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MAGGIE'S FARM

SITO ITALIANO DEDICATO A BOB DYLAN

2016 Nobel Prize in Literature

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"THE BEATEN PATH"

the Dylan's painting and the real places

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Venerdì 30 Giugno 2017

Talkin' 10174 - dinve56

Buongiorno Mr. Tambourine,
vorrei cominciare a dire la mia sulla lectio magistralis di Bob, ma gli interventi sul sito mi inducono a deviare ancora una volta, perchè sono illuminanti a comprendere la coerenza di fondo e la lucidità del progetto artistico e poetico di Dylan che, indubbiamente, oggi è al "palo", secondo l'opinione di mcioffi o, secondo la mia, a "una svolta". Parto dalla coerenza di cui ho parlato appena prima. Avevo già detto, un po' di tempo fa, che da "Tarantula" a "Triplicate" vedevo un disegno organico. Adesso mi sembra più facile spiegarlo, dopo le tue parole e quelle del farmer già citato. Nel romanzo giovanile più volte rinnegato, ma ancora pubblicato, tradotto e commentato, Dylan disintegrava la parola scritta e tutte le regole che la rendono fruibile e comprensibile, per affermare implicitamente che sulla pagina scritta, ridotta da lui ad un coacervo di parole condensate, frullate, eppure ancora riconoscibili come tali per quelli che hanno tentato l'impresa di decifrarle, doveva, da quel momento in poi, prevalere la parola cantata, di cui lui, il ragazzino triste e - apprendo ora dal tuo intervento - simpatico cacciapalle seriale, sarebbe diventato l'interprete più originale e quasi unico. Per completare l'impresa di essere, non uno dei cantanti americani del XX secolo, ma IL CANTANTE AMERICANO del XX secolo, ha reinterpretato, nel tanto discusso album "Triplicate", la canzone americana della prima metà del secolo, quella che precede la sua nascita fisica ed il suo esordio come folk-singer. Ancora oggi, nella parte finale della sua lectio, Bob riafferma che "le canzoni sono diverse dalla letteratura. Sono fatte apposta per essere cantate, non lette...", ma ... la letteratura "lo perseguita", poichè l'assegnazione del Nobel lo ha "costretto", suo malgrado, a scendere dal palco e a "riprendere in mano la penna", ma per fare che? scrivere una canzone, inedita, nuova? o la lectio magistralis, rigorosamente in prosa, non cantata ma letta, che lo ha consacrato definitivamente premio Nobel per la letteratura, premio che, tuttavia, gli è stato conferito per l'originalità e la bellezza delle sue canzoni. E ora, che fare? Forse ci sta pensando, ma nella sua lectio ho colto qualche indizio, che proverò a raccontare . Alla prossima. Grazie per il sito... è troppo bello! Lunga vita. Carla.


Il problema della differenza fra letteratura e canzone, a mio avviso, è un problema che non esiste. Se tu leggi una qualunque delle opere di Shakespeare, dal Giulio Cesare a Giulietta e Romeo, ti troverai spaesata per la loro forma che sembra scolastica. Le due tragedie sono state scritte come sceneggiatura teatrale (o per il cinema, del quale ai tempi non si sarebbe nemmeno immaginata l'invenzione. Le frasi ed i concetti di Shakespeare sono quello che contano, sono il reale valore dell’opera, concepita e scritta in forma semplice in modo da far capire a chi doveva mettere in scena le sue opere cosa era necessario avere sul palco e dove doveva svolgersi la scena.

La bellezza e la grandezza di Shakespeare stava nelle sue parole, (caratteristiche applicabili anche a quelle di Bob Dylan) ma io penso che le sue parole vadano ascoltate recitare da un attore (tipo Gasmann) che sappia dare ad esse la giusta inflessione, il giusto peso, il giusto accento, che sappia rendere palese l’intenzione shakesperiana. Leggerle sul è bello, ma sentirle recitate in teatro è tutt’altra cosa. Col tempo alcune frasi estratte dalle sue opere sono diventate dei must, ad esempio:
Siamo fatti della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita. (La tempesta)

Il pazzo, l’amante e il poeta non sono composti che di fantasia. (Sogno di una notte di mezza estate)

Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (Romeo e Giulietta)

Sappiamo ciò che siamo ma non quello che potremmo essere. (Amleto)

Io considero il mondo per quello che è: un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte.
(Il mercante di Venezia) - La frase è stata usata anche nella parte parlata della canzone
di Elvis Presley "Are you lonesome tonight" ( You know someone said that the world's a stage and each must play a part).

Finché possiamo dire: “quest’è il peggio”, vuol dir che il peggio ancora può venire. (Re Lear)

Pochi amano sentir parlare dei peccati che amano commettere. (Pericle, il principe di Tiro)

I vigliacchi muoiono molte volte prima della loro morte. (Giulio Cesare)

A volte ciò che conta nei discorsi è quello che segue dopo un “ma” o un “tuttavia”. In genere un uomo inizia lodando (apparentemente) la persona di cui sta parlando fino a quando arriva al “ma”. Naturalmente dopo il “ma” viene fuori ciò che veramente si pensa di una persona o di un fatto.

Nell’orazione funebre di Marco Antonio sul corpo morto di Cesare, Shakespeare sembra inizialmente contraddire questo tipico modo di procedere del discorso: “E tuttavia Bruto è un uomo d’onore”. Invece tutto il discorso procede nello stesso modo, nella voluta ambiguità della parola. Mentre Antonio parla apparentemente in maniera positiva di Bruto, pian piano introduce nell’animo dei cittadini romani il suo severo giudizio sul traditore Bruto, finché aggiunge un “tuttavia” che nega esplicitamente il “tuttavia” iniziale: “E tuttavia io ho con me trovata nei suoi scaffali una pergamena con il sigillo di Cesare, il suo testamento”.

Se consideriamo attentamente le frasi sopra riportate ci accorgiamo che potrebbero benissimo essere state scritte da Bob Dylan, ed allora il paragonarsi al grande drammaturgo inglese non è più una stonatura stridente, si nota affinità nell’arguzia descrittiva e narrativa dei due personaggi così lontani, così diversi e così uguali. Forse Dylan, nei suoi testi migliori, quelli dei primi anni, è più visionario e più fantasioso, la bellezza delle parole di Shakespeare è immediatamente comprensibile, quelle di Dylan richiedono uno sforzo di indagine maggiore, pur avendo i due scrittori la stessa valenza intellettuale e lo stesso talento narrativo.
E’ difficile dare un valore certo al Premio Nobel per la letteratura, anche perchè al giorno d’oggi il concetto di letteratura si è esteso ad altre forme di espressione che sono nate nel tempo. Shakespeare ha scritto per il teatro senza sapere che stava scrivendo anche per il cinema, ma lui non poteva conoscere il futuro. Oggi noi sappiamo com’è considerato Shakespeare, ma non sappiamo come sarà considerato Dylan fra 200 anni. Ma in fondo a noi non importa perchè, come cantavano i Nomadi "ma noi non ci saremo", quindi per noi è importante come lo consideriamo adesso. Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

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Le Contaminazioni Della Beat Generation                                                  clicca qui

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Libri: La Bibbia di Bob Dylan                                                                      clicca qui

 

 
Giovedì 29 Giugno 2017

Kingston, Ontario - Rogers K-Rock Centre, June 27, 2017

  

1. Things Have Changed (Bob on piano, Donnie on pedal steel)
2. Don’t Think Twice, It’s All Right (Bob on piano, Donnie on lap steel, Stu on acoustic guitar, Tony on standup bass)
3. Highway 61 Revisited (Bob on piano, Donnie on lap steel)
4. Why Try To Change Me Now (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
5. Summer Days (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic guitar)
6. Make You Feel My Love (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic guitar)
7. Duquesne Whistle (Bob on piano, Donnie on lap steel,Tony on standup bass)
8. Melancholy Mood (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
9. Stormy Weather (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
10 Pay In Blood (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic guitar)
11. Once Upon A Time (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
12. Tangled Up In Blue (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic guitar)
13. Early Roman Kings (Bob on piano, Donnie on lap steel, Tony on standup bass)
14. Desolation Row (Bob on piano, Donnie on electric mandolin, Tony on standup bass)
15. Soon After Midnight (Bob on piano, Donnie on lap steel, Stu on acoustic guitar)
16. That Old Black Magic (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
17. Long And Wasted Years (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic guitar, Tony on standup bass)
18. Autumn Leaves (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)

(encore)
19. Blowin' In The Wind (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic guitar, Tony on standup bass)
20. Ballad Of A Thin Man (Bob on piano, Donnie on lap steel)

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A Freewheelin’ Time - sulla strada di Bob Dylan - Memorie dal Greenwich Village -

Suze Rotolo racconta Suze Rotolo

Chi cercherà parte della storia di Bob Dylan o chi si aspettava che questo libro fosse la narrazione degli anni giovanili di Bob Dylan passati al Village resterà certamente deluso.
In questo libro c’è il 50% di Suze, il 25 % di Bob Dylan ed il restante 25% è affollato dai tanti personaggi del Village anni ‘60.
Dice Suze che agli inizi di quel decennio una donna americana era qualcosa di completamente spersonalizzato ed in un certo senso proprietà di un uomo. Quando una donna si sposava, dice Suze, non era più la signorina Hall ma diventava la Signora Van Ronk. La ragazza che stava con un musicista o con un artista o con qualunque altro tipo di uomo era in pratica la sua “pollastra”. Suze Rotolo era considerata nel Village la pollastra di Bob Dylan e non la Suze Rotolo ragazza con una sua personalità intrinseca. Questo succedeva a tutte le donne in quegli anni, ma Suze sembra volerci gridare nelle orecchie che lei non è mai stata "la pollastra" di Dylan o “la ragazza della copertina di Freewheelin’“, ma una red-diaper baby (così erano chiamati i figli dei genitori comunisti nel post Maccartismo americano) con i suoi desideri, le sue aspirazioni, i suoi sogni, le sue capacità e le sue idee politiche ed artistiche, con una vita da vivere senza dover dipendere per forza da altre persone. Suze rifiuta categoricamente quel ruolo, ero innamorata di Bob Dylan dice, ma non ero il suo giocattolo sessuale, se facevo sesso con lui è perchè l’amavo, non per farlo divertire, questo il messaggio tra le righe del libro, anche l’aborto confermato da Suze è stato un atto d’amore, Dylan non era assolutamente pronto per una famiglia ed un figlio, questo Suze l’aveva capito chiaramente ed accettò l’aborto con apparente serenità, se è tutto vero quel poco che ha scritto sull’argomento.
Il libro è un insieme di momenti senza una precisa successione cronologica, è la descrizione di numerosi avvenimanti raccontati così come le sono venuti in mente, a volte imprecisi e confusi, senza che questo significhi che non siano veri. I ricordi, dopo tanti anni tendono a sfumare i contorni e può capitare che nell’andare a ripescarli dal fondo del pozzo delle rimembranze si possano riportare a galla vecchie storie che però rimangono circondate da un alone di nebbia, come uscir nella brughiera di mattina dove non si vede un passo per ritrovar se stesso, o domandarsi perchè quando scende la tristezza in fondo al cuore come la neve non fa rumore. Forse sono solo vecchie emozioni che ti vogliono ricordare che tu le hai vissute.
É evidente che Suze racconta solo una parte della sua avventura con Dylan, anche se nella prefazione scrive: “Per Luca (il figlio) perchè sappia e per Enzo (il marito) che ha sempre saputo”.
Deve essere terribile vivere la vita dividendola con un’altra persona che è l’altra faccia di te stessa, non quella che sei ma quella che la gente nel suo immaginario pensa che tu sia. Suze ha vissuto contemporaneamente la vita di due persone, quella di Susan Elizhabet Rotolo aka Suze e quella della “Ragazza della copertina di Freewheelin’“, una copertina che, volente o nolente è diventata un’icona di quegli anni, una cosa che ti si appiccica adosso e non puoi più scrollartela di dosso per tutta la vita. Suze sapeva benissimo che il suo passato con Dylan era quello che interessava alla gente, e che il suo presente col marito Enzo e col figlio Luca per le cronache contavano come il due di picche a briscola. Chissà quante volte incontrando persone nuove avrà dovuto sopportare lo sguardo indagatore, quello che cerca di rubare la tua vita ed i tuoi segreti solo per pura cusiosità, quante volte sarà stata costretta a far buon viso a cattiva sorte, quante migliaia di volte sarà stata presentata come “la ragazza della copertina di Freewheelin’“
Suze descrive a modo suo la realtà e la durezza della vita sua e della sua famiglia dove chi era comunista trovava certamente rogne facilmente, per lei è importante che chi legge capisca cosa vuol dire, capisca la sua rinuncia, era la donna di una leggenda ma voleva essere se stessa, senza essere obbligata ad essere legata o schiava di questo mito incontrollabile che ingigantiva giorno per giorno senza un freno o una precisa ragione. Racconta alcuni dei suo tipici momenti nel Village con Bob ed i loro amici e conoscenti, persone che dipinge con poche pennellate perchè non importa se non si vedono i particolari. Il Village era un mondo “fuori” dalla consuetudine americana, un covo di pericolosi idealisti che stavano attuando una rivoluzione in bianco, fatta solo di parole e non di sangue. Nomi noti e famosi entrano ed escono dalle pagine con tranquillità, niente nel libro è ossessivo, è tutta una ventata di nuova vita che sta prendendo forma e nessuno sa dove ti porterà. Così è stato per Suze, un inizio con una meravigliosa avventura ai confini della realtà e la fine con una vita normalissima senza mai aver ostentrato o reclamato qualcosa del passato.
Suze racconta ma si capisce che quando scrisse il libro prima di andarsene era ormai distaccata per sempre dalla più grande leggenda artistica americama, ma senza drammi, senza pentimenti, solo con qualche piacevole ricordo che per anni è stato confinato nei meandri della sua mente fino al giorno che per incanto si decise a scrivere di quei giorni.
Esattamente non si capisce perchè abbia voluto scrivere questo libro cinquant'anni dopo quella storia, una piccola storia d’amore fra due giovani tenuta in solaio quasi per gelosia fino al 2002, quando per la prima volta parlò della sua storia con Dylan in un un convegno pubblico. Seguì poi il libro nel 2008, forse solo lei sapeva il motivo per cui l’aveva scritto, così preciso e così vago. Suze parla più di se stessa che di Bob, e credo che sia giusto così, la storia di Bob la conoscono tutti, la storia di Suze solo gli amici più intimi. Ora la storia è di dominio pubblico, niente di nuovo o che non fosse già risaputo, ma forse è servita a Suze per staccarsi dalla ragazza della copertina di Freewheelin’.

E' poi finito tutto senza un dramma o un addio definitivo, credo che i due siano sempre rimasti amici ed in contatto, anche dopo il matrimonio di Suze. Unico vero rammarico confessato da Suze è la perdita dei maglioni e del cappotto che indossava su quella copertina a causa di un incendio che devastò totalmente il suo appartamento.
Lei aveva intuito la genialità e le necessità di Bob Dylan, così si ritirò in silenzio dalla vita di quell’uomo mandato da qualcuno sulla terra ad insegnar qualcosa agli altri. Certo era una persona strana, ma perchè, Leonardo, Michelangelo, Caravaggio non erano anche loro persone strane?
Bob Dylan non ha mai reso la vita facile a nessuno con il suo agire, nemmeno a se stesso, parola di Suze Rotolo.

Mr.Tambourine

 

 
Mercoledì 28 Giugno 2017

Talkin' 10173 - lorenzo.masetti

Oggetto: Sir Eglamore

Caro Mr. Tambourine,
a proposito della tenzone tra Sir Eglamore e il nostro sito, teniamo a far sapere al nobile cavaliere che noi di Antiwar Songs disponiamo di draghi estremamente feroci e questa volta potrebbe non averla vinta :0).
La saluto che il tempo stringe e debbo tornare a tradurre le canzoni di Rino Gaetano in lappone antico.
Lorenzo

Caro Lorenzo, vedo che hai capito perfettamente il personaggio di Sir Eglamore e me ne rallegro. Io ho imparato ad accettarlo ed apprezzarlo così com'è, anzi, mi spiacerebbe immensamente se un giorno dovesse cambiare modo di fare o di pensare. Lo trovo sempre stimolante e permettimi di confessarti che per me è sempre divertente ed anche istruttivo avere sue mail alle quali rispondere con la mia piccola retorica che non è certo paragonabile alla sua. Se un giorno dovessi venire a sapere l'identità di Sir Eglamore rimarrei deluso, lui mi piace così com'è, con la sua vena satirica, intellettuale ed altamente provocatoria. Ho avuto l'impressione che Eglamore possa essere in realtà una donna, perchè sa essere più perfido del più perfido degli uomini. Quindi, patto di fratellanza suggellato fra Maggie's Farm ed Antiwar Songs alla faccia di Sir Eglamore :o)))))))! Spero di risentirti ancora  in futuro, alla prossima, con amicizia, Mr.Tambourine, :o)

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In teatro il musical “Girl from the North Country”                                      clicca qui

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In edicola: Bob Dylan Studio Collection                                                     clicca qui

 

 
Martedì 27 Giugno 2017

Syracuse, New York - Lakeview Amphitheater, June 25, 2017

   

1. Things Have Changed (Bob on piano, Donnie on pedal steel)
2. Don’t Think Twice, It’s All Right (Bob on piano, Donnie on lap steel, Stu on acoustic guitar, Tony on standup bass)
3. Highway 61 Revisited (Bob on piano, Donnie on lap steel)
4. Why Try To Change Me Now (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
5. Summer Days (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic guitar)
6. Make You Feel My Love (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic guitar)
7. Duquesne Whistle (Bob on piano, Donnie on lap steel,Tony on standup bass)
8. Melancholy Mood (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
9. Stormy Weather (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
10 Pay In Blood (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic guitar)
11. Once Upon A Time (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
12. Tangled Up In Blue (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic guitar)
13. Early Roman Kings (Bob on piano, Donnie on lap steel, Tony on standup bass)
14. Desolation Row (Bob on piano, Donnie on electric mandolin, Tony on standup bass)
15. Soon After Midnight (Bob on piano, Donnie on lap steel, Stu on acoustic guitar)
16. That Old Black Magic (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
17. Long And Wasted Years (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic guitar, Tony on standup bass)
18. Autumn Leaves (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)

(encore)
19. Blowin' In The Wind (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic guitar, Tony on standup bass)
20. Ballad Of A Thin Man (Bob on piano, Donnie on lap steel)

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Tour 2017

Cancellata l'ultima data del Tour in Canada:

27 Luglio 2017 - Victoria, British Columbia - Save On Foods Centre (cancelled)

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Talkin' 10173 - calabriaminimun

Caro Mr.Tambourine,
per la rubrica "stranezze dylaniane" segnalo due articoli che ho trovato in rete più un terzo compilato da me nel periodo di esilio dalla Fattoria. Spero siano di tuo e vostro interesse. Io li ho trovati davvero molto curiosi e particolari, specie vista la natura dei siti dove sono stati pubblicati. Quando si dice "essere trasversali", eh! ;)

http://www.cultora.it/ruolo-del-gioco-dazzardo-al-centro-della-cultura-statunitense/

http://www.segnidalcielo.it/bob-dylan-nelle-sue-canzoni-inseriti-misteriosi-messaggi-criptati-a-sfondo-esoterico-e-paranormale/

Questo è il mio pezzo:
http://www.tobepop.net/la-cultura-americana-vista-attraverso-il-tavolo-da-poker-il-whisky-e-le-donne/

Saluti dylaniati! Dario Twist of fate.

Grazie per le segnalazioni Dario! Alla prossima, Mr.Tambourine, :o)

 

 
Lunedì 26 Giugno 2017

Kingston, New York - Hutton Brickyards, June 24, 2017

   

1. Things Have Changed (Bob on piano, Donnie on lap steel, Stu on acoustic guitar, Tony on standup bass)
2. Don’t Think Twice, It’s All Right (Bob on piano, Donnie on lap steel)
3. Highway 61 Revisited (Bob on piano, Donnie on lap steel)
4. Why Try To Change Me Now (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
5. Summer Days (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic guitar)
6. Love Sick (Bob on piano, Donnie on pedal steel)
7. Duquesne Whistle (Bob on piano, Donnie on lap steel,Tony on standup bass)
8. Melancholy Mood (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
9. Stormy Weather (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
10 Pay In Blood (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic guitar)
11. Once Upon A Time (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
12. Early Roman Kings (Bob on piano, Donnie on lap steel, Tony on standup bass)
13. Tangled Up In Blue (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic guitar)
14. Desolation Row (Bob on piano, Donnie on electric mandolin, Tony on standup bass)
15. Soon After Midnight (Bob on piano, Donnie on lap steel, Stu on acoustic guitar)
16. That Old Black Magic (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
17. Long And Wasted Years (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic guitar, Tony on standup bass)
18. Autumn Leaves (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)

(encore)
19. Blowin' In The Wind (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic guitar, Tony on standup bass)
20. Ballad Of A Thin Man (Bob on piano, Donnie on lap steel)

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Talkin' 10172 - paulclayton

Le scuse ad Antiwar Songs

Sono mortificato per quanto è accaduto. Davvero! Non era certo mia intenzione offendere qualcuno, tantomeno i simpatici amici di Antiwar Songs. Purtroppo ho dato credito alle parole piene di invidia di Miscio, ma la mia intenzione era quella di sublimare Mudcat Café e al contempo umiliare il povero Miscio che dimostrava di non conoscerlo, non certo di demolire Antiwar Songs che è un sito bellissimo, che io nemmeno conosco. Porgo quindi le mie scuse, anche se non dovute, ai curatori del bellissimo Antiwar Songs, tenendo a precisare che si tratta di scuse sincere, a differenza di quelle di Miscio che invece suonano bugiarde. Non mi piace fare il delatore, ma mi dicono tra l’altro che Miscio anche dopo le scuse continui a sparlare di Antiwar Songs nei bar.

Invece, lasciatemelo dire, Antiwar Songs è un sito meraviglioso: contiene migliaia di canzoni in milioni di versioni e traduzioni diverse; è utilissimo per esempio quando hai l’urgenza di avere la traduzione in fiammingo de La Locomotiva di Guccini. Chi ci vede una certa saccenza poliglotta è semplicemente un provinciale ignorante e pieno di livore. Antiwar Songs è indiscutibilmente un’eccellenza culturale.

Sì, c’è un po’ il problema (anzi la problematica) della grafica che ricorda quella del sito di una parrocchia di montagna, ma come fai a colpevolizzare i volonterosi che, a costo di trascurare moglie e figli, passano giornate e notti intere alla ricerca di queste canzoni tristissime? E, una volta trovate, le commentano e le traducono senza sosta, in lappone o in esperanto, in catalano o in coreano. Che poi, a forza di canzoni tristi, si intristisce anche la loro vita e quella dei loro familiari. Si possono forse censurare i missionari se gli affreschi della missione sono di cattivo gusto? No di certo.

Piuttosto, se devo essere sincero, non mi è molto chiaro qual è il filo conduttore di questo sito un po’ ipertrofico e disordinato, dato che molto spesso le canzoni raccolte in Antiwar Songs trattano dei più disparati argomenti fuorché della guerra. Per esempio deduco dalla sua presenza in Antiwar Songs che Bartali di Paolo Conte sia una canzone contro la guerra, ma io, sarà anche un mio limite, non trovo nessuna metafora antimilitarista in: “le donne a volte sono scontrose o forse han voglia di far la pipi’“. Conosco la domestica di Paolo Conte, potremmo provare a chiedere direttamente a lui, intanto che vive. Allo stesso modo non sento il boato dei cannoni in: “Spesso il salmone e il mantecato, più è pagato più valore ha. La donna di strada è un fatto mitico ma se il prezzo è politico ce puoi pure stà” (si tratta di OK Papà di Rino Gaetano, un brano memorabile). Anche in Things Have Changed e Forever Young del nostro divino maestro non trovo elmetti insanguinati schegge di mortaio. E così si potrebbe continuare per giorni. Ma non è certo questo andare sistematicamente fuori tema in un guazzabuglio inestricabile di post sconnessi fra loro a infastidire maggiormente.

A irritare invece è l’ipocrisia della retorica libertaria che trasuda da ogni riga scritta su Antiwar Songs, è insopportabile il tono paternalistico di chi si ritiene depositario della morale - non si sa bene in base a cosa -. Questi campioni delle libertà, queste anemiche vestali di un nuovo conformismo, il cui piagnisteo è più violento e autoritario di ciò che intendono stigmatizzare, sfoggiano il loro libertarismo come un ermellino in tribunale, salvo poi far scattare la censura se un pensiero diventa dissonante.

E poi cos’è questo pregiudizio contro l’esercito! Ho controllato nel Web ed è pieno di siti di canzoni contro qualcosa: Canzoni contro la Droga, Canzoni contro la Povertà, Canzoni contro la Maleducazione, Canzoni contro la Concorrenza Sleale… solo per citare i più famosi, mi chiedo però perché mai fare un sito di Canzoni contro la Guerra. Che bislacca idea è mai questa? Con tutti i problemi gravi che ci sono (e le rispettive canzoni), proprio con la guerra dobbiamo prendercela? Sono strabismi: non è la vita ad esser sacra, lo è solo l’arte e forse nemmeno quella. Ci stiamo arrivando piano piano. Guardiamoci negli occhi: al di là dei post indignati su FB, a qualcuno importa qualcosa dei morti in Siria? Assolutamente niente a nessuno, che ci angustia se mai è l’abbattimento delle colonne di Palmira; ed è giusto che sia così perché di colonne romane originali non ne avremo altre. Qualcuno dice che la vie est à peu près notre seul luxe, ed è vero da un certo punto di vista, ma guardando da lontano siam solo formichine… una più, una meno, prima o dopo, che differenza fa? La guerra esalta tutti i valori più nobili dell’animo umano: il senso dell’onore e la dignità, il coraggio, la lealtà, la vera solidarietà. Lo scontro individuale, il duello cavalleresco sono alla base di tutte le culture intellettualmente più evolute. E’ la guerra che ci forgia e augurarne la fine equivale ad aspirare a un modello di uomo ameba.

La guerra sarebbe poi un vero toccasana per una società in evidente stato di cancrena come è la nostra. I vantaggi sarebbero molteplici ed evidenti: innanzi tutto riconsegneremmo alla natura alcuni continenti che tanti problemi ora ci stanno causando, la crescita demografica quindi smetterebbe di costituire una minaccia per il mondo, le spiagge e i musei si svuoterebbero, nascerebbero tanti bambini, le mamme potrebbero starsene a casa con loro, e i poveri vecchietti finalmente tornare a morire nel loro letto. Si ricostituirebbe la famiglia patriarcale, il welfare alimentato dai proventi della ricostruzione alleggerirebbe tutti dai fardelli del liberismo, tutti avrebbero un lavoro e l’economia tornerebbe a essere sostenibile. Pur nel rispetto di una rigorosa e vitale divisione della società in classi, una nuova morigeratezza andrebbe ad annullare quella odiosa e incolmabile distanza che separa oggi il povero dal ricco. La supremazia della tecnologia si sgretolerebbe, si interromperebbe il processo di omologazione globale e le differenze tornerebbero a essere un’umana peculiarità. Rinascerebbero la ballata e la tradizione orale. Rinascerebbero misticismo e liturgia, la società si ricostituirebbe intorno a pochi valori fondanti e condivisi e, come le streghe, verrebbero bruciati i vegani, i sindacalisti, i tatuati, i celiaci, le femministe, i collezionisti, i complottisti, gli chef, gli animalisti, i culturisti, i pacifisti, gli ufologi, i depilati e chiunque altro proceda in direzione ostinata e contraria.

Basta con questi luoghi comuni triti e ritriti, rompiamo le catene di questa sudditanza culturale! Maggie’s Farm non ha l’etica in esclusiva, ma è un sito sanguigno e virile e non sopporterà oltre. Miscio, abbi il coraggio delle tue parole, rialzati e tirati su le brache. Ti sei lasciato umiliare come un giullare sotto lo stivale di un re capriccioso. Su Antiwar Songs hanno esposto il tuo scalpo - fingi di non vedere, Miscio? -, proprio come nel teatro di Denver quello dei Cheyennes massacrati da Chivington. Questo affronto noi di Maggie’s Farm non lo possiamo accettare.

Tamburino, oh mio Tamburino, è finito il tempo delle parole, ora serve l’azione: chiama alle armi tutto il clan, laveremo nel sangue questa offesa. I giovani intemperanti non aspettano che un tuo cenno, fremono come a Siena i puledri dietro i canapi. Stiamo avvelenando le frecce nel fegato rancido di un’anaconda, nel mattino tintinnante ti seguiremo. Quando la nave attraccherà e ne usciranno i nostri ragazzi, correndo e ululando, pieni vita e di coraggio, il nemico non crederà ai propri occhi, intorpiditi dall’inerzia e dalla menzogna. Io e Miscio combatteremo fianco a fianco e dimenticheremo gli antichi dissapori. Le teste ancora sonnolente con un colpo netto verranno sbalzate dal collo e rotoleranno nella sabbia. Gli eroi si affronteranno e il duello tra il nobile Prof. Carrera e l’infido Prof. Venturi, traditore di ballate, sarà terribile, ma alla fine, con l’aiuto degli dei, il Venturi rovinerà a terra e, implorando pietà come un bimbo davanti a un lupo, si proteggerà il capo con le fotocopie delle sue traduzioni, ma inutilmente: il Carrera gli stritolerà il cranio sotto il peso dell’edizione originale del suo tomo supremo. Poi, avvoltolo nelle sue lunghe trecce nere, ne trascinerà il corpo martoriato lungo le strade di Antiwar Songs, fino al cospetto di re Masetti che, impietrito sul suo trono, si accecherà con la stilografica pur di non conoscere lo scempio del suo regno. Il sito rivale sarà raso al suolo, nemmeno una pietra dovrà rimanere in piedi e il sale verrà sparso sulle rovine così che mai nulla lì possa più rinascere. Lo stupro di mogli e figlie sarà ammesso, come anche il saccheggio incoraggiato, ma che nessuno mangi il cuore dei nemici o si trasformerà anch’egli in una viscida medusa. Qual’era l’insulso, confuso, inesatto, pretenzioso e saccente Antiwar Songs.

Sir Eglamore

Dopo aver letto mi son trovato a bocca aperta oh prode Sir Eglamore! La tua analisi, che poi rappresenta anche la tua opinione, va rispettata anche se non sarà da tutti condivisa, primo fra tutti Re Masetti che mai avrebbe pensato ad una così pesante rampogna! Ma così va la vita purtroppo, noi, come moltissimi altri odiamo ed aborriamo la guerra perchè fin dagli omerici tempi infiniti addusse lutti agli Achei, e molte anzi tempo all'Orco generose travolse alme d'eroi, e di cani e d'augelli orrido pasto lor salme abbandonò (così di Giove l'alto consiglio s'adempìa), da quando primamente disgiunse aspra contesa il re de' prodi Atride e il divo Achille. Così, molto pomposamente, il Monti interpretò le parole di Omero come se il greco poeta gli avesse fatto un dispetto scrivendole prima di lui. Ma poi, chi era questo borioso primo fra tutti reporter di guerra, che scriveva solo di immensi massacri e tremende vendette come se il buon senso e la pietà non facesse parte di questo mondo? Questo arrogante ed egocentrico Omero storicamente identificato come noto poeta greco autore dell'Iliade e dell'Odissea, il poemetto giocoso Batracomiomachia, i cosiddetti Inni omerici, il poemetto Margite e vari poemi del Ciclo epico, fin da dubitare di se stesso, talmente pieno di se da mettersi in dubbio da solo, dando origine alla cosidetta "questione omerica" ed alla discussione non ancora conclusa che metterebbe in dubbio la sua stessa esistenza. Una parte notevolmente importante nella tradizione biografica di Omero verteva intorno alla questione della sua patria. Nell'antichità ben sette città si contendevano il diritto di aver dato i natali al poeta: prime tra tutte Chio, Smirne e Colofone, poi Atene, Argo, Rodi e Salamina. La maggioranza di queste città si trova nell'Asia minore, e precisamente nella Ionia. In effetti, la lingua di base dell'Iliade è il dialetto ionico: questo dato attesta però soltanto che la formazione dell'epica è probabilmente da collocarsi non nella Grecia odierna, ma nelle città ioniche della costa anatolica, e non ci dice nulla sulla reale esistenza di Omero, né tanto meno sulla sua provenienza, ma chi può confermare che l'Iliade era scritta in dialetto ionico, visto che l'Iliade è stata tramandata oralmente per centinaia d'anni! In epoca ellenistica fu codificata da filologi alessandrini guidati da Zenodoto nella prima edizione critica, comprendente 15.696 versi divisi in 24 libri (ciascuno corrispondente ad un rotolo, che ne dettava la lunghezza). Ai tempi il testo era infatti estremamente oscillante, visto che la precedente tradizione orale aveva originato numerose varianti, perciò la traduzione del povero Monti potrebbe essere solo una delle tante, grossa mancanza del nostro sistema scolastico che così, non avendo avallato nessun'altra traduzione, ci priva della possibilità del confronto con altre fonti, come per dire,"E se ci fossero versioni dell'Iliade nelle quali è Ettore ad uccidere Achille e non viceversa come scritto dal Monti? Dubbio che potrebbe risolvere solo Re Masetti di Antiwar Songs con le sue milioni di traduzioni di canzoni, anche perchè tutti gli storici sono concordi che l' Iliade, ai tempi dei tempi, fosse narrata cantando, una lunghissima saga fornata da centinaia di canzoni. Ecco l'importanza di persone come Re Masetti che mettono a disposizione di tutti i poveri working-class heroes come me la possibilità di leggere e capire, ognuno nella propria lingua un classico dell'antichità. Perchè mai un Viet Cong , un Apache, un Boscimano, un Sentinelese (abitante delle isole Andamane, precisamente dell'isola di North Sentinel), uno del popolo dei Ruc (individuati per la prima volta durante la Guerra del Vietnam da soldati nordvietnamiti), o un Pintupi (gruppo tribale individuato nel 1984 nel Deserto di Gibson nell'Australia Occidentale, non dovrebbe poter godere della traduzione dell'Iliade nella propria lingua natale?

Hai certamente ragione caro Eglamore quando sostieni che la guerra metta in evidenza le migliori qualità della razza umana, cortaggio, abnegazione, eroismo, sacrificio, crudeltà e follia assoluta, dedizione nell'uccidere i proprio simili che nessun'altro essere vivente ha dimostrato. Senza guerre saremmo un popolo veramente di debosciati, di inutili trascinatori di una vita amorfa in attesa della morte, di smidollati deboli e malaticci perchè niente ci metterebbe mai in condizione di agire o di difenderci da qualche pericolo. Dunque viva la guerra, viva le bombe intelligenti, viva le bombe stupide, che si permettono, al pari di quelle intelligenti, di ammazzare e smembrare donne, vecchi e bambini che poco hanno a che fare con la nobile arte marziale.

Purtroppo anch'io odio la guerra e non cercherò mai e poi mai di provocare un conflitto tra Maggie's Farm e Anriwar Song, nemmeno sotto forma di disfida di Barletta o di Orazi e Curiazi. Mi spiace deluderti, ma il mio pacifismo incartapecorito non mi permette di provocare Re Masetti per impossessarmi del suo regno, mi basta  e avanza il mio che, pur piccolo, mi da tanto ma tanto da fare.

Comunque sei geniale, e trovo che tu faccia bene a sparare a zero e sparlare del vile Miscio, maggiesfarmer subdolo e non degno di credibiltà, bugiardo ed inaffidabile, forse anche infame e ricattatore! Per me è sempre un piacere ed un divertimento leggere i voli pindarici della tua fantasia, ma se invece di fantasia fosse verità assoluta ti prego di scusarmi perchè nella mia pochezza mi capita spesso di non capire cosa leggo. Alla prossima, live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

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La storia e i segreti di "The Freewhelin’ Bob Dylan"                                  clicca qui

 

 
Domenica 25 Giugno 2017

Kingston, New York - Hutton Brickyards, June 23, 2017

   

1. Things Have Changed (Bob on piano, Donnie on lap steel, Stu on acoustic guitar, Tony on standup bass)
2. Don’t Think Twice, It’s All Right (Bob on piano, Donnie on lap steel)
3. Highway 61 Revisited (Bob on piano, Donnie on lap steel)
4. Why Try To Change Me Now (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
5. Summer Days (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic guitar)
6. Love Sick (Bob on piano, Donnie on pedal steel)
7. Duquesne Whistle (Bob on piano, Donnie on lap steel,Tony on standup bass)
8. Melancholy Mood (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
9. Stormy Weather (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
10 Pay In Blood (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic guitar)
11. Once Upon A Time (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
12. Early Roman Kings (Bob on piano, Donnie on lap steel, Tony on standup bass)
13. Tangled Up In Blue (Bob on piano, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic guitar)
14. Desolation Row (Bob on piano, Donnie on electric mandolin, Tony on standup bass)
15. Soon After Midnight (Bob on piano, Donnie on lap steel, Stu on acoustic guitar)
16. That Old Black Magic (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)
17. Long And Wasted Years (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Stu on acoustic guitar, Tony on standup bass)
18. Autumn Leaves (Bob center stage, Donnie on pedal steel, Tony on standup bass)

(encore)
19. Blowin' In The Wind (Bob on piano, Donnie on violin, Stu on acoustic guitar, Tony on standup bass)
20. Ballad Of A Thin Man (Bob on piano, Donnie on lap steel)

 

 
Sabato 24 Giugno 2017

Willie Nile lo omaggia, Bob Dylan apprezza “positivamente”                   clicca qui

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VENAFRO – La Notte della Poesia, un cult dell'estate venafrana              clicca qui

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Talkin' 10171 - mcioffi.posta

Oggetto: Dylan fermo al palo

Nel 2012 uscirono due album di due grandi: Old Ideals di Cohen e Tempest di Dylan. Dopodiché Cohen, sempre "lento discograficamente", forse presentendo la fine vicina, si diede un'insolita mossa e sfornò Popular Problem nel 2014 e You Want it Darker nel 2016 (album in studio) e pubblicò pure un paio di live, l'ultimo con un paio di inediti. Dylan invece ha teoricamente smesso di scrivere...solo Cover ed i soliti infiniti concerti. Ipotizzando che il 2017 si chiuda senza inediti, cosa molto probabile (per non dire certa) e supponendo e sperando in un disco davvero suo fra il 2018 e il 2019, ecco che ci avvicineremmo a raggiungere e eguagliare il record di anni senza inediti del periodo '90-'97 (Under the Red Sky - Time Out of Mind), e Bob sarebbe alla soglia degli 80 anni. Che Dylan abbia deciso di smettere con gli inediti é triste; che stia sprecando tempo con Sinatra é palese...che Tempest sia davvero l'ultimo capitolo di un libro meraviglioso un'atroce sospetto. Del resto meglio una Cover di una brutta canzone, ammesso che sue canzoni non gli vengano più...ma Cristo Santo! Meglio una sua brutta canzone di una brutta cover! Perché Sinatra? Faccia cover di canzoni poco conosciute di Cohen, Sixto Rodriguez, Neil Young, Lou Reed...traduca De André e Brassens in inglese...insomma...ci siamo capiti. La sensazione che stia sprecando tempo, tanto tempo...quel che resta del suo prezioso tempo...é fortissima. Saluti

Capisco la tua delusione ed anche la tua rabbia, ma sono certo che siamo in tanti a provare le stesse sensazioni. Le risposte alle tue domande (che coincidono anche con molte delle nostre) le potrebbe dare solo Dylan, quindi una spiegazione diretta non ci sarà mai. Magari Bob ha già pronto un album di sue nuove canzoni inedite o magari non ci pensa nemmeno da lontano. Gli annni passano inesorabili, il fisico e la mente rallentano anche se a noi sembra che non sia così, quello che andava bene ieri oggi non funziona più. Per un songwriter quale è Dylan l'ispirazione è una cosa importantissima, ma io capisco perfettamente che i problemi del mondo attuale possano anche non interessare più la sfera emotiva di Dylan, forse presa da altre cose, ad esempio quegli insulsi cancelli di ferro e quei dozzinali quadri di una New York che per lui può avere un significato e che per noi è più difficile comprendere. Ho provato a cercare di capire, e mentre leggevo il libro di Suze Rotolo (del quale scriverò a breve il mio commento) "A freewheelin' Time" Memorie dal Greenwich Village" mi ha colpito la frase di Suze che dice che nel 1960 lei viveva a Brooklin Eights, e lì mi si è accesa una lampadina, mi sono ricordato (perchè l'ho cercato a lungo) che c'è un quadro della raccolta "Beaten Path" che si intitola proprio "Brooklin Eights" e rappresenta l'ingresso del n° 242 di Henry Street nel quartiere detto Brooklin Eights!. Poteva essere un "remeber" o un omaggio alla memoria di Suze? Io lo ritengo molto probabile, ma naturalmente è solo una mia idea!

     

Ho dovuto far passare il quartiere al setaccio con Google Maps per trovare il posto dipinto da Bob, stesso albero, stesso ingresso, ma quando l'ho scovato la soddisfazione è stata grande. Comunque nessuno di noi può prevedere cosa farà Dylan in futuro, e se mai qualcuno ci riuscisse sarebbe soltanto un colpo di culo. Inutile la nostra rabbia e la nostra delusione, pensiamo invece che tutto ciò che ci ha dato finora Bob è molto più di quello che qualsiasi altro artista ha dato ai suoi fans, e comunque davanti c'è sempre un futuro! Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

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Talkin' 10170 - dinve56

Buongiorno Mr. Tambourine,
il sito è così ricco di novità che, se si perde qualche passaggio, si fatica a recuperare il dibattito. In vero ho dedicato molto tempo a trascrivere sul mio quadernone la lezione magistrale del Nostro. Ora che ce l'ho nero su bianco, venti pagine di quaderno scritte senza saltare le righe, in grafia minuta, sono più tranquilla, essendo diventata, per me, un "possesso per sempre".
Ho anche trascritto "il discorso del cantante" di Alessandro Carrera, che è un piacevolissimo racconto in cui l'Autore dice o immagina di aver incontrato Dylan in un piano bar e di aver ascoltato il suo lungo discorso sul Nobel e sui libri che ha letto. Carrera risolve il problema delle citazioni inesatte, soprattutto quelle relative a "Moby Dick", affermando che Dylan, come anche altri lettori, cita il libro a modo suo, fa dire all'Autore del romanzo ciò che lui stesso vorrebbe dire e che l'Autore vero del libro non si è mai sognato di scrivere. A volte mi capita di "pensare male" e, cominciando a conoscere un po' l'universo Dylan, non vorrei che, con le citazioni imprecise o inventate, il Nostro abbia messo alla prova l'attenzione e la cultura degli accademici, degli studiosi e dei fan. E' un'idea un po' peregrina, ma ci può stare e, se fosse vera, potremmo dire che Dylan, sulle citazioni, "ha trovato duro". Prima di fare alcune considerazioni sulla lectio, che rinvio alla prossima, vorrei dire a Miscio che il suo intervento sulla distinzione tra verità e realtà è molto interessante. Secondo me, è meglio vivere in un mondo in cui c'è il rischio che verità e realtà non coincidano, piuttosto che in un mondo (quello pre-illuminista, per intenderci), in cui il problema non si poneva neppure, poichè c'era una sola verità-realtà, dogmatica e non soggetta a discussione. La sfida che ha evidenziato Miscio è un continuo "mind games", molto stimolante, che mette alla prova la conoscenza, ma anche l'onestà intellettuale di tutti i partecipanti. Lunga vita. Carla.


Ciao Carla, l'idea che Dylan faccia citazioni bislacche per mettere in difficoltà i critici è stata già manifestata da me, da Paolo Vites, dal Prof. Alessandro Carrera ed anche da molti altri che adesso non starò ad elencare.  Dylan è sempre stato un cacciapalle inventore, cominciando da quando arrivò a New York raccontando di essere un orfanello che aveva girato gli States con un piccolo circo, cosa che non fu difficile smascherare. Stessa cosa per il cognome, Bob teneva molto a non far sapere di chiamarsi Zimmerman e che era ebreo, probabilmente perchè in quegli anni del post-maccartismo in America era ancora difficile essere ebreo, italiano o peggio ancora comunista. Fu la stessa Suze Rotolo a scoprire il vero cognome quando casualmente, durante i due anni di convivenza con Bob all'ultimo piano del 161 di West Fourth Street, il portafolio di Bob cadde dalla tasca dei pantaloni e dallo stesso fuoriusci la cartolina di chiamata alle armi con indicato chiaramente il nome Robert Zimmerman. Durante i primi tempi del Village, appena giunto a New York, Bob inventava una storia diversa per ogni  nuova persona che conosceva, continuò poi a mentire alla Baez durante la loro relazione (Bob era segretamente innamorato di Mimì Baez, la sorella minore di Joan), mentì con Suze tenedo nascosta la sua relazione con la Baez, anche se Suze che era una ragazza molto sveglia aveva mangiato la foglia ed aveva lasciato l'appartamento di Fourth Street nel quale conviveva con Bob. Mentì poi spudoratamente alla Baez (perchè era un viatico molto efficace per raggiungere il successo che tanto stava cercando) sull'esistenza di Sara che avrebbe sposato di lì a poco. Menti clamorosamente con la storia dell'incidente motociclistico (smentito da tutti i suoi amici più vicini) raccontando almeno una decina di versioni diverse dell'accaduto. Potremmo continuare ad elencare "fatti strani" per molto tempo ancora, ma servirebbe a poco, Dylan è un simpatico "mentitore seriale" col solo scopo di espandere l'attenzione su se stesso. Dylan conosce tutti i trucchi del campo della musica americana, campo nel quale prendere la canzoni di un altro e riscriverne le parole è una cosa di tutti i giorni. Questo non sminuisce la sua genialità, ma è pur vero che un "genio" è per forza di cose anche furbo. Miscio è uno che la da lunga ed è altrettanto bravo a descrivere le cose che tutti noi leggiamo con curiosità e piacere. Alla prossima, live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

 

 
Venerdì 23 Giugno 2017

Providence, Rhode Island - Providence Performing Arts Center, June 21, 2017

   

1. Things Have Changed
2. Don’t Think Twice, It’s All Right (Bob did not play guitar)
3. Highway 61 Revisited
4. Why Try To Change Me Now
5. Summer Days
6. Love Sick
7. Duquesne Whistle
8. Melancholy Mood
9. Stormy Weather
10 Pay In Blood
11. Once Upon A Time
12. Early Roman Kings
13. All Or Nothing At All
14. Desolation Row
15. Soon After Midnight
16. That Old Black Magic
17. Long And Wasted Years
18. Autumn Leaves

 (encore)
19. Blowin' In The Wind
20. Ballad Of A Thin Man

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Talkin' 10169 - kanthos

Oggetto: Dylan Omerico e dintorni

Buon giorno Mr. Tambourine. Buon giorno amici.
Le polemiche raglianti intorno al discorso per il Nobel hanno, com'era ovvio, fatto perdere di vista non solo l'analisi, ma persino (temo) la lettura del discorso. Su di esso c'è molto da dire, proprio per la densità "geologica" della poetica e delle modalità comunicative del Nostro. Io mi limito a pochi spunti sotto la mia angolatura di classicista.
Mi sembra che il discorso utilizzi una sorta di doppio voltaggio: da un lato il Dylan lettore, che si autorappresenta intento a leggere libri più o meno canonici nell'esordio scolastico, dall'altro il Dylan artista, che sull'autorevolezza degli altri innesta la propria personale e innovativa autorevolezza (un procedimento già tipico di tutta la letteratura antica).
Di pregiato sapore "arcaico" ci sono almeno quattro cose:

1. un'arte della parola da cantare e da ascoltare dilatata per generazioni di cantori professionisti, di cui si perse il nome ma non i canti, sintetizzati alla fine dal leggendario nome di Omero (e magari tra secoli, come ci fu la questione omerica, ci sarà la questione dylaniana...);

2. un'arte come investitutura generazione dopo generazione (un tempo erano le muse, sul monte Parnaso, ad affidare l'incarico, adesso Buddy Holly che ti guarda fisso negli occhi...);

3. un'arte consapevole della caducità delle cose ma altrettanto consapevole della propria eternità; e se Orazio, che era ateo e materialista, credeva che i suoi versi sarebbero durati "più perenni del bronzo", Dylan dà una conclusione di tono elevato al suo discorso: le sue canzoni scendono quasi all'Ade ma da esso ritornano e sono, anzi saranno, "vive nella terra dei vivi";

4. naturalmente la chiusa, con l'incipit dell'Odissea: "Sing in me, oh Muse, and through me tell the story". Dylan sta utilizzando la traduzione di Robert Fitzgerald del 1961, che procede a una significativa amplificazione dell'originale verbo greco énnepe (nel 1990 Mandelbaum è più letterale ma meno espressivo con "Muse, tell me"). Questa traduzione ingloba dentro di sè la concezione antichissima della poesia, che Platone riprese: il poeta è un individuo qualunque, che il dio misteriosamente ispira, cioè riempie del suo spirito, rendendolo un medium tra sè e gli uomini, significando cose altrimenti indicibili proprio attraverso, through, di lui. E' confortante ricordare che Cesare Cremonini, a commento del Nobel, scrisse una bella pagina proprio di questo tono, che vale la pena di riprendere: http://www.rockol.it/news-664029/cesare-cremonini-il-nobel-a-bob-dylan-e-truffa .
Insomma, se il Dylan lettore fa (apparente?) atto di modestia, il Dylan artista sa benissimo il proprio conio e lo declina: non c'è bisogno di un metereologo - mi verrebbe da dire - per sapere da che parte tira l'ispirazione...
Grazie dell'ospitalità.
Stay well! Antonia Piva

Ciao Antonio, prima di tutto grazie per aver espresso la tua opinione sulla non facile questione della Lecture dylaniana. Nel 2012 Cesare scriveva: "l’amore di una vita è Bob Dylan: mi ci butto dentro quotidianamente perché me ne sono follemente innamorato. Però è una storia difficile. Mi sono accorto che lui non perde mai. Fa parte della sua struttura emotiva: ha un approccio per cui quando sta per perdere fugge verso altre mete. E’ un approccio che ho molto amato". Ma invece nellarticolo che hai citato tu il discorso su Bob è di sapore metafisico, considerando la metafisica quella parte della filosofia che, andando oltre gli elementi contingenti dell'esperienza sensibile, si occupa degli aspetti ritenuti più autentici e fondamentali della realtà, secondo la prospettiva più ampia e universale possibile. Nel tentativo di superare gli elementi instabili, mutevoli, e accidentali dei fenomeni, la metafisica concentra la propria attenzione su ciò che considera eterno, stabile, necessario, assoluto, per cercare di cogliere le strutture fondamentali dell'essere. In quest'ottica, i rapporti tra metafisica e ontologia sono molto stretti, tanto che sin dall'antichità si è soliti racchiudere il senso della metafisica nell'incessante ricerca di una risposta alla domanda metafisica fondamentale «perché l'essere piuttosto che il nulla?». Dylan è fondamentalmente un artista trascendentale, intendendo per trascendentale un termine ideale per designare un qualcosa massimamente «universale», concetto poi rielaborato da Kant e dagli idealisti tedeschi Fichte e Schelling in riferimento a ciò che esiste «in sè e per sé», ma è funzionale ad altro da sè, in campo musicale, si dice di una scrittura virtuosistica estremamente ardua e di particolare effetto. Io credo che Cremonini volesse dire che Dylan è un artista che va oltre l'essenza dell'artista, una specie di Leonardo da Vinci della musica e della parola, intendendo significare che Leonardo non può aver pensato tutto da solo, milioni di muse e di dei devomo avergli uggerito i problemi e le sue incredibili soluzioni, quindi il merito delle sue scoperte andrebbe parimenti diviso con questa immaginaria ed invisibile folla creata dalla mente umana. Non è che Dylan sia una "truffa", è che è talmente grande che non può essere tutta farina del suo sacco, anche lui come Leonardo, deve avere alle spalle il Gotha del mondo musicale che instaura nella sua mente le musiche e le parole che poi lui, inconsapevolmente scrive. Ecco perchè il Nobel a Dylan sarbbe apparentemente una truffa, perchè uno che scrive cose tanto eccelse dovrebbe condividere il premio almeno con le famosissime Muse, le nove figlie di Zeuse di Mnemosine, figlia di Urano e di Gaia, personificazione della memoria, chiamate Pieridi (di "Pieria", in Tracia) e quelle della Beozia, alle pendici dell'Elicona, alle dipendenze di Apollo che ne dirigeva i canti. Originariamente le Muse erano legate alla musica considerata la prima di ogni arte, ma in seguito venne loro attribuita la protezione di ogni forma di pensiero che gli uomini di allora esprimevano, in tutte le sue forme: eloquenza, persuasione, saggezza, storia. Il Nobel sarebbe dunque in comproprietà con Clio, colei che rende celebre la Storia, ovvero il canto epico, con una pergamena in mano spesso srotolata; Euterpe, colei che rallegra, la Poesia lirica, con un flauto o con le tibie; Thalia, colei che è festiva, la Commedia, con una maschera comica, una ghirlanda d'edera e un bastone; Melpomene, colei che canta, la Tragedia, con una maschera tragica, una spada e il bastone di Eracle (Ercole); Tersicore, colei che si diletta nella danza, la lirica corale e poi la Danza, con la lira; Erato, colei che provoca desiderio, la Poesia amorosa (poi anche la geometria e la mimica), con il rotolo; Polimnia, colei che ha molti inni, la danza rituale e il canto sacro, ovvero il Mimo, senza oggetti; Urania, colei che è celeste, l'Astronomia e l'epica didascalica, con un globo celeste, o un bastone, o l'indice, puntato al cielo; Calliope, colei che ha una bella voce, l'Elegia, con una tavoletta ricoperta di cera e uno stilo, oppure col rotolo nella sinistra. Tutte queste sono caratteristiche che possiamo trovare condensate nell'essere di Dylan e soprattutto nel suo modo di esprimersi e di porsi. Certamente è difficile accettare che una persona sola abbia accumulato una simile quantità di capolavori senza l'aiuto di nessuno, ma Dylan l'ha dichiarato più volte e chiaramente che lui prende da tutti, impara e trasforma. Carrera lo definisce un bricoleur, un simpatico dilettante tuttofare un pò brigante che tutto prende ed infila nel suo gran setaccio, poi cribbia e tutto paragona prima di dare comunicazione del risultato delle sue strane operazioni. C'è molto buon senso nella tua interpretazione ma io credo che nella sua Lecture ci sia ancora qualcosa che non è ancora stato scoperto, ma prima o poi, qualcuno dei nostri bravissimi Maggiesfarmers riuscirà a spiegarci il discorso dylaniano con un luce ed una angolatura che non avevamo ancora considerato. Basta saper attendere....live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

 

 
Giovedì 22 Giugno 2017

Shelburne, Vermont - The Green at the Shelburne Museum, June 20, 2017

   

1. Things Have Changed
2. Don’t Think Twice, It’s All Right (Bob did not play guitar)
3. Highway 61 Revisited
4. Why Try To Change Me Now
5. Summer Days
6. Love Sick
7. Duquesne Whistle
8. Melancholy Mood
9. Stormy Weather
10. Pay In Blood
11. Once Upon A Time
12. Early Roman Kings
13. All Or Nothing At All
14. Desolation Row
15. Soon After Midnight
16. That Old Black Magic
17. Long And Wasted Years
18. Autumn Leaves

(encore)
19. Blowin' In The Wind
20. Ballad Of A Thin Man

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Libri: Bob Dylan - di Salvatore Esposito

Salvatore "Eagle" Esposito, uno dei primi "Fedeli" della Fattoria da quando Michele la iniziò nel 1999. E' sempre stato presente in diversi modi e con diversi scritti per dare un taglio serio, culturale e storico con diversi saggi scritti proprio per queste pagine su Bob Dylan. Mi fa molto piacere sapere che ci segue ancora con la stessa passione di molti anni fa, d'altronde, quando si diventa Maggiesfarmer lo si è per sempre! Per rendere merito al caro Sal "Eagle" come è stato spesso chiamato nelle numerose pagine del sito di Michele e nell'attuale, giusto  per farvi capire il "peso specifico" di Salvatore, potete leggere alcuni dei suoi scritti che mi sono permesso di elencare sotto:

http://www.maggiesfarm.eu/imstrandedinthenameleesplacetellolbill.html

http://www.maggiesfarm.eu/zxthepassion.htm

http://www.maggiesfarm.eu/zxhewasafriendofmine.htm

http://www.maggiesfarm.eu/comewriterssss/crossthegreenmountain.htm

http://www.maggiesfarm.eu/travelin.htm

http://www.maggiesfarm.eu/comewriterssss/mayyoursongalwaysbesung.htm

http://www.maggiesfarm.eu/comewriterssss/quandodylansuono.htm

http://www.maggiesfarm.eu/comewriterssss/dylanafoolsuch.htm

http://www.maggiesfarm.eu/comewriterssss/empireburlesque.htm

http://www.maggiesfarm.eu/comewriterssss/instrandedtelloldbill.htm

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"Sono convinto che invecchiando si migliori... Così, se mi cercherete quando avrò novant'anni, mi troverete su un palcoscenico." BOB DYLAN

Trama
"Per aver creato nuove espressioni poetiche nella grande tradizione della canzone americana". Con questa motivazione, il 13 ottobre 2016, l'Accademia svedese ha assegnato a Bob Dylan il Premio Nobel per la Letteratura, l'ultimo e forse il più importante dei tanti riconoscimenti a lui tributati.
Figura tra le più importanti del panorama musicale planetario, Bob Dylan - come disse Allen Ginsberg - ha portato "la poesia nei jukebox", raccontando l'America, proseguendone la tradizione musicale e diventandone lui stesso parte integrante.
Da voce della controcultura del Folk Revival degli Anni Sessanta ad alchimista del sottile e selvaggio suono mercuriale del rock, passando per la straordinaria parabola della Rolling Thunder Revue e dei "Gospel Years" che lo videro cristiano rinato, fino a giungere alle nebbie degli anni Ottanta e alla rinascita dell'ultimo ventennio, Bob Dylan ha dato vita a uno dei più articolati percorsi artistici della storia del rock, con oltre quaranta dischi all'attivo, numerose pubblicazioni di materiali d'archivio e un'impressionante mole di concerti ogni anno.
A oltre cinquant'anni dal debutto, Dylan continua a sfuggire a ogni definizione o stereotipo che il tempo ha tentato di cucirgli addosso e, senza guardarsi indietro, prosegue incessantemente il suo cammino attraverso i sentieri della musica americana, riportando alla luce perle dimenticate come il repertorio del "Great American Songbook", riletto nella recente trilogia discografica culminata con la pubblicazione di Triplicate.

Autore
Salvatore Esposito, Giornalista pubblicista e critico musicale con alle spalle un'esperienza decennale, ha scritto per storiche riviste musicali italiane come "Jam" e "FolkBulletin" e collaborato con autorevoli siti specializzati come "Il Popolo del Blues" di Ernesto De Pascale. Già co-autore dei volumi su Bob Dylan e CSN della collana "Legends" di Editori Riuniti e di Francesco De Gregori. Quarant'anni di Canzoni. Ha curato con Ciro De Rosa l'eBook Viaggio In Italia per SquiLibri ed è tra gli autori del volume Ricci i tuoi capelli. Arie e canti popolari di Cannole edito da Kurumuny Editore. Appassionatosi alla musica tradizionale italiana e alla world music, ha fondato nel 2009 la testata online www.blogfoolk.com di cui è direttore editoriale.

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Talkin' 10168 - Mike.Lenzi

Oggetto: Concerto 17 Giugno

Salve a tutti.
Toglietemi una curiosità, se possibile.
Ho notato che Dylan nel concerto del 17 giugno a Dover ha proposto una set list di soli suoi brani tralasciando completamente le ultime produzioni degli standards americani, ha fatto una lista più breve e senza bis. ci sarà un motivo?
Grazie, Michele Lenzi.

Ciao Michele, il motivo è che il concerto del 17 giugno a Dover era parte del "Firefly Music Festival", con diverso altri artisti  in cartellone. Non essendo un singolo concerto anche il tempo è limiktato credo a circa un'ora e mezza, minuto più minuto meno di esibizione per artista. Come hai potuto constatare anche la setlist aveva un sapore completamente diverso perchè di solito in un Festival con la presenza di molti artisti, tutti tendono a presentare una setlist farcita dei loro migliori hit in carriera, infatti la set list di Bob vedeva;

1. Things Have Changed (Bob on piano)
2. It's All Over Now, Baby Blue (Bob on piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob on piano)
4. Simple Twist Of Fate (Bob on piano)
5. Beyond Here Lies Nothin' (Bob on piano)
6. Make You Feel My Love (Bob on piano)
7. Lonesome Day Blues (Bob on piano)
8. Don't Think Twice, It's All Right (Bob on piano)
9. Summer Days (Bob on piano)
10. Blind Willie McTell (Bob on piano)
11. Duquesne Whistle (Bob on piano)
12. A Hard Rain's A-Gonna Fall (Bob on piano)
13. Pay In Blood (Bob on piano)
14. Love Sick (Bob on piano)
15. Ballad Of A Thin Man (Bob on piano)
Con la sola eccezione di Beyond Here Lies Nothin', Lonesome Day Blues, Duquesne Whistle, Pay In Blood e Love Sick che non si possono proprio definire dei Masterpieces pur essendo canzoni importanti e signiuficative. Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

 

 
Mercoledì 21 Giugno 2017

Talkin' 10167 - acarrera

Caro Mr. Tambourine,
qui c'è il link all'articolo che ho scritto a commento del discorso del Nobel di Dylan. Ci ha messo alcuni giorni ad uscire, ma l'avevo scritto a ridosso del discorso, troppo in fretta per correggere due imprecisioni che sono rimaste. La prima riguarda il numero delle frasi che Dylan avrebbe rielaborato dalle SparkNotes per la parte del suo discorso che riguarda Moby Dick (non una ma venti). La seconda riguarda la citazione della strofa di "You Ain't Talkin' to Me" di Charlie Poole, che in realtà è stata scritta da Jim Krause. Nell'articolo dico che la versione di Krause è del 2002, ma quasi certamente non è così. La versione di Krause è apparsa in internet nel 2002, ma è descritta come una "draft dodging song" (canzone di renitenti alla leva) e Krause stesso dice di averla composta "once", cioè molto tempo prima. Deve essere stato prima del 1973, visto che negli Stati Uniti la leva obbligatoria è stata abolita in quell'anno. Aggiungo solo che non mi sono particolarmente scandalizzato del ricorso alle SparkNotes. Sì, Bob poteva lavorarci un po' di più e nessuno se ne sarebbe accorto, ma Dylan non cerca mai di nascondere né i suoi prestiti né i suoi furti. È un bricoleur qualunque cosa faccia (canzoni, prosa, pittura, ecc.). Con lui, è prendere o lasciare.

http://www.doppiozero.com/materiali/bob-dylan-il-discorso-del-cantante

Grazie, un caro saluto,
Alessandro Carrera

Ciao Alessandro, un sentito grazie per la segnalazione del tuo articolo che come al solito sarà divorato ed apprezzato da tutti i nostri fedeli Maggiesfarmers che ti hanno sempre in venerata simpatia ed altrettanto venerata stima per la tua competenza dylaniana. Ho letto con piacere il tuo scritto, e che dire, hai illustrato in un modo che sembra una "storia vera" un fatto che potrebbe succedere in un qualsiasi locale americano dove si fa musica fino a tarda notte. Tutto quello che ti racconta questo "fantasioso" cantante dalla voce sassosa e fangosa potrebbe anche essere vero, come potrebbe invece aver inventato tutto sul momento solo per raccontare un'altra incredibile storia, solo che questa volta è successo vis-à-vis per quanto incredibile possa sembrare. E' stato un modo semplice e sincero per raccontare la Nobel Lecture con tutti i suoi pregi e difetti, i particolari contestati sono solo per coloro che hanno del tempo da perdere e non capiscono che la cosa importante è il messaggio nascosto fra le righe dello scritto. Il vecchio accetta il premio ma si stupisce, in fondo ha fatto quello che altre migliaia di scrittori di canzoni e cantanti hanno fatto prima di lui, scrivere e cantare canzoni, senza chiedersi se stavano facendo letteratura o solo musica. E' un rimprovero agli accademici svedesi? Potrebbe anche essere, un tipo come Bob Dylan può anche permettersi di bacchettare la pomposa Accademia di Svezia, in fondo nessuno è perfetto, nè Bob Dylan nè l'Accademia di Svezia. La storia che racconta il vecchio cantante dalla voce rasposa potrebbbe essere un fake, ma che importa, la storia è bella, affascinante, se poi è vera meglio ancora. Grazie ancora, alla prossima, Mr.Tambourine, :o)

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Talkin' 10166 - miscio.tux

Oggetto: Scuse ad antiwarsongs

Caro Mr. Tambourine,
devo necessariamente scusarmi coi curatori del sito antiwarsongs; il mio giudizio sulle imprecisioni non intendeva in alcun modo essere offensivo del lavoro che compiono per tenere in piedi tante pagine così meritevoli di interesse. Il fatto è che di fronte all'eccitazione di trovare un fake nel discorso di Dylan mi sono lasciato prendere dalla sindrome del “grillo parlante”, che spara sentenze. Spesso il semplice utente come me, non si rende conto della fatica e delle infinite faccende che deve sbrigare chi tiene in piedi un sito internet. Di fronte ad un database imponente e in continua crescita il lavoro di verifica deve essere estenuante ed è più che giustificata la presenza di qualche errore. Del resto, di imprecisioni ne commetto alla fine più io, che devo solo scrivere qualche intervento qua e là. Non sapevo per esempio che Jim Krause avesse registrato la canzone in questione, ed è quindi possibile che Dylan abbia preso la citazione direttamente da lì, anche se lo ritengo un po' improbabile (quando si fa una citazione è più comodo avere il testo scritto). Effettivamente quella piccola differenza di testo rispetto all'originale di Krause che mi sembrava fornire la prova della provenienza della citazione di Dylan da antiwarsongs, non esiste, devo aver preso proprio un abbaglio. Ha quindi ragione Lorenzo Masetti nell'affermare che Dylan potrebbe aver benissimo recuperato il testo da altre fonti. Vorrà dire che, come si augura quel simpatico utente di antiwarsongs, andrò veramente “a cagare nel carbone”. Per quanto riguarda l'intervento di Sir Eglamore, chi non frequenta la Fattoria non conosce la sua ironia e quindi è portato a prenderlo tutto sul serio. Sarebbe capace di far scoppiare la guerra con un sito contro la guerra. Io direi di assolverlo e di processare solo il povero Miscio.

Purtroppo, come spesso accade, la discussione finisce su particolari secondari, mentre quello che ci dovrebbe interessare è il perchè, come appare ormai evidente, Dylan usi in maniera così sistematica e consapevole il fake (oltre a Poole, Melville e i prelievi da SparkNotes) in un discorso ufficiale. Si è parlato di Postmodernismo. Postmodernismo artistico, intendo, che il postmodernismo in campo economico-sociale non è nient'altro che il capitalismo contemporaneo con le sue trasformazioni, e non credo sia necessario elencarle, dato che le viviamo concretamente. Se proviamo a definire il postmodernismo in campo artistico come un insieme di tecniche, finiamo col dover ammettere che nessuna (citazionismo, uso del falso, prospettivismo, pastiche, ecc..) è specificamente nuova, ma che tutte hanno vetuste origini, tanto da far sospettare che, nel caso di Dylan, derivino più da strategie rintracciate nella musica popolare che non da letture filosofiche.(Ad esempio: i vecchi bluesman erano formidabili raccontatori di balle, il contenuto delle canzoni popolari è una continua riscrittura delle vecchie forme, la scomparsa dell'autore ne è un tratto distintivo, e così via) Il fatto è che queste tecniche sono diventate consuete nell'arte contemporanea e la presenza di alcune di esse non definisce automaticamente l'opera come postmoderna. L'ipotesi che mi sento di fare, qui accovacciato sul carbone, (che si pensa che è una meraviglia), è che Dylan abbia voluto attirare l'attenzione sul rapporto tra realtà e verità. La memoria sarà anche corta, ma dovremmo ricordarci di quei rotocalchi in cui Marylin sposava John Kennedy, o dove giovani in fila in un centro di reclutamento degli anni 50' venivano fatti passare come immigrati clandestini. E più recentemente, nei suoi quadri, di quei panorami realistici dove però spariscono palazzi aziendali, quasi a dire che è quest'altra la sua realtà. O anche dei fake congegnati nelle Cronache. Senza inoltrarci in uno di quei pipponi filosofici che convergono inesorabilmente al deliquio, potremmo riformulare la questione così: come possiamo dire la verità in un mondo in cui il potere ha a disposizione macchine tecnico-sociali che sono in grado di produrre la realtà? La relazione sarebbe simile a quella tra utente e webmaster: se io scrivessi delle cose e se un alter ego malvagio di Mr.Tambourine le pubblicasse sul sito in versione contraffatta, la verità sarebbe la mia, ma la realtà sarebbe la sua. A cosa servirebbe la mia verità, se non all'igiene personale, lassù sul carbone? Si possono fare tanti esempi. Un contadino può avere il diritto di far germogliare le sue sementi senza comprarle ogni anno da una multinazionale, ma se quest'ultima controlla il mercato e produce sementi sterili, di lì a pochi anni il contadino si ritroverà a doverle comprare o a vedere il suo campo ridursi ai livelli di produttività del neolitico. E ancora, può darsi che il voto sia riconosciuto come diritto democratico, ma se determinati soggetti detengono il controllo degli organi di formazione dell'opinione, se per essere eletti bisogna essere di fatto milionari, se le “esigenze della governabilità” portano ad un sistema elettorale maggioritario, la democrazia, correttamente intesa, è abolita.
Per fare un esempio ancora in campo finanziario, l'Italia si trova ad avere lo stesso rating del Marocco e questo, indipendentemente dalla struttura sociale e produttiva, è tutto quello che interessa ai mercati internazionali, che si trovano a poter decidere di una crisi economica. Riassumendo in filosofese, le macchine tecno-sociali sono sviluppate al punto da riuscire a produrre la realtà, e ciò provoca una conseguente crisi della base ontologica, della “sostanza” su cui si basa il giudizio di verità. Ora è vero che un artista, come Dylan, non ha a che fare direttamente coi meccanismi materiali della realtà, ma lavora nel campo della sua rappresentazione simbolica. Citare un falso Melville, un falso Charlie Poole o saccheggiare le SparkNotes come farebbe uno studente per una tesina può certo dirci di stare sul chi vive, perché le rappresentazioni possono essere manipolate, ma questa non è una gran novità e non sarebbe una gran trovata dire: state attenti a Melville perché lì si cela il potere. Piuttosto l'indicazione sembra andare in senso contrario: le opere sono inesauribili perchè non sono bare chiuse, ma “macchine desideranti”, e lo sono in quanto si ricollegano alla nostra capacità di immaginare e di modificare il dato. Solo in questo modo, smontandole e rimontandole, le opere del passato possono produrre il disincanto della realtà, soltanto decontestualizzando i personaggi come in Desolation Row, dando loro altre maschere, facendoli parlare da quel luogo contraddittorio e incerto che sono i nostri desideri, possiamo sperare che ci raccontino storie che non conoscevamo, che non sospettavamo che esistessero, tracciando così percorsi possibili in una realtà che non è solo quella che ci è consegnata. Il segno dicono gli esperti, dopo un po' si territorializza, si esaurisce, non fa più scandalo, sappiamo persino il suo significato, una volta chiuso il libro si ferma lì: questa è la realtà di Mr.Jones. E invece l'arte funziona se ci fa mancare la terra sotto i piedi, se rende incerto l'ovvio, se ci viene a dire che nessun uomo al mondo possiede la saggezza per tracciare la via, che non c'è nessuna via tracciata se non parte da una responsabilità collettiva e dalla volontà di crearla. Ecco allora perché qui la verità è sacrificabile: non serve più a niente, l'hanno resa maschera tra le maschere. Non è nichilismo, ma una specie di lotta, l'uso di un linguaggio che sia all'altezza di quello dell'avversario, e che dentro quello dell'avversario, perché ormai non ce ne sono altri a questo mondo, sappia rivendicare lo spazio in cui si sviluppano forme di soggettività imprevedibili. Mi sembra che questo in fondo sia lo stesso sentiero in cui si muoveva Bowie, con mezzi di tipo diverso: questi erano i suoi “eroi” e ad essi era rivolta la domanda “A che punto siamo noi adesso?”. Considerazioni come queste richiederebbero dei trattati, ma spero di avere detto, anche se confusamente e in via preliminare, delle cose che possano stimolare la discussione, fosse anche solo per mandarmi a cagare.
Ciao, Miscio.

Caro  Miscio, ho letto con vero piacere il tuo suntuoso scritto, non saprei come altro definirlo. Hai detto tutte le cose che io pensavo ma che non sarei mai riuscito a dire in maniera così scorrevole e piacevole. Son convinto che anche Lorenzo Masetti apprezzerà questa mail! Non riesco ad aggiungere altro, hai già detto tutto tu in manioera encomiabile. Posso solo dire "Bravo Miscio!". Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

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Talkin' 10165 - alessandra.buso

Gentilissimi,
con la presente segnaliamo la presentazione del libro in oggetto che si terrà a Treviso, nella sede della Fondazione Benetton il prossimo 21 giugno. In allegato il comunicato stampa e la locandina e qui di seguito l’invito elettronico.
Vi chiediamo cortesemente se possibile pubblicare la notizia sul vostro blog e/o divulgarlo ai vostri iscritti.
Ringraziandovi per la collaborazione resto a disposizione per eventuali chiarimenti.

Alessandra Buso
Fondazione Benetton – Treviso
Relazioni esterne e comunicazione
 



Dylan classico. Fonti antiche di un poeta on the road

presentazione pubblica del libro dedicato a Bob Dylan di Antonia Piva

mercoledì 21 giugno 2017, ore 21 - Treviso, spazi Bomben

Il 21 giugno, giorno del solstizio d’estate, si celebra la Festa Europea della Musica.
La Fondazione Benetton si unisce ai numerosi eventi in programma presentando il volume di Antonia Piva, Dylan classico. Fonti antiche di un poeta on the road, pubblicato nell’aprile scorso da Osanna edizioni.

Nelle pagine del libro l’autrice, filologa classica e dirigente scolastico del Liceo Statale “Duca degli Abruzzi” di Treviso, sceglie un approccio molto originale e coinvolgente al più influente folksinger dell’ultimo mezzo secolo, insignito nell’ottobre scorso del Premio Nobel per la Letteratura.
Antonia Piva esplora infatti gli echi e i rimandi di matrice classica presenti nel suo corpus letterario, evidenziandone la straordinaria densità poetica e ricollegandola alla sensibilità remota dei bardi e degli aedi, dei trovatori e dei menestrelli.

Insieme alla musica di Dylan, l’autrice ne parlerà con Massimo Rossi, Fondazione Benetton.

Ingresso libero.
Per informazioni: Fondazione Benetton, tel. 0422.5121, fbsr@fbsr.it 

 

 
Martedì 20 Giugno 2017

Wallingford, Connecticut - Toyota Presents Oakdale Theatre, June 18, 2017

   

1. Things Have Changed
2. It Ain't Me, Babe (Bob on guitar)
3. Highway 61 Revisited
4. Stormy Weather
5. Summer Days
6. Scarlet Town
7. Duquesne Whistle
8. Melancholy Mood
9. Once Upon A Time
10 Pay In Blood
11. Why Try To Change Me Now
12. Early Roman Kings
13. Desolation Row
14. All Or Nothing At All
15. Soon After Midnight
16. That Old Black Magic
17. Long And Wasted Years
18. Autumn Leaves

(encore)
19. Blowin' In The Wind
20. Ballad Of A Thin Man

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Talkin' 10164 - lorenzo.masetti

Oggetto: Dylan e Ain't Talking To Me

Carissimo Mr. Tambourine,
sono Lorenzo Masetti, webmaster di antiwarsongs.org.
Intanto i nostri complimenti per il sito che e' sempre stato un riferimento per noi appassionati di Dylan fin da tempi in cui su internet si trovavano scarsissime notizie.

Come vedi c'è stata un po' di polemica sulla Nobel Lecture di Dylan e sulla citazione sbagliata di Charle Poole. Io personalmente sono anche convinto che il nostro abbia inserito apposta una citazione sbagliata per vedere chi se ne accorgeva.

La canzone era sul nostro sito e in effetti avevamo sbagliato ad attribuirla a Charlie Poole (puo' succedere in un database che contiene migliaia e migliaia di canzoni) ma non e' certo scontato che Dylan l'abbia trovata sul nostro sito.
Perché mai antiwarsongs.org sarebbe l'unica fonte possibile? Il mondo non si ferma a Internet. Dylan potrebbe benissimo aver ascoltato o possedere il disco di Jim Krause e averlo copiato da lì, se - come sembra che qualcuno voglia suggerire trovandomi anche d'accordo - la citazione sbagliata è intenzionale. Oppure, anche più probabile, si ricordava di questa parodia, ha voluto inserirla nel discorso attribuendola a Charlie Poole e ha cercato il testo sotto il nome di Charlie Poole e l'ha trovato sul nostro sito.
Quando poi ci hanno segnalato la cosa abbiamo aggiornato la pagina e abbiamo anche rintracciato l'autore della parodia, Jim Krause, che l'ha incisa nel 1985 e ha postato il testo nel 2002 su mudcat.

Maggiori informazioni si trovano in questa pagina che contiamo di tenere aggiornata
https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=8269

Solo mi spieghi perché i visitatori del tuo sito ce l'hanno tanto con antiwarsongs.org ?? (in una pagina leggo pessimo, pieno di imprecisioni, italianissimo - come se essere italiani fosse una colpa...). Tante critiche le avevamo ricevute solo dai fan di Shakira :o)

Un saluto, Lorenzo.

Carissimo Lorenzo, prima di tutto permettimi di farti i complimenti per il tuo di sito, sito dal quale spesse volte ho saccheggiato testi e spiegazioni forse senza citarne la fonte. In un sito, specialmente quando diventa di una notevole dimensione come i nostri due, è fatale o normale che qualche citazione non precisissima possa essere sfuggita al curatore. Io non saprei dirti se Dylan ha preso il testo e la citazione dal tuo sito, anche se potrebbe essere molto probabile visto che in Internet, dopo lunga ricerca, il tuo sito era l'unico che riportava quel testo attribuendolo a Charlie Poole. Se Dylan avesse preso il testo dal tuo sito al tuo posto farei salti mortali di gioia, così come se venissi a sapere che per un motivo o per l'altro His Bobness avesse attinto qualcosa da Maggie's Farm. Dylan cita testualmente nella sua Nobel Lecture:

Charlie Poole from North Carolina had a song that connected to all this. It's called "You Ain't Talkin' to Me," and the lyrics go like this:
I saw a sign in a window walking up town one day.
Join the army, see the world is what it had to say.
You'll see exciting places with a jolly crew,
You'll meet interesting people, and learn to kill them too.
Oh you ain't talkin' to me, you ain't talking to me.
I may be crazy and all that, but I got good sense you see.
You ain't talkin' to me, you ain't talkin' to me.
Killin' with a gun don't sound like fun.
You ain't talkin' to me.

(Charlie Poole, della North Carolina, aveva una canzone che collegava tutto questo. Si intitola “You Ain’t Talkin’ to Me” e i versi dicono:
Ho visto un cartello in una vetrina andando un giorno in città.
“Entra nell’esercito, gira il mondo”, è quello che diceva
“Vedrai posti eccitanti in allegra compagnia,
Incontrerai persone interessanti e imparerai anche a ucciderle”.
Oh, non stai parlando a me, non stai parlando a me.
Posso essere matto e tutto quanto, ma credimi, ho buonsenso.
Non stai parlando a me, non stai parlando a me.
Uccidere con un’arma non suona divertente.
Non stai parlando a me.)

Come è riportato https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=8269&lang=en . La versione del testo citata da Dylan si trova in Internet solo nel tuo sito, perciò è assai probabile che Dylan l'abbia plagiata da lì. Potrebbe anche essere che Dylan l'abbia sentita e magari anche cantata tantissimi anni fa in occasioni che noi non sapremo mai e che forse nemmeno lui ricorda più con precisione. Ma credo che, tutto sommato, questo non sia un grosso problema, certamente è un problema per coloro che devono fare dimostrazione di elevata saccenza cercando di far passare Dylan come ladro o idiota.

Gli unici che hanno espresso un giudizio, a mio avviso, troppo frettoloso, sono stati i nostri lettori Miscio (Talkin' 10152) e Sir Eglamore (Talkin' 10154), ed anche se il loro giudizio non mi trova d'accordo devo accettarlo, ognuno ha diritto di esprimere le proprie idee che potrebbero anche cambiare col tempo, considerando che criticare il lavoro degli altri è sempre più facile che farlo. Anche Maggie's Farm, specialmente nei primi tempi della mia gestione, e col sito anch'io personalmente, abbiamno raccolto critiche ed insulti di tutti i tipi, a volte veramente offensive, ma alla lunga, con la tipica pazienza della formichina, tutto è stato superato ed oggi Maggie viaggia piuttosto bene, ma non posso escludere di scrivere ancora in futuro qualche inesattezza. Vuol dire che quando succederà qualcuno me lo segnalerà, gli dirò grazie e farò le opportune correzioni come credo che abbia fatto anche tu con questo scritto che è diventato un problema perchè citato da Dylan in persona. Come vorrei scrivere sul mio sito una grossa inesattezza che Dylan potesse copiare e citare in un suo discorso ufficiale!!!!! Ti ringrazio di cuore per avermi contattato e ti prometto che quando in futuro dovrò prendere qualcosa dal tuo sito mi sentirò assolutamente obbligato di citarne la fonte. LIve long and prosper, Mr.Tambourine, :o)  

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Talkin' 10163 - Andre the Giant

Oggetto: Pescivendoli

Carissimo Tambourine,
se pubblicherai la e-mail che ho inviato ieri sappi solo che ero al corrente delle polemicuccie in corso. La lectio mi è piaciuta molto. Ho letto Moby Dick un paio di volte, una volta intero, poi diverse volte l'ho preso in mano e credo che Bob abbia, da buon americano, ben spiegato che opera è. L'Osissea l'ho letta tre o quattro anni fa, si capisce che Dylan ama il testo di Omero. Un po' Omero è ogni americano, un po' lo è anche lui altroché. Niente di nuovo sul fronte occidentale non l'ho letto e lo leggerò. Dylan è stato umile, non si è paragonato a nessuno, ritiene di essere un autore di canzoni e fa capire che il Nobel è come lo avessero preso con lui i vecchi folksingers ormai tutti sotto terra e invita ad ascoltare e non a leggere le sue canzoni.
Massimo Gramellini è un giornalista mediocre che non si informa, scrive per sentito dire, non legge, è ignorantotto e per di più è sette otto anni che è finito. Lo dicono in tanti che purtroppo anche la cultura è finita in mano a questa categoria che occupa praterie di spazio pubblico su vari canali.
Trenta anni fa sono stato con un compagno di classe che ha sempre mal visto artisti e affini della musica come futili e privi di umiltà, un compagno molto intelligente ad un concerto di Dylan. Bob fu l'unico insieme a De André che passò il suo esame. Diceva solo che la sua fortuna, quella di Dylan, era suonare con gente in gamba. Fortuna meritata gli dissi io. Ancora vent'anni dopo mi telefonava dalla Svizzera in cui le radio davano in continuo "Things Have Changed" per dirmi se avevo sentito che sound e che tiro aveva il pezzo.
Siamo l'unica nazione occidentale in cui Dylan e Choen non sono conosciuti. Ho girato la Svizzera in auto e in una normale giornata e minimo due canzoni di Dylan le senti, dipende dai canali, forse anche di più. Sono i loro de André.
Nessun altro artista ha passato il vaglio del mio caro amico dotato di intelligenza fuori dal comune. Addirittura demolito Bono che vedemmo l'anno dopo.
Solo per evidenziare che uno che non ha interessi musicali ha apprezzato Dylan anche per lo stile e il modo di fare sotto i riflettori e per la sobrietà dell'insieme, luci, strumenti, chitarristi bassisti e armoniche.
Io dico che non c'è più cultura in Italia, tutto è Spritz, si scrive per sentito dire, i migliori affondano, i peggiori mangiano alla tavola del re.
Ciao, Andre The Giant.


Ciao Andre, come vedi ho rispettato la tua richiesta di anonimato usando il nome di un notissimo wrestler al posto del tuo. Approvo in pieno la tua affermazione che da noi tutto è Spritz e che i peggiori mangiano alla tavoila del re mentre i migliori sono reietti. Ma in fondo la storia del mondo non è sempre stata così? Ogni civiltà, raggiunto il suo apice, ha cominciato una vertiginosa caduta che l'ha portata alla rovina. Io non sò quando questa attuale civiltà riuscirà ad autodistruggersi, ma capisco perchè mio figlio non vuole avere figli per non obbligarli a vivere in un mondo come questo. Grazie per aver espresso la tua opinione, alla prossima, live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

 

 
Lunedì 19 Giugno 2017

Dover, Delaware - Firefly Music Festival, June 17, 2017

  

1. Things Have Changed (Bob on piano)
2. It's All Over Now, Baby Blue (Bob on piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob on piano)
4. Simple Twist Of Fate (Bob on piano)
5. Beyond Here Lies Nothin' (Bob on piano)
6. Make You Feel My Love (Bob on piano)
7. Lonesome Day Blues (Bob on piano)
8. Don't Think Twice, It's All Right (Bob on piano)
9. Summer Days (Bob on piano)
10. Blind Willie McTell (Bob on piano)
11. Duquesne Whistle (Bob on piano)
12. A Hard Rain's A-Gonna Fall (Bob on piano)
13. Pay In Blood (Bob on piano)
14. Love Sick (Bob on piano)
15. Ballad Of A Thin Man (Bob on piano)

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Talkin' 10162 - corradooritanzi

Ciao Mr Tambourine,
Il Prof. Carrera mi ha rilasciato un'intervista sul saggio relativo alla canzone & società italiana che ha curato. Lo ha pubblicato Arte & Società.
Si parla anche del nostro Bob Dylan.
Ti invio il link sperando di farti cosa gradita.
Un abbraccio, Corrado.

http://www.artesocieta.com/2017/06/15/carrera-e-canzoni/

Grazie per la segnalazione caro Corrado, è sempre un piacere leggere ciò che scrive il Prof. Alessandro Carrera. Un abbraccio, alla prossima, Mr.Tambourine, :o)

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Talkin' 10161 - cerutti.andrea70

Oggetto: Il sugo del sale

Gentile Tambourine,
vorrei ringraziare per il bel servizio che fate a tutti gli appassionati di Dylan. Mi riferisco alle traduzioni di interviste e ultima la lectio magistralis. Riportate internet al suo valore vero, un valore importante. Internet il suo mondo si sta rivelando l'ennesima occasione mancata dell'umanità a tal punto che è già peggio della peggior tv a dimostrazione che la tanto vituperata tv era lo specchio dei suoi utenti, cosa lapalissiana per internet: fatta dagli internauti, il 70% di quel che viaggia in internet è da buttare via.
Voi siete una eccezione tra altre eccezioni fate un servizio notevole senza fini di lucro come altri lo fanno su altre passioni, una minoranza come scritto prima.
A me è piaciuta molto l'intervista del sito ufficiale da voi pubblicata e anche moltissimo la lectio magistralis. Dylan ha saputo portare tre grandi libri al sugo del sale della sua poetica. Dylan ha fatto suoi i tre libri tirando fuori quel che è servito a lui per scrivere i testi. Della sua visione di Melville mi fido ciecamente. Penso sia come lo leggono gli americani. Per loro è quasi una Bibbia e come segnala Dylan è un romanzo intriso di Bibbia. La parte su Omero è lirica. Mi è piaciuto come ha reso semplici senza semplificare tre grandi libri chiosando su Omero i cui versi si sa probabilmente nell'antichità erano cantati perdendo nei secoli la musica.
Dylan è molto più semplice di quel che si crede, più complicato di quel che si pensa. Arriva comunque sempre dal folk , la ballata semplice per antonomasia, ha semplicemente arricchito il folk di immagini belle, che fanno riflettere che entusiasmano. Dylan è un intriso: intriso di folk e blues, di letteratura e Bibbia e i suoi testi sgorgano intrisi di questo e di quello.
Il tema del viaggio poi come in Tungled up in blue (But me, I’m still on the road/ Headin’ for another joint - ma io sto sempre sulla strada/ diretto verso un'altra bettola) è preponderante. Viaggiare e vagare come Omero viaggiando verso casa. E la casa non arriva mai.
Per me Dylan dall'intervista di due anni fa a Rolling Stone sta concedendo il meglio. Non sono d'accordo con voi, sono le migliori e più sincere interviste e dichiarazioni di sempre. Sta venendo fuori ina vena narrariva da racconta storie che nelle sue canzoni è apparsa qua e là con risultati spesso stupendi: già citata tungled up ricordo la favolosa Bronswille Girl.
Non posso che ringraziare e salutare.
Ciao!!!!

Grazie per le tue bellissime parole, noi continueremo a fare con passione questo lavoraccio, dico lavoraccio perchè è più difficile da fare di quanto si creda, e lavoraccio perchè ci sottopone a meritate lodi ed a critiche spesso ingiuste, come se coloro che scrivono su queste pagine dovessero in qualche modo giustificare il perchè esprimono le idee che hanno invece di adeguarsi alla a volte confusa massa. Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

 

 
Sabato 17 Giugno 2017

Port Chester, New York - Capitol Theatre, June 15, 2017

  

1. Things Have Changed
2. Don't Think Twice, It's All Right (Bob on GUITAR)
3. Highway 61 Revisited
4. Stormy Weather
5. Summer Days
6. Scarlet Town
7. Duquesne Whistle
8. Melancholy Mood
9. This Nearly Was Mine
10 Pay In Blood
11. Why Try To Change Me Now
12. Early Roman Kings
13. Desolation Row
14. All Or Nothing At All
15. Soon After Midnight
16. That Old Black Magic
17. Long And Wasted Years
18. Autumn Leaves

(encore)
19. Blowin' In The Wind
20. Ballad Of A Thin Man

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Talkin' 10160 - calabriaminimum

Ciao Mr.Tambourine,
per la rassegna stampa "Dylan ha copiato il discorso..." ti suggerisco caldamente di postare su Maggies Farm questo bel pezzo di Paolo Vites:

http://www.ilsussidiario.net/News/Musica-e-concerti/2017/6/15/BOB-DYLAN-HA-COPIATO-Caro-Gramellini-leggi-bene-il-Moby-Dick-di-Zimmerman-e-da-premio-Nobel/769178/

Come sempre il buon Paolo sa esprimere sentimenti condivisi dagli estimatori del Nostro. Lo fa con competenza, grinta e un'attitudine rock, che personalmente condivido e un po' gli invidio. Ormai mi sono lasciato andare a una certa rassegnazione che con il personaggio Dylan e con il rock anni sessanta e settanta c'entra davvero poco. Vites per fortuna è ancora una volta partecipe, presente e con la tipica "Garra Charrua" (Ci sono innumerevoli definizioni inglesi delle parole "Garra Charrua", e nessuna di esse è esattamente la stessa. Le parole sembrano significare qualcosa di diverso per ogni singola persona che le dice. Le parole "Garra Charrua" sono nate per descrivere lo spirito del calcio giocato in Uruguay. I calciatori della nazionale Uruguaiana hanno "La Garra Charrua", che si traduce letteralmente come "l'artiglio di Charrua"' e figurativamente si riferisce ad una ferocia e ad uno spirito combattivo che non conosce il significato della sconfitta. Si riferisce alla popolazione dei Charrua, un popolo indiano che ha combattuto gli invasori stranieri con una ferocia incredibile.
La loro tenacia maniacale è stata adottata come spirito nazionale dagli Uruguaiani ed è quello che si è spesso manifestato sui campi di calcio negli anni in varie forme ...) che in questi casi non è solo utile, ma fondamentale.
Cordiali saluti dylaniati, Dario Twist of fate.

Ciao Dario, prima di tutto grazie per la segnalazione. L'amico Paolo Vites sa scrivere in modo che ogni volta che lo lo leggo lo invidio, pazienza.....non tutti hanno il dono della parola scritta come lui! Che dire di Gramellini, riporto alcune cose tanto per dare a tutti l'idea di chi sia questo personaggio: "Collabora con la trasmissione televisiva Che tempo che fa di Rai Tre, dove ogni sabato sera commenta con Fabio Fazio (quello che per alcuni milioni di euro annui fa finta di tartagliare quando intervista qualcuno perchè è convinto di dare l'impressione di sapere talmente tante cose del personaggio che sta per intervistare che è costretto a tartagliare mentre mentalmente sfoglia le innumerevoli domande per sceglierne una con la quale cominciare l'intervista, ma fa un effetto pietoso perchè si vede che sta recitando, ed anche male), i sette personaggi o fatti più importanti della settimana. Ha pubblicato alcuni saggi che trattano della società e della politica italiana, un almanacco sui 150 anni della storia d'Italia (con Carlo Fruttero) e due serie di racconti sulla sua squadra del cuore, il Torino. Il 29 aprile 2010 è uscito il suo primo romanzo, L'ultima riga delle favole, una favola esoterica sull'amore che in Italia ha venduto oltre 250 mila copie ed è stata tradotta in vari Paesi. Il primo marzo 2012 è uscito il suo secondo romanzo, Fai bei sogni, che è risultato il libro più venduto del 2012, con oltre un milione di copie. A partire dall'autunno 2016, conduce il programma Le parole della settimana in onda il fine settimana prima di Che tempo che fa. Dopo aver trascorso 28 anni alla «Stampa», il 21 gennaio 2017 saluta i suoi lettori con un ultimo "Buongiorno". Dal successivo 13 febbraio collabora al «Corriere della Sera». Forse questo gli ha fruttato l'entrata nella categoria, tipicamente nazionale, dei tuttologi che parlano di cose che non conoscono bene, come nel caso di Dylan. A me personalmente scappa soltanto un sorriso quando mi capita di leggere certi articoli che assomigliano ai discorsi di Cetto La Qualunque dove non si capisce niente - Cazzu cazzu iu iu iu. Quotidianamente spessatamente purtroppamente per chiunque la qualunque e chiccessia io vi prometto... 'Cchiu pilu pì ttutti, nella misura in cui mi voterete ci saranno giubilei di pilu, carovane di pilu, transatlantici carichi di pilu...- ma alla fine per fortuna c 'è il famoso pilu pì ttutti. Paolo picchia duro su Gramellini, ed io credo a ragione e, lasciamelo dire, mi son proprio gustato questa "cameo" Vitesiano. Son certo che anche i nostri Maggiesfarmers proveranno lo stesso piacere leggendo lo scritto di Paolo. Alla prossima, Mr.Tambourine, :o)

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Talkin' 10159 - duluth49

Mi permetto di scrivere queste poche righe. La cosa che mi ha dato veramente fastidio e' l'articolo di Gramellini sul Corriere della Sera, mi sono chiesto, ma tu grandissimo cosa ne sai del MONDO DYLAN.......prima di dire queste immense cazzate non basta che ti lavi la bocca, ma fatti una bella doccia e lavati, lavati. Lavati molto bene magari scoprirai che questo non ti bastera' per essere abbastanza pulito ...... Per il resto sono completamente d'accordo con quanto hai scitto tu MR. TAMBOURINE. Le stesse cose le ho pensate quando ho letto questa schifezza MR. JONES ........
Un saluto a tutti, Marcello

Caro Marcello, non cadere anche tu nell'errore di prendere sul serio questi tuttologi di piccolo cabotaggio, perdona loro perchè non sanno quello che dicono e, per finire con Dante, non ragionar di lor ma guarda e passa! Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

 

 
Venerdì 16 Giugno 2017

Port Chester, New York - Capitol Theatre, June 14, 2017

  

1. Things Have Changed
2. To Ramona (Bob on GUITAR)
3. Highway 61 Revisited
4. Stormy Weather
5. Summer Days
6. Scarlet Town
7. Duquesne Whistle
8. Melancholy Mood
9. This Nearly Was Mine
10 Pay In Blood
11. Why Try To Change Me Now
12. Early Roman Kings
13. Desolation Row
14. All Or Nothing At All
15. Soon After Midnight
16. That Old Black Magic
17. Long And Wasted Years
18. Autumn Leaves

(encore)
19. Blowin' In The Wind
20. Ballad Of A Thin Man

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Bob Dylan accusato di aver copiato il discorso per il Nobel                    clicca qui

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Moby Dylan                                                                                                 clicca qui

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Bob Dylan ha plagiato il suo discorso per il Nobel?                                 clicca qui

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Bob Dylan avrebbe copiato il suo discorso per il Nobel                           clicca qui

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E se Dylan facesse apposta?

Scusatemi amici,
ma sono sempre più convinto che Dylan faccia apposta a tenere comportamenti strani, dire cose strane che magari ha letto da qualche parte, o se preferite e pensate che Dylan non navighi in Internet, che abbia istruito qualcuno del suo staff proprio per queste cose, gli dice: “Questo è l’argomento da trattare, trova qualcuno che abbia già pparlato di questo e copia le stesse cose cambiando solo qualche parola, vedrai che casino scateneremo, ci sarà da divertirsi!”. Sono ormai convinto che per Dylan questo sia un passatempo che stimoli la sua fantasia, certamente lui conosce meglio i giornalisti di quanto i giornalisti conoscano lui. Sa perfettamente che per ogni minima cosa che dice milioni di ricercatori setacciano Internet per essere in grado di dimostrare che Dylan è uno stupido e banale plagiarista, che riporta le frasi degli altri senza saperlo. Dai, siamo un pò reali, qualcuno pensa davvero che Dylan sia mezzo uomo e mezzo idiota? Che plagia quello che dice perchè non ha niente di suo da dire? Chiedo a questi dubitatori di professione, sapete chi ha scritto Blowin’ in the wind, The times they are a-changin’, Like a rolling stone, Mr. Tambourine Man, Ballad of a thin man? E, secondo voi, uno che ha scritto queste canzoni non saprebbe cosa dire ed avrebbe bisogno di usare frasi altrui? Mi rifiuto di pensarla così, a mio modo di vedere Dylan è perfettamente cosciente dei plagi che fa sia nel campo delle parole che in quello della pittura. Lui si diverte con la banalità di una certa parte dell’umanità e si bea nell’idea che questi continuino a cercare di dimostrare che lui sia uno scemo. Chissà come ridono lui ed il suo staff ora che qualcuno ha scoperto la similitudine di certe frasi riassuntive del libro Moby Dick nella sua freschissima Nobel Lecture e dirà “ Ma possibile che non si accorgano che faccio apposta?”. Anche il premio Nobel non è stato esente dalla sua apparente spensieratezza e mancanza di serietà morale, perfino con questa Nobel Lecture o Lectio Magistralis che dir si voglia si è divertito, con tutti i sapienti dell’accademia di Svezia si è divertito, col suo non farsi trovare si è divertito, forse qualcuno gli ha tradotto le proteste di Alessandro Baricco per il Nobel assegnatogli domenticandosi che la critica letteraria è stata spesso severa sulla produzione letteraria di Baricco stesso. Un grande dibattito che vide coinvolta la sua produzione saggistica è quello che riguarda l'accusa di appropriazione da parte di Baricco di alcune teorizzazioni filosofiche provenienti soprattutto da Walter Benjamin senza che lo scrittore ne mettesse in luce la provenienza, utilizzandole quindi come proprie elaborazioni. Poffarbacco, allora chi è senza peccato scagli la prima pietra! Ma si sa, tutto il mondo è paese, e tutti tengono famiglia e c’ianno da maggnà e bevere! Baricco è stato giustamente premiato col premio Viareggio che certamente non può essere minimamente paragonato al premio Nobel per la letteratura. Il Nobel è roba da grossi calibro come Anatole France, William Butler Yeats, George Bernard Shaw, Grazia Deledda, Thomas Mann, Luigi Pirandello, Eugene O'Neill, William Faulkner, Bertrand Russell, Ernest Hemingway, Albert Camus, Boris Pasternak (rifiutato su pressione del regime sovietico), Salvatore Quasimodo, John Steinbeck, Aleksandr Isaevič Solženicyn, Pablo Neruda, Eugenio Montale, Dario Fo, e dulcis in fundo Bob Dylan. Per entrare in questo elenco bisogna avere gli attributi da genio, quelli da uomo normale non sono abbastanza.
Bravo Dylan, erano anni che non suonavi più la chitarra sul palco, ma ieri sera a Port Chester l’hai fatto per “To Ramona”, certamente hai stupito tutti, ma il vero motivo rimarrà misterioso, forse è una silenziosa risposta a quelli che credono di saper tutto di te?
Live long and prosper dear Master, Mr.Tambourine, :o)


 

 
Giovedì 15 Giugno 2017

Port Chester, New York - Capitol Theatre, June 13, 2017

  

1. Things Have Changed (Bob standing at piano)
2. Don't Think Twice, It's All Right (Bob sitting at piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob standing at piano)
4. Beyond Here Lies Nothin' (Bob sitting at piano)
5. I Could Have Told You (Bob center stage)
6. Pay In Blood (Bob standing at piano)
7. Melancholy Mood (Bob on piano then center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob sitting at piano)
9. Stormy Weather (Bob standing at piano)
10 Tangled Up In Blue (Bob sitting at piano)
11. Early Roman Kings (Bob standing at piano)
12. Spirit On The Water (Bob Bob sitting at piano)
13. Love Sick (Bob standing at piano)
14. All Or Nothing At All (Bob center stage)
15. Desolation Row (Bob standing at piano)
16. Soon After Midnight (Bob standing at piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)

(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob sitting at piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob standing at piano)

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Talkin' 10158 - sveva.peluso

Buon pomeriggio,
sono Sveva Peluso di #logosedizioni, casa editrice e distributore italiano di Taschen.
Vi scrivo per informarvi che nel nostro catalogo è presente il titolo "Bob Dylan. A year and a day", di Daniel Kramer, in edizione limitata, composta da 1965 copie.

Quando il fotografo Daniel Kramer incontrò Bob Dylan per la prima volta, il cantante aveva 23 anni ed era quasi uno sconosciuto. In quella prima occasione, a Woodstock, Dylan sembrava inquieto e a disagio di fronte all’obiettivo. Eppure, nel giro di un anno e un giorno, tutto sarebbe cambiato. Dal 1964 al 1965, Kramer ebbe la possibilità unica di fotografare Bob Dylan in tour, ai concerti e nel backstage, dando forma a uno dei più seducenti portfolio fotografici della storia della musica, un documento eccezionale dell’ascesa di Dylan all’Olimpo delle superstar.



Tra i punti centrali della sua carriera: il concerto con Joan Baez alla Philharmonic Hall del Lincoln Center, la sessione di registrazione di Bringing It All Back Home e il concerto, ora leggendario, a Forest Hills, dove il suo controverso passaggio alla chitarra elettrica divenne emblematico del suo stato di perenne cambiamento. Testimonianza di un periodo seminale nella storia del rock e in quella di Bob Dylan, queste fotografie ritraggono anche una serie di amici e collaboratori di tutto rispetto, come Joan Baez, Johnny Cash, Allen Ginsberg, e Albert Grossman.
Pubblicato per la prima volta nel 1967, con il sostegno di W. Eugene Smith, il portfolio di Kramer dedicato a Dylan divenne subito un classico. Oggi, mezzo secolo più tardi, TASCHEN riscopre quest’opera con un’accurata selezione di circa 200 immagini, molte delle quali mai pubblicate prima, inclusi scatti scartati per le copertine degli album Bringing It All Back Home e Highway 61 Revisited. Un’edizione di pregio per ogni fan di Dylan che si rispetto, questo volume rappresenta una testimonianza intima e assai evocativa di un fotografo fondamentale, di un periodo particolare e di un artista misterioso nel momento in cui raggiunse il successo planetario.

Edizione limitata di 1965 copie numerate e firmate da Daniel Kramer.

Il fotografo:
Daniel Kramer è un fotografo e regista i cui ritratti e storie per immagini sono stati pubblicati a livello internazionale; come regista ha realizzato documentari e spot pubblicitari. A catapultarlo sulla scena internazionale sono state però le sue foto di Bob Dylan, il primo grande lavoro pubblicato sul giovane artista in procinto di trasformarsi da superstar a vera e propria icona tra il 1964 e il 1965. Le fotografie di Kramer hanno partecipato a numerose esposizioni e sono presenti in molte collezioni. Nato a Brooklyn, Kramer vive a New York con la moglie e collaboratrice Arline Cunningham Kramer.

Vi sarei grata se poteste informare i membri del vostro fan club sulla pubblicazione, anche inoltrando loro questa e-mail.

Rimango a disposizione per qualsiasi informazione e chiarimento, e vi porgo i miei più cordiali saluti, Sveva Peluso.

Sveva Peluso - INTER LOGOS SRL
e-mail: sveva.peluso@logos.info
skype: live:sveva.peluso
Home Page: librerie.libri.it

Buonasera Sveva, la ringrazio della cortese segnalazione che di certo interesserà molti lettori di Maggie's Farm. Ho pubblicato la sua mail in modo che chi volesse delucidazioni possa contattarla direttamente. Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

 

 
Mercoledì 14 Giugno 2017

337044 Bobdylan

Scoperto il 16 febbraio 1996 da  E. W. Elst a Caussols, Francia, dove c'è il CERGA Observatory sul Calern plateau. Il 337044 Bobdylan è un asteroide della fascia principale, presenta un'orbita caratterizzata da un semiasse maggiore pari a 2,3309726 UA e da un'eccentricità di 0,1525152, inclinata di 2,14127° rispetto all'eclittica.

   CERGA Observatory, Calern plateau, Caussols - France

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Libri: Like a Rolling Stone: Bob Dylan, una canzone e l’America - di Greil Marcus

                                                                                                                                                                                                       clicca qui

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Talkin' 10157 - dinve56

Salve Mr. Tambourine,
un grazie grandissimo all'ottimo traduttore della lezione di Dylan e al sito che ha tempestivamente pubblicato l'originale e la traduzione. Sono immersa nella lettura. A presto! Lunga vita. Carla


Naturalmente giro il complimento a Silvano Cattaneo, io non ho fatto niente, ho solo pubblicato quello che ha tradotto lui! Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
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Talkin' 10156 - tarquaz

Ciao Michele, mi chiamo Tarquinio e quest'anno ho gli esami di maturità. Sono un appassionato di Bob Dylan e quasi tutta la musica Folk da tempo, nonostante la giovane età. Volevo incentrare la mia tesina proprio su qualche testo di Dylan ma non credo di avere abbastanza conoscenze per farlo da solo, mi servirebbe un aiuto da qualcuno di molto esperto, proprio come te! Potresti darmi una mano? Grazie in anticipo!

Ciao Tarquaz, (prima di tutto tengo a precisare che Michele ha lasciato il sito da ormai 9 anni e quindi ti risponderò io) lodevole il tuo intento di fare una tesina su Bob Dylan, in particolar modo perchè sei un giovane e non un vecchio barboso fan incallito e datato come posso essere io. Confesso di non essere in grado di suggerirti niente, fare una tesi non è come raccogliere articoli da giornali e WEB come ho fatto io. Però sono sicuro che se comincerai a sfogliare l'archivio di Maggie's Farm troverai materiale per farne 3 di tesine. Ti consiglio la pagina dell'archivio:

http://www.maggiesfarm.eu/zzzzzblackboard22017.html

ed in particolare quella della rubrica "come writer and critics" che raccoglie i saggi dei migliori dylanologi in circolazione:

http://www.maggiesfarm.eu/comewriters.htm

Sono certo che con l'aiuto del materiale d'archivio del sito potrai redigere un'ottima tesi che ti permetterà di prenderai una maturità a pieni voti. Ligve long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

 

 
Martedì 13 Giugno 2017

Talkin' 10155 - silcatt

Ciao Mr.Tambourine,
Grazie per le parole di ringraziamento che hai scritto per la mia traduzione della Nobel Lecture. Per me è un piacere aggiungere un piccolo contributo ogni tanto al grande lavoro che fai tu ogni giorno. Se poi ci fosse qualcun altro più dentro di me ai misteri dylaniani e della lingua inglese e volesse migliorare la traduzione, ben venga. Tra l'altro, rileggendola mi sono accorto di un paio di refusi. Niente di importante che cambi il senso, ma ti riallego il file corretto così puoi eventualmente sostituirlo nella sezione archivio.
Nella mia mail precedente ho fatto anche una cosa che di solito cerco di non fare (soprattutto con Dylan): esprimere un giudizio. Parola turna indré! Con uno come Dylan, più che giudicare, è meglio cercare di capire, lasciando ai posteri l'ardua sentenza.
Alla prossima, Silvano.

Caro Silvano, la tua modestia ti fa onore. Ringrazio Thot (scritto anche Toth o Thoth, che è una divinità appartenente alla religione dell'antico Egitto, dio della Luna, della sapienza, della scrittura, della magia, della misura del tempo, della matematica e della geometria. È rappresentato sotto forma di ibis, uccello che vola sulle rive del Nilo, o sotto forma (meno frequente) di babbuino) che mi da modo di conoscere persone come te e come tanti altri amici che mi danno una grossa mano dove la mia tentennante cultura comincia a scricchiolare. Siete un grande aiuto e fate un lavoro utilissimo per tutti coloro che come me hanno delle difficoltà con l'inglese più impegnativo, cioè quello oltre la scuola. Trovo invece che tu abbia fatto bene ad esprimere la tua opinione, giusta o sbagliata o bizzarra che possa essere, è bello che ognuno manifesti il proprio pensiero mettendolo a disposizione degli altri, e magari qualche volta ne subisce anche le critiche. Ma queste sono cose che tengono vivo l'interesse verso Bob e verso questo sito a lui dedicato. Ogni discussione, parere, contrasto, opinione ha il suo valore, può aiutarci a capire meglio certe sfumature o certi avvenimenti. Io spero che altri amici esprimano il loro parere su questa "Nobel Lecture", e non importa se sia piaciuta ed apprezzata o sia stata deludente, ciò che importa è dire la propria impressione in piena serenità e libertà. Grazie ancora per aver dedicato parte del tuo tempo a tutti noi, alla prossima, live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

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Talkin' 10154 - paulclayton

Oggetto: Mudcat

Grandissimo onore a Miscio per averci esposto i dettagli della nuova divertente controversia dylaniana. Applauso.
Per qualche istante però mi sono illuso che Miscio frequentasse Mudcat Cafe, grande sito per anime elette, invece ho poi capito che ci è arrivato solo tramite il pessimo Antiwar Songs.
La ricostruzione del Miscio non mi pare però del tutto condivisibile. O forse sì, vai a sapere!
Dylan naviga in Internet? Ha uno smartphone, usa l’Ipad? Questa è la prima domanda che mi porrei. Se la risposta fosse affermativa sarebbe per me una grande delusione, ma se lo facesse mi parrebbe più verosimile la frequentazione di Mudcat Cafe piuttosto che dell’italianissimo Antiwar. Potrebbe anche essere che il nostro vate, selvatico e vegliardo, commissioni allo sventurato di turno le ricerche su google (in questo caso non vorrei essere nei panni di quel povero disgraziato). In ogni caso la questione è estremamente interessante e, in definitiva, dimostra l’uso espressionistico che delle fonti fa Dylan. Se questo succede con una canzone country, immaginiamo che approccio filologico possa avere con il materiale letterario. Vedi Tangled Up in Blue con Dante, Plutarco, Petrarca e il secolo sbagliato. Vero Miscio? Non ne parlavamo a proposito del Nobel? Dylan colto? Io direi Dylan affamato di suggestioni e ispirazione, dovunque e comunque arrivino.
L’ipotesi invece che Dylan sia consapevole del fake, in fondo plausibile data l’eccentricità del personaggio in questione, oltre che suggestiva, renderebbe tutto ancora più sconcertante, perché denoterebbe una supponenza e un cinismo maggiori di quanto già gli si attribuisca.
Comunque ha ragione la Baez: questo uomo vive in un mondo tutto suo e i normali parametri non sono in grado di spiegare alcunché.
Bravo, bravo Miscio. Vicenda esilarante. E il Prof. Carrera che dice?
Sir Eglamore.

Ciao Eglamore, mi stupisce che tu possa apprezzare le parole di qualcun'altro al di fuori delle tue - :o) - , è proprio vero che a questo mondo c'è sempre qualcosa da imparare. Miscio ha fatto un' ottima ricerca, indipendentemente da dove abbia attinto per mettere insieme le sue osservazioni. Io sono convinto che a Dylan non interessi minimamente se qualche volta dice o racconta dei fake, è da quando è arrivato a New York nel Gennaio del 1961 che racconta palle con disinvoltura straordinaria, ma questo non gli ha impedito di diventare "The Greatest" in un campo nel quale milioni di persone si cimentano anche con notevole talento e capacità. La domanda è: Quanti anni dovranno passare prima che un altro songwriter possa assurgere agli onori del Nobel? Ce ne sarà un altro prima o poi o Dylan resterà un caso unico? Come ha scritto Suze Rotolo nel suo libro "A Freewheelin' Time" appena uscito in edizione tradotta in italiano, Bob aveva la sconcertante abilità di complicare l'ovvio e santificare il banale, e questo non era poco in una società nella quale un'intera generazione aveva il permesso di bere alcool e di morire in guerra a 18 anni ma non aveva il diritto di voto fino a 21. Naturalmente, col crescere della sua fama, il pubblico, i fans e i simpatizzanti si sono creati un Dylan a loro immagine e si aspettano che Bob sia questa immagine. Ancor oggi è abbastanza citare il suo nome per scatenare una quantità indescrivibile di storie e di dettagli infiniti sul significato di ogni parola che abbia mai detto, scritto o cantato. Ma Dylan è quello che dice la Baez, è una persona che vive in un suo mondo nel quale non fa entrare nessun' altro. Non possiamo dire se questi sia un bene o un male, possiamo solo dire che le cose stanno così, punto e basta. Ciò che ha importanza 10 per me o per te per Bob potrebbe avere importanza 1 o 20 o 100, non lo sapremo mai, è difficile che persone che vivono in questo mondo possano giudicare uno che vive in un altro. Bob è sempre stato un enorme frantoio nel quale gettare di tutto. Lui macina, rompe, riassembla i resti a modo suo e presenta la sua arte in modo che a volte può sembrare strano o senza senso. Nessuno di noi ha ancora capito realmente il perchè di questi ultimi cinque dischi di roba che col Dylan che conosciamo noi hanno poco o niente a che fare, forse figli di una bizzarria, o di un ricordo, o di una nostalgia, o di qualcosa che non sapremo mai. E' anche interessante, bello ed istruttivo che persone con il sale in zucca come te e Miscio vi buttiate in disquisizioni mai banali e sempre interessanti. Che ci importa se Dylan dice dei fake, non è quello che conta, l'importante è il valore intrinseco del suo messaggio all'umanità che non sempre riesce a capire ciò che sta dicendo e per questo rimane sorpresa e sconvolta. Dylan è un genio, e come tale va considerato, trattato e rispettato. Non voglio fare paragoni inutili, Picasso, Rimbaud, Shakespeare, Omero e via di questo passo, ognuno di questi artisti ha avuto una sua valenza e Dylan ha avuto ed ha ancora oggi la sua. Dylan va preso e accettato così com'è, verità e bugie comprese, ogni altra accezione diventa inutile! Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)    

 

 
Lunedì 12 Giugno 2017

Talkin' 10153 - silcatt

Gentilissimo Mr,Tambourine,
non so se qualcuno ha già provveduto a tradurre per il sito la Nobel Lecture. In ogni caso, ti allego il mio contributo.
Lo speech ai MusiCares mi aveva entusiasmato. Avevo trovato molto interessante anche l'intervista a Bill Flanagan (francamente, non ho ben capito le tante critiche che sono arrivate dagli amici della Fattoria). Questo suo ultimo intervento, invece, mi ha lasciato piuttosto deluso.
Comincia con l'episodio del concerto di Buddy Holly, già raccontato altre volte, e chiude dicendo di non sapere il significato delle sue canzoni ma però suonano bene, mettendosi infine sullo stesso piano di Shakespeare e Omero. Nel mezzo un lungo excursus in cui riassume la trama di tre capolavori della letteratura che tutti dovrebbero più o meno conoscere. Bah... Come avrebbe scritto sul foglio del compito in classe la mia insegnante di liceo, troppe descrizioni e poca analisi.
Confesso, però, che lo stesso intervento, recitato dalla sua voce, mi ha fatto tutto un altro effetto. Forse ha ragione lui. Le sue parole non sono fatte per essere lette, ma ascoltate.
Alla prossima,Silvano Cattaneo.

Caro Silvano, questa credo sia la tua terza importante traduzione che disinteressatamente (dico disinteressatamente perchè alcunbi anni fa un maggiesfarmer mi chiese dei soldi per fare una traduzione dall'inglese di un'intervista fatta a Bob, come avrai notato ho volutamente scritto maggiesfarmer minuscolo perchè di più non si merita, lo spirito della Fattoria è quello che ognuno di noi mette quello che può a livello di tempo per contribuire a tenere vivo e sviluppare il sito. A me non è mai venuto in mente di chiedere soldi per il sito come succede una volta all'anno su expectingrain.com, ma credo che ognuno sia libero di impostare come meglio crede il suo sito. La Fattoria funziona così per un motivo semplice, la Fattoria non è mia, io sono solo il responsabile ed il coordinatore, la Fattoria è di tutti noi che giorno per giorno scriviamo sulle sue pagine a beneficio di coloro che leggono) mi hai inviato anche questa volta raccogliendo il mio appello. E' bello sapre di poter contare su amici come te e come tanti altri che in modo diversi spendono tempo e fatica per dare il loro contributo. Credo sia di dovere esprimerti il mio più grande grazie unito a quello di tutti gli amici che usufruiranno del tuo lavoro leggendo la traduzione. Alla prossima, un abbraccio. mr.Tambourine, :o)

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Bob Dylan; The Nobel lecture

Traduzione di Silvano Cattaneo

Appeno ho ricevuto il Premio Nobel per la Letteratura, mi sono chiesto proprio come le mie canzoni fossero collegate alla letteratura. Volevo rifletterci e capire dov’era la connessione. Ora provo ad argomentarlo. Molto probabilmente sarà in un modo un po’ indiretto, ma spero che quello che dirò possa essere utile e significativo.
Se dovessi tornare all'alba di tutto, credo che dovrei iniziare con Buddy Holly. Buddy è morto quando io avevo circa diciott'anni e lui ventidue. Dal momento in cui l’ascoltai per la prima volta, mi sentii simile. Mi sentii legato, come se fosse un fratello maggiore. Pensai persino di assomigliargli. Buddy suonava la musica che amavo - la musica con cui ero cresciuto: country & western, rock 'n' roll e rhythm & blues. Tre filoni distinti di musica che lui intrecciò e fuse in un solo genere. Un marchio. E Buddy scrisse canzoni - canzoni che avevano belle melodie e testi fantasiosi. E cantava alla grande - cantava con buona voce anche in diverse tonalità. Era l'archetipo. Tutto quello che non ero io e che avrei voluto essere. Lo vidi una sola volta e fu pochi giorni prima che morisse. Dovetti percorrere un centinaio di miglia per vederlo esibirsi e non rimasi deluso. (1)
Era potente ed elettrizzante e aveva una grande presenza. Ero solo a pochi metri di distanza. Era ipnotizzante. Guardavo il suo volto, le sue mani, il modo in cui batteva il piede, i suoi grandi occhiali neri, gli occhi dietro gli occhiali, il modo in cui teneva la chitarra, la sua postura, il suo abito curato. Tutto di lui. Sembrava più vecchio dei suoi ventidue anni. Qualcosa di lui sembrava indelebile, e mi riempì di certezze. Poi, di punto in bianco, è successa la cosa più inspiegabile. Mi guardò proprio dritto negli occhi e mi trasmise qualcosa. Qualcosa che non capivo bene. E che mi diede i brividi.
Credo che fosse uno o due giorni prima che il suo aereo cadesse. Qualcuno - qualcuno che non avevo mai visto prima - mi passò un disco di Leadbelly in cui c'era la canzone "Cottonfields". E quel disco cambiò la mia vita, proprio in quel momento. Mi trasportò in un mondo che non avevo mai conosciuto. Fu come un'esplosione che si dissolveva. Come se fino ad allora avessi camminato nell'oscurità e all'improvviso l'oscurità si illuminasse. Era come qualcuno che mi imponeva le mani. Credo di aver ascoltato quel disco centinaia volte.
Era su un'etichetta di cui non avevo mai sentito parlare, all'interno c’era un opuscolo che pubblicizzava gli altri artisti dell'etichetta: Sonny Terry and Brownie McGhee, New Lost City Ramblers, Jean Ritchie, gruppi musicali con strumenti a corde. Non avevo nemmeno mai sentito parlare di nessuno di loro. Ma pensai che se erano su questa etichetta con Leadbelly, dovevano essere roba buona, quindi avevo bisogno di sentirli. Volevo sapere tutto e suonare quel genere di musica. Avevo ancora un certo feeling per la musica con cui ero cresciuto, ma a quel punto la dimenticai. Non ci pensai più. Da allora se ne andò per un bel po'.
Non me ne ero ancora andato da casa , ma non potevo aspettare. Volevo imparare quella musica e incontrare le persone che la suonavano. Infine me ne andai, e imparai a suonare quelle canzoni. Erano diverse dalle canzoni della radio che avevo ascoltato fino ad allora. Erano più vibranti e sincere nei confronti della vita. Con le canzoni della radio, un esecutore poteva ottenere il successo come con un lancio di dadi o una mano fortunata a poker, ma questo non aveva importanza nel mondo del folk. Tutto era un successo. Tutto quello che dovevi fare era essere ben preparato e in grado di suonare la melodia. Alcune di queste canzoni erano facili, altre no. Ebbi un feeling naturale per le antiche ballate e il country blues, ma tutto il resto dovetti impararlo da zero. Suonavo per un pubblico ristretto, a volte non più di quattro o cinque persone in una stanza o all'angolo di una strada. Dovevi avere un ampio repertorio, e dovevi sapere cosa suonare e quando. Alcune canzoni erano intime, altre dovevi urlare per farle sentire
Ascoltando tutti quei primi artisti folk e cantando tu stesso quelle canzoni, ne acquisisci il gergo. Lo interiorizzi. Lo canti nei ragtime blues, nei canti di lavoro, nei canti marinareschi della Georgia, nelle ballate degli Appalachi, nelle canzoni dei cowboy. Cogli le sottigliezze e impari i dettagli.
Capisci di cosa si tratta. Estrarre la pistola e rimetterla in tasca. Sfrecciare nel traffico, parlare al buio. Sai che Stagger Lee era un uomo cattivo e che Frankie era una brava ragazza. Sai che Washington è una città borghese e hai sentito la voce profonda di John the Revelator (John the Revelator è un tradizionale gospel con domande e risposte) e hai visto affondare il Titanic in un ruscello fangoso. E tu sei amico del selvaggio vagabondo irlandese e del selvaggio ragazzo delle colonie. Hai sentito i tamburi attutiti e i pifferi degli eserciti suonare sommessamente. Hai visto il vigoroso Lord Donald piantare un coltello nel corpo della moglie (altro traditional), e molti tuoi compagni avvolti nei bianchi sudari. (2)
Avevo digerito tutto il gergo. Conoscevo la retorica. Niente di quel mondo mi era sfuggito - gli strumenti, le tecniche, i segreti, i misteri - e conoscevo anche tutte le strade deserte che aveva percorso. Potevo collegare il tutto e trasferirlo nell'attualità. Quando ho iniziato a scrivere le mie canzoni, il linguaggio popolare era l'unico vocabolario che conoscevo, e l'ho usato.
Ma io avevo anche qualcos'altro. Avevo fondamenta e sensibilità e una visione informata del mondo. E le avevo da un po'. Ho imparato tutto alla scuola secondaria. Don Chisciotte, Ivanhoe, Robinson Crusoe, I viaggi di Gulliver, Il racconto delle due città, e tutto il resto - tipiche letture scolastiche che ti davano un modo di guardare la vita, una comprensione della natura umana e un metro per misurare le cose. Avevo tutto con me quando ho iniziato a scrivere versi. E i temi di quei libri si sono ritrovati in molte delle mie canzoni, sia consapevolmente che inconsciamente. Volevo scrivere canzoni diverse da qualunque cosa che si fosse sentita prima e quei temi erano fondamentali.
Libri specifici che mi avevano colpito fin da quando li avevo letti a scuola - e voglio parlarvi di tre di loro: Moby Dick, Niente di nuovo sul fronte occidentale e l’ Odissea.

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Moby Dick è un libro affascinante, un libro ricco di scene di grande dramma e di un dialogo drammatico. Il libro ti impone delle domande. La trama è semplice. Il misterioso capitano Ahab - capitano della nave chiamata Pequod - un egomaniaco con una gamba di legno che dà la caccia alla sua nemesi, la grande balena bianca Moby Dick che gli ha strappato una gamba. E le dà la caccia per tutto l'Atlantico, fino alla punta dell'Africa e nell'Oceano Indiano. Insegue la balena da un capo all'altro della Terra. È un obiettivo astratto, niente di concreto o preciso. Chiama Moby “l'Imperatore”, la vede come l'incarnazione del male. Ahab ha una moglie e un bambino a Nantucket, che ricorda di tanto in tanto. Potete già immaginare cosa succederà.
L'equipaggio della nave è composto da uomini di razze diverse e chiunque di loro avvisti la balena verrà ricompensato con una moneta d'oro. Molti simboli dello zodiaco, allegorie religiose, stereotipi. Ahab incontra altre baleniere, pressa i capitani per avere dettagli su Moby. L'hanno vista? C'è un profeta pazzo, Gabriele, su una delle navi che predice ad Ahab il suo destino. Dice che Moby è l'incarnazione del dio degli Shakers (Gli Shakers sono i membri di un ramo del calvinismo puritano dei quaccheri nati nel primo Settecento, conosciuti anche con il nome di Società Unita dei Credenti nella Seconda Apparizione del Cristo), e che qualsiasi relazione con lui porterà al disastro. Questo dice al capitano Ahab. Il capitano di un'altra nave – il capitano Boomer - ha perso un braccio per Moby. Ma ha accattato il fatto ed è felice di essere sopravvissuto. Non può accettare la brama di vendetta di Ahab.
Questo libro spiega come uomini diversi reagiscono in modi diversi posti davanti alla stessa esperienza. C'è molto del vecchio Testamento, allegorie bibliche: Gabriele, Rachele, Geroboamo, Bildah, Elia. E anche nomi pagani: Tashtego, Flask, Daggoo, Fleece, Starbuck, Stubb, Martha’s Vineyard. I pagani sono adoratori di idoli. Alcuni adorano piccole figure di cera, altri figure di legno. Alcuni adorano il fuoco. Pequod è il nome di una tribù di pellerossa.
Moby Dick è una storia di mare. Uno degli uomini, il narratore, dice: "Chiamatemi Ismaele". Qualcuno gli chiede da dove viene e lui risponde: "Il luogo non è su una mappa. I luoghi veri non lo sono mai." Stubb non dà importanza a nulla, dice che tutto è predestinato. Ismaele ha trascorso tutta la sua vita su un veliero. Chiama i velieri le sue Harvard e Yale. Si tiene a distanza dalle altre persone.
Un tifone colpisce il Pequod. Il capitano Ahab pensa che sia un buon auspicio. Starbuck pensa che sia un cattivo presagio, medita di uccidere Ahab. Appena finisce la tempesta, un membro dell'equipaggio cade dall'albero della nave e annega, prefigurando quello che succederà. Un pacifico prete quacchero, che in realtà è un uomo d'affari sanguinario, racconta a Flask: "Alcuni uomini che ricevono ferite arrivano a Dio, altri al rancore". (3)
Tutto è mischiato. Tutti i miti: la bibbia giudeo-cristiana, miti indù, leggende britanniche, San Giorgio, Perseo, Ercole… sono tutti balenieri. Mitologia greca, la sanguinosa attività di macellare una balena. Un libro ricco di fatti, conoscenze geografiche, olio di balena – buono per l’incoronazione dei monarchi – famiglie nobili impegnate nell’industria delle balene. L’olio di balena è usato per ungere i re. Storia della balena, frenologia, filosofia classica, teorie pseudoscientifiche, giustificazione della discriminazione - tutto buttato lì e niente in modo particolarmente razionale. Intellettualismi e cultura popolare, inseguire le illusioni e inseguire morte, la grande balena bianca, bianca come l’orso polare, bianca come l’uomo bianco, l’imperatore, la nemesi, l’incarnazione del male. Il capitano demente che ha perso la gamba anni prima nel tentativo di assalire Moby con un coltello.
Noi vediamo solo la superficie delle cose. Possiamo interpretare quello che c'è sotto come ci aggrada. Gli uomini dell’equipaggio si muovono sul ponte cercando di sentire il canto delle sirene, mentre squali e avvoltoi inseguono la nave. Leggono teschi e volti come voi leggete un libro. Ecco un volto. Ve lo metterò di fronte. Leggetelo se ci riuscite.
Tasthego dice di essere morto e rinato. I suoi giorni in più sono un dono. Ma non è stato salvato da Cristo, dice di essere stato salvato da un compagno, e nemmeno cristiano. Fa la parodia della resurrezione.
Quando Starbuck dice ad Ahab che dovrebbe lasciare il passato al passato, il capitano arrabbiato replica seccamente: “Non dire bestemmie, uomo. Colpirei anche il sole se mi insultasse.” Anche Ahab è un poeta di eloquenza. Dice: “Il cammino verso il mio scopo fisso è steso su binari di ferro sui quali la mia anima è incanalata per correre.” O frasi come “Tutti gli oggetti visibili non sono altro che maschere di cartapesta.” Espressioni poetiche citabili che non possono essere superate.
Infine Ahab vede Moby, si tirano fuori gli arpioni. Vengono tirate giù le scialuppe. L’arpione di Ahab è stato battezzato nel sangue. Moby attacca la barca di Ahab e la distrugge. Il giorno dopo lui vede di nuovo Moby. Le scialuppe sono di nuovo abbassate. Moby attacca di nuovo la scialuppa di Ahab. Il terzo giorno un’altra barca entra in scena. Altra allegoria religiosa. Lui è risorto. Moby attacca ancora una volta, colpendo violentemente il Pequod e affondandolo. Ahab resta avviluppato nelle cime degli arpioni e viene gettato fuori dalla sua barca in una tomba d'acqua. Ismaele sopravvive. È in mare, galleggia su una bara. E questo è tutto. È tutta la storia. Quel tema e tutto ciò che implica si sarebbe fatto strada in parecchie delle mie canzoni.

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Niente di nuovo sul fronte occidentale è un altro libro che ha fatto lo stesso. È un racconto dell’orrore. Un libro dove perdi la tua giovinezza, la tua fede in un mondo che abbia un significato, il tuo interesse per le persone. Sei bloccato in un incubo. Risucchiato in un misterioso vortice di morte e dolore. Stai difendendo te stesso dall’eliminazione. Stai per essere cancellato dalla faccia della terra. Un tempo eri un giovane innocente con il grande sogno di diventare un pianista concertista. Un tempo hai amato la vita e il mondo, mentre ora lo stai facendo a pezzi.
Un giorno dopo l'altro, i calabroni ti pungono e i vermi leccano il tuo sangue. Sei un animale stretto in un angolo. Non puoi stare da nessuna parte. La pioggia cade monotona. Ci sono assalti interminabili, gas tossico, gas nervino, morfina, torrenti di benzina in fiamme, cerchi cibo tra i rifiuti, influenza, tifo, dissenteria. La vita crolla attorno a te e fischiano le pallottole. Questa è la regione più bassa dell’inferno. Fango, filo spinato, trincee invase dai topi, topi che mangiano gli intestini dei morti, trincee piene di sudiciume ed escrementi. Qualcuno grida: “Ehi, tu laggiù! Alzati e combatti."
Chi sa quanto durerà questo caos? La guerra non ha limiti. Sei annientato e quella tua gamba sta sanguinando troppo. Hai ucciso un uomo ieri e hai parlato al suo cadavere. Gli hai detto che dopo che tutto questo sarà finito, passerai il resto della vita a prenderti cura della sua famiglia. Chi guadagna qui? I capi e i generali acquisiscono fama e molti altri lucrano profitti finanziari. Ma sei tu che stai facendo il lavoro sporco. Uno dei tuoi compagni dice: “Aspetta un momento, dove stai andando?” E tu dici: “Lasciami stare. Torno tra un minuto”. Poi cammini nei boschi della morte in cerca di un pezzo di salsiccia. Non riesci proprio a capire come qualcuno nella vita civile possa avere un qualche scopo. Tutte le loro preoccupazioni, tutti i loro desideri... non riesci a capirlo.
Altre mitragliatrici crepitano, altre parti di corpi pendono dai fili di ferro, altri pezzi di braccia e gambe e crani dove le farfalle si posano sui denti, altre ferite orribili, pus che esce da ogni poro, ferite ai polmoni, ferite troppo grandi per il corpo, cadaveri che emettono gas e corpi morti che producono rumori vomitevoli. La morte è dappertutto. Nient'altro è possibile. Qualcuno ti ucciderà e userà il tuo corpo per esercitarsi al tiro al bersaglio. Scarponi. Sono la tua preziosa proprietà. Ma presto saranno ai piedi di qualcun altro.
Ci sono francesi in arrivo tra gli alberi. Bastardi impietosi. Partono i tuoi proiettili. “Non è leale tornare da noi così presto”, dici. Uno dei tuoi compagni è steso nel sudiciume e vuoi portarlo all’ospedale da campo. Qualcun altro dice: “Potresti risparmiarti il viaggio.” “Cosa vuoi dire?” “Giralo e vedrai cosa voglio dire”.
Attendi di sentire le notizie. Non capisci perché la guerra non sia ancora finita. L’esercito è così a corto di rimpiazzi che arruola ragazzi di scarsa utilità militare, ma li arruolano comunque perché stanno esaurendo gli uomini. Nausea e umiliazione ti hanno spezzato il cuore. Sei stato tradito dai genitori, dai maestri di scuola, dai sacerdoti e persino dal tuo stesso governo.
Anche il generale che fuma sigari lentamente ti ha tradito, ti ha trasformato in un violento e in un assassino. Se potessi, gli pianteresti una pallottola in faccia. Anche al comandante. Fantastichi che se avessi soldi metteresti una taglia per chiunque lo uccida, con qualsiasi mezzo. E se dovesse perdere la vita nel farlo, che i soldi vadano ai suoi eredi. Un altro è il colonnello, con il suo caviale e il suo caffè. Passa tutto il suo tempo nel bordello per ufficiali. Vorresti veder lapidato a morte pure lui. E poi Tommy e Johnny con i loro whack fo’ me daddy-o e i loro whiskey in the jars (4). Ne uccidi venti e altri venti altri spunteranno al loro posto. È solo puzza nelle narici.
Sei arrivato a detestare la vecchia generazione che ti ha mandato in questa follia, in questa camera di tortura. Attorno a te i tuoi compagni stanno morendo. Muoiono di ferite al ventre, di doppie amputazioni, di osso iliaco a pezzi e tu pensi “Ho solo vent’anni, ma sono in grado di uccidere chiunque. Persino mio padre se mi capitasse vicino”.
Ieri hai cercato di salvare un cane staffetta ferito e qualcuno ha urlato: “Non fare lo scemo!” Un francese farfuglia ai tuoi piedi. Lo colpisci allo stomaco con un pugnale ma il tipo è ancora vivo. Sai che dovresti finire il lavoro, ma non ci riesci. Sei sulla croce di ferro vera, e un soldato romano sta posando una spugna di aceto sulle tue labbra.
Passano i mesi. Vai a casa in permesso. Non riesci a comunicare con tuo padre. Aveva detto: “Saresti un vigliacco se non ti arruolassi”. Anche tua madre, mentre sei già fuori per andartene, dice: “Adesso attento a quelle ragazze francesi”. Altra pazzia. Combatti per una settimana o un mese e guadagni dieci metri. E poi il mese successivo se li sono ripresi.
E di tutta quella cultura di mille anni fa, quella filosofia, quella saggezza – Platone, Aristotele, Socrate – cosa ne è stato? Avrebbe dovuto evitare questo. I tuoi pensieri tornano a casa. E ancora una volta sei uno scolaro che cammina attraverso alti pioppi. È un ricordo piacevole. Altre bombe ti cadono addosso dai dirigibili. Adesso devi tornare in te. Non puoi nemmeno guardare qualcuno per paura che possa accadere qualcosa di imprevisto. La fossa comune. Non ci sono altre possibilità.
Poi noti i fiori di ciliegio e capisci che la natura non è toccata da tutto questo. I pioppi, le farfalle rosse, la fragile bellezza dei fiori, il sole. Vedi come la natura è indifferente a tutto questo, a tutta la violenza e alla sofferenza di tutto il genere umano. La natura nemmeno lo nota.
Sei così solo. Poi il frammento di un proiettile ti colpisce la testa di lato e sei morto. Sei stato fatto fuori, depennato. Sei stato sterminato. Ho messo giù questo libro e l’ho chiuso. Non ho mai più voluto leggere un romanzo di guerra, e non l’ho mai più fatto.
Charlie Poole, della North Carolina, aveva una canzone che collegava tutto questo. Si intitola “You Ain’t Talkin’ to Me” e i versi dicono:
Ho visto un cartello in una vetrina andando un giorno in città. “Entra nell’esercito, gira il mondo”, è quello che diceva “Vedrai posti eccitanti in allegra compagnia,
Incontrerai persone interessanti e imparerai anche a ucciderle”.
Oh, non stai parlando a me, non stai parlando a me.
Posso essere matto e tutto quanto, ma credimi, ho buonsenso.
Non stai parlando a me, non stai parlando a me.
Uccidere con un’arma non suona divertente.
Non stai parlando a me.

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L’Odissea è un grande libro i cui temi sono entrati nelle ballate di molti autori: “Homeward Bound”, “Green, Green Grass of Home”, “Home on the Range” e anche in canzoni mie.
L’Odissea è uno strano, avventuroso racconto di un uomo adulto che cerca di tornare a casa dopo aver combattuto in una guerra. È in un lungo viaggio verso casa, pieno di trappole e di insidie. L’uomo è condannato a vagare. È sempre in viaggio sul mare, sempre in situazioni difficili. Grandi macigni scuotono la sua nave. Fa arrabbiare chi non dovrebbe. Ci sono sobillatori nel suo equipaggio. Tradimenti. I suoi uomini sono trasformati in maiali e poi ritrasformati in uomini più giovani, più attraenti. Lui cerca sempre di salvare qualcuno. È un viaggiatore, costretto a troppe soste.
È spiaggiato su un’isola deserta. Trova caverne deserte e ci si nasconde. Incontra giganti che dicono: “Ti mangerò per ultimo”. E sfugge ai giganti. Cerca di tornare a casa ma è fatto girare e rigirare dai venti. Venti incessanti, venti gelidi, venti ostili. Viaggia per un lungo tratto e poi è risoffiato indietro.
È sempre messo in guardia su ciò che accadrà. Tocca cose che non dovrebbe. Ci sono due strade da prendere e sono entrambe sbagliate. Entrambe pericolose. Su una puoi annegare, sull’altra puoi morire di fame. Entra in piccoli stretti di mare con vortici schiumanti che lo inghiottono. Incontra mostri a sei teste con zanne affilate. Fulmini si scagliano su di lui. Fa un balzo per raggiungere dei rami e mettersi in salvo da un fiume furente. Dee e dei lo proteggono, ma altri vogliono ucciderlo. Cambia identità. È esausto. Cade addormentato ed è risvegliato dal suono di risate. Racconta la sua storia a stranieri. È stato via vent’anni. È stato portato da qualche parte e lasciato là. Sono state versate droghe nel suo vino. È stato un viaggio duro da fare.
Per molti aspetti, alcune di queste stesse cose sono capitate anche a te. Anche a te hanno messo droghe nel vino. Anche tu hai diviso un letto con la donna sbagliata. Anche tu sei stato ammaliato da voci magiche, voci dolci con strane melodie. Anche tu sei arrivato tanto lontano e sei stato risoffiato altrettanto lontano. E anche tu hai rischiato grosso. Hai fatto arrabbiare persone che non avresti dovuto. E hai vagato per questo Paese in lungo e in largo. E hai anche sentito quel vento contrario, quello che non porta nulla di buono. E non è ancora tutto.
Quando torna a casa, la situazione non è affatto migliore. Ci sono entrate canaglie e stanno approfittando dell’ospitalità di sua moglie. E ce ne sono troppi. E anche se lui è più grande di tutti loro e migliore in tutto – miglior falegname, miglior cacciatore, miglior esperto di animali, miglior marinaio – non lo salverà il suo coraggio, ma il suo inganno.
Tutti questi sbandati dovranno pagare per aver profanato il suo palazzo. Si traveste da sudicio mendicante, ma l’ultimo dei servi lo caccia a pedate dalle scale con arroganza e stupidità. L’arroganza del servo lo fa infuriare, ma lui controlla la sua rabbia. È uno contro cento, ma cadranno tutti, persino i più forti. Era Nessuno. E quando finalmente si ritrova a casa, si siede con sua moglie a raccontarle le storie.

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Dunque, che cosa significa tutto questo? Io e molti altri autori di canzoni siamo stati influenzati proprio da questi stessi temi. E possono significare un mucchio di cose differenti. Se una canzone vi tocca, questo è tutto quello che importa. Non occorre che io sappia cosa significhi una canzone. Ho scritto ogni sorta di cose nelle mie canzoni. E non sto a preoccuparmi di cosa significhi tutto questo. Quando Melville mise in un’unica storia tutti i suoi riferimenti biblici dell’antico testamento, teorie scientifiche, dottrine protestanti e tutta quella conoscenza del mare, dei velieri e delle balene, non penso che neppure lui se ne preoccupasse - cosa significa tutto questo.
John Donne, il poeta prete vissuto all’epoca di Shakespeare, scrisse queste parole: “Il Sesto e l’Abido dei suoi seni. Non di due amanti, ma di due amori, i nidi”. Non so che cosa significhi. Ma suona bene. E tu vuoi che le tue canzoni suonino bene.
Quando nell’Odissea, Odisseo incontra il famoso guerriero Achille nell’aldilà, Achille – che aveva scambiato una lunga vita piena di pace e contentezza per una breve vita ricca di onori e gloria – dice a Odisseo che era stato tutto un errore. “Sono solo morto e questo è tutto.” Non c’era stato alcun onore. Nessuna immortalità. E se avesse potuto, avrebbe scelto di tornare indietro e di essere l'umile schiavo di un fittavolo sulla terra piuttosto che essere quello che era – un re nella terra dei morti. E qualsiasi fossero le difficoltà di Odisseo nella vita, erano preferibili all’essere lì, in quel luogo morto.
Anche le canzoni sono questo. Le nostre canzoni sono vive nella terra dei vivi. Ma le canzoni sono diverse dalla letteratura. Sono fatte apposta per essere cantate, non lette. Le parole delle commedie di Shakespeare erano concepite per essere recitate sul palco. Proprio come i versi delle canzoni sono per essere cantati, non letti su una pagina. E spero che alcuni di voi coglieranno l’occasione per ascoltare quei versi nella forma in cui sono stati concepiti per essere ascoltati: in concerto, o su disco, o in qualsiasi modo oggi si ascoltano le canzoni. Torno ancora una volta a Omero, che dice: “Canta in me, o Musa, e attraverso me racconta la storia”.

NOTE
(1) Bob Dylan ha ricordato in altre occasioni il concerto di Buddy Holly cui assistette in gioventù. Ha sempre detto, però, di averlo visto a Duluth. In effetti, Buddy Holly si esibì al Duluth Nat’l Guard Armory il 31 gennaio 1959, un paio di giorni prima dell’incidente aereo in cui persero la vita anche Ritchie Valens, Big Bopper e il pilota. Qui un estratto dello speech di Dylan ai Grammy 1998, in cui ricorda appunto quell’episodio: https://www.youtube.com/watch?v=4yGh3S4wMLY

(2) In questa parte, Dylan cita alcuni famosi traditional che hanno fatto parte della sua educazione musicale. Nell’ordine, si riferisce a: “Stack a Lee”, “Frankie and Johnny”, “The Bourgeois Blues”, “John the Revelator”, “The Titanic”, “The Wild Rover”, “The Wild Colonial Boy”, T”he Unfortunate Rake”, “Matty Groves”, “Streets of Laredo”. “Stak a Lee” e “Frankie and Johnny” sono anche entrati nella sua discografia ufficiale.

(3) Nel testo originale: “Some men who receive injuries are led to God, others are led to bitterness.” Ma questa frase pare non ci sia nel libro di Melville. La citazione è quindi un falso inventato da Dylan. Fonte: https://newrepublic.com/minutes/143130/bob-dylan-fake-melville-quote-nobel-lecture

(4) Cita il ritornello del celebre traditional irlandese “Whiskey in the Jar”.



Dylan's Nobel Lecture

5 June 2017

When I first received this Nobel Prize for Literature, I got to wondering exactly how my songs related to literature. I wanted to reflect on it and see where the connection was. I'm going to try to articulate that to you. And most likely it will go in a roundabout way, but I hope what I say will be worthwhile and purposeful.

If I was to go back to the dawning of it all, I guess I'd have to start with Buddy Holly. Buddy died when I was about eighteen and he was twenty-two. From the moment I first heard him, I felt akin. I felt related, like he was an older brother. I even thought I resembled him. Buddy played the music that I loved – the music I grew up on: country western, rock ‘n' roll, and rhythm and blues. Three separate strands of music that he intertwined and infused into one genre. One brand. And Buddy wrote songs – songs that had beautiful melodies and imaginative verses. And he sang great – sang in more than a few voices. He was the archetype. Everything I wasn't and wanted to be. I saw him only but once, and that was a few days before he was gone. I had to travel a hundred miles to get to see him play, and I wasn't disappointed.

He was powerful and electrifying and had a commanding presence. I was only six feet away. He was mesmerizing. I watched his face, his hands, the way he tapped his foot, his big black glasses, the eyes behind the glasses, the way he held his guitar, the way he stood, his neat suit. Everything about him. He looked older than twenty-two. Something about him seemed permanent, and he filled me with conviction. Then, out of the blue, the most uncanny thing happened. He looked me right straight dead in the eye, and he transmitted something. Something I didn't know what. And it gave me the chills.

I think it was a day or two after that that his plane went down. And somebody – somebody I'd never seen before – handed me a Leadbelly record with the song "Cottonfields" on it. And that record changed my life right then and there. Transported me into a world I'd never known. It was like an explosion went off. Like I'd been walking in darkness and all of the sudden the darkness was illuminated. It was like somebody laid hands on me. I must have played that record a hundred times.

It was on a label I'd never heard of with a booklet inside with advertisements for other artists on the label: Sonny Terry and Brownie McGhee, the New Lost City Ramblers, Jean Ritchie, string bands. I'd never heard of any of them. But I reckoned if they were on this label with Leadbelly, they had to be good, so I needed to hear them. I wanted to know all about it and play that kind of music. I still had a feeling for the music I'd grown up with, but for right now, I forgot about it. Didn't even think about it. For the time being, it was long gone.

I hadn't left home yet, but I couldn't wait to. I wanted to learn this music and meet the people who played it. Eventually, I did leave, and I did learn to play those songs. They were different than the radio songs that I'd been listening to all along. They were more vibrant and truthful to life. With radio songs, a performer might get a hit with a roll of the dice or a fall of the cards, but that didn't matter in the folk world. Everything was a hit. All you had to do was be well versed and be able to play the melody. Some of these songs were easy, some not. I had a natural feeling for the ancient ballads and country blues, but everything else I had to learn from scratch. I was playing for small crowds, sometimes no more than four or five people in a room or on a street corner. You had to have a wide repertoire, and you had to know what to play and when. Some songs were intimate, some you had to shout to be heard.

By listening to all the early folk artists and singing the songs yourself, you pick up the vernacular. You internalize it. You sing it in the ragtime blues, work songs, Georgia sea shanties, Appalachian ballads and cowboy songs. You hear all the finer points, and you learn the details.

You know what it's all about. Takin' the pistol out and puttin' it back in your pocket. Whippin' your way through traffic, talkin' in the dark. You know that Stagger Lee was a bad man and that Frankie was a good girl. You know that Washington is a bourgeois town and you've heard the deep-pitched voice of John the Revelator and you saw the Titanic sink in a boggy creek. And you're pals with the wild Irish rover and the wild colonial boy. You heard the muffled drums and the fifes that played lowly. You've seen the lusty Lord Donald stick a knife in his wife, and a lot of your comrades have been wrapped in white linen.

I had all the vernacular down. I knew the rhetoric. None of it went over my head – the devices, the techniques, the secrets, the mysteries – and I knew all the deserted roads that it traveled on, too. I could make it all connect and move with the current of the day. When I started writing my own songs, the folk lingo was the only vocabulary that I knew, and I used it.

But I had something else as well. I had principles and sensibilities and an informed view of the world. And I had had that for a while. Learned it all in grammar school. Don Quixote, Ivanhoe, Robinson Crusoe, Gulliver's Travels, Tale of Two Cities, all the rest – typical grammar school reading that gave you a way of looking at life, an understanding of human nature, and a standard to measure things by. I took all that with me when I started composing lyrics. And the themes from those books worked their way into many of my songs, either knowingly or unintentionally. I wanted to write songs unlike anything anybody ever heard, and these themes were fundamental.

Specific books that have stuck with me ever since I read them way back in grammar school – I want to tell you about three of them: Moby Dick, All Quiet on the Western Front and The Odyssey.

Moby Dick is a fascinating book, a book that's filled with scenes of high drama and dramatic dialogue. The book makes demands on you. The plot is straightforward. The mysterious Captain Ahab – captain of a ship called the Pequod – an egomaniac with a peg leg pursuing his nemesis, the great white whale Moby Dick who took his leg. And he pursues him all the way from the Atlantic around the tip of Africa and into the Indian Ocean. He pursues the whale around both sides of the earth. It's an abstract goal, nothing concrete or definite. He calls Moby the emperor, sees him as the embodiment of evil. Ahab's got a wife and child back in Nantucket that he reminisces about now and again. You can anticipate what will happen.

The ship's crew is made up of men of different races, and any one of them who sights the whale will be given the reward of a gold coin. A lot of Zodiac symbols, religious allegory, stereotypes. Ahab encounters other whaling vessels, presses the captains for details about Moby. Have they seen him? There's a crazy prophet, Gabriel, on one of the vessels, and he predicts Ahab's doom. Says Moby is the incarnate of a Shaker god, and that any dealings with him will lead to disaster. He says that to Captain Ahab. Another ship's captain – Captain Boomer – he lost an arm to Moby. But he tolerates that, and he's happy to have survived. He can't accept Ahab's lust for vengeance.

This book tells how different men react in different ways to the same experience. A lot of Old Testament, biblical allegory: Gabriel, Rachel, Jeroboam, Bildah, Elijah. Pagan names as well: Tashtego, Flask, Daggoo, Fleece, Starbuck, Stubb, Martha's Vineyard. The Pagans are idol worshippers. Some worship little wax figures, some wooden figures. Some worship fire. The Pequod is the name of an Indian tribe.

Moby Dick is a seafaring tale. One of the men, the narrator, says, "Call me Ishmael." Somebody asks him where he's from, and he says, "It's not down on any map. True places never are." Stubb gives no significance to anything, says everything is predestined. Ishmael's been on a sailing ship his entire life. Calls the sailing ships his Harvard and Yale. He keeps his distance from people.

A typhoon hits the Pequod. Captain Ahab thinks it's a good omen. Starbuck thinks it's a bad omen, considers killing Ahab. As soon as the storm ends, a crewmember falls from the ship's mast and drowns, foreshadowing what's to come. A Quaker pacifist priest, who is actually a bloodthirsty businessman, tells Flask, "Some men who receive injuries are led to God, others are led to bitterness."

Everything is mixed in. All the myths: the Judeo Christian bible, Hindu myths, British legends, Saint George, Perseus, Hercules – they're all whalers. Greek mythology, the gory business of cutting up a whale. Lots of facts in this book, geographical knowledge, whale oil – good for coronation of royalty – noble families in the whaling industry. Whale oil is used to anoint the kings. History of the whale, phrenology, classical philosophy, pseudo-scientific theories, justification for discrimination – everything thrown in and none of it hardly rational. Highbrow, lowbrow, chasing illusion, chasing death, the great white whale, white as polar bear, white as a white man, the emperor, the nemesis, the embodiment of evil. The demented captain who actually lost his leg years ago trying to attack Moby with a knife.

We see only the surface of things. We can interpret what lies below any way we see fit. Crewmen walk around on deck listening for mermaids, and sharks and vultures follow the ship. Reading skulls and faces like you read a book. Here's a face. I'll put it in front of you. Read it if you can.

Tashtego says that he died and was reborn. His extra days are a gift. He wasn't saved by Christ, though, he says he was saved by a fellow man and a non-Christian at that. He parodies the resurrection.

When Starbuck tells Ahab that he should let bygones be bygones, the angry captain snaps back, "Speak not to me of blasphemy, man, I'd strike the sun if it insulted me." Ahab, too, is a poet of eloquence. He says, "The path to my fixed purpose is laid with iron rails whereon my soul is grooved to run." Or these lines, "All visible objects are but pasteboard masks." Quotable poetic phrases that can't be beat.

Finally, Ahab spots Moby, and the harpoons come out. Boats are lowered. Ahab's harpoon has been baptized in blood. Moby attacks Ahab's boat and destroys it. Next day, he sights Moby again. Boats are lowered again. Moby attacks Ahab's boat again. On the third day, another boat goes in. More religious allegory. He has risen. Moby attacks one more time, ramming the Pequod and sinking it. Ahab gets tangled up in the harpoon lines and is thrown out of his boat into a watery grave.

Ishmael survives. He's in the sea floating on a coffin. And that's about it. That's the whole story. That theme and all that it implies would work its way into more than a few of my songs.

All Quiet on the Western Front was another book that did. All Quiet on the Western Front is a horror story. This is a book where you lose your childhood, your faith in a meaningful world, and your concern for individuals. You're stuck in a nightmare. Sucked up into a mysterious whirlpool of death and pain. You're defending yourself from elimination. You're being wiped off the face of the map. Once upon a time you were an innocent youth with big dreams about being a concert pianist. Once you loved life and the world, and now you're shooting it to pieces.

Day after day, the hornets bite you and worms lap your blood. You're a cornered animal. You don't fit anywhere. The falling rain is monotonous. There's endless assaults, poison gas, nerve gas, morphine, burning streams of gasoline, scavenging and scabbing for food, influenza, typhus, dysentery. Life is breaking down all around you, and the shells are whistling. This is the lower region of hell. Mud, barbed wire, rat-filled trenches, rats eating the intestines of dead men, trenches filled with filth and excrement. Someone shouts, "Hey, you there. Stand and fight."

Who knows how long this mess will go on? Warfare has no limits. You're being annihilated, and that leg of yours is bleeding too much. You killed a man yesterday, and you spoke to his corpse. You told him after this is over, you'll spend the rest of your life looking after his family. Who's profiting here? The leaders and the generals gain fame, and many others profit financially. But you're doing the dirty work. One of your comrades says, "Wait a minute, where are you going?" And you say, "Leave me alone, I'll be back in a minute." Then you walk out into the woods of death hunting for a piece of sausage. You can't see how anybody in civilian life has any kind of purpose at all. All their worries, all their desires – you can't comprehend it.

More machine guns rattle, more parts of bodies hanging from wires, more pieces of arms and legs and skulls where butterflies perch on teeth, more hideous wounds, pus coming out of every pore, lung wounds, wounds too big for the body, gas-blowing cadavers, and dead bodies making retching noises. Death is everywhere. Nothing else is possible. Someone will kill you and use your dead body for target practice. Boots, too. They're your prized possession. But soon they'll be on somebody else's feet.

There's Froggies coming through the trees. Merciless bastards. Your shells are running out. "It's not fair to come at us again so soon," you say. One of your companions is laying in the dirt, and you want to take him to the field hospital. Someone else says, "You might save yourself a trip." "What do you mean?" "Turn him over, you'll see what I mean."

You wait to hear the news. You don't understand why the war isn't over. The army is so strapped for replacement troops that they're drafting young boys who are of little military use, but they're draftin' ‘em anyway because they're running out of men. Sickness and humiliation have broken your heart. You were betrayed by your parents, your schoolmasters, your ministers, and even your own government.

The general with the slowly smoked cigar betrayed you too – turned you into a thug and a murderer. If you could, you'd put a bullet in his face. The commander as well. You fantasize that if you had the money, you'd put up a reward for any man who would take his life by any means necessary. And if he should lose his life by doing that, then let the money go to his heirs. The colonel, too, with his caviar and his coffee – he's another one. Spends all his time in the officers' brothel. You'd like to see him stoned dead too. More Tommies and Johnnies with their whack fo' me daddy-o and their whiskey in the jars. You kill twenty of ‘em and twenty more will spring up in their place. It just stinks in your nostrils.

You've come to despise that older generation that sent you out into this madness, into this torture chamber. All around you, your comrades are dying. Dying from abdominal wounds, double amputations, shattered hipbones, and you think, "I'm only twenty years old, but I'm capable of killing anybody. Even my father if he came at me."

Yesterday, you tried to save a wounded messenger dog, and somebody shouted, "Don't be a fool." One Froggy is laying gurgling at your feet. You stuck him with a dagger in his stomach, but the man still lives. You know you should finish the job, but you can't. You're on the real iron cross, and a Roman soldier's putting a sponge of vinegar to your lips.

Months pass by. You go home on leave. You can't communicate with your father. He said, "You'd be a coward if you don't enlist." Your mother, too, on your way back out the door, she says, "You be careful of those French girls now." More madness. You fight for a week or a month, and you gain ten yards. And then the next month it gets taken back.

All that culture from a thousand years ago, that philosophy, that wisdom – Plato, Aristotle, Socrates – what happened to it? It should have prevented this. Your thoughts turn homeward. And once again you're a schoolboy walking through the tall poplar trees. It's a pleasant memory. More bombs dropping on you from blimps. You got to get it together now. You can't even look at anybody for fear of some miscalculable thing that might happen. The common grave. There are no other possibilities.

Then you notice the cherry blossoms, and you see that nature is unaffected by all this. Poplar trees, the red butterflies, the fragile beauty of flowers, the sun – you see how nature is indifferent to it all. All the violence and suffering of all mankind. Nature doesn't even notice it.

You're so alone. Then a piece of shrapnel hits the side of your head and you're dead.
You've been ruled out, crossed out. You've been exterminated. I put this book down and closed it up. I never wanted to read another war novel again, and I never did.

Charlie Poole from North Carolina had a song that connected to all this. It's called "You Ain't Talkin' to Me," and the lyrics go like this:

I saw a sign in a window walking up town one day.
Join the army, see the world is what it had to say.
You'll see exciting places with a jolly crew,
You'll meet interesting people, and learn to kill them too.
Oh you ain't talkin' to me, you ain't talking to me.
I may be crazy and all that, but I got good sense you see.
You ain't talkin' to me, you ain't talkin' to me.
Killin' with a gun don't sound like fun.
You ain't talkin' to me.

The Odyssey is a great book whose themes have worked its way into the ballads of a lot of songwriters: "Homeward Bound, "Green, Green Grass of Home," "Home on the Range," and my songs as well.

The Odyssey is a strange, adventurous tale of a grown man trying to get home after fighting in a war. He's on that long journey home, and it's filled with traps and pitfalls. He's cursed to wander. He's always getting carried out to sea, always having close calls. Huge chunks of boulders rock his boat. He angers people he shouldn't. There's troublemakers in his crew. Treachery. His men are turned into pigs and then are turned back into younger, more handsome men. He's always trying to rescue somebody. He's a travelin' man, but he's making a lot of stops.

He's stranded on a desert island. He finds deserted caves, and he hides in them. He meets giants that say, "I'll eat you last." And he escapes from giants. He's trying to get back home, but he's tossed and turned by the winds. Restless winds, chilly winds, unfriendly winds. He travels far, and then he gets blown back.

He's always being warned of things to come. Touching things he's told not to. There's two roads to take, and they're both bad. Both hazardous. On one you could drown and on the other you could starve. He goes into the narrow straits with foaming whirlpools that swallow him. Meets six-headed monsters with sharp fangs. Thunderbolts strike at him. Overhanging branches that he makes a leap to reach for to save himself from a raging river. Goddesses and gods protect him, but some others want to kill him. He changes identities. He's exhausted. He falls asleep, and he's woken up by the sound of laughter. He tells his story to strangers. He's been gone twenty years. He was carried off somewhere and left there. Drugs have been dropped into his wine. It's been a hard road to travel.

In a lot of ways, some of these same things have happened to you. You too have had drugs dropped into your wine. You too have shared a bed with the wrong woman. You too have been spellbound by magical voices, sweet voices with strange melodies. You too have come so far and have been so far blown back. And you've had close calls as well. You have angered people you should not have. And you too have rambled this country all around. And you've also felt that ill wind, the one that blows you no good. And that's still not all of it.

When he gets back home, things aren't any better. Scoundrels have moved in and are taking advantage of his wife's hospitality. And there's too many of ‘em. And though he's greater than them all and the best at everything – best carpenter, best hunter, best expert on animals, best seaman – his courage won't save him, but his trickery will.

All these stragglers will have to pay for desecrating his palace. He'll disguise himself as a filthy beggar, and a lowly servant kicks him down the steps with arrogance and stupidity. The servant's arrogance revolts him, but he controls his anger. He's one against a hundred, but they'll all fall, even the strongest. He was nobody. And when it's all said and done, when he's home at last, he sits with his wife, and he tells her the stories.

So what does it all mean? Myself and a lot of other songwriters have been influenced by these very same themes. And they can mean a lot of different things. If a song moves you, that's all that's important. I don't have to know what a song means. I've written all kinds of things into my songs. And I'm not going to worry about it – what it all means. When Melville put all his old testament, biblical references, scientific theories, Protestant doctrines, and all that knowledge of the sea and sailing ships and whales into one story, I don't think he would have worried about it either – what it all means.

John Donne as well, the poet-priest who lived in the time of Shakespeare, wrote these words, "The Sestos and Abydos of her breasts. Not of two lovers, but two loves, the nests." I don't know what it means, either. But it sounds good. And you want your songs to sound good.

When Odysseus in The Odyssey visits the famed warrior Achilles in the underworld – Achilles, who traded a long life full of peace and contentment for a short one full of honor and glory – tells Odysseus it was all a mistake. "I just died, that's all." There was no honor. No immortality. And that if he could, he would choose to go back and be a lowly slave to a tenant farmer on Earth rather than be what he is – a king in the land of the dead – that whatever his struggles of life were, they were preferable to being here in this dead place.

That's what songs are too. Our songs are alive in the land of the living. But songs are unlike literature. They're meant to be sung, not read. The words in Shakespeare's plays were meant to be acted on the stage. Just as lyrics in songs are meant to be sung, not read on a page. And I hope some of you get the chance to listen to these lyrics the way they were intended to be heard: in concert or on record or however people are listening to songs these days. I return once again to Homer, who says, "Sing in me, oh Muse, and through me tell the story."

(Fonte: https://www.nobelprize.org/nobel_prizes/literature/laureates/2016/dylan-lecture.html)


 

 
Sabato 10 Giugno 2017

Rapallo: Stasera alla Biblioteca Internazionale incontro sul Nobel a Dylan  clicca qui

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Talkin' 10152 - miscio.tux

Caro Mr.Tambourine,
il discorso Nobel di Dylan è molto interessante, ma è destino che quando lui apre bocca ce ne viene sempre una gamba. Alcuni hanno cominciato a notare che “You Ain't Talkin' to Me” , attribuita a Charlie Poole, non ha per niente quel testo.
Il refuso può provenire da:
http://antiwarsongs.org/canzone.php?id=8269&lang=it
sito pieno di imprecisioni. La discussione lì contenuta svela che l'errore commesso nel 2008 viene individuato proprio grazie al discorso di Dylan.
Si tratta di una modificazione del testo di Poole del 1927 fatta nel 2002 da Jim Krause, un collaboratore del Mudcat Cafè, gruppo di discussione sulla musica tradizionale:
http://www.mudcat.org/thread.cfm?threadid=54088&messages=34#838406
Nemmeno la versione di Poole è originale, ma fu registrata da Eddie Morton nel 1909, versione che a sua volta era apparentemente basata su “I May Be Crazy but I Ain't No Fool”, scritta per Bert Williams nel 1904 da un altro compositore di colore, Alex Rogers (fonte:Before Elvis: The Prehistory of Rock 'n' Roll, di Larry Birnbaum p.192)
Ora mi chiedo, può trattarsi semplicemente di un errore di Dylan? Il dubbio mi viene pensando a come egli può essere venuto a conoscenza del testo di Krause, che compare esclusivamente nei due siti sopra citati. Possibile che Dylan sia così poco a conoscenza di un autore come Charlie Poole, considerato il Robert Johnson del country, da doversi informare su antiwarsongs.org ? (L'altro sito è da escludere, dato che lì viene esplicitamente presentato come uno scritto da Krause).La domanda è retorica, perché lo conosce piuttosto bene, visto che nell'episodio 52 di Theme Time Radio Hour, di lui dice: “E' interessante notare che spesso quando Charlie Poole suonava dal vivo, oscurava parte dei testi mentre cantava. Obbligava gli ascoltatori a comprare i suoi dischi, semplicemente per poter sapere quel che stava cantando.
Era conosciuto come artista country, così ha registrato soprattutto questo genere, ma se lo si vedeva dal vivo, si poteva sentire un misto di minstrel songs, ballate Vittoriane, numeri umoristici di tipo burlesque, così come la country music d'epoca.
Se si vuol essere precisi, il testo citato da Dylan è proprio quello di antiwarsongs.org, che è leggerissimamente diverso da quello originale di Krause. Questa è quindi l'unica fonte possibile.
Un altro dubbio mi viene pensando che una frase come “Join the army, see the world is what it had to say./You'll see exciting places with a jolly crew/You'll meet interesting people, and learn to kill them too.”(“Vai nell' esercito, vedi il mondo diceva./Vedrai luoghi emozionanti con un' allegra compagnia/Incontrerai persone interessanti e imparerai a ucciderle.”) suona evidentemente un po' troppo moderna e antisistema per il 1927.
Krause interpola frasi dell'immaginario collettivo che circolano a partire dagli anni 70, basta controllare qui:
http://www.barrypopik.com/index.php/new_york_city/entry/join_the_army_travel_the world_meet_interesting_people_and_kill_them 
Da qui si vede pure che una citazione di questo genere è presente anche nel film “Full Metal Jacket” del 1987.( https://www.youtube.com/watch?v=iZ-HE0NnlvM  ).
Come può Dylan non controllare la fonte, dato che sta scrivendo un testo che ragionevolmente non passerà inosservato, testo citato una sola volta su internet, e testo oltretutto, di una canzone che non può aver mai ascoltato, dato che non è mai stata eseguita da nessuno con quelle parole?
Possiamo aggiungere che la vera versione di “You Ain't Talkin' to Me” di Charlie Poole, era contenuta pure in un disco del 2005, (Charlie Poole ‎– You Ain't Talkin' To Me: Charlie Poole And The Roots Of Country Music) nominato a tre Grammy, ed escluderei che Dylan non l'abbia mai sentito.
Personalmente penso che rimangano pochi dubbi: se si sommano gli indizi mi sentirei di concludere che Dylan è cosciente di citare un fake.
Nelle Cronache ci ha già abituato a questi giochetti. Restano da decifrare i motivi. In parte potrebbe averceli già spiegati.
Più importante (o almeno altrettanto importante) di ciò che un testo dice che l'autore non controlla mai completamente, è quello che noi vogliamo che dica.
E a quel punto dell'esposizione ci stava proprio bene. In fondo è anche quello che facciamo noi, quando interpretiamo un testo dylaniano, con tutto quello che ci vediamo dentro. Naturalmente l'argomento merita ben altro approfondimento, per cui concludo qui, lasciando spremere le meningi a qualcun altro.
Ciao, Miscio.

Caro Miscio, tutto il tuo ragionamento ha una certa logica e sembra inattaccabile, ma rimane sempre il fatto che Dylan potrebbe aver citato a memoria un fatto del passato e l'imprecisione ci potrebbe anche stare. Se Dylan dovesse controllare su Internet tutto ciò che dice forse verso la fine del mondo sarebbe ancora davanti al PC per controllare! Scherzi a parte, non credo che la differenza di testo citata da Dylan, e da te così abilmente messa in risalto, abbia una importanza fondamentale, anche se Dylan fosse cosciente di aver citato un fake non sarebbe nè il primo e forse nemmeno l'ultimo, quante versioni diverse ha fornito del suo falso incidente motociclistico? Ma in fondo dobbiamo chiederci se è una parte fondamentale del suo discorso o solo una citazione di passaggio. A breve avrò la traduzione completa della sua Nobel Lecture e così potremo farci un'idea più attinente a ciò che Bob ha voluto dire. Ti faccio notare che deve essere terribile dire qualcosa ed avere mezzo mondo multimediale che controlla parola per parola ciò che hai detto. Questro non ti farebbe davvero venir voglia di citare a bella posta una sfilza di fake da far impazzire i meticolosi ricercatori di imprecisioni dylaniane? Un grande grazie per la meticolosa ricerca alla quale non è certamente facile dare una risposta. Alla prossima, live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

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Talkin' 10151 - calabriaminimum

Ciao Mr.Tambourine,
ho letto il tuo appello per la traduzione della Nobel Lecture. Sto cercando la stessa cosa e per il momento ho raccolto alcuni brani della traduzione in questo post. Servitene pure... Un abbraccio!

http://grecodario.blogspot.it/2017/06/bob-dylan-2016-nobel-lecture-in.html

Dario Twist of Fate

Ti ringrazio caro Twist of Fate, ma preferisco che i nostri Maggiesfarmers leggano l'articolo direttamente sul tuo blog, ogni fatica merita un riconoscimento! Una abbraccio anche a te, alla prossima, Mr.Tambourine, :o)

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Ecco una selezione di articoli concernenti la Dylan Nobel Lecture               clicca qui

 

 
Venerdì 9 Giugno 2017

Talkin' 10150 - fabio.tosti

Buongiorno,
volevo segnalarvi questa iniziativa che si terrà a Roma martedì 13 Giugno prossimo.
Durante la serata ci sarà una discussione sulla figura del personaggio e dell’uomo, verranno inoltre eseguiti quattro brani live con i quali saranno ripercorse le varie fasi dell’artista.
Vi sarei molto grato se vorrete pubblicizzare l’iniziativa attraverso il vostro apprezzatissimo canale.
Grazie e Saluti, Fabio Tosti.

E' sempre un piacere sapere e far sapere che c'è qualcuno che organizza serate a tema dylaniano. Certamente i fans romani apprezzeranno. Grazie per la segnalazione, live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

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Talkin' 10149 - mauriziolongo

Ciao Mr.Tambourine,
non c'è più nulla di inedito da FBD, dopo che Sony nel 2012 ha pubblicato il quadruplo CD che vedi nella foto !


 

Caro Maurizio, da fan-dylaniano dovresti sapere che con Bob non bisogna mai fare previsioni!!! Gli inediti di Dylan finiranno quando finirà il mondo! Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

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Talkin' 10148 - dinve56

Salve Mr. Tambourine,
sull'onda del tg2, in attesa di leggere sul sito la lectio magistralis del Nostro, condivido con voi l'emozione che ho provato, pochi istanti fa, nel vederlo come è oggi...invecchiato ma riconoscibilissimo, sorridente e in forma. Il sunto che il tg2 ha trasmesso sulla registrazione, svolta a Los Angeles ed inviata a Stoccolma, della sua lectio, è molto interessante. Aspettiamo di leggerla. A presto. Buona serata e lunga vita! Carla.

Spero davvero che qualcuno se la senta di caricarsi sulle spalle la fatica di questa traduzione assai lunga in modo che tutti possiamo goderne. Restiamo in attesa, come si suol dire, tutto arriva a chi sa aspettare! Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

 

 
Giovedì 8 Giugno 2017

Ecco il testo completo del discorso inciso su video ed inviato da Dylan alla Nobel Prize Organization. Se qualcuno dei nostri fantastici amici Maggiesfarmers ci facesse avere la traduzione in italiano a beneficio di tutti farebbe un'opera molto importante. Io non mi sento in grado di fare una traduzione corretta col mio inglese appena oltre "the pen is on the table", ma spero che qualcuno di voi abbia la volontà di fare questo lavoro che entrerà di diritto negli archivi di Maggie's Farm.  Un grande grazie in anticipo e restiamo tutti in attesa!

Dylan's Nobel Lecture

5 June 2017

When I first received this Nobel Prize for Literature, I got to wondering exactly how my songs related to literature. I wanted to reflect on it and see where the connection was. I'm going to try to articulate that to you. And most likely it will go in a roundabout way, but I hope what I say will be worthwhile and purposeful.

If I was to go back to the dawning of it all, I guess I'd have to start with Buddy Holly. Buddy died when I was about eighteen and he was twenty-two. From the moment I first heard him, I felt akin. I felt related, like he was an older brother. I even thought I resembled him. Buddy played the music that I loved – the music I grew up on: country western, rock ‘n' roll, and rhythm and blues. Three separate strands of music that he intertwined and infused into one genre. One brand. And Buddy wrote songs – songs that had beautiful melodies and imaginative verses. And he sang great – sang in more than a few voices. He was the archetype. Everything I wasn't and wanted to be. I saw him only but once, and that was a few days before he was gone. I had to travel a hundred miles to get to see him play, and I wasn't disappointed.

He was powerful and electrifying and had a commanding presence. I was only six feet away. He was mesmerizing. I watched his face, his hands, the way he tapped his foot, his big black glasses, the eyes behind the glasses, the way he held his guitar, the way he stood, his neat suit. Everything about him. He looked older than twenty-two. Something about him seemed permanent, and he filled me with conviction. Then, out of the blue, the most uncanny thing happened. He looked me right straight dead in the eye, and he transmitted something. Something I didn't know what. And it gave me the chills.

I think it was a day or two after that that his plane went down. And somebody – somebody I'd never seen before – handed me a Leadbelly record with the song "Cottonfields" on it. And that record changed my life right then and there. Transported me into a world I'd never known. It was like an explosion went off. Like I'd been walking in darkness and all of the sudden the darkness was illuminated. It was like somebody laid hands on me. I must have played that record a hundred times.

It was on a label I'd never heard of with a booklet inside with advertisements for other artists on the label: Sonny Terry and Brownie McGhee, the New Lost City Ramblers, Jean Ritchie, string bands. I'd never heard of any of them. But I reckoned if they were on this label with Leadbelly, they had to be good, so I needed to hear them. I wanted to know all about it and play that kind of music. I still had a feeling for the music I'd grown up with, but for right now, I forgot about it. Didn't even think about it. For the time being, it was long gone.

I hadn't left home yet, but I couldn't wait to. I wanted to learn this music and meet the people who played it. Eventually, I did leave, and I did learn to play those songs. They were different than the radio songs that I'd been listening to all along. They were more vibrant and truthful to life. With radio songs, a performer might get a hit with a roll of the dice or a fall of the cards, but that didn't matter in the folk world. Everything was a hit. All you had to do was be well versed and be able to play the melody. Some of these songs were easy, some not. I had a natural feeling for the ancient ballads and country blues, but everything else I had to learn from scratch. I was playing for small crowds, sometimes no more than four or five people in a room or on a street corner. You had to have a wide repertoire, and you had to know what to play and when. Some songs were intimate, some you had to shout to be heard.

By listening to all the early folk artists and singing the songs yourself, you pick up the vernacular. You internalize it. You sing it in the ragtime blues, work songs, Georgia sea shanties, Appalachian ballads and cowboy songs. You hear all the finer points, and you learn the details.

You know what it's all about. Takin' the pistol out and puttin' it back in your pocket. Whippin' your way through traffic, talkin' in the dark. You know that Stagger Lee was a bad man and that Frankie was a good girl. You know that Washington is a bourgeois town and you've heard the deep-pitched voice of John the Revelator and you saw the Titanic sink in a boggy creek. And you're pals with the wild Irish rover and the wild colonial boy. You heard the muffled drums and the fifes that played lowly. You've seen the lusty Lord Donald stick a knife in his wife, and a lot of your comrades have been wrapped in white linen.

I had all the vernacular down. I knew the rhetoric. None of it went over my head – the devices, the techniques, the secrets, the mysteries – and I knew all the deserted roads that it traveled on, too. I could make it all connect and move with the current of the day. When I started writing my own songs, the folk lingo was the only vocabulary that I knew, and I used it.

But I had something else as well. I had principles and sensibilities and an informed view of the world. And I had had that for a while. Learned it all in grammar school. Don Quixote, Ivanhoe, Robinson Crusoe, Gulliver's Travels, Tale of Two Cities, all the rest – typical grammar school reading that gave you a way of looking at life, an understanding of human nature, and a standard to measure things by. I took all that with me when I started composing lyrics. And the themes from those books worked their way into many of my songs, either knowingly or unintentionally. I wanted to write songs unlike anything anybody ever heard, and these themes were fundamental.

Specific books that have stuck with me ever since I read them way back in grammar school – I want to tell you about three of them: Moby Dick, All Quiet on the Western Front and The Odyssey.

Moby Dick is a fascinating book, a book that's filled with scenes of high drama and dramatic dialogue. The book makes demands on you. The plot is straightforward. The mysterious Captain Ahab – captain of a ship called the Pequod – an egomaniac with a peg leg pursuing his nemesis, the great white whale Moby Dick who took his leg. And he pursues him all the way from the Atlantic around the tip of Africa and into the Indian Ocean. He pursues the whale around both sides of the earth. It's an abstract goal, nothing concrete or definite. He calls Moby the emperor, sees him as the embodiment of evil. Ahab's got a wife and child back in Nantucket that he reminisces about now and again. You can anticipate what will happen.

The ship's crew is made up of men of different races, and any one of them who sights the whale will be given the reward of a gold coin. A lot of Zodiac symbols, religious allegory, stereotypes. Ahab encounters other whaling vessels, presses the captains for details about Moby. Have they seen him? There's a crazy prophet, Gabriel, on one of the vessels, and he predicts Ahab's doom. Says Moby is the incarnate of a Shaker god, and that any dealings with him will lead to disaster. He says that to Captain Ahab. Another ship's captain – Captain Boomer – he lost an arm to Moby. But he tolerates that, and he's happy to have survived. He can't accept Ahab's lust for vengeance.

This book tells how different men react in different ways to the same experience. A lot of Old Testament, biblical allegory: Gabriel, Rachel, Jeroboam, Bildah, Elijah. Pagan names as well: Tashtego, Flask, Daggoo, Fleece, Starbuck, Stubb, Martha's Vineyard. The Pagans are idol worshippers. Some worship little wax figures, some wooden figures. Some worship fire. The Pequod is the name of an Indian tribe.

Moby Dick is a seafaring tale. One of the men, the narrator, says, "Call me Ishmael." Somebody asks him where he's from, and he says, "It's not down on any map. True places never are." Stubb gives no significance to anything, says everything is predestined. Ishmael's been on a sailing ship his entire life. Calls the sailing ships his Harvard and Yale. He keeps his distance from people.

A typhoon hits the Pequod. Captain Ahab thinks it's a good omen. Starbuck thinks it's a bad omen, considers killing Ahab. As soon as the storm ends, a crewmember falls from the ship's mast and drowns, foreshadowing what's to come. A Quaker pacifist priest, who is actually a bloodthirsty businessman, tells Flask, "Some men who receive injuries are led to God, others are led to bitterness."

Everything is mixed in. All the myths: the Judeo Christian bible, Hindu myths, British legends, Saint George, Perseus, Hercules – they're all whalers. Greek mythology, the gory business of cutting up a whale. Lots of facts in this book, geographical knowledge, whale oil – good for coronation of royalty – noble families in the whaling industry. Whale oil is used to anoint the kings. History of the whale, phrenology, classical philosophy, pseudo-scientific theories, justification for discrimination – everything thrown in and none of it hardly rational. Highbrow, lowbrow, chasing illusion, chasing death, the great white whale, white as polar bear, white as a white man, the emperor, the nemesis, the embodiment of evil. The demented captain who actually lost his leg years ago trying to attack Moby with a knife.

We see only the surface of things. We can interpret what lies below any way we see fit. Crewmen walk around on deck listening for mermaids, and sharks and vultures follow the ship. Reading skulls and faces like you read a book. Here's a face. I'll put it in front of you. Read it if you can.

Tashtego says that he died and was reborn. His extra days are a gift. He wasn't saved by Christ, though, he says he was saved by a fellow man and a non-Christian at that. He parodies the resurrection.

When Starbuck tells Ahab that he should let bygones be bygones, the angry captain snaps back, "Speak not to me of blasphemy, man, I'd strike the sun if it insulted me." Ahab, too, is a poet of eloquence. He says, "The path to my fixed purpose is laid with iron rails whereon my soul is grooved to run." Or these lines, "All visible objects are but pasteboard masks." Quotable poetic phrases that can't be beat.

Finally, Ahab spots Moby, and the harpoons come out. Boats are lowered. Ahab's harpoon has been baptized in blood. Moby attacks Ahab's boat and destroys it. Next day, he sights Moby again. Boats are lowered again. Moby attacks Ahab's boat again. On the third day, another boat goes in. More religious allegory. He has risen. Moby attacks one more time, ramming the Pequod and sinking it. Ahab gets tangled up in the harpoon lines and is thrown out of his boat into a watery grave.

Ishmael survives. He's in the sea floating on a coffin. And that's about it. That's the whole story. That theme and all that it implies would work its way into more than a few of my songs.

All Quiet on the Western Front was another book that did. All Quiet on the Western Front is a horror story. This is a book where you lose your childhood, your faith in a meaningful world, and your concern for individuals. You're stuck in a nightmare. Sucked up into a mysterious whirlpool of death and pain. You're defending yourself from elimination. You're being wiped off the face of the map. Once upon a time you were an innocent youth with big dreams about being a concert pianist. Once you loved life and the world, and now you're shooting it to pieces.

Day after day, the hornets bite you and worms lap your blood. You're a cornered animal. You don't fit anywhere. The falling rain is monotonous. There's endless assaults, poison gas, nerve gas, morphine, burning streams of gasoline, scavenging and scabbing for food, influenza, typhus, dysentery. Life is breaking down all around you, and the shells are whistling. This is the lower region of hell. Mud, barbed wire, rat-filled trenches, rats eating the intestines of dead men, trenches filled with filth and excrement. Someone shouts, "Hey, you there. Stand and fight."

Who knows how long this mess will go on? Warfare has no limits. You're being annihilated, and that leg of yours is bleeding too much. You killed a man yesterday, and you spoke to his corpse. You told him after this is over, you'll spend the rest of your life looking after his family. Who's profiting here? The leaders and the generals gain fame, and many others profit financially. But you're doing the dirty work. One of your comrades says, "Wait a minute, where are you going?" And you say, "Leave me alone, I'll be back in a minute." Then you walk out into the woods of death hunting for a piece of sausage. You can't see how anybody in civilian life has any kind of purpose at all. All their worries, all their desires – you can't comprehend it.

More machine guns rattle, more parts of bodies hanging from wires, more pieces of arms and legs and skulls where butterflies perch on teeth, more hideous wounds, pus coming out of every pore, lung wounds, wounds too big for the body, gas-blowing cadavers, and dead bodies making retching noises. Death is everywhere. Nothing else is possible. Someone will kill you and use your dead body for target practice. Boots, too. They're your prized possession. But soon they'll be on somebody else's feet.

There's Froggies coming through the trees. Merciless bastards. Your shells are running out. "It's not fair to come at us again so soon," you say. One of your companions is laying in the dirt, and you want to take him to the field hospital. Someone else says, "You might save yourself a trip." "What do you mean?" "Turn him over, you'll see what I mean."

You wait to hear the news. You don't understand why the war isn't over. The army is so strapped for replacement troops that they're drafting young boys who are of little military use, but they're draftin' ‘em anyway because they're running out of men. Sickness and humiliation have broken your heart. You were betrayed by your parents, your schoolmasters, your ministers, and even your own government.

The general with the slowly smoked cigar betrayed you too – turned you into a thug and a murderer. If you could, you'd put a bullet in his face. The commander as well. You fantasize that if you had the money, you'd put up a reward for any man who would take his life by any means necessary. And if he should lose his life by doing that, then let the money go to his heirs. The colonel, too, with his caviar and his coffee – he's another one. Spends all his time in the officers' brothel. You'd like to see him stoned dead too. More Tommies and Johnnies with their whack fo' me daddy-o and their whiskey in the jars. You kill twenty of ‘em and twenty more will spring up in their place. It just stinks in your nostrils.

You've come to despise that older generation that sent you out into this madness, into this torture chamber. All around you, your comrades are dying. Dying from abdominal wounds, double amputations, shattered hipbones, and you think, "I'm only twenty years old, but I'm capable of killing anybody. Even my father if he came at me."

Yesterday, you tried to save a wounded messenger dog, and somebody shouted, "Don't be a fool." One Froggy is laying gurgling at your feet. You stuck him with a dagger in his stomach, but the man still lives. You know you should finish the job, but you can't. You're on the real iron cross, and a Roman soldier's putting a sponge of vinegar to your lips.

Months pass by. You go home on leave. You can't communicate with your father. He said, "You'd be a coward if you don't enlist." Your mother, too, on your way back out the door, she says, "You be careful of those French girls now." More madness. You fight for a week or a month, and you gain ten yards. And then the next month it gets taken back.

All that culture from a thousand years ago, that philosophy, that wisdom – Plato, Aristotle, Socrates – what happened to it? It should have prevented this. Your thoughts turn homeward. And once again you're a schoolboy walking through the tall poplar trees. It's a pleasant memory. More bombs dropping on you from blimps. You got to get it together now. You can't even look at anybody for fear of some miscalculable thing that might happen. The common grave. There are no other possibilities.

Then you notice the cherry blossoms, and you see that nature is unaffected by all this. Poplar trees, the red butterflies, the fragile beauty of flowers, the sun – you see how nature is indifferent to it all. All the violence and suffering of all mankind. Nature doesn't even notice it.

You're so alone. Then a piece of shrapnel hits the side of your head and you're dead.
You've been ruled out, crossed out. You've been exterminated. I put this book down and closed it up. I never wanted to read another war novel again, and I never did.

Charlie Poole from North Carolina had a song that connected to all this. It's called "You Ain't Talkin' to Me," and the lyrics go like this:

I saw a sign in a window walking up town one day.
Join the army, see the world is what it had to say.
You'll see exciting places with a jolly crew,
You'll meet interesting people, and learn to kill them too.
Oh you ain't talkin' to me, you ain't talking to me.
I may be crazy and all that, but I got good sense you see.
You ain't talkin' to me, you ain't talkin' to me.
Killin' with a gun don't sound like fun.
You ain't talkin' to me.

The Odyssey is a great book whose themes have worked its way into the ballads of a lot of songwriters: "Homeward Bound, "Green, Green Grass of Home," "Home on the Range," and my songs as well.

The Odyssey is a strange, adventurous tale of a grown man trying to get home after fighting in a war. He's on that long journey home, and it's filled with traps and pitfalls. He's cursed to wander. He's always getting carried out to sea, always having close calls. Huge chunks of boulders rock his boat. He angers people he shouldn't. There's troublemakers in his crew. Treachery. His men are turned into pigs and then are turned back into younger, more handsome men. He's always trying to rescue somebody. He's a travelin' man, but he's making a lot of stops.

He's stranded on a desert island. He finds deserted caves, and he hides in them. He meets giants that say, "I'll eat you last." And he escapes from giants. He's trying to get back home, but he's tossed and turned by the winds. Restless winds, chilly winds, unfriendly winds. He travels far, and then he gets blown back.

He's always being warned of things to come. Touching things he's told not to. There's two roads to take, and they're both bad. Both hazardous. On one you could drown and on the other you could starve. He goes into the narrow straits with foaming whirlpools that swallow him. Meets six-headed monsters with sharp fangs. Thunderbolts strike at him. Overhanging branches that he makes a leap to reach for to save himself from a raging river. Goddesses and gods protect him, but some others want to kill him. He changes identities. He's exhausted. He falls asleep, and he's woken up by the sound of laughter. He tells his story to strangers. He's been gone twenty years. He was carried off somewhere and left there. Drugs have been dropped into his wine. It's been a hard road to travel.

In a lot of ways, some of these same things have happened to you. You too have had drugs dropped into your wine. You too have shared a bed with the wrong woman. You too have been spellbound by magical voices, sweet voices with strange melodies. You too have come so far and have been so far blown back. And you've had close calls as well. You have angered people you should not have. And you too have rambled this country all around. And you've also felt that ill wind, the one that blows you no good. And that's still not all of it.

When he gets back home, things aren't any better. Scoundrels have moved in and are taking advantage of his wife's hospitality. And there's too many of ‘em. And though he's greater than them all and the best at everything – best carpenter, best hunter, best expert on animals, best seaman – his courage won't save him, but his trickery will.

All these stragglers will have to pay for desecrating his palace. He'll disguise himself as a filthy beggar, and a lowly servant kicks him down the steps with arrogance and stupidity. The servant's arrogance revolts him, but he controls his anger. He's one against a hundred, but they'll all fall, even the strongest. He was nobody. And when it's all said and done, when he's home at last, he sits with his wife, and he tells her the stories.

So what does it all mean? Myself and a lot of other songwriters have been influenced by these very same themes. And they can mean a lot of different things. If a song moves you, that's all that's important. I don't have to know what a song means. I've written all kinds of things into my songs. And I'm not going to worry about it – what it all means. When Melville put all his old testament, biblical references, scientific theories, Protestant doctrines, and all that knowledge of the sea and sailing ships and whales into one story, I don't think he would have worried about it either – what it all means.

John Donne as well, the poet-priest who lived in the time of Shakespeare, wrote these words, "The Sestos and Abydos of her breasts. Not of two lovers, but two loves, the nests." I don't know what it means, either. But it sounds good. And you want your songs to sound good.

When Odysseus in The Odyssey visits the famed warrior Achilles in the underworld – Achilles, who traded a long life full of peace and contentment for a short one full of honor and glory – tells Odysseus it was all a mistake. "I just died, that's all." There was no honor. No immortality. And that if he could, he would choose to go back and be a lowly slave to a tenant farmer on Earth rather than be what he is – a king in the land of the dead – that whatever his struggles of life were, they were preferable to being here in this dead place.

That's what songs are too. Our songs are alive in the land of the living. But songs are unlike literature. They're meant to be sung, not read. The words in Shakespeare's plays were meant to be acted on the stage. Just as lyrics in songs are meant to be sung, not read on a page. And I hope some of you get the chance to listen to these lyrics the way they were intended to be heard: in concert or on record or however people are listening to songs these days. I return once again to Homer, who says, "Sing in me, oh Muse, and through me tell the story."

(Fonte: https://www.nobelprize.org/nobel_prizes/literature/laureates/2016/dylan-lecture.html)

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Talkin' 10147 - dinve56

Buongiorno Mr. Tambourine,
tutto il mio plauso per aver postato la recensione del libro-memoria di Suze Rotolo, tradotto dall'editrice Caissa. Suze, morta di recente, è l'immagine senza tempo della bellezza e della dolcezza del nostro popolo, dell'intelligenza con cui esso si è integrato nella aspra e dura società americana del secolo scorso. Corro in libreria ad acquistarlo. Grazie! Lunga vita, soprattutto al sito, che veicola conoscenza e cultura. Carla.

P.S. Come erano belli Suze e Bob! L'immagine eterna della gioventù. Se non ci fossero le auto lungo i margini della strada a contestualizzare la fotografia, potrebbero essere due ragazzi di oggi.

Ho appena ricevuto il libro e lo sto leggendo, così a breve potrò scrivere le mie impressioni e naturalmente tu ci scriverai le tue. Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

 

 
Mercoledì 7 Giugno 2017

La "Lectio Magistralis" di Bob Dylan

 

https://www.youtube.com/watch?v=3Zf04vnVPfM

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Talkin' 10146 - enniobianco

Buongiorno,
Abbiamo appena pubblicato una recensione del libro "Dylan classico" di Antonia Piva nel nostro sito: http://www.premiocomisso.it/
http://www.premiocomisso.it/sono-un-ladro-di-pensieri-di-federica-augusta-rossi/

Ve ne diamo comunicazione perché pensiamo possa essere interessante come notizia per voi che siete il punto di riferimento più importante su questo tema ed anche perché, se ci autorizzate, potremmo inserire il vostro link alla fine dell'articolo.
Fateci sapere. A presto.
Ennio Bianco, Presidente del Premio Comisso

Gentilissimo Presidente, mi permetta prima di tutto di ringraziarla per la sua squisita cortesia. La ringrazio inoltre anche a nome di tutti i Maggiesfarmers che giorno dopo giorno, da quasi vent'anni, hanno contribuito e continuano tuttora a rendere Maggie's Farm un punto di riferimento importante nel mondo dylaniano italiano. Saremo davvero contenti si linkerete il nostro sito alla fine del vostro articolo. Colgo l'occasione per ringraziare anche l'autrice Antonia Piva per aver scritto il libro "Dylan classico" che certamente sarà gradito a molti fans dylaniani che seguono Maggie's Farm tutti i giorni. Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

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Talkin' 10145 - giannaza

Ciao Mr. Tambourine,
molto utile la rievocazione di Freewheelin'. Giusto una precisazione su The Madhouse on Castle Street. Si trattava di un dramma scritto da Evan Jones e diretto da Philip Saville (nomi di rilievo nel cinema) per la BBC.Tra gli interpreti anche David Warner (che sarebbe poi diventato famoso). Bob Dylan cantava Blowin' in the Wind, due traditional (Hang Me Oh Hang Me e The Cuckoo Bird) e poi, molto interessante, una canzone che ha interpretato solo lì, The Ballad of the Gliding Swan, scritta da Evan Jones e modificata da Dylan. Se è vero che purtroppo del filmato non vi è più alcuna traccia dato che la BBC ha cancellato i nastri qualche anno dopo la messa in onda, esistono invece registrazioni di fortuna di parte del "cantato". In particolare è interessante - e per niente difficile (ormai la si trova anche su YouTube) - ascoltare The Ballad of the Gliding Swan.
Cordialità e sempre complimenti, Rudy Salvagnini.

Grazie per la precisazione Rudy. Per chi non ne fosse bene al corrente può leggere la storia qui:

http://www.maggiesfarm.eu/testiB/balladoftheglidingswan22.htm

E questa è la clip che è possibile ascoltare su youtube:

 

https://www.youtube.com/watch?v=z3Cr8UUaB28

Seguo ancora il tuo Blog, http://rudysalvagnini.blogspot.it/ , quando riesco a trovare un pò di tempo per sganciarmi da Maggie's, vedo compiaciuto che hai postato anche tu il video della "Lectio Magistralis" di Bob. Mi raccomando, quando scrivi qualcosa su Bob avvisami così che possa postare il link sulla Fattoria. Un salutone, Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

 

 
Martedì 6 Giugno 2017

Talkin' 10144 - roccosaracino72

Bob Dylan ha inviato il suo discorso per il Premio Nobel.                                                                          clicca qui

Grazie per la segnalazione Rocco, live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

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Talkin' 10143 - dinve56

Buongiorno Mr. Tambourine,
ultra complimenti per il sito! Hai ragione quando dici che ogni fan di Dylan è un po' un mondo a sè, ma ci sono, sul sito, rendiconti, osservazioni, critiche sempre discutibili, mai banali. Interessante l'intervento sulla conferenza di Carrera e curioso sentir dire che per ascoltare oggi un concerto di Dylan è meglio non essere un suo fan accanito. Mi associo agli auguri per i settantasei anni di Bob. La poesia mi è piaciuta perchè ha saputo formare un'immagine reale e poetica al tempo stesso di uno dei pochi personaggi che "quando borbotta qualcosa, è ancora ascoltato dal mondo", come dice un altro Farmer con espressione davvero simpatica. La tua spiegazione della storia dell' accordo musicale e delle teorie sugli effetti della musica nel nostro organismo mi ha affascinata. Mi ha sempre colpito, da profana, il fatto che ad un tipo di musica corrisponda un tipo di pensiero, di sensazione, di emozione. Non riflettiamo mai abbastanza sul valore universale di questo linguaggio universale. Le tue parole mi hanno fatto venire in mente che sulle note di Verdi è nata l' Italia unita, e su quelle di Wagner si è formato lo spirito della nazione tedesca. L' America, che è una nazione molto giovane, ha nella musica la sua forza di penetrazione culturale nel mondo occidentale.Come non ricordare l'impatto sonoro dell'arrivo degli Americani nel nostro Paese e il fatto che furono proprio loro ad insegnare ai giovani un modo nuovo di ballare al suono della loro musica? Torno brevemente a Bob ed alla censura. Sempre sul sito, ne ho imparata un'altra: Bob compose, in pochissimo tempo, una canzone dedicata a George Jackson, che non era proprio "farina da far ostie" ed il disco scomparve dalla circolazione. Chissà se oggi è ascoltabile nella versione integrale? Sempre grazie per le risposte attente e documentate. Lunga vita! Carla.


Ciao Carla e grazie per gli apprezzamenti. "George Jackson" è una canzone di Bob Dylan, scritta nel 1971, in omaggio al leader delle Pantere Nere, George Jackson, ucciso dalle guardie della prigione di San Quentin il 21 agosto 1971, durante un tentativo di fuga dalla prigione. L'evento provocò indirettamente la sommossa nella Prigione di Attica.

Dylan ha registrato la canzone presso il Columbia Studio B il 4 novembre 1971 ed è stata pubblicata dopo poco tempo dal fatto come un singolo 45 rpm, sigla Columbia 4-45516, il 12 novembre 1971. Il singolo era composto da una "versione Full Band" della canzone sul lato A e di una "versione acustica" sul lato B.

La canzone ebbe successo entrando nei Top 40 in Canada, Olanda e nella Top 100 di Billboard. La versione "Full Band" è stata poi inclusa nell'album “Masterpieces” del 1978, pubblicato in Giappone e in Australia. Entrambe le versioni erano disponibili su iTunes come parte di Bob Dylan: The Collection. Questo pacchetto è stato rimosso da iTunes nel dicembre 2009. La versione acustica è disponibile sul doppio album di Side Tracks, incluso nel set di Bob Dylan - The Complete Album Collection Vol.1, pubblicato nel 2013.

Considerata nella cronologia del lavoro di Dylan, la canzone "George Jackson" è di particolare importanza, perché, insieme al singolo "Watching the River Flow", rappresenta l'unico lavoro di Dylan totalmente nuovo apparso negli anni 1971-72, nel periodo tra gli album New Morning (1970) e Pat Garrett e Billy the Kid (1973).
La canzone è stata registrata 33 anni dopo dagli Steel Pulse nel loro album 2004, African Holocaust .
Oggi il 45 giri originale è difficilmente rintracciabile, certamente su ebay si può trovare qualcosa a prezzi però molto alti.

Se vuoi saperne di più su Jackson clicca il link sotto:

https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=4717

Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

 

 
Lunedì 5 Giugno 2017

A Freewhelin' Time - Sulla strada di Bob Dylan: memorie dal   Greenwich Village                                                    clicca qui

 

 

 

 

 

 

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Talkin' 10142 - Roberto Aita

Ciao Mr.Tambourine, :-)
In occasione del 24 maggio, compleanno del Nostro, ho scritto un articolo sul mio blog che tratta della sana contaminazione tra la poesia, la musica, l'arte visiva, Dylan, Cohen, la Parola di Dio.
Se vuoi, puoi segnalare su Maggies Farm il mio articolo: La Bellezza salverà il mondo?

http://www.robertoaita.com/

Grazie della tua attenzione e a presto,
Bob e Loira

Ciao Bob, scusa il ritardo nel postare il tuo bellissimo articolo ma mi ero preso qualche giorno di vacanza. Un abbraccio a te e Loira, alla prossima, live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

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Talkin' 10141 - mcioffi.posta

Se non erro Dylan dovrebbe tenere la sua "lectio magistralis" entro e non oltre il 10 giugno. Ci siamo quasi...cosa aspettarsi? Cosa accadrebbe se non dovesse tenerla? mah...

Allora, la lectio magistralis che tutti, nessuno escluso, devono tenere o consegnare all’Accademia entro metà anno dalla consegna ufficiale del premio non impone la presenza fisica, ma questa prestigiosa sorta di testimonianza artistica, alla quale nessuno si può rifiutare o, meglio, nessuno fino ad ora si è mai negato. In palio, del resto, i soldi che si porta dietro il Premio Nobel, che in questo caso sono un assegno di circa 800.000 euro, ma che Dylan potrebbe, sempre a sorpresa, rifiutare. Non era andato Harold Pinter per motivi di salute, ma il drammaturgo inglese aveva comunque inviato un video, con una sua appassionante lectio contro la guerra in Iraq. Non era andata la grande Doris Lessing, ma aveva aperto le porte di casa a fotografi e giornali per commentare il suo giubilo. Alla cerimonia poi ci andò il suo editore e lesse un suo scritto. Se per qualcuno fu un problema insuperabile, come l’agorafobia dell’austriaca Elfriede Jelinek, per altri fu il carcere, come per il cinese Liu Xiaobo e, ovviamente, Aung San Suu Kyi. Solo per Jean-Paul Sartre il problema non si pose nemmeno: lui subito non accettò il premio, perché “il ruolo dello scrittore – disse – non poteva essere trasformato in un’istituzione, seppur onorevole”. Non sembra, però, così etico il motivo di Dylan, che, dopo silenzi, segreterie telefoniche lasciate a rispondere a membri del comitato e strappate frasi di circostanza, ha dichiarato di aver accettato il premio e nel contempo, il regolamento del Nobel prevede flessibilità per le "Lectio Magistralis": dal discorso, oppure inviare un video e, a quanto pare, anche un concerto. Quindi è probabile che Dylan abbia fatto passare il concerto di Stoccolma come sua Lectio. Al 10 Giugno mancano pochissimi giorni così finalmente sapremo e potremo scrivere la parola fine su tutto l'affaire. Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)

 

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