London, England - London Palladium,
April 29, 2017
1. Things Have Changed (Bob standing at piano)
2. Don't Think Twice, It's All Right (Bob sitting at piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob standing at piano)
4. Beyond Here Lies Nothin' (Bob sitting at piano)
5. Why Try To Change Me Now (Bob center stage)
6. Pay In Blood (Bob standing at piano)
7. Melancholy Mood (Bob center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob sitting at piano)
9. Stormy Weather (Bob standing at piano)
10 Tangled Up In Blue (Bob center stage then sitting at piano)
11. Early Roman Kings (Bob standing at piano)
12. Spirit On The Water (Bob Bob sitting at piano)
13. Love Sick (Bob center stage)
14. All Or Nothing At All (Bob center stage)
15. Desolation Row (Bob standing at piano)
16. Soon After Midnight (Bob standing at piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)
(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob sitting at piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob standing at piano)
Grazie mille della sua cortese e
interessante risposta. Mi permetto solo di suggerire che interpretare un
opera è farsi medium con il suo autore cosa non da tutti e che Dylan ha
sempre fatto dai tempi di "Handsome Molly" e "I was Young When i Left
Home" e in questo c'è continuità con il presente. Mi ha incuriosito la
sua divagazione che partendo dalla Gioconda esprimeva quanto poco
sappiamo sull'atto creativo.
Se mi concede una mia personale divagazione, mi ricordo che, per
coincidenze che non starò a spiegare, ebbi modo di incontrare Nico nel
backstage di un teatro genovese. Nei primi anni ottanta facevo il
fotografo e il mio intento era appunto quello di fotografarla, ma Nico
odiava farsi fotografare. Fu però tanto gentile da intrattenersi in una
breve conversazione. Non voleva parlare dei Velvet. Preferì argomenti
come la guerra o suo figlio che aveva la mia età. Quando citai Visions
of Johanna come mia personale canzone e poesia preferita le dissi che
avevo letto che fosse ispirata a lei e non a Joan Baez come si credeva.
Per la verità credevo fosse stata proprio la stessa Nico a dirlo. Invece
si mise a ridere alla sua maniera dicendo, in italiano, quante cazzate
su quella canzone. Non è una drug Song, non riguarda Nico e neanche Joan
Baez.
Johanna è la cognata di Van gogh, il pittore. Le sue visioni sono i
dipinti di Vincent. Forse mi stava prendendo in giro, o forse no. Nella
raccolta di cutting Edge, nel cd registrato negli hotel, c'è un brano
che si riferisce esplicitamente a Van gogh e al suo cielo. Ma mi dilungo
troppo. Grazie ancora della sua attenzione, un caro saluto.
Originale la trovata
che Johanna sia stata la cognata di Van Gogh! Ma perchè mai Dylan
avrebbe dovuto scrivere una canzone su Johanna Gezina van Gogh-Bonger,
moglie di Theodorus van Gogh e cognata del pittore Vincent van Gogh?
Senza dire che "Vision" parla di tutt'altro che delle visioni di questa
Johanna, la "visioni di Johanna" sono riferite al personaggio della
canzone, che sta con la tossica Louise che ha nel pugno un pò di droga e
sta per farsi, ma lui non pensa a Louise ma è ossessionato dall'immagine
di Johanna che gli ottenebra la mente. é evidente che Johanna Gezina van
Gogh-Bonger c'entra con questa canzone come i cavoli a merenda. Ci sono
state molte interpretazioni circa il significato della canzone, nessuna
delle quali mai confermata da Dylan. All'epoca, Joan Baez, ex amante di
Bob, era convinta che nel brano ci fossero molti riferimenti velati a
lei e alla relazione sentimentale che li aveva legati. Ma non si può
nemmeno escludere che il testo parli di Sara Lowndes, sposata da Dylan
in gran segreto il 22 novembre 1965, poche settimane prima di registrare
la canzone. Essenzialmente nella composizione affiorano due personaggi
femminili, che rappresentano le due facce opposte della femminilità che
da sempre si ritrovano in ambito letterario: Louise, terrena e carnale,
e Johanna, pura e immacolata come una madonna. Gli esperti dylaniani
sono concordi nell'identificare Nico in questa canzone, ma
l'ispitrazione, come dice il Prof.Carrera, è presa da Dylan dal romanzo
"Vision of Cody" di Kerouac.
La mattina del
17 luglio del 1988, mentre si trovava in vacanza a Ibiza, Nico prende la
bicicletta e scende in paese per far scorta di Marijuana, ebbe un
arresto cardiaco e cadde picchiando violentemente la testa. Venne
ricoverata al Cannes Nisto Hospital di Ibiza dove fu dapprima
erroneamente curata per insolazione, mentre si trattava invece di
emorragia cerebrale. Morì la sera del giorno seguente.
Vorrei poter credere
alla tua storia ma capirai che senza prove è difficile da mandare giù,
comunque è possibile che tu abbia ragione! Alla prossima, Fa la la-n-fa,
da-n-da da-n-fa, lanky down dilly. Live long and prosper, Mr.Tambourine,
:o)
Sabato 29
Aprile 2017
London, England - London Palladium,
April 28, 2017
1. Things Have Changed (Bob standing at piano)
2. Don't Think Twice, It's All Right (Bob sitting at piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob standing at piano)
4. Beyond Here Lies Nothin' (Bob sitting at piano)
5. Why Try To Change Me Now (Bob center stage)
6. Pay In Blood (Bob standing at piano)
7. Melancholy Mood (Bob center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob sitting at piano)
9. Stormy Weather (Bob standing at piano)
10 Tangled Up In Blue (Bob center stage then sitting at piano)
11. Early Roman Kings (Bob standing at piano)
12. Spirit On The Water (Bob Bob sitting at piano)
13. Love Sick (Bob center stage)
14. All Or Nothing At All (Bob center stage)
15. Desolation Row (Bob standing at piano)
16. Soon After Midnight (Bob standing at piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)
(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob sitting at piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob standing at piano)
Leggendo gli interventi sul sito mi
accorgo di quanti estimatori di Dylan siamo contrariati dalla sua ultima
produzione artistica. a loro consiglierei vivamente un approccio libero
da qualsiasi riferimento.
Le canzoni dei suoi ultimi lavori hanno parole scritte da autori di
altri tempi, attraversano diverse tematiche della condizione umana in
una sorta di viaggio dantesco tra ombre notturne, angeli caduti e
bambole infernali. La particolare interpretazione del signor dylan ci fa
apprezzare qualcosa che forse ignoravamo e che probabilnente solo i
morti sanno. Invito cordialmente a esorcizzare gli spiriti di Keith
Butler e Annie Wilkes che, ahimè, inevitabilmente ci vogliono possedere
quando ci rapportiamo ad un artista che amiamo, e andare incontro a
nuove esperienze. Ne vale certamente la pena.
Complimenti e grazie per il lavoro che svolgete nel sito.
Danilo
Per fare una cover di
Sinatra basta un crooner qualunque, anche Massimo Lopez per esempio,
oppure un Bob Dylan mascherato da qualcos'altro. Lo stesso vale per la
pittura, per fare una copia della Monna Lisa non serve Leonardo, basta
un ritrattista di mezza tacca e la cosa è fatta. Questo per dire che
trovo sprecato usare un artista del calibro di Bob Dylan per fare 50
cover abbastanza anonime che col DNA di Dylan non han niente a che fare.
Possono piacere o meno, ma non c'è nessuna relazione fra Dylan e queste
canzoni, che sono pure bellissime, ma tanto diverse da Bob da non poter
essere inserite fra i suoi lavori seri. Io non sono pragmatico e nemmeno
retorico, non son capace di filosofare su scelte come queste come fa
il Prof. Carrera che riesce sempre a trovare motivazioni sue e su
queste costruisce bellissimi ragionamenti. Io sono più pane al pane e
vino al vino, una cosa mi piace o no, e questo disco non mi piace, non
ostante le diverse ed anche sagge e motivate spiegazioni che ho letto
finora non mi abbiano convinto. Rimango dell'idea che il lavoro sia di
scarso valore e Dylan sia stato sprecato. La settimana scorsa guardavo
le classifche dei dischi più venduti, Triplicate era al 29° posto in
discesa, questa settimana è sparito dalla classifica, mentre un disco
come Wish You Were Here, pubblicato nel 1973, è da 44 anni costantemente
in classifica in tutto il mondo, tanto da essere diventato uno degli
album più venduti della storia. La ragione di questo, potremmo dire
fenomenale evento, è che il disco è un capolavoro, e raramente i
capolavori vengono dimenticati. Credo che diversa sorte avrà Triplicate,
che verrà a breve messo nel cassetto dei ricordi dopo due o tre ascolti.
Naturalmente questo è solo il mio modo di vedere la faccenda, può essere
un modo completamente sbagliato, ma per chi come me, non è uso a fare
voli pindarici con le parole e rimane terra terra è più che
giustificato. Nella sua produzione Dylan aveva già abbondantemente
parlato di argomenti come quelli da te citati, viaggi danteschi fra
ombre notturne, angeli caduti e bambole infernali, e centinaia di altri
argomenti magari anche più profondi dei testi di queste canzoni.
L'interpretazione di Dylan non mi ha fatto apprezzare niente, nemmeno
quello che i morti sanno, e credimi sincero se ti dico che mi spiace. Io
non credo di desiderare di essere esorcizzato da nessuno, non conosco
l'opera di Butler, Annie Wilkes per me è solo il nome del
personaggio principale di "Misery non deve morire", ma non trovo
qualcosa in loro che possa aiutarmi a digerire questo triplo mattone, e
non considero questa una nuova esperienza per Dylan, forse un
divertimento tirato un pò troppo in lungo, ma lui ha il diritto di
divertirsi come vuole e questo non mi fa arrabbiare, solo non mi
emoziona e non mi piace. Questo non vuol dire che non ammiri Dylan,
tuttaltro, non mi piace in questo lavoro come non mi è piaciuto in
Christmas in The Heart, altro lavoro che considero inutile ai fini
dylaniani. Ti immagini De Gregori che esce con un disco con canzonicine
tipo "La bella lavenderina, che lava i fazzoletti, per i poveretti della
città" o "Il tamburo principal della banda d'Affori"?. Qualcuno potrebbe dire che si tratta di uno studio sulle radici
della nostra musica popolare, ma serebbe solo una stupidata. Ancora oggi non
siamo certi dell'identità della Monna Lisa, seri studiosi dicono
trattarsi di Lisa Gherardini moglie di Francesco del Giocondo, altri
seri studiosi dicono trattarsi di Pacifica Brandani amante di Giuliano
de Medici, altri infine di Isabella D'aragona, moglie del duca di Milano
Gian Galeazzo Maria Sforza, che sarebbe stata moglie
di Leonardo in seconde nozze, che con lei avrebbe avuto cinque figli. Come vedi la verità
delle cose è sempre avvolta dalla nebbia più fitta, così come quella donna che ci sorride
appesa ad una parete del Louvre non sappiamo con certezza chi potrebbe
essere. Leonardo pare abbia dipinto due Gioconde, una è conservata in
una collezione privata conservata a Sanpietroburgo, la cosidetta
Monna Lisa di Isleworth:
Monna Lisa di Isleworth
Monna Lisa - Louvre
Ritratto con dama (Raffaello)
e Raffaello ha
abbozzato in un disegno lo stesso soggeto identico alla prima versione
di Leonardo, evidenziata dalla colonne alla destra ed alla sinistra
della donna. Un'altra iupotesi dice che Monna Lisa sarebbe trevigiana.
Ad arricchire la lista infinita delle tesi sull'identità della Gioconda,
è lo studioso russo Nicholai Chesnokov, con la sua intrigante ipotesi.
Lo studio è contenuto peraltro in un libro di 500 pagine, pubblicato a
maggio in Russia dal titolo La Gioconda – Il mistero del Genio e della
Cortigiana, un intreccio di mito, leggenda e storia dell'arte che lega
Treviso a Napoli, Napoli a Parigi e Parigi a Roma e Milano.
Ebbene, secondo Chesnokov Monna Lisa altri non sarebbe che il frutto del
rapporto tanto appassionato quanto proibito di Fra' Giocondo, frate
domenicano a San Nicolò e celebre architetto umanista (la cui vita è
avvolta nel mistero), e di una monaca del convento di Santa Caterina a
Treviso. Ed è proprio nel capoluogo della Marca che la bimba,
immortalata poi nel quadro conservato al Louvre di Parigi, sarebbe stata
concepita. Fra' Giocondo e la monaca, dal nome Lisa, sarebbero poi
dovuti scappare a Napoli per nascondere il fattaccio. Nella capitale
partenopea viene alla luce la piccola, chiamata Lisa, che però perde
subito la madre, spossata dalla fatica del viaggio e dai dolori del
parto
Fra’ Giocondo decide di prendersi cura della sua piccola portandola con
sé anche nel trasferimento in Francia nel 1495. Dopo 10 anni Oltralpe, i
due tornano a Milano. Qui avviene l'incontro con Leonardo, che decide di
ritrarre la bella ragazza.
Divenuta cortigiana, Lisa si sarebbe poi fatta dipingere in diverse
occasioni e da diversi artisti. Suo sarebbe il volto di “Flora” (o
“Colombina”), di Francesco Melzi, allievo di Leonardo, e custodito
all'Ermitage di San Pietroburgo; suo anche il corpo della “Venere
dormiente” del Giorgione.
Altre identificazioni proposte, nel tempo, sono state Caterina Sforza, o
la sorellastra Bianca o la madre stessa di Leonardo, Caterina Buti del
Vacca. Ancora, recente, è quella con Isabella d'Aragona, duchessa di
Milano nell'anno 1489; si è supposto inoltre che, la nobildonna
ritratta, appartenesse al casato degli Imperiali. Altri farebbero
risalire l'identità a Bianca Giovanna Sforza, figlia legittimata di
Ludovico il Moro.
Tutte queste informazioni sono suggestive, eppure la verità
è una sola e noi non la sapremo mai, come non sapremo mai perchè Dylan
abbia inciso queste 50 canzoni sinatriane. Live long and prosper,
Mr.Tambourine, :o)
Venerdì 28
Aprile 2017
Düsseldorf, Germany - Mitsubishi Electric Halle, April 13, 2017
by
Martin Burger
Song and dance man,
“All'interno della Mitsubishi Electric Hall (MEH) / l’Infinità va in
prova”
Ciao, a tutti voi
utenti di smartphone e fans di Dylan là fuori. Bobliks è sempre stata
una fonte di ispirazione per me, e, soprattutto è stato un piacere
quando leggevo le recensioni del lavoro di Dylan come in nessun’altro
sito. Io vorrei condividere con voi i miei pensieri e le percezioni
dello spettacolo di Düsseldorf.
Il mio amico Ralf e io
siamo arrivati al luogo del concerto alle 17.00. Era il primoo
concerto di Dylan per Ralf ed eravamo entrambi eccitati. Avevamo i posti
alla destra della scena, nella parte posteriore della sala, guardando il
cappello bianco di Bob Dylan che ritornava a suonare il pianoforte. Al
concerto c’era un buon pubblico, l'atmosfera era attenta. La sicurezza
era molto categorica nel non lasciar scattare fotografie o qualsiasi
forma di registrazione. Nessun posto vuoto nella Halle.
Dylan sta ancora
crescendo per diventare un completo uomo di canto e ballo. Il
Nobel/laureato alterna le proprie parole e la sua musica con standard di
altri colleghi songwriters. Highlight della serata Autumn leaves . Il
mio vecchio bobfriend Michael mi aveva pregato di prestare attenzione
all’ultima canzone, perché ci sarebbe stata la quintessenza di Boib. Da
questo punto di vista è stata una serata meravigliosa. A volte è
sembrato che il concerto perdesse l'energia della performance, come in
Why try to change me now? E Melancholy Mood) . E' ovvio che Dylan come
crooner deve combattere contro le aspettative del pubblico, sostenuto
dalla sua eccellente band. / Pay in blood è stato un po' difficile da
seguire (i testi non mi sono ancora familiari). Con Duquesne Whistle il
concerto ha guadagnato energia, diventando una serata molto particolare
e altamente energica. Love Sick è sicuramente il punto forte della
notte. In questa performance Dylan e la sua band 2017 toccano tutte le
corde: melanconia, rock music, una forte affermazione sulla solitudine e
dello scorrere del tempo, l'amore perduto e il desiderio. Mi raccomando,
andate a vederlo!
Buongiorno Mr. Tambourine,
le immagini che hai postato sono davvero terribili, ma va ricordato che
un'intera generazione si spese, allora, per la causa pacifista. Era una
generazione di ingenui, forse, Dylan compreso, perchè pensava che fosse
possibile un equilibrio mondiale senza guerre. Oggi viviamo tempi molto
tormentati e dal mondo giungono immagini altrettanto inquietanti se non
peggiori. L'ultima intervista di Dylan non tocca temi politici, ed hai
ragione quando affermi che non si è mai schierato apertamente a favore
di questo o quell'uomo politico americano. Nell'opera giovanile,
tuttavia, i riferimenti in codice ai temi della politica sono frequenti
e vi si legge il favore di Dylan per chi sostiene i diritti civili. Oggi
sono tempi di riflusso grave, soprattutto sul fronte del pacifismo.
L'ultima intervista a Joan Baez che ho letto tempo fa sul sito, esprime
un profondo pessimismo e una sorta di dubbio sul fatto che l'impegno
della gente comune e della cultura intesa in senso lato possa
condizionare davvero la politica dei "grandi della terra". Io continuo a
credere che l'impegno di tutti possa cambiare qualche cosa e che il
canzoniere di Dylan ci possa ancora suggerire temi di grande forza
spirituale. Sulla svolta che ha dato alla sua attività di musicista, è
presto per esprimersi, anche se il giudizio del Prof. Carrera - se ho
ben inteso - è molto positivo. Secondo Carrera "Triplicate" crea un
nuovo Stato negli USA, lo Stato della musica americana, di cui Dylan
rimane l'unico interprete. Ci aggiorneremo dopo aver sentito le canzoni
di "Triplicate". Lunga vita! Carla
E' vero, quelle immagini sembravano
terribili, ma poi purtroppo abbiamo dovuto vedere di peggio. A me, che a
quei tempi ero giovane e lontano dalla realtà americana, sembrava che la
guerra del Vietnam facesse parte del gioco rivoluzionario iniziato da
Beatles, Rolling Stones e Dylan, invece non capivo che era una durissima
realtà, i padroni della guerra continuavano il loro sporco gioco
mandando al macello migliaia di giovani americani mentre loro
intascavano i profitti di quello schifoso comportamento. Io non capivo
la tragedia di quei giovani, a quell'età vedevo quei ragazzi come se
fossero stati gli attori di un film di guerra dove gli eroi trionfano e
tanti bravi ragazzi inevitabilmente muoiono, era forse un retaggio
hollywoodiano che i film western ci avevano erroneamente inculcato, i
film dove puntualmente all'ultimo secondo "arrivavano i nostri" tra
squilli di tromba che suonava la carica, sciabole sguainate luccicanti
al sole, gagliardetti al vento e fucili e pistole che non si dovevano
mai ricaricare per scacciare gli indegni pellerossa e la loro barbarie.
I film che sostenevano le ragioni dei pellerossa arrivarono molto più
tardi, film come "Soldato blu", "Il piccolo grande uomo", "Il grande
sentiero", "Balla coi lupi", "Geronimo" e "Seppellite il mio cuore a
Wounded Knee" cercarono invano di riabilitare lo spirito e le ragioni
dei nativi americani, ma non servì a niente. I figli dei grandi
guerrieri delle praterie sono oggi confinati nelle riserve e solo pochi
fra loro riescono ad uscirne e crearsi una vita quasi normale. Ricordo
quando per portare a vista il "sentiero di Ho Chi Minh" che era una rete
di strade che andavano dal Vietnam del Nord al Vietnam del Sud,
attraverso le nazioni confinanti di Laos e Cambogia, allo scopo di
fornire supporto logistico ai Viet Cong durante la Guerra del Vietnam,
gli americani riversarono sulla giungla del Vietnam oltre 3 milioni di
tonnellate di defoliante cancellando la foresta. Operazione che servì a
quasi niente, perchè poco dopo, in occasione del capodanno del 1968, il
Generale Giap scatenerà la famosa "offensica del Tet" che mostrerà al
mondo la vera debolezza dello schieramento americano, sbugiardando il
presidente Lyndon B. Johnson ed il segretario Robert McNamara, che
tennero nascoste le informazioni sulla reale situazione in Vietnam.
L'offensiva del Tet li sbugiardò su tutta la linea, e fu una delle
ragioni per cui molti americani persero la fiducia nel governo. Mi son
sempre chiesto perchè gli americani, avendo a disposizione quest'arma,
non abbiano mai bombardato con i defolianti i campi di papaveri da
oppio, ma giustamente, il mio amico Frank mi ha detto "E poi chi la da
la Coca agli Americani?". Ragionamento che non fa una piega. La nostra
civiltà è abbastanza statica, per natura contraria ai cambiamenti
repentini, ma gli americani sono diversi da noi, per loro il cambiamento
è alla base dell'evoluzione sociale. Da noi non esiste il mito del
"treno" e quello del "viaggio" alla ricertca di qualcosa di diverso,
nemmeno il mito delle "Highway", noi viviamo immersi nel passato e nella
nostra millenaria cultura, ed è per ragioni più o meno come queste che
facciamo più fatica degli altri a digerire cambiamenti drastici come
quello del "Dylan crooner" che cerca di ripetere il mito di Sinatra,
piccola incarnazione del sogno americano, quando si parte da un paesello
miserabile e si diventa delle celebrità mondiali. Ma forse il difetto
sta in noi che non sappiamo afferrare al volo il nocciolo di questioni
come queste. Molti di noi passano la loro vita seguendo le stesse
abitudini per anni, Dylan invece ha sempre cercato di staccarsi dal suo
presente per proiettarsi nel futuro, magari alla cieca, rischiando anche
di persona, ma lo spirito dei cercatori d'oro è insito nel DNA degli
americani. Forse per questo Triplicate ci sembra tanto strano e assurdo,
forse perchè abbiamo difficoltà a comprendere che Dylan ha cambiato
treno mentre noi siamo ancora su quello di prima. Forse un giorno
arriveremo anche noi, ma sarà difficile cancellare duemila anni di
storia dalle nostre menti. Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Giovedì 27
Aprile 2017
Talkin'
10111 -
mauriziolongo
Ciao Mr.Tambourine,
mi sono avventurato nell'ascolto di Triplicate e ho deciso che... lo
odio !
Il nostro è in vena di provocazioni, come ai tempi di Selfportrait, il
confezionamento su tre dischi è fatto per tagliare l'aria, che
altrimenti sarebbe pesantissima, gli arrangiamenti sono piatti e
noiosissimi, anche brani piacevoli come These Foolish Things risultano
monocorde (andatevi ad ascoltare la versione di Brian Ferry),
l'inserimento dei fiati serve solo per evitare il coma profondo.
Il nostro ci ha sempre abituato a periodi neri, come per il già citato
Selfportrait e poi Saved, Down in the Groove, Knocked Out Loaded, Fallen
Angels, speriamo che dopo questo tri-mattone trovi nuovamente
ispirazione per un nuovo capolavoro.
Cito il grande Eddy Cilia che dopo l'ascolto di Triplicate sui social ha
postato un lapidario : "Boh Dylan" !
Questo periodo "sinatriano" centra poco o nulla con Dylan ed il suo
mondo, la sensazione che ho provato a Lucca due anni fà qui viene
estremizzata, ovvero che Dylan si sia allontanando troppo dal suo mito,
lo ha fatto per tutta la vita, ma adesso stà letteralmente scomparendo
dai radar.
L'unica cosa bella di Triplicate è la copertina, veramente un bel
colore.
Alla prossima ! Maurizio
P.S.: coincidenze tra dylaniati : io come atagliabue dopo innumerevoli
ascolti di Triplicate mi sono sparato a tutto volume la bootleg series
della Rolling Thunder, anno di grazia 1975..... stesso malessere, quasi
la stessa "cura", la mia forse era ancora più forte !
Ciao Maurizio, come
avrai potuto constatare leggendo le varie recensioni ed opinioni sul
sito, Dylan unisce e divide sempre, qualunque cosa faccia, che piaccia o
no, che ingessi la setlist o la cambi ogni sera, che venga in Italia o
no, che canti male o canti bene le sue canzoni, che le stravolga fino a
renderle povere parodie degli originali, che canti Sinatra o qualunque
altra cosa, lui è sempre capace di tirar su "the wall" tra lui ed i suoi
fans, oppure basta che sorrida una volta per farli sciogliere. Davvero
strano genio il nostro Bob, e, naturalmente, per un genio strano ci
vogliono fans strani, proprio come lo siamo noi. Fiducia e pazienza, la
prossima volta potrebbe uscire con qualcosa di più noioso ancora, o
forse potrebbe tirare fuori dal cappello un altro Blonde on Blonde.
Ritengo però difficile che Bob possa ripetersi a quei livelli, anche
perchè la creatività e la rabbia con l'avanzare dell'età si trasformano
in altri sentimenti, forse più raffinati ma forse meno efficaci. Anch'io
non sono più quello che ero quando avbevo vent'anni, oggi ho dei gusti
diversi, delle esigenze diverse, un modo di pensare completamente
cambiato, e quelli che volessero ricordarmi negli anni migliori della
mia gioventù rimarrebbero soltanto delusi perchè si troverebbero davanti
una persona che non è più quella che ricordavano loro. E' la legge della
vita, ma Bob l'aveva capita tanti anni fa, the times they are
a-changin', e dopo things have changed, per noi ed anche per lui. Bello
è ricordare ed altrettanto bello è saper ancora apprezzare il suo sforzo
di essere sempre sul palco per noi, anche se quello che fa non ci piace
del tutto o non ci soddisfa in pieno. Perciò sparati tutti i Bob che
vuoi, giovani o vecchi, non importa, Bob è Bob in qualunque modo si
presenti. Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Ciao Mr,Tambourine,
oggi ho preso il motorino e ho raggiunto una vicina località lacuale (
al ritorno diluviava) e ho acquistato "Sotto il vulcano " di De Gregori
e Triplicate. Ho preso anche La chimera di Vassalli, Cinque racconti
ferraresi di Bassani, I vagabondi delle stelle di Jack London. Di
quest'ultimo mi permetto di suggerire di leggere "La strada" una serie di
racconti di gioventù e articoli di giornali in cui ho trovato un'aria
molto dylaniana. Meno nota della strada di Keruack penso sia l'America
che Dylan conosce bene, quella degli hobo e dei vagabondi dei primissimi
del novecento. London era provocatoriamente socialista , una star
all'epoca e la gente lo stimava molto per le sue doti notevoli di
narratore e gli gridava " Non siamo d'accordo con te" ma lo applaudivano
e si accalcavano per ascoltarlo.
Erano gli States di uno sviluppo irrefrenabile, senza precedenti nella
storia un boom economico che porto' l'America a vette mai piu' raggiunte
ma che creava anche esclusi, uomini falliti, ruote di scorta che London
frequentò diventando uno di loro, su e giù dai treni merci inseguito dai
controllori (molte eco in Memphis Blues Again). Poi come accennava
anche Steinbeck nel suo giardino dell'Eden c' erano gli hobo per scelta,
fenomeno di difficile spiegazione, e London li descrive essendo uno di
loro.
Po boy e' una delle canzoni che mi piace di piu' di Dylan e letta La Strada di London la si capisce molto meglio. L'America di Love and Thef
e di Modern Times e' piu' o meno quella un po' prima un po' anche dopo
dei primi del novecento.
Triplicate di cui ho ascoltato i primi due cd l'ho acquistato come un
atto dovuto. Come sostenitore dell'arte di Dylan. Pero' ricordo che
anche Modern Times lo presi con lo stesso spirito e oggi ti dico che e'
un album che mi piace ogni volta di piu' ogni volta che lo ascolto. Mi
piace tantissimo anche Toghether throug life per me I Feel a Change
comin' On e' una delle piu' belle canzoni che Dylan abbia scritto, l'ho
ascoltata trenta / quaranta volte.
Quindi. Le canzoni di Triplicate sono quelle di quando Steinbeck
scriveva dei racconti di Truman Capote, confido che possa schioccare
una scintilla e forse chissa' potra' diventare una raccolta amata, un
piccolo capolavoro storico.
Ciao!!!!!
Jack London (John
Griffith Chaney London) fu un grande scrittore e giornalista americano,
ultra noti i suo romanzi "Il richiamo della foresta", "Martin Eden",
"Zanna Bianca", "Il tallone di ferro".
Personaggio strano, la sua vita fu caratterizzata da lavori, professioni
e interessi personali diversi, coerenti con uno stile di vita vagabondo:
fece lo strillone di giornali, il pescatore clandestino di ostriche, il
lavandaio, il cacciatore di foche, il corrispondente di guerra (guerra
russo-giapponese), l'agente di assicurazioni, il pugile, il coltivatore
e, appunto, il cercatore d'oro, prima di realizzarsi, dopo innumerevoli
tentativi, come scrittore di successo. Probabilmente faceva agli
americani lo stesso effetto che faceva Oscar Wilde agli Inglesi, che lo
condannavano per la sua omosessualità e lo osannavano per la sua grande
capacità di scrivere. London era fermamente socialista in una società
ultra puritana e bacchettona, una società dove era veramente difficile
vivere se andavi controcorrente. Quando, nel 1903, pubblicò "Il
richiamo della foresta" fu un boom di vendite, la bellezza di
6.500.000 copie in un mondo che non conosceva ancora la radio, televione
ed internet erano di là da venire, cifre impressionanti per quell'epoca.
London muore nel 1916 a soli 40 anni, probabilmente per un'overdose di
antidolorifici. Sulla volontarietà o sull'accidentalità della assunzione
di quei farmaci si discusse a lungo. Fu particolarmente sostenuta la
tesi del suicidio, quella di un'overdose puramente accidentale e quella
di una necessità di assumere molti farmaci, a causa del dolore fisico,
anche sfiorando il limite e alla fine superandolo e incorrendo
nell'overdose fatale. Il certificato di morte riporta invece come causa
del decesso l'uremia come conseguenza di insufficienza renale cronica.
Un recente studio realizzato negli Stati Uniti da medici della Divisione
di Nefrologia e Ipertensione della facoltà di Medicina della University
of North Carolina, partendo dal fatto che lo scrittore in una fotografia
presenta sul viso i segni di una dermatite da mercurio, metallo
utilizzato nella terapia della sifilide, hanno sostenuto che è
verosimile che questa malattia venerea possa essere stata la causa della
morte di London, o in alternativa, la causa dei dolori cronici di cui
soffriva, al punto da costringerlo ad assumere molti antidolorifici;
inoltre la tossicità del mercurio avrebbe accelerato il decorso fatale,
anziché rallentarlo.
Wilde non scrisse mai un
libro di aforismi, ma le frasi estrapolate dai suoi scritti sono
diventate una delle migliori raccolte di aforismi esistenti:
Detto questo, trovo il tuo ottimismo e la tua speranza molto positiva,
questo è un atteggiamento giusto per approcciarsi ad un lavoro come
Tripicate. Complimenti, alla prossima, live long and prosper,
Mr.Tambourine, :o)
Quindi, cosa posso dire - solo grande! E’ stata un'esperienza
meravigliosa.
Bob sta inventandosi nuovo, come ha fatto per diverse volte.
Tutto sembra essere un tipo perfetto d'arte. Sì, è arte,
Niente di meno o di più. La musica, i testi - non pordetelo o vi
pentirete.
La voce è chiara, la band sta suonando in modo eccezzionale e Bob stesso
sembra agire come qualcuno che non capirete mai. Trascendendentale.
E soprattutto è semplicemente piacevole ...!
m
Mercoledì
26
Aprile 2017
Frankfurt, Germany - Festhalle,
April 25, 2017
1. Things Have Changed (Bob standing at piano)
2. Don't Think Twice, It's All Right (Bob sitting at piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob standing at piano)
4. Beyond Here Lies Nothin' (Bob sitting at piano)
5. Why Try To Change Me Now (Bob center stage)
6. Pay In Blood (Bob standing at piano)
7. Melancholy Mood (Bob center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob sitting at piano)
9. Stormy Weather (Bob standing at piano)
10 Tangled Up In Blue (Bob center stage then sitting at piano)
11. Early Roman Kings (Bob standing at piano)
12. Spirit On The Water (Bob Bob sitting at piano)
13. Love Sick (Bob center stage)
14. All Or Nothing At All (Bob center stage)
15. Desolation Row (Bob standing at piano)
16. Soon After Midnight (Bob standing at piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)
(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob sitting at piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob standing at piano)
Buongiorno Mr. Tambourine e ciao a
tutti,
mi sa che "Triplicate" lo comprerò; ho iniziato a leggere, sul sito, i
temi di alcune canzoni e... sono già coinvolta. Grazie per l'iniziativa
di far conoscere l'ultima impresa dylaniana. Il sito è proprio bello!
Certo comprerò "Blood on the tracks" perchè, Ardez non me ne vorrà, lo
trovo stupendo. Sulla trilogia cristiana.. datemi tempo! Colto e ricco
di novità il tuo aggiornamento sulle varianti del mito della fondazione
di Roma. Ogni mito può essere letto in cento modi diversi. A me non
dispiace nessuna delle varianti, perchè fanno di Roma una città unica al
mondo e, infine, legittimano il dire : "Roma capoccia der monno infame",
per citare ogni tanto un cantautore nostrano. Sono in pieno accordo con
te quando dici che Bob si è guadagnato il diritto di cantare ciò che più
è in sintonia con la sua sensibilità attuale. Ho scoperto "Don't think
twice, It's all right" e la trovo simpaticissima. Mi sto documentando
sulle canzoni del Vietnam che hai citato. Devo dire che l'argomento
suscita ancora in me, dopo quarant'anni, un'emozione profonda.
Nell'aprile del 2015 nessuno ha ricordato la fine del conflitto. Io
ricordo ancora le immagini drammatiche dei soldati americani che
abbandonavano Il Vietnam del Nord; ricordo anche che era diffuso il
presentimento che si stava sgretolando l'equilibrio politico mondiale
uscito dalla guerra '40-'45.
Il pacifismo di Bob, col senno di poi, non ha solo un valore umanitario,
pur grandissimo, ma anche un senso di acuta intelligenza politica. Alla
prossima. Lunga vita. Carla.
Son contento che hai in previsione
l'acquisto di "Blood on The Tracks" (credo che avrai anche
l'approvazione di Ardez) e di "Triplicate". Trovo quest'ultimo lavoro di
difficilissima interpretazione, si tratta di focalizzare dentro di noi
la figura di Dylan e chiedersi se Bob è quello che eravamo abituati a
conoscere, pur con tutte le sue imprevedibilità, oppure questo che
ripropone i classici del songbook americanop sia un lato di Dylan che
non supponevamo potesse esistere. Se così è dobbiamo ammettere che Bob
ci ha sorpreso e stupito un'altra volta, al di là del fatto se i dischi
sinatriani possano piacere o meno, se potrebbero generare grossissimi
dubbi sulla validità di quest'opera, se questa musica abbia affinità con
quella di Dylan o se sia totalmente estranea.
Anch'io ricordo i
tempi del conflitto vietnamita, ricordo il telegiornale che mostrava
tutte le sere le immagini dei bombardieri americani B52 (in bianco e
nero) che sganciavano il loro carico di morte sui villaggi vietnamiti,
ricordo la terribile foto della cosidetta "Napalm girl", l'aggiacciante
foto dell'esecuzione di un Viet Cong con un colpo di pistola alla
tempia. Nella ricerca di queste foto ho avuto modo di rivedere centinaia
di foto famose scattate durante quel conflitto che mi hanno riempito di
nuovo di tristezza e di amarezza come allora, chi, come noi ha vissuto
quegli anni ha difficoltà ancora oggi a riguardare queste fotografie che
ci rimandano a tristi ricordi.
il B-52 Stratofortress
"Napalm girl" scattata da Huynh Cong "Nick" Ut
La foto scattata da Eddie Adams degli
ultimi istanti di vita dell'ufficiale Viet Cong Nguyen Van Leml,
giustiziato con un colpo di pistola alla tempia dal capo della polizia
Nguyen Ngoc Loan nelle strade di Saigon
Certamente la
"sensibilità" ed il "pacifismo" di Dylan sono straordinari, ma io sono
propenso a pensare che sia più un sentimento umanitario che una cosa
prettamente politica. Dylan ha sempre rifiutato di schierarsi
apertamente a favore della politica, pur avendo avuto delle simpatie per
Bill Clinton. Mi spiace veramente aver pubblicato queste terribili
fotografie, ma sono certo che, dopo averle viste, si possa meglio
comprendere l'importanza di Dylan nel raccontare con le sue canzoni le
storture della società. Probabilmente anche lui avrebbe desiderato non
dover più rivedere scatti di questo genere, ma purtroppo l'uomo è
l'unico animale che non sa imparare niente per migliorare il suo
comportamento. L'indifferenza mostrata da certe persone nei confronti
della vita umana è allucinante, così come, ancor oggi, ci siano persone
che eseguono ordini di morte in nome delle ragioni più futili o peggio
ancora nel nome di una religione. Purtroppo quando si pensia di aver
visto tutto nella vita la realtà quotidiana ci mette sempre di fronte a
cose nuove o che pensavamo fossero cessate o scomparse. Disdicevole
dover constatare che l'uomo riesce ad agire tranquillamente a livelli
così bassi, ma la teoria dell'armiamoci e partite è sempre attuale! Live
long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Carissimo Tambourine, ironia della sorte
vuole che mentre Bob è in tour in Europa, tranne che in Italia
purtroppo, io sarò per due settimane negli USA proprio per celebrare il
Maestro.
Il 7 maggio infatti ci sarà il concertone di 8 ore a Torrance, così come
lo scorso anno, in cui farò solo una canzone (Love Sick) più la
partecipazione sul palco per altre 2 canzoni; evento straordinario
naturalmente con musicisti di livello veramente alto.
Inoltre ho una serata già fissata al Suzy's Bar & Grill, il primo locale
in assoluto dove sono andato lo scorso anno, appena sbarcato dall'aereo…
più o meno !!! Ti allego le due locandine degli eventi.
Il resto del tempo sarà speso in giro per i vari open-mic così come nel
2016.
A presto, Al Diesan
Ottima notizia
carissimo Alex, fai vedere agli yankees che non abbiamo niente da
imparare da loro in campo dylaniano. Naturalmente spero che ci farai una
recensione del tuo viaggio. Spacca tutto! Un abbraccio, Mr.Tambourine,
:o)
Martedì 25
Aprile 2017
Antwerp, Belgium - Lotto Arena, April
24, 2017
1. Things Have Changed (Bob standing at piano)
2. Don't Think Twice, It's All Right (Bob sitting at piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob standing at piano)
4. Beyond Here Lies Nothin' (Bob sitting at piano)
5. Why Try To Change Me Now (Bob center stage)
6. Pay In Blood (Bob standing at piano)
7. Melancholy Mood (Bob center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob sitting at piano)
9. Stormy Weather (Bob standing at piano)
10 Tangled Up In Blue (Bob center stage then sitting at piano)
11. Early Roman Kings (Bob standing at piano)
12. Spirit On The Water (Bob Bob sitting at piano)
13. Love Sick (Bob center stage)
14. All Or Nothing At All (Bob center stage)
15. Desolation Row (Bob standing at piano)
16. Soon After Midnight (Bob standing at piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)
(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob sitting at piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob standing at piano)
Seguo Dylan dal lontano 1976, ma questo
non mi consente di dare una spiegazione a certe sue scelte. Quindi,
navigando a vista in un mare di dubbi, aggiungo solo qualche
considerazione al dibattito in corso.
1. La foto che mette tristezza
Tempo fa uscì sui nostri schermi, dopo il passaggio alla Mostra di
Venezia, un intelligente e originale film argentino intitolato IL
CITTADINO ILLUSTRE. Vi si racconta la storia dello scrittore di
successo Daniel Mantovani, che dopo aver vinto il premio Nobel entra in
una crisi creativa e torna al paese d'origine. Il film si apre proprio
con la cerimonia della consegna dell'ambito riconoscimento, durante la
quale il protagonista fa un discorso per nulla convenzionale, esprimendo
la sua sensazione che quel premio sia l'apice, e quindi la conclusione,
della sua carriera artistica. Nella sequenza successiva, collocata
temporalmente cinque anni dopo, ci viene mostrato lo scrittore in
completa solitudine (condizione costante in tutta la pellicola)
contemplare il cadavere di un volatile che galleggia nel laghetto di un
parco pubblico. Mantovani è vestito in modo informale e porta un
cappuccio sulla testa (vedi foto). Poi lo vediamo entrare in una
villa moderna, mentre alle sue spalle si chiude un pesante cancello,
segno evidente di un ricercato isolamento. Non vado oltre con il
racconto e vi consiglio la visione del film. Certo le analogie con Dylan
sono per lo meno sorprendenti, per quanto concepite in tempi non
sospetti.
2. Triplicate
L'ho ascoltato con attenzione e devozione, cercando di scacciare
eventuali pregiudizi. Terminata la trentesima canzone, mi sono rifugiato
in un concerto del '78, quasi avessi bisogno di una boccata d'aria
fresca. Se avesse fatto un disco di cover di Hank Williams, di
traditional song, di blues... Se facesse concerti meno scontati e meno
ingessati... Dylan adesso è questo. Prendere o lasciare.
P.S. Complimenti e grazie per il sito.
Aurelio
Grazie per aver
espresso la tua opinione sul Dylan attuale, sulle sue scelte e sui suoi
concerti. Come giustamente hai detto tu Dylan è questo, prendere o
lasciare, ogni ulteriore commento diventa inutile! Cercherò di
procurarmi il film da te indicato. Live long and prosper, Mr.Tambourine,
:o)
Ciao Mr.Tambourine, fermi tutti! Io non ho
detto che non mi piace Blood on the Tracks. Semplicemente quando ho
cominciato, circa 20 anni fa, il mio percorso dylaniano a ritroso, da
ciò che mi dicevano mi aspettavo qualcosa di più. Come mi aspettavo
qualcosa in meno da Under The Red Sky, Saved, Shot of Love o New Morning
che mi furono descritti come album mediocri. Il problema di molte
canzoni di BOTT sono dovuti a certi arrangiamenti troppo scarni che, a
mio avviso, rendono il disco un po' pesante; forse anche io la penso
come Jakob che disse che in quel disco vedeva la relazione dei suoi
genitori andare a pezzi. Bob stesso non riusciva a capire perché quel
disco fu tanto osannato. C'è da dire che l'album in questione ha pezzi
fantastici che, sempre a mio parere, sul disco risultano un po' deboli
ma nelle versioni live sono fantastici. Il disco in sé mi pare un po'
come leggere "I dolori del giovane Werther" di Goethe; e forse
l'intenzione o il fine del disco era simile. Ripeto che fatte dal vivo
mi piacciono molto di più. Quanto a Triplicate ripeto che è un album ben
fatto in cui Dylan ci regala canzoni che personalmente non avrei mai
neppure ascoltato e la produzione e il canto sono buoni. Poi
naturalmente ognuno è libero di pensarla come vuole. Resta di fatto che
nella mia top five ci sono 3 album del Bob degli ultimi 20 anni;
probabilmente anche per il fatto che sono album che ho vissuto (Tempest,
Modern Times, Time Out Of Mind, Slow Train Coming, Blonde on
Blonde...poi naturalmente vado a giorni) ma ognuno ha il proprio Bob.
Senza dimenticare che anche album considerati di serie B come Down in
The Groove, New Morning e anche Self Portrait contengono veri gioielli
nei loro solchi, o almeno per me è così. Buona musica e vita a
tutti...forever Bob
Daniele Ardemagni "Ardez"
Ciao "Ardez",
condivido in pieno le tue parole, anche a me le canzoni di BOOT nelle
versioni su disco sembrano troppo povere di arrangiamento perdendo quasi
tutto il loro valore espressivo, certo la "Idiot Wind" del disco non è
nemmeno lontanamente paragonabile alla versione della RTR che sputa
rabbia e rancore come una grave ferita sporca tutto ciò che la circonda
di sangue. Salutami your sister and Massimo quando hai occasione di
vederli, live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Lund, Sweden - Sparbanken Skåne
Arena, April 9, 2017
by Laurette Maillet
Mi sono alzara al
mattino presto in una stanza davvero calda allo Youth Hostel di
Copenhagen.
Mi son fatta una doccia
e mi sono rilassata fino alle 11 a.m. Ho camminato fino alla stazione
dei treni ed ho cercato il modo di raggiungere Lund. Ho comperato il
biglietto e sono rimasta un pò confusa per il viaggio. Ho dovuto fare
due cambi di treni. Bene, sono arrivata a Lund nel primo pomeriggio.
Ho avuto la sorpresa di
vedere una città graziosa, con l’architettura eclettica. Sono andata
alla venue e c’era già la fila all’entrata. Bobby e la sua band sono
arrivati per il soundcheck, tutto bene. Mi sono mangiata un paio di
panini e una tazza di caffè apprezzando il bellissimo pomeriggio di sole
prima di accodarmi verso le 5 pm. I soliti fans erano già in attesa per
entrare ed altri erano in cerca di biglietti economici. Non è stato
facile ma un paio di ragazzi hanno accettato di fare lo scambio di un
biglietto con uno dei miei dipinti. Tutto bene. Quindi, sono dentro la
venue per l'inizio dello spettacolo. Ero nella parte posteriore del
parterre ma potevo vedere bene Bobby sia quando era al pianoforte che al
centro. Il suono non è certo la cosa migliore perchè la sede è un'arena
sportiva. Comunque la voce di Bobby era chiara. Posso cantare e ballare
con tutta la mia anima poiché nessuno presterà attenzione alle mie
pazzie. La Setlist inizia nello stesso poi c’è il cambio di
"I could have told you" che sostituisce "Why try to change me now?" Bob
inizia "Tangled in blue" prima che la band possa reagire. C'è stata un
po' di confusione. Qualcuno mi ha detto che all'Opera di Copenaghen Bob
aveva dimenticato l'intro di questa canzone. Quindi .... sta
improvvisando. Non più armonica in questo pezzo. Niente armonica per
tutta la serata.
Lo stesso inconveniente
accadrà con "Scarlet town", comincia a cantare prima che la band sia
pronta e la band si blocca.
Segue “Early Roman
Kings” davvero potente. Donnie è eccellente in "Scarlet town". "Ballad
of a Thin Man” chiude lo spettacolo con Bob al pianoforte.
Bobby era professionale
e chiaro. Forse indossava una camicia azzurra? Non potrei giurarlo, è
ora di correre alla stazione ferroviaria per prendere il treno per
tornare a Copenhagen. Beh ... Treno, un autobus e la metropolitana.
Incontro 2 belle donne Inglesi con le quali ho avuto una piacevole
conversazione su ... Bob Dylan ... fino a Copenhagen.
Domenica
23
Aprile 2017
Esch-sur-Alzette, Luxembourg -
Rockhal, April 22, 2017
1. Things Have Changed (Bob standing at piano)
2. Don't Think Twice, It's All Right (Bob sitting at piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob standing at piano)
4. Beyond Here Lies Nothin' (Bob sitting at piano)
5. Why Try To Change Me Now (Bob center
stage)
6. Pay In Blood (Bob standing at piano)
7. Melancholy Mood (Bob center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob sitting at piano)
9. Stormy Weather (Bob standing at piano)
10 Tangled Up In Blue (Bob center stage then sitting at piano)
11. Early Roman Kings (Bob standing at piano)
12. Spirit On The Water (Bob Bob sitting at piano)
13. Love Sick (Bob center stage)
14. All Or Nothing At All (Bob center stage)
15. Desolation Row (Bob standing at piano)
16. Soon After Midnight (Bob standing at piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)
(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob sitting at piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob standing at piano)
Lund, Sweden - Sparbanken Skåne
Arena, April 9, 2017
by Erik Ringmar
Di tutti i nostri familiari è davvero solo lo zio Bob che viene a
trovarci regolarmente. Ci ha visitato quando eravamo a Shanghai, nel
nord di Londra ed ora a Lund. Sì, era a Lund la notte scorsa, la nostra
piccola città universitaria medievale nel sud della Svezia. Ho portato a
vederlo mia moglie Diane e le mie due figlie. Il sangue non è acqua.
Bob si è nuovamente reinventato. “Why change me now?” Chiede in una
notissima canzone cover di un pezzo di Sinatra, ma non siamo noi a
cercare di cambiarlo, è lui che si cambia continuamente. All'età di 75
anni è una cosa veramente notevole. Coloro che non sono impegnati a
nascere sono morti. E Bob Dylan non sta morendo.
Tuttavia, mi è sembrato un po' più vecchio di come che lo avevo visto a
Helsingborg tre anni fa. Si muove più lentamente sul palco. Ballare sì,
balla ancora ma è tutto un po' più faticoso. E deve lasciare la tastiera
e stare al centrodel palco con le gambe largamente distese per essere in
grado di eseguire gli standard jazz che ora fanno parte regolarmente del
suo repertorio live.
Gli standard jazz non sono male. La voce rasposa di Dylan funziona bene
In combinazione con questi regimi lisci e serici. Eppure, non posso fare
a meno di pensare che stia facendo il karaoke. Il karaoke di Dylan è
migliore di molti generi del karaoke, e lo rispetto profondamente nel
senso che può fare quello che vuole fare, ma mi sembra un progetto di
hobby piuttosto che qualcosa da portare in tour in tutto il mondo.
La reinvenzione reale, tuttavia, riguarda la sua trasformazione da
artista blues e rock'n roll in una sorta di performer in stile
vaudeville. Lui e la band stanno suonando musica da circo, in una serata
in stile “Sergeant Pepper” o nello stile di Bertold Brecht e Kurt Weill.
Ci si aspetta di vedere realmente acrobati, giocolieri e la donna
barbuta che arrivano sul palco.
Festoso quanto sporco "Soon After Midnight", grigio "Pay in Blood" e
triste "Long and Wasted Years". Le rughe sul volto del pagliaccio sono
più evidenti, il make-up di una settuagenaria prostituta al microfono. È
un mondo notevole in cui Bob inserisce le sue canzoni degli anni '60
accanto ai nuovi classici sinatriani.
Sì, tutte si adattano, e grazie all'accorto accompagnamento della band e
all'arrangiamento fantasioso delle canzoni è sempre interessante.
Amavo la sua armonica, ma non c'e stata armonica la notte scorsa. Tutto
sommato, il musicista di Vaudeville che rappresenta oggi è meno
interessante di quello rock/blues di ieri.
Per me, quando ascolto il Dylan di oggi non è la musica che suona che
ascolto, è solo lui e la sua voce.
Tuttavia, rimane infinitamente creativo, enigmatico e notevole. Noi
siamo fortunati di essere suoi contemporanei. Siamo fortunati che lui
ancora viene a suonare per noi. Torne presto zio Bob, ci manchi già a
tutti.
Oggetto: sul terzo e ultimo volume delle
Lyrics (1983-2012)
Ciao, caro Mr. Tambourine!
Di nuovo congratulazioni per la gestione del sito e per la possibilità
che dai a tutti noi "dylaniati" di confrontarci pubblicamente sulla tua
home page. Da frequentatore decennale del sito, leggo sempre con
attenzione tutti gli scambi di opinioni che avvengono qui. Scrivo per
salutare tutti voi e per congratularmi vivamente col Professor
Alessandro Carrera - con il quale fortunatamente ho avuto modo di
scambiare alcune mail più volte in passato - per le sue note ai tre
volumi delle "Lyrics": un commento meraviglioso, brillante, lucido e
illuminante per un'edizione critica fondamentale. Che onore e fortuna
che esista solo per noi italiani. Comprai appena usciti i primi due
volumi lo scorso novembre, e ho ora tra le mani il terzo e ultimo
volume. Un'opera di caratura elevatissima. A presto, e buon lavoro a
tutti!
Samuele Conficoni
Ciao Samuele, grazie
per la stima e penso di non sbagliare se ti dico grazie anche a nome del
Prof. Carrera. Alessandro è una persona squisita, di una gentilezza rara
e sempre disponibile per le domande che i lettori di Maggie's Farm gli
rivolgono. I tre volumi delle Lyrics sono davvero un lavoro monumentale
che dovrebbe stare nella biblioteca di ogni Dylan-fan, ma per questo
credo non ci sia bisogno del mio suggerimento! Live long and prosper,
Mr.Tambourine, :o)
Paris, France - Boulogne
Billancourt, Ile Seguin - Seine Musicale, April 21, 2017
1. Things Have Changed (Bob standing at piano)
2. Don't Think Twice, It's All Right (Bob sitting at piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob standing at piano)
4. Beyond Here Lies Nothin' (Bob sitting at piano)
5. I Could Have Told You (Bob center stage)
6. Pay In Blood (Bob standing at piano)
7. Melancholy Mood (Bob center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob sitting at piano)
9. Stormy Weather (Bob standing at piano)
10 Tangled Up In Blue (Bob center stage then sitting at piano)
11. Early Roman Kings (Bob standing at piano)
12. Spirit On The Water (Bob Bob sitting at piano)
13. Love Sick (Bob center stage)
14. All Or Nothing At All (Bob center stage)
15. Desolation Row (Bob standing at piano)
16. Soon After Midnight (Bob standing at piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)
(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob sitting at piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob standing at piano)
Buongiorno Mr. Tambourine,
sull'interpretazione di Enea come predestinato favorito dagli Dei e non
come vinto, ti do buona la stoccata...ma... il favore degli Dei che ha
consentito la nascita dell'Impero Romano è una teoria dei romani,
appunto; nei poemi omerici Enea appare, soprattutto ne "L'Iliade", come
personaggio minore rispetto a Ettore e a Glauco, a cui gli Achei
vincitori accordano la facoltà di lasciare la patria. Sui rapporti tra
Virgilio e Augusto, mi pare che siamo abbastanza d'accordo. Grazie per
l'informazione storica sulla "Rolling Thunder", che proprio non
conoscevo. Sul Vietnam e le capacità profetiche di Dylan, è illuminante
l'episodio 36 di "Tarantula", che si intitola "Un cazzotto di
pacifista". Con un linguaggio simbolico, l'Autore allude ad un'azione
militare in Vietnam, ai bombardamenti al napalm e lascia intuire che,
secondo lui, la conclusione della guerra sarà una tragedia per gli USA.
Vi do tre immagini :"qui nessuno starnutisce", che sta a dire, nel
contesto, che i vietnamiti sono duri a morire; "una ragazza (l'America),
strilla il nome di suo padre (il presidente Johnson), il che però non
serve a nulla perchè il suo biglietto da due dollari (l'aereo) viene
colpito (la credenza popolare americana diceva che i biglietti da due
dollari, molto rari, portavano sfortuna e che chi ne veniva in possesso,
doveva liberarsene subito); infine, nell'episodio suddetto, un
personaggio pronuncia la frase "io le conosco bene queste cose, lavoravo
alla Edsel" che significa "l'avventura vietnamita finirà in un fiasco";
è noto infatti che le Edsel, una serie di vetture della Ford, furono un
fallimento. Lapidaria la conclusione del capitolo "la situazione in
Vietnam è molto inquietante". Dylan usa un linguaggio simbolico e, come
è noto, non parlò mai del Vietnam pubblicamente. Per le citazioni da
"Tarantula", ho fatto riferimento alla preziosa edizione di Feltrinelli.
Ardez mi ha quasi convinto ad ascoltare Triplicate...forse lo comprerò.
Lunga vita. Carla.
A proposito della fondazione di Roma
ieri era la ricorrenza della sua fondazione, 21 aprile dell'anno 753
a.C., come indicato dallo storico latino Varrone sulla base dei calcoli
effettuati dall'astrologo Lucio Taruzio. Invece Secondo la storiografia
moderna, Roma non fu fondata con un atto volontario, nacque invece, come
altri centri coevi dell'Italia centrale, dalla progressiva riunione di
nuclei abitati sparsi, fenomeno detto sinecismo. Ma in realtà tutto ciò
che è stato scritto sulla nascita di Roma è frutto di leggende,
invenzioni, allegorie, il tutto mischiato con la onnipresente mitologia
greca. La storia dei due gemelli allattati dalla lupa in una grotta è
quanto di più sciocco si possa raccontare. Lì i due gemelli vengono
trovati e allattati da una lupa che aveva perso i cuccioli ed era stata
d'altra parte attirata dal pianto dei gemelli (secondo alcuni
storiografi e studiosi di lessico la lupa non era nient'altro che una
prostituta, certamente un'allegoria per far passare Romolo e Remo come
due trovatelli e non come due figli di........! All'epoca le prostitute
Romane erano chiamate anche lupae, donde l'italiano lupanare, che è il
termine per indicare i postriboli dell' urbe. Nei pressi della grotta
passò il gregge del pastore Faustolo (porcaro di Amulio) che sentito il
pianto dei bambini, li raccolse con l'aiuto della moglie Acca Larenzia
(secondo alcuni detta "lupa" dagli altri pastori in quanto probabilmente
dedita alla prostituzione) e li cresce come suoi figli. C'è un'altra
tradizione, raccontata da autori antichi come Strabone o Tito Livio,
secondo la quale Roma fu una colonia greca arcade, fondata da Evandro. A
Pallante, la città sul Palatino sorta nel luogo in cui sarà fondata
Roma, si colloca anche il regno di Evandro, citato nell'Eneide di
Virgilio. Altre varianti riguardano gli stessi Romolo e Remo, figli di
Enea e Dessitea, nati già a Troia, oppure di Latino, figlio di Telemaco
e di Rhome, o ancora di una Emilia, figlia di Enea, e del dio Marte.
Un'altra ancora racconta una diversa versione: sul focolare della casa
di Tarchezio, tirannico re di Alba Longa, era apparso un fallo, che un
oracolo impose di far unire con una fanciulla vergine. La figlia del re
si fece tuttavia sostituire da una schiava, ma venne scoperta dal padre:
le due donne furono imprigionate e i gemelli nati da quell'unione furono
esposti in una cesta lasciata nel Tevere.
Una prima
versione fornita da Plutarco vede la fondazione di Roma dovuta al popolo
dei Pelasgi, i quali una volta giunti sulle coste del Lazio, avrebbero
fondato una città il cui nome ricordasse la loro prestanza nelle armi
(rhome). Secondo una seconda ricostruzione dello stesso autore, i
profughi troiani guidati da Enea arrivarono sulle coste del Lazio, dove
fondarono una città presso il colle Pallantion a cui diedero il nome di
una delle loro donne, Rhome. Una terza versione, sempre di Plutarco,
offre ipotesi alternative, secondo le quali Rome poteva essere un mitico
personaggio eponimo, figlia di Italo, re degli Enotri o di Telefo,
figlio di Eracle, sposò Enea o il figlio, Ascanio. Una quarta versione
vede Roma fondata da Romano, figlio di Odisseo e di Circe; una quinta da
Romo, figlio di Emazione, giunto da Troia per volontà dell'eroe greco
Diomede; una sesta da Romide, tiranno dei Latini, che era riuscito a
respingere gli Etruschi, giunti in Italia dalla Lidia e in Lidia dalla
Tessaglia. Un'altra versione fa della stessa Rome la figlia di Ascanio,
e quindi nipote di Enea. Ancora una Rome profuga troiana giunge nel
Lazio e sposa il re Latino, sovrano del popolo lì stanziato e figlio di
Telemaco, da cui ebbe un figlio di nome Romolo che fondò una città
chiamata col nome della madre. In tutte le versioni si ritrova l'eponima
chiamata Rome, la cui etimologia è la parola greca rhome con il
significato di "forza". Le fonti citano altri possibili eroi eponimi
come Romo, figlio del troiano Emasione, o Rhomis, signore dei Latini e
vincitore degli Etruschi.
Secondo altre interpretazioni di un certo interesse, il nome ruma
sarebbe di origine etrusca, in quanto non è stato trovato l'etimo
indoeuropeo e l'unica lingua non-indoeuropea della zona era l'etrusco.
Il termine sarebbe entrato come prestito nel latino arcaico e avrebbe
dato origine al toponimo Ruma (più tardi Roma) e a un prenome Rume (in
latino divenuto Romus), dal quale sarebbe derivato il gentilizio etrusco
Rumel, divenuto in latino Romilius. Il nome Romolo sarebbe quindi
derivato dal nome della città e non viceversa.
In ogni caso la tradizione linguistica assegna al termine "ruma", in
etrusco e in latino arcaico, il significato di mammella, come è
confermato da Plutarco il quale, nella Vita di Romolo racconta che:
« Sulle rive dell'insenatura sorgeva un fico selvatico che i Romani
chiamavano Ruminalis o, come pensa la maggioranza degli studiosi, dal
nome di Romolo, oppure perché gli armenti erano soliti ritirarsi a
ruminare sotto la sua ombra di mezzogiorno, o meglio ancora perché i
bambini vi furono allattati; e gli antichi latini chiamavano ruma la
mammella: ancora oggi chiamano Rumilia una dea che viene invocata
durante l'allattamento dei bambini »
(Plutarco, Vita di Romolo, 4, 1.)
Questa interpretazione del termine ruma è quindi strettamente collegata
con i motivi che hanno portato alla scelta, come simbolo della città di
Roma, di una lupa con le mammelle gonfie che allatta i gemelli
fondatori.
Quindi, tirate le
somme, qualunque versione non è credibile in quanto non ci sono
prove tangibili. A mio avviso la più probabile è quella che la città
eterna sia nata come primo agglomerato di gruppi di persone
probabilmente poco raccomandabili, predoni o ladri di strada, ricordiamo
infatti che un'altra leggenda vuole che questa gente si sia procurata le
donne con il famoso "ratto delle sabine", impresa solita a soldataglie
predatrici.
Passando a Dylan, che
stava passando la sua gioventù in un periodo storico così concitato,
erano gli anni dell'assasinio di Kennedy, della crisi cubana, della
guerra in Vietnam e della tensione Usa / Urss, con le sue canzoni di
protesta alimentò nei giovani lo spirito di ribellione e l'ardore nel
combattere per difendere i diritti umani di ogni individuo. I testi
delle sue canzoni sono messaggi di pace contro ogni forma di sopruso e
violenza: dalle armi nucleari alla guerra, dal razzismo alle condizioni
di povertà e schiavitù.
Dylan ha praticamente scritto solo due canzoni che citano il Vietnam
(Viet Nam è la dizione in lingua vietnamita), la prima è Clean Cut Kid
nella quale troviamo la strofa:
They said, "Listen boy, you're just a pup''
They send him to a napalm health spa to shape up.
They gave him dope to smoke, drinks an' pills
A jeep to drive, blood to spill.
(Dissero: Ascolta ragazzo, sei solo un cucciolo
Lo spedirono in una stazione termale al napalm per allenarsi
Gli diedero droga da fumare, liquori e pillole,
Una jeep da guidare, sangue da versare).
La seconda è “Twetter and The Monkey Man” con la strofa:
Tweeter was a boy scout before she went to Vietnam
And found out the hard way nobody gives a damn
(Tweeter era stato un boy scout prima di andare in Vietnam
E di scoprire nella maniera peggiore che a nessuno gliene fregava un
tubo).
Dal vivo, nel 1988, cantò una versione di “With God On Our Side” nella
quale aveva iunserito una nuova strofa:
“In the 1960s / Came to Vietnam war /
Can somebody tell me / What we are fighting for /
So many young died / So many mother cried /
Now i ask a question / Was God on our side?”
(Negli anni 60 / venne la Guerra del Vietnam /
Qualcuno mi può dire / per cosa combattiamo /
Tanti giuovani sono morti / tante madri hanno pianto /
Adesso io chiedo / Era Dio dalla nostra parte?).
Scrisse anche altre canzoni sulla guerra ma più generalizzate, che non
avevano un riferimento specifico, avrebbero potuto andar bene per
qualsiasi guerra.
Certo quei tempi sono passati ed il Dylan di allora è diventato
qualcos’altro, ha subito alcune trasformazioni fino ad arrivare a questa
del “crooner” che racconta la musica americana attraverso i classici del
songbook. Quest’ ultimo Dylan potrà piacere od annoiare, la scelta è
soggettiva ed individuale, comunque credo che Bob si sia ampiamente
guadagnato il diritto di fare quello che più gli piace e quello in cui
crede di più in questo momento.
Se deciderai di seguire i consigli di “Ardez” finirai per comperare
anche la trilogia cristiana, Slow Train Coming, Saved e Shot of Love con
la magnifica Every grain of sand, evitando accuratamente Blood On The
Tracks che a lui non piace proprio :o)))))))))!!!!!!
Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Venerdì 21
Aprile 2017
Paris, France - Zenith Paris, April
20, 2017
1. Things Have Changed (Bob standing at
piano)
2. Don't Think Twice, It's All Right (Bob sitting at piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob standing at piano)
4. Beyond Here Lies Nothin' (Bob sitting at piano)
5. I Could Have Told You (Bob center stage)
6. Pay In Blood (Bob standing at piano)
7. Melancholy Mood (Bob center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob sitting at piano)
9. Stormy Weather (Bob standing at piano)
10 Tangled Up In Blue (Bob center stage then sitting at piano)
11. Early Roman Kings (Bob standing at piano)
12. Spirit On The Water (Bob Bob sitting at piano)
13. Love Sick (Bob center stage)
14. All Or Nothing At All (Bob center stage)
15. Desolation Row (Bob standing at piano)
16. Soon After Midnight (Bob standing at piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)
(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob sitting at piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob standing at piano)
May 17/24 - Bob Dylan’ s Week 6 -
Firenze, Italy
clicca qui
Grazie Giuseppe per la
segnalazione ma soprattutto per la grande iniziativa che certamente sarà
costata a te ed ai tuoi amici alcune setttimane di intenso lavoro per
organizzare e coordinare tutte le manifestazioni. Vi auguro un
successone, live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Ciao a tutti e a Mr.Tambourine che con
tanta dedizione e pazienza porta avanti questo meraviglioso sito per noi
piccoli e grandi amanti della musica di Dylan.
Voglio dire che da anni sono un ammiratore “perso” di Bob, in tutte le
sue manifestazioni ma non ho ancora deciso se acquistare “Triplicate”
oppure aspettare il prossimo album. Le interpretazioni di Dylan hanno
sempre qualcosa di suggestivo, ma queste canzoni......queste non sono le
sue canzoni, non so come definire questo lavoro, andrebbe bene “Io non
sono qui”? Nel senso che c’è ma non è lui, è il suo Alter ego Zimmermann
che rende il proprio omaggio personale alla musica dellla sua gioventù,
Ma Dylan è un estraneo in tutto questo, c’è ma non c’è, quindi “Io Non
Sono Qui”!
Forse perchè da anni sono abituato a sentire, commentare e capire per
mia soddisfazione i testi delle sue canzoni che non sento queste cover
facenti in qualche modo parte del lavoro di Bob. Le canzoni di Bob sono
un’altra cosa, hanno un’anima diversa, più profonda, più mistica, più
malinconica, più sincera. Bob si è sempre chiesto quale potrebbe essere
la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, sull'universo e su
Dio, e forse sta ancora cercandola, magari ancora portata dal vento
finchè non si poserà ai suoi piedi: Spero vivamente che un bel giorno
possa trovarla, magari scritta su un tovagliolino e dimenticata su un
tavolino di un bar, e potrà così mettere la parola fine alla sua odissea
artistica.
Angelo
Caro Angelo, come non
condividere le tue parole? Saranno in molti ad avere in questo periodo
il "Triplo dubbio" intanto che questo "Trilplicate" si è timidamente
affacciato anche nelle classifiche italiane arrivando fino al 24° posto
prima di iniziare la lenta discesa che lo porterà nella scatola delle
cose che non si sa dove mettere. Forse ti stupirà sapere che la domanda
dylaniana sul senso della vita e di tutto il resto è "42". A parte gli
scherzi, la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e
tutto quanto è un concetto espresso nella serie di romanzi di
fantascienza umoristica di Douglas Adams "Guida galattica per gli
autostoppisti". In queste storie, per cercare la risposta, viene
costruito un supercomputer chiamato "Pensiero Profondo" che, dopo
un'elaborazione durata sette milioni e mezzo di anni, fornisce come
risultato il numero "42". Ecco la storia:
Un gruppo di
scienziati, i cui componenti sono in realtà la proiezione
pandimensionale di una razza di esseri super-intelligenti esistenti su
un piano dimensionale superiore, costruisce "Pensiero Profondo", il
secondo più grande computer di tutti i tempi e di tutti gli spazi, per
ottenere la risposta alla "Domanda Fondamentale sulla Vita,
sull'Universo e Tutto quanto" (in lingua inglese The Ultimate Question
of Life, the Universe and Everything). Dopo sette milioni e mezzo di
anni il computer fornisce la risposta: «42».
"Quarantadue!" urlò Loonquawl. "Questo è tutto ciò che sai dire dopo un
lavoro di sette milioni e mezzo di anni?"
"Ho controllato molto approfonditamente," rispose il computer, "e questa
è sicuramente la risposta. Ad essere sinceri, penso che il problema sia
che voi non abbiate mai saputo veramente qual è la domanda".
Il computer informa i ricercatori che progetterà per loro un secondo
computer, più grande di sé stesso, incorporando entità viventi come
parti della sua matrice computazionale, affinché quest'ultimo possa
calcolare e dire loro quale sia la "Domanda". Questo nuovo computer
viene chiamato "Terra" ed è, secondo il libro, il nostro pianeta.
Pochi minuti prima della pubblicazione del risultato però, il popolo
alieno dei Vogon distrugge il computer, ossia la Terra, per creare
un'autostrada iperspaziale (più tardi nella serie, si scoprirà che i
Vogon sono stati assunti per distruggere la Terra da un consorzio di
filosofi e psichiatri che temevano di perdere il lavoro qualora il
significato della vita fosse divenuto di pubblico dominio).
Poiché sono già prenotati per un giro di apparizioni nei talk show per
rivelare la "Domanda", gli scienziati hanno assoluto bisogno di
scoprirne il contenuto. Durante un incontro sul pianeta Magrathea con
Arthur Dent (ultimo umano ad aver lasciato la Terra prima della sua
distruzione, e quindi la parte della matrice che più probabilmente
contiene il risultato della ricerca), Frankie e Benjy rivelano un piano
per estrarre la "Domanda" dal cervello di Arthur. Dato che questo
significa rimuovere e sezionare il suo cervello, Arthur non approva il
piano e riesce a scappare.
Senza possedere un vero risultato, gli scienziati propongono di usare il
verso «How many roads must a man walk down?» (che apre la canzone
Blowin' in the Wind di Bob Dylan e che significa «Quante strade deve
percorrere un uomo?») come "Domanda" da rendere pubblica nei talk-show
(ma solo dopo aver respinto la domanda «Che cos'è giallo e
pericoloso?»).
Alla fine del libro "Il ristorante al termine dell'Universo" (secondo
volume della Guida galattica per gli autostoppisti), Arthur Dent tenta
di scoprire la Domanda estraendola dal suo subconscio e prendendo a caso
da un sacchetto lettere del gioco dello Scarabeo; il risultato è la
frase: «Cosa ottieni se moltiplichi sei per nove?» («What do you get if
you multiply six by nine?»). Nella prima versione radiofonica della
storia, Arthur commenta: «Ho sempre detto che c'era qualcosa di
fondamentalmente sbagliato nell'universo» («I always said there was
something fundamentally wrong with the universe»).
All'inizio del quarto libro però, Arthur torna sulla Terra in un
universo parallelo, e incontra Fenchurch, ragazza di cui si innamora
immediatamente. Questa ragazza, concepita dai suoi genitori mentre erano
in coda per prendere il biglietto alla stazione di Fenchurch, aveva
capito, proprio prima che la Terra fosse distrutta dai Vogon, il modo di
rendere l'intero Universo felice: aveva trovato la domanda.
Sfortunatamente, questo elemento del supercomputer "Terra" è stato
mentalmente danneggiato dalla sostituzione della Terra, e perciò Fenny
(soprannome di Fenchurch) non si ricorda assolutamente la domanda. Però
si innamora di Arthur, che si scopre aver acquisito gli strani poteri
telepatici del suo amico Ford Prefect (un extraterrestre ricercatore per
la Guida).
La spiegazione di Adams:
Il 3 novembre 1993, a più di dieci anni dalla pubblicazione della Guida,
Adams diede la seguente risposta, riguardo alla scelta del numero
quarantadue, sul newsgroup alt.fan.douglas-adams:
« The answer to this is very simple. It was a joke. It had to be a
number, an ordinary, smallish number, and I chose that one. Binary
representations, base thirteen, Tibetan monks are all complete nonsense.
I sat at my desk, stared into the garden and thought '42 will do' I
typed it out. End of story. » (« La risposta è
molto semplice. Era uno scherzo. Doveva essere un numero, un normale,
piccolo numero, e io scelsi quello. Rappresentazioni binarie, calcoli in
base tredici, monaci tibetani sono solo una completa sciocchezza. Ero
seduto alla scrivania, fissai il giardino e pensai "42 funzionerà". Lo
scrissi a macchina. Fine della storia»).
(Douglas Adams, 2
novembre 1993)
Chissà se un domani il
nostro Bob scriverà il seguito di "Blowin' in the wind" e nel ritornello
dirà magari: "The answer my friend was blowin' in the wind, the answer
my friend is 42". Scusa per questa sciocca divagazione ma è capitato che
stavo leggendo per caso questa storia di fantasia quando ho ricevuto la
tua mail, dopo averla letta non ho potuto ignorare quello che stavo
leggendo, perchè i grando scienziati propongono in prima battuta di
usare la frase di Bob di Blowin', e pur essendo una storia senza ne capo
ne coda l'ho trovata diveretente, spero sarà lo stesso per te. Live long
and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Giovedì 20
Aprile 2017
Oslo, Norway - Spektrum, April 4, 2017
di Gary Jacobson
Ho viaggiato fino in Norvegia per visitare miei vecchi compagni coi
quali avevo trascorso molto tempo gratificante ngli anni fin dalla mia
giovinezza. Suppongo che in un certo senso anche Bob sia incluso tra
questi vecchi compagni. Avevo sempre sperato di poter vedere Bob a Oslo
e, infine, la mia speranza si è avverata. Ottenere i biglietti per
questo spettacolo è stata dura. Questa stravagante notte speciale l’ho
condivisa con Lars. (Intendo un mio amico, non la canzone.) Non era mai
stato a uno spettacolo di Bob, aveva letto delle recensioni di quelli
passati ed era ben consapevole di tutto il baccano che facciamo tutti
noi nel saltare su e giù. Lars è una persona molto colta che apprezza
questo aspetto e il ruolo che Bob ha avuto nella storia della vita
sociale. Ho pensato che fosse giusto spiegargli che gli sarebbe piaciuto
sperimentare la serata allo Spektrum sarebbe stato forse come desiderare
una birra fredda in una giornata calda ed ottenere invece una grappa
calda. Ho pensato che sarebbe stato un punto di partenza sicuro, e
tuttavia ho sperato che Bob ci avrebbe dato la ciotola per soddisfare la
sete di Lars.
La performance ha avuto alcuni punti salienti di valore molto elevato.
Ho pensato che aveva preparato nuovi testi e nuovi arrangiamenti. Almeno
sembravano nuovi per me. L'ordine delle canzoni era più o meno quello
delle notti precedenti, con un cambio fra Full Moon And Empty Arms e Why
Try To Change Me Now. Per me la migliore è stata Love Sick, che era
molto, molto soddisfacente. Tangled up in Blue era forte. Niente
armonica stasera. Come terza canzone Bob ci ha sbattuto in faccia una
fortissima Highway 61. Scarlet Town è stata poco buona. Bob stava
eseguendo le canzoni molto bene e sembra aver fatto un ulteriore passo
in avanti nel ruolo di performer rispetto allo scorso autunno quando l'
avevo visto a Tanglewood, MA. La band è molto “musicale”, se questo ha
un senso. Modalità e nuance si sono concentrate.
La folla era molto riconoscente e non sembrava affatto sorpresa di come
Bob si presenta e come esegue i brani. E’ stata una notte del tutto
piacevole con ottima musica. Forse gli standard americani che ha suonato
e cantato con vigore sono ora inclusi nella visione di Bob della musica
popolare.
Gary Jacobson, Rosendale, NY
Amsterdam, The Netherlands -
Heineken Music Hall, April 18, 2017
1. Things Have Changed (Bob standing at
piano)
2. Don't Think Twice, It's All Right (Bob sitting at piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob standing at piano)
4. Beyond Here Lies Nothin' (Bob sitting at piano)
5. Stormy Weather (Bob standing at piano)
6. Pay In Blood (Bob standing at piano)
7. Melancholy Mood (Bob center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob sitting at piano)
9. Tangled Up In Blue (Bob center stage then sitting at piano)
10. Scarlet Town (Bob center stage)
11. All Or Nothing At All (Bob center stage)
12. Early Roman Kings (Bob standing at piano)
13. Spirit On The Water (Bob Bob sitting at piano)
14. Love Sick (Bob center stage)
15. Desolation Row (Bob standing at piano)
16. Soon After Midnight (Bob standing at piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)
(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob sitting at piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob standing at piano)
Grazie per la
tempestiva segnalazione Rocco, purtroppo anche l'uomo del tamburino se
n'è andato, ma di lui ha lasciato una traccia che durerà fin quando
durerà il mondo, la canzone che lui ha ispirato a Bob sarà cantata nei
secoli futuri e la gente leggerà che il vero "Mr.Tambourine Man" era
lui, Bruce Langhorne. Con lui Bob perde un altro dei suoi grandi
compagni del Village, purtroppo non si può fermare il tempo come non si
può fermare il vento! Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Buongiorno Mr. Tambourine,
il tuo intervento è ricco di idee che meritano una lunga discussione.
Cerco di intercettare le principali. Parto dal nesso arte-potere. E'
vero che Augusto e Virgilio si sono glorificati a vicenda, ma è anche
vero che l' Eneide di Virgilio è sopravvissuta ad Augusto perchè il
poeta l'ha disseminata di indizi che sono antidoti alla logica del
potere: Roma è stata fondata da un vinto e non da un vincitore; la vita
dell'uomo è dominata dal fato e dal dolore senza senso; gli avversari ed
i nemici sono uomini ed accomunati al protagonista dallo stesso destino
di sofferenza. Va anche detto che Virgilio aderì al programma culturale
di Augusto quando prevalevano le ragioni della pacificazione dello Stato
dopo decenni di guerra civile, ma che, quando Augusto iniziò a
perseguitare gli avversari politici, Virgilio pensò di non pubblicare il
suo poema. Ricordo questo per dire che i veri artisti sanno che
l'abbraccio con il potere può essere mortale, ed in questo ha ragione
Miscio quando sottolinea la coerenza e l'indipendenza di Dylan che non
si è prostrato davanti ad un' Istituzione che, pur essendo un'Accademia,
nell'immaginario colletivo facilmente si sovrappone all'idea del potere
tout-court. Dylan aveva già pensato alla sopravvivenza della sua arte
quando si è sganciato dalla canzone di protesta. Penso che già allora
avesse intuito che, alla lunga, legarsi a temi politico-sociali, avrebbe
limitato e condizionato la sua poesia. Condivido con te l'idea che la
poesia vera, come l'arte vera, siano in grado di parlare al cuore ed
alla mente di tutti, anche degli incolti. La poesia, soprattutto se
accompagnata dalla musica, ha qualcosa in più rispetto ad altre
espressioni artistiche, e cioè la capacità di addolcire i cuori, di
ispirare buoni sentimenti, in ultimo di "civilizzare". Io sono convinta
che il mito di Orfeo abbia un significato profondo e universale. Mi
chiedo se sia stato fatto un ragionamento complessivo -penso di sì- sul
ruolo civilizzatore dell'arte dylaniana in un Paese come era l'America
degli anni sessanta e settanta.Nella personalità e nell'opera di Bob
Dylan ci sono due aspetti che mi paiono terribilmente romantici:
l'individualismo, già affermato in "Tarantula" e ripreso con forza in -
per fare solo un esempio - "my back pages" e lo spirito
nazional-popolare di molte sue canzoni. Chi ha pensato, come te, in
tempi non sospetti, che fosse "un grande" merita un grande plauso. E'
un'avventura bella tentare di scandagliare le sue parole, oltre che
ascoltare la sua musica... anzi bisognerebbe non scindere le due
attività. Alla prossima. Lunga vita. Carla
E' davvero interessante e
bello questo scambio di opinioni epistolare, è grazie a persone come te,
come Miscio, come Sir Eglamore, Daniele "Ardez" Ardemagni, il Prof.
Alessandro Carrera, Mike Lenzi e tutti gli altri che scrivono alla
Fattoria se è possibile instaurare un dialogo che vada al di là della
fredda cronaca riguardante l'attività di Bob.
E' vero che Augusto e
Virgilio si sono sviolinati a vicenda, ma è altrettanto vero che Augusto
era in una posizione che nessun altro poteva avere nell'Impero Romano,
lui era il capo, Virgilio invece era uno dei tanti quasi obbligati ad
incensare l'Imperatore, quindi il loro rapporto non era di parità ma di
Imperatore/subordinato. Lo studio dell'eloquenza doveva fare di lui un
avvocato e aprirgli la via per la conquista delle varie cariche
politiche. Virgilio studiò alla scuola di Epidio l'arte dell'oratoria
perchè era avvocato, ma l'arte del parlare non era certo congeniale alla
sua natura pacifica e mite. Virgilio, riservato e timido, era
palesemente inadatto a parlare in pubblico, e infatti, nella sua prima
causa come avvocato non riuscì nemmeno ad aprire bocca. In seguito a ciò
Virgilio entrò in una crisi esistenziale che lo portò, non ancora
trentenne, a trasferirsi dopo il 42 a.C. a Napoli, per frequentare la
scuola dei filosofi Filodemo e Sirone per apprendere i precetti di
Epicuro.
Ma per Roma erano tempi turbolenti, e Virgilio visse i maggiori
avvenimenti dell'epoca, la guerra civile fra Cesare e Pompeo, culminato
con la sconfitta di quest'ultimo a Farsalo nel 48 a.C., poi l'uccisione
di Cesare nella famosa congiura ed infine l'infausto per Virgilio
scontro fra Ottaviano/Marco Antonio da una parte e Bruto/Cassio
dall'altra, scontro culminato con la battaglia di Filippi nel 42 a.C.
Virgilio fu toccato direttamente da queste tragedie: infatti la
distribuzione delle terre ai veterani dopo la battaglia di Filippi mise
in grave pericolo le sue proprietà nel Mantovano, ma sembra che, grazie
all'intercessione di personaggi influenti come Pollione, Varo, Gallo,
Alfeno e dello stesso Augusto, Virgilio sia riuscito ad evitare la
confisca.
Dopo il successo delle sue "Bucoliche", Virgilio entrò in contatto con
Mecenate entrando nel suo circolo che raccoglieva i maggiori letterati
dell'epoca, e fu proprio grazie a Mecenate che Virgilio conobbe Augusto
e collaborò alla diffusione della ideologia politica del suo Imperatore,
diventando così il maggiore poeta di Roma e dell'Impero. Prima di
morire, Virgilio raccomandò ai suoi amici Plozio Tucca e Vario Rufo di
distruggere il manoscritto dell’Eneide, perché, per quanto l'avesse
terminata, non aveva fatto in tempo a rivederla. Ma i due ignorarono le
richeste della guida di dante e consegnarono il manoscritto ad Augusto,
e così l'Eneide, anche se reca tuttora evidenti tracce di incompiutezza,
divenne in breve il poema nazionale romano.
Su Enea invece la
penso in modo diverso, tu ritieni che la stirpe Romana sia stata
generata da un vinto, io invece da un predestinato favorito dagli dei.
Ricordiamo anche che probabilmente Enea non è nemmeno esistito, è stata
una figura della mitologia greca e romana, figlio del mortale Anchise,
cugino del re di Troia Priamo, e di Afrodite/Venere, dea della bellezza.
Principe dei Dardani, partecipò alla guerra di Troia dalla parte di
Priamo e dei Troiani, durante la quale si distinse molto presto in
battaglia come guerriero valorosissimo.
E' vero quando dici
che Dylan ha cercato di evitare in tutti i modi il potere politico per
non dover dipendere mai da nessuno, ma lui sapeva che la sua arte andava
ben oltre questi uomini che, pur essendo presidenti della Nazione più
importante del mondo, avevano gli stessi vizi e le stesse debolezze di
un qualunque operaio americano. Harry Truman commise l'indegno crimine
di sganciare, unico nella storia, due bombe atomiche sulla popolazione
civile del Giappone, Eisenhower fu abbastanza impersonale e niente
ricorda i suoi due mandati, John Kennedy era una specie di sciupafemmine
che andava in visibilio per qualunque cosa portasse una gonna, divideva
la sua amante Marilyn Monroe con il fratello Bob e tutti e due vennero
uccisi per motivi che ancora oggi rimangono oscuri. Lyndon B. Johnson
non fu capace di non farsi trascinare nell'assurda guerra del Viet Nam
che infiniti addusse lutti agli americani. Richard Nixon, forse il
peggior presidente della storia U.S.A, l'unico che si sia dimesso, cercò
di alleggerire l'impegno dei soldati in Viet Nam avviando l'escalation
dei bombardamenti aerei che, dopo aver defoliato tutto il Nord Vietnam,
il Laos e la Cambogia per mettere a nudo il famoso "sentiero di Ho Chi
Minh" ed interrompere i rifornimenti ai combattenti comunisti scatenò la
più grande offensiva aerea che il mondo avesse mai visto sganciando
milioni di tonnellate di bombe senza ottenere il minimo risultato, anche
su di Laos e Cambogia.
In America è molto
popolare questa constatazione: « Roosevelt dimostrò che la Presidenza
può essere un mestiere da esercitarsi vita natural durante. Truman ha
dimostrato che chiunque può fare il Presidente. Eisenhower, che non v'è
in realtà bisogno di un Presidente. Kennedy, che può essere pericoloso
avere un Presidente… ».
Comunque, in risposta
all'escalation nordvietnamita, il 24 febbraio 1965 partì l'operazione
"Rolling Thunder", una massiccia campagna di bombardamento contro porti,
aeroporti, basi militari e l'unica acciaieria del Nord Vietnam, situata
a Thai Nguyen. Gli aerei decollano dal sud del Paese, dalla Thailandia,
dall'isola di Guam (Oceano Pacifico) e dalle portaerei della 7ª flotta
USA, dislocate nel golfo del Tonchino: gli obiettivi degli aerei sono
raggruppati in sei diverse aree operative dal comando strategico. Nel
1975 Dylan utilizzerà questi due nomi per la sua carovana viaggiante, la
tournee si chiamò appunto "Rolling Thunder Revue" e la band dei
musicisti che accompagnarono Dylan prese il nome di "Guam". Dylan rimase
personalmente staccato dalla politica cercando sempre di evitare di dare
il suo appoggio a qualunque candidato. Ben ha fatto inoltre a non
prostrarsi ai parrucconi dell'Accademia di Svezia che dopo anni di
nomine imbecilli hanno deciso di rivalutarsi sfruttando la popolarità di
Dylan, per far vedere che sì, Dylan è grande, ma che sono stati loro a
riconoscerlo. Quanta stupidità in questo comportamento, che malinconia
vedere gente che cerca di brillare di luce riflessa. Avrei ammirato gli
accademici se avessero avuto la forza di premiare Dylan vent'anni fa,
invece oggi, fermo restando il valore della nomina, tutta la cosa è
sembrata una barzelletta raccontata male che non ha fatto ridere
nessuno. Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Martedì 18
Aprile 2017
Amsterdam, The Netherlands -
Heineken Music Hall, April 17, 2017
1. Things Have Changed (Bob standing at piano)
2. Don't Think Twice, It's All Right (Bob sitting at piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob standing at piano)
4. Beyond Here Lies Nothin' (Bob sitting at piano)
5. Stormy Weather (Bob standing at piano)
6. Pay In Blood (Bob standing at piano)
7. Melancholy Mood (Bob center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob sitting at piano)
9. Scarlet Town (Bob center stage)
10. Tangled Up In Blue (Bob center stage then sitting at piano)
11. Early Roman Kings (Bob standing at piano)
12. Spirit On The Water (Bob Bob sitting at piano)
13. Love Sick (Bob center stage)
14. All Or Nothing At All (Bob center stage)
15. Desolation Row (Bob standing at piano)
16. Soon After Midnight (Bob standing at piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)
(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob sitting at piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob standing at piano)
Buongiorno Mr. Tambourine,
interessante e acuto l'intervento di Miscio. Siamo sicuri che Dylan
fosse e sia a digiuno di cultura cosiddetta "alta"? La cultura
"popolare" e la cultura "alta" si sono contaminate con il venir meno
della rigida distinzione degli stili (comico-popolare; tragico-elevato;
elegiaco-medio). E' stata la rivoluzione romantica a rompere le antiche
barriere e oggi la divisione non è più tra letteratura popolare/elevata,
ma, se mai, la demarcazione è tra banalità/originalità e imitazione
pedestre/innovazione. Le motivazioni del Nobel a Dylan parlano proprio
di originalità e capacità di rinnovamento degli stilemi della canzone
americana. Ma insisto a dire che il Nostro non è affatto a digiuno di
letteratura. Nel groviglio di parole tarantoliane emerge un'eco vasta
non solo di scrittori della Beat Generation, ma anche di poeti antichi e
moderni. Per il resto... il tempo non manca! Lunga vita. Carla.
Cara Carla, certamente la
rivoluzione spirituale e culturale indotta del Romanticismo ha portato,
ad inizio 1800, ad un profondo mutamento nel modo di
concepite, recepire ed esprimere le lettere, le arti, il pensiero, la
politica ed il costume. Sorto sul finire del Settecento in Inghilterra,
si propagò poi con una più ponderata consapevolezza del nuovo in
Germania, nazione nella quale si legò alla filosofia dell’Idealismo, per
poi estendersi progressivamente a tutta l’Europa.
Le basi del Romanticismo sono state propiziate dal mutamento progressivo
della sensibilità e del gusto che è avvenuto alla fine del 1700
nell’ambito stesso dell’Illuminismo e del Sensismo e che prese
momentaneamente il nome di Preromanticismo. A questa corrente
appartengono, più o meno significativamente Rousseau in Francia, Goethe,
Shiller e il movimento detto dello "Sturm und Drang" (tempesta ed
impeto), espressione d’un individualismo esasperato (il famoso
superuomo) in Germania, con Macpherson in Inghilterra e con Vittorio
Alfieri in Italia.
Ma io penso che per
noi sia più confacente e più di facile assimilazione parlare con un
linguaggio nazional-popolare, in modo che tutti possano comprendere più
chiaramente. Semplificando e riducendo all'osso la cosidetta "cultura
Alta" che è patrimonio delle classi elitarie, sfociamo nella "cultura
bassa", quella che dice pane al pane e vino al vino eliminando ogni
ghirigoro retorico. Ma il discorso della e sulla cultura è talmente
vasto che bisognerebbe starne a parlare per mesi.
Io preferisco
semplificare il tutto, considerando "cultura" ciò che dipende dalla mia
soggettività (anche se è un principio sbagliato, in quanto il bello è
bello indipendentemente dal fatto se mi piaccia o no), ma io passo sopra
a queste verità usando quella che più mi fa comodo: se una cosa mi piace
per me vale, in caso contrario mi limito a dimenticarla. So
perfettamente che questa è una posizione un pò da paraculo, ma funziona
egregiamente e per me va bene. Purtroppo, ciò che è arte viene oggi
deciso dai businnemen, dai critici, dagli editori, il concetto di ciò
che è o non è arte viene deciso da questi personaggi.
A volte il potere e l'arte vanno a braccetto traendo vantaggio uno
dall'altro, per esempio citerei Augusto, il grande imperatore romano, e Virgilio, uno
scrittore classico diventato
immortale, l'uno ha avuto in mano il potere più grande del mondo e l'altro gli ha
dedicato una delle opere più grandi, glorificandosi così a vicenda. Ma
che sarebbe successo se Augusto avesse fatto la fine di Cesare?
Certamente i suoi sostenitori e simpatizzanti, compresi Virgilio e la
sua Eneide, sarebbero stati spazzati via con le liste di proscrizione
come era prassi comune nella Roma imperiale devastata degli intrighi di
potere. Ma queste situazioni si ripeteranno nei due millenni a seguire,
con esempi supremi come la Firenze
dei Medici che finanziarono tutto il mondo con la loro banca e la
Venezia dei Dogi che dominarono i traffici commerciali via mare. Ma se
il potere non scende a patti con l'arte allora sono guai, ricordiamo i Talebani in Afghanistan che hanno
distrutto statue, santuari religiosi e musei che dal punto di vista artistico
erano valori inestimabili! E' risaputo che la Storia e l'arte sono
proprietà dei vincitori, e quello delle statue dei Buddha di
Bamiyan nella valle di Bamiyan in Afghanistan, distrutte il 12 marzo
2001, è un esempio di come i vincitori possono
cancellare l'arte che è contro le loro idee.
Io comunque credo che l'arte abbia il potere di andare oltre le parole, credo che anche la
persona non dotta, non sufficentemente acculturata riceva un messaggio,
anche il poveraccio più ignorante,
che nulla sa di arte e cultura, messo al cospetto della Cappella
Sistina, riceve, a mio avviso, un messaggio che va oltre il testo, oltre le
parole, oltre l'immagine...magari potrebbe anche non comprenderlo appieno, ma se
anche gli arrivasse solo in parte desterebbe in lui una profonda
emozione che sentirebbe dentro di se pur non capendone le ragioni. La
gente al Louvre davanti al quadretto della Monna Lisa si ferma mezz'ora
con la bocca aperta, quasi nessuno di loro sa il perchè (questo è quello
che è successo a me, una forte emotività che non sapevo giustificare,
quella donna mi faceva sentire più piccolo di un granello di sabbia).
L'arte parla da sola, non ha bisogno di Ciceroni, poi è chiaro che va anche studiata per essere
capita nei
suoi più profondi significati...
"Cultura" è una parola, un concetto che ricorre molto spesso nella
nostra quotidianità, usata con sensi spesso molto diversi. Ma tutti
questi concetti portano alla figlia diretta della conoscenza
umana, anzi, alle due gemelle che per distingursi portano il nome di
"cultura alta" e "cultura bassa".
Per semplificare la ”cultura alta" è il sapere accumulato
dell’umanità nei
secoli che viene poi trasmesso di generazione in generazione. È, per così dire, il
risultato della volontà umana di comprendere il mondo e tutto ciò che ne
fa parte, filosofia, letteratura, arte, musica,
matematica, astronomia.
Invece la “cultura bassa” non è qualcosa di “degradato” o di “volgarizzato“.
E' il sapere del popolino, quello che il popolo è capace di comprendere.
Naturalmente è una cultura diciamo, con un eufemismo, di serie B, nella
quale sono conglobate le cose meno complicate, come i films, i concerti,
i videogiochi e alcuni particolari generi letterari. Però c'è una
differenza di base, il film può prendere spunto dalla letteratura, il
contrario non sarà mai possibile. E proprio qui sta il busillis, l' alta
e la bassa cultura sono
parimenti meritevoli di essere conosciute. Entrambe, pertanto, sono
espressione della medesima volontà umana di dare un senso alla
realtà che la circonda, ed anche dalla voglia di comprenderla. Poco importa che la realtà sia
autentica o puramente fittizia, il tentativo e lo sforzo per la
conoscenza sono uguali.
Un esempio può forse chiarire meglio quanto appena detto. Cultura è,
certo, la comprensione del pensiero di Kant di rifondare le basi del sapere
umano vergato nella "Critica della ragion pura", ma è anche la differenza
che c'è,
nell’universo di Star Wars, tra un Sith e un Jedi. Ancora,
cultura è vedere il museo del Prado a Madrid, il Louvre a parigi o Gli
Uffizzi a Firenze, ma è anche aver
visto la trilogia del Signore degli Anelli. Questi accostamenti,
riconosco,
potrebbero di primo acchito far storcere il naso a tutti. Ma, superate le prime
diffidenze, si scopre che sia la "Ragion pura" che "Star Wars", tanto il
museo del Prado quanto il "Signore degli Anelli" testimoniano la stessa
volontà umana di comprendere la realtà circostante, vera o fittizia che
sia. Perciò, con questo intento comune, anche la “bassa cultura” merita
rispetto.
Non è giusto, né particolarmente intelligente, trincerarsi dietro un
atteggiamento di sufficienza, bollando tutto ciò che non è “alta
cultura" come “spazzatura“. Alla fine il sapere è fonte di gioia,
intellettuali e non si sforzano sempre per incrementare il proprio sapere,
un domani tutto potrebbe tornar utile. In ultima analisi è una fonte di
gioia che è
rappresentata tanto da Goya, da Mozart e dalla logica binaria, quanto da
Dungeons and Dragons, da Final Fantasy, o dalla serie del Trono di
Spade.
Per concludere non saprei valutare o dare un voto all'arte di Dylan, so
che mi piace e questo mi basta, quando poi vedo che è apprezzato e
lodato anche a gente culturalmente superiore a me la cosa m'intenerisce
il core, perchè mi rendo conto che nella mia pochezza avevo visto
giusto. Io credo che Dylan abbia meritato il Nobel molto più di altri
prima di lui, e se anche, come ha ipotizzato Miscio, la vecchia
"Intellighenzia" l'abbia usato per riguadagnare punti va bene lo stesso,
Dylan è grande indipendente dal premio Nobel, ma in fondo se glielo
hanno conferito è ancora meglio, significa che il concetto di
cultura e di arte si stanno adeguando ai tempi. Live long and prosper,
Mr.Tambourine, :o)
Lunedì 17
Aprile 2017
Amsterdam, The Netherlands -
Heineken Music Hall, April 16, 2017
1. Things Have Changed (Bob standing at piano)
2. Don't Think Twice, It's All Right (Bob sitting at piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob standing at piano)
4. Beyond Here Lies Nothin' (Bob sitting at piano)
5. Why Try To Change Me Now (Bob center stage)
6. Pay In Blood (Bob standing at piano)
7. Melancholy Mood (Bob center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob sitting at piano)
9. Love Sick (Bob center stage)
10. Tangled Up In Blue (Bob center stage then sitting at piano)
11. Early Roman Kings (Bob standing at piano)
12. Spirit On The Water (Bob Bob sitting at piano)
13. Scarlet Town (Bob center stage)
14. All Or Nothing At All (Bob center stage)
15. Desolation Row (Bob standing at piano)
16. Soon After Midnight (Bob standing at piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)
(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob sitting at piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob standing at piano)
Ciao a tutti.
Da un po' non scrivevo ma ora mi è venuta di dire la mia su queste 52
canzoni del grande canzoniere Americano che Bob ci ha regalato,
riproposto a modo suo e fatto conoscere in questi ultimi due anni.
Onestamente, non fosse stato per lui, non le avrei mai conosciute ( a
parte 3 o 4 brani) e di questo sono grato a Bob. La triade è cominciata
con Shadow che sinceramente ho trovato un po' troppo cupo ma col suo
fascino "dark". Fallen Angel l'ho apprezzato di più per pezzi più
movimentati e un'interpretazione del Nostro sempre più trasportata ed
ispirata dai brani. Bé, ora è arrivato questo triplo. Inizialmente
rimasi perplesso ma poi mi sono detto "vediamo che sorpresa tira fuori
dal cilindro questa volta". Se i due precedenti li sono riusciti ad
ascoltare 3/4 volte in un anno, Triplicate mi è entrato dentro dopo poco
ma con qualche tattica. Chiudere gli occhi e sentirsi scaraventati in
un'altra epoca che mai avrei cercato di conoscere (perché queste canzoni
cantate da "the voice" e company mai le avrei ascoltate, sia, con tutto
il rispetto per il canto, sia per gli arrangiamenti orchestrali); e
allora ecco che cominci a sentire, come in uno spazio temporale, l'odore
di fumo di vecchi locali, di whisky e di donne...ecco che immagini
sfrecciare vecchie caddilac o ford mentre vicino, in un piccolo spiazzo,
ragazzi che con una palla cercano di centrare un canestro. E' stato un
lavoro fatto con amore questo di Bob, lo si sente nel canto, nella
produzione e nelle foto retrò all'interno del disco. Un'altra faccia del
nostro Shakespeare del rock, del Picasso della musica che mancava nel
tassello. Certo, credo e spero che con questo bel lavoro Bob torni a
cantare Dylan (anche se forse si è un po' rotto le palle di cantare le
sue canzoni ...lui è sempre in movimento); magari un nuovo Tempest o
Time out of Mind, un altro Modern Times o Slow Train Coming o chissà
cos'altro; nessuno lo può dire. Triplicate, come i suoi due
predecessori, forse non sarà indispensabile (per qualcuno) ma sarebbe un
vero peccato non averlo. Bob a differenza di tutti i suoi colleghi
(sento di salvare solo Cohen per il grande rispetto e amore che provo
per questo grande Artista), coetanei o meno, non si può collocare ad un
epoca e imprigionarlo in una decade. Ogni decennio ha avuto il suo Bob e
lui ha regalato sempre almeno due capolavori e anche in album minori due
o tre canzoni degne di nota ci sono sempre state. Quindi non mi va di
stare a giudicare cosa dovrebbe fare un Artista così grande. Sono solo
sicuro che questi lavori saranno rivalutati col tempo; spesso il suo
pubblico (non parlo in questo caso della critica perché di questi lavori
ne sta parlando molto bene) lo ha condannato ma col senno di poi abbiamo
sempre avuto la conferma che aveva ragione lui. Successe con la svolta
elettrica, con quella country, con quella cristiana (oggi ampiamente
rivalutata e amata da molti fans), è successo coi lavori, certi dei
quali capolavori, dopo Time Out Of Mind e succederà anche in questa
Dylan-Era. Sperando ora in un album di inediti dico solo che sul palco
lo trovo più in forma che mai, quanto all'intervista..lasciamo perdere.
Un abbraccio a tutti.
Daniele Ardemagni "Ardez"
Ciao Ardez, opinioni
perfettamente condivisibili le tue, ed anche se sai che su certe cose
dylaniane e su questa pentalogia sinatriana la penso un pò diversa da
te, anche perchè sono cresciuto con un Dylan che tu forse non hai potuto
"sentire tuo" perchè sei nato che lui aveva già passato la fase folk,
quella "gone electric", quella della Rolling Thunder e del divorzio ed
aveva appena iniziato quella che sarà la trilogia cristiana. Ma queste
sono sono differenze temporali, ognuno di noi ha il suo Dylan preferito
che, probabilmente è quello più vicino alla sua gioventù. Ma al di là di
questo posso apprezzare, rispettare e condividere la tua opinione anche
se ci sono piccole divergenze, fondamentalmente stimiamo tutti e due
profondamente Bob. Vedo che sei sempre ostracista nei confronti di
"Blood On The Tracks", ma non ha una grossa importanza, questo dimostra
che sei coerente con le tue idee e non sei di certo una bandiera che
cambia posizione a seconda della direzione del vento. Come ha detto Bob:
"You don't need a weather man", hai le tue idee su ciò che ti piace di
Bob e su quello che apprezzi di meno, bravo, non farti condizionare mai
da nessuno, è sempre meglio sbagliare con la nostra testa che con quella
di un altro. Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Buongiorno Mr. Tambourine,
grazie alle citazioni delle canzoni dylaniane che compaiono frequenti
nei tuoi messaggi, io aggiorno la mia conoscenza del canzoniere del
neo-Nobel per la letteratura. Sto seguendo con interesse i giudizi su
"Triplicate", ma mi ritengo fortunata perchè sto ancora gustando la
bellezza e l'intelligenza del repertorio dylaniano... arriverò
all'ultimo album quando ne sarà già uscito un altro. Ottimo il riassunto
di che cosa è stata la beat generation per l'America e l'Europa. In
pochi anni si è capovolto il mondo e non c'è dubbio che oggi riflettiamo
tutti, con più maturità e pacatezza, su quegli anni ruggenti. L'attuale
malinconia di Bob, innegabile a giudicare dalla voce e dal viso, è -
modesto parere di fan ri-acquisita dopo anni di disinteresse per la
musica - l'ennesimo segno di intelligenza, di presa di coscienza che il
tramonto è qui e guardare avanti, avere ancora qualche cosa da dire non
è impresa facile. L'alternativa alla mestizia ed alla rivisitazione del
canzoniere americano secondo Dylan è il sarcasmo autolesionista di Mick
Jagger che recentemente ha dichiarato: "Negli anni sessanta e settanta
eravamo giovani, belli e stupidi; oggi siamo solo stupidi"...Preferisco
Bob che tenta l'ultima sfida che è, a parer mio, di questo tenore: "oggi
io sono l'America e reinvento a modo mio il canzoniere americano". Non
so se comprerò "Triplicate". Ho ancora parecchio da fare a capire le
canzoni precedenti, a riflettere sul tema dell'amore e del tempo in
alcuni testi dylaniani, a trascrivere l'ultima intervista. Ultima
considerazione: capire chi siamo nel giorno del giudizio vuol dire
conoscere se stessi e perdonarsi, oltre che perdonare il prossimo.
Essere consapevoli del dolore e sentirsi empatici vuol già dire aver
dato un senso alla propria vita... dopo, ma anche grazie agli anni
ruggenti che hanno significato, in ultima analisi, mettere tutto in
discussione per essere liberi di scegliere. Questo è il messaggio della
Beat Generation che dobbiamo ricordare e tenere vivo. Bob ci sta ancora
dando una mano, in questo senso. Come dice Joan Baez " Dylan fa sempre
ciò che vuole e come lo vuole lui". Grazie per il sito. Lunga
vita.Carla.
Ciao Carla, penso che Jagger abbia
detto una grossa verità, questa gioventù che non va nemmeno al cesso
senza telefonino e lo cominica a tutti su FB la trovo un pochino
deludente, ma forse la colpa non è tutta loro, una buona parte, anzi, la
più grande, è colpa nostra che non siamo stati capaci di lasciare loro
un mondo a misura d'uomo. Quale metro si usi oggi per giudicare le cose
non saprei dirti, e purtroppo dai giovani, che hanno in larga misura
esempi negativi, comportamenti scorretti, linguaggio incomprensibile da
parte di chi dovrebbe coscenziosamente guidare, non posso pretendere che
diano di più, hanno ricevut in eredità, mi perdonerai l'espressione, un
mondo di merda e farlo diventare un mondo di cioccalato, anche se il
colore è uguale, è impresa titanica. Speriamo per loro che le cose
possano migliorare indipendente dalla nostra incapacità. Live long and
prosper, Mr.Tambourine, :o)
Sabato 15
Aprile 2017
Düsseldorf, Germany - Mitsubishi
Electric Halle, April 13, 2017
1. Things Have Changed (Bob standing at piano)
2. Don't Think Twice, It's All Right
3. Highway 61 Revisited (Bob standing at piano)
4. Beyond Here Lies Nothin' (Bob sitting at piano)
5. Why Try To Change Me Now (Bob center
stage)
6. Pay In Blood (Bob standing at piano)
7. Melancholy Mood (Bob center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob sitting at piano)
9. Love Sick (Bob center stage)
10. Tangled Up In Blue (Bob center stage then sitting at piano)
11. Early Roman Kings (Bob sitting at piano)
12. Spirit On The Water (Bob Bob sitting at piano)
13. Scarlet Town (Bob center stage)
14. All Or Nothing At All (Bob center stage)
15. Desolation Row (Bob standing at piano)
16. Soon After Midnight (Bob standing at piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)
(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob sitting at piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob standing at piano)
Caro Mr. Tambourine,
l'atteggiamento riservato tenuto da Dylan per l'occasione (ritiro Nobel)
può essere dovuto a motivi caratteriali e personali e su questo ho visto
che si è già discusso. Dal punto di vista artistico, invece, questa
linea di condotta potrebbe essere ispirata a coerenza. Se, come lui, si
è sempre sostenuto che non c'è differenza tra “le lingue degli angeli e
le lingue degli uomini”, cioè tra cultura alta e la cultura popolare,
sarebbe ben strano che Dylan si mettesse a ringraziare, prostrandosi in
maniera deferente verso l'Accademia svedese e si mettesse a dire, “non
son degno, mi fate un grande onore”. E' stato suggerito che in termini
di risonanza mediatica è più Dylan a premiare il Nobel che il contrario.
Si potrebbe sospettare che gli svedesi siano stati abbastanza scaltri da
rinfrescare la loro immagine di "polverosa accademia", aumentando con un
gesto solo, i loro crediti verso un pubblico di massa, e
contemporaneamente, “mettendo il cappello” sulle nuove forme di
espressione artistica, intese in un senso più allargato, mantenendo però
queste forme all'interno di una scala gerarchica. In tal modo non si
riconoscerebbe tanto “che non ci sono autorità”, ma piuttosto che le
vecchie autorità sono in grado di fare presa e di dare giudizi di valore
anche in un ambito in cui la concezione di letteratura è meno rigida. Il
riconoscimento dell'Accademia svedese quindi non andrebbe solo verso la
constatazione di un mutamento della realtà artistica, ma sfrutterebbe la
celebrità di Dylan per ripristinare la credibilità di un'istituzione
tradizionale. Dylan verrebbe riconosciuto
non in quanto menestrello, ma come rappresentante dell'alta cultura
dentro la cultura popolare. Verrebbe scelto come esempio di elevazione
in un panorama che è comunque considerato secondario. E' proprio questo
che Dylan non può accettare, di fare il gendarme dell'alta cultura nel
territorio della cultura popolare. Per uno che pensa che Hank Williams
valga quanto Joyce, sarebbe un'evidente contraddizione. La “mancata
gratitudine” potrebbe quindi non essere snobismo, ma semplicemente
fedeltà a ciò che si è sempre fatto. All'opposto c'è anche il pericolo
contrario, cioè quello di scambiare l'atteggiamento distaccato per
disprezzo dell'alta cultura. Si può disprezzare il potere, ma la
centrale degli “Early Roman Kings” non si trova certo in Svezia. E' più
che altro una questione di equilibrio. Divertendosi a scrivere un
ipotetico discorso di ringraziamento al comitato del Nobel, Carrera gli
faceva dire, a Dylan, citando Brecht, “io vengo dai boschi”, per
rimarcare la differenza genetica di appartenenza che non è quella alla
“cultura alta” ma a quella popolare, antielitaria, di strada. Ma
sottolineava pure che Dylan “non è mai stato l'ultimo”, e che quindi
quella strada non è quella dell'outsider, inesorabilmente condannato
all'estraneità marginale. Il viandante di Dylan è antielitario, ma non
nel senso che se ne sbatte della cultura alta perché non è nemmeno
contemplata dal suo orizzonte vitale. Anche l'alta cultura ha qualcosa
da insegnare. Da questo punto di vista aveva ragione persino Sir
Eglamore (cosa mi tocca dire!), è (anche) una questione di punti e
virgole, di canoni e di formalismi, anche se non solo. Perché come aveva
fatto intendere implicitamente il nostro nobiluomo, possiamo anche far
esplodere l'Accademia svedese, ma dobbiamo stare bene attenti , perché
se non possediamo nessuna misura alternativa di ciò che possiamo
chiamare il “valore” artistico, rischiamo di sdoganare ogni genere di
cialtroneria. E di non avere alcuno strumento per distinguere Dylan da
Taylor Swift (avvenenza a parte). Quindi alla fine il vecchio Bob
potrebbe avere le idee del tutto chiare, ed essersi destreggiato con
equilibrio, dando a Cesare quel che è di Cesare, ma niente di più.
PS: Non ho dimenticato l'invito di Carla, ma dire qualcosa di sensato mi
risulta difficile. Per ora mi sono identificato col pappagallo di Simple
Twist. Vedremo.
ciao, Miscio.
Finalmente uno che espone una serie di
ragioni davvero interessanti, discostandosi dalla vox populi, che
giustificherebbe in modo sensato l'atteggiamento scostante di Bob sull'
affair Nobel. A mio avviso hai superato molti critici professionisti che
hanno scritto le solite banalità sul comportamento dylaniano. Se molti
scrittori ed anche alcuni accademici (l'ho scritto volutamente con la a
minuscola) Svedesi avessero fatto una considerazione come la tua
avrebbero certo evitato di scrivere un marasma di sciocchezze tipo Dylan
è arrogante, chi crede di essere, non meritava il premio e via di questo
passo, "l'un dinanzi e l'altro dopo, come frati minor vanno per via"....! Quindi il mio plauso a te che, primus inter pares, hai
illuminato una stanza che era oscurata dalle tenebre! Live long and
prosper, Mr.Tambourine, :o)
Ammetto di non capire le critiche per
l'intervista rilasciata da Dylan. Non capisco cosa si sarebbe dovuto
chiedere.
Ovvio che quando si pubblica un disco, qualsiasi esso fosse, le domande
vertono su quel disco.
Personalmente ho trovato l'intervista interessante, per niente noiosa, e
permettetemi la parola, colta. La cultura musicale immagazzinata da
Dylan, sui musicisti americani e le loro musiche, è veramente vasta.
Passa da Ornette Coleman a Johnny Cash, dal jazz al folk, con
disinvoltura. Lo sguardo sulla vita, sulla politica, viene fatto e
filtrato attraverso le canzoni.
Qualcuno ha trovato fuori luogo la domanda cosa guarda in tv mentre è
sul bus. Non è una domanda banale se mi permettete. Uno che è in tour,
anche per i musicisti, per 40 giorni circa in un altro continente deve
pur fare qualcosa, vedere qualcosa, tenersi aggiornato su ciò che
succede nel mondo. Noi invece, comuni mortali, cosa facciamo durante un
viaggio di 10 giorni? Ci preoccupiamo soltanto di mandare foto su FB e
sui social network per dimostrare, non a noi stessi, ma agli altri, che
noi esistiamo, anzi che siamo sempre connessi, che non è comunicazione,
ma connessione, cioè come una presa della corrente elettrica.
Se fossi un giornalista musicale e mi trovassi davanti qualsiasi
cantante, che possa essere Guccini, De Gregori, Fossati, o Neil Young,
Tom Waits, Jackson Browne, chiederei loro anche quali dischi ascoltano a
casa, non solo ora, ma quando erano giovani, quali libri leggevano, cosa
vedono in tv e così via perchè sui quei dischi e su quei libri
probabilmente hanno scritto le loro canzoni.
Michele Lenzi
Opinione validissima
che si può condividere, anche se a me l'intervista non ha detto più
di tanto, la conoscenza di Bob del songbook americano e dei suoi
interpreti è risaputa e trasformata in argomento da intervista non mi ha
preso più di tanto. Certo non è facile porre le domande a Bob, anche
perchè non sai mai se ti risponderà o no, meglio stare sul leggero come
ha fatto Flanagan. Centrata l'osservazione sui turisti che vanno a fare
i viaggi per postare le foto su FB, cosa veramente triste, eppure è una
vera realtà, la cultura dell'apparire ha oggi sostituito quella
dell' essere che era una regola ormai dei bei tempi andati. Pazienza,
questo passa oggi il convento e questo dobbiamo prendere, anche se a
volte la pasta è troppo scotta. Live long and prosper, Mr.Tambourine,
:o)
Eric Clapton sulla sedia a rotelle a
Los Angeles
clicca qui
Eric Clapton accompagnato dal personale
dell'aeroporto di Los Angeles e dalle tre figlie, Julie Rose , Ella May
e Sophie Belle. Eric ha dovuto coprirsi la testa con il cappuccio della
felpa e berrettino alla maniera di Bob Dylan per non essere riconosciuto
e disturbato.
Venerdì 14
Aprile 2017
Lingen, Germany - Emsland Arena, April
12, 2017
1. Things Have Changed (Bob standing at piano)
2. To Ramona (Bob sitting at piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob standing at piano)
4. Beyond Here Lies Nothin' (Bob sitting at piano)
5. I Could Have Told You (Bob center stage)
6. Pay In Blood (Bob standing at piano)
7. Melancholy Mood (Bob center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob sitting at piano)
9. Love Sick (Bob center stage)
10. Tangled Up In Blue (Bob center stage then sitting at piano)
11. Early Roman Kings (Bob sitting at piano)
12. Spirit On The Water (Bob Bob sitting at piano)
13. Scarlet Town (Bob center stage)
14. All Or Nothing At All (Bob center stage)
15. Desolation Row (Bob sitting at piano)
16. Soon After Midnight (Bob sitting at piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)
(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob sitting at piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob standing at piano)
Ciao Mr.Tambourine
Triplicate è un disco fondamentale che non deve mancare sullo scaffale
di un dylaniano se questo dylaniano vuole sapere cosa emoziona Dylan
adesso.
Io, anche se potessi farlo, non avrei nulla da chiedergli se non come sta
e spero che continui a fare quello che vuole ancora per parecchio tempo.
Leggendo le vostre lettere ogni giorno mi è sembrato di capire che non a
tutti piace vederlo così libero.
Desiderare che succeda forse è un'utopia ma in questo angolino di MF ci
speravo.
Purtroppo, si sa, anche MF fa parte di questo mondo che è una enorme
galera...
Ciao newmorning, devi
mettere in conto che non tutti la pensano allo stesso modo su quello che
è la leggenda di Bob Dylan, ognuno ha i suoi dischi preferiti, le
canzoni alle quali è più legato, il Dylan folk, il Dylan elettrico,
quello cristiano rinato ecc...ecc...! Quindi è naturale che le
impressioni siano diverse e che Maggie's Farm raccolga per forza di cose
i pareri di tutti, compreso il mio. Per quanto uno cerchi di essere
imparziale nel parlare del lavoro di Dylan sarà sempre condizionato da
qualcosa, poi se a me non piace Triplicate e nemmeno i due precedenti
album sinatriani, ci può benissimo stare. A me piace pensare ad un Dylan
che ci fa sentire le sue canzoni, quelle canzoni per le quali è
diventato una leggenda, ma coi dischi di cover di Sinatra dubito che lo
sarebbe mai diventato. Stesso giudizio negativo ho espresso per
"Christmas In The Heart", altro lavoro per me perfettamente inutile, ma
questo non vuol dire che io non ammiri sempre Bob! E' solo un lato che
non mi piace, non c'è niente di male, io considero questi 5 dischi cose
estranee al mondo dylaniano, ma questo è solo il mio modo di valutarli,
altri amici di Maggie's Farm la pensano in modo diverso come te, e la
Fattoria ospita le tue opinioni con la stessa simpatia con la quale
ospita anche quelle degli altri. Credo che nei giorni futuri altri
manderanno la propria opionione su Triplicate ed io la pubblicherò con
il grande rispetto che sono solito usare per i pareri di tutti. Non hai
pensato che se tu dovessi incontrare faccia a faccia Bob e tu lo
ignorassi completamente potrebbe magari essere contento, magari si
incazerebbe, forse sarebbe solo deluso, chi può sapere cosa passa per la
mente del genio? Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Bob Dylan "Triplicate" - di Gabriele
Benzing
clicca qui
Giovedì 13
Aprile 2017
“Triplicate”, ovvero, dove è andato a finire Bob Dylan?
Ci tengo a precisare che quanto segue non è assolutamente una critica
all’operato di Bob ma sono soltanto alcune considerazioni che si possono
benissimo non condividere. Ricordo di aver detto che non avevo capito la
scelta di Bob di incidere un album come Shadows in The Night se non come
il fatto di togliersi uno sfizio personale. Era un disco che non mi
aveva detto niente, così come non ho apprezzato Fallen Angels e meno
ancora questo triplo mattone di canzoni che con Bob non hanno niente a
che vedere se escludiamo la piacevole ipotesi dei suoi ricordi
d’infanzia.
Quindi esprimere un giudizio superpartes sull’ultima fatica del nostro
novello premio Nobel per la letteratura non è che sia cosa facile, anzi,
direi essere cosa piuttosto imbarazzante. Spiego perchè, le soluzioni
che si presentano sono due, o sei un fan-fanatico al quale va bene
qualunque cosa faccia Bob e accetti tutto con entusiasmo oppure sei un
fan più moderato, propenso a prendere il lavoro di Bob con meno pancia e
più testa, un fan che giustamente si chiede i perchè ed i percome di
quello che fa il suo beniamino, e naturlamente per ogni lavoro usa un
metro di valutazione con caratteristiche diverse, un fan al quale queste
incursioni dylaniane nel canzoniere americano sono poco gradite e
risultano noiose. Se immaginiamo Bob che sta festeggiando qualche
ricorrenza in compagnia di amici ed il Karaoke degli “standard classics”
americani fosse uno dei giochi in programma nella serata, e Bob si
sentisse di buon umore e con la voglia di cimentarsi nel gioco, ecco che
“Triplicate” nascerebbe nel giro di poche ore. Già ci aveva lasciati di
stucco ed innervosito con quell’album natalizio che non si capiva per
quale motivo fosse stato inciso e pubblicato, ma ora, con un filotto in
tre anni di cinque dischi e 50 canzoni del vecchio canzoniere americano
sembra che Bob abbia voluto puntualizzare che ora lui si rivolge ad un
pubblico più vasto di quello dei suoi tradizionali fans. Forse questa
strategia musicale gli è sembrata importante per allargare la portata
del suo pubblico verso una tipologia di compratori di musica più
commerciale, per aumentare le possibilità di vendita, ma questo è
destinato a rimanere un forse perchè nessuno potrà mai rispondere con
certezza. Forse i suoi tradizionali fans non gli bastano più, anzi,
forse si è stancato di avere a che fare solo con gente che per anni ha
preteso di suggerigli quello che doveva fare e criticava quello che
aveva già fatto. Così li ripaga con la moneta della sua zecca personale,
come a voler dire, alla moda del Marchese del grillo,: “Questo è....io
sò io e voi nun siete un cazzo!”. E’ Giusto? Non saprei, ma è innegabile
che se Dylan ha venduto milioni di dischi, ha guadagnato qualche
milionata di dollaroni, ha potuto fare della sua vita una saga
inimitabile, è stato grazie, oltre che alla sua capacità artistica,
anche a noi, poveri slaves/fans che abbiamo comperato i suoi dischi e
siamo sempre andati ai suoi concerti, noi che abbiamo sempre creduto in
ciò che diceva e cantava e che ogni tot sacrificavamo sull’altare del
suo genio una piccola parte del nostro patrimonio, certamente un
granello di sabbia, però non bisogna dimenticare che con milioni di
granelli di sabbia si possono fare i deserti come il Sahara. Con questo
non voglio dire che deve venire sul palco ad inchinarsi a noi e dirci
grazie, sono lontano da queste banalità, ma certamente è cosa da tenere
in conto nel valutare tutta la faccenda. Accingersi ad ascoltare
seriamente queste canzoni è per un fan “come addentrarsi in una selva
oscura, chè la diritta via era smarrita”. E’ un’impresa irta di
ostacoli, arrivare in fondo è “cosa dura”, il tutto sembra essere, oltre
ad una operazione commerciale mascherata abilmente da riscoperta
culturale delle tradizioni e delle radici del songbook americano, un
puro e serio divertimento personale di Bob che ci sta dimostrando che
lui può fare quello che vuole di noi, anche prenderci a schiaffoni con
una cinquantina di canzoni che a noi non han mai detto niente,
bellissime composizioni dai testi scontati e banalotti se confrontati
con quelli dylaniani, l’acme delle sviolinate narrate in musica, musica
stupenda e testi alla “Cenerentola”, ma che non hanno assolutamente
nessuna assonanza con il modo dylaniano di esprimere genialmente quel
“fastidio” che a volte sembra essere l’amore. Sono anni ed annorum che
Bob non parla più di temi sociali, politici e morali, lui li ha usati in
gioventù per diventare famoso, poi si è limitato a buttarli via dopo che
avevano svolto il loro compito, rifiutando nel contempo che gli
appiccicassero addosso qualsiasi tipo di etichetta, quella di “chi mena
dritto altrui per ogne calle”, e soprattutto quella di voce della sua
“generazione”, passando poi con nonchalance ad altre tematiche meno
auliche, con il pericolo che ciò che era aulico poteva facilmente
degenerare in qualcosa di viscidamente cerimonioso, o in una superba
alterigia che fa evitare i contatti con gli altri. Però i tempi e le
cose stavano cambiando, e “with a little help from his friends” si
sviluppò un effetto indescrivibile sulla capacità di scrittura di Dylan,
gli stupefacenti gli fecero raggiungere forme espressive da nessuno
eguagliate, senza la minima intenzione di voler offendere o
sottovalutare gente del calibro di Paul McCartney, John Lennon, Brian
Wilson, David Bowie, Leonard Cohen o Freddy Mercury, che mi sento in
tutta tranquillità di collocare un gradino al di sotto di Dylan,
d’altronde fu proprio Lennon a dire la famosa frase “Dylan shows the
way”!
Un giorno Bob, sdraiato sul sedile posteriore di una vecchia automobile,
dopo aver ascoltato per caso alla radio The Animals cantare la loro
versione della famosa “The House of The Rising Sun”, capì che doveva
abbandonare immediatamente il folk e buttarsi su quello che aveva appena
ascoltato, quello era ciò che andava cercando da tempo. La “British
Invasion” capitanata dai Beatles aveva cominciato a fare il bello ed il
cattivo tempo anche in America dopo che aver trasformato la vecchia
Europa in un possedimento del Commonwealth britannico, e questo aveva
disturbato e decisamente scocciato gli americani che non volevano fare
la stessa fine ma che per vendere dischi dovettero mettersi a
scimmiottare i gruppi della perfida Albione con gruppi a volte
musicalmente ridicoli ma di grande successo come i Monkees, quattro
ragazzotti che facevan finta di suonare mentre la musica era eseguita da
Leon Russel con alcuni sessionmen fra i migliori sul mercato. Ricordiamo
che gruppi come i Byrds nacquero come cover band dei Beatles in quel di
Topanga Canyon prima di trovare la loro strada nel folk-rock con la
cover di Mr.Tambourine Man.
Ma c’era nell’aria qualcos’altro che bolliva in pentola già dal decennio
precedente ed era in attesa di esplodere, il Village di New York era
pronto da tempo per la rivoluzione sociale e culturale, aspettava solo
l’arrivo dell’artista Messia che avrebbe spazzato via tutto cambiando le
regole. Una nuova forma di pensiero, di espressione, di rinnovamento dei
costumi della vecchia america stava per essere proposta da una nuova
tipologia di artisti, la cosidetta “Beat Generation”, il nuovo movimento
che aveva il proprio fulcro proprio nel Greenwich Village dove un
piccolo e sconosciuto vagabondo era arrivato da poco dalle fredde terre
del nord e stava imponendo i nuovi dettami di vita. In questo quartiere
bohemienne dove si radunavano poeti, cantautori, scrittori, studenti,
musicisti e artisti in fuga dalla società conformista, la tanto
stracitata Beat Generation nacque da un gruppo di scrittori americani e
venne alla ribalta all’inizio degli anni ‘50, così come i fenomeni
culturali da essa ispirati. Gli elementi centrali della cultura "Beat"
consistevano nel rifiuto delle vecchie regole imposte, l’innovazione
nello stile, la sperimentazione delle droghe, la sessualità alternativa,
le comuni che riunivano persone diverse nello stesso luogo dove regnava
la promiscuità, l' interesse per le religioni orientali, il rifiuto del
materialismo e le rappresentazioni esplicite e crude della condizione
umana. Della “Beat Generation” facero parte inoltre i movimenti
culturali del maggio del 1968: l'opposizione alla guerra del Vietnam,
gli Hippies di Berkeley e successivamente i megaraduni pacifisti come
Woodstock. Gli autori di riferimento erano Jack Kerouac, il cui romanzo
più famoso “On the road” fece muovere milioni di giovani americani alla
ricerca di nuovi sogni per sostituire i vecchi ormai giudicati obsoleti.
Allen Ginsberg autore di “Houl” con il famoso incipit: "Ho visto le
menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia", William
Burroughs, il "drogato omosessuale pecora nera di buona famiglia", lo
sperimentatore di ogni sostanza stupefacente esistente sulla faccia
della terra, il padre spirituale riconosciuto della Beat Generation,
colui che inventò il famoso "cut-up", una tecnica di scrittura che
rappresentava una specie di montaggio casuale tra i testi, la cui
provenienza poteva essere la più disparata, tecnica alla quale fece
ricorso anche Dylan per scrivere il suo romanzo “Tarantula”.
Gregory Corso, che scrisse “Gasoline” e “The American Express”, di
parentela abruzzese e calabrese, che leggeva Shelley mentre entrava e
usciva dal riformatorio. Fernanda Pivano disse di lui: " Insolente al di
là del sopportabile e strafottente nella più assoluta imprevedibilità,
qualunque cosa abbia detto o scritto ha sempre rivelato il dono di non
dire mai una sciocchezza". Nel carcere minorile aveva cominciato a
scrivere poesie, a sognare la Bellezza con la B maiuscola, a immaginare
mondi stellati non legati ai fili della logica inesplicabile". Oggi
Corso riposa a Roma nel cimitero acattolico del Testaccio, vicino alla
tomba di Shelley.
Neal Cassady, il protagonista di “On the Road” di Kerouac, fu uno dei
simboli della Beat Generation, essendo infatti, sotto il nome di
fantasia di Dean Moriarty, il co-protagonista del romanzo. Nel libro di
Kerouac Cassidy/Moriarty è presentato come un uomo folle, in viaggio per
gli Stati Uniti d'America alla ricerca del padre alcolista scomparso
anni addietro, ma anche in viaggio alla ricerca di qualcosa che non
conosce ancora, tra donne e droghe, automobili rubate ed alcool. Un eroe
per molti, un uomo pieno di energia innamorato del bebop, che Kerouac
descrive accuratamente, esaltandolo e facendone un mito.
Lawrence Ferlinghetti, fondatore della casa editrice City Lights che
pubblicò per prima “Howl” di Ginsberg che fu in izialmente confiscato
dalle autorità e costò a Ferlinghetti la galera nel 1956 per aver
pubblicato oscenità. Ferlinghetti scrisse “A Coney Island of the Mind”,
una raccolta di poesie che è stata tradotta in nove lingue.
Norman Mailer che scrisse il celeberrimo romazo “The Naked and the Dead”
(Il nudo e il morto) dal quale fu tratto il famoso film. “The Armies of
the Night” nel 1968 fu il primo scritto di Mailer a vincere il Premio
Pulitzer, il secondo lo vinse nel 1980 per “Il canto del boia”.
La Beat Generation esplose come una bomba a frammentazione e le sue
schegge arrivarono fino in Europa e da noi in Italia. Ci ferirono, ci
curarono dai vecchi complessi e pregiudizi, ci aprirono gli occhi e ci
dettero lo stimolo per rinnovarci. Quella stessa forza, per dirla con
Dylan Thomas, che fa sbocciare i fiori. Quella forza che oggi sembra
essere venuta meno.
Dopo questa necessaria (o inutile, dipende dai punti di vista)
divagazione, torniamo alle canzoni di Triplicate. Le versioni di Bob
rallegrano e rattristano allo stesso tempo, proprio come nei film di
Woody Allen, anzi l’atmosfera è proprio quella, quelli dei vecchi tempi,
i tempi dei “Radio Days”. Il viale del tramonto di Bob Dylan sembra
essere lungo e dorato, ma anche terribilmente malinconico, e questo era
imprevedibile. “Triplicate” è il terzo album che Dylan, in vacanza dal
Dylan songwriter, dedica alla canzone americana classica del Novecento,
mandando nei negozi un pretenzioso triplo album con ben trenta
mainstream/covers ripescate dai best degli anni 40/50, con atmosfere
jazzy molto lontane dalla loro forma primigenia e filtrate dall’anima
dylaniana, non suonate da una Big Band come imponevano gli arrangiamenti
del tempo ma da cinque rockers e qualche altro musicista per i fiati.
Ormai, dopo qualche anno di questo tipo di esibizioni, nessuno dei suoi
fans si chiede più cosa ci sia stato dietro la scelta di Bob d’indossare
i panni del vecchio crooner e di reinterpretare i successi degli altri,
naturalmente rivisti col suo stile e la sua inimitabile vocalità. Forse
si tratta solo di stanchezza, esaurimento della vena aurifera come nelle
miniere abbandonate delle ghost town, di inaridimento della creatività,
forse ha esaurito gli argomenti da trattare, forse l’imbarazzo e la
difficoltà di tornare a poetare adesso, da vecchio, con un repertorio di
personaggi mitici, angeli e demoni già usati in mille altre situazioni
che non serve più riesumare, personaggi ormai consegnati alla leggenda,
come Mr. Jones, Miss Lonely, Napoleon in Rags, Doctor Filth, Einstein
disguised as Robin Hood, Shakespeare with his pointed shoes and his
bells, Cinderella who seems so easy, the Good Samaritan going to the
carnival tonight, the fortune-telling lady, the hunchback of Notre Dame,
Ophelia 'neath the window, the nurse a local loser,Casanova just
punished,the jealous monk, the Phantom of the Opera, the mystery tramp,
the diplomat who carried on his shoulder a siamese cat, the joker and
the thief e Mr.Tambourine Man, leggendari personaggi consegnati
per sempre alla storia ed al mito che da anni non sono più nel mondo di
Bob. Probabilmente questo disco è un capriccio commercialmente
calcolato, un passo indietro, quasi di ritrosia di un Mastermaker che
oggi si limita ad esibirsi potremmo dire con un eufemismo “a sipario
chiuso”, in modo che nessuno possa vedere il suo viso e capire i suoi
pensieri. Purtroppo Bob non ha mai avuto il ritratto di Dorian Gray che
invecchiava al posto suo, ha dovuto fare tutto di persona e questo lo ha
messo in ginocchio. A poco è servita la lunga intervista per presentare
questo lavoro, leggendola sembra non spontanea, suona male, suona di
roba già sentita e come si suol dire, non centra il bersaglio.
Dylan è come un dado, con sei facce tutte uguali ma ognuna con un numero
diverso. Così come nel tempo ci sono state diverse versioni di Dylan,
proprio come nel film “I’m Not There”, il Dylan menestrello folk, il
Dylan “gone electric”, il Dylan buon padre di famiglia che va a prendere
il pane alla mattina”, il Dylan trascinatore che coinvolge amici e
parenti nel carrozzone itinerante della RTR, il Dylan predicatore
cristiano rinato ed ora questo “Dylan versione crooner”. Cambiamenti più
che naturali con l’avanzare dell’età, ed anche se personalmente non
condivido in pieno tutte le sue scelte, specialmente quella di
riproporre Sinatra, lo ammiro perchè lui cerca sempre per se stesso
qualcosa di nuovo che gli dia emozioni sempre diverse. Che tristezza
vedere coloro che sono stati grandissimi artisti salire sul palco e fare
la parodia di se stessi (perchè non sono più quelli di 50 anni fa)
ripropondendo uno show fatto e rifatto con gli Hits della gioventù.
Almeno Bob cerca di reinventarsi sera dopo sera, e che importa se
stravolge le sue canzoni fino a renderle irriconoscibili, anche questo è
un segno della precisa volontà di non apparire mai uguale, a volte non
condivisibile ma perfettamente rispettabile.
Come ha detto il Prof. Carrera - Si tratta di
una grande affermazione artistica o della caduta definitiva nell’abisso
dell’autoindulgenza? Di un pensoso omaggio a un’arte del comporre
canzoni o del nonno che fa karaoke ascoltando la sua collezione di
Sinatra? Forse la trilogia sinatriana, passato il momento di simpatia
per un artista che ormai non è tanto vecchio quanto antico, più antico
del mondo in cui si muove, verrà messa da parte come innocua nostalgia,
così come accadrà ai generosi tentativi di pittura con i quali, da
qualche tempo in qua, Dylan affligge le gallerie d’arte di mezzo mondo?
Dylan ha voluto terminare il “grande esperimento americano”, come lo
chiamava Alexis de Tocqueville, che passa anche per queste canzoni
scritte per lo più da figli di immigrati cresciuti ascoltando i suoni
della strada e cadenzando i passi sui ritmi dell’ultimo ballo di moda
- giudizio lucido pesante di uno dei più competenti dylanologi mondiali.
Facendo due conti ci rendiamo conto però che Bob ci ha dato tutto quello
che poteva e forse anche di più, e allora suona ancora, mister
Tamburino, suona quello che vuoi, nel tintinnare del mattino noi
continueremo a seguirti, ondeggiando e stagliando le nostre ombre contro
il mare e l’orizzonte, fino alle porte del Paradiso, ma per favore, non
scrivete che “Triplicate” è un disco indispensabile che non deve mancare
sullo scaffale di un dylaniano.
Mr.Tambourine.
Ciao Mr.Tambourine.
Dio esiste ma è piegato dall'alcool, Nel frattempo il pianeta è stato
affidato a Hermann, un suo cugino deficente...
Ciao acqua, picchi
duro....vuoi dire che forse Dio, avendoci creato a sua immagine e
somiglianza, è purtoppo pieno di difetti come noi? Sarebbe davvero
terribile se al suo posto fosse Hermann a guidare i destini del nostro
pianeta.....live long and prosper da uno spaventatissimo Mr.Tambourine,
:o)
Mercoledì
12
Aprile 2017
Hamburg, Germany - Barclaycard
Arena, April 11, 2017
1. Things Have Changed (Bob
standing at piano)
2. To Ramona (Bob sitting at piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob standing at piano)
4. Beyond Here Lies Nothin' (Bob sitting at piano)
5. I Could Have Told You (Bob center stage)
6. Pay In Blood (Bob standing at piano)
7. Melancholy Mood (Bob center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob sitting at piano)
9. Love Sick (Bob center stage)
10. Tangled Up In Blue (Bob center stage then sitting at piano)
11. Early Roman Kings (Bob sitting at piano)
12. Spirit On The Water (Bob Bob sitting at piano)
13. Scarlet Town (Bob center stage)
14. All Or Nothing At All (Bob center stage)
15. Desolation Row (Bob sitting at piano)
16. Soon After Midnight (Bob sitting at piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)
(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob sitting at piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob standing at piano)
Buongiorno Mr. Tambourine,
grazie di aver pubblicato l'intervista a Dylan. Ci sono argomenti per
domande e riflessioni pluriennali, ma oggi scrivo ancora sulla foto
"scura" di Dylan che si copre il volto mentre va a ritirare il Nobel.
Gli interventi in merito sono tutti condivisibili e tutti colgono
aspetti veri della complessità di vivere, ancora maggiore per chi ha un
successo planetario che, tuttavia, non lo mette al riparo dalla
vecchiaia e dalla morte, la vera signora del mondo. Sommessamente, però,
mi vien da dire che il modello di vita che abbiamo costruito in questi
anni è tragicamente fondato sull'idea di poter vivere più vite terrene,
mentre, secondo me, l'unica scelta che abbiamo è passare molto tempo a
ricucire e rammendare l'unica vita terrena che ci è stata donata.
Ricucirla e rammendarla dagli errori, dalle incomprensioni, dagli
strappi e via dicendo. Sul giorno del giudizio che tu ravvisi nella
canzone "All along the warchtower", una persona molto ferrata in studi
biblici, recentemente, me ne ha suggerita un'interpretazione molto più
umana. Provo a spiegarla sperando di aver capito bene : nel giorno del
giudizio, davanti all'Altissimo, non sarà Lui a giudicarci, ma ci
inonderà della sua misericordia solo dopo che noi avremo riconosciuto
chi siamo veramente. Alla prossima. Lunga vita. Carla.
Ciao carla, io ho pubblicato
l'0intervista senza aver fatto nessuna fatica, ma bisogna ringraziare
veramente di cuore Silvano Cattaneo ed Alessandro Cavazzuti per il
perfetto e lunghissimo lavoro di traduzione!
Non saprei dirti se
Bob segua la filosofia del vivere più vite terrene, credo piuttosto che
anche lui si sia reso conto, come canta in "I Feel A Change Comin' On)
con testo di Robert Hunter: "Sento che un cambiamento sta arrivando, e
la quarta parte del giorno se n’è già andata", di essere arrivato assai
vicino al "point with no return" e cerchi di fare il massimo possibile
impegnandosi come nessuno riesce a fare alla sua età a fare concerti uno
di fila all'altro fingendo di non sentirne la fatica, forse un modo per
esorcizzare o allontanare quel pensiero che alle persone di quell' età
ritorna in testa come un brutto ritornello. Dylan ha avuto una vita
incredibile con i momenti di difficoltà come tutti noi, la differenza è
che lui ha avuto la vita incredibile! L'interpretazione della persona
ferrata in studi biblici sul momento del giudizio universale è di
difficile interpretazione, cosa intende per "capire chi siamo
veramente"? In quanto alla misericordia ci sono degli atroci dubbi che
mi vengono quando vedo i filmati dei bambini uccisi con i
gas.........., o per un terremoto, o per uno tsunami, o quegli
scheletrici corpicini costretti nei lager per una ideologia razziale
spietata....perchè queste cose succedono e nessuno le impedisce? Perchè
non tutti veniamo al mondo con le stesse possibilità? Se per caso ti
rechi all'Istituto dei Tumori di Milano nel reparto pediatrico e vedi
questi piccoli innocenti a volte già condannati senza aver una
possibilità di vita ti si ferma il fiato. Vorresti gridare PERCHE' con
tutto il fiato che hai in gola.......ma non lo fai...sai che nessuno ti
risponderà mai.....e questo fa molto male. Live long and prosper,
Mr.Tambourine, :o)
Martedì 11
Aprile 2017
Talkin' 10090
- calabriaminimum
Ciao Mr.Tambourine,
volevo segnalarti questa bella recensione scritta da Vincenzo Esposito
per Globalist:
Sono stato ai primi tre concerti del tour, i due di Stoccolma e quello
di Oslo (la mia città natale). Tutti i tre i concerti sono andati bene
ed oltre le mie aspettative. Se devo scegliere, forse quello di Oslo è
stato il migliore, ma forse è solo perché avevo il posto proprio di
fronte al pianoforte di Bob.
Lui era "dentro" fin dal primo momento (al primo concerto di Stoccolma
aveva avuto bisogno di un paio di canzoni per riscaldarsi). "Things Have
Changed" è stata l’opener dello show per molto tempo, e sì, qualche
cambiamento c’è stato in questi ultimi anni, ma molto spesso è stata una
scaletta statica. Le setlists non cambiano molto, come eravamo abituati
molti anni fa, e penso che almeno ai fans che assistono a numerosi
concerti ogni anno (come me) manchi questo cambiamento. Ma d'altra parte
rende più gradite le sorprese, come una splendida "Standing In The
Doorway" (da Time Out Of Mind) nel primo concerto di Stoccolma. Lui non
la suonava dal 2005 per quanto mi ricordo e spero che questa non sarà
l'unica performance di questa canzone in questo tour.
La sua prima "canzone Sinatra" ad Oslo è stata: "Why Try To Change Me
Now". Forse è il suo modo per dire che al suo pubblico che lo devono
rispettare per quell’uomo imprevedibile che è sempre stato – “Non ti
ricordi che ero sempre il tuo pagliaccio? Perchè cerchi di cambiarmi
adesso?" ha cantato. Ma ciò che è stato speciale di questa canzone ad
Oslo era che è venuto come 5° canzone in scaletta, mentre per molto
tempo (in autunno ed in entrambi i concerti di Stoccolma era stata la
canzone che chiudeva il concerto). Quelli di noi che seguono le scalette
avranno pensato: Quale sarà l'ultima
stasera? La risposta è stata una cosa che ho apprezzato. Non ha cantato
la cover di Sinatra "I Could Have Told You" - che a mio parere è la più
noiosa delle "canzoni standard" che ha cantato finora. E alla fine
abbiamo avuto una forte versione di "Ballad of a Thin Man".
Spero che manterrà l’idea di fare cambiamenti come questo. Per me la
maggior parte delle "canzoni standard" sono noiose, beh, finora tutte
sono state noiose, ad eccezione di "That Old Black Magic" che ha cantato
per la prima volta in Europa nel secondo concerto di Stoccolma e ad
Oslo.
Devo ammettere che mi è piaciuta, è mi è piaciuto lo stile di Bob nel
cantarla, mano sull’asta microfonica e gamba con un sacco di movimento.
Veramente buono. La migliore per me e per un sacco di altri fans più
accaniti coi quali ho parlato è stata come al solito "Love Sick", poi
“Desolation Row” (8 strofe la prima notte Stoccolma, 7 strofe negli
altri due concerti), "Long and Wasted Years” e "Tangled Up in Blue". Ha
suonato l’armonica in "Tangled" al primo concerto di Stoccolma, ma poi
non abbiamo visto o sentito l’armonica in altre canzoni negli altri due
concerti.
E' stata una grande prestazione di armonica, davvero bene, e credo che
molti fra il pubblico avrebbero voluto che la usasse di più. Lo voglio!
Niente chitarra, ma visto che sono alcuni anni che non la suona non
aspettatevi che lo faccia, anche se la sua chitarra si vede vicino al
suo posto sul palco. Ho partecipato al concerto di Las Vegas il giorno
che ha ottenuto il premio Nobel, e poi ha suonato la chitarra in "Simple
Twist Of Fate". Forse era il suo piccolo modo di dire che si trattava di
un giorno speciale. Sorrideva di più rispetto al solito poco. Al
contrario di Bob, il pubblico parlava molto del premio Nobel ai due
concerti di Stoccolma. Tutti sembrano d'accordo che l'abbia vinto, ma le
persone che non sono d'accordo sono probabilmente quelle che non vanno
mai ai suoi concerti. Quasi tutto il merchandising, t-shirt, poster e
altra roba erano quasi esauriti il primo giorno a Stoccolma, quasi
niente da vendere il secondo giorno. Io non ho mai visto niente di
simile prima.
La band di Bob è eccellente e anche la voce di Bob è buona. Inoltre
sembra davvero felice di essere sul palco e si sente il suo suonare il
piano è migliore. Vedrò i 3 concerti a fine del tour e non vedo l'ora.
Andate a vederlo se vi è possibile, ci sono sempre alcuni biglietti in
vendita al di fuori delle arene se non l’avete acquistato prima perchè
il concerto diceva sold-out.
Grazie mille a tutti i miei vecchi amici e ad alcuni nuovi che ho
conosciuto a Stoccolma e Oslo, non ultimo Per Sandwall che ha invitato
un sacco di noi (fans dall’ Inghilterra, dal Giappone, dalla Norvegia e
Svezia) a casa sua per qualche snack e qualche "Dylan talk".
Veramente bello!
Lunedì 10
Aprile 2017
Talkin' 10089
- Lucaborrelli68
Per certi aspetti mi viene da dire
bella intervista del cazzo!
Questo genio di Flanagan il top della sua originalità l'ha raggiunto con
la domanda ''vedi la TV sul bus ?''
Di fronte a queste domande si spiega perche Bob rilasci interviste ogni
10 anni, e questo Flangan pare sia il meno peggio!
Oltretutto dove ha provato ad osare il poverino si è spinto con domande
tipo ''non socializzavi con i tuoi compagni di merende in tour'' che lo
sanno anche i bambini che sono domande da gossip cretino e che fanno
incazzare Bob!
Comunque la faccio breve, personalmente avrei impostato questa
intervista oltre alla parte musicale, al lato diciamo
spirituale-escatologico e cioè a come Bob si sta preparando nei
confronti della fine vita e come è messo con la sua spiritualità,
religiosità, ecc ecc. E gli avrei chiesto s' e' vegetariano veramente al
limite.
Grazie Mr.Tambourine per il tuo lavoro quotidiano.
Un abbraccio, Luca
E' veramente un' intervista al limite della
scemenza e della banalità, che sembra frutto di una ben precisa scelta
di non fare domande indesiderate, piena di banalità sia nelle sia domande che nelle
risposte, al limite da far dubitare che sia Bob in persona a rispondere.
A me sono sembrate solo un mucchio di stronzate sull' importanza delle canzoni del canzoniere
classico americano per giustificare e dare un senso a tre dischi e 50
canzoni che di senso dylaniano ne hanno meno di zero. Non entro nel
merito di quanto commerciale e popolare possa essere una politica del
genere ma non mi sento di biasimare le persone che come te sono stati
sorpresi, annoiati, successivamente delusi e di conseguenza incazzati
per questa non necessaria trilogia. Non voglio nemmeno sapere se Bob si
sia divertito o meno nel registrare queste canzoni, certamente se si è
divertito potrebbe continuare a divertirsi incidendone altre mille di
canzoni del genere, evitando accuratamente di pubblicarle, i mezzi per produrle non mancano a Jack Frost (che è
sempre lui sotto nikename, ma non so se hai notato che alcuni
"competenti giornalisti" hanno scritto nelle loro pagine WEB che questo
triplice disco è stato prodotto da Jack Frost, punto!) non mancano di
sicuro. Sul fatto che alcune domande dovevano riguardare la sua
eventuale preparazione spirituale al momento del trapasso mi sembra una
cosa un
pò eccessiva, un cosa è se lo pensi tu mentre rifletti o fai il punto
sulla tua vita, un'altra se qualcuno te lo chiede come
domanda-curiosità. Io gli avrei chiesto perchè non ha mai accennato
nemmeno di striscio alla scomparsa di Suze Rotolo, nemmeno una parola
per una persona
alla quale, che gli sia piaciuto o no, doveva pur qualcosa, visto che i
Rotolo l'avevano semi-adottato ai tempi del Village. Altra domanda
interessante poteva essere quella se vede ogni tanto Sara, se è ancora
in buoni rapporti con la madre dei suoi figli. Un'altra avrebbe potuto
riguardare la recente mostra The Beaten Patch e chiedere a Bob la
ragione di aver dipinto quadri banalotti con oggetto bar e ristoranti
incontrati nei suoi viaggi attraverso l'America. Poteva chiedergli,
sempre parlando di Beaten Path, che senso avevano per lui quelli presi
da un fotogramma di un film, se facevano parte dei suoi ricordi
personali o che altro. Poteva chiedergli se la scelta delle canzoni
sinatriane non nascondeva una mancanza di ispirazione o la non voglia di
impegnarsi a scrivere altri canzoni di calibro dylaniano. Penso che ai
suoi fans non interessino minimamente i nomi del batteristi che
piacciono a Bob, e nemmeno se era un fan sfegatato della Winehouse,
forse per via del nome che significa "casa del vino" e Bob ha sempre
avuto un debole per il vino, specialmente per il Beaujolas). Poi
gli avrei chiesto come mai si è accorto solo dopo 50 anni di chitarra
che il piano è uno strumento che completa meglio il suono della sua
band, perchè avere due chitarristi invece di uno solo (l'altro poteva
essere lui invece di Kimball) e di un pianista professionista, in fondo
Al Kooper sta facendo ancora oggi il backin' piano per i Rolling Stones,
quindi avrebbe potuto farlo anche per Bob, stesso discorso per
Belmont Tench degli Heartbreakers. Le domande che incuriosivano
e soddisfacevano i fans (spero che l'intervista sia stata fatta per i
suoi fans, non credo che gente che non compera i dischi di Dylan si
prenda la briga di visitare il suo sito e di leggersi tutta
l'intervista) non sono certo quelle contenute in questa fake-intervista,
ma probabilmente le domande sono state scelte in base ad un principio di
promozione commerciale di un prodotto. Io non credo che quelli che compreranno
"Triplicate" facciano parte dell'Associazione Pensionati Americani,
penso invece che siano sempre i soliti, e cioè noi, ma forse questa
volta qualcuno rinuncierà a versare l'obolo per un disco che suscita, e
mi dispiace pensarlo, poco interesse. Live long and prosper,
Mr.Tambourine, :o)
Lund, Sweden - Sparbanken Skåne Arena,
April 9, 2017
1. Things Have Changed (Bob standing at piano)
2. To Ramona (Bob sitting at piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob standing at piano)
4. Beyond Here Lies Nothin' (Bob sitting at piano)
5. I Could Have Told You (Bob center stage) xxxxxxxxxx
6. Pay In Blood (Bob standing at piano)
7. Melancholy Mood (Bob center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob sitting at piano)
9. Love Sick (Bob center stage)
10. Tangled Up In Blue (Bob center stage then sitting at piano)
11. Early Roman Kings (Bob sitting at piano)
12. Spirit On The Water (Bob Bob sitting at piano)
13. Scarlet Town (Bob center stage)
14. All Or Nothing At All (Bob center stage)
15. Desolation Row (Bob sitting at piano)
16. Soon After Midnight (Bob sitting at piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)
(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob sitting at piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob standing at piano)
Buongiorno Mr.
Tambourine,
voglio esprimere anch'io qualche riflessione su Dylan che si nasconde ai
fotografi mentre va a ritirare il Nobel in forma privata. La fotografia
postata sul sito non è certo un'immagine luminosa e allegra, ma, al
contrario, contratta ed oscura. Dylan si sottrae - credo - alla
curiosità della gente che, spesso, è malevola ed orientata alla banalità
o, peggio ancora, all'astio immotivato. Dylan è antico, come dice il
prof. Carrera nel suo interessante articolo, ma si parla ancora di lui
perchè in tutti questi anni si è abilmente sottratto allo star-system
che, come è noto, crea e distrugge con cinica spietatezza. La musica di
Dylan ha rappresentato un fenomeno di massa ed elitario nello stesso
tempo proprio grazie all'intelligenza dell'Autore nel gestire con
estrema riservatezza se stesso, la sua vita, la sua immagine. Sono
sicura che Bob sa che chi apprezza la sua arte non ha bisogno di
incontrarlo fisicamente, incontrandolo già nel mondo delle idee e della
musica. Chi apprezza Dylan ha capito che egli è le sue parole e allora
non è così importante vederlo. Lunga vita. Carla.
Le tue parole sono più che giuste, ma io non
vedo cosa possa cambiare se entra in teatro senza felpa e cappuccio in
testa. La ritengo una scelta di Bob che faccio fatica a comprenderne le
ragioni e che per questo mi trasmette tristezza perchè non capisco, da
chi si vuol nascondere Bob? Live long and prosper, Mr.Tambourine
Sabato 8
Aprile 2017
Copenhagen, Denmark - Opera House, April
7, 2017
1. Things Have Changed (Bob standing at
piano)
2. To Ramona (Bob sitting at piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob standing at piano)
4. Beyond Here Lies Nothin' (Bob sitting at piano)
5. Why Try To Change Me Now (Bob center stage)
6. Pay In Blood (Bob standing at piano)
7. Melancholy Mood (Bob center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob sitting at piano)
9. Love Sick (Bob center stage)
10. Tangled Up In Blue (Bob center stage then sitting at piano)
11. Early Roman Kings (Bob sitting at piano)
12. Spirit On The Water (Bob Bob sitting at piano)
13. Scarlet Town (Bob center stage)
14. All Or Nothing At All (Bob center stage)
15. Desolation Row (Bob sitting at piano)
16. Soon After Midnight (Bob sitting at piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)
(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob sitting at piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob standing at piano)
Ecco la traduzione completa
dell'intervista di Bill Flanagan a Bob Dylan in occassione dell'uscita
di "Triplicate". Un doveroso e sentito ringraziamento a Silvano Cattaneo
ed Alessandro Cavazzuti che, raccolto il mio appello, si sono attivati
per questo massacrante lavoro di traduzione che ha dato la possibilità a
tanti amici che come me conoscono l'inglese a livello scolastico di
leggere ed apprezzare le parole di Bob. Un sentito grazie da parte
di tutti noi! Mr.Tambourine.
22 Marzo 2017 - Esclusiva per bobdylan.com
Traduzione a
cura di Silvano Cattaneo e Alessandro Cavazzuti
D: Questo è il tuo terzo
album consecutivo di standard. Shadows in the Night è stata una grande
sorpresa e davvero un bel disco. Fallen Angels un piacevole bis. Adesso
hai alzato la posta. Sentivi che dopo i primi due avevi ancora qualcosa
in sospeso?
R: L’ho fatto quando ho capito che lì c'era qualcosa di più di quel che
pensassi e che quei due dischi assieme erano solo una parte del quadro.
Così siamo andati avanti e abbiamo fatto questi.
D: Perché hai deciso di pubblicare tre dischi in una volta sola?
R: È meglio che escano contemporaneamente perché tematicamente sono
interconnessi, uno è il sequel dell'altro e risolve il precedente.
D: Ciascun disco dura 32 minuti, avresti potuto mettere tutto su 2
CD. 10 canzoni, 32 minuti, c’è qualche significato?
R: Certo, 10 è il numero del completamento. È un numero fortunato,
simbolo della luce. Per quanto riguarda i 32 minuti, è il limite di
tempo perché un long playing abbia un suono più potente, 15 minuti per
lato. I miei dischi sono sempre stati sovraccarichi da entrambi i lati.
Troppi minuti per essere registrati o masterizzati correttamente. Le mie
canzoni erano troppo lunghe e non andavano a pennello con il formato
audio di un LP. Il suono era debole e dovevi alzare il volume del
giradischi al massimo per sentire bene. Per me questi CD rappresentano
gli LP che avrei dovuto fare.
D: È una sfida cantare dal vivo con una sezione fiati?
R: Nessuna sfida, è meglio che sovrainciderla.
D: In studio di registrazione ti piace essere spontaneo, ma qui hai
lavorato con arrangiamenti ben definiti e spartiti. Ti ha richiesto un
nuovo modo di pensare?
R: In un primo momento sì, ma poi mi sono abituato. C'è abbastanza della
mia personalità in quei testi, così ho potuto concentrarmi sulle melodie
all'interno degli arrangiamenti. Come cantante sei costretto all'interno
di schemi armonici ben definiti. Ma all'interno di quegli schemi hai un
controllo maggiore di quanto ne avresti se non ci fossero limiti di
sorta. In realtà ci vuole meno pensiero, quasi nessun pensiero. Quindi
credo che si possa chiamare un nuovo modo di pensare.
D: In qualche punto della registrazione hai detto ai musicisti “Ehi,
dobbiamo cambiare questo al volo, seguitemi”?
R: No, non è mai successo. Se l’avessi fatto, la canzone sarebbe caduta
a pezzi, nessuno sarebbe stato in grado di seguirmi. Improvvisare
avrebbe disarticolato la canzone. Non puoi andare fuori pista.
D: Ti preoccupi di quello che i fan di Bob Dylan pensano di questi
standard?
R: Queste canzoni hanno un significato per l'uomo della strada, l'uomo
comune, la persona di tutti i giorni. Forse un tipo così è un fan di Bob
Dylan, forse no, non lo so.
D: Eseguire questi brani ti ha insegnato qualcosa di loro che non
avevi colto da ascoltatore?
R: Avevo qualche idea di dove si collocassero, ma non avevo capito
quanta essenza della vita ci fosse dentro, la condizione umana, quanto
perfettamente si intrecciassero testi e melodie, quanto rilevanti siano
per la vita di tutti i giorni, quanto non materialiste.
D: Fino agli anni Sessanta, queste canzoni erano ovunque, ora sono
quasi sparite. Significano di più per te se le ascolti adesso?
R: Significano molto di più. Queste canzoni sono alcune tra le cose più
struggenti mai messe su disco e ho voluto rendere loro giustizia. Ora
che le ho vissute e ci ho vissuto dentro, le capisco meglio. Ti portano
fuori dalla tradizionale routine dove sei intrappolato in cose che
possono sembrare diverse, ma sono essenzialmente le stesse. La musica e
le canzoni moderne sono così istituzionalizzate che non te ne rendi
nemmeno conto. Queste canzoni sono fredde e lucide, dentro c'è un
realismo esplicito, fede nella vita di tutti i giorni, proprio come nel
primo rock and roll.
D: Ascoltandone alcune, è difficile non pensare alla Seconda Guerra
Mondiale. Tu sei nato durante la guerra, ti ricordi qualcosa al
riguardo?
R: Non tanto. Sono nato a Duluth - città industriale, cantieri navali,
moli minerari, silos granari, depositi, scali ferroviari. È sulle rive
del Lago Superiore, costruita su roccia di granito. Sirene antinebbia,
marinai, forestali, tempeste, bufere di neve. Mia madre dice che ci
furono carenze di cibo, razionamenti, a malapena un po' di gas,
elettricità tagliata, tutto il metallo in casa donato per lo sforzo
bellico. Era un luogo buio, anche alla luce del giorno i coprifuoco,
uggioso, solitario, tutto quel genere di cose. Abbiamo vissuto lì fino
ai miei cinque anni, alla fine della guerra.
D: Tra la Grande Depressione e la guerra, la gente ha dovuto ingoiare
tanto dolore che canzoni che a noi potrebbero sembrare eccessivamente
sentimentali avevano un'enorme risonanza. Una frase tipo “come un uomo
che non si è mai affacciato al pozzo dei desideri”
(1) potrebbe sembrare melensa a chi non ha una certa età. A
settant'anni, riesci a entrare in queste canzoni in un modo che non
saresti stato in grado di fare a venti o a trenta?
R: Certo, posso camminarci dentro. A venti o trent'anni non ero stato da
nessuna parte. Da allora sono stato in tutto il mondo, ho visto oracoli
e pozzi dei desideri. Quando ero giovane c'erano un sacco di segnali
lungo la strada che non potevo interpretare, erano lì e li vedevo, ma
erano oscuri. Ora, se mi guardo indietro, riesco a vederli per quello
che erano, cosa significavano. Allora non li capivo, lo faccio adesso.
All'epoca non avrei potuto saperlo.
D: Quando rivedi filmati di tue esibizioni di 40 o 50 anni fa, cosa
vedi? Una persona diversa?
R: Vedo Nat King Cole, Nature Boy - un ragazzo incantato molto strano
(2), un esecutore estremamente sofisticato,
con un vasto campionario di musica dentro, già postmoderno. È una
persona diversa da quella che sono ora.
D: Vent’anni dopo la fine della guerra, sembrava che tutto
l'intrattenimento riguardasse quell’argomento - film, spettacoli
televisivi, romanzi, tutto, da South Pacific (3)
a Hogan's Heroes (4). Noi diamo per scontato che tutti condividano
questo vocabolario comune, ma in realtà si sta dissolvendo nella memoria
popolare. Hai sentito l'urgenza di mettere in salvo queste canzoni?
R: Non più di quanto cercherei di mettere in salvo Beethoven, Brahms o
Mozart. Queste canzoni non si nascondono dietro un muro o sul fondo del
mare, sono proprio lì all'aria aperta, chiunque può trovarle. Sono
sincere. Si stanno liberando.
D: Ci sono alcune tue grandi interpretazioni qui - “When The World
Was Young”, “These Foolish Things”. Il che pone la domanda: se puoi
cantare così, perché non canti sempre così?
R: Dipende dal tipo di canzone. “When The World Was Young” e “These
Foolish Things” sono canzoni colloquiali. Non hai bisogno di sputare
fuori le parole in modo esplicito. Sarebbe impensabile. L'enfasi è
diversa e non c'è alcun motivo per forzare il discorso. “Un biglietto
aereo per luoghi romantici” (5) è un tipo
di frase opposta rispetto, ad esempio, a “seppellite il mio corpo al
lato dell'autostrada” (6). L'intonazione è
diversa, più circospetta, più interiore.
D: Scegli gli approcci vocali come un attore che interpreta un ruolo?
R: No, è più come l'ipnosi, la instilli nella mente e continui a
ripeterla più e più volte finché ce l'hai. Un attore che interpreta un
ruolo? Come chi? Scatman Crothers? George C. Scott? Steve McQueen?
Probabilmente è più simile a un attore della scuola del metodo,
qualunque cosa sia un attore del metodo. Alla ricerca del tempo perduto
(7), lo faccio sempre.
D: Una canzone che non canti perfettamente è “September of My Years”.
La tua voce si spezza, ma si adatta al testo. Hai considerato di
correggerla o hai capito che funzionava?
R: La mia voce spezzata qua e là non mi infastidiva, mi avrebbero
infastidito di più note o accordi sbagliati. Su “September of My Years”
non ho corretto nulla. Sarebbe stato comunque impossibile perché eravamo
tutti nella stessa stanza a suonare insieme contemporaneamente e c'era
un sacco di dispersione negli altri microfoni. Puoi correggere solo se
si sovraincide la voce separatamente e qui non l'abbiamo fatto. Se
sbagli un verso su dischi come questo, devi tornare indietro e
cominciare da capo. Si tratta di una registrazione dal vivo. La mia voce
spezzata qua e là magari è perché è stata registrata troppo presto nel
corso della giornata, ma non danneggia l'effetto complessivo, non mi
disturba.
D: La gente considera Shadows in the Night un tributo a Frank
Sinatra. Quando hai fatto il disco sapevi che Sinatra aveva inciso tutte
quelle canzoni?
R: Sì, lo sapevo. Molti altri le avevano incise, solo che le sue erano
le versione migliori. Quando ho registrato queste canzoni ho dovuto
convincermi di non aver mai sentito Sinatra, che non fosse mai esistito.
Lui è una guida. Ti indica la strada e ti porta all'ingresso, ma da lì
in poi sei da solo.
D: C'è una famosa storia su te e Springsteen invitati a cena a casa
di Sinatra, più o meno quando registraste l'omaggio TV dedicato a lui.
L'avevi mai incontrato prima? Hai avuto l'impressione che conoscesse le
tue cose?
R: Non proprio. Penso che conoscesse “The Times They Are a-Changin’” e
“Blowin’ In the Wind”. So che gli piaceva “Forever Young”, me lo disse
lui. Era divertente, siamo rimasti fuori sul patio tutta la notte e mi
disse: “Io e te, amico, abbiamo gli occhi azzurri, veniamo da lassù!” -
e indicò le stelle. “Questi altri vagabondi sono di quaggiù.” Mi ricordo
di aver pensato che potesse aver ragione.
D: In quello show tutti eseguirono una canzone di Sinatra, tranne te.
Cantasti “Restless Farewell”. Come mai?
R: Fu proprio Frank a chiedere che la facessi. Uno dei produttori
gliel'aveva suonata e gli aveva mostrato il testo.
D: È stata l'ultima volta che hai visto Sinatra?
R: Forse anche una volta dopo.
D: E la prima volta che l'hai visto?
R: Pittsburgh, '67 o forse '68, alla Civic Arena. Cantò “Summer Wind”,
“Day In, Day Out”, “Moonlight in Vermont” (8).
D: Sinatra ha fatto un sacco di canzoni che parlano dell’invecchiare,
ma “The Best Is Yet to Come”, invece, parla di sfidare l'età. È stata
l'ultima canzone che lui ha cantato su un palco. Come sei arrivato
dentro quella canzone? Cosa pensi di averci messo per darle il tuo
taglio?
R: Non è stato difficile. Non ci ho messo niente di insolito. In quella
canzone ci sono un sacco di cambiamenti chiave e di modulazioni, e tu
devi scivolarci dentro e fuori. È quasi una sfida, ma una volta capita è
abbastanza facile. È semplicemente una ballata con una base blues che
arriva dritta, unica nel suo genere. È come “Mack the Knife”, ma niente
a che vedere con “Mack the Knife”. È una frase vecchio stampo, non
diresti che qualcuno possa farci qualcosa. “The Best Is Yet to Come” -
il meglio deve ancora venire - potrebbe essere sia una minaccia che una
promessa. Ha quel genere di liriche che sottintendono che anche se il
mondo va a rotoli, uno migliore è già al suo posto. Il tipo di canzone
che levita da sé, non c'è bisogno di fare molto per farla decollare. Mi
piacciono tutti i testi di Carolyn Leigh, ha scritto anche quello di
“Stay with Me”.
D: Nessuno può sentire “As Time Goes By” senza pensare a Casablanca.
Quali sono alcuni film che hanno ispirato tue canzoni?
R: La tunica, Il re dei re, Sansone e Dalila, e qualche altro ancora,
come Picnic e Un volto nella folla.
D: Una canzone come “Imagination” richiede un modo di suonare la
batteria completamente diverso dal rock and roll. Non ha una scansione
solida, gira intorno alla battuta. Ci hai pensato un attimo prima di
cantare su questa sorta di ritmo?
R: Sì, ma solo un attimo. Tommy Dorsey suona sempre questo tipo di
ritmo. Il drumming gira intorno alla battuta perché è così, il
batterista è attento alla linea di basso e c'è una linea di basso che
ticchetta come un orologio, come il pulsare del cuore. C'è anche un
sincopato nascosto, quasi come una cosa di Son House, ma è nascosto così
in profondità che è difficile notarlo. In superficie suona tutto
sognante, come una semplice ballata, ma ti inganna. È la melodia che
rende questa canzone quello che è, non necessariamente il modo di
suonare la batteria.
D: Cosa deve sapere un batterista che entra nella tua band? E cosa
dovrebbe evitare?
R: Nessuno entra nella mia band. Mi piace il batterista che ho adesso, è
uno dei migliori in circolazione, ma se mai dovesse lasciarmi per
qualche motivo, tipo unirsi ai Rolling Stones o qualcosa del genere,
allora dovrei sostituirlo. Cosa dovrebbe evitare il ragazzo? Non
dovrebbe cercare di farsi conoscere troppo in fretta - tipo un colpo di
piatti sulla parola "kick" in “I Get a Kick Out of You”. Il batterista
non è il leader, segue il battito regolare della canzone e il fraseggio
ritmico. Se lo fa e resta sul semplice, non deve evitare niente.
D: Quali batteristi ti piacciono?
R: Molti. Gene Krupa, Elvin Jones, Fred Below, Jimmy Van Eaton, Charlie
Watts. Mi piace Casey Dickens, il batterista che ha suonato con Bob
Wills. Ci sono un sacco di grandi batteristi.
D: Tu hai avuto a che fare con autori che cantavano e con cantanti
che scrivevano. Hai mai pensato che sarebbe stato meglio se avessero
tenuto le due cose separate?
R: Forse qualcuno, ma non posso dire chi così sui due piedi. Ci sono
molti grandi cantanti che scrivono canzoni deboli e un sacco di grandi
autori che non sanno cantare. Il problema per loro è che non hanno gli
sbocchi che avevamo noi - nessun posto dove piazzare queste canzoni,
nessun film, nessun programma radiofonico, show televisivo, sessioni di
registrazione, programmi che richiedevano sempre canzoni. Così devono
cantarle loro. Gli autori devono avere un motivo per scrivere canzoni,
ma ci deve essere anche uno scopo per eseguirle. E a volte non è in
sintonia. Non esiste una formula magica perché accada. Tutti gli
standard su Triplicate sono stati scritti da più di una persona,
combinazioni di diverse persone, e nessuno dei cantanti che in origine
le ha incise le aveva scritte. Riuscire a scrivere le tue canzoni
sarebbe l'ideale, ma nessuno ti critica se non lo fai. Barbara Streisand
e Tom Jones non lo fanno.
D: “Make You Feel My Love” è diventata un nuovo standard. È stata
eseguita da Adele, Garth Brooks, Billy Joel. C'è qualche versione che ti
ha colpito particolarmente?
R: Sì, tutte, una dopo l'altra.
D: “Braggin’” fu incisa da Duke Ellington nel 1938, è il genere di
swingin’ blues da big band che ha portato direttamente al rock and roll.
Quand'eri ragazzo, percepivi il rock and roll come una cosa nuova o come
un'estensione di qualcosa che era già in corso?
R: Sicuramente il rock and roll era un'estensione di qualcosa già in
corso - le grandi swinging band, Ray Noble, Will Bradley, Glenn Miller.
Ho ascoltato quella musica prima che sentissi Elvis Presley. Ma il rock
and roll era alta energia, esplosivo e tranciante. Era la musica
scheletro, uscita dal buio a cavallo della bomba atomica e gli artisti
erano star che avanzavano come divinità mistiche. Rhythm and blues,
country and western, bluegrass e gospel c'erano sempre stati, ma era
compartimenti stagni, tutto fantastico, ma niente di pericoloso. Il rock
and roll era un'arma pericolosa, cromata; esplose alla velocità della
luce, rifletteva i tempi, soprattutto la presenza della bomba atomica
che l'aveva preceduto di diversi anni. Allora la gente temeva la fine
del mondo. All'orizzonte c'era il grande duello tra capitalismo e
comunismo. Il rock and roll fece scordare la paura, sfondò le barriere
che razza, religione ed ideologie avevano eretto. Vivevamo sotto una
nube di morte, l'aria era radioattiva. Non c'era un domani, ogni giorno
poteva essere l'ultimo, la vita aveva poco valore. Questa era il
sentimento di quei tempi e non sto esagerando.
Il doo-wop era l’altra faccia del rock and roll. Canzoni come “In the
Still of the Night”, “Earth Angel”, “Thousand Miles Away” equilibravano
le cose, erano sincerità e malinconia per un mondo che sembrava non
avere un cuore. Anche i gruppi doo-wop avrebbero potuto essere
considerati un'estensione degli Ink Spots o della musica gospel, ma non
importava: anche quello era nuovo di zecca. Gruppi come i Five Satins e
i Meadowlarks sembrava che cantassero da qualche immaginario angolo di
strada lungo il quartiere. Jerry Lee Lewis arrivò come una cometa
sfrecciante da qualche lontana galassia. Il rock and roll era potenza
atomica, fulmini e tuoni (9). Non sembrava
proprio un'estensione, ma probabilmente lo era.
D: In canzoni come “Bye and Bye” e “Moonlight” ti sei cimentato con
stili popolari agli albori del cinema e dei dischi. “Duquesne Whistle” è
un pezzo swing che avrebbe potuto fare Duke Ellington. Pensi che quelle
canzoni abbiano gettato le basi per questi ultimi album?
R: Sì, penso di sì. Quelle due e anche “Sugar Baby”. “Duquesne Whistle”
in realtà è nata come una pezzo di Fats Waller, “Jitterbug Waltz”. L'ho
alterata in qualche modo, ma l’intenzione era quella. Comunque sì,
quelle canzoni hanno gettato le basi per brani come “But Beautiful” e
“It Gets Lonely Early”, entrambi su Triplicate. Questi non volevo
alterarli, così li ho cantati come gli originali.
D: Alcuni dischi sono sociali, buoni per le feste e per ballare.
Altri sono grandi in auto. Questo è un album realizzato per la tarda
notte, la solitudine e la riflessione. Quando ti trovi in quella
situazione, che disco metti?
R: My Kinda Love, di Sarah Vaughan. E anche quello che lei ha fatto con
Clifford Brown.
D: I primi due dischi sono piacevoli, ma è con il terzo che arrivano
le cose che davvero toccano il cuore, e le tue interpretazioni migliori.
Perché tenere il meglio per ultimo?
R: Sembra così perché è una storia umana che diventa sempre più
interessante ed è personale dall'inizio alla fine. Cominci con il
chiederti perché hai comprato quei pigiama blu e dopo un po' ti stai
chiedendo perché sei nato (10). Si va dallo
stupidamente assurdo al mortalmente serio, dopo aver viaggiato
attraverso il bello e il brutto. Sei arrivato al limite, non ce la fai
più e ti chiedi, dov'è la buona notizia? Non ci dovrebbe essere una
buona notizia? È un viaggio come nella canzone “Skylark”, dove il cuore
si incammina sopra le ombre e la pioggia. E questo è tutto. È un viaggio
del cuore. Il meglio doveva essere tenuto in serbo per ultimo.
D: Ho notato che quando hai una canzone particolare che non sembra
adattarsi con il resto dell'album, la metti come prima: “Rainy Day
Women”, “John Wesley Harding”, il duetto con Johnny Cash di “Girl from
the North Country”,"All the Tired Horses”, “Tweedle Dee & Tweedle Dum”.
È come se dicessi, “ecco una canzone strana”, e dopo comincia l'album.
Perché lo fai?
R: Non credo proprio che “Tweedle Dee & Tweedle Dum” sia una canzone
strana, da nessun punto di vista. Penso che fosse abbastanza standard
allora come adesso, quindi questa canzone in particolare avrebbe potuto
posizionarsi ovunque. Ma per le altre molto probabilmente mi sono
chiesto che cosa potessi farci, visto che non sembravano adattarsi
ovunque. È probabile che le abbia messe all'inizio per separarle dal
resto. Non ci giurerei per “Rainy Day Women”, però, credo che fosse come
una torre campanaria che annunciava quello che stava per arrivare. “All
the Tired Horses” era solo un pezzo d'atmosfera, come un preludio, ma le
altre avrebbero rotto il flusso del resto dei brani.
D: “There’s a Flaw in My Flue” è una canzone molto strana. Sembra la
parodia di un certo tipo di torch song, in particolare il verso “smoke
gets in my nose”, “il fumo arriva nel mio naso”. Pensi che Sammy Kahn
stesse prendendo in giro quando la scrisse?
R: No, non credo sia così. Penso che sia una ballata romantica sincera.
Il fumo che entra nel naso potrebbe essere metaforico, ma è anche molto
reale. Ci sono un sacco di versi simili nel blues e nella musica
popolare. “Il mio secchio è bucato”, “ci sono pietre sul mio passaggio”,
“il mio motore non gira”, “c'è un alone nella mia vasca”, ”ho il fumo
nel naso". Non è diverso da uno di Blind Lemon, “it’s been a meatless
and wheatless day" - “è stata una giornata senza carne e senza grano”
(11). Certo, è una ballata romantica, ma
non credo possa essere liquidata così facilmente. Il fuoco del camino
può incendiarti la casa (12).
Ciò che dà vita a questa canzone e che le altre canzoni non hanno è una
splendida melodia che si intreccia con le parole, perfettamente. Anch’io
ho visto immagini nel mio camino. Il verso “are you smart” in “My Funny
Valentine”, quello ho sempre pensato fosse una presa in giro. Io la vedo
così: la melodia in questa canzone è un po' come lo sfondo del dipinto
della Gioconda. È un mondo di fantasia, mistico e fantasmagorico, ma per
me è reale, come un mondo della fantascienza. La persona che mi guarda è
solo un volto, non posso dire se lei stia sorridendo o prendendo in
giro. Non ha una natura spirituale particolare, non sono neppure
convinto che sia una donna. Ma sono incantato dallo sfondo, la melodia.
È un po' come questa canzone, dove puoi vedere che “there’s a flaw in my
flue” - c'è un difetto nella mia canna fumaria - e non notarlo o non
sentirlo. Penso che sia una grande canzone, niente affatto una presa in
giro.
D: Stai spendendo parecchio tempo su tutte queste vecchie canzoni.
Pensi che la prossima che scriverai ne sarà influenzata?
R: Ne dubito. Queste sono così strutturate nella teoria musicale, così
complicate nei tempi e in costante movimento nelle melodie, che vanno
oltre le mie capacità. È difficile esserne influenzati se non hai
familiarità con quel mondo. Potrò essere influenzato da una parte di
melodia o da una frase, tutto lì. Dal punto di vista delle liriche, non
penso che potrei essere influenzato da qualcosa.
D: Non vorresti scrivere canzoni apposta per qualcuno che lavora in
questo stile, come Diana Krall o Harry Connick? Hai mai pensato di
scrivere una canzone per Tony Bennett?
R: No, non ho mai pensato di scrivere una canzone per Tony. Non me l'ha
mai chiesto e se l'avesse fatto non credo che sarei riuscito.
D: Molti cantanti quando registrano queste canzoni tralasciano le
introduzioni, ma tu le hai lasciate: “September of My Years”, “P.S. I
Love You”, “When the World Was Young”. I Beatles qualche volta hanno
scritto canzoni con una intro - “To lead a better life, I need my love
to be here...” (13) - ma difficilmente
altri compositori della tua generazione o di quelle dopo l'hanno fatto.
Tu l'hai mai fatto?
R: Non l'ho mai fatto. Credo che devi fare quelle intro alla fine, dopo
aver scritto la canzone. Mi è sempre piaciuto quella di “Mr. Blue”, in
cui la nostra stella protettrice ha perso tutto il suo splendore. È una
delle intro più belle. C'è n’è una anche in “Stardust”, che nessuno fa
mai. Noi la chiamiamo intro, ma all'epoca la chiamavano strofa. E quello
che noi chiamiamo canzone, loro chiamavano ritornello. “Stardust” non ne
ha bisogno, ma “September of My Years” sì. Senza intro, la canzone non
avrebbe senso.
D: Anche i Beatles scrissero una canzone chiamata “P.S. I Love You”.
“Tossin’ and Turnin’” di Bobby Lewis era un riadattamento di “I Couldn’t
Sleep a Wink Last Night”. Nei primi dieci anni di rock, gli autori
studiavano la musica venuta prima. Ma più o meno dal 1970 in poi, quello
che i nuovi rocker conoscevano era solo il rock, forse un po' di blues.
Cosa si perse?
R: Dal 1970 a oggi sono passati circa 50 anni, ma sembrano 50 milioni. È
un muro temporale che separa il vecchio dal nuovo e in questo lasso di
tempo molte cose possono andare perse. I mercati avanzano, gli stili di
vita cambiano, le multinazionali uccidono le città, nuove leggi
sostituiscono le vecchie, gli interessi dei gruppi trionfano su quelli
individuali, i poveri stessi sono diventati una merce. E anche le
influenze musicali sono state inghiottite, assorbite in cose più recenti
o si sono perse per strada. Però non penso che bisogna deprimersi, o che
tutto ci stia sfuggendo. È ancora possibile trovare quello che stai
cercando, se ripercorri quella strada. Potrebbe essere proprio lì dove
lo si era lasciato, tutto è possibile. Il problema è che non puoi
riportarlo indietro con te, devi stare lì con lui. La nostalgia credo
sia proprio questo.
R: Nostalgico? Non direi. Non è un viaggio a ritroso nella memoria o
nella nostalgia, né aver voglia di quei bei vecchi tempi o ricordare
quello che non c'è più. Una canzone come “Sentimental Journey” non è un
modo per tornare indietro o emulare il passato se la canti; è
accessibile e ancorata nella realtà, qui e ora.
D: Il modo in cui fai “Sentimental Journey” mi ricorda un po' Roger
Miller. È una specie di canzone folk, non credi?
R: Sì, è un po' in quella sfera. È come una canzone che avrebbe potuto
scrivere Lead Belly. Ci sono un sacco di canzoni di quel genere:
“Moanin’ Low”, “He’s Gone Away”, “I Got It Bad and That Ain’t Good”. Gli
autori di quei pezzi erano influenzati dal folk e dal blues.
D: Alcune di queste canzoni sono davvero romantiche, hanno molto a
che fare con cuori infranti. Non ti chiederò chi, ma dimmi, c'è una
donna reale che ti immagini quando le canti? O più di una?
R: Reale? Certamente sono donne reali. Lo spero.
D: Dimmi qualcosa sul lavoro con l’arrangiatore, James Harper. Che
indicazione gli hai dato? “Stormy Weather” ha un arrangiamento davvero
elaborato - un sottofondo sonoro drammatico, sembra l’arrivo di un
sottomarino che poi sfocia in una chitarra hawaiana. Ha aggiunto
qualcosa che ti ha fatto dire “È troppo, torna indietro"?
R: Forse un paio di volte la tromba era troppo acuta e ha dovuto essere
rifatta. Ma a parte questo, non ha avuto bisogno di molte indicazioni. E
comunque, io non posso fare gli arrangiamenti dei fiati. In una
situazione del genere, non vuoi dirigere nessuno. Devi avere fiducia
nelle capacità altrui, essere convinto che tutti siano in grado. Non
volevo intralciare il lavoro di James, altrimenti non l'avrei
ingaggiato. Ha orchestrato “Stormy Weather” senza problemi e quella è
una canzone difficile da fare perché l'hanno fatta talmente in tanti.
D: “My One and Only Love” è un rifacimento di una canzone intitolata
“Music from Beyond the Moon”. La versione originale fu un flop, poi
arrivò un nuovo paroliere, scrisse nuovi versi sulla stessa melodia e la
seconda volta fu un successo. Quando succede questo con le canzoni folk
o il blues, si chiama tradizione popolare; quando succede con le canzoni
rock, la gente grida al plagio; nell'hip hop, è campionamento. Ma è
sempre andata così in ogni forma di musica, non trovi?
R: Sono sicuro che sia così, c'è sempre qualche precedente, quasi tutto
è un'imitazione di qualcos'altro. Tu puoi avere qualche visione assurda,
o un’idea un po’ confusa che non riesci a buttare giù e finalizzare. Ma
poi vedi un ritaglio di giornale, o un cartellone pubblicitario, o un
paragrafo da un vecchio romanzo di Dickens, o senti qualche strofa da
un'altra canzone, oppure orecchi per caso qualcosa che potrebbe essere
proprio una cosa che avevi in testa e non sapevi di ricordare. Quello ti
darà il punto di avvicinamento e ogni dettaglio. È come essere
sonnambuli; senza che tu le stia cercando, le cose ti sono trasmesse. È
come se stessi guardando qualcosa da lontano e all’improvviso ti ritrovi
in mezzo. Una volta che hai l'idea, tutto quello che vedi, leggi, gusti
o annusi diventa un'allusione a quella. È l'arte di trasformare le cose.
Tu non sei al servizio dell'arte, è l'arte che serve te e comunque è
solo una manifestazione della vita, non è la vita reale. È complicato,
bisogna avere la sensibilità giusta e integrità, o potresti ritrovarti
in mano qualcosa di stupido. La statua del David di Michelangelo non è
il vero David. Alcune persone non ci arrivano e rimangono nell’oscurità.
Prova a creare qualcosa di originale, ti aspetta una sorpresa.
D: I musicisti jazz hanno sempre suonato standard, non importa se
erano coinvolti in altre cose. “Why Was I Born” e “My One and Only Love”
sono state registrate da John Coltrane. Coltrane si esibiva al Village
nello stesso periodo in cui c'eri tu. Vi siete mai incrociati?
R: L'ho visto un paio di volte al Village Gate di Bleecker Street, era
accompagnato da Jimmy Garrison e McCoy Tyner.
D: Qualche anno fa, a uno dei tuoi concerti mi sono trovato seduto
accanto a Ornette Coleman. Dopo lo spettacolo, nel backstage, c'erano
alcuni musicisti rock e attori molto famosi in attesa, ma l'unica
persona che invitasti in camerino fu Ornette. Senti un legame con quei
musicisti jazz?
R: Sì, sempre. Conoscevo un po' Ornette e avevamo alcune cose in comune.
Ha affrontato un sacco di avversità, i critici erano contro di lui, gli
altri musicisti jazz erano gelosi. Stava facendo qualcosa di così nuovo
e così rivoluzionario che non potevano capirlo. Non era diverso dalle
offese che mi gettavano addosso perché facevo cose di quel genere, anche
se in un'altra forma musicale.
D: Non riesco a immaginare tu che scrivi una canzone così vulnerabile
e sentimentale come “Where Is the One”. Alcune di queste canzoni ti
hanno permesso di andare in un posto dove non puoi arrivare con la tua
scrittura?
R: Certamente. Non scriverei mai “Where Is the One”, ma è come se fosse
stata scritta per me, quindi non ho dovuto scriverla. È un luogo
difficile da raggiungere, è vulnerabile e protetto. Per raggiungerlo
dovresti essere come l'uomo invisibile, abbattere muri, spogliarti nudo,
e anche se ci arrivi dovresti chiederti che senso ha. Qualcun altro ci è
già stato, ha preso tutto e se n'è andato. Qualcun altro ha dovuto
scrivere questa canzone per me. Una canzone che ha nervi troppo
scoperti. E tu ti ritrovi troppo esposto. Preferirei non andare là,
soprattutto per scrivere canzoni.
D: Ti capita mai di sedere al pianoforte e uscirtene con una grande
melodia che è fuori dalla tua estensione vocale? Scrivi mai canzoni con
in mente un altro cantante?
R: Al piano suono variazioni di temi diversi e se le sposto di un'ottava
più alta o più bassa, capita che la melodia sia fuori dalla mia portata.
Ma non sto cercando di cantare qualcosa, sto solo suonando una melodia.
Per quanto riguarda gli altri cantanti, non ho mai scritto una canzone
con qualcun altro in mente.
D: Negli ultimi anni sul palco hai suonato il piano, raramente la
chitarra. Come mai?
R: La suono nei soundcheck e a casa, ma l'intesa è migliore quando sono
al pianoforte. Se suono la chitarra cambiano le dinamiche della band. E
forse è po' troppo noioso andare avanti e indietro tra uno strumento e
l'altro. Comunque, fondamentalmente sono uno strumentista ritmico, non
un solista, e quando il piano si fonde con la steel guitar, è come avere
un'orchestrazione da big band. Questo non succede quando suono la
chitarra. Con la chitarra è una band diversa.
D: Difficile fare “Stardust” dopo Willie [Nelson]. Hai pensato alla
sua versione?
R: “Stardust” è una ballata per ballare e io l'ho interpretata così.
Avevo in mente Artie Shaw.
D: Lo scorso anno sono morti un sacco di grandi. Muhammad Ali, Merle
Haggard, Leonard Cohen, Leon Russell. Qualcuno ti ha colpito più
duramente?
R: Certo, tutti. Eravamo come fratelli, abbiamo vissuto sulla stessa
strada e tutti hanno lasciato un grande vuoto. Ci si sente soli senza di
loro.
D: Tu hai conosciuto tanti musicisti, attori, scrittori leggendari.
C'è stato qualcuno che, ripensandoci, ti dici “Avrei voluto capire
quanto fosse grande quand'era ancora vivo”?
R: Non posso dire chi è grande o chi non lo è. Se qualcuno raggiunge la
grandezza è solo per un minuto e chiunque può farlo. La grandezza va al
di là del tuo controllo. Credo che ci si arrivi per caso, e dura poco.
D: Alcuni dei tuoi opening-act e artisti con cui hai diviso i tour,
persino nomi famosi, hanno espresso il disappunto per il fatto che tu
non passi il tempo assieme né socializzi. Perché?
R: Non capisco. Comunque, perché vogliono passare il tempo con me?
Quando sono in tour io passo il tempo con la mia band.
D: Per The New Basement Tapes, T Bone Burnett ha messo insieme un
gruppo con Elvis Costello, Rhiannon Giddens, Jim James, Marcus Mumford e
Taylor Goldsmith per completare canzoni basate su tuoi vecchi testi. Hai
sentito qualcuna di queste canzoni e ti sei detto “Non ricordo di averla
scritto”?
R: Hai detto Taylor Swift?
D: Taylor Goldsmith.
R: Ah sì, ok. No, non ricordo di aver scritto nessuna di quelle canzoni.
Sono state ritrovate in un vecchio baule saltato fuori da quella casa
che la gente chiamava Big Pink, a Woodstock. Per lo più testi
accantonati quando stavamo registrando le canzoni dei Basement Tapes. T
Bone disse che poteva farci qualcosa, che avrebbe potuto finirle. Non
ricordavo niente di loro. Per anni ho pensato di aver usato tutto.
D: Tra il tuo pubblico hai avuto ogni sorta di celebrità -
presidenti, re, un papa, stelle del cinema, i Beatles, Muhammad Ali.
Qualcuno ti rende nervoso?
R: Tutti loro.
D: Ho sentito e tu George Harrison una volta pensaste di fare una
sessione di registrazione con Elvis, ma lui non si fece vivo. Qual è la
vera storia?
R: Lui si fece vivo, siamo stati noi che non l'abbiamo fatto.
D: Warren Beatty dice che ti voleva nel ruolo di Clyde Barrow in
Bonnie and Clyde. Ti arrivò quella offerta?
R: No, l'offerta fu inviata all'ufficio del mio manager e non riuscimmo
a parlarne; avevamo avuto un litigio. Non ho mai ricevuto la posta o le
proposte che furono inviate lì.
D: Avresti potuto recitare qualche scena d'amore con Faye Dunaway -
qualche rimpianto?
R: No.
D: Parliamo di cantautori. Ci sono qualità che rendono un autore
inglese diverso da un americano, o uno del sud diverso, ad esempio, da
un canadese?
R: Se fossi un antropologo forse potrei dirtelo, ma in realtà non ne ho
idea. Comunque, ormai tutti attraversano culture, fusi orari e nazioni.
Sai chi potrebbe probabilmente dirtelo? Alan Lomax
(14), o forse Cecil Sharp (15), uno
di quei tipi.
D: Quando scrivi una canzone su una persona contemporanea - Hurricane
Carter, Joey Gallo, George Jackson o Catfish Hunter - devi poi trattare
con i parenti che chiamano per chiedere favori?
R: Non capita spesso. Una volta è venuta a trovarmi la nipote di Willie
McTell e mi ha mostrato alcune vecchie fotografie. Non voleva niente,
davvero una bella persona.
D: Quale delle tue canzoni pensi che non abbia avuto l'attenzione che
meritava?
R: “Brownsville Girl”, o forse “In the Garden”.
D: Hai viaggiato parecchio e per molto tempo. C'è ancora qualcosa che
rende il Minnesota diverso da altri posti? Qualche peculiarità della sua
gente che altrove non si trova?
R: Non necessariamente. Anche il Minnesota ha la sua linea Mason-Dixon
(16). Io vengo dal nord, che è diverso dal
sud Minnesota dove ti sembra di essere quasi in Iowa o in Georgia. A
nord il clima è più estremo - d’inverno si gela, in estate stormi di
zanzare, non c'era aria condizionata quando sono cresciuto, il
riscaldamento era a vapore e d’inverno dovevi indossare un sacco di
vestiti quando uscivi. Il sangue ti diventa denso. È la terra dei 10.000
laghi, ideale per caccia e pesca. Territorio indiano, Ojibwe, Chippewa,
Lakota, betulle, miniere a cielo aperto, orsi e lupi - l’aria è cruda.
Il sud del Minnesota è un paese agricolo, campi di grano e balle di
fieno, distese di campi di mais, cavalli e mucche da latte. Il nord è
scarsamente produttivo. È un ambiente aspro, le persone conducono una
vita semplice, ma anche in altre parti si conduce una vita semplice. Le
persone sono più o meno le stesse ovunque tu vada. C'è il bene e il male
in tutte le persone, non importa in quale stato tu viva. Alcune persone
sono più autosufficienti che in altri posti, qualche posto è più sicuro
e qualche altro meno, alcune persone si fanno gli affari loro e altre
no.
D: Sei cresciuto con molti Indiani in giro?
R: No, vivevano nelle riserve, difficile che venissero in città. Avevano
le loro scuole e quant'altro.
D: Andavi a caccia o a pesca?
R: Andavo nei boschi con mio zio, il fratello di mia madre. Era un
cacciatore esperto e cercava di insegnarmi. Ma la caccia non era per me,
la odiavo.
D: E la pesca invece?
R: Oh certo, tutti ci andavano. Spigole, storioni, pesci gatto, trote di
lago, li prendevamo e li pulivamo pure.
D: Ti interessavano le armi?
R: Rivoltelle a scatto singolo, nulla di automatico. Sparare con fucili
a pallettoni alle assi di legno, quello era divertente! Una fucile a
pallettoni è più letale di una calibro 22.
D: Hubert Humphrey (17) era un
personaggio importante in Minnesota mentre crescevi. L'hai mai visto di
persona o incontrato?
R: No, non l'ho mai visto.
D: Quando ti innamorasti del rock and roll, avevi un amico con cui
condividere il tuo entusiasmo? Qualcuno con cui da adolescente provasti
a scrivere canzoni?
R: Solo la mia ragazza. Strimpellavo la mia chitarra e improvvisavamo
nuovi testi su altre canzoni. Suonavo anche rock and roll in gruppi
della città, ma da qualche parte lungo la strada ho avuto
un'illuminazione. Sentii Lead Belly e Josh White e quello cambiò tutto.
D: Com'era Minneapolis come quando arrivasti per la prima volta?
R: Minneapolis e St. Paul - le Twin Cities - erano città rock and roll.
Non lo sapevo. Pensavo che le uniche città rock and roll fossero Memphis
e Shreveport. Minneapolis faceva parte della scena del northwest rock
and roll. Dick Dale and the Ventures, Easy Beats, Castaways, i Kingsmen
ci suonarono parecchie volte, tutte le surf band, gruppi ad alta
tensione. Un mucchio di cose di Link Wray come “Black Widow” e “Jack the
Ripper”, tutte quegli strumentali tipo “Tall Cool One”. “Flyin’ High”
degli Shadows fu un grosso successo. Le Twin Cities erano surf e
rockabilly, volume a palla con un sacco di riverbero, pedali tremolo,
tutte chitarre Fender - Esquire, Broadcaster, Jaguar. Gli amplificatori
su sedie pieghevoli, anche le sedie sembravano Fender. Il drumming di
Sandy Nelson. “Surfing Bird” uscì da lì poco tempo dopo e non mi
sorprese.
D: Ti fece pensare di cambiare direzione?
R: Stavo viaggiando su un sentiero diverso e la mia coscienza era già
stata rifondata. Avevo sentito Lenny Bruce e Lord Buckley e avevo letto
Ginsberg e Kerouac, avevo un forte senso dell'essere. Frequentavo anche
gente diversa, più interessante e libera di spirito - veri poeti,
ragazze ribelli, cantanti folk - era un mondo a sé, distante e
indifferente alle opinioni correnti. Avevo abbandonato il passato ed ero
fuggito, non avevo intenzione di ritornare in quel posto fatto di
camicie abbottonate e capelli a spazzola, per niente e per nessuno.
Quello che ascoltavo sul mio piccolo giradischi portatile erano Gus
Cannon, Memphis Minnie, Sleepy John Estes, musicisti di quel genere.
Anche Charlie Poole, e pure Joan Baez. Stavo cercando la mia identità e
sapevo che era lì da qualche parte.
D: Cosa pensi di Joan Baez?
R: Era qualcosa di diverso, quasi troppo da prendere. La sua voce era
come quella di una sirena di un’isola greca. Solo il suo suono avrebbe
potuto farti cadere in un incantesimo. Era un’incantatrice. Avresti
dovuto farti legare al palo come Ulisse e tappare le orecchie in modo da
non sentirla. Ti faceva dimenticare chi eri.
D: Agli inizi della tua carriera, abbandonasti l'Ed Sullivan Show, un
programma in diretta (18). I tuoi amici e
la tua famiglia in Minnesota erano davanti alla TV che aspettavano la
tua esibizione?
R: Ne dubito. Comunque non mi avrebbero riconosciuto dal nome, e forse
nemmeno dalla faccia. Se avessero visto il mio nome nel palinsesto TV,
non avrebbero potuto sapere che ero io. Non sapevano che era quel
ragazzo che viveva lì.
D: Un sacco di altri cantautori ti hanno citato nelle loro canzoni -
John Lennon in “Yer Blues”, Ricky Nelson in “Garden Party”, David Bowie
in “Song for Bob Dylan”. È una bella lista. Hai una preferita?
R: “Garden Party”.
D: In “American Pie” di Don McLean sei sospettato di essere il
giullare.
R: Sì, Don McLean, “American Pie”, che canzone che è. Un giullare?
Certo, il giullare scrive canzoni come “Masters of War”, “A Hard Rain’s
a-Gonna Fall”, “ It’s Alright, Ma”. Penso che stia parlando di qualcun
altro. Chiedi a lui.
D: Tom Wilson è una specie di una figura misteriosa, non si sa molto
di lui. Qual è stato il suo apporto come produttore?
R: Tom arrivava dal jazz, aveva prodotto parecchi dischi jazz,
soprattutto di Sun Ra. Un giorno mi giro e me lo trovo lì. Oggi lo
chiamano produttore, ma a quei tempi non lo chiamavano così; lui era il
tipico uomo A&R (19), responsabile del tuo
repertorio. A dire il vero io non avevo bisogno di un repertorio perché
avevo le mie canzoni, quindi non sapevo cosa ci facesse un A&R. Qualcuno
della casa discografica doveva essere lì per comunicare con il tecnico
del suono. Credo che a quel tempo non mi fosse permesso di parlare con
il tecnico del suono. Lo studio era semplice - due, al massimo quattro
tracce. In quei primi anni andavi in studio e registravi dal vivo, un
take dopo l'altro. Se qualcuno sbagliava, dovevi ricominciare da capo, o
semplicemente dovevi lavorare sulla tua canzone finché non avevi la
versione giusta. In nessuno dei principali studi di registrazione si
facevano cose tipo Brian Wilson o Phil Spector, spostando le tracce qua
e là per liberare altre tracce.
Tom aveva studiato a Harvard, ma era anche scafato. Quando l'ho
incontrato, lui era più interessato al jazz non convenzionale, ma aveva
un sincero entusiasmo per ogni cosa volessi fare e portò a suonare con
me musicisti come Bobby Gregg e Paul Griffin. Quella era gente di prima
classe, conoscevano cosa stavo facendo. La maggior parte dei musicisti
di studio non ne aveva idea, non avevano ascoltato musica folk né blues
o qualcosa di simile. Credo che lavorare con me abbia aperto anche il
mondo di Tom perché dopo di me iniziò a registrare gruppi come Velvet
Underground e Mothers of Invention. Tom era veramente un tipo in gamba
ed è stato molto d'aiuto.
D: In che formato ascolti musica? Ascolti in streaming?
R: Ascolto per lo più CD.
D: Sentito buoni dischi ultimamente?
R: Après di Iggy Pop, quello è un buon disco. Imelda May, lei mi piace.
Valerie June, Stereophonics. Mi piace l’album di Willie Nelson e Norah
Jones con Wynton Marsalis, il tributo a Ray Charles. Mi piaceva l’ultimo
album di Amy Winehouse.
D: Eri un suo fan?
R: Sì, assolutamente. È stata l'ultima vera individualista in giro.
D: Quanti anni avevi quando la tua famiglia comprò il primo
televisore? Quali spettacoli ti colpirono?
R: Avevo 14 o 15 anni quando ne acquistammo uno, mio padre lo piazzò
nello scantinato. I programmi erano dalle 3 alle 9, in quasi tutto il
resto della giornata mostrava un disegno test, una sorta di strano
simbolo circolare. L'accoglienza non fu buona, c'erano un sacco di
disturbi nel segnale e dovevi sempre regolare l'antenna per cercare di
vedere qualcosa. Mi piaceva quello che vedevo - Milton Berle, Sid
Caesar, Highway Patrol, Father Knows Best. C'erano anche drammi
teatrali, come Studio One e Fireside Theatre. E anche quiz - Beat the
Clock, To Tell the Truth, Queen for a Day, erano tutti buoni. Uno
intitolato You Are There, con Walter Cronkite e un sacco di episodi di
The Twilight Zone.
D: Quando sei in tour sul tuo bus, che show guardi alla TV?
R: I Love Lucy tutto il tempo, non-stop (20).
D. Ogni volta che accendo PBS (21),
trasmettono l'ennesimo documentario sulla musica folk degli anni '60 e
tutti i tipi di quella scena parlano di te come se foste i migliori
amici. Ti infastidisce?
R. Non lo so, forse eravamo i migliori amici. Non mi ricordo.
D: Nel 1966 avevi il taglio di capelli più ribelle che si fosse mai
visto. Avresti potuto pettinarli in giù, uscire e nessuno ti avrebbe
riconosciuto.
R: Sì, ma non volevo farlo. Stavo cercando di assomigliare a Little
Richard, la mia versione di Little Richard. Volevo capelli ribelli,
volevo essere riconosciuto.
D: Tu hai incontrato John Wayne nel 1966. Come vi siete trovati?
R: Abbastanza bene devo dire. Il Duca. Lo incontrai su una nave da
guerra alle Hawaii, dove stava girando un film, lui e Burgess Meredith
(22). Anche una mia ex ragazza era
coinvolta nel film e mi invitò, me lo presentò e lui mi chiese di
suonare alcune canzoni folk. Gli suonai “Buffalo Skinners”, “Raggle
Taggle Gypsy” e credo “I’m a Rambler, I’m a Gambler”. Mi disse che se
volevo potevo rimanere lì e avere una parte nel film. Fu gentile con me.
D: “Wagon Wheel” era una tua vecchia canzone incompiuta. È stata
presa e completata dagli Old Crow Medicine Show che l'hanno portata al
successo. Poi è stata incisa dai Mumford and Sons. E la versione di
Darius Rucker ha vinto un Grammy. Non hai mai pensato di registrarla?
R: L'ho registrata con Roger McGuinn, Rita Coolidge e Booker T, in uno
studio cinematografico di Hollywood. È su uno dei miei vecchi bootleg.
La trovi lì, ha solo un titolo diverso (23).
D: A proposito di Hollywood, è lì che hai realizzato Triplicate?
R: Corretto. Ai Capitol Studios.
D: Il titolo Triplicate riporta alla mente la “trilogia” di Sinatra
(24). Quell'album ha avuto qualche
influenza sul tuo?
R: Sì, in un certo senso l'idea è quella. Stavo comunque pensando a
triadi, come le tre tragedie greche dell’Orestea di Eschilo. Immaginavo
una cosa del genere.
D: Ognuno dei tre dischi racconta una storia diversa. Sei partito
sapendo che sarebbe stato così o i temi si sono rivelati strada facendo?
R: I temi sono stati decisi prima in un senso teatrale - grandi temi,
legati a sopravvissuti e amanti o, meglio ancora, a saggezza e vendetta,
o forse anche esilio. Ogni disco prefigura il successivo e non volevo
dare a nessuna canzone una preminenza sulle altre. Niente vecchie storie
o memorie, ma solo la semplice e difficile vita terrena, le sue realtà
nascoste. Questa è la mia percezione.
D: L'hai pensato tutto esattamente così?
R: Non così esplicitamente, ma penso di averlo fatto inconsciamente.
D: Ci sono state canzoni che hai preso in considerazione, ma poi hai
lasciato fuori perché non si adattavano a nessuno dei tre temi?
R: Sì, certo. “I Cover the Waterfront”, “Moonlight in Vermont”, “Let’s
Face the Music and Dance”.
D: C'è stata qualche canzone che hai approcciato in un modo per
ritrovarti alla fine con qualcosa di completamente diverso?
R: No, questo capita più spesso con le mie canzoni. Un paio di volte ho
avuto l'approccio sbagliato per una canzone che volevo fare. Ho
registrato “Deep in a Dream”, ma non mi quadrava e non l'ho usata. Aveva
un approccio sbagliato fin dall'inizio.
D. C'è qualche testo o qualche verso qui che tu non scriveresti mai,
ma sei contento che qualcun altro l'abbia fatto?
R: Parecchi. “Il fremito al pensiero che potresti aver pensato alla mia
supplica” (25). “Quelle parole insicure che
ti hanno svelato cosa intendeva il mio cuore” (26).
“Quando sei solo, i bambini cresciuti e, come storni, volati via”
(27). Sono contento che qualcuno abbia
scritto queste strofe. Io non potrei mai.
D: Dagli anni '20 ai primi anni '50, il confine tra blues, pop,
country e jazz era molto flessibile. Robert Johnson, Jimmie Rodgers,
Bing Crosby, Ray Charles, tutti hanno messo le mani su tutto. Perché poi
sono spuntate recinzioni tra i diversi stili della musica americana?
R: A causa della pressione a conformarsi.
Note
di Silvano Cattaneo:
(1): Nel testo originale: “as a man who has never paused at wishing
wells” (un verso di “The September of My Years”).
(2) Cita un verso di “Nature Boy”, di Nat King Cole: “There saw a boy /
A very strange enchanted boy”.
(3) “South Pacific” fu un celebre musical di Broadway degli anni ’50,
ambientato in Polinesia durante la Seconda Guerra Mondiale. Autori delle
canzoni, Richard Rodgers e Oscar Hammerstein. Con la regia di Joshua
Logan e Rossano Brazzi come protagonista maschile, divenne poi un film
di grande successo (maggior incasso mondiale del 1958). Una delle
canzoni di Triplicate, “This Nearly Was Mine”, faceva parte
originariamente di quel musical.
(4) “Hogan’s Heroes” fu una sit-com televisiva trasmessa dalla CBS dal
1965 al 1971. Narrava in chiave ironica la vita di un gruppo di soldati
prigionieri in un campo di prigionia nazista durante la Seconda Guerra
Mondiale.
(5) Nel testo originale dell’intervista: “an airline ticket to romantic
places” (un verso di “These Foolish Things”).
(6) Nel testo originale “bury my body by the highway side” (un verso di
“Me and the Devil Blues”, di Robert Johnson).
(7) Nel testo originale Dylan dice “Remembrance of things past”, il
titolo con cui inizialmente fu tradotto in inglese “Alla ricerca del
tempo perduto”, di Marcel Proust.
(8) Frank Sinatra tenne un doppio concerto alla Civic Arena di
Pittsburgh il 2 luglio 1967.
(9) “All zoom and doom” è l’espressione usata qui da Dylan. Non l’avevo
mai incontrata, forse è una sua estemporanea invenzione linguistica e
l’ho tradotta un po’ liberamente. Doctor Zoom e Professore Doom erano
due personaggi dei fumetti della DC Comics. Più recentemente, “Zoom or
Doom” è il nome di un videogioco basato sulle corse automobilistiche.
“Doom” significa anche destino avverso, sorte tragica.
(10) Qui Dylan ripercorre la scaletta dell’album: “Why did I buy those
blue pjyamas” è un verso di “I Guess I’ll Have to Change My Plans”, il
brano che apre il primo disco di Triplicate, mentre “Why Was I Born” è
il titolo della canzone che conclude il terzo disco.
(11) Sta citando un verso di “Rabbit Foot Blues”, di Blind Lemon
Jefferson.
(12) Nel testo originale “A fire in the fireplace could burn your place
down”, parodiando un po’ le liriche della canzone di cui sta parlando.
(13) Flanagan cita i versi inziali di “Here, There and Everywhere” dei
Beatles.
(14) Alan Lomax (1915-2002), etnomusicologo e produttore discografico.
Studiò e raccolse musiche in quasi tutto il mondo. Dalle sue
registrazioni sul campo è nata la Columbia World Library of Folk and
Primitive Music, monumentale collana dedicata alle musiche folk del
mondo. Nei primi anni ’50 viaggiò e raccolse testimonianze sonore anche
in Italia, raccontando questa esperienza nel bellissimo libro L’anno più
felice della mia vita (Il Saggiatore, 2008).
(15) Cecil James Sharp (1859-1924), musicista e compositore inglese. È
considerato colui che ha ridato vita al folk inglese, recuperando e
riarrangiando brani della tradizione popolare che sembravano destinati
all’oblio.
(16) La Mason-Dixon è la linea di demarcazione che segna parte del
confine tra quattro stati americani (Pennsylvania, Maryland, Delaware,
Virginia Occidentale). Fu tracciata nel 1767 dagli astronomi inglesi
Charles Mason e Jeremiah Dixon per risolvere una disputa di territori
tra le colonie britanniche. Oggi, nell’uso popolare, viene usata per
indicare il confine culturale tra il nord-est e il sud degli Stati
Uniti.
(17) Hubert Humphrey (1911-1978) fu sindaco di Minneapolis, senatore
democratico del Minnesota e Vice Presidente degli Stati Uniti sotto la
presidenza Johnson. Candidato democratico alle elezioni presidenziali
del 1968, perse contro il repubblicano Richard Nixon.
(18) Accadde il 12 maggio 1963. A quel tempo l’Ed Sullivan Show era uno
dei programmi televisivi più seguiti e Bob Dylan un giovane cantante
completamente sconosciuto (non era ancora uscito The Freewheelin’ Bob
Dylan). Durante le prove del pomeriggio, Dylan eseguì quattro canzoni
tra cui “Talkin’ John Birch Paranoid Blues”, pezzo satirico su una
presunta cospirazione comunista ai danni degli Stati Uniti. Poco prima
di andare in onda i responsabili del programma gli chiesero di eliminare
quel brano, nonostante Ed Sullivan non fosse d’accordo. Dylan preferì
abbandonare gli studi e non esibirsi.
(19) L’A&R (sigla da “Artists and Repertoire”) era una figura molto
importante nell’industria discografica dell’epoca, il tramite tra
l’artista e l’etichetta. Era lui che scopriva nuovi talenti, negoziava
con gli artisti, spesso ne sceglieva il repertorio, sovraintendeva alle
sedute di registrazione prendendo le decisioni più importanti.
(20) I Love Lucy, sit-com degli anni ’50 di grande successo. Nella
classifica di TV Guide dei 50 migliori spettacoli televisivi di tutti i
tempi è al secondo posto. Alcuni episodi andarono in onda anche in
Italia nel 1960 (titolo nostrano della serie, Lucy ed io).
(21) PBS è un network americano senza pubblicità (si regge grazie a
donazioni di privati e organizzazioni i cui nomi vengono riportati
all’inizio di ogni programma). Il palinsesto comprende documentari di
vario genere e programmi educativi per bambini.
(22) Il film era In Harm’s Way, di Otto Preminger (titolo italiano,
Prima vittoria). L’incontro con John Wayne sul quel set è raccontato
anche in Chronicles Volume 1. L’ex girlfriend era Bonnie Beecher, amica
di Dylan dai tempi di Minneapolis. In realtà le riprese del film
avvennero nell’estate 1964 (il film uscì l’anno dopo), non nel 1966 come
suggerito dall’intervistatore.
(23) La registrò nel febbraio 1973, durante le session per la colonna
sonora di Pat Garrett and Billy The Kid. Si trova su diversi bootleg con
il titolo di “Rock Me, Mama”.
(24) Trilogy è un album di Frank Sinatra uscito nel 1980 e composto da 3
LP a tema: The Past, The Present, The Future.
(25) Dylan cita una frase di “You Got to My Head”: The thrill of the
thought that you might give a thought to my plea.
(26) Cita una frase di “These Foolish Things”: The stumbling words that
told you what my heart meant.
(27) Cita una frase di “It Gets Lonely Early”: When you’re all alone,
all the children grown, and, like starlings, flown away.
Venerdì 7
Aprile 2017
Copenhagen, Denmark - Opera House, April
6, 2017
1. Things Have Changed (Bob on piano)
2. To Ramona (Bob on piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob on piano)
4. Beyond Here Lies Nothin'
5. Why Try To Change Me Now (Bob center stage)
6. Pay In Blood (Bob on piano)
7. Melancholy Mood (Bob center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob on piano)
9. Love Sick (Bob center stage) >
10. Tangled Up In Blue (Bob center stage then piano)
11. Early Roman Kings (Bob on piano)
12. Spirit On The Water (Bob on piano)
13. Scarlet Town (Bob center stage)
14. All Or Nothing At All (Bob center stage)
15. Desolation Row (Bob on piano)
16. Soon After Midnight (Bob on piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)
(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob on piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob on piano)
Ciao Mr Tambourine,
ho appena letto l'articolo del Dott. Carrera a riguardo di "Triplicate"
un disco che comperero' il prima possibile.
Vorrei però scrivere la mia a riguardo della foto che ti ha intristito.
In primis ritengo che l'opera di un artista particolarmente di chi
scrive in rima sia speculare al proprio carattere. A me Dylan è piaciuto
non appena sono venuto a contatto con i suoi dischi per l'originalità,
la diversità delle sue canzoni per le immagini che ha saputo regalare, i
finali non scontati, i suoi versi criptici, la sua voce diversa strana,
fuori dal consueto. Pensare che un artista così diverso nella sua vita
sociale risponda ai canoni consueti di comportamento sociale mi pare
impensabile. Lui come tutti i grandi artisti è in gran parte quel che ha
scritto, fatto, rifatto, riarrangiato e pensare che un'arte così
particolare risponda ad un uomo che dice "Buongiorno, Buonasera, che
brutto tempo oggi, non vedo l'ora di andare a Stoccolma a parlare con i
giornalisti, magari passando dall'Italia per una intervista con Fabio
Fazio ( uah uah uah) " mi pare molto difficile.
In secondo luogo stare al mondo nell'agone dello star system negli Stati
Uniti è affare complicato. Non voglio farti l'elenco di tutti coloro che
hanno lasciato molto prima del tempo da Morrison passando per Elvis,
l'America brucia dà alla testa non è come essere famosi in Italia. Il
successo in America è totale, diventa adorazione, e in molti hanno
reagito con eccessi sentendosi ormai fuori dal mondo reale. Ascolta bene
il pubblico di Before the Flood, la tournée con The Band,che a oggi è
ancora la più grande della storia degli States ( 22 milioni di contatti
telefonici per accreditarsi, sei milioni di accrediti, cifre da sballo
in epoche in cui internet era ufologia) ascolta il visibilio, a distanza
di 40 anni vengono i brividi ancora oggi tale l'attesa e il trasporto
che si percepisce.
Arrivare vivi a 76 anni è stata l'impresa di Dylan e il prezzo da pagare
è stato quello di essere come morto... Può piacere o meno ma è così.
Ho appena terminato di leggere La valle dell'Eden di Steinbeck un
prezioso spaccato di America dei primi vent'anni del secolo scorso libri
come hai scritto poco tempo fa da leggere e rileggere.
Ciao!!!,!!!
Caro Andrea, la tua è la stessa mia impressione, forse io non sono
stato capace di esprimerla chiaramente come te, ma la faccenda sta
proprio nei termini da te enunciati: -
Arrivare vivi a 76 anni è stata l'impresa di Dylan e il prezzo da pagare
è stato quello di essere come morto... -. Dylan sembra voler
anticipare i tempi con una specie di esorcismo perverso, l'uomo Dylan
quasi etereo come se avesse già bussato alle porte del paradiso, mentre
quello che tutto coperto cammina per andare sul palco è una specie di
controfigura, una cosa quasi irreale, la controfigura che prende il
posto del vero uomo, e poi......la grande beffa dylaniana.......ecco
apparire sul palco il Dylan artista che è immortale, ma pare che Bob
voglia in ogni modo far capire che vuol tenere le due cose separate.
Chissà se lui la pensa come noi! Live long and prosper, Mr.Tambourine,
:o)
Egregia redazione di Maggie's Farm,
volevo segnalare questa mia pubblicazione, un racconto inedito e di
fantasia che traccia un parallelismo tra l'Ottocento Russo e l'universo
dylaniano.
Ecco il link:
Ciao "Twist of Fate",
bello il tuo pesce d'aprile mascherato da mail informale, pensavi che
non ti avrei riconosciuto??? Ho letto con piacere il tuo racconto e
credo che con lo stesso feeling lo leggano i nostri amici
Maggiesfarmers. Ricordati che la Fattoria ha sempre spazio per i tuoi
bellissimi racconti! Alla prossima, un abbraccio, Mr.Tambourine, :o)
“Triplicate” di Bob Dylan è un album
imperdibile?
clicca qui
Giovedì 6
Aprile 2017
Talkin' 10087
- dinve56
Buongiorno Mr. Tambourine,
come è bella "Most of the time"! L'ho ascoltata seguendo l' itinerario
musicale di un messaggio di qualche giorno fa. Appena ho un po' di tempo
raccolgo qualche riflessione sul tema dell'amore e del tempo in alcuni
testi del Nostro. Buona giornata e lunga vita.
OK, restiamo in attesa,
live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
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Talkin' 10086
- alessandro.sottoriva
Ciao Mr. Tambourine… ancor prima che
leggessi la tua impressione (è proprio il caso di dirlo) dopo aver visto
la foto di Dylan che si avvia solitario verso il palco che lo aspetta,
ho avuto, di botto, la tua stessa sensazione. Una foto, rubata, che non
dice niente. E dice tutto. Uno, dopo averla vista, si ferma un attimo a
pensare. Uno, dopo, certe domande se le pone. “My Life in a Stolen
Moment” probabilmente, direbbe lui, (solo per citare una delle sue prime
poesie, scritta poco più che ventenne) o forse meglio ancora “Most
Likely You Go Your Way and I’ll Go Mine”. Tristemente Triste,
Malinconicamente Forte, dico, sento, io… Dylan, l’indiano Dylan, fedele
a se stesso, non si smentisce, una percorso e una scelta di vita
cercata, voluta, usata ed abusata che piano piano gli presenta il conto
e che lui non vuole pagare negandosi, oscurandosi, annullandosi a tutto
e a tutti.. Il maledetto prezzo del successo, appunto. Quello che sento
io, il messaggio che mi arriva da questa foto, sono le parole, le sue,
del pezzo finale della It’s All Over Now Baby Blue…” lasciati dietro i
gradini che hai salito, qualcosa ti sta chiamando, dimentica i morti che
hai abbandonato, non ti seguiranno, il vagabondo che bussa alla tua
porta ha indosso i vestiti che portavi una volta, accendi un altro
fiammifero comincia daccapo, ed è tutto finito adesso Baby Blue..” Credo
che mai come queste parole siano le più appropriate per esprimere al
meglio la foto, il suo, da lui voluto rituale che si ripete in ogni
tour, ad ogni tappa, ad ogni concerto. Uno pensa a un Re Mida, Uno che
possa avere tutto e tutti, ma forse, in fondo, la triste verità che
traspare dalla foto, è che sono più ricchi e appagati due vecchi
sconosciuti che si incontrano in un osteria (semmai ne esistano ancora)
parlando seduti davanti ad un bicchiere di rosso.. pur non avendo
niente. Dylan, l’ha capito da un pezzo. L’aveva già capito fin
dall’inizio, sul piedistallo non ci voleva stare. Per concludere, Mr.
Tambourine, la mia visione desolata di questa foto, mi ha ricordato e la
associo ad una che avevo visto in uno dei libri comperato tanti tanti
anni fa, tutto in inglese, all’inizio della mia folgorazione Dylaniana.
Dopo poche pagine dall’inizio, ce n’è una completamente nera. Nel mezzo,
al centro, in piccolo, sta scritto ‘It’s always lonely where I am’ (Bob
Dylan, 1965) . Non aggiungo altro… Ciao, alla prossima, Ale’65.
Io credo che Dylan
sapesse perfettamente a cosa andava incontro visto lo smisurato (e
meritato) successo che gli capitò tra capo e collo a metà anni '60,
l'esperienza ed il destino di Edie/Miss Lonely la descrisse lucidamente
in Like a Rolling Stone, quindi aveva già capito fin da allora che il
successo può travolgerti fino ad isolarti o ucciderti. L'alternativa era
la prigione dorata nella quale vive da anni, il ripudio della sua
immagine umana, l'esigenza di celarsi per forza sotto uno stupido
cappuccio che non ti difenderà mai da niente, un cappuccio che ti isola
dal mondo facendoti sentire il peso della solitudine mentale. Ci sono
altre foto di Stoccolma di Bob che si reca al soundcheck in compagnia
del suo fedele bodyguard Barron nelle quali l'impressione non cambia,
Dylan sembra essere sempre tristemente solo anche quando intorno a lui
ci sono altre persone (vedi foto sotto). La stessa impressione l'ho
avuta quando lo vidi l'ultima volta a Milano agli Arcimboldi, era sul
palco circondato dalla sua band ma sembrava essere in un mondo diverso
dai suoi musicisti, niente mi dava l'idea che fosse in qualche modo
legato a quegli uomini che passano ore ed ore a suonare con lui,
sembravano più donne di servizio che non vedi e non ti accorgi di loro
anche se ti girano attorno mentre puliscono la casa. Mi vengono in mente
le parole di All Along The Warchtower, nella quale sembra che Robert
Zimmerman stia avvertendo Bob Dylan di un mortale pericolo:
"Dev' esserci una via
d'uscita", (Bob si chiede quale sia il rimedio alla sua situazione)
disse il giullare al ladro, (si dicono i due volti della stessa
medaglia)
"C'è troppa confusione,
non riesco a trovare sollievo. (nel mondo caotico del successo)
Uomini d'affari bevono il mio vino, (riferito ad Albert Grossman allora
manager di Bob)
contadini arano la mia terra, (gente che si impossessa dei suoi beni
alle sue spalle)
nessuno di loro fin dal principio
sa quale sia il valore di ciò" (quasi nessuno ha le idee chiare)
"Non c'è motivo di allarmarsi",
disse il ladro gentilmente ( disse un Bob all'altro)
"Ci sono molti qui tra di noi
che pensano che la vita sia solo un gioco. (sembra un interrogativo più
che una constatazione)
Ma tu ed io sappiamo tutto ciò
e non è questo il nostro destino,
perciò, basta parlare in maniera falsa adesso, (smettiamola di prenderci
in giro, sappiamo quale è la realtà)
l'ora è tarda." (ormai è tardi per tirarsi indietro, il destino si deve
compiere)
Lungo le torri di
guardia,
prìncipi osservavano (coloro che controllano tutto stanno a guardare
senza capire)
mentre tutte le donne andavano e venivano (la gente spaventata corre
senza sapere dove andare)
anche i servitori scalzi. (i servi cercano di seguire i loro padroni)
Fuori, in lontananza,
un puma ringhiò, (lontano nel buio un urlo agghiacciante)
due cavalieri si stavano avvicinando, (due cavalieri dell'apocalisse
stavano arrivando)
il vento cominciò ad ululare. (il vento urlava al loro passaggio)
Quest'ultima strofa è
terrificante, perchè descrive in poche righe il giorno del giudizio,
quando ogni persona dovrà presentarsi a rendere conto del proprio
operato per essere giudicato dal Creatore. Probabilmente Dylan aveva
capito che la giovinezza è solo una breve fase di passagio, come
l'estate che lascerà il posto all'inverno, così la vita dovrà lasciare
il posto al suo alter ego la morte. Dylan ha sperimentato questa verità
vedendo moltissimi dei suoi amici finire la loro vita in maniera
tragica, travolti da cose più grandi di loro, cose che non hanno saputo
controllare, cose che erano impreparati ad affrontare, e alla fine c'era
solo la scomparsa da questo mondo che scriveva la parola fine alle loro
gioie ed ai loro dolori. Sembra che Dylan stia vivendo sulla sua Torre
di Guardia cecando di evitare ciò che accadrà inevitabilmente anche se
sa benissimo che niente è eterno, nemmeno un genio come lui potrà
sottrarsi al destino inesorabile del tempo che tutto cancella. Credo che
Dylan si renda conto della sua avanzata età e stia cercando di rimandare
il più possibile quel momento, cercando di autoconvincersi di aver fatto
un patto con l'Altissimo (come dichiarò nell'ultima intervista
rilasciata). Non credo che lui abbia paura, ma anch'io provo in un certo
senso quelle sensazioni, quando mi guardo allo specchio vedo i segni che
il tempo ha lasciato sul mio viso e sul mio corpo, e so che il processo
è irreversibile, la differenza è che io per trovare un pò di
tranquillità non ho bisogno di dovermi nascondere, pochissime persone si
interessano di me, a me non serve il cappuccio sulla testa, io posso
andare al supermercato quando voglio, posso stare ore ed ore a leggere
tutte le stupide etichette dei prodotti esposti che nessuno mi
importunerà mai. Per Bob questo non è più possibile da oltre
cinquant'anni, quindi la sua realtà, rispetto alla mia, è diversa,
distorta, lui che può quasi tutto non può permettersi come me l'idiozia
di stare a leggere le etichette. Spero di non essere stato confusionario
e di aver fatto capire cosa intendevo. Live long and prosper,
Mr.Tambourine, :o)
Grazie Mr. Tambourine per la traduzione del testo e per il tuo
bellissimo commento. E' bene che poesie come queste siano sul sito, che
siano fruibili, poichè - così credo - sono un balsamo per lo spirito e
una sferzata di lucidità per la mente. "Il più delle volte sono
abbastanza forte da non odiare"... "il più delle volte non corro a
nascondermi dai miei sentimenti che sono sepolti dentro / non faccio
compromessi e non fingo...". Il fascino del testo poetico è, in buona
parte, costruito sull'ellissi e cioè sul silenzio circa i sentimenti del
poeta le "altre volte". La tua risposta spiega in modo convincente che
il tema della poesia è la capacità di guardare in faccia la realtà e di
vivere ugualmente, senza la donna amata, ma anche l'impossibilità di non
pensare più al fatto che l'amore esiste, spesso ingannevole e fugace, ma
presente nella vita di tutti. Consoliamoci da questa poesia lucidamente
elegiaca pensando a "Emotionally yours", che canta il magico momento
dell'amore pienamente vissuto. Mai letta e ascoltata filastrocca più
dolce e tenera. Mi ricorda "Da mi basia mille, dein centum, dein altera
milia..." (sto citando a memoria perchè non ho sotto mano il liber
catulliano). Gli accademici di Svezia hanno detto che Bob è molto
gentile, scorbutico, come capita all'albatro quando atterra sul ponte
della nave. Grazie!!! Lunga vita. Carla
Cara Carla, la famosa
frase che descrive l'iperbole del bacio, tratta dal Carme 5 del liber
Catulliano è questa:
Da mi basia mille,
deinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum,
deinde usque altera mille, deinde centum;
dein, cum milia multa fecerīmus,
conturbabimus illa, ne sciamus,
aut ne quis malus invidere possit,
cum tantum sciat esse basiorum. »
(Dammi mille baci, poi
cento,
poi ancora mille, poi di nuovo cento,
poi senza smettere altri mille, poi cento;
poi, quando ce ne saremo date molte migliaia,
li mescoleremo, per non sapere (il loro numero)
e perché nessun malvagio ci possa guardare male,
sapendo che ci siamo dati tanti baci)
Ottimo l'abbinamento con "Emotionally yours", :
Come baby, shake me,
come baby, take me, I would be satisfied.
Come baby, hold me, come baby, help me, my arms are open wide.
I could be unraveling wherever I'm traveling, even to foreign shores.
But I will always be emotionally yours.
(Vieni bambina,
scuotimi, vieni bambina, prendimi sarò soddisfatto
Vieni bambina, abbracciami, vieni bambina, aiutami le mie braccia sono
spalancate
Potrò districarmi in qualsiasi posto andrò, persino su spiagge straniere
Ma sarò sempre emozionalmente tuo)
che narra con altre
parole lo stesso concetto e sentimento. Live long and prosper,
Mr.Tambourine, :o)
1. Things Have Changed (Bob on piano)
2. To Ramona (Bob on piano)
3. Highway 61 Revisited (Bob on piano)
4. Beyond Here Lies Nothin'
5. Why Try To Change Me Now (Bob center
stage)
6. Early Roman Kings (Bob on piano)
7. Melancholy Mood (Bob center stage)
8. Duquesne Whistle (Bob on piano)
9. Love Sick (Bob center stage)
10. Tangled Up In Blue (Bob center stage then piano)
11. Pay In Blood (Bob on piano)
12. Spirit On The Water (Bob on piano)
13. Scarlet Town (Bob center stage)
14. All Or Nothing At All (Bob center
stage)
15. Desolation Row (Bob on piano)
16. Soon After Midnight (Bob on piano)
17. That Old Black Magic (Bob center stage)
18. Long And Wasted Years (Bob center stage)
19. Autumn Leaves (Bob center stage)
(encore)
20. Blowin' In The Wind (Bob on piano)
21. Ballad Of A Thin Man (Bob on piano)
Io penso che Bob Dylan deve già essere di
suo una persona molto introversa altrimenti non sarebbe così bravo con
le parole scritte e penso che lui, quando non è sul palco e non sta
nemmeno facendo un'intervista in qualche studio televisivo
vorrebbe avere almeno la stessa libertà che hanno o dovrebbero avere
tutti gli individui quando non sono nell'esercizio delle loro funzioni.
Vorrebbe poter passeggiare e guardare dove vuole senza che nessuno gli
si pari davanti perchè l'ha riconosciuto, oppure entrare in un panificio
e aspettare il suo turno nell'indifferenza di chi gli sta intorno, o
stare seduto in un bar a bere qualcosa ignorato da tutti senza che
qualcuno stia li a fissarlo o fotografarlo o fargli domande sul suo
lavoro, o dirgli quanto gli piace questa o quella canzone o perchè non
fa quell'altra.
Provate a immaginare se ogni volta che uscite di casa più persone si
avvicinassero a voi per fare tutte queste cose
come vi sentireste dopo solo qualche giorno ?
Tutti vogliono una sua parola o un pezzetto della sua popolarità o far
parte della sua vita anche per un solo istante, toccandolo o dicendogli
qualcosa, o farlo sentire una divinità pensando che a lui possa fare
piacere e così facendo ''E' come se mi uccidessero'' disse in
un'intervista negli anni '80.
Vista l'impossibilità di avere questa libertà lui se la prende
nell'unico modo possibile che gli è rimasto e cioè nascondendosi con un
cappuccio, quando può, alla vista di tutti noi nei momenti in cui
dovrebbe poter essere lasciato a se stesso con i suoi pensieri.
Ma essere liberi perchè ci si nasconde agli occhi degli altri non ti fa
sentire libero, non è la stessa cosa, crea malesseri interiori,
sofferenze che si accumulano negli anni fino ad arrivare mentre si
cammina in un parco a desiderare di cambiare la propria vita con quella
di una qualsiasi delle persone che si vedono camminare intorno come ha
scritto in Time out of mind.
Tutto questo poi va ad influire inevitabilmente anche sul suo
comportamento sul palco e cioè parla poco o niente, non vuole foto ed è
indifferente alle reazioni del pubblico.
Qualcuno però dirà che questo è il giusto prezzo da pagare per tanta
fama e tanti soldi che guadagna, che farsi pedinare, toccare,
fotografare e rispondere a domande per la strada faccia parte di quei
piccoli doveri a cui una grande stella del rock non si deve mai
sottrarre.
In realtà a noi dovrebbero bastare i suoi dischi, tutte le canzoni che
ha scritto, le interviste che ha dato e tutti i concerti che fa ogni
anno e noi abbiamo la fortuna di poter ascoltare anche senza aver pagato
il biglietto.
Se tutto questo non ci basta c'è qualcosa che non va in noi non in lui
perchè vuol dire che noi non vogliamo da Dylan solo la sua arte ma
vogliamo molto di più, vogliamo la sua persona, la sua anima.
Ora mi fermo qui perchè chi non capisce questo suo problema dovrebbe
solo provare ad essere uno come lui per una settimana.
Agli altri che sono d'accordo con me faccio una domanda:
Voi come vi comportereste se vedeste Bob Dylan camminare sul vostro
stesso marciapiede in direzione opposta alla vostra?
Lo so, non è così semplice, io stesso dopo tutte queste parole non sono
certo di quello che farei, quindi per essere sicuro di non ferirlo spero
che non mi capiti mai, anzi no, non lo so nemmeno io cosa sperare.
Infine, a quelli che sono d'accordo con me ma che sperano comunque di
incontrarlo un giorno dico questo:
se vi capita di vederlo per strada che per caso vi sta venendo incontro,
fategli un regalo bellissimo: IGNORATELO,
ve ne sarà grato di certo e magari vi fermerà lui e con un bellissimo
sorriso vi chiederà una sigaretta.
Ciao.
Grazie per la tua
opinione caro newmorning, il tuo pensiero è certamente facilmente
condivisibile, ma ti giuro che nessuno di noi, incontrando Bob di
persona, saprebbe che tipo di reazione o comportamento potrebbe avere,
se sarebbe capace di controllarsi ed ignorarlo. Io ho avuto la fortuna
di averlo seduto di fianco a me sulle gradinate dell'arena di Milano che
guardava come me lo parte dello show che vedeva protagonisti Tom Petty
con gli Heartbreakers e con Roger McGuinn. Ero talmente preso dalla
musica, da Petty e da McGuinn di non essermi accorto di aver avuto Bob
Dylan seduto a dieci centimentri da me. Lo riconobbi solo quando si alzo
per tornare dietro al palco perchè di lì a poco sarebbe toccato a lui,
naturalmente portava cappuccio, cappellino ed occhiali scuri. Ma forse è
stato meglio così, forse avrei fatto la figura del solito fan morto di
fame, forse l'avrei innervosito ma non avrei rischiato niente perchè era
solo, il buon fido Barron in quella mezz'ora non era con lui. Live long
and propser, Mr.Tambourine, :o)
Troppo spesso, anche su queste pagine, si
é parlato della "rivalità" fra Dylan e Cohen...che rivali non erano.
Qualcosa di discutibile lo hanno scritto entrambi, probabilmente...ma
per fortuna hanno scritto tutti e due cose grandi; e questo é capitato
tante di quelle volte che...é assurdo chiedersi chi fosse più grande.
Abbiamo avuto la fortuna di scegliere, questo é il bello...e spesso
abbiamo scelto entrambi, ovviamente. Ho notato una cosa fastidiosa:
Cohen non ha il sito italiano che meriterebbe: non ha un Maggie's Farm,
per intenderci. Esiste un sito italiano di Cohen ma con le traduzioni
sono ancora indietro. Arcana edizioni ha pubblicato la raccolta completa
dei testi commentati di L.C.; il problema é che si tratta di stralci e
non di canzoni complete. Non é proprio possibile che in Italia non ci
sia uno studio critico valido (su carta o in internet) del più grande di
tutti insieme a Bob. Io li ho sempre visti come le due facce della
stessa medaglia: Dylan arriva alla poesia attraverso la chitarra,
Leonard arriva alla chitarra attraverso la poesia. la mia preghiera al
prof Carrera: prenda in mano la situazione! Con il terzo volume
Feltrinelli delle lyrics il suo lavoro su Dylan é finito...sarebbe bello
avere un Leonard Cohen Lyrics 1967-2016!
Io non ricordo di
avewr mai scritto qualcosa che considerasse Dylan e Cohen rivali! Li ho
sempre considerati entrambi validissimissimi, è noto che tra loro si
stimavano moltissimo, tanto che Dylan cantò "Hallelujah" di Cohen dal
vivo anche se non l'ha mai incisa, inoltre esiste il brano DON'T GO HOME
WITH YOUR HARD-ON
eseguito da Bob Dylan
insieme a Leonard Cohen, Billy Diez e Allen Ginsberg ai Gold Star
Recording Studios di Los Angeles, California, nel Marzo 1977. Pubblicata
sull'album "Leonard Cohen: Death Of A Ladies' Man" (Warner Bros. 1977,
Columbia 1988)
Può darsi che abbia
linkato qualche articolo che parlava di rivalità fra i due, non ricordo,
comunque non condivido tutto quello che linko, lo faccio per dovere di
cronaca anche se non sono d'accordo.
Personalmente ho avuto
la fortina di vedere Cohen accompagnato da Judy Collins nel 1970 in una
notte da sogno, mi colpì profondamente anche se era la ptima volta che
lo vedevo. Però, a mio parere, tra Cohen e Dylan c'è un gradino, Cohen
sembra essere più personale ed intimista, Dylan più totale.
Spero che il Prof.
Carrera legga questa tua preghiera di tradurre Cohen, ma temo che sarà
molto difficile, live long and propser, Mr.Tambourine, :o)
Martedì 4
Aprile 2017
l’Unità -
Domenica, 2 Aprile 2017
Il letterato Dylan ritira il Nobel
di Alessandro Carrera
Finalmente va dall’Accademia di
Stoccolma.
Nell’album “Triplicate”rilegge i classici
per creare il paradiso perduto della canzone
Non canterà mai come Frank Sinatra o Bille
Holiday, può
perfino steccare: è che Bob vuole portare la folksong dove
non è mai stata.
Mentre Dylan è a Stoccolma a ricevere in forma privata il Nobel per la
letteratura, esce Triplicate , la sua ultima raccolta di
standards: tre Cd, dieci canzoni per album, con la brevità e concisione
che avevano i vinili di una volta. Lasciamo perdere
la coincidenza e concentriamoci sull’opera. Si tratta di una grande
affermazione artistica o della caduta definitiva nell’abisso
dell’autoindulgenza? Di un pensoso omaggio a un’arte del comporre
canzoni o del nonno che fa karaoke ascoltando
la sua collezione di Sinatra? Sono sicuro che gli ascoltatori di
Triplicate oscilleranno fra i due estremi di giudizio. È stata anche la
mia reazione al primo ascolto. Avevo capito quello che Dylan stava
cercando di dire, con questo suo amore senile per la grande canzone
americana, o volevo solo dargli ragione un’altra volta, passando sopra
ai limiti che come cantante ha sempre avuto e che oggi mostra ancora di
più? Questa trilogia/pentalogia di omaggi al passato, composta da
"Shadows in the Night" (2015), "Fallen Angels" ( 2016), e ora da questo
"Triplicate" che presumibilmente la conclude, è un risultato che le
generazioni del futuro avranno davvero voglia di ascoltare, così come
ascolteranno ancora Highway 61 Revisited e Blood On the Tracks? O
magari, passato il momento di simpatia per un artista che ormai non è
tanto vecchio quanto antico, più
antico del mondo in cui si muove, questi dischi verranno messi da parte
come innocue nostalgie, così come accadrà ai generosi tentativi di
pittura con i quali, da qualche tempo in qua, Dylan affligge le gallerie
d’arte di mezzo mondo?
Bob non merita astio né indulgenza
Dylan non merita né astio né
indulgenza. Non ha mai evitato il primo e non ha mai chiesto la seconda.
"Triplicate" è l’ultima sfida che ci ha lanciato, e se la vogliamo
raccogliere dobbiamo porci al livello che la sfida stessa impone.
"Triplicate" non è tanto un concept album quanto pura arte concettuale,
in cui le intenzioni sono più pregnanti del risultato, la strategia è
più importante della vittoria e la mappa è più importante del
territorio. Nel suo "La repubblica invisibile" (1997), Greil Marcus
aveva avanzato l’ipotesi che le folksong americane più oscure e
inclassificabili, il cui spirito Dylan & The Band avevano
miracolosamente colto nei loro Basement Tapes del 1967, fornivano un
commento al senso degli Stati Uniti tanto profondo quanto una pagina di
R. W. Emerson o di Melville. Una rete di folksong teneva insieme la res
publica americana così come oggi, si potrebbe dire, i popoli sono tenuti
insieme più dal web che da qualunque istituzione. Se diamo ragione a
Marcus, allora dobbiamo dire che con le sue recenti esplorazioni della
popular song “storica”, Dylan ha aggiunto un altro stato agli Stati
Uniti. Uno stato non segnato da nessuna carta geografica, invisibile ma
non inudibile, perché il canto di Dylan, anche quando è inadeguato,
riesce sempre a puntare l’attenzione dell’ascoltatore verso l’utopia
irrealizzata che queste canzoni rappresentavano, verso ciò che loro
stesse, i loro esecutori e il loro pubblico avrebbero dovuto essere e
non sono stati. Il “grande esperimento americano”, come lo chiamava
Alexis de Tocqueville, passa anche per queste canzoni scritte per lo più
da figli di immigrati cresciuti ascoltando i suoni della strada e
cadenzando i passi sui ritmi dell’ultimo ballo di moda. Così come Dylan
le canta, e per come ha voluto arrangiarle, con il suo gruppo dal suono
pre-rock dolcissimamente rafforzato da una sezione di fiati diretta da
James Harper, queste canzoni non ci sono mai state. Sono nate dall’idea
che Dylan se ne è fatto.
Ora che il coyote ha imparato a
ululare
Anche quando era giovane e la sua
emissione era ferma, precisa e tagliente, la voce di Dylan veniva
regolarmente paragonata a quella di un coyote con un piede in una
tagliola (tralascio paragoni ancora più animaleschi e se possibile più
ingenerosi). Ebbene, ora il che il coyote ha imparato a ululare Stormy
Weather, As Time Goes By e Stardust , ha compiuto
l’impresa di portarle con sé nella prateria e di lasciarle nude sotto il
cielo stellato, regalando loro quel vento freddo e pungente, quello
spazio d’incertezza metafisica che le esecuzioni troppo perfette gli
negano.
È ovvio che nessuno canterà mai September of My Years come Frank Sinatra
e che nessuno canterà mai These Foolish Things come Billie Holiday, ma è
anche vero che nessuno canterà mai The Best Is Yet to Come (la mia
preferita) al modo di Dylan. Proprio in questa canzone, che Sinatra
aveva scelto come testamento (è l’ultima che ha cantato in pubblico, e
il titolo sta inciso sulla sua tomba), Dylan riesce a cogliere una sorta
di sovranità istantanea. Possiede la canzone come un regnante che non ha
desiderio di espandere il suo dominio. Quello che ha è forse poco, ma
l’ha conquistato a caro prezzo. Se le tre parti di Triplicate hanno una
storia da raccontare, è proprio la conquista di un territorio che non ha
nulla in comune con la colonizzazione.
Le canzoni rimangono libere di incarnarsi altrove, ma la voce di Dylan
ha inciso in loro una tacca, un segno sul cammino del
quale i viaggiatori futuri dovranno tenere conto. Il progetto di
"Triplicate" sta in questo pellegrinaggio verso la forma platonica della
canzone. La prima canzone, Guess I’ll Have to Change My Plans, è ancora
incerta. Nella seconda, September of My Years , Dylan attinge al suo
timbro più che alla sua voce. La profondità del suo sound personale
supplisce alla timidezza nell’affrontare un brano così impegnativo. Ma
per chi lo vuole accompagnare ci sono sorprese in attesa per via, e
soprattutto un sempre maggiore senso di fiducia. Arrivati al terzo
disco, non si riesce più a sollevare obiezioni, ancora una volta ha
vinto lui. Sono rassicuranti perfino le stecche.
L’intero triplo album funziona come un’unica canzone (i cambiamenti di
tempo sono rari, e il lento prevale), un domino di frammenti accostati.
Come per tutte le voci non “educate”, il problema di Dylan è il legato,
certamente aggravato dall’età.
Dove deve operare le transizioni più sottili dobbiamo estendergli un
supplemento di comprensione. Ma dove la melodia
è più strettamente sillabica, dove insomma è più vicina ai modelli del
corale religioso o della ballata folk, Dylan non
fallisce mai. E non solo perché il canto sillabico è più facile, ma
perché realizza l’obiettivo, che non è quello, per dire, di
cantare bene Sentimental Journey. Harry Connick jr. lo può fare meglio
di lui. No, l’obiettivo di Dylan è la repubblica della canzone, il
paradiso perduto dove Woody Guthrie e Johnny Cash potrebbero stonare
eroicamente le melodie di Irving Berlin, di Hoagy Carmichael e di Jimmy
Van Heusen, mentre Louis Armstrong e Frank Sinatra avrebbero la
possibilità di trasformare "This Land Is Your Land" o "I Walk the Line"
in esercizi di gioioso modernismo. Altri ci hanno provato: Willie Nelson
con "Stardust" (1978) e Joni Mitchell con "Both Sides Now" (2000), ma ci
voleva Dylan per confermare che l’ultimo progetto rimasto alla canzone è
quello di tornare dove non è mai stata.
Alessandro Carrera, Direttore degli studi italiani all’università di
Houston, Texas
Nota di Mr.Tambourine: Un sentitissimo grazie al Prof. Alessandro
Carrera per aver avuto la gentilezza e la simpatia di condividere questo
suo interessantissimo saggio con i lettori di Maggie's Farm.
Grazie per la
segnalazione Marina, articolo ben fatto ed interessantissimo, Marco
Zoppas, l'autore dell'articolo, dimostra di saper come si usa la penna
stilografica! Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Ciao a
tutti,
è un pezzo che non vi scrivo, mi permetto di dissentire sulla
"tristezza" della foto del nostro a Stoccolma, mi sembra invece che la
foto e un pò tutta la vicenda Nobel sia stata solo l'ennesima
dimostrazione di coerenza di Dylan nei confronti del pubblico e dei
media.
Penso che dopo la morte di John Lennon (generoso con gli autografi e
sempre in mezzo alla gente) Dylan si sia costruito una fortezza attorno
a se, invalicabile, lo disse esplicitamente anche in un'intervista.
Per quanto riguarda la vita "solo" sul palco anche questo fatto lo aveva
preannunciato già molti anni fà, dicendo una frase del tipo "... se
volete trovarmi a 90 anni, cercatemi sopra un palco" o una cosa del
genere, il tour in corso è iniziato nel giugno del 1988 e siamo nel
2017, l'anno prossimo sono 30 anni che è sulla strada.... un' uomo di
parola direi.
Su tutto il tira e molla del Nobel ho pensato a tutti i catastrofici
precedenti dei premi assegnati a Dylan, l'ultimo della serie la Medal of
Freedom presa senza togliersi gli occhiali da sole ed invitato
energicamente ad alzarsi dalla sedia da Obama al momento
dell'assegnazione, per non parlare della mega-sbronza che aveva ai
Grammy del 1991, agli Oscar del 2001 ha preferito un collegamento via
satellite e via discorrendo nella storia......... Dylan non è mai stato
fatto per queste cose, ho scommesso che non sarebbe andato a Stoccolma a
ritirare il premio, ed ho vinto.....Grande Bob, non toglierti mai il
cappuccio !!
Ciao Maurizio, sono
d'accordo con te che dopo la storia di Lennon Bob abbia voluto costruire
attorno a se una fortezza inespunabile, lo capisco e lo giustifico.
Continuo a non capire, e lo ribadisco, questa assurda pretesa che
nessuno gli faccia fotografie ai concerti o che negli alberghi nessuno
gli rivolga la parola. Non è normale, anche se è capibilissimo per un
sacco di ragioni, che un uomo viva come un non-uomo, sempre nascosto
agli occhi di tutti, un uomo che manda sul palco uno dei tanti
personaggi che la sua fantasia e la sua arte hanno creato nel tempo.
Permettimi di capirlo ma di non condividerlo. A me quella foto mi ha
messo addosso tristezza e malinconia, che ci devo fare, quello è ciò che
ho provato e quello è ciò che ho scritto. Son contento che tu abbia
risposto al mio appello di commentare quella foto, almeno ora ho la
certezza che quell'effetto non è generale, altre persone la pensano
diversamente da me, e questo è bene. Grazie ancora per aver espresso il
tuo parere, live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Buongiorno Mr.
Tambourine,
mi associo alle opinioni positive sul tuo operato nella gestione del
sito; frequentarlo consente di scambiare libere opinioni con
altri, di arricchire le proprie conoscenze e affinare la propria
sensibilità. Mario si chiede come potrebbe essere l'Italia se
assomigliasse un po' alla Farm... sicuramente il nostro Paese e la
politica in generale avrebbero bisogno di maggior libertà e serietà nel
dibattito su tutte le questioni. Ascoltare e capire gli altri è la vera
libertà e la Farm è un luogo in cui ho ascoltato e sono stata ascoltata
e questa è una buona esperienza, certo facilitata da una sensibilità
comune relativa al significato dell'opera dylaniana. A proposito, ho
apprezzato le varianti di "simple twist of fate" fornite da
Miscio...quando gli sarà passato l'abbiocco, è troppo chiedergli di
terminare la sua riflessione e dare qualche spunto per i temi di "Up to
me" e "Tangled up in blue"? Ci sto lavorando, ma la sua intuizione sulla
strofa finale (la dodicesima!) di "Up to me" mi fa pensare che abbia
qualche altra verità da svelare. A presto, spero. Lunga vita. Carla.
Alla domanda di Mario è
semplicissimo rispondere: ci vuole solo molta, ma molta più serietà!
Invece speriamo che a Miscio passi in fretta l'abbiocco e soddisfi i
tuoi desiderata, che, tra l'altro, sono domande interessanti che ben si
prestrano ad un miscio/commento. Live long and prosper, Mr.Tambourine,
:o)
Lunedì 3
Aprile 2017
Dylan fotografato a sua insaputa
all'entrata del Waterfront
Ecco Bob, già vestito per
lo spettacolo (notare i pantaloni con il filetto giallo ai bordi)
entrare dal retropalco del waterfront accompagnato da una persona che
potrebbe essere un'assistente del suo staff o una segretaria personale.
La foto è tristissima, è il ritratto di un uomo che per qualche motivo
non vuole esistere se non sul palco. A me ha fatto questo effetto, credo
di aver provato una profonda amarezza per il grande artista che si
impone di vivere in questo modo. Vorrei sentire l'opinione di altri
amici della Fattoria su questa foto rubata ad un uomo che è terrorizzato
se qualcuno gli fa una fotografia, proprio come i pellerossa che
credevano che se qualcuno scattava loro una foto gli rubava anche
l'anima.
La Segretaria Permanente dell'Accademia svedese Sara
Danius entra al concerto di Bob Dylan al Waterfront di Stoccolma Sabato
1 aprile 2017. (Johan Nilsson / TT via AP)
Bob Dylan ha finalmente ritirato il suo
diploma per il premio Nobel per la letteratura e la relativa medaglia.
Klas Ostergren, un membro dell'Accademia svedese, ha detto il 75enne
cantautore americano ha ricevuto il suo premio durante una piccola
riunione Sabato pomeriggio in un albergo vicino al centro conferenze
dove Dylan avrebbe dovuto tenere un concerto più tardi quella notte.
Östergren ha dichiarato all'Associated Press che la cerimonia è stata un
piccolo e intimo evento in linea con i desideri del cantante. Alla
piccola cerimonia erano presenti solo pochi membri dell' Accademia
Svedese e un membro del personale di Dylan.
“E' andata molto bene”, ha detto, descrivendo Dylan come “uomo molto
gentile.”
Altri membri dell' Accademia hanno detto ai media svedesi che Dylan
sembrava compiaciuto dal premio.
Durante il suo spettacolo qualche ora più tardi, Dylan non ha fatto
alcun riferimento al premio Nobel, semplicemente ha eseguito una mix di
suoi vecchi classici con alcuni brani dai suoi album più recenti.
Ma al fine di ricevere il premio di 8 milioni di corone ( 910.000 euro),
Dylan deve tenere una conferenza entro sei mesi dal 10 dicembre, ma
l’artista ha dichiarato che non darà la sua “lectio magistralis” questo
fine settimana, ma farà una versione registrata che sarà pubblicata
prima del 10 Giugno.
Stockholm, Sweden - Stockholm
Waterfront, April 2, 2017
1. Things Have Changed
2. To Ramona
3. Highway 61 Revisited
4. Beyond Here Lies Nothin'
5. Full Moon And Empty Arms
6. Early Roman Kings
7. Melancholy Mood
8. Duquesne Whistle
9. Love Sick
10. Tangled Up In Blue
11. Pay In Blood
12. Spirit On The Water
13. Scarlet Town
14. I Could Have Told You
15. Desolation Row
16. Soon After Midnight
17. That Old Black Magic
18. Long And Wasted Years
19. Autumn Leaves
(encore)
20. Blowin' In The Wind
21. Why Try To Change Me Now
Buongiorno Mr. Tambourine,
come è bella "Most of the time"! L'ho ascoltata seguendo l'itinerario
musicale di un messaggio di qualche giorno fa. Appena ho un po' di tempo
raccolgo qualche riflessione sul tema dell'amore e del tempo in alcuni
testi del Nostro. Buona giornata e lunga vita. Carla.
Most Of The Time,
bellissima canzone che trovo molto triste e realista, l'uomo che cerca
di vivere con i piedi per terra, attento a tutte le forme della vita, ma
alla fine il pensiero di lei che se n'è andata domina più forte sopra la
sua volontà. L'atto di stare attento a tutto quella che fa e lo circonda
è solo un modo sforzato per non pèensare a lei, e lo ammette, il più
delle volte riesco a non pensare a lei, ma è un'illusione, il pensiero
va al sapore delle labbra di lei, ed il rammarico ed il rimpianto di non
ricordarne più il sapore, tanto da non essere più nemmeno sicuro se lei
sia stata con lui oppure no. La lucidità e la sincerità di clui che
canta la canzone è disarmante, non c'è arroganza, non c'è superiorità,
lei torna sempre al di sopra di tutti i modi per dimenticarla, e alla
fine l'uomo mente a se stesso dicendo: "non mi importa neanche se la
vedrò mai di nuovo". Si può vivere senza amore, anche se è difficile, ma
annullare il pensiero dell'amore dalla mente è impossibile. Credo che
questo succeda anche a noi comuni mortali, solo che Dylan riesce a
raccontarlo in modo superlativo!
IL PIU' DELLE VOLTE
parole e musica Bob Dylan
traduzione di Michele Murino e Leonardo Mazzei
Il più delle volte metto bene a fuoco tutto quello che ho intorno
Il più delle volte riesco a stare con i piedi per terra,
posso seguire il sentiero, posso capire i segnali,
tengo la destra quando la strada si fa tortuosa
riesco ad affrontare qualunque cosa mi capiti,
non mi accorgo neanche che lei se n'è andata,
il più delle volte.
Il più delle volte è tutto ben chiaro,
Il più delle volte non cambierei le cose anche se potessi,
posso far quadrare tutto, posso tenermi vivo,
posso affrontare la situazione fino in fondo
riesco a sopravvivere, a sopportare
ed anche a non pensare a lei
Il più delle volte.
Il più delle volte la mia mente è sincera
Il più delle volte sono abbastanza forte da non odiare.
Non mi costruisco illusioni fino a starci male
non sono spaventato dalla confusione, non importa quanto grande
riesco a sorridere in faccia all'umanità.
Non ricordo neanche com'era il sapore delle sue labbra sulle mie
Il più delle volte.
Il più delle volte lei non è neanche nella mia mente,
non la riconoscerei se la vedessi, è così lontana.
Il più delle volte non sono neanche sicuro
se lei è mai stata con me
o se sono mai stato con lei.
Il più delle volte sono contento a metà,
Il più delle volte so esattamente dove sono stato,
non mi prendo in giro, non corro a nascondermi,
a nascondermi dai miei sentimenti, che sono sepolti dentro,
non faccio compromessi e non fingo
e non mi importa neanche se la vedrò mai di nuovo
Il più delle volte.
"Most of the time" potrebbe rendersi anche con: "Per la maggior parte
del tempo".
Ti propongo questa
versione più movimentata dell'originale con Bob Dylan alla chitarra,
Randy Jackson basso, Kenny Aronoff alla batteria ed il grandissimo David
Lindley alla chitarra.
Dylan ha ritirato ieri sera il Diploma e la
Medaglia del Nobel
La storia infinita del premio Nobel per la letteratura a Bob Dylan è
quasi giunta al suo termine. L’ambito premio è da ieri sera nelle mani del
menestrello del rock che l’ha ritirato a Stoccolma nel corso di una
cerimonia riservatissima, svoltasi nella camera dell’hotel dove Dylan è
alloggiato per i due concerti di Stoccolma. Come già annunciato nessuna
telecamera e nessun giornalista sono stati ammessi alla cerimonia che si
è svolta in forma strettamente privata. Dylan, hanno raccontato un
componente del suo staff e alcuni membri dell’Accademia di Svezia, si è
presentato alla chetichella e ha ricevuto il diploma e la medaglia
davanti a pochi privilegiati. La cerimonia della consegna è stata di
breve durata. I primi a dare la notizia sono stati i conduttori della tv
svedese Svt. «È andata molto bene» ha detto il commentatore. Tre dei
membri dell'Accademia di Svezia che hanno partecipato alla cerimonia,
Horace Engdahl, Sture Allen e Kjell Espmark, hanno annuito quando gli
hanno chiesto se Dylan sembrava contento del premio. «Dylan è un
uomo molto gentile», ha affermato Klas Ostergren, altro membro dell’Accademia.
Il cantante-poeta-letterato, colui che portò la poesia nei Juke Boxes
come disse Ginsberg, compirà i 76 anni il prossimo 24 Maggio. Robert
Dylan ha oggi quasi scritto la parola fine a mesi di polemiche gestite
in modo principesco e con risultati ultraeccezionali dal suo staff,
infatti tutto il mondo dei media e del World Wide Web ha parlato dell'
"affaire Dylan" per quasi sette mesi. Dylan ha approfittato della tappa
a Stoccolma del suo tour per ritirare l’ambito premio. Dopo l’annuncio
dell’assegnazione del premio aveva suscitato grande scalpore il silenzio
dell’artista, che ringraziò l’Accademia con una telefonata compiuta dal
suo agente solo dopo due settimane dopo la notizia dell’assegnazione.
Dylan non fu presente nemmeno alla cerimonia ufficiale della consegna
dei Nobel a dicembre, affermando con una lettera di avere precedenti
impegni, attirandosi ancor di più le ire di alcuni membri dell’Accademia
che lo definirono maleducato ed arrogante. Ora, per poter avere il
cosidetto lieto fine, Dylan dovrà tenere la tradizionale “lectio
magistralis”, cosa che potrà essere fatta in modi diversi, molto
probabilmente con l’esecuzione di una canzone durante un concerto,
“lectio” che Dylan dovrà fare entro due mesi se vorrà ricevere il
compenso di 8 milioni di corone svedesi (circa 900mila euro). Solo dopo
tutto questo si potrà finalmente scrivere la parola “fine” e “vissero
tutti felici e contenti”.
Stockholm, Sweden - Stockholm
Waterfront, April 1, 2017
1. Things Have Changed
2. Don’t Think Twice, It’s All Right
3. Highway 61 Revisited
4. Beyond Here Lies Nothin'
5. Full Moon And Empty Arms
6. High Water (For Charley Patton)
7. Melancholy Mood
8. Duquesne Whistle
9. Love Sick
10. Tangled Up In Blue
11. Pay In Blood
12. Standing In The Doorway
13. Scarlet Town
14. I Could Have Told You
15. Desolation Row
16. Soon After Midnight
17. All Or Nothing At All
18. Long And Wasted Years
19. Autumn Leaves
(encore)
20. Blowin' In The Wind
21. Why Try To Change Me Now