcatt
Gentilissimo Mr,Tambourine,
non so se qualcuno ha già provveduto a tradurre per il sito la Nobel
Lecture. In ogni caso, ti allego il mio contributo.
Lo speech ai MusiCares mi aveva entusiasmato. Avevo trovato molto
interessante anche l'intervista a Bill Flanagan (francamente, non ho ben
capito le tante critiche che sono arrivate dagli amici della Fattoria).
Questo suo ultimo intervento, invece, mi ha lasciato piuttosto deluso.
Comincia con l'episodio del concerto di Buddy Holly, già raccontato
altre volte, e chiude dicendo di non sapere il significato delle sue
canzoni ma però suonano bene, mettendosi infine sullo stesso piano di
Shakespeare e Omero. Nel mezzo un lungo excursus in cui riassume la
trama di tre capolavori della letteratura che tutti dovrebbero più o
meno conoscere. Bah... Come avrebbe scritto sul foglio del compito in
classe la mia insegnante di liceo, troppe descrizioni e poca analisi.
Confesso, però, che lo stesso intervento, recitato dalla sua voce, mi ha
fatto tutto un altro effetto. Forse ha ragione lui. Le sue parole non
sono fatte per essere lette, ma ascoltate.
Alla prossima,Silvano Cattaneo.
Caro Silvano, questa
credo sia la tua terza importante traduzione che disinteressatamente
(dico disinteressatamente perchè alcunbi anni fa un maggiesfarmer mi
chiese dei soldi per fare una traduzione dall'inglese di un'intervista
fatta a Bob, come avrai notato ho volutamente scritto maggiesfarmer
minuscolo perchè di più non si merita, lo spirito della Fattoria è
quello che ognuno di noi mette quello che può a livello di tempo per
contribuire a tenere vivo e sviluppare il sito. A me non è mai venuto in
mente di chiedere soldi per il sito come succede una volta all'anno su
expectingrain.com, ma credo che ognuno sia libero di impostare come
meglio crede il suo sito. La Fattoria funziona così per un motivo
semplice, la Fattoria non è mia, io sono solo il responsabile ed il
coordinatore, la Fattoria è di tutti noi che giorno per giorno scriviamo
sulle sue pagine a beneficio di coloro che leggono) mi hai inviato anche
questa volta raccogliendo il mio appello. E' bello sapre di poter
contare su amici come te e come tanti altri che in modo diversi spendono
tempo e fatica per dare il loro contributo. Credo sia di dovere
esprimerti il mio più grande grazie unito a quello di tutti gli amici
che usufruiranno del tuo lavoro leggendo la traduzione. Alla prossima,
un abbraccio. mr.Tambourine, :o)
Appeno ho ricevuto il Premio Nobel per la Letteratura, mi sono chiesto
proprio come le mie canzoni fossero collegate alla letteratura. Volevo
rifletterci e capire dov’era la connessione. Ora provo ad argomentarlo.
Molto probabilmente sarà in un modo un po’ indiretto, ma spero che
quello che dirò possa essere utile e significativo.
Se dovessi tornare all'alba di tutto, credo che dovrei iniziare con
Buddy Holly. Buddy è morto quando io avevo circa diciott'anni e lui
ventidue. Dal momento in cui l’ascoltai per la prima volta, mi sentii
simile. Mi sentii legato, come se fosse un fratello maggiore. Pensai
persino di assomigliargli. Buddy suonava la musica che amavo - la musica
con cui ero cresciuto: country & western, rock 'n' roll e rhythm &
blues. Tre filoni distinti di musica che lui intrecciò e fuse in un solo
genere. Un marchio. E Buddy scrisse canzoni - canzoni che avevano belle
melodie e testi fantasiosi. E cantava alla grande - cantava con buona
voce anche in diverse tonalità. Era l'archetipo. Tutto quello che non
ero io e che avrei voluto essere. Lo vidi una sola volta e fu pochi
giorni prima che morisse. Dovetti percorrere un centinaio di miglia per
vederlo esibirsi e non rimasi deluso. (1)
Era potente ed elettrizzante e aveva una grande presenza. Ero solo a
pochi metri di distanza. Era ipnotizzante. Guardavo il suo volto, le sue
mani, il modo in cui batteva il piede, i suoi grandi occhiali neri, gli
occhi dietro gli occhiali, il modo in cui teneva la chitarra, la sua
postura, il suo abito curato. Tutto di lui. Sembrava più vecchio dei
suoi ventidue anni. Qualcosa di lui sembrava indelebile, e mi riempì di
certezze. Poi, di punto in bianco, è successa la cosa più inspiegabile.
Mi guardò proprio dritto negli occhi e mi trasmise qualcosa. Qualcosa
che non capivo bene. E che mi diede i brividi.
Credo che fosse uno o due giorni prima che il suo aereo cadesse.
Qualcuno - qualcuno che non avevo mai visto prima - mi passò un disco di
Leadbelly in cui c'era la canzone "Cottonfields". E quel disco cambiò la
mia vita, proprio in quel momento. Mi trasportò in un mondo che non
avevo mai conosciuto. Fu come un'esplosione che si dissolveva. Come se
fino ad allora avessi camminato nell'oscurità e all'improvviso
l'oscurità si illuminasse. Era come qualcuno che mi imponeva le mani.
Credo di aver ascoltato quel disco centinaia volte.
Era su un'etichetta di cui non avevo mai sentito parlare, all'interno
c’era un opuscolo che pubblicizzava gli altri artisti dell'etichetta:
Sonny Terry and Brownie McGhee, New Lost City Ramblers, Jean Ritchie,
gruppi musicali con strumenti a corde. Non avevo nemmeno mai sentito
parlare di nessuno di loro. Ma pensai che se erano su questa etichetta
con Leadbelly, dovevano essere roba buona, quindi avevo bisogno di
sentirli. Volevo sapere tutto e suonare quel genere di musica. Avevo
ancora un certo feeling per la musica con cui ero cresciuto, ma a quel
punto la dimenticai. Non ci pensai più. Da allora se ne andò per un bel
po'.
Non me ne ero ancora andato da casa , ma non potevo aspettare. Volevo
imparare quella musica e incontrare le persone che la suonavano. Infine
me ne andai, e imparai a suonare quelle canzoni. Erano diverse dalle
canzoni della radio che avevo ascoltato fino ad allora. Erano più
vibranti e sincere nei confronti della vita. Con le canzoni della radio,
un esecutore poteva ottenere il successo come con un lancio di dadi o
una mano fortunata a poker, ma questo non aveva importanza nel mondo del
folk. Tutto era un successo. Tutto quello che dovevi fare era essere ben
preparato e in grado di suonare la melodia. Alcune di queste canzoni
erano facili, altre no. Ebbi un feeling naturale per le antiche ballate
e il country blues, ma tutto il resto dovetti impararlo da zero. Suonavo
per un pubblico ristretto, a volte non più di quattro o cinque persone
in una stanza o all'angolo di una strada. Dovevi avere un ampio
repertorio, e dovevi sapere cosa suonare e quando. Alcune canzoni erano
intime, altre dovevi urlare per farle sentire
Ascoltando tutti quei primi artisti folk e cantando tu stesso quelle
canzoni, ne acquisisci il gergo. Lo interiorizzi. Lo canti nei ragtime
blues, nei canti di lavoro, nei canti marinareschi della Georgia, nelle
ballate degli Appalachi, nelle canzoni dei cowboy. Cogli le sottigliezze
e impari i dettagli.
Capisci di cosa si tratta. Estrarre la pistola e rimetterla in tasca.
Sfrecciare nel traffico, parlare al buio. Sai che Stagger Lee era un
uomo cattivo e che Frankie era una brava ragazza. Sai che Washington è
una città borghese e hai sentito la voce profonda di John the Revelator
(John the Revelator è un tradizionale gospel con domande e risposte) e
hai visto affondare il Titanic in un ruscello fangoso. E tu sei amico
del selvaggio vagabondo irlandese e del selvaggio ragazzo delle colonie.
Hai sentito i tamburi attutiti e i pifferi degli eserciti suonare
sommessamente. Hai visto il vigoroso Lord Donald piantare un coltello
nel corpo della moglie (altro traditional), e molti tuoi compagni
avvolti nei bianchi sudari. (2)
Avevo digerito tutto il gergo. Conoscevo la retorica. Niente di quel
mondo mi era sfuggito - gli strumenti, le tecniche, i segreti, i misteri
- e conoscevo anche tutte le strade deserte che aveva percorso. Potevo
collegare il tutto e trasferirlo nell'attualità. Quando ho iniziato a
scrivere le mie canzoni, il linguaggio popolare era l'unico vocabolario
che conoscevo, e l'ho usato.
Ma io avevo anche qualcos'altro. Avevo fondamenta e sensibilità e una
visione informata del mondo. E le avevo da un po'. Ho imparato tutto
alla scuola secondaria. Don Chisciotte, Ivanhoe, Robinson Crusoe, I
viaggi di Gulliver, Il racconto delle due città, e tutto il resto -
tipiche letture scolastiche che ti davano un modo di guardare la vita,
una comprensione della natura umana e un metro per misurare le cose.
Avevo tutto con me quando ho iniziato a scrivere versi. E i temi di quei
libri si sono ritrovati in molte delle mie canzoni, sia consapevolmente
che inconsciamente. Volevo scrivere canzoni diverse da qualunque cosa
che si fosse sentita prima e quei temi erano fondamentali.
Libri specifici che mi avevano colpito fin da quando li avevo letti a
scuola - e voglio parlarvi di tre di loro: Moby Dick, Niente di nuovo
sul fronte occidentale e l’ Odissea.
******
Moby Dick è un libro affascinante, un libro ricco di scene di grande
dramma e di un dialogo drammatico. Il libro ti impone delle domande. La
trama è semplice. Il misterioso capitano Ahab - capitano della nave
chiamata Pequod - un egomaniaco con una gamba di legno che dà la caccia
alla sua nemesi, la grande balena bianca Moby Dick che gli ha strappato
una gamba. E le dà la caccia per tutto l'Atlantico, fino alla punta
dell'Africa e nell'Oceano Indiano. Insegue la balena da un capo
all'altro della Terra. È un obiettivo astratto, niente di concreto o
preciso. Chiama Moby “l'Imperatore”, la vede come l'incarnazione del
male. Ahab ha una moglie e un bambino a Nantucket, che ricorda di tanto
in tanto. Potete già immaginare cosa succederà.
L'equipaggio della nave è composto da uomini di razze diverse e chiunque
di loro avvisti la balena verrà ricompensato con una moneta d'oro. Molti
simboli dello zodiaco, allegorie religiose, stereotipi. Ahab incontra
altre baleniere, pressa i capitani per avere dettagli su Moby. L'hanno
vista? C'è un profeta pazzo, Gabriele, su una delle navi che predice ad
Ahab il suo destino. Dice che Moby è l'incarnazione del dio degli
Shakers (Gli Shakers sono i membri di un ramo del calvinismo puritano
dei quaccheri nati nel primo Settecento, conosciuti anche con il nome di
Società Unita dei Credenti nella Seconda Apparizione del Cristo), e che
qualsiasi relazione con lui porterà al disastro. Questo dice al capitano
Ahab. Il capitano di un'altra nave – il capitano Boomer - ha perso un
braccio per Moby. Ma ha accattato il fatto ed è felice di essere
sopravvissuto. Non può accettare la brama di vendetta di Ahab.
Questo libro spiega come uomini diversi reagiscono in modi diversi posti
davanti alla stessa esperienza. C'è molto del vecchio Testamento,
allegorie bibliche: Gabriele, Rachele, Geroboamo, Bildah, Elia. E anche
nomi pagani: Tashtego, Flask, Daggoo, Fleece, Starbuck, Stubb, Martha’s
Vineyard. I pagani sono adoratori di idoli. Alcuni adorano piccole
figure di cera, altri figure di legno. Alcuni adorano il fuoco. Pequod è
il nome di una tribù di pellerossa.
Moby Dick è una storia di mare. Uno degli uomini, il narratore, dice:
"Chiamatemi Ismaele". Qualcuno gli chiede da dove viene e lui risponde:
"Il luogo non è su una mappa. I luoghi veri non lo sono mai." Stubb non
dà importanza a nulla, dice che tutto è predestinato. Ismaele ha
trascorso tutta la sua vita su un veliero. Chiama i velieri le sue
Harvard e Yale. Si tiene a distanza dalle altre persone.
Un tifone colpisce il Pequod. Il capitano Ahab pensa che sia un buon
auspicio. Starbuck pensa che sia un cattivo presagio, medita di uccidere
Ahab. Appena finisce la tempesta, un membro dell'equipaggio cade
dall'albero della nave e annega, prefigurando quello che succederà. Un
pacifico prete quacchero, che in realtà è un uomo d'affari sanguinario,
racconta a Flask: "Alcuni uomini che ricevono ferite arrivano a Dio,
altri al rancore". (3)
Tutto è mischiato. Tutti i miti: la bibbia giudeo-cristiana, miti indù,
leggende britanniche, San Giorgio, Perseo, Ercole… sono tutti balenieri.
Mitologia greca, la sanguinosa attività di macellare una balena. Un
libro ricco di fatti, conoscenze geografiche, olio di balena – buono per
l’incoronazione dei monarchi – famiglie nobili impegnate nell’industria
delle balene. L’olio di balena è usato per ungere i re. Storia della
balena, frenologia, filosofia classica, teorie pseudoscientifiche,
giustificazione della discriminazione - tutto buttato lì e niente in
modo particolarmente razionale. Intellettualismi e cultura popolare,
inseguire le illusioni e inseguire morte, la grande balena bianca,
bianca come l’orso polare, bianca come l’uomo bianco, l’imperatore, la
nemesi, l’incarnazione del male. Il capitano demente che ha perso la
gamba anni prima nel tentativo di assalire Moby con un coltello.
Noi vediamo solo la superficie delle cose. Possiamo interpretare quello
che c'è sotto come ci aggrada. Gli uomini dell’equipaggio si muovono sul
ponte cercando di sentire il canto delle sirene, mentre squali e
avvoltoi inseguono la nave. Leggono teschi e volti come voi leggete un
libro. Ecco un volto. Ve lo metterò di fronte. Leggetelo se ci riuscite.
Tasthego dice di essere morto e rinato. I suoi giorni in più sono un
dono. Ma non è stato salvato da Cristo, dice di essere stato salvato da
un compagno, e nemmeno cristiano. Fa la parodia della resurrezione.
Quando Starbuck dice ad Ahab che dovrebbe lasciare il passato al
passato, il capitano arrabbiato replica seccamente: “Non dire bestemmie,
uomo. Colpirei anche il sole se mi insultasse.” Anche Ahab è un poeta di
eloquenza. Dice: “Il cammino verso il mio scopo fisso è steso su binari
di ferro sui quali la mia anima è incanalata per correre.” O frasi come
“Tutti gli oggetti visibili non sono altro che maschere di cartapesta.”
Espressioni poetiche citabili che non possono essere superate.
Infine Ahab vede Moby, si tirano fuori gli arpioni. Vengono tirate giù
le scialuppe. L’arpione di Ahab è stato battezzato nel sangue. Moby
attacca la barca di Ahab e la distrugge. Il giorno dopo lui vede di
nuovo Moby. Le scialuppe sono di nuovo abbassate. Moby attacca di nuovo
la scialuppa di Ahab. Il terzo giorno un’altra barca entra in scena.
Altra allegoria religiosa. Lui è risorto. Moby attacca ancora una volta,
colpendo violentemente il Pequod e affondandolo. Ahab resta avviluppato
nelle cime degli arpioni e viene gettato fuori dalla sua barca in una
tomba d'acqua. Ismaele sopravvive. È in mare, galleggia su una bara. E
questo è tutto. È tutta la storia. Quel tema e tutto ciò che implica si
sarebbe fatto strada in parecchie delle mie canzoni.
*********
Niente di nuovo sul fronte occidentale è un altro libro che ha fatto lo
stesso. È un racconto dell’orrore. Un libro dove perdi la tua
giovinezza, la tua fede in un mondo che abbia un significato, il tuo
interesse per le persone. Sei bloccato in un incubo. Risucchiato in un
misterioso vortice di morte e dolore. Stai difendendo te stesso
dall’eliminazione. Stai per essere cancellato dalla faccia della terra.
Un tempo eri un giovane innocente con il grande sogno di diventare un
pianista concertista. Un tempo hai amato la vita e il mondo, mentre ora
lo stai facendo a pezzi.
Un giorno dopo l'altro, i calabroni ti pungono e i vermi leccano il tuo
sangue. Sei un animale stretto in un angolo. Non puoi stare da nessuna
parte. La pioggia cade monotona. Ci sono assalti interminabili, gas
tossico, gas nervino, morfina, torrenti di benzina in fiamme, cerchi
cibo tra i rifiuti, influenza, tifo, dissenteria. La vita crolla attorno
a te e fischiano le pallottole. Questa è la regione più bassa
dell’inferno. Fango, filo spinato, trincee invase dai topi, topi che
mangiano gli intestini dei morti, trincee piene di sudiciume ed
escrementi. Qualcuno grida: “Ehi, tu laggiù! Alzati e combatti."
Chi sa quanto durerà questo caos? La guerra non ha limiti. Sei
annientato e quella tua gamba sta sanguinando troppo. Hai ucciso un uomo
ieri e hai parlato al suo cadavere. Gli hai detto che dopo che tutto
questo sarà finito, passerai il resto della vita a prenderti cura della
sua famiglia. Chi guadagna qui? I capi e i generali acquisiscono fama e
molti altri lucrano profitti finanziari. Ma sei tu che stai facendo il
lavoro sporco. Uno dei tuoi compagni dice: “Aspetta un momento, dove
stai andando?” E tu dici: “Lasciami stare. Torno tra un minuto”. Poi
cammini nei boschi della morte in cerca di un pezzo di salsiccia. Non
riesci proprio a capire come qualcuno nella vita civile possa avere un
qualche scopo. Tutte le loro preoccupazioni, tutti i loro desideri...
non riesci a capirlo.
Altre mitragliatrici crepitano, altre parti di corpi pendono dai fili di
ferro, altri pezzi di braccia e gambe e crani dove le farfalle si posano
sui denti, altre ferite orribili, pus che esce da ogni poro, ferite ai
polmoni, ferite troppo grandi per il corpo, cadaveri che emettono gas e
corpi morti che producono rumori vomitevoli. La morte è dappertutto.
Nient'altro è possibile. Qualcuno ti ucciderà e userà il tuo corpo per
esercitarsi al tiro al bersaglio. Scarponi. Sono la tua preziosa
proprietà. Ma presto saranno ai piedi di qualcun altro.
Ci sono francesi in arrivo tra gli alberi. Bastardi impietosi. Partono i
tuoi proiettili. “Non è leale tornare da noi così presto”, dici. Uno dei
tuoi compagni è steso nel sudiciume e vuoi portarlo all’ospedale da
campo. Qualcun altro dice: “Potresti risparmiarti il viaggio.” “Cosa
vuoi dire?” “Giralo e vedrai cosa voglio dire”.
Attendi di sentire le notizie. Non capisci perché la guerra non sia
ancora finita. L’esercito è così a corto di rimpiazzi che arruola
ragazzi di scarsa utilità militare, ma li arruolano comunque perché
stanno esaurendo gli uomini. Nausea e umiliazione ti hanno spezzato il
cuore. Sei stato tradito dai genitori, dai maestri di scuola, dai
sacerdoti e persino dal tuo stesso governo.
Anche il generale che fuma sigari lentamente ti ha tradito, ti ha
trasformato in un violento e in un assassino. Se potessi, gli
pianteresti una pallottola in faccia. Anche al comandante. Fantastichi
che se avessi soldi metteresti una taglia per chiunque lo uccida, con
qualsiasi mezzo. E se dovesse perdere la vita nel farlo, che i soldi
vadano ai suoi eredi. Un altro è il colonnello, con il suo caviale e il
suo caffè. Passa tutto il suo tempo nel bordello per ufficiali. Vorresti
veder lapidato a morte pure lui. E poi Tommy e Johnny con i loro whack
fo’ me daddy-o e i loro whiskey in the jars (4). Ne uccidi venti e altri
venti altri spunteranno al loro posto. È solo puzza nelle narici.
Sei arrivato a detestare la vecchia generazione che ti ha mandato in
questa follia, in questa camera di tortura. Attorno a te i tuoi compagni
stanno morendo. Muoiono di ferite al ventre, di doppie amputazioni, di
osso iliaco a pezzi e tu pensi “Ho solo vent’anni, ma sono in grado di
uccidere chiunque. Persino mio padre se mi capitasse vicino”.
Ieri hai cercato di salvare un cane staffetta ferito e qualcuno ha
urlato: “Non fare lo scemo!” Un francese farfuglia ai tuoi piedi. Lo
colpisci allo stomaco con un pugnale ma il tipo è ancora vivo. Sai che
dovresti finire il lavoro, ma non ci riesci. Sei sulla croce di ferro
vera, e un soldato romano sta posando una spugna di aceto sulle tue
labbra.
Passano i mesi. Vai a casa in permesso. Non riesci a comunicare con tuo
padre. Aveva detto: “Saresti un vigliacco se non ti arruolassi”. Anche
tua madre, mentre sei già fuori per andartene, dice: “Adesso attento a
quelle ragazze francesi”. Altra pazzia. Combatti per una settimana o un
mese e guadagni dieci metri. E poi il mese successivo se li sono
ripresi.
E di tutta quella cultura di mille anni fa, quella filosofia, quella
saggezza – Platone, Aristotele, Socrate – cosa ne è stato? Avrebbe
dovuto evitare questo. I tuoi pensieri tornano a casa. E ancora una
volta sei uno scolaro che cammina attraverso alti pioppi. È un ricordo
piacevole. Altre bombe ti cadono addosso dai dirigibili. Adesso devi
tornare in te. Non puoi nemmeno guardare qualcuno per paura che possa
accadere qualcosa di imprevisto. La fossa comune. Non ci sono altre
possibilità.
Poi noti i fiori di ciliegio e capisci che la natura non è toccata da
tutto questo. I pioppi, le farfalle rosse, la fragile bellezza dei
fiori, il sole. Vedi come la natura è indifferente a tutto questo, a
tutta la violenza e alla sofferenza di tutto il genere umano. La natura
nemmeno lo nota.
Sei così solo. Poi il frammento di un proiettile ti colpisce la testa di
lato e sei morto. Sei stato fatto fuori, depennato. Sei stato
sterminato. Ho messo giù questo libro e l’ho chiuso. Non ho mai più
voluto leggere un romanzo di guerra, e non l’ho mai più fatto.
Charlie Poole, della North Carolina, aveva una canzone che collegava
tutto questo. Si intitola “You Ain’t Talkin’ to Me” e i versi dicono:
Ho visto un cartello in una vetrina andando un giorno in città. “Entra
nell’esercito, gira il mondo”, è quello che diceva “Vedrai posti
eccitanti in allegra compagnia,
Incontrerai persone interessanti e imparerai anche a ucciderle”.
Oh, non stai parlando a me, non stai parlando a me.
Posso essere matto e tutto quanto, ma credimi, ho buonsenso.
Non stai parlando a me, non stai parlando a me.
Uccidere con un’arma non suona divertente.
Non stai parlando a me.
***********
L’Odissea è un grande libro i cui temi sono entrati nelle ballate di
molti autori: “Homeward Bound”, “Green, Green Grass of Home”, “Home on
the Range” e anche in canzoni mie.
L’Odissea è uno strano, avventuroso racconto di un uomo adulto che cerca
di tornare a casa dopo aver combattuto in una guerra. È in un lungo
viaggio verso casa, pieno di trappole e di insidie. L’uomo è condannato
a vagare. È sempre in viaggio sul mare, sempre in situazioni difficili.
Grandi macigni scuotono la sua nave. Fa arrabbiare chi non dovrebbe. Ci
sono sobillatori nel suo equipaggio. Tradimenti. I suoi uomini sono
trasformati in maiali e poi ritrasformati in uomini più giovani, più
attraenti. Lui cerca sempre di salvare qualcuno. È un viaggiatore,
costretto a troppe soste.
È spiaggiato su un’isola deserta. Trova caverne deserte e ci si
nasconde. Incontra giganti che dicono: “Ti mangerò per ultimo”. E sfugge
ai giganti. Cerca di tornare a casa ma è fatto girare e rigirare dai
venti. Venti incessanti, venti gelidi, venti ostili. Viaggia per un
lungo tratto e poi è risoffiato indietro.
È sempre messo in guardia su ciò che accadrà. Tocca cose che non
dovrebbe. Ci sono due strade da prendere e sono entrambe sbagliate.
Entrambe pericolose. Su una puoi annegare, sull’altra puoi morire di
fame. Entra in piccoli stretti di mare con vortici schiumanti che lo
inghiottono. Incontra mostri a sei teste con zanne affilate. Fulmini si
scagliano su di lui. Fa un balzo per raggiungere dei rami e mettersi in
salvo da un fiume furente. Dee e dei lo proteggono, ma altri vogliono
ucciderlo. Cambia identità. È esausto. Cade addormentato ed è
risvegliato dal suono di risate. Racconta la sua storia a stranieri. È
stato via vent’anni. È stato portato da qualche parte e lasciato là.
Sono state versate droghe nel suo vino. È stato un viaggio duro da fare.
Per molti aspetti, alcune di queste stesse cose sono capitate anche a
te. Anche a te hanno messo droghe nel vino. Anche tu hai diviso un letto
con la donna sbagliata. Anche tu sei stato ammaliato da voci magiche,
voci dolci con strane melodie. Anche tu sei arrivato tanto lontano e sei
stato risoffiato altrettanto lontano. E anche tu hai rischiato grosso.
Hai fatto arrabbiare persone che non avresti dovuto. E hai vagato per
questo Paese in lungo e in largo. E hai anche sentito quel vento
contrario, quello che non porta nulla di buono. E non è ancora tutto.
Quando torna a casa, la situazione non è affatto migliore. Ci sono
entrate canaglie e stanno approfittando dell’ospitalità di sua moglie. E
ce ne sono troppi. E anche se lui è più grande di tutti loro e migliore
in tutto – miglior falegname, miglior cacciatore, miglior esperto di
animali, miglior marinaio – non lo salverà il suo coraggio, ma il suo
inganno.
Tutti questi sbandati dovranno pagare per aver profanato il suo palazzo.
Si traveste da sudicio mendicante, ma l’ultimo dei servi lo caccia a
pedate dalle scale con arroganza e stupidità. L’arroganza del servo lo
fa infuriare, ma lui controlla la sua rabbia. È uno contro cento, ma
cadranno tutti, persino i più forti. Era Nessuno. E quando finalmente si
ritrova a casa, si siede con sua moglie a raccontarle le storie.
********
Dunque, che cosa significa tutto questo? Io e molti altri autori di
canzoni siamo stati influenzati proprio da questi stessi temi. E possono
significare un mucchio di cose differenti. Se una canzone vi tocca,
questo è tutto quello che importa. Non occorre che io sappia cosa
significhi una canzone. Ho scritto ogni sorta di cose nelle mie canzoni.
E non sto a preoccuparmi di cosa significhi tutto questo. Quando
Melville mise in un’unica storia tutti i suoi riferimenti biblici
dell’antico testamento, teorie scientifiche, dottrine protestanti e
tutta quella conoscenza del mare, dei velieri e delle balene, non penso
che neppure lui se ne preoccupasse - cosa significa tutto questo.
John Donne, il poeta prete vissuto all’epoca di Shakespeare, scrisse
queste parole: “Il Sesto e l’Abido dei suoi seni. Non di due amanti, ma
di due amori, i nidi”. Non so che cosa significhi. Ma suona bene. E tu
vuoi che le tue canzoni suonino bene.
Quando nell’Odissea, Odisseo incontra il famoso guerriero Achille
nell’aldilà, Achille – che aveva scambiato una lunga vita piena di pace
e contentezza per una breve vita ricca di onori e gloria – dice a
Odisseo che era stato tutto un errore. “Sono solo morto e questo è
tutto.” Non c’era stato alcun onore. Nessuna immortalità. E se avesse
potuto, avrebbe scelto di tornare indietro e di essere l'umile schiavo
di un fittavolo sulla terra piuttosto che essere quello che era – un re
nella terra dei morti. E qualsiasi fossero le difficoltà di Odisseo
nella vita, erano preferibili all’essere lì, in quel luogo morto.
Anche le canzoni sono questo. Le nostre canzoni sono vive nella terra
dei vivi. Ma le canzoni sono diverse dalla letteratura. Sono fatte
apposta per essere cantate, non lette. Le parole delle commedie di
Shakespeare erano concepite per essere recitate sul palco. Proprio come
i versi delle canzoni sono per essere cantati, non letti su una pagina.
E spero che alcuni di voi coglieranno l’occasione per ascoltare quei
versi nella forma in cui sono stati concepiti per essere ascoltati: in
concerto, o su disco, o in qualsiasi modo oggi si ascoltano le canzoni.
Torno ancora una volta a Omero, che dice: “Canta in me, o Musa, e
attraverso me racconta la storia”.
NOTE
(1) Bob Dylan ha ricordato in altre occasioni il concerto di Buddy Holly
cui assistette in gioventù. Ha sempre detto, però, di averlo visto a
Duluth. In effetti, Buddy Holly si esibì al Duluth Nat’l Guard Armory il
31 gennaio 1959, un paio di giorni prima dell’incidente aereo in cui
persero la vita anche Ritchie Valens, Big Bopper e il pilota. Qui un
estratto dello speech di Dylan ai Grammy 1998, in cui ricorda appunto
quell’episodio: https://www.youtube.com/watch?v=4yGh3S4wMLY
(2) In questa parte, Dylan cita alcuni famosi traditional che hanno
fatto parte della sua educazione musicale. Nell’ordine, si riferisce a:
“Stack a Lee”, “Frankie and Johnny”, “The Bourgeois Blues”, “John the
Revelator”, “The Titanic”, “The Wild Rover”, “The Wild Colonial Boy”,
T”he Unfortunate Rake”, “Matty Groves”, “Streets of Laredo”. “Stak a
Lee” e “Frankie and Johnny” sono anche entrati nella sua discografia
ufficiale.
(3) Nel testo originale: “Some men who receive injuries are led to God,
others are led to bitterness.” Ma questa frase pare non ci sia nel libro
di Melville. La citazione è quindi un falso inventato da Dylan. Fonte:
https://newrepublic.com/minutes/143130/bob-dylan-fake-melville-quote-nobel-lecture
(4) Cita il ritornello del celebre traditional irlandese “Whiskey in the
Jar”.
Dylan's Nobel Lecture
5 June 2017
When I first received this Nobel Prize for Literature, I got to
wondering exactly how my songs related to literature. I wanted to
reflect on it and see where the connection was. I'm going to try to
articulate that to you. And most likely it will go in a roundabout way,
but I hope what I say will be worthwhile and purposeful.
If I was to go back to the dawning of it all, I guess I'd have to start
with Buddy Holly. Buddy died when I was about eighteen and he was
twenty-two. From the moment I first heard him, I felt akin. I felt
related, like he was an older brother. I even thought I resembled him.
Buddy played the music that I loved – the music I grew up on: country
western, rock ‘n' roll, and rhythm and blues. Three separate strands of
music that he intertwined and infused into one genre. One brand. And
Buddy wrote songs – songs that had beautiful melodies and imaginative
verses. And he sang great – sang in more than a few voices. He was the
archetype. Everything I wasn't and wanted to be. I saw him only but
once, and that was a few days before he was gone. I had to travel a
hundred miles to get to see him play, and I wasn't disappointed.
He was powerful and electrifying and had a commanding presence. I was
only six feet away. He was mesmerizing. I watched his face, his hands,
the way he tapped his foot, his big black glasses, the eyes behind the
glasses, the way he held his guitar, the way he stood, his neat suit.
Everything about him. He looked older than twenty-two. Something about
him seemed permanent, and he filled me with conviction. Then, out of the
blue, the most uncanny thing happened. He looked me right straight dead
in the eye, and he transmitted something. Something I didn't know what.
And it gave me the chills.
I think it was a day or two after that that his plane went down. And
somebody – somebody I'd never seen before – handed me a Leadbelly record
with the song "Cottonfields" on it. And that record changed my life
right then and there. Transported me into a world I'd never known. It
was like an explosion went off. Like I'd been walking in darkness and
all of the sudden the darkness was illuminated. It was like somebody
laid hands on me. I must have played that record a hundred times.
It was on a label I'd never heard of with a booklet inside with
advertisements for other artists on the label: Sonny Terry and Brownie
McGhee, the New Lost City Ramblers, Jean Ritchie, string bands. I'd
never heard of any of them. But I reckoned if they were on this label
with Leadbelly, they had to be good, so I needed to hear them. I wanted
to know all about it and play that kind of music. I still had a feeling
for the music I'd grown up with, but for right now, I forgot about it.
Didn't even think about it. For the time being, it was long gone.
I hadn't left home yet, but I couldn't wait to. I wanted to learn this
music and meet the people who played it. Eventually, I did leave, and I
did learn to play those songs. They were different than the radio songs
that I'd been listening to all along. They were more vibrant and
truthful to life. With radio songs, a performer might get a hit with a
roll of the dice or a fall of the cards, but that didn't matter in the
folk world. Everything was a hit. All you had to do was be well versed
and be able to play the melody. Some of these songs were easy, some not.
I had a natural feeling for the ancient ballads and country blues, but
everything else I had to learn from scratch. I was playing for small
crowds, sometimes no more than four or five people in a room or on a
street corner. You had to have a wide repertoire, and you had to know
what to play and when. Some songs were intimate, some you had to shout
to be heard.
By listening to all the early folk artists and singing the songs
yourself, you pick up the vernacular. You internalize it. You sing it in
the ragtime blues, work songs, Georgia sea shanties, Appalachian ballads
and cowboy songs. You hear all the finer points, and you learn the
details.
You know what it's all about. Takin' the pistol out and puttin' it back
in your pocket. Whippin' your way through traffic, talkin' in the dark.
You know that Stagger Lee was a bad man and that Frankie was a good
girl. You know that Washington is a bourgeois town and you've heard the
deep-pitched voice of John the Revelator and you saw the Titanic sink in
a boggy creek. And you're pals with the wild Irish rover and the wild
colonial boy. You heard the muffled drums and the fifes that played
lowly. You've seen the lusty Lord Donald stick a knife in his wife, and
a lot of your comrades have been wrapped in white linen.
I had all the vernacular down. I knew the rhetoric. None of it went over
my head – the devices, the techniques, the secrets, the mysteries – and
I knew all the deserted roads that it traveled on, too. I could make it
all connect and move with the current of the day. When I started writing
my own songs, the folk lingo was the only vocabulary that I knew, and I
used it.
But I had something else as well. I had principles and sensibilities and
an informed view of the world. And I had had that for a while. Learned
it all in grammar school. Don Quixote, Ivanhoe, Robinson Crusoe,
Gulliver's Travels, Tale of Two Cities, all the rest – typical grammar
school reading that gave you a way of looking at life, an understanding
of human nature, and a standard to measure things by. I took all that
with me when I started composing lyrics. And the themes from those books
worked their way into many of my songs, either knowingly or
unintentionally. I wanted to write songs unlike anything anybody ever
heard, and these themes were fundamental.
Specific books that have stuck with me ever since I read them way back
in grammar school – I want to tell you about three of them: Moby Dick,
All Quiet on the Western Front and The Odyssey.
Moby Dick is a fascinating book, a book that's filled with scenes of
high drama and dramatic dialogue. The book makes demands on you. The
plot is straightforward. The mysterious Captain Ahab – captain of a ship
called the Pequod – an egomaniac with a peg leg pursuing his nemesis,
the great white whale Moby Dick who took his leg. And he pursues him all
the way from the Atlantic around the tip of Africa and into the Indian
Ocean. He pursues the whale around both sides of the earth. It's an
abstract goal, nothing concrete or definite. He calls Moby the emperor,
sees him as the embodiment of evil. Ahab's got a wife and child back in
Nantucket that he reminisces about now and again. You can anticipate
what will happen.
The ship's crew is made up of men of different races, and any one of
them who sights the whale will be given the reward of a gold coin. A lot
of Zodiac symbols, religious allegory, stereotypes. Ahab encounters
other whaling vessels, presses the captains for details about Moby. Have
they seen him? There's a crazy prophet, Gabriel, on one of the vessels,
and he predicts Ahab's doom. Says Moby is the incarnate of a Shaker god,
and that any dealings with him will lead to disaster. He says that to
Captain Ahab. Another ship's captain – Captain Boomer – he lost an arm
to Moby. But he tolerates that, and he's happy to have survived. He
can't accept Ahab's lust for vengeance.
This book tells how different men react in different ways to the same
experience. A lot of Old Testament, biblical allegory: Gabriel, Rachel,
Jeroboam, Bildah, Elijah. Pagan names as well: Tashtego, Flask, Daggoo,
Fleece, Starbuck, Stubb, Martha's Vineyard. The Pagans are idol
worshippers. Some worship little wax figures, some wooden figures. Some
worship fire. The Pequod is the name of an Indian tribe.
Moby Dick is a seafaring tale. One of the men, the narrator, says, "Call
me Ishmael." Somebody asks him where he's from, and he says, "It's not
down on any map. True places never are." Stubb gives no significance to
anything, says everything is predestined. Ishmael's been on a sailing
ship his entire life. Calls the sailing ships his Harvard and Yale. He
keeps his distance from people.
A typhoon hits the Pequod. Captain Ahab thinks it's a good omen.
Starbuck thinks it's a bad omen, considers killing Ahab. As soon as the
storm ends, a crewmember falls from the ship's mast and drowns,
foreshadowing what's to come. A Quaker pacifist priest, who is actually
a bloodthirsty businessman, tells Flask, "Some men who receive injuries
are led to God, others are led to bitterness."
Everything is mixed in. All the myths: the Judeo Christian bible, Hindu
myths, British legends, Saint George, Perseus, Hercules – they're all
whalers. Greek mythology, the gory business of cutting up a whale. Lots
of facts in this book, geographical knowledge, whale oil – good for
coronation of royalty – noble families in the whaling industry. Whale
oil is used to anoint the kings. History of the whale, phrenology,
classical philosophy, pseudo-scientific theories, justification for
discrimination – everything thrown in and none of it hardly rational.
Highbrow, lowbrow, chasing illusion, chasing death, the great white
whale, white as polar bear, white as a white man, the emperor, the
nemesis, the embodiment of evil. The demented captain who actually lost
his leg years ago trying to attack Moby with a knife.
We see only the surface of things. We can interpret what lies below any
way we see fit. Crewmen walk around on deck listening for mermaids, and
sharks and vultures follow the ship. Reading skulls and faces like you
read a book. Here's a face. I'll put it in front of you. Read it if you
can.
Tashtego says that he died and was reborn. His extra days are a gift. He
wasn't saved by Christ, though, he says he was saved by a fellow man and
a non-Christian at that. He parodies the resurrection.
When Starbuck tells Ahab that he should let bygones be bygones, the
angry captain snaps back, "Speak not to me of blasphemy, man, I'd strike
the sun if it insulted me." Ahab, too, is a poet of eloquence. He says,
"The path to my fixed purpose is laid with iron rails whereon my soul is
grooved to run." Or these lines, "All visible objects are but pasteboard
masks." Quotable poetic phrases that can't be beat.
Finally, Ahab spots Moby, and the harpoons come out. Boats are lowered.
Ahab's harpoon has been baptized in blood. Moby attacks Ahab's boat and
destroys it. Next day, he sights Moby again. Boats are lowered again.
Moby attacks Ahab's boat again. On the third day, another boat goes in.
More religious allegory. He has risen. Moby attacks one more time,
ramming the Pequod and sinking it. Ahab gets tangled up in the harpoon
lines and is thrown out of his boat into a watery grave.
Ishmael survives. He's in the sea floating on a coffin. And that's about
it. That's the whole story. That theme and all that it implies would
work its way into more than a few of my songs.
All Quiet on the Western Front was another book that did. All Quiet on
the Western Front is a horror story. This is a book where you lose your
childhood, your faith in a meaningful world, and your concern for
individuals. You're stuck in a nightmare. Sucked up into a mysterious
whirlpool of death and pain. You're defending yourself from elimination.
You're being wiped off the face of the map. Once upon a time you were an
innocent youth with big dreams about being a concert pianist. Once you
loved life and the world, and now you're shooting it to pieces.
Day after day, the hornets bite you and worms lap your blood. You're a
cornered animal. You don't fit anywhere. The falling rain is monotonous.
There's endless assaults, poison gas, nerve gas, morphine, burning
streams of gasoline, scavenging and scabbing for food, influenza,
typhus, dysentery. Life is breaking down all around you, and the shells
are whistling. This is the lower region of hell. Mud, barbed wire,
rat-filled trenches, rats eating the intestines of dead men, trenches
filled with filth and excrement. Someone shouts, "Hey, you there. Stand
and fight."
Who knows how long this mess will go on? Warfare has no limits. You're
being annihilated, and that leg of yours is bleeding too much. You
killed a man yesterday, and you spoke to his corpse. You told him after
this is over, you'll spend the rest of your life looking after his
family. Who's profiting here? The leaders and the generals gain fame,
and many others profit financially. But you're doing the dirty work. One
of your comrades says, "Wait a minute, where are you going?" And you
say, "Leave me alone, I'll be back in a minute." Then you walk out into
the woods of death hunting for a piece of sausage. You can't see how
anybody in civilian life has any kind of purpose at all. All their
worries, all their desires – you can't comprehend it.
More machine guns rattle, more parts of bodies hanging from wires, more
pieces of arms and legs and skulls where butterflies perch on teeth,
more hideous wounds, pus coming out of every pore, lung wounds, wounds
too big for the body, gas-blowing cadavers, and dead bodies making
retching noises. Death is everywhere. Nothing else is possible. Someone
will kill you and use your dead body for target practice. Boots, too.
They're your prized possession. But soon they'll be on somebody else's
feet.
There's Froggies coming through the trees. Merciless bastards. Your
shells are running out. "It's not fair to come at us again so soon," you
say. One of your companions is laying in the dirt, and you want to take
him to the field hospital. Someone else says, "You might save yourself a
trip." "What do you mean?" "Turn him over, you'll see what I mean."
You wait to hear the news. You don't understand why the war isn't over.
The army is so strapped for replacement troops that they're drafting
young boys who are of little military use, but they're draftin' ‘em
anyway because they're running out of men. Sickness and humiliation have
broken your heart. You were betrayed by your parents, your
schoolmasters, your ministers, and even your own government.
The general with the slowly smoked cigar betrayed you too – turned you
into a thug and a murderer. If you could, you'd put a bullet in his
face. The commander as well. You fantasize that if you had the money,
you'd put up a reward for any man who would take his life by any means
necessary. And if he should lose his life by doing that, then let the
money go to his heirs. The colonel, too, with his caviar and his coffee
– he's another one. Spends all his time in the officers' brothel. You'd
like to see him stoned dead too. More Tommies and Johnnies with their
whack fo' me daddy-o and their whiskey in the jars. You kill twenty of
‘em and twenty more will spring up in their place. It just stinks in
your nostrils.
You've come to despise that older generation that sent you out into this
madness, into this torture chamber. All around you, your comrades are
dying. Dying from abdominal wounds, double amputations, shattered
hipbones, and you think, "I'm only twenty years old, but I'm capable of
killing anybody. Even my father if he came at me."
Yesterday, you tried to save a wounded messenger dog, and somebody
shouted, "Don't be a fool." One Froggy is laying gurgling at your feet.
You stuck him with a dagger in his stomach, but the man still lives. You
know you should finish the job, but you can't. You're on the real iron
cross, and a Roman soldier's putting a sponge of vinegar to your lips.
Months pass by. You go home on leave. You can't communicate with your
father. He said, "You'd be a coward if you don't enlist." Your mother,
too, on your way back out the door, she says, "You be careful of those
French girls now." More madness. You fight for a week or a month, and
you gain ten yards. And then the next month it gets taken back.
All that culture from a thousand years ago, that philosophy, that wisdom
– Plato, Aristotle, Socrates – what happened to it? It should have
prevented this. Your thoughts turn homeward. And once again you're a
schoolboy walking through the tall poplar trees. It's a pleasant memory.
More bombs dropping on you from blimps. You got to get it together now.
You can't even look at anybody for fear of some miscalculable thing that
might happen. The common grave. There are no other possibilities.
Then you notice the cherry blossoms, and you see that nature is
unaffected by all this. Poplar trees, the red butterflies, the fragile
beauty of flowers, the sun – you see how nature is indifferent to it
all. All the violence and suffering of all mankind. Nature doesn't even
notice it.
You're so alone. Then a piece of shrapnel hits the side of your head and
you're dead.
You've been ruled out, crossed out. You've been exterminated. I put this
book down and closed it up. I never wanted to read another war novel
again, and I never did.
Charlie Poole from North Carolina had a song that connected to all this.
It's called "You Ain't Talkin' to Me," and the lyrics go like this:
I saw a sign in a window walking up town one day.
Join the army, see the world is what it had to say.
You'll see exciting places with a jolly crew,
You'll meet interesting people, and learn to kill them too.
Oh you ain't talkin' to me, you ain't talking to me.
I may be crazy and all that, but I got good sense you see.
You ain't talkin' to me, you ain't talkin' to me.
Killin' with a gun don't sound like fun.
You ain't talkin' to me.
The Odyssey is a great book whose themes have worked its way into the
ballads of a lot of songwriters: "Homeward Bound, "Green, Green Grass of
Home," "Home on the Range," and my songs as well.
The Odyssey is a strange, adventurous tale of a grown man trying to get
home after fighting in a war. He's on that long journey home, and it's
filled with traps and pitfalls. He's cursed to wander. He's always
getting carried out to sea, always having close calls. Huge chunks of
boulders rock his boat. He angers people he shouldn't. There's
troublemakers in his crew. Treachery. His men are turned into pigs and
then are turned back into younger, more handsome men. He's always trying
to rescue somebody. He's a travelin' man, but he's making a lot of
stops.
He's stranded on a desert island. He finds deserted caves, and he hides
in them. He meets giants that say, "I'll eat you last." And he escapes
from giants. He's trying to get back home, but he's tossed and turned by
the winds. Restless winds, chilly winds, unfriendly winds. He travels
far, and then he gets blown back.
He's always being warned of things to come. Touching things he's told
not to. There's two roads to take, and they're both bad. Both hazardous.
On one you could drown and on the other you could starve. He goes into
the narrow straits with foaming whirlpools that swallow him. Meets
six-headed monsters with sharp fangs. Thunderbolts strike at him.
Overhanging branches that he makes a leap to reach for to save himself
from a raging river. Goddesses and gods protect him, but some others
want to kill him. He changes identities. He's exhausted. He falls
asleep, and he's woken up by the sound of laughter. He tells his story
to strangers. He's been gone twenty years. He was carried off somewhere
and left there. Drugs have been dropped into his wine. It's been a hard
road to travel.
In a lot of ways, some of these same things have happened to you. You
too have had drugs dropped into your wine. You too have shared a bed
with the wrong woman. You too have been spellbound by magical voices,
sweet voices with strange melodies. You too have come so far and have
been so far blown back. And you've had close calls as well. You have
angered people you should not have. And you too have rambled this
country all around. And you've also felt that ill wind, the one that
blows you no good. And that's still not all of it.
When he gets back home, things aren't any better. Scoundrels have moved
in and are taking advantage of his wife's hospitality. And there's too
many of ‘em. And though he's greater than them all and the best at
everything – best carpenter, best hunter, best expert on animals, best
seaman – his courage won't save him, but his trickery will.
All these stragglers will have to pay for desecrating his palace. He'll
disguise himself as a filthy beggar, and a lowly servant kicks him down
the steps with arrogance and stupidity. The servant's arrogance revolts
him, but he controls his anger. He's one against a hundred, but they'll
all fall, even the strongest. He was nobody. And when it's all said and
done, when he's home at last, he sits with his wife, and he tells her
the stories.
So what does it all mean? Myself and a lot of other songwriters have
been influenced by these very same themes. And they can mean a lot of
different things. If a song moves you, that's all that's important. I
don't have to know what a song means. I've written all kinds of things
into my songs. And I'm not going to worry about it – what it all means.
When Melville put all his old testament, biblical references, scientific
theories, Protestant doctrines, and all that knowledge of the sea and
sailing ships and whales into one story, I don't think he would have
worried about it either – what it all means.
John Donne as well, the poet-priest who lived in the time of
Shakespeare, wrote these words, "The Sestos and Abydos of her breasts.
Not of two lovers, but two loves, the nests." I don't know what it
means, either. But it sounds good. And you want your songs to sound
good.
When Odysseus in The Odyssey visits the famed warrior Achilles in the
underworld – Achilles, who traded a long life full of peace and
contentment for a short one full of honor and glory – tells Odysseus it
was all a mistake. "I just died, that's all." There was no honor. No
immortality. And that if he could, he would choose to go back and be a
lowly slave to a tenant farmer on Earth rather than be what he is – a
king in the land of the dead – that whatever his struggles of life were,
they were preferable to being here in this dead place.
That's what songs are too. Our songs are alive in the land of the
living. But songs are unlike literature. They're meant to be sung, not
read. The words in Shakespeare's plays were meant to be acted on the
stage. Just as lyrics in songs are meant to be sung, not read on a page.
And I hope some of you get the chance to listen to these lyrics the way
they were intended to be heard: in concert or on record or however
people are listening to songs these days. I return once again to Homer,
who says, "Sing in me, oh Muse, and through me tell the story."
Caro Mr.Tambourine,
il discorso Nobel di Dylan è molto interessante, ma è destino che quando
lui apre bocca ce ne viene sempre una gamba. Alcuni hanno cominciato a
notare che “You Ain't Talkin' to Me” , attribuita a Charlie Poole, non
ha per niente quel testo.
Il refuso può provenire da:
http://antiwarsongs.org/canzone.php?id=8269&lang=it
sito pieno di imprecisioni. La discussione lì contenuta svela che
l'errore commesso nel 2008 viene individuato proprio grazie al discorso
di Dylan.
Si tratta di una modificazione del testo di Poole del 1927 fatta nel
2002 da Jim Krause, un collaboratore del Mudcat Cafè, gruppo di
discussione sulla musica tradizionale:
http://www.mudcat.org/thread.cfm?threadid=54088&messages=34#838406
Nemmeno la versione di Poole è originale, ma fu registrata da Eddie
Morton nel 1909, versione che a sua volta era apparentemente basata su
“I May Be Crazy but I Ain't No Fool”, scritta per Bert Williams nel 1904
da un altro compositore di colore, Alex Rogers (fonte:Before Elvis: The
Prehistory of Rock 'n' Roll, di Larry Birnbaum p.192)
Ora mi chiedo, può trattarsi semplicemente di un errore di Dylan? Il
dubbio mi viene pensando a come egli può essere venuto a conoscenza del
testo di Krause, che compare esclusivamente nei due siti sopra citati.
Possibile che Dylan sia così poco a conoscenza di un autore come Charlie
Poole, considerato il Robert Johnson del country, da doversi informare
su antiwarsongs.org ? (L'altro sito è da escludere, dato che lì viene
esplicitamente presentato come uno scritto da Krause).La domanda è
retorica, perché lo conosce piuttosto bene, visto che nell'episodio 52
di Theme Time Radio Hour, di lui dice: “E' interessante notare che
spesso quando Charlie Poole suonava dal vivo, oscurava parte dei testi
mentre cantava. Obbligava gli ascoltatori a comprare i suoi dischi,
semplicemente per poter sapere quel che stava cantando.
Era conosciuto come artista country, così ha registrato soprattutto
questo genere, ma se lo si vedeva dal vivo, si poteva sentire un misto
di minstrel songs, ballate Vittoriane, numeri umoristici di tipo
burlesque, così come la country music d'epoca.
Se si vuol essere precisi, il testo citato da Dylan è proprio quello di
antiwarsongs.org, che è leggerissimamente diverso da quello originale di
Krause. Questa è quindi l'unica fonte possibile.
Un altro dubbio mi viene pensando che una frase come “Join the army, see
the world is what it had to say./You'll see exciting places with a jolly
crew/You'll meet interesting people, and learn to kill them too.”(“Vai
nell' esercito, vedi il mondo diceva./Vedrai luoghi emozionanti con un'
allegra compagnia/Incontrerai persone interessanti e imparerai a
ucciderle.”) suona evidentemente un po' troppo moderna e antisistema per
il 1927.
Krause interpola frasi dell'immaginario collettivo che circolano a
partire dagli anni 70, basta controllare qui:
http://www.barrypopik.com/index.php/new_york_city/entry/join_the_army_travel_the
world_meet_interesting_people_and_kill_them
Da qui si vede pure che una citazione di questo genere è presente anche
nel film “Full Metal Jacket” del 1987.(
https://www.youtube.com/watch?v=iZ-HE0NnlvM ).
Come può Dylan non controllare la fonte, dato che sta scrivendo un testo
che ragionevolmente non passerà inosservato, testo citato una sola volta
su internet, e testo oltretutto, di una canzone che non può aver mai
ascoltato, dato che non è mai stata eseguita da nessuno con quelle
parole?
Possiamo aggiungere che la vera versione di “You Ain't Talkin' to Me” di
Charlie Poole, era contenuta pure in un disco del 2005, (Charlie Poole
– You Ain't Talkin' To Me: Charlie Poole And The Roots Of Country
Music) nominato a tre Grammy, ed escluderei che Dylan non l'abbia mai
sentito.
Personalmente penso che rimangano pochi dubbi: se si sommano gli indizi
mi sentirei di concludere che Dylan è cosciente di citare un fake.
Nelle Cronache ci ha già abituato a questi giochetti. Restano da
decifrare i motivi. In parte potrebbe averceli già spiegati.
Più importante (o almeno altrettanto importante) di ciò che un testo
dice che l'autore non controlla mai completamente, è quello che noi
vogliamo che dica.
E a quel punto dell'esposizione ci stava proprio bene. In fondo è anche
quello che facciamo noi, quando interpretiamo un testo dylaniano, con
tutto quello che ci vediamo dentro. Naturalmente l'argomento merita ben
altro approfondimento, per cui concludo qui, lasciando spremere le
meningi a qualcun altro.
Ciao, Miscio.
Caro Miscio, tutto il
tuo ragionamento ha una certa logica e sembra inattaccabile, ma rimane
sempre il fatto che Dylan potrebbe aver citato a memoria un fatto del
passato e l'imprecisione ci potrebbe anche stare. Se Dylan dovesse
controllare su Internet tutto ciò che dice forse verso la fine del mondo
sarebbe ancora davanti al PC per controllare! Scherzi a parte, non credo
che la differenza di testo citata da Dylan, e da te così abilmente messa
in risalto, abbia una importanza fondamentale, anche se Dylan fosse
cosciente di aver citato un fake non sarebbe nè il primo e forse nemmeno
l'ultimo, quante versioni diverse ha fornito del suo falso incidente
motociclistico? Ma in fondo dobbiamo chiederci se è una parte
fondamentale del suo discorso o solo una citazione di passaggio. A breve
avrò la traduzione completa della sua Nobel Lecture e così potremo farci
un'idea più attinente a ciò che Bob ha voluto dire. Ti faccio notare che
deve essere terribile dire qualcosa ed avere mezzo mondo multimediale
che controlla parola per parola ciò che hai detto. Questro non ti
farebbe davvero venir voglia di citare a bella posta una sfilza di fake
da far impazzire i meticolosi ricercatori di imprecisioni dylaniane? Un
grande grazie per la meticolosa ricerca alla quale non è certamente
facile dare una risposta. Alla prossima, live long and prosper,
Mr.Tambourine, :o)
Ciao Mr.Tambourine,
ho letto il tuo appello per la traduzione della Nobel Lecture. Sto
cercando la stessa cosa e per il momento ho raccolto alcuni brani della
traduzione in questo post. Servitene pure... Un abbraccio!
Ti ringrazio caro
Twist of Fate, ma preferisco che i nostri Maggiesfarmers leggano
l'articolo direttamente sul tuo blog, ogni fatica merita un
riconoscimento! Una abbraccio anche a te, alla prossima, Mr.Tambourine,
:o)
Ecco una selezione di articoli
concernenti la Dylan Nobel Lecture
clicca qui
Venerdì 9
Giugno 2017
Talkin' 10150
- fabio.tosti
Buongiorno,
volevo segnalarvi questa iniziativa che si terrà a Roma martedì 13
Giugno prossimo.
Durante la serata ci sarà una discussione sulla figura del personaggio e
dell’uomo, verranno inoltre eseguiti quattro brani live con i quali
saranno ripercorse le varie fasi dell’artista.
Vi sarei molto grato se vorrete pubblicizzare l’iniziativa attraverso il
vostro apprezzatissimo canale.
Grazie e Saluti, Fabio Tosti.
E' sempre un piacere
sapere e far sapere che c'è qualcuno che organizza serate a tema
dylaniano. Certamente i fans romani apprezzeranno. Grazie per la
segnalazione, live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Ciao Mr.Tambourine,
non c'è più nulla di inedito da FBD, dopo che Sony nel 2012 ha
pubblicato il quadruplo CD che vedi nella foto !
Caro Maurizio, da
fan-dylaniano dovresti sapere che con Bob non bisogna mai fare
previsioni!!! Gli inediti di Dylan finiranno quando finirà il mondo!
Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Salve Mr. Tambourine,
sull'onda del tg2, in attesa di leggere sul sito la lectio magistralis
del Nostro, condivido con voi l'emozione che ho provato, pochi istanti
fa, nel vederlo come è oggi...invecchiato ma riconoscibilissimo,
sorridente e in forma. Il sunto che il tg2 ha trasmesso sulla
registrazione, svolta a Los Angeles ed inviata a Stoccolma, della sua
lectio, è molto interessante. Aspettiamo di leggerla. A presto. Buona
serata e lunga vita! Carla.
Spero davvero che qualcuno se la senta
di caricarsi sulle spalle la fatica di questa traduzione assai lunga in
modo che tutti possiamo goderne. Restiamo in attesa, come si suol dire,
tutto arriva a chi sa aspettare! Live long and prosper, Mr.Tambourine,
:o)
Giovedì 8
Giugno 2017
Ecco il testo completo del
discorso inciso su video ed inviato da Dylan alla Nobel Prize
Organization. Se qualcuno dei nostri fantastici amici Maggiesfarmers ci
facesse avere la traduzione in italiano a beneficio di tutti farebbe
un'opera molto importante. Io non mi sento in grado di fare una
traduzione corretta col mio inglese appena oltre "the pen is on the
table", ma spero che qualcuno di voi abbia la volontà di fare questo
lavoro che entrerà di diritto negli archivi di Maggie's Farm. Un
grande grazie in anticipo e restiamo tutti in attesa!
Dylan's Nobel Lecture
5 June 2017
When I first received this Nobel Prize for Literature, I got to
wondering exactly how my songs related to literature. I wanted to
reflect on it and see where the connection was. I'm going to try to
articulate that to you. And most likely it will go in a roundabout way,
but I hope what I say will be worthwhile and purposeful.
If I was to go back to the dawning of it all, I guess I'd have to start
with Buddy Holly. Buddy died when I was about eighteen and he was
twenty-two. From the moment I first heard him, I felt akin. I felt
related, like he was an older brother. I even thought I resembled him.
Buddy played the music that I loved – the music I grew up on: country
western, rock ‘n' roll, and rhythm and blues. Three separate strands of
music that he intertwined and infused into one genre. One brand. And
Buddy wrote songs – songs that had beautiful melodies and imaginative
verses. And he sang great – sang in more than a few voices. He was the
archetype. Everything I wasn't and wanted to be. I saw him only but
once, and that was a few days before he was gone. I had to travel a
hundred miles to get to see him play, and I wasn't disappointed.
He was powerful and electrifying and had a commanding presence. I was
only six feet away. He was mesmerizing. I watched his face, his hands,
the way he tapped his foot, his big black glasses, the eyes behind the
glasses, the way he held his guitar, the way he stood, his neat suit.
Everything about him. He looked older than twenty-two. Something about
him seemed permanent, and he filled me with conviction. Then, out of the
blue, the most uncanny thing happened. He looked me right straight dead
in the eye, and he transmitted something. Something I didn't know what.
And it gave me the chills.
I think it was a day or two after that that his plane went down. And
somebody – somebody I'd never seen before – handed me a Leadbelly record
with the song "Cottonfields" on it. And that record changed my life
right then and there. Transported me into a world I'd never known. It
was like an explosion went off. Like I'd been walking in darkness and
all of the sudden the darkness was illuminated. It was like somebody
laid hands on me. I must have played that record a hundred times.
It was on a label I'd never heard of with a booklet inside with
advertisements for other artists on the label: Sonny Terry and Brownie
McGhee, the New Lost City Ramblers, Jean Ritchie, string bands. I'd
never heard of any of them. But I reckoned if they were on this label
with Leadbelly, they had to be good, so I needed to hear them. I wanted
to know all about it and play that kind of music. I still had a feeling
for the music I'd grown up with, but for right now, I forgot about it.
Didn't even think about it. For the time being, it was long gone.
I hadn't left home yet, but I couldn't wait to. I wanted to learn this
music and meet the people who played it. Eventually, I did leave, and I
did learn to play those songs. They were different than the radio songs
that I'd been listening to all along. They were more vibrant and
truthful to life. With radio songs, a performer might get a hit with a
roll of the dice or a fall of the cards, but that didn't matter in the
folk world. Everything was a hit. All you had to do was be well versed
and be able to play the melody. Some of these songs were easy, some not.
I had a natural feeling for the ancient ballads and country blues, but
everything else I had to learn from scratch. I was playing for small
crowds, sometimes no more than four or five people in a room or on a
street corner. You had to have a wide repertoire, and you had to know
what to play and when. Some songs were intimate, some you had to shout
to be heard.
By listening to all the early folk artists and singing the songs
yourself, you pick up the vernacular. You internalize it. You sing it in
the ragtime blues, work songs, Georgia sea shanties, Appalachian ballads
and cowboy songs. You hear all the finer points, and you learn the
details.
You know what it's all about. Takin' the pistol out and puttin' it back
in your pocket. Whippin' your way through traffic, talkin' in the dark.
You know that Stagger Lee was a bad man and that Frankie was a good
girl. You know that Washington is a bourgeois town and you've heard the
deep-pitched voice of John the Revelator and you saw the Titanic sink in
a boggy creek. And you're pals with the wild Irish rover and the wild
colonial boy. You heard the muffled drums and the fifes that played
lowly. You've seen the lusty Lord Donald stick a knife in his wife, and
a lot of your comrades have been wrapped in white linen.
I had all the vernacular down. I knew the rhetoric. None of it went over
my head – the devices, the techniques, the secrets, the mysteries – and
I knew all the deserted roads that it traveled on, too. I could make it
all connect and move with the current of the day. When I started writing
my own songs, the folk lingo was the only vocabulary that I knew, and I
used it.
But I had something else as well. I had principles and sensibilities and
an informed view of the world. And I had had that for a while. Learned
it all in grammar school. Don Quixote, Ivanhoe, Robinson Crusoe,
Gulliver's Travels, Tale of Two Cities, all the rest – typical grammar
school reading that gave you a way of looking at life, an understanding
of human nature, and a standard to measure things by. I took all that
with me when I started composing lyrics. And the themes from those books
worked their way into many of my songs, either knowingly or
unintentionally. I wanted to write songs unlike anything anybody ever
heard, and these themes were fundamental.
Specific books that have stuck with me ever since I read them way back
in grammar school – I want to tell you about three of them: Moby Dick,
All Quiet on the Western Front and The Odyssey.
Moby Dick is a fascinating book, a book that's filled with scenes of
high drama and dramatic dialogue. The book makes demands on you. The
plot is straightforward. The mysterious Captain Ahab – captain of a ship
called the Pequod – an egomaniac with a peg leg pursuing his nemesis,
the great white whale Moby Dick who took his leg. And he pursues him all
the way from the Atlantic around the tip of Africa and into the Indian
Ocean. He pursues the whale around both sides of the earth. It's an
abstract goal, nothing concrete or definite. He calls Moby the emperor,
sees him as the embodiment of evil. Ahab's got a wife and child back in
Nantucket that he reminisces about now and again. You can anticipate
what will happen.
The ship's crew is made up of men of different races, and any one of
them who sights the whale will be given the reward of a gold coin. A lot
of Zodiac symbols, religious allegory, stereotypes. Ahab encounters
other whaling vessels, presses the captains for details about Moby. Have
they seen him? There's a crazy prophet, Gabriel, on one of the vessels,
and he predicts Ahab's doom. Says Moby is the incarnate of a Shaker god,
and that any dealings with him will lead to disaster. He says that to
Captain Ahab. Another ship's captain – Captain Boomer – he lost an arm
to Moby. But he tolerates that, and he's happy to have survived. He
can't accept Ahab's lust for vengeance.
This book tells how different men react in different ways to the same
experience. A lot of Old Testament, biblical allegory: Gabriel, Rachel,
Jeroboam, Bildah, Elijah. Pagan names as well: Tashtego, Flask, Daggoo,
Fleece, Starbuck, Stubb, Martha's Vineyard. The Pagans are idol
worshippers. Some worship little wax figures, some wooden figures. Some
worship fire. The Pequod is the name of an Indian tribe.
Moby Dick is a seafaring tale. One of the men, the narrator, says, "Call
me Ishmael." Somebody asks him where he's from, and he says, "It's not
down on any map. True places never are." Stubb gives no significance to
anything, says everything is predestined. Ishmael's been on a sailing
ship his entire life. Calls the sailing ships his Harvard and Yale. He
keeps his distance from people.
A typhoon hits the Pequod. Captain Ahab thinks it's a good omen.
Starbuck thinks it's a bad omen, considers killing Ahab. As soon as the
storm ends, a crewmember falls from the ship's mast and drowns,
foreshadowing what's to come. A Quaker pacifist priest, who is actually
a bloodthirsty businessman, tells Flask, "Some men who receive injuries
are led to God, others are led to bitterness."
Everything is mixed in. All the myths: the Judeo Christian bible, Hindu
myths, British legends, Saint George, Perseus, Hercules – they're all
whalers. Greek mythology, the gory business of cutting up a whale. Lots
of facts in this book, geographical knowledge, whale oil – good for
coronation of royalty – noble families in the whaling industry. Whale
oil is used to anoint the kings. History of the whale, phrenology,
classical philosophy, pseudo-scientific theories, justification for
discrimination – everything thrown in and none of it hardly rational.
Highbrow, lowbrow, chasing illusion, chasing death, the great white
whale, white as polar bear, white as a white man, the emperor, the
nemesis, the embodiment of evil. The demented captain who actually lost
his leg years ago trying to attack Moby with a knife.
We see only the surface of things. We can interpret what lies below any
way we see fit. Crewmen walk around on deck listening for mermaids, and
sharks and vultures follow the ship. Reading skulls and faces like you
read a book. Here's a face. I'll put it in front of you. Read it if you
can.
Tashtego says that he died and was reborn. His extra days are a gift. He
wasn't saved by Christ, though, he says he was saved by a fellow man and
a non-Christian at that. He parodies the resurrection.
When Starbuck tells Ahab that he should let bygones be bygones, the
angry captain snaps back, "Speak not to me of blasphemy, man, I'd strike
the sun if it insulted me." Ahab, too, is a poet of eloquence. He says,
"The path to my fixed purpose is laid with iron rails whereon my soul is
grooved to run." Or these lines, "All visible objects are but pasteboard
masks." Quotable poetic phrases that can't be beat.
Finally, Ahab spots Moby, and the harpoons come out. Boats are lowered.
Ahab's harpoon has been baptized in blood. Moby attacks Ahab's boat and
destroys it. Next day, he sights Moby again. Boats are lowered again.
Moby attacks Ahab's boat again. On the third day, another boat goes in.
More religious allegory. He has risen. Moby attacks one more time,
ramming the Pequod and sinking it. Ahab gets tangled up in the harpoon
lines and is thrown out of his boat into a watery grave.
Ishmael survives. He's in the sea floating on a coffin. And that's about
it. That's the whole story. That theme and all that it implies would
work its way into more than a few of my songs.
All Quiet on the Western Front was another book that did. All Quiet on
the Western Front is a horror story. This is a book where you lose your
childhood, your faith in a meaningful world, and your concern for
individuals. You're stuck in a nightmare. Sucked up into a mysterious
whirlpool of death and pain. You're defending yourself from elimination.
You're being wiped off the face of the map. Once upon a time you were an
innocent youth with big dreams about being a concert pianist. Once you
loved life and the world, and now you're shooting it to pieces.
Day after day, the hornets bite you and worms lap your blood. You're a
cornered animal. You don't fit anywhere. The falling rain is monotonous.
There's endless assaults, poison gas, nerve gas, morphine, burning
streams of gasoline, scavenging and scabbing for food, influenza,
typhus, dysentery. Life is breaking down all around you, and the shells
are whistling. This is the lower region of hell. Mud, barbed wire,
rat-filled trenches, rats eating the intestines of dead men, trenches
filled with filth and excrement. Someone shouts, "Hey, you there. Stand
and fight."
Who knows how long this mess will go on? Warfare has no limits. You're
being annihilated, and that leg of yours is bleeding too much. You
killed a man yesterday, and you spoke to his corpse. You told him after
this is over, you'll spend the rest of your life looking after his
family. Who's profiting here? The leaders and the generals gain fame,
and many others profit financially. But you're doing the dirty work. One
of your comrades says, "Wait a minute, where are you going?" And you
say, "Leave me alone, I'll be back in a minute." Then you walk out into
the woods of death hunting for a piece of sausage. You can't see how
anybody in civilian life has any kind of purpose at all. All their
worries, all their desires – you can't comprehend it.
More machine guns rattle, more parts of bodies hanging from wires, more
pieces of arms and legs and skulls where butterflies perch on teeth,
more hideous wounds, pus coming out of every pore, lung wounds, wounds
too big for the body, gas-blowing cadavers, and dead bodies making
retching noises. Death is everywhere. Nothing else is possible. Someone
will kill you and use your dead body for target practice. Boots, too.
They're your prized possession. But soon they'll be on somebody else's
feet.
There's Froggies coming through the trees. Merciless bastards. Your
shells are running out. "It's not fair to come at us again so soon," you
say. One of your companions is laying in the dirt, and you want to take
him to the field hospital. Someone else says, "You might save yourself a
trip." "What do you mean?" "Turn him over, you'll see what I mean."
You wait to hear the news. You don't understand why the war isn't over.
The army is so strapped for replacement troops that they're drafting
young boys who are of little military use, but they're draftin' ‘em
anyway because they're running out of men. Sickness and humiliation have
broken your heart. You were betrayed by your parents, your
schoolmasters, your ministers, and even your own government.
The general with the slowly smoked cigar betrayed you too – turned you
into a thug and a murderer. If you could, you'd put a bullet in his
face. The commander as well. You fantasize that if you had the money,
you'd put up a reward for any man who would take his life by any means
necessary. And if he should lose his life by doing that, then let the
money go to his heirs. The colonel, too, with his caviar and his coffee
– he's another one. Spends all his time in the officers' brothel. You'd
like to see him stoned dead too. More Tommies and Johnnies with their
whack fo' me daddy-o and their whiskey in the jars. You kill twenty of
‘em and twenty more will spring up in their place. It just stinks in
your nostrils.
You've come to despise that older generation that sent you out into this
madness, into this torture chamber. All around you, your comrades are
dying. Dying from abdominal wounds, double amputations, shattered
hipbones, and you think, "I'm only twenty years old, but I'm capable of
killing anybody. Even my father if he came at me."
Yesterday, you tried to save a wounded messenger dog, and somebody
shouted, "Don't be a fool." One Froggy is laying gurgling at your feet.
You stuck him with a dagger in his stomach, but the man still lives. You
know you should finish the job, but you can't. You're on the real iron
cross, and a Roman soldier's putting a sponge of vinegar to your lips.
Months pass by. You go home on leave. You can't communicate with your
father. He said, "You'd be a coward if you don't enlist." Your mother,
too, on your way back out the door, she says, "You be careful of those
French girls now." More madness. You fight for a week or a month, and
you gain ten yards. And then the next month it gets taken back.
All that culture from a thousand years ago, that philosophy, that wisdom
– Plato, Aristotle, Socrates – what happened to it? It should have
prevented this. Your thoughts turn homeward. And once again you're a
schoolboy walking through the tall poplar trees. It's a pleasant memory.
More bombs dropping on you from blimps. You got to get it together now.
You can't even look at anybody for fear of some miscalculable thing that
might happen. The common grave. There are no other possibilities.
Then you notice the cherry blossoms, and you see that nature is
unaffected by all this. Poplar trees, the red butterflies, the fragile
beauty of flowers, the sun – you see how nature is indifferent to it
all. All the violence and suffering of all mankind. Nature doesn't even
notice it.
You're so alone. Then a piece of shrapnel hits the side of your head and
you're dead.
You've been ruled out, crossed out. You've been exterminated. I put this
book down and closed it up. I never wanted to read another war novel
again, and I never did.
Charlie Poole from North Carolina had a song that connected to all this.
It's called "You Ain't Talkin' to Me," and the lyrics go like this:
I saw a sign in a window walking up town one day.
Join the army, see the world is what it had to say.
You'll see exciting places with a jolly crew,
You'll meet interesting people, and learn to kill them too.
Oh you ain't talkin' to me, you ain't talking to me.
I may be crazy and all that, but I got good sense you see.
You ain't talkin' to me, you ain't talkin' to me.
Killin' with a gun don't sound like fun.
You ain't talkin' to me.
The Odyssey is a great book whose themes have worked its way into the
ballads of a lot of songwriters: "Homeward Bound, "Green, Green Grass of
Home," "Home on the Range," and my songs as well.
The Odyssey is a strange, adventurous tale of a grown man trying to get
home after fighting in a war. He's on that long journey home, and it's
filled with traps and pitfalls. He's cursed to wander. He's always
getting carried out to sea, always having close calls. Huge chunks of
boulders rock his boat. He angers people he shouldn't. There's
troublemakers in his crew. Treachery. His men are turned into pigs and
then are turned back into younger, more handsome men. He's always trying
to rescue somebody. He's a travelin' man, but he's making a lot of
stops.
He's stranded on a desert island. He finds deserted caves, and he hides
in them. He meets giants that say, "I'll eat you last." And he escapes
from giants. He's trying to get back home, but he's tossed and turned by
the winds. Restless winds, chilly winds, unfriendly winds. He travels
far, and then he gets blown back.
He's always being warned of things to come. Touching things he's told
not to. There's two roads to take, and they're both bad. Both hazardous.
On one you could drown and on the other you could starve. He goes into
the narrow straits with foaming whirlpools that swallow him. Meets
six-headed monsters with sharp fangs. Thunderbolts strike at him.
Overhanging branches that he makes a leap to reach for to save himself
from a raging river. Goddesses and gods protect him, but some others
want to kill him. He changes identities. He's exhausted. He falls
asleep, and he's woken up by the sound of laughter. He tells his story
to strangers. He's been gone twenty years. He was carried off somewhere
and left there. Drugs have been dropped into his wine. It's been a hard
road to travel.
In a lot of ways, some of these same things have happened to you. You
too have had drugs dropped into your wine. You too have shared a bed
with the wrong woman. You too have been spellbound by magical voices,
sweet voices with strange melodies. You too have come so far and have
been so far blown back. And you've had close calls as well. You have
angered people you should not have. And you too have rambled this
country all around. And you've also felt that ill wind, the one that
blows you no good. And that's still not all of it.
When he gets back home, things aren't any better. Scoundrels have moved
in and are taking advantage of his wife's hospitality. And there's too
many of ‘em. And though he's greater than them all and the best at
everything – best carpenter, best hunter, best expert on animals, best
seaman – his courage won't save him, but his trickery will.
All these stragglers will have to pay for desecrating his palace. He'll
disguise himself as a filthy beggar, and a lowly servant kicks him down
the steps with arrogance and stupidity. The servant's arrogance revolts
him, but he controls his anger. He's one against a hundred, but they'll
all fall, even the strongest. He was nobody. And when it's all said and
done, when he's home at last, he sits with his wife, and he tells her
the stories.
So what does it all mean? Myself and a lot of other songwriters have
been influenced by these very same themes. And they can mean a lot of
different things. If a song moves you, that's all that's important. I
don't have to know what a song means. I've written all kinds of things
into my songs. And I'm not going to worry about it – what it all means.
When Melville put all his old testament, biblical references, scientific
theories, Protestant doctrines, and all that knowledge of the sea and
sailing ships and whales into one story, I don't think he would have
worried about it either – what it all means.
John Donne as well, the poet-priest who lived in the time of
Shakespeare, wrote these words, "The Sestos and Abydos of her breasts.
Not of two lovers, but two loves, the nests." I don't know what it
means, either. But it sounds good. And you want your songs to sound
good.
When Odysseus in The Odyssey visits the famed warrior Achilles in the
underworld – Achilles, who traded a long life full of peace and
contentment for a short one full of honor and glory – tells Odysseus it
was all a mistake. "I just died, that's all." There was no honor. No
immortality. And that if he could, he would choose to go back and be a
lowly slave to a tenant farmer on Earth rather than be what he is – a
king in the land of the dead – that whatever his struggles of life were,
they were preferable to being here in this dead place.
That's what songs are too. Our songs are alive in the land of the
living. But songs are unlike literature. They're meant to be sung, not
read. The words in Shakespeare's plays were meant to be acted on the
stage. Just as lyrics in songs are meant to be sung, not read on a page.
And I hope some of you get the chance to listen to these lyrics the way
they were intended to be heard: in concert or on record or however
people are listening to songs these days. I return once again to Homer,
who says, "Sing in me, oh Muse, and through me tell the story."
Buongiorno Mr. Tambourine,
tutto il mio plauso per aver postato la recensione del libro-memoria di
Suze Rotolo, tradotto dall'editrice Caissa. Suze, morta di recente, è
l'immagine senza tempo della bellezza e della dolcezza del nostro
popolo, dell'intelligenza con cui esso si è integrato nella aspra e dura
società americana del secolo scorso. Corro in libreria ad acquistarlo.
Grazie! Lunga vita, soprattutto al sito, che veicola conoscenza e
cultura. Carla.
P.S. Come erano belli Suze e Bob!
L'immagine eterna della gioventù. Se non ci fossero le auto lungo i
margini della strada a contestualizzare la fotografia, potrebbero essere
due ragazzi di oggi.
Ho appena ricevuto il
libro e lo sto leggendo, così a breve potrò scrivere le mie impressioni
e naturalmente tu ci scriverai le tue. Live long and prosper,
Mr.Tambourine, :o)
Ve ne diamo comunicazione perché pensiamo possa essere interessante come
notizia per voi che siete il punto di riferimento più importante su
questo tema ed anche perché, se ci autorizzate, potremmo inserire il
vostro link alla fine dell'articolo.
Fateci sapere. A presto.
Ennio Bianco, Presidente del Premio Comisso
Gentilissimo
Presidente, mi permetta prima di tutto di ringraziarla per la sua
squisita cortesia. La ringrazio inoltre anche a nome di tutti i
Maggiesfarmers che giorno dopo giorno, da quasi vent'anni, hanno
contribuito e continuano tuttora a rendere Maggie's Farm un punto di
riferimento importante nel mondo dylaniano italiano. Saremo davvero
contenti si linkerete il nostro sito alla fine del vostro articolo.
Colgo l'occasione per ringraziare anche l'autrice Antonia Piva per aver
scritto il libro "Dylan classico" che certamente sarà gradito a molti
fans dylaniani che seguono Maggie's Farm tutti i giorni. Live long and
prosper, Mr.Tambourine, :o)
Ciao Mr. Tambourine,
molto utile la rievocazione di Freewheelin'. Giusto una precisazione su
The Madhouse on Castle Street. Si trattava di un dramma scritto da Evan
Jones e diretto da Philip Saville (nomi di rilievo nel cinema) per la
BBC.Tra gli interpreti anche David Warner (che sarebbe poi diventato
famoso). Bob Dylan cantava Blowin' in the Wind, due traditional (Hang Me
Oh Hang Me e The Cuckoo Bird) e poi, molto interessante, una canzone che
ha interpretato solo lì, The Ballad of the Gliding Swan, scritta da Evan
Jones e modificata da Dylan. Se è vero che purtroppo del filmato non vi
è più alcuna traccia dato che la BBC ha cancellato i nastri qualche anno
dopo la messa in onda, esistono invece registrazioni di fortuna di parte
del "cantato". In particolare è interessante - e per niente difficile
(ormai la si trova anche su YouTube) - ascoltare The Ballad of the
Gliding Swan.
Cordialità e sempre complimenti,
Rudy Salvagnini.
Grazie per la precisazione Rudy. Per chi non ne fosse bene al
corrente può leggere la storia qui:
Seguo ancora il tuo
Blog,
http://rudysalvagnini.blogspot.it/ , quando riesco a trovare un pò
di tempo per sganciarmi da Maggie's, vedo compiaciuto che hai postato
anche tu il video della "Lectio Magistralis" di Bob. Mi raccomando,
quando scrivi qualcosa su Bob avvisami così che possa postare il link
sulla Fattoria. Un salutone, Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Martedì 6
Giugno 2017
Talkin' 10144
- roccosaracino72
Bob Dylan ha inviato il suo discorso per
il Premio Nobel.
clicca qui
Grazie per la
segnalazione Rocco, live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Buongiorno Mr. Tambourine,
ultra complimenti per il sito! Hai ragione quando dici che ogni fan di
Dylan è un po' un mondo a sè, ma ci sono, sul sito, rendiconti,
osservazioni, critiche sempre discutibili, mai banali. Interessante
l'intervento sulla conferenza di Carrera e curioso sentir dire che per
ascoltare oggi un concerto di Dylan è meglio non essere un suo fan
accanito. Mi associo agli auguri per i settantasei anni di Bob. La
poesia mi è piaciuta perchè ha saputo formare un'immagine reale e
poetica al tempo stesso di uno dei pochi personaggi che "quando borbotta
qualcosa, è ancora ascoltato dal mondo", come dice un altro Farmer con
espressione davvero simpatica. La tua spiegazione della storia dell'
accordo musicale e delle teorie sugli effetti della musica nel nostro
organismo mi ha affascinata. Mi ha sempre colpito, da profana, il fatto
che ad un tipo di musica corrisponda un tipo di pensiero, di sensazione,
di emozione. Non riflettiamo mai abbastanza sul valore universale di
questo linguaggio universale. Le tue parole mi hanno fatto venire in
mente che sulle note di Verdi è nata l' Italia unita, e su quelle di
Wagner si è formato lo spirito della nazione tedesca. L' America, che è
una nazione molto giovane, ha nella musica la sua forza di penetrazione
culturale nel mondo occidentale.Come non ricordare l'impatto sonoro
dell'arrivo degli Americani nel nostro Paese e il fatto che furono
proprio loro ad insegnare ai giovani un modo nuovo di ballare al suono
della loro musica? Torno brevemente a Bob ed alla censura. Sempre sul
sito, ne ho imparata un'altra: Bob compose, in pochissimo tempo, una
canzone dedicata a George Jackson, che non era proprio "farina da far
ostie" ed il disco scomparve dalla circolazione. Chissà se oggi è
ascoltabile nella versione integrale? Sempre grazie per le risposte
attente e documentate. Lunga vita! Carla.
Ciao Carla e grazie per gli
apprezzamenti. "George Jackson" è una canzone di Bob Dylan, scritta nel
1971, in omaggio al leader delle Pantere Nere, George Jackson, ucciso
dalle guardie della prigione di San Quentin il 21 agosto 1971, durante
un tentativo di fuga dalla prigione. L'evento provocò indirettamente la
sommossa nella Prigione di Attica.
Dylan ha registrato la canzone presso il Columbia Studio B il 4 novembre
1971 ed è stata pubblicata dopo poco tempo dal fatto come un singolo 45
rpm, sigla Columbia 4-45516, il 12 novembre 1971. Il singolo era
composto da una "versione Full Band" della canzone sul lato A e di una
"versione acustica" sul lato B.
La canzone ebbe successo entrando nei Top 40 in Canada, Olanda e nella
Top 100 di Billboard. La versione "Full Band" è stata poi inclusa
nell'album “Masterpieces” del 1978, pubblicato in Giappone e in
Australia. Entrambe le versioni erano disponibili su iTunes come parte
di Bob Dylan: The Collection. Questo pacchetto è stato rimosso da iTunes
nel dicembre 2009. La versione acustica è disponibile sul doppio album
di Side Tracks, incluso nel set di Bob Dylan - The Complete Album
Collection Vol.1, pubblicato nel 2013.
Considerata nella cronologia del lavoro di Dylan, la canzone "George
Jackson" è di particolare importanza, perché, insieme al singolo
"Watching the River Flow", rappresenta l'unico lavoro di Dylan
totalmente nuovo apparso negli anni 1971-72, nel periodo tra gli album
New Morning (1970) e Pat Garrett e Billy the Kid (1973).
La canzone è stata registrata 33 anni dopo dagli Steel Pulse nel loro
album 2004, African Holocaust .
Oggi il 45 giri originale è difficilmente rintracciabile, certamente su
ebay si può trovare qualcosa a prezzi però molto alti.
Se vuoi saperne di più su Jackson clicca il link sotto:
Ciao Mr.Tambourine, :-)
In occasione del 24 maggio, compleanno del Nostro, ho scritto un
articolo sul mio blog che tratta della sana contaminazione tra la
poesia, la musica, l'arte visiva, Dylan, Cohen, la Parola di Dio.
Se vuoi, puoi segnalare su Maggies Farm il mio articolo: La Bellezza
salverà il mondo?
Grazie della tua attenzione e a presto,
Bob e Loira
Ciao Bob, scusa il ritardo nel postare il tuo
bellissimo articolo
ma mi ero preso qualche giorno di vacanza. Un abbraccio a te e Loira,
alla prossima, live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Se non erro Dylan dovrebbe tenere la sua "lectio magistralis" entro e
non oltre il 10 giugno. Ci siamo quasi...cosa aspettarsi? Cosa
accadrebbe se non dovesse tenerla? mah...
Allora, la lectio magistralis che tutti,
nessuno escluso, devono tenere o consegnare all’Accademia entro metà
anno dalla consegna ufficiale del premio non impone la presenza fisica,
ma questa prestigiosa sorta di testimonianza artistica, alla quale
nessuno si può rifiutare o, meglio, nessuno fino ad ora si è mai negato.
In palio, del resto, i soldi che si porta dietro il Premio Nobel, che in
questo caso sono un assegno di circa 800.000 euro, ma che Dylan
potrebbe, sempre a sorpresa, rifiutare. Non era andato Harold Pinter per
motivi di salute, ma il drammaturgo inglese aveva comunque inviato un
video, con una sua appassionante lectio contro la guerra in Iraq. Non
era andata la grande Doris Lessing, ma aveva aperto le porte di casa a
fotografi e giornali per commentare il suo giubilo. Alla cerimonia poi
ci andò il suo editore e lesse un suo scritto. Se per qualcuno fu un
problema insuperabile, come l’agorafobia dell’austriaca Elfriede
Jelinek, per altri fu il carcere, come per il cinese Liu Xiaobo e,
ovviamente, Aung San Suu Kyi. Solo per Jean-Paul Sartre il problema non
si pose nemmeno: lui subito non accettò il premio, perché “il ruolo
dello scrittore – disse – non poteva essere trasformato in
un’istituzione, seppur onorevole”. Non sembra, però, così etico il
motivo di Dylan, che, dopo silenzi, segreterie telefoniche lasciate a
rispondere a membri del comitato e strappate frasi di circostanza, ha
dichiarato di aver accettato il premio e nel contempo, il regolamento
del Nobel prevede flessibilità per le "Lectio Magistralis": dal
discorso, oppure inviare un video e, a quanto pare, anche un concerto.
Quindi è probabile che Dylan abbia fatto passare il concerto di
Stoccolma come sua Lectio. Al 10 Giugno mancano pochissimi giorni così
finalmente sapremo e potremo scrivere la parola fine su tutto l'affaire.
Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)