Tom Petty nominato "2017 MusiCares Person
Of The Year"
Il tre volte vincitore del Grammy sarà onorato per le sue realizzazioni
creative e artista patrocinatore di opere di carità, il gala per la
consegna dei Grammy si terrà a Los Angeles il 10 febbraio 2017.
Tom Petty riceverà il “2017 MusiCares Person of the Year” a Los Angeles
Venerdì 10 Febbraio 2017, due notti prima del 59° Grammy Awards. La 27°
cena di Gala di beneficenza e il concerto forniranno un supporto
essenziale per MusiCares, che assicura agli ex-musicisti un sostegno
finanziario, medico ed esigenze personali, nel momento del bisogno.
Il tre volte vincitore di un Grammy Tom Petty è stato scelto in
riconoscimento delle sue significative realizzazioni creative, per il
suo interesse nella difesa dei diritti degli artisti e le opera di
carità che ha intrapreso nel corso della sua carriera, che si è
concentrata in particolare sulle persone senzatetto di Los Angeles.
"Tom è scoppiato nella nostra coscienza musicale e non ne è più uscito",
ha detto Neil Portnow, Presidente/CEO di The Recording Academy e
MusiCares. "Il suo marchio di rock and roll beneficia di una ribellione
celebrativa, ritmi contagiosi e testi indimenticabili che sono incisi
nella nostra immaginazione. Le sue doti artistiche accoppiate alla sua
filantropia fanno di lui un grande MusiCares Person of the year”.
"Sono davvero molto contento di essere stato nominato MusiCares Person
of the Year. Ho tanto rispetto per questa organizzazione che si
preoccupa veramente della gente nel nostro settore", ha detto Petty. "Io
stesso conosco molte persone che MusiCares ha aiutato in situazioni
disperate. Anche per questo, mi permetto di dire che questa nomina è un
vero onore."
"Tom Petty è un' icona la cui arte incomparabile ha fornito
l'ispirazione per musicisti e fans di tutto il mondo", ha detto
Alexandra Patsavas, presidente del Consiglio della fondazione MusiCares.
"E’ la persona giusta da onorare con questo tributo".
La cerimonia di omaggio del MusiCares Person of the year è uno degli
eventi più prestigiosi durante la settimana dei GRAMMY. La festa
culmierà con il 59° Grammy Awards allo Staples Center di Domenica, 12
febbraio 2017.
Giovedì 29 Settembre 2016
Bob Dylan: "The 1966 Live Recordings"
uscirà il giorno 11 Novembre
Track Listening
Disc 1 – Sydney, April 13, 1966
(Soundboard recorded by TCN 9 TV Australia)
Disc 2 – Sydney, April 13, 1966 (Soundboard recorded by TCN 9 TV
Australia)
Disc 3 – Melbourne, April 20, 1966 (Soundboard / unknown broadcast)
Disc 4 – Copenhagen, May 1, 1966 (Soundboard)
Disc 5 – Dublin, May 5, 1966 (Soundboard)
Disc 6 – Dublin, May 5, 1966 (Soundboard)
Disc 7 – Belfast, May 6, 1966 (Soundboard)
Disc 8 – Belfast, May 6, 1966 (Soundboard)
Disc 9 – Bristol, May 10, 1966 (Soundboard / audience)
Disc 10 – Bristol, May 10, 1966 (Soundboard)
Disc 11 – Cardiff, May 11, 1966 (Soundboard)
Disc 12 – Birmingham, May 12, 1966 (Soundboard)
Disc 13 – Birmingham, May 12, 1966 (Soundboard)
Disc 14 – Liverpool, May 14, 1966 (Soundboard)
Disc 15 – Leicester, May 15, 1966 (Soundboard)
Disc 16 – Leicester, May 15, 1966 (Soundboard)
Disc 17 – Sheffield, May 16, 1966 (CBS Records recording)
Disc 18 – Sheffield, May 16, 1966 (Soundboard)
Disc 19 – Manchester, May 17, 1966 (CBS Records recording)
Disc 20 – Manchester, May 17, 1966 (CBS Records recording except
Soundcheck / Soundboard)
Disc 21 – Glasgow, May 19, 1966 (Soundboard)
Disc 22 – Edinburgh, May 20, 1966 (Soundboard)
Disc 23 – Edinburgh, May 20, 1966 (Soundboard)
Disc 24 – Newcastle, May 21, 1966 (Soundboard)
Disc 25 – Newcastle, May 21, 1966 (Soundboard)
Disc 26 – Paris, May 24, 1966 (Soundboard)
Disc 27 – Paris, May 24, 1966 (Soundboard)
Disc 28 – London, May 26, 1966 (CBS Records recording)
Disc 29 – London, May 26, 1966 (CBS Records recording)
Disc 30 – London, May 27, 1966 (CBS Records recording)
Disc 31 – London, May 27, 1966 (CBS Records recordings)
Disc 32 – White Plains, NY, February 5, 1966 (Audience tape)
Disc 33 – Pittsburgh, PA, February 6, 1966 (Audience tape)
Disc 34 – Hempstead, NY, February 26, 1966 (Audience tape)
Disc 35 – Melbourne, April 19, 1966 (Audience tape)
Disc 36 – Stockholm, April 29, 1966 (Audience tape)
Il 25 Novembre esce
"The Real Royal Albert Hall 1966 Concert"
La Columbia / Legacy pubblicherà anche il
concerto di Bob Dylan alla Royal Albert Hall dal 26 maggio 1966 (due
giorni dopo il 25 compleanno dell'artista) come album intitolato “The
Real Royal Albert Hall1966 Concert”. Per decenni, il concerto di Dylan a
Manchester è stato erroneamente etichettato come “The Royal Albert Hall
1966 Concert”. Ora, per la prima volta, il vero concerto alla Royal
Albert Hall, originariamente registrato per un album dal vivo dallA CBS
Records, sarà finalmente pubblicato col mixaggio di Chris Shaw. “The
Real Royal Albert Hall1966 Concert” sarà pubblicato sia come 2 CD e sia
come 2 LP il 25 Novembre.
Bob Dylan, in uscita un cofanetto e un
doppio album
clicca qui
Mercoledì
28 Settembre 2016
A
novembre uscirà “The 1966 Live Recordings”
Sony ha annunciato l’uscita in novembre
di “The 1966 Live Recordings”, un box set che conterrà 36 CD che
raccolgono tutte le registrazioni disponibili dall’ epocale Tour del
1966 di Bob Dylan. E’ storia che tutte le sale europee (a parte la
serata di apertura di Copenaghen) furono registrate tutte o in parte dal
tecnico del suono di Dylan Richard Alderson con un registratore a bobine
Nagra. Tutte le registrazioni di questi spettacoli saranno inclusi nel
box in uscita. Si dice che alcune delle registrazioni siano di qualità
molto scarsa qualità ma alcuni dicono che le registrazioni tratte dal
Nagra siano meravigliose ".
I dettagli della tracklist sono
imminenti. Il prezzo sarà di circa $ 135. Amazon ha messo in pre-vendita il
box a $ 149.98
Ciao Mr.Tambourine,
pensi che Bob cambi il suo live-act per “Desert Trip” o presenterà una
greatesthits setlist come probabilmente faranno The Who, Roger Waters e
forse anche i Rolling Stones?
Marcella
Questo è un quesito al quale è impossibile
rispondere! Personalmente penso che Dylan si atterrà strettamente a
quello che è attualmente il suo live concert, forse con un inserimento
maggiore di sue canzoni scartando le “sinatriane”, ma sostanzialmente
non ci saranno novità, così come penso che non ce ne saranno neppure nel
proseguio del tour. Bob sembra non essere ancora uscito dalla sbornia
sinatriana e di che genere sarà la sua prossima svolta nessuno ne ha
idea. Pensa se ascoltando per caso qualche vecchio successo di Chuck
Berry gli venisse la Berrymania. Te lo immagini cantare Johnny B. Goode
(che è stata inserita tra i documenti portati nello spazio dal Voyager
I), Sweet Little Sixteen, Carol, Roll Over Beethoven, Too Muck Monkey
Businnes, Memphis Tennessee o My Ding-a-Ling? Il vecchio Chuck, nato nel
1926 ed oggi novantenne se lo meriterebbe di certo un tributo da parte
di Bob, e poi, come puoi vedere qui sotto, non sarebbe la prima volta
che Bob canta una canzone di Berry!
Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Sabato 24 Settembre 2016
Talkin'
9888 - streetoffire
Oggetto: Don't touch my Dylan
Ciao Mr Tambourine,
ecco il mio parere su Solenghi che “imita” Dylan…
Io partirei dal presupposto che, se esiste un cantautore inimitabile,
questo è proprio Bob Dylan. Non parlo da fan sfegatato che lo ritiene il
migliore e quindi inimitabile. Se lo definisco inimitabile è perché
quello che rende unico Dylan non è la sua voce (che potrebbe essere in
buona parte imitabile) o il suo “look” (fin troppo facilmente imitabile)
o qualche suo “atteggiamento”(come ad esempio Mick Jagger che saltella
sul palco come un ventenne). Dylan è unico per quello che ti trasmette,
è questa da sempre la sua forza, ed è questo che nessuno, che lo faccia
per amore o per passione o per una abbastanza ridicola trasmissione tv,
non potrà mai imitare. Ed è per questo che il tentativo sarà
inevitabilmente destinato al fallimento.
A questo aggiungerei che scegliere la “Knocking on heavens door”
eseguita da Dylan al suo incontro con Papa Wojtyla non è stata una
scelta felice. Perché Dylan quando la cantò di fronte al Papa aveva
realmente bussato alle porte del cielo, rischiando di lasciarci la
pelle, ed esibirsi in quel momento con quella canzone significava molto
di più che eseguire una delle più famose canzoni del proprio repertorio.
Insomma, va bene che l’ironia e la satira non devono guardare in faccia
a niente e nessuno, ma o sei davvero bravo a fare ironia-imitazione di
un momento come quello o rischi di fare un clamoroso buco nell’acqua.
Anche omettendo tutto questo, Solenghi regge solo per qualche istante:
il tempo di un mezzo sorriso per la somiglianza nell’abbigliamento e per
la voce nasale, poi tutto crolla inesorabilmente. Il giudizio più
corretto lo dà, nella trasmissione, Claudio Amendola, quando dice che
quello di Solenghi era un Dylan molto “romano”.
Probabilmente è sbagliato scegliere Dylan per trasmissioni come questa.
Oppure mancano veri talenti in grado di reggere il peso di ciò che,
anche solo per gioco, rappresentano. Mi viene in mente il grandissimo
John Belushi che imita Joe Cocker e, quando i due cantano insieme, è
davvero difficile riconoscere l’originale dalla copia, anche perché lo
stesso Cocker è bravissimo a imitare Belushi che imita Cocker… Ma forse
chiedo troppo da una trasmissione televisiva di semplice
intrattenimento, e di Belushi si sa, ne nasce uno ogni 100 o forse 1000
anni.
Detto questo, se a qualcuno è piaciuto Solenghi-Dylan, immagino che
qualcosa di somigliante ci possa esser stato, e che forse mai come in
questo caso valga il motto “Scherza con i fanti e lascia stare i Santi”.
Marco on the Tracks
Caro Marco, sei
abbastanza drastico per non essere un die-hard fans. A parte questo ho
trovato il tuo giudizio ineccepibile, duro ma non fa una piega. Non
concedi niente ne alla buona volontà ne alla fantasia. Anche a me non è
piaciuto il Solenghi-Dylan e l'ho scritto su questa pagina la sera
stessa dell'esibizione dopo aver visto la trasmissione. Ma poi ho
guardato e considerato la cosa da un punto di vista diverso, ho
semplicemente pensato che quell'esibizione non aveva altre pretese che
quella di rendere omaggio ad uno, anzi probabilmente, al più grande e
significativo artista degli ultimi cento anni. Vista in questo modo la
cosa può anche starci e guardare con un sorriso di simpatia la fatica di
Solenghi. Non dimenticare che prima di cantare, nel parlare con Carlo
Conti, Tullio ha detto che per la sua generazione (che è anche la
mia) Dylan era Gesù, e questa dichiarazione è un grande atto di umiltà e
di ammirazione. Io non butterei Solenghi giù dalla torre per questa
imitazione, anzi, gli direi "Grazie Tullio, per qualche minuto la gioia
di vedere qualcosa dal sapore dylaniano mi ha riempito il cuore di
gioia, mi ha fatto sorridere ed in fondo mi ha fatto anche divertire.
Son convinto che lui sapesse benissimo che con la sua imitazione avrebbe
scatenato una valanga di propteste più che di consensi, specialmente da
parte dei fans dylaniani, però ha preso il coraggio a piene mani e si è
buttato con tutte le sue capacità in quel duro compito, e questo è
senz'altro da ammirare. Mi sono imbattuto cazzeggiando su Youtube in
questa performance che mi ha stupito per la forza emanata da un uomo
bloccato in carrozzina che non aveva dimenticato la gioia di cantare una
canzone di Bob pur essendo in condizioni non felici, infatti oggi il
Sig. Klein ci ha lasciato per riposare per sempre nella pace del
paradiso.
Arthur Klein (RIP) in una delle sue ultime performance
canta dal vivo "Watchin' the river flow” di Bob Dylan allo Young @ Heart
1st annual April Fools Show 2014 at the Academy of Music
Theatre in Northampton, MA.
Ti propongo anche questa
versione di "Forever Young" tratta sempre dallo stesso concerto che mi
ha fatto inumidire gli occhi occhi per la commozione:
Permettimi di aggiungere
anche quest'altro clip con un'altra tenerissima esecuzione. Lo
Young@Heart Chorus con l’anziana Pat Ervin, che recita alcune strofe de
"Il Pifferaio di Hamelin" di Robert Browning, un’antica poesia che aveva
imparato alle elementari, e l’altra Signora anziana Claire Couture che
canta "Wish You Were Here" (Pink Floyd) con ospite il rapper Angelo
Robles della SciTech Band che reinterpreta alcune strofe di
"Subterranean Homesick Blues" e "The Hurricane" (Bob Dylan).
Hamelin Town's in Brunswick,
By the famous Hanover city;
And river Weser, deep and wide,
Washes its banks on the southern side;
A pleasanter spot you never spied;
But, when begins my ditty,
Almost five hundred years ago,
To see the townsfolk suffer so
From vermin, was a pity.
Rats!
They fought the dogs and killed the cats,
And bit the babies in the cradles,
Split open the kegs of salted sprats,
Made nests inside men's Sunday hats,
And even spoiled the women's chats,
By drowning their speaking
With shrieking and squeaking
In fifty different sharps and flats.
At last the people in a body
To the Town Hall came flocking:
``Tis clear,'' cried they, ``our Mayor's a noddy;
``And as for our Corporation – It’s shocking
``Think we buy gowns lined with ermine
``For dolts simply can't or won't determine
``What's best to rid us of our vermin!
``Rouse up, sirs! Give your brains a racking
``Or, sure as fate, we'll send you packing!''
So, so you think you can tell Heaven from Hell, blue skies from pain.
Can you tell a green field from a cold steel rail?
A smile from a veil?
Do you think you can tell?
Did they get you to trade your heroes for ghosts?
Hot ashes for trees?
Hot air for a cool breeze?
Cold comfort for change?
Did you exchange a walk on part in the war for a lead role in a cage?
How I wish, how I wish you were here.
We're just two lost souls swimming in a fish bowl, year after year,
Running over the same old ground.
What have we found?
The same old fears.
Wish you were here.
Rap of rew verses of "Subterranean Homesick Blues" e "The Hurricane"
(Bob Dylan).
How I wish, how I wish you were here.
We're just two lost souls swimming in a fish bowl,
year after year,
Running over the same old ground.
What have we found?
The same old fears.
Wish you were here.
Questo per dimostrare che
quando c'è la volontà e la gioia di fare qualcosa che si ama poco
importa l'intonazione e tutte le altre cose, conta solo la volontà e la
gioia di cantare ciò che ti piace usando un pò di intelligenza invece di
sprecarla scrivendo cazzate su Facebook o Twitter. Certo vedere questi
clip fa riflettere, quindi direi di riporre le pistole nelle fondine ed
andare al Saloon a farci sopra una bella bevuta. Live long and prosper,
Mr.Tambourine, :o)
Tullio Solenghi, dopo l'imitazione di
Bob Dylan
clicca qui
Venerdì 23 Settembre 2016
Talkin'
9887 - martina.martulli
Più che una cover di Dylan, I'm In The
Mood For You è una cover di Odetta, lo stesso identico arrangiamento.
Grande interpretazione, ero incredulo. Grazie.
Non è la prima canzone di Dylan che esegue, deve piacerle proprio. Forse
non è così cretina come vuol far credere.
Vi ho mai raccontato di Bobby e Odetta nei bagni della Carnegie Hall?
Sir Eglamore
Giusto per la
precisione il titolo della canzone di Bob è "Baby, I'm In The Mood For
You". Certamente l'arrangiamento è stato copiato dalla versione di
Odetta. La versione di Bob, che si può trovare sugli albums "Biograph" e
"The Bootleg Series, Vol. 9 - The Witmark Demos: 1962-1964", è eseguita
con il solo accompagnamento di chitarra ed armonica, quindi è naturale
che Odetta ne abbia fatto una versione con più strumenti e che Miley
Cyrus si sia ispirata alla versione di Odetta. Ecco la versione di Dylan
per chi non l'abbia sentita:
Detto questo
caro Eglamore, siamo tutti curiosissimi di poter leggere il tuo racconto
su ciò che avvenne nei bagni della Carnegie Hall. Restiamo in attesa.
Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Mercoledì
21 Settembre 2016
Talkin'
9886 - notdarkyet
Ciao Mr. Tambourine!
Questa l'hai vista?
Che te ne pare?
Un caro saluto,
Giorgio.
Ottima versione!
Grazie per la segnalazione. Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Martedì 20 Settembre 2016
Talkin'
9885 - paolo.ghezze
Mi permetto.
Contrariamente a quanto scritto l'imitaziome di Tullio Solenghi è
eccezionale.
Non si chiede, infatti, una imitazione perfetta del soggetto e neppure
una cantata identica.
Basta trasmettere quegli elementi distintivi del personaggio che ti
fanno dire: certo, questo sembra Bob Dylan.
Le movenze, l'intonazione nasale, in una ennesima versione del brano
(proprio come Dylan che non fa una vesione dal vivolo uguale alla
successiva) rendono l'impresa ancora più apprezzabile.
Capisco che Lei, come me, sia un'appasionato e che l'unicità di Bob sia
indubbia: ma suvvia, Solenghi ha tributato un omaggio all'Artista
veramente stupendo.
Entrambi, a loro modo.
Paolo
Caro Paolo, rispetto la
tua opinione ma permettimi di rimanere della mia circa
l'interpretazione di Solenghi. Il programma si chiama "Tale e quale
show" e non "Imitiamo meglio che possiamo show". Gli artisti chiamati ad
impersonare un loro collega devono cercare di "entrare nel personaggio"
loro assegnato (il vincitore della prima puntata, Manlio Dovì ha
impersonato alla grande Charles Aznavour), qualcuno ci riesce e qualcuno
no. Quando dici "Non si chiede, infatti, una imitazione perfetta del
soggetto e neppure una cantata identica. Basta trasmettere quegli
elementi distintivi del personaggio che ti fanno dire: certo, questo
sembra Bob Dylan" , chiunque di noi potrebbe, opportunamente vestito e
truccato, potrebbe cercare di copiare la voce e le movenze dylaniane.
Non c'era bisogno di scomodare Tullio Solenghi per imitare Bob Dylan,
sarebbe bastato Al Diesan per fare di meglio. Sotto puoi trovare la
versione di Al accompagnato dai Blackstones a Trevignano romano e credo
che sia evidente perchè ho giudicato Solenghi "scarsino". Ti dirò che
anch'io mi sono divertito e mi ha fatto piacere che anche His Bobness
sia stato giustamente ricordato ed omaggiato come tanti altri artisti
del suo calibro! Non dico che Solenghi non mi sia piaciuto, ma
sinceramente per Dylan mi aspettavo qualcosa o qualcuno migliore!! Live
long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Tale e Quale Show 2016: Tullio
Solenghi interpreta Bob Dylan - video
clicca qui
Sabato 17 Settembre 2016
Tale e quale show: Tullio Solenghi
interpreta Bob Dylan
Questa sera, nella
prima delle 11 puntate dell’edizione 2016 di “Tale e quale show”, Tullio
Solenghi si è visto appioppare l’interpretazione di Bob Dylan che
cantava “Knockin’ on Heaven’s Door” nella famosa serata davanti a Papa
Wojtyla! Il povero Tullio ce l’ha messa tutta ma il risultato è stato
scarsino. Gente, Bob Dylan non è Renato Zero che (con tutta la stima ed
il rispetto per il padre dei Sorcini) anche Panariello può imitare e
quindi l’impresa diventa una "mission impossible", se poi non hai i
numeri meglio lasciar stare. A favore di Tullio devo dire che mi è
particolarmente piaciuta la dichiarazione (che ho molto apprezzata) che
Dylan per i giovani della sua età era come Gesù. L’esibizione era da 5
meno meno, ma con la dichiarazione il voto sale a 6 e mezzo. Devo
ammettere che ho anche ammirato il coraggio dimostrato da Tullio nell’
accettare di interpretare un mostro sacro come Bob. Tutto sommato la
cosa è stata apprezzabile, mamma Rai ci ha fatto vedere e sentire cose
ancora peggiori di “Tale e quale show”, programma che è la versione
italiana del talent show “Tu cara me suena”, un format spagnolo della
Endemol. Non tutte le imitazioni sono accettabili, ma certamente si
passa un paio d’ore abbastanza divertenti, con interpretazioni veramente
centrate ed altre sotto il livello minimo, ma, naturalmente, non tutto
quello che luccica è oro. Basta prendere il tutto con un pò di simpatia
e la cosa può anche essere divertente. Live long and prosper,
Mr.Tambourine, :o)
Venerdì 16 Settembre 2016
Talkin'
9884 - armilla.freti
Ciao, questa l'ho trovata su facebook,
troppo bella per non condivederla con tutti i dylaniani!
E' vero Armilla,
questa foto di Padre Keith di Dartford è davvero incredibile!!! Il caro
Keith meritertebbe di essere fatto santo solo per aver creato il riff di
Satisfaction!!! Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)))))))
Dylan: un’enorme scultura di ferro per
un casinò del Maryland
clicca qui
Martedì 13 Settembre 2016
Talkin'
9883 - miscio.tux
Caro Mr.Tambourine,
eccomi qui, con un sunto da inserire tra le infinite tavolette
cuneiformi dei Talkin' di Maggiesfam, anche perchè le pagine di Google
Books così come sono apparse possono poi sparire. Come già detto, lo
riprendo da “The Oxford Handbook of the Reception History of the Bible”,
una raccolta di articoli curata da Michael Lieb, Emma Mason, Jonathan
Roberts, che in particolare contiene il saggio di Michael Gilmour, “Bob
Dylan's Bible”. Gilmour è autore di diversi libri sulla rilevanza della
Bibbia nella letteratura e in particolare nei testi di Dylan (“Tangled
Up in the Bible: Bob Dylan and Scripture”,”Call Me The Seeker: Listening
To Religion In Popular Music”,”The Gospel According to Bob Dylan : The
Old, Old Story of Modern Times”, ecc.). Nel caso specifico del confronto
tra “Sugar Baby” e “Thunder on the Mountain” assume che Dylan abbia
deliberatamente fatto seguire una canzone all'altra non solo
cronologicamente ma anche concettualmente, ma anche se così non fosse,
osserva, queste canzoni illustrano la consuetudine di Dylan di farsi
partecipe di racconti biblici e anche la sua abilità nell'intrecciare
questi racconti con altre narrazioni.
[Si osserva, nel confronto tra “Sugar Baby” e “Thunder on the Mountain”
come il senso di una data immagine biblica (in questo caso l'arcangelo
Gabriele) possa subire uno spostamento nel trasferirsi da una canzone
all'altra (1). Ne consegue che la Bibbia di Dylan non è un immutabile,
statico punto di riferimento, ma piuttosto un magazzino di immagini, che
possono trasformarsi in qualunque cosa egli vuole che siano in un dato
contesto. Le due canzoni in questione sono successive in termini di
pubblicazione degli albums, (una chiude un album,l'altra apre il
successivo). Il verso conclusivo di “Love and Theft” ammonisce una donna
a riconoscere il suo Creatore prima che Gabriele suoni il suo corno.
Queste parole alludono ad un grappolo di immagini bibliche ( Qo. 12:1;
Is. 51:13; Gb 35:10; 1Ts. 4:16; Ap. 8:6).(2). La prima canzone del suo
successivo album in studio, Modern Times, anch'essa incorpora temi
biblici, compreso il rumore del tuono su una montagna, e la visione del
fuoco sulla Luna. Il cantante annuncia, “Today's the day, gonna grab my
trombone and blow” (“Thunder On the Mountain”). Il titolo di questa
canzone ricorda la presenza divina sul Monte Sinai (Es. 19:16,19)(3),
dove il rumore del tuono e le trombe provocano il terrore del popolo.
Anche l'immagine della Luna è ricorrente nelle Sacre Scritture, come in
Qo. 12:2 (4) (vedere anche: Is.13:10; Ez.32:7; Gl.2:10; Mt.24:29;
Mc.13:24; Lc.21:25; Ap.8:12; (5), mentre Dylan menziona il fuoco (rosso)
sulla Luna, gli scrittori biblici descrivono la Luna che si trasforma in
sangue (rosso) per esempio At.2:20; Ap.6:12;(6). La successione di
“Sugar Baby” e “Thunder On the Mountain”- come si è notato, l'una segue
l'altra relativamente alle date di pubblicazione degli album - può
implicare una deliberata prosecuzione umoristica. Nella prima canzone la
preannubciata figura angelica di Gabriele sta per suonare il suo corno
(1Ts. 4:16). Nella seconda, il cantante si assume egli stesso il ruolo
di Gabriele, mettendo mano al suo corno (trombone). Quando Dylan usa la
frase “Today's the day” per indicare il momento in cui suonerà il suo
corno, può avere in mente la frase biblica “day of the Lord”. Come
Dylan, Gioele collega un colpo di corno, una montagna e dei fenomeni
celesti che coinvolgono la Luna, nella sua profezia sul giorno del
Signore: ”Suonate la tromba in Sion, e date l'allarme sulla mia montagna
sacra: lasciate che tutti gli abitanti del paese tremino: perchè il
giorno del Signore viene, perchè è vicino a portata di mano....il Sole e
la Luna si oscureranno e le stelle ritireranno il loro splendore.”(Gl
2:1,10). Tutti questi elementi – il corno, il giorno, la montagna, la
Luna – compaiono anche nella diade “Sugar Baby” - ”Thunder On the
Mountain”.
In entrambe le canzoni, le immagini bibliche contribuiscono al giudizio
del cantante nei confronti della donna in questione. In “Sugar Baby”
parla ad una donna senza cervello che lo ha abbandonato. Egli è un
amante respinto, comprensibilmente irritato con una il cui “fascino” ha
spezzato molti cuori. Possiamo plausibilmente leggere il suo
avvertimento, a stare attenta all'angelo vendicatore Gabriele, come
l'iperbolico vetriolo del cantante il cui cuore è stato spezzato. Per
contrasto, il narratore di “Thunder On the Mountain” racconta una storia
piuttosto diversa. Egli sta attivamente cercando questa donna -
l'artista R&B americana Alicia Keys – ed è profondamente simpatetico
riguardo alla condizione di lei (non verso la propria, come nella
canzone precedente) spargendo anche lacrime di simpatia sul cuo conto.
Interrogato su questa citazione di Alicia Keys in un'intervista, Dylan
ha detto, “Ricordo di averla vista ai Grammy. Penso di essere stato nel
programma dello spettacolo con lei, non l'ho incontrata o altro. Ma mi
sono detto, “Non c'è niente che non mi piaccia in questa ragazza”.
Chiaramente lei si distingue totalmente dalla rubacuori senza cervello
di “Sugar Baby”. In una canzone Gabriele che soffia il corno è
un'immagine che rappresenta il rancore e il cuore ferito, e nell'altra è
il cantante stesso che è un angelo suonatore di corno, uno che cerca di
salvare una damigella in pericolo. Entrambe le canzoni prendono
ispirazione da un precursore biblico. Tuttavia la Bibbia non è la sola
fonte di ispirazione qui. Dylan apre Modern Times con la ricerca di
Alicia Keys, che è nata, ci racconta, ad Hell's Kitchen (un'area di New
York City). Può questa immagine alludere al mito di Orfeo? Se è così il
narratore musicale, suonatore di trombone di Dylan cerca Alicia Keys
imprigionata all'Inferno nello stesso modo in cui Orfeo cerca Euridice
nell'oltretomba (c'è anche una remota rassomiglianza tra i nomi Alicia e
Euridice (forse più in inglese che in italiano, nota mia) con la loro
“c” dolce). Nel mito di Orfeo, il poeta e musicista viaggia
nell'oltretomba nel tentativo di convincere Ade e Persefone a lasciare
che Euridice torni in vita. Essi permettono il suo ritorno alla
condizione che lui cammini davanti a lei e non guardi indietro finchè
entrambi non raggiungono il mondo dei vivi. Orfeo tuttavi si volta, e di
conseguenza Euridice scompare nel regno dei morti, questa volta per
sempre. Qui vediamo un'altra dimensione dell'uso da parte di Dylan del
materiale biblico. Egli intreccia le Scritture nelle canzoni insieme ad
altre fonti che formano le storie che racconta.]pp.(365-366)
ciao, Miscio.
(1) “L'uso della Bibbia negli scritti di Dylan è ben descritto dal
termine 'adattamento', definito dalla teorica della letteratura Linda
Hutcheon come 'una forma di ripetizione senza replica'; una 'derivazione
che non è derivata – un'opera che è seconda senza essere secondaria'.
Quando Dylan usa personaggi, temi,frasi, e termini biblici in nuove
situazioni c'è un inevitabile cambiamento, ma la maggioranza dei lettori
e degli ascoltatori riconosceranno egualmente le origini
canoniche.”(p.355)
(2) I riferimenti sono qui presi dalla King James Version:
(Qoelet) Ecclesiaste 12:1: Ricorda ora il tuo Creatore nei giorni della
tua gioventù, mentre ancora i giorni non sono cattivi e gli anni non
richiamano la notte, quando dirai: non trovo in essi alcun piacere;
http://www.kingjamesbibleonline.org/Ecclesiastes-Chapter-12/
Isaia 51:13: E dimentichi il Signore tuo creatore, che ha disteso i
cieli e gettato le fondamenta della terra; e hai paura continuamente,
ogni giorno, della furia dell' oppressore come se fosse pronto a
distruggere? E dov'è la furia dell'oppressore?
http://www.kingjamesbibleonline.org/Isaiah-Chapter-51/
(3) Esodo 19:16,19: E avvenne che il terzo giorno al mattino, vi furono
tuoni, lampi, una nube densa sul monte, e fortissima la voce della
tromba; tanto che tutta la gente che era nel campo, tremò.E Mosè fece
uscire il popolo dal campo per incontrarsi con Dio; ed essi si fermarono
alla base del monte.E il Monte Sinai era tutto fumante, perché il
Signore scese su di esso in fiamme: e il fumo saliva come fumo di
fornace, e l'intera montagna tremava forte.E mentre la tromba continuava
a suonare, e diventava sempre più forte, Mosè parlò e Dio gli rispose
con una voce.
http://www.kingjamesbibleonline.org/Exodus-Chapter-19/
(5)
Isaia 13:10: Poichè le stelle e le costellazioni del cielo non potranno
dare la loro luce:il Sole si oscurerà al suo sorgere e la Luna non farà
più brillare la sua luce.
http://www.kingjamesbibleonline.org/Isaiah-Chapter-13/
Matteo 24:29:Subito dopo la tribolazione di quei giorni, il Sole si
oscurerà, e la Luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal
cielo, e le potenze dei cieli saranno scrollate:
http://www.kingjamesbibleonline.org/Matthew-Chapter-24/
Marco 13:24:Ma in quei giorni, dopo la tribolazione, il Sole si
oscurerà, e la Luna non darà più la sua luce,e le stelle del cielo
cadranno e le potenze che sono nei cieli saranno scrollate.
http://www.kingjamesbibleonline.org/Mark-Chapter-13/
Apocalisse 8:12 :E il quarto angelo suonò, e la terza parte del Sole fu
colpita, e la terza parte della Luna, e la terza parte delle stelle;
così che la terza parte di essi fosse oscurata, e il giorno non
brillasse per una terza parte , e la notte ugualmente.
http://www.kingjamesbibleonline.org/Revelation-Chapter-8/
Apocalisse 6:12 : Poi vidi quando l'Agnello aprì il sesto sigillo, ed
ecco, ci fu un grande terremoto; e il Sole divenne nero come un sacco di
crine, e la Luna divenne come sangue;
http://www.kingjamesbibleonline.org/Revelation-Chapter-6/
Caro Miscio, un
gigantesco grazie per questa dissertazione profonda che lascia
intravedere alle sue spalle una lunga e difficile opera di ricerca non
solo delle fonti bibliche ma anche delle intenzioni dylaniane. Confesso
di essere rimasto affascinato da queste considerazioni, e credo che non
sarò il solo! LIve long and prosper, Mr.&Tambourine, :o)
Lunedì 12 Settembre 2016
Talkin'
9882 - miscio.tux
Caro Mr.Tambourine,
pare che roccosaracino 72 abbia avuto buon fiuto, Michael Gilmour aveva
già ipotizzato una connessione tra Sugar Baby e Thunder on the Mountain
qui:
(se si preme "Visualizza tutto" anche la pagina 366 dovrebbe diventare
visibile). Anche "Soon after midnight" merita approfondimenti, ma
stasera l'abbiocco mi stronca...
ciao, Miscio.
Diamo a Rocco quel che
è di Rocco allora. Ho letto lo scritto di Gilmour ma è difficile per il
mio inglese capire le sfumature, quindi lascerò a te il piacere dell'
approfondimento quando l'abbiocco non ti avvolgerà nelle sue soporifere
spire! Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Questa è meglio di no: quella lista di
canzoni sconsigliate alle radio americane dopo gli attacchi ...
clicca qui
Sabato 10 Settembre 2016
Talkin'
9881 - roccosaracino72
Caro Mr.Tambourine, giusto un paio di
curiosità.
In tema di traduzioni volevo esprimere una piccola riflessione su un
aspetto, forse un trascurabile dettaglio, di due testi di Dylan. Parlo
di "Soon after midnight", dal disco Tempest, e di "Jokerman", caposaldo
di Infidels.
Partiamo dal verso di "Soon after midnight" in cui Dylan scrive: "[...]
Charlotte's a harlot / Dresses in scarlet [...]". Ora, a prescindere
dalla traduzione e dai suoi vincoli interpretativi, secondo me si tratta
di un semplice "metodo compositivo": cioè un'immagine di cui l'autore si
serve perché per lui particolarmente cara, significativa, evocativa. Lo
credo poiché è praticamente la medesima immagine che Dylan ha usato,
trent'anni prima, in "Jokerman": "[...] A woman just gave birth to a
prince today and dressed him in scarlet... [...] take the motherless
children off the street and place them at the feet of a harlot".
Cambiando argomento, mi chiedevo se qualcuno avesse notato come il disco
Love and Theft del 2001 si chiuda con un verso molto simile a quello con
cui si apre il disco successivo, Modern Times del 2006 - quasi a
stabilire un segreto filo di congiunzione tra le due opere.
Nell'ultima strofa dell'ultima canzone di Love and Theft, Sugar Baby,
Dylan canta: "[...] Look up, look up / seek your Maker / 'fore Gabriel
blows his horn".
Nella prima strofa della prima canzone di Modern Times, Thunder on the
Mountain, scrive: "[...] Today's the day gonna grab my trombone and
blow".
Si tratta di dettagli certo di poco conto, forse insignificanti, ma io
credo gettino qualche luce sul metodo compositivo dell'artista e sulle
immagini ricorrenti a cui attinge di fronte a determinate situazioni
creative.
Chissà che ne pensa il prof. Carrera.
A presto.
Caro Rocco, le tue
osservazioni sono molto interessanti, ma direi anche impossibili da
giudicare. Tutti coloro che scrivono musica e testi, perchè anche nella
musica esiste un modus operandi che negli artisti più significativi è
facilmente riconoscibile. Una canzone di Dylan ha sempre, anche solo
nella musica, l'impronta di Bob o perlomeno lo stile di Bob, infatti
quando si sente un pezzo troppo ispirato a lui si dice che il pezzo sia
molto dylaniano. Altri artisti hanno un loro stile personale nel
comporre musica e parole, Jagger/Richards, Lennon/McCartney, George
Harrison, Brian Wilson, John Fogerty, Jim Morrison, Chuch Berry, Roger
Waters, Gary Brooker tanto per citarne solo alcuni le cui composizioni
sono immediatamente riconoscibili. La stessa regola vale per i testi.
Abbiamo l'esempio lampante di Mogol che quando scriveva per Battisti
raccontava se stesso e le sue senzazioni così bene da diventare poetico
e immediatamente riconoscibile. Per i testi inglesi per noi c'è molta
più difficoltà perchè non conoscendo bene la lingua e le sue sfumature,
i modi di dire, il gergo quotidiano diventa difficilmente riconoscibile
senza uno studio più approfondito. Tutti gli artisti che ho citato sopra
avevano una loro forza creativa, un certo modo di tradurre in immagini
situazioni che volevano e vogliono ancora narrare, e può anche starci
che un artista tenda a ripetersi o ad usare frasi similari nel
descrivere situazioni che si assomigliano. Naturalmente quando un
artista ha scritto circa 500 canzoni come Dylan, è molto facile trovare
delle ripetizioni liriche, in fin dei conti metà delle canzoni scritte
al mondo parlano d'amore e volenti o nolenti è facile che due persone
diverse scrivano frasi simili. Lo stesso può capitare nella musica,
inconsciamente si può anche plagiare una canzone mai sentita. In
conclusione le tue osservazioni, pur essendo molto particolari sono
quasi impossibili da giudicare in quanto presuppongono di capire
l'emozione dell'autore nello scrivere o narrare determinati eventi. Ti
ringrazio per il lavoro da certosino che comporta il fare osservazioni
come le tue che certamente desteranno la curiosità di molti amici che
seguono la Fattoria. Io ti ho dato una mia interpretazione, ma è solo la
mia e potrebbe essere completamente sbagliata, mentre altri potrebbero
darti risposte diverse ma sempre troppo personalizzate per dare ad esse
una valenza di verità. C'è differenza fra un' impressione e la verità,
ma allo stesso tempo niente potrebbe dire che le tue impressioni siano
sbagliate! Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Bob Dylan inaugurerà una statua di sua
creazione
clicca qui
Venerdì 9 Settembre 2016
Talkin'
9880 - streetoffire
Oggetto: io perbenista che non sono
altro
Mi spiace dal profondo del cuore aver fatto venire il latte alle
ginocchia a martina.martulli, ma la colpa è tutta del Tamburino che ha
ritenuto utile pubblicare il mio post perbenista.
Per cercare in qualche modo di rimettere tutto a posto possiamo fare
così: pubblico un nuovo intervento meno perbenista e più realista, sullo
stesso argomento.
La parola “negro” è offensiva, se a qualcuno piace scherzarci sopra è un
problema suo, non mio. Per chi ancora finge di non ritenerla tale,è
sufficiente una verifica in qualsiasi vocabolario. Certo, occorre non
fermarsi alle prime righe, dove si parla dell’origine latina della
parola negro: occorre leggere anche quello che viene detto dopo,
sull’utilizzo che si fa oggi della parola stessa e sul fatto che oggi il
termine è ritenuto offensivo, altrimenti si fa disinformazione. Se cito
un discorso non ne estrapolo solo una frase per far diventare il senso
di un discorso quello che voglio io, che magari è differente da quello
che tutto il discorso voleva significare. Aldilà di ciò che ci dice un
dizionario, si può chiedere ai diretti interessati: se una persona
ritiene un termine a lui rivolto offensivo, io non uso quel termine nei
suoi confronti (ma questo forse è soltanto un mio limite perbenista).
Le cose col tempo cambiano, cambia il significato di una parola, cambia
ciò che conosciamo di ciò che ci circonda.
Chi utilizza oggi la parola negro o è razzista o è ignorante (le due
tipologie sono spesso interscambiabili) o è un simpatico –talvolta
sfigato - troll (dove per troll si intende chi, non avendo di meglio da
fare, si diverte a prendersi gioco degli altri in rete, denigrandoli e
cercando in qualche modo lo scontro virtuale, attendendo con la bava
alla bocca, come un lupo affamato, un nuovo caso su cui
lanciarsi/scontrarsi).
Su una cosa sono d’accordo con martina.martulli: non è abolendo la
parola negro che si risolve il problema del razzismo, non lo è perché a
me nessuno in Italia o all’estero mi ha mai chiamato bianco perché la
mia pelle è chiara, e quindi allo stesso modo a nessuno dovrebbe venire
in mente di chiamare nero o negro chi ha la pelle scura.
Vorrei raccontare un episodio capitato qualche settimana fa in un pub
italiano.
Un ragazzo seduto ad un tavolo chiama la cameriera apostrofandola così:
“Negra, ci porti il menù?” (Il ragazzo probabilmente conosce bene il
latino, e voleva fare un complimento alla ragazza).
La ragazza porta il menù e se ne va. Un ragazzo perbenista che ha
assistito alla scena, ritiene opportuno riferirla al titolare del
pub(perbenista pure lui), che chiede al ragazzo del menù di domandare
scusa alla ragazza. Il ragazzo si rifiuta e gli viene quindi chiesto di
allontanarsi dal pub. La ragazza viene abbracciata da una sua collega, e
scoppia a piangere: “Non è per me che piango. Io ci sono abituata ad
essere chiamata così. Mio figlio invece, lui ha solo quattro anni, come
faccio a spiegargli perché gli altri bambini lo chiamano negro?” Già,
come glielo spieghi? Forse possiamo provare a dirgli di “…come la parola
negro gloriosamente derivi da una parola latina, priva di qualsiasi
accezione negativa…” ed ecco che il problema è bello che risolto.
Se incazzarsi di fronte ad un episodio del genere significa essere
perbenisti, allora sono PERBENISTA, e ne sono felice, perché
l’alternativa è essere imbecilli ignoranti razzisti.
Provo infine a rispondere ad uno dei tanti quesiti filosofici posti da
martina.martulli:
“Se al mercato incontro una florida donna dalla pelle color cioccolato
come la chiamerò?” Se la conosci chiamala per nome, come fai con
parenti, amici e conoscenti. Se non la conosci allora fai come con tutti
quelli che non conosci: se le devi dire qualcosa puoi cominciare con:
”Mi scusi signora…”, mentre se non le devi dire nulla … non dirle nulla
e non chiamarla in nessun modo. Non è così difficile il mondo dei
perbenisti, anzi, spesso semplifica la vita.
Streetoffire nel Bronx di notte (non so dire l’orario preciso) c’e’
stato, senza sbirri al seguito. Se dovessi ritornarci sarà mia premura
spedire a martina.martulli via corriere espresso le mie mutande, in modo
che possa appagare i suoi oscuri desideri immorali.
Io, streetoffire mi dichiaro perbenista cronico e dichiaro altresì
martina.martulli un simpatico satirico satanico malbenista troll.
Caro Marco on the Tracks, visto che pubblicare
la tua mail perbenista non è stato inutile? Essa ha prodotto l'
esposizione sempre un passettino oltre la riga del Sir Eglamore
pensiero, seguito poi non dal Tamburino pensiero ma da quello del
Tamburino super partes. Sono certo che la discussione sia stata utile ed
interessante, anche se sarebbe stato più bello che sia tu e sia la
cacciattrice di draghi martina.martulli (o Sir Eglamore che chiamar si
voglia), oltre che beccarvi simpaticamente aveste cercato di integrare
un pò anche Dylan nella questione color-razziale come ho fatto io. Dylan
ha espresso la sua opinione sui neri americani prendendo posizione per
la difesa dei loro diritti, ma non si è mai sentito in difetto usando la
parole "negro", "nigger" o "black". Lui ha usato la parola più adatta
per descrivere una situazione o un'ingiustizia che stava narrando, però
lui ha il vantaggio di essere Bob Dylan, uno che in fatto di espressione
del pensiero ed uso delle parole sia in forma poetica che in forma
narrativa non ha niente da imparare da nessuno. Credo che questa buona
dissertazione possa considerarsi finita, io sono contento di quello che
ho letto e di quello che ho detto, lo stesso spero per voi. Live long
and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Giovedì 8 Settembre 2016
Talkin'
9879 - martina.martulli
Cosa mi tocca leggere! Vengo su Maggie's
Farm proprio per dimenticare la Boldrini e mi trovo i luoghi comuni di
Streetoffire, triti e biascichi come gli ossi che si strappano di bocca
i cagnacci di strada, ovvero i cani bastardi, quelli che adesso le
presentatrici televisive chiamano "meticci".
É tanto il latte che mi sgorga dalle ginocchia che dovrò venderlo.
Pensavo di rispondere al povero Mcioffiposta e invece mi tocca scrivere
di negri.
Cominciamo subito a dire che proverò a fare l'esperimento argutamente
suggerito dal buonista infiltratosi nel nostro sito (a cui ritirerei
seduta stante il patentino dylaniano per indegnità). Purtroppo, per
trovare un porcile come il Bronx, non dovrò raggiungere il continente
americano (America si può dire o dobbiamo chiamarla Wakantankaland?), ma
mi basterà semplicemente aprire la porta di casa. Se poi il selvaggio
avrà qualcosa da eccepire sarà libero di scegliere fra: recarsi al
Pronto Soccorso per un cedro sul naso o tornarsene nella spelonca a
mangiare un immondo zighinì. Per confutare i deliranti neologismi dei
benpensanti radicali, in questo caso basterebbe ribadire come la parola
negro gloriosamente derivi da una parola latina, priva di qualsiasi
accezione negativa (solo dei paranoici visionari ce la possono trovare,
perlomeno qui in Italia).
Ma vorrei scendere su un piano più empirico, mi chiedo infatti con
l'abolizione di "negro" come potremmo districarci nelle seguenti
situazioni. Se al mercato incontro una florida donna dalla pelle color
cioccolato come la chiamerò? Nerona, come la sorella dell'imperatore? E
un bel bambinetto paffutello e gioioso? Neretto forse? E l'energumeno
che la sera mi si avvicina per derubarmi del portafogli? Nerone, come il
barboncino di mia zia? E quella particolare attitudine all'imperizia,
all'inaffidabilità e alla pigrizia dovremmo chiamarla forse neritudine?
Come vedete, anche volendo, non è la parola nero che può risolvere i
nostri problemi, non è quella giusta. E poi non sono sufficienti delle
parole rassicuranti, probabilmente serve qualcosa di più. Un tempo i
balordi pestavano i froci, oggi i balordi pestano i gay. Questo è il
progresso!
E comunque mi piacerebbe controllare le mutande di Streetoffire dopo
essere stato abbandonato alle tre di notte nel Bronx, senza quelli che
lui chiama sbirri a cui chiedere aiuto.
Quindi, per quanto mi riguarda, al Tamburino vanno: solidarietà,
sintonia, stima (beh... a parte Dylan naturalmente), simpatia, affetto
e, diciamolo, anche una certa attrazione sessuale.
Inviato da iPad acquistato da ricettatore
negro
Prima di tutto due parole per spiegare a chi
non conosce cos'era il “Black and White Minstrel Show”.
“The Black and White Minstrel Show” era uno spettacolo di
intrattenimento leggero inglese molto popolare che fu trasmesso in
televisione dalla BBC dal 1958 al 1978. Era un varietà settimanale che
proponeva canzoni minstrel e di country tradizionali americane, di
solito eseguiti con la faccia dipinta di nero e con costumi sontuosi. Lo
spettacolo fu creato dal produttore della BBC George Inns in
collaborazione con George Mitchell.
William H. West (18 giugno, 1853 - 15 febbraio 1902), era conosciuto
come il "Progressive Minstrel", che ha copiato l’imprenditore
menestrello britannico Sam Hague ed è diventato uno dei primi bianchi a
capo di una troupe di minstrels composta da artisti neri negli stati
uniti.
Al Yoelson, meglio noto come Al Jolson (Seredžius, 26 maggio 1886 – San
Francisco, 23 ottobre 1950), fu uno dei più famosi cantanti ad esibirsi
nelle vesti di “black minstrel”, cantante, attore e compositore
statunitense, il primo cantante a vendere oltre 10 milioni di copie di
dischi. Nato nei pressi di Pietrobugo, nel 1886, quarto figlio di Mose e
Naomi, emigrerà nel 1890 con la famiglia prima a Washington infine a New
York. I primi passi in teatro come comparsa, poi con il fratello in un
duo di cantanti, infine il trio Jolson Pamer Jolson dove Al si
presentava con il viso colorato di nero.
È stato l'attore protagonista di Il cantante di jazz di Alan Crosland
(1927), film che ha segnato l'inizio dell'era del cinema sonoro. Le sue
canzoni sono state inserite nella colonna sonora di un'ottantina di
film, tra cui The Aviator (Blue Skies) e King Kong (I'm Sitting on Top
of the World).
Detto questo devo
sottolineare che, come al solito, i tuoi saggi sono sempre divertenti,
interessanti, intelligenti e caricati di una buona dose, direi, di sana
satira, forse hai avuto la fortuna di frequentare i corsi di Pindaro che
con la sua Lirica Corale voleva educare le nuove generazioni perpetuando
gli antichi valori.
Tutto sommato la
Boldrini, considerata come femmina e non come Presidente della Camera
potrebbe essere, al di là dei giudizi politici, ancora una donna con una
buona dose di sex-appeal, cosa che non guasta mai.
L’amico “Streetoffire” ha espresso un parere certamente diverso dal tuo,
ma se quello è il suo pensiero io lo rispetto anche se non dovessi
condividerlo.
Idem per l’amico “Mcioffiposta” che tu definisci povero secondo il tuo
metro di giudizio, ma penso che tu abbia usato la parola nel senso
simpatico e non come discriminativo.
A volte sembri vestire I panni di Zarathustra che scende dalla montagna
al mercato per portare l'insegnamento all'umanità.
Il comportamento di Zarathustra sembra essere opposto a quello espresso
in un saggio di Arthur Schopenhauer che prefigura - al contrario - un
allontanamento del mistico dal mercato verso la montagna, il cammino
contrario. Ironicamente il testo di Nietzsche utilizza uno stile simile
a quello della Bibbia, ma contiene idee e concetti diametralmente
opposti a quelli del Cristianesimo e del Giudaismo riguardo alla morale
ed ai valori tradizionali.
L'opera è il frutto della ripresa, da parte di Nietzsche, dello studio
di un autore amatissimo sin da quando era diciottenne, Ralph Waldo
Emerson. I temi emersoniani percorrono infatti tutta l'opera: tra questi
spiccano la fiducia in sé stessi, l'affermazione della vita
intramondana, l'amore del fato e l'idea dell'oltreuomo, e Nietzsche ha
ben ha titolato il libro “Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e
per nessuno” guadagnandosi l’appartenenza ai “filosofi del sospetto”
assieme a Marx e Freud, poiche con loro, ha messo in dubbio le certezze
condivise dalla maggior parte degli uomini.
Per nessuno come per Nietzsche dare una forma al proprio pensiero
significa scoprire il significato della propria vita e del proprio
destino, In Nietzsche trionfa il problema della della personalità.
E fin qui va bene, ma quando ti metti a leggerlo cominciano le vere
difficoltà per capire chiaramente il suo pensiero. A volte, caro
Eglamore, tu ti spingi fin sull’orloro del baratro, per, come diceva
Jannacci, vedere l’effetto che fa. Il tuo animo è sicuramente positivo e
non disfattista, ma la tua natura ti impone di criticare e deprezzare il
pensiero degli altri. Credo che potresti essere ugualmente intelligente
e satirico anche usando una minor percentuale di acidità. D’altronde è
vero che uno è come è nato e difficilmente può cambiare (a meno che sia
colpito dall’illuminazione sulla via di Damasco), perciò credo che ti
accetteremo così come sei, pregi e difetti, e continueremo a leggerti
con piacere anche se non saremo daccordo col tuo patrimonio mentale.
Alla prossima, live long and propsper, Mr.Tambourine, :o)
Mercoledì
7 Settembre 2016
Talkin'
9878 - streetoffire
Caro Mr Tambourine,
Alla domanda “Ma perchè molti insistono nel dire ‘neri’? Il termine
‘negro’ non è ne offensivo e nemmeno dispregiativo” ti rispondo: “OK, se
ne sei davvero convinto, vai nel Bronx e chiama “nigger” (l’equivalmente
inglese di “negro”) un nero e poi fammi sapere com’e’ andata… Se il
Bronx ti pare un test troppo duro, puoi tentare l’esperimento in
qualsiasi città americana… Il termine “negro” è offensivo e
dispregiativo, per una serie di motivi che presumibilmente gli
antropologi che lo idearono non potevano immaginare. Dire ‘negro’
dovrebbe solo teoricamente - in origine - identificare una razza
(seppure oggi, come hai ricordato anche tu, si parla di un’unica razza)
ma in realtà è un termine che è stato ed è tutt’oggi utilizzato in modo
dispregiativo per identificare (da chi lo utilizza) una persona/razza
inferiore. Questo non è soltanto un mio punto di vista, bensì un dato di
fatto (sono facilmente reperibili in rete informazioni attendibili a
riguardo o, se preferisci, puoi chiedere direttamente a un ‘nero’).
Spike Lee ha accusato Quentin Tarantino di utilizzare troppe volte il
termine ‘nigger’ (ovvero ‘negro’) nei suoi (di Quentin) film: se non
fosse offensivo perchè Spike se la prenderebbe tanto? La parola ‘negro’
riporta al periodo dello schiavismo e della discriminazione razziale e
usarla significa anche giustificare quel periodo storico.
Simile il discorso per gli ‘indiani’… Certo, io da piccolo li chiamavo
così, ma da piccolo tutto quello che conoscevo degli indiani era quello
che vedevo nei film, e i film erano molto di parte nel descriverli quasi
sempre come selvaggi, ignoranti, brutti e cattivi. Oggi so che le cose
non sono andate come me le hanno raccontate quei film. Chiamarli
‘indiani’ o ‘pellerossa’ non rende onore al loro popolo, perché così
sono stati definiti da chi ha contribuito al loro sterminio e da chi
ancora oggi risulta scopritore dell’America. Probabilmente dire
‘indiano’ o ‘pellerossa’ non è offensivo come dire ‘negro’. Più che
altro chiamarli ‘nativi americani’ è un modo per restituirgli almeno una
verità storica spesso dimenticata: quella di aver scoperto, ben prima di
Colombo, l’America. Magra consolazione se oggi sei obbligato a
sopravvivere in una polverosa sperduta riserva, certo, ma oggi più di
questo purtroppo non possono ottenere. Se qualcuno oggi, partendo con
l’idea di arrivare che ne so in Portogallo, arrivasse invece in Italia
e, convinto di essere in Portogallo, ci definisse portoghesi e, da quel
giorno, tutti ci chiamassero portoghesi, tu ne saresti contento? (E
neppure ti parlo di toglierti la terra, la casa, di portare malattie
prima inesistenti e di sterminare senza pietà il tuo popolo).
Poiché di Dylan in realtà in questa mail non c’è nulla, non credo sia
necessario pubblicarla sul sito, ma auspico sia più chiaro ora che dire
‘negro’ è fottutamente offensivo e che dire ‘indiano’ perché così
venivano chiamati nei film western i ‘nativi americani’ è quantomeno
superficiale. Dire, come hai fatto tu: “Possiamo cambiare i nomi, le
classificazioni, le regole o tutto quello che vogliamo, ma i fatti
rimangono quelli che sono e son sempre stati” onestamente mi pare sia
insensato. Seppure detto in buona fede, è comunque un modo per
giustificare fatti ingiustificabili. Utilizzando la parola ‘negro’
giustifichi chi in passato, utilizzando proprio quella parola, ha
schiavizzato, violentato e ucciso migliaia di persone strappate alla
loro terra. E, perché no, estremizzando un po', giustifichi gli sbirri
che troppo spesso sparano a neri disarmati (perché se uno è 'negro'
qualcosa di male lo avrà pur fatto...).
Ti allego il testo della canzone “American Skin” di Springsteen (da
sempre grande estimatore di Dylan).Forse la definizione più corretta la
dà lui: american skin, pelle americana, punto e basta, niente “negro” e
niente ‘nero’, seppure è proprio di quello che parla la canzone stessa.
American Skin
41 shots
41 shots
41 shots
41 shots
41 shots
41 shots
41 shots
41 shots...
And we'll take that ride
'cross this bloody river
To the other side
41 shots... cut trought the night
You're kneeling over his body in the vestibule
Praying for his life
Is it a gun, is it a knife
Is it a wallet, this is your life
It ain't no secret
It ain't no secret
No secret my friend
You can get killed just for living
In your American skin
41 shots
Lena gets her son ready for school
She says "On these streets, Charles
you've got to understand the rules
If an officer stops you
Promise you'll always be polite,
that you'll never ever run away
Promise Mama you'll keep your hands in sight"
Is it a gun, is it a knife
Is it a wallet, this is your life
It ain't no secret
It ain't no secret
No secret my friend
You can get killed just for living
In your American skin
Is it a gun, is it a knife
Is it in your heart, is it in your eyes
It ain't no secret
41 shots... and we'll take that ride
'cross this bloody river
To the other side
41 shots... got my boots caked in this mud
We're baptized in these waters and each other's blood
Is it a gun, is it a knife
Is it a wallet, this is your life
It ain't no secret
It ain't no secret
No secret my friend
You can get killed just for living
In your American skin
Un saluto, Mark on the Tracks
Caro Mark, pubblico con piacere la tua mail
perchè credo che le tue considerazioni siano di condivisibili e di
sicuro interesse per tutti coloro che seguono il sito.
Vorrei precisare che concordo con le tue opinioni e che ho cercato di
spiegare senza lasciarmi coinvolgere da situazioni poco edificanti
cercando di analizzare i semplici fatti che la realtà quotidiana ci
propone.
Esprimere una opinione “super partes” non significa giustificare ed io
non giustifico assolutamente niente. Le osservazioni che espimi sono
purtroppo tristemente vere, e come ho detto nella mail precedente, le
cose stanno così, anche se tragicamente vere. Io non credo che sia la
parola ad essere sbagliata, penso piuttosto che errato sia il modo di
interpretarla ed usarla da parte della popolazione di moltissimi paesi.
Come ho già detto, la realtà nessuno la può cambiare (il nero resta
nero, il giallo resta giallo, il bianco resta bianco ed il rosso resta
rosso) ma finchè ci saranno due modi diversi di affrontare l’argomento
non si arriverà mai all’uniformità di giudizio, di pensiero e di
rispetto. Per raggiungere un punto ci si può arrivare da destra o da
sinistra, il punto si raggiunge sempre, ma con metodi e percorsi
diversi.
La parola negro deriva dal latino “niger (nigra, negrum)” ed è un
aggettivo che significa nero, scuro, fosco, funesto, malvagio.
Infatti l’Africa è chiamata anche il continente nero, ma contrariamente
a quanto si potrebbe supporre, non risultano invece riconducibili alla
radice latina niger i toponimi Niger e Nigeria, per i quali si ipotizza
una derivazione dall'espressione tuareg “ngher” (abbreviazione di gher n
gheren, fiume dei fiumi).
Il termine “negro” indica generalmente una persona appartenente a una
delle etnie originarie dell'Africa subsahariana, caratterizzate dalla
pigmentazione scura della pelle; in senso più ampio, può applicarsi ad
altri gruppi etnici con caratteristiche somatiche analoghe, come i
negritos delle Filippine o gli Aborigeni australiani. Sebbene la sua
etimologia e il suo significato originale e tecnico non siano ne
dispregiativi ne volgari, sotto l'influenza di simili termini in inglese
e tedesco, la parola ha assunto col tempo connotazioni negative anche
nella nostra lingua.
Il termine italiano ”negro” come sostantivo definisce un gruppo
etnico dalla pelle scura, come aggettivo è equivalente all'aggettivo
nero (dal latino niger/nigrum), e aveva in origine tale significato;
esempi di quest'uso del termine si trovano tra l'altro negli scritti del
Petrarca, dell’Ariosto e del Carducci.
L'uso del termine negro per riferirsi alle etnie di pelle scura è
anch'esso attestato già nella letteratura del basso medioevo (per
esempio nello stesso Petrarca), ma è diventato più comune in epoca
coloniale, sia in italiano che in altre lingue (alcune delle quali lo
hanno mutuato dall'equivalente spagnolo). Derivati di questa accezione
di negro sono termini come negroide (introdotto a partire dal XIX secolo
dagli antropologi per denotare una delle ipotetiche razze umane) o
negritudine (l'insieme dei valori etnici e culturali dei popoli neri).
In Inglese il sostantivo
che corrisponde all’italiano “negro” è “negro,
nigger, blackamoor”.
Nella lingua inglese, la parola "nigger" è un insulto etnico, di solito
diretta a persone di colore. Negli Stati Uniti il suo uso è diventato
inequivocabilmente peggiorativo ed un insulto razzista.
Nell’americano contemporaneo la parola "nigger" è considerato
estremamente offensiva, ed è spesso sostituita con l'eufemismo "the
N-word" (la N-parola).
Negro, negroes - Intorno al 1442, i Portoghesi arrivarono per primi nel
Sud Africa durante il tentativo di trovare una rotta per l'India. Il
termine negro, che letteralmente significa “nero”, fu utilizzato dai
portoghesi e dagli Spagnoli come una semplice modo per riferirsi ai
popoli di etnia Bantu che incontravano. "Negro" fu anche utilizzato per
i popoli dell'Africa occidentale e le vecchbie mappe etichettarono
quell’area come “Negroland”.
Perfino la notissima
scxrittrice di gialli Agatha Christie usò la parola niggers per un suo
scritto
Comunque, per una più corretta interpretazione di
questi termini, potere leggere le parole del Dr. Federico Faloppa
(Docente universitario,
Lecturer nel Dipartimento di Modern Languages dell’Università di Reading
in Gran Bretagna dove insegna Storia della lingua italiana e
Sociolinguistica. Prima di approdare a Reading, nel 2008, ha conseguito
un dottorato di ricerca alla Royal Holloway, University of London, ed ha
insegnato “a contratto” presso l’Università di Granada, l’Università di
Birmingham, lo University College di Londra e l’Università di Torino)
che ha scritto sul sito dell’Accademia della Crusca: http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/nero-negro-colore
Detto questo, posssiamo osservare che i termini negro e nigger sono
diventati dispregiativi dopo che gli Stati del Sud importarono migliaia
di persone dall’Africa da usare come schiavi nelle piantagioni di cotone
di proprietà delle ricche famiglie sudiste. I due termini ricordano
tutt’ora agli Afro-Americani la tragedia di quei disgraziati anni ed è
forse anche per questo motivo e per non umiliare la loro etnia che oggi
si cerca di usare termini come “neri” o “di colore” invece delle
sovracitate parole.
Dobbiamo però non dimenticare che tutte le grandi civiltà del passato,
Egizi, Sumeri, Assiri, Babilonesi, Greci e Romani si appoggiarono
abbondantemente sullo sfruttamento degli schiavi, ma questo non potrebbe
mai giustificare la schiavitù, ma è puranche vero che tutte queste cose
fanno parte della storia dell’umanità.
Dylan ha trattato nei suoi primi anni di carriera il tema della
sperequazione di diritti davanti alla legge fra Afro-Americani (o
colored) ed i bianchi.
Dylan ha trattato questi argomenti in diverse canzoni, ad esempio:
GEORGE JACKSON
HURRICANE
NO MORE AUCTION BLOCK (da THE BOOTLEG SERIES Vol. 1)
THE LONESOME DEATH OF HATTIE CARROLL
Nello scritto “A Message from Bob Dylan (Open letter to the Emergency
Civil Liberties Committee, December 1963)” Dylan usa proprio le parole
“negroes” e “nigger”:
when I spoke of
Negroes
I was speakin of my
Negro friends
from harlem
an jackson
selma an birmingham
atlanta, pittsburgh, an all points east
west, north, south an wherever else they
might happen to be
i rat filled rooms
an dirt land farms
schools, dimestores, factories,
pool halls an street corners
the ones that dont own trees
but know proudly they dont have to
not one little bit
they dont have t be like they naturally ain't
to get what they naturally own no more'n anybody
else does
it only gets things complicated
an leads people into thinkin the wrong things
black skin is black skin
it can't be covered by clothes an made to seem
acceptable, well liked an respectable....
t teach that or to think that just tends the
flames of another monster myth....
it is naked black skin an nothin else
if a
Negro has to wear a tie to be a
Negro
then I must cut off all ties with who he has
to do it for
I do not know why I wanted to say this that
nite
perhaps it was just one of the many things
in my mind
born from the confusion of my times
I've been told about people all my life
about
niggers, kikes, wops, bohunks, spicks, chinks,
an I been told how they eat, dress, walk, talk,
steal, rob an kill but nobody tells me how any of'm cries
or laughs or kisses, I'm fed up with most newspapers,
radios, tv an movies an the like to tell me, I want
now t see an know for myself....
Anche in “Hurricane” Dylan usa la parola “nigger” quando la gente nera
pensa che Carter sia un negro pazzo:
All of Rubin's cards were marked in advance
The trial was a pig-circus, he never had a chance.
The judge made Rubin's witnesses drunkards from the slums
To the white folks who watched he was a revolutionary bum
And to the black folks he was just a crazy
nigger.
No one doubted that he pulled the trigger.
And though they could not produce the gun,
The D.A. said he was the one who did the deed
And the all-white jury agreed.
Invece "The Death of Emmett Till" è un brano del 1962 nel
quale Bob Dylan
racconta la tragica morte di un ragazzo di colore ucciso nel 1955 nel
Mississippi per aver osato fare dei complimenti ad una donna bianca. La
melodia del brano era stata da Dylan "presa in prestito" da un brano di
Len Chandler, come lo stesso Dylan ammise in una intervista rilasciata a
Cynthia Gooding. Fu Suze Rotolo, che all'epoca era la ragazza di Dylan e
che lavorava per il CORE (Congress on Racial Equality), a raccontare a
Bob la storia di Emmett Till.
"The Death of Emmett Till" è stata pubblicata su vari bootleg tra cui
"Genuine Bootleg Series Vol. 3".
Quello che segue è un articolo di Piero Sansonetti che ricostruisce
tutta la storia, preceduto dal testo di Dylan e dalla traduzione in
italiano.
MISSISSIPPI, STORIA DEL PICCOLO EMMETT UCCISO DAL RAZZISMO
di Piero Sansonetti, “l’Unità” 27 giugno 2004
[…] Sì, sì, la conosce benissimo. Minuto per minuto. Il giovane si
chiama Clay, ha 35 anni, è nero (anche il vecchio è nero e anche i suoi
amici). Gli dico: «E’ una cosa di cinquant’anni fa, come fai a
conoscerla?». Mi risponde che la conoscono tutti e che la storia di
Emmett Till è ancora viva perché il razzismo è una bestia maledetta e
viva e immortale. Specie qui al sud, specie in Mississippi è immortale.
Il giovane se ne sta appoggiato coi gomiti sul parapetto del portico di
casa sua, una di quelle baracchette di legno che abbiamo visto in tanti
film. Assi dipinte di celeste chiaro. Due stanze bagno e cucina. La casa
sta nel quartiere nero di Greenwood, 20mila abitanti, regno del cotone.
Mi hanno detto di non andare nel quartiere nero di sera, non è sicuro.
Invece è sicuro. C’è la ferrovia che separa il quartiere nero dal
quartiere bianco. La ferrovia taglia in due Fulton street, che è la via
principale di Greenwood: a sud gli afroamericani a nord gli
anglosassoni. A sud baracchette, a nord quelle ville col giardino, un
po’ di legno e un po’ di pietra, lussuose e con tante colonne finte a
imitare il Partenone. Clay dice che in questo mezzo secolo non è
cambiato niente, niente, e che i bianchi sono delle canaglie più
canaglie che mai. Poi si scusa imbarazzato: «non dicevo a te…». Non ti
preoccupare. Parlami di Emmett.
LA TRAGEDIA CANTATA DA DYLAN
Clay mi dice di aspettare un attimo, entra in casa ed esce con la
chitarra. Si fa vedere anche la moglie. Ora Clay mi racconta la storia
di Emmett. Finalmente il vecchio si è chetato e anche i suoi amici. Il
vecchio scuote la testa, gli amici dicono a Clay di cantare. E’ molto
intonato. Canta una canzone di Bob Dylan del ’63. Dice più o meno così:
«La mattina dopo ho visto i giornali / ma non li potevo sopportare /
C’era la foto dei due fratelli che sorridevano / mentre scendevano le
scale / La giuria ha detto che sono innocenti / che se ne possono andare
/ mentre il corpo di Emmett fluttua nella schiuma orrenda / del Jim
Crow, giù fino al mare…».
I due fratelli di cui parla Dylan sono due fratellastri bianchi
assassini, con nome e cognome: Roy Bryant e J.W. Milam. All’epoca dei
fatti avevano uno 24 e uno 36 anni. Emmett era invece un ragazzino che
aveva appena compiuto 14 anni, di cognome si chiamava Till, di
soprannome Bobo. Bryant e Milam lo hanno rapito, torturato, ucciso, e
gettato nel fiume con un peso al collo, perché aveva fatto un
complimento alla moglie di Bryant. Bryant era bianco, Emmett era nero.
Un nero non può infastidire la moglie di un bianco, oppure paga con la
vita. Che legge è? E’ la legge di Jim Crow. Chi era Crow? Lo vediamo tra
un po’.
Dice ancora la canzone di Dylan: «Degli uomini lo hanno rapito,
torturato / solo per fargli del male / Loro dicono che avevano una
ragione / ma adesso non ricordo quale… / Loro hanno spiegato perché lo
hanno ucciso: / e non mentivano per niente / La ragione è che si
divertivano a ucciderlo / e a vederlo morire lentamente».
Clay mi chiede perché mi occupo di Emmett. Gli dico che non conoscevo
questa storia e che l’ho conosciuta perché il ministro della Giustizia
ha deciso di riaprire le indagini, dopo mezzo secolo, e dopo che due
film hanno riportato l’attenzione del pubblico su Emmett Till. La
notizia l’ho letta sui giornali americani in questi giorni. Il senatore
Shumer, democratico di New York, ha fatto una lunga battaglia per
riottenere la riapertura delle indagini e l’ha vinta.
Allora Clay mi racconta per filo e per segno la storia di Emmett. E non
è una ricostruzione di fantasia. Tutti i particolari li ha riferiti
J.W.Milam – cioè l’assassino – un anno dopo essere stato assolto, a un
settimanale americano che si chiama Look. Gliel’ha venduti per 4000
dollari, che a quel tempo erano molti. Specie per uno spiantato senza un
soldo in tasca come Milam. Una confessione vera e propria, ma dopo
l’assoluzione. E la legge americana dice che nessuno può essere
processato due volte per lo stesso reato. E allora come fa ora il
ministro della Giustizia a riaprire il processo? Ci sono due motivi. Il
primo è che potrebbero esserci dei complici, che non sono mai stati
processati. Il secondo è che quello di allora fu un processo del
Mississippi, di un singolo Stato, quella di oggi è un’indagine federale,
cioè di un livello superiore. Allora non fu ammessa la ragione razzista
del delitto, che avrebbe imposto un processo federale, e quindi restò un
processo locale. Mezzo secolo dopo si è accettata l’idea che quello fu
il linciaggio di un nero.
IL CORAGGIO DI BOBO
Siamo nel 1955. C’è un paesino minuscolo, vicino a Greenwood (a 10
chilometri) che si chiama Money. Siamo nel delta del Mississippi, uno
dei posti più belli e struggenti del mondo. Il cotone dà da vivere a
tutti. La contea di Greenwood – dicono – dal 1917 è il più grande
mercato di cotone che c’è sul pianeta. Il cotone lo raccolgono i neri,
ma qui si chiamano negri. La gente perbene usa la parola «negroes», i
razzisti dicono «niggers». Money è un ufficio postale, una chiesa, un
negozietto, un impianto per la prima lavorazione del cotone, un
benzinaio con una tettoia e due pompe. Nient’altro. Le case, una
quindicina, sono sparse nella campagna. Il paese è tagliato in due dalla
ferrovia. Qui a Money negli anni ’20 viveva una famiglia, la famiglia
Cartham. Il signor Chartam, che era nero, si stufò di vivere nel sud
razzista e se ne andò a Chicago. Insieme alla figlioletta Mamie che poi
diventerà la madre di Emmett. Mamie è nata nel 1920, suo figlio nel 1941
(lo stesso anno di Bob Dylan). Il marito di Manie era un ex pugile,
divorziarono nel ’42, lui andò in guerra in Italia e non tornò più.
Nell’estate del 1954 Mamie se ne va in vacanza in Nebraska. Bobo dice
che ormai è grande, vuole andare in vacanza da solo. Dagli zii, anzi i
prozii, che vivono ancora a Money: Moses Wright e sua moglie Elizabeth.
Lì dagli zii ci sono una quindicina di cuginetti.
Il negozietto di Money appartiene al signor Roy Bryant e a sua moglie
Carolyn. Hanno due figli molto piccoli e vivono nel retrobottega del
negozio. Carolyn è una donna assai bella, ha ventun’anni, ha vinto due
concorsi di bellezza ad Indianola, città a una cinquantina di chilometri
da Money, dove ha studiato al liceo. La sera del 24 agosto del 1955, un
mercoledì, Bobo Till, i suoi cugini e un paio di amichette sono nello
spiazzo davanti al negozio. Uno dei cugini di Bobo lo prende in giro.
Gli dice: «Ti dai le arie che ci sai fare con le donne, facci vedere
cosa fai con la signora Bryant». Bobo raccoglie la sfida, entra nel
negozio, compra le gomme americane e poi dice alla signora: «Cosa ne
pensi di darmi un appuntamento, baby?». Lei invece che mettersi a ridere
si mette a gridare, chiama la cognata, Bobo insiste: «non devi aver
paura di un ragazzo nero, già ho avuto altre donne bianche». Un cugino
capisce che Bobo si sta ficcando nei guai seri, entra nel negozio, lo
afferra e lo porta fuori. Bobo, sulla porta, si gira ancora, e fischia a
Carolyn.
Nella notte tra il sabato e la domenica successiva, due uomini si
presentano, alle due, a casa di Moses Wright. Sono armati di pistola.
Moses li conosce, sono Roy Bryant e suo fratello J.W.Milam. Vogliono
Bobo. Il ragazzo viene svegliato. Loro gli dicono di vestirsi e di far
presto. Bob non sembra impaurito. Si veste con calma, lo fanno salire
sul furgone di J.W.Milam. Lo mettono nel cassone dietro, loro si siedono
nei sedili davanti. Guida Roy. Portano Bobo sul greto del fiume, il
Tallahatchie. Lo fanno scendere e lo minacciano con la pistola. Poi lo
fanno risalire sul camion, lo portano a casa di J.W., a Glendora,
quindici miglia da Money. Dentro casa lo frustano. Lui non piange. Anzi
li sfida. Gli grida in faccia: «sono esattamente come voi, valgo quanto
voi, non sono diverso dai bianchi. Voi siete dei bastardi». J.W.
racconterà nella confessione a pagamento che l’idea era solo quella di
picchiarlo e di spaventarlo. Ma lui non si spaventa. Allora lo fanno
salire di nuovo in macchina, e in macchina hanno un’elica di quelle che
servono per lavorare il cotone. Pesa circa trenta chili. Lo portano di
nuovo sul greto del fiume, a Nord di Glendora, in un punto abbastanza
ripido. Il fiume è largo, fanghiglioso, circondato da una vegetazione
verdissima e da alberi molto alti. Sul greto del fiume lo frustano
un’altra volta. J.W. si arrabbia perché Emmett non piange. Allora tira
fuori di nuovo la pistola e gliela punta all’orecchio. Gli chiede: «Hai
paura?»: Bobo risponde di no. Gli chiede: «Sei ancora convinto che io e
te siamo uguali e valiamo nello stesso modo?». E Bobo risponde di sì.
Gli chiede: «Tu credi ancora di avere il diritto di guardare una donna
bianca?». Bobo dice di avere il diritto. J.W. capisce che quel ragazzo
non può farla franca. Un nero non può sfidare così un bianco: se no è
finita. Preme il grilletto. Un colpo s, un proiettile a espansione.
Fracassa il cervello di Bobo. Poi, insieme a Roy, J.W. lega l’elica al
collo di Emmett e lo butta al fiume. Il corpo riemerge quattro giorni
più tardi, in un punto dove il fiume passa vicino a Money. Orribilmente
deturpato.
LA BARA APERTA E IL PROCESSO
Mamie Till decide che il funerale si farà con la bara aperta. Vuole che
tutti lo guardino in faccia il razzismo. Il funerale si svolge a
Chicago. Ci sono cinquantamila persone. Intanto i due assassini sono
stati denunciati da Moses Wright, anche se sua moglie ha pregato di non
farlo. Non è mai successo qui in Mississippi che un nero denunci un
bianco. E’ molto pericoloso. Moses manda la moglie a Chicago per
proteggerla. Lui resta a Money. Lo sceriffo – un brutto ceffo razzista,
un certo Clarence Strident – è costretto ad arrestare i due fratelli. Il
processo si fa in una città vicina, a Summer, ai primi di settembre. Il
giorno del processo la Corte è strapiena. Lo sceriffo fa mettere i neri
fuori dell’aula, nel corridoio. Anche i giornalisti neri restano fuori.
E resta fuori anche un deputato nero, Charles Diggs. Lo sceriffo ogni
tanto passa nella zona dei neri e li sfotte: «How are you, niggers?». I
due fratelli bianchi sono difesi da un folto gruppo di avvocati che
presta la propria opera gratuitamente. Tutti gli avvocati bianchi di
Greenwood si sono offerti volontari per difendere Bryant e Milam. E
inoltre sono stati raccolti 10mila dollari di aiuti. Il processo dura
due giorni. Moses Wright va al banco dei testimoni. Gli chiedono se
conosce chi ha rapito suo nipote. Lui alza la mano e indica i due
imputati. Dice solo una parola: «They», loro. E’ la prima volta in
Mississippi che succede una cosa del genere. L’aula ammutolisce, è
indignata di tanta sfrontatezza. Poi va a testimoniare anche un
ragazzetto di 18 anni, un amico di Emmett, anche lui nero,
coraggiosissimo. Si chiema Willie Red. Anche lui accusa i fratelli. Dice
di abitare di fronte alla casa di J.W., dice che quella notte era
sveglio e stava alla finestra, e che ha visto Emmett mentre veniva
portato dentro casa da Bryant e da Milam. Poi parla l’avvocato dei due
assassini. Si chiama Sidney Carlton. Dice: «Signori giurati, se non
liberate questi due ragazzi bianchi i vostri antenati si rivolteranno
nella tomba. Ma sono sicuro che questo non succederà: so che voi siete
anglosassoni e so che libererete questi fratelli anglosassoni». La
giuria è tutta di bianchi. Non ha molto da discutere, la colpa è
evidentissima, è chiara come il sole. La giuria resta riunita per 67
minuti, poi esce: «no guilty», innocenti. Roy e J.W. sono liberi, si
abbracciano, baciano le mogli, scendono le scale della corte – come
canta Bob Dylan – sorridendo e fumando il sigaro. I gornali del luogo
dicono che è stato un brutto delitto, ma che non c’erano prove per
condannare i due fratelli e che comunque parlare di linciaggio è
eccessivo.
La mamma di Emmett scrive al presidente Eisenhower e al mitico capo
dell’FBI Hoover. Vuole essere ricevuta. Non la ricevono. Lei dice che si
tratta di un delitto razzista e che il governo deve intervenire. Occorre
una corte federale. Il ministro della Giustizia scrive a Hoover per
avere un parere. Hoover risponde con una lettera di due pagine che
andrebbe distribuita in tutte le scuole del mondo per spiegare cos’era
l’America ai tempi di Eisenhower. Hoover dice che l’azione contro la
vittima è avvenuta per motivi sessuali e non razziali. Dice che non c'è
stata nessuna violazione del «Civil Rights Bill», e che questi fatti
vengono confermati da tutti gli agenti dell’FBI che si sono occupati
della vicenda. Scrive testualmente: «Non c’è nessuna prova che la
vittima sia stata sottoposta alla privazione di alcun privilegio o
garanzia assicurati dalla Costituzione degli Stati Uniti e dalla legge».
Del resto, annota Hoover, recentemente, a Washington, un gruppo di
ragazzi bianchi è stato aggredito da un gruppo di negri e nessuno ha
invocato il delitto razzista e l’indagine federale. Dunque è buono il
processo del Mississippi e l’assoluzione.
Recentemente, nel 1994, Roy Bryant è stato intervistato da una radio.
Non ha detto niente. Ha solo imprecato contro chi tenta di cambiare le
leggi per rimetterlo in mezzo con quella maledetta storia. Ha detto che
a lui del delitto non è venuto neanche un nichelino. I soldi
dell’intervista li ha presi tutti il fratello e il negozio di Money è
fallito perché i neri lo boicottavano.
IL DESERTO DI MONEY
Money oggi è una minuscola città morta. L’impianto per la purificazione
del tabacco è chiuso, la stazione di servizio è chiusa, cadente e
impolverata, è chiuso e in rovina anche il vecchio negozio dei Bryant.
L’edificio è diroccato, le porte e le finestre sbarrate con assi di
compensato. Dentro è tutto in sfacelo. C’è solo l’ufficio postale che
funziona, poco più di un container. Nell’ufficio c’è l’impiegato e due
clienti. Tutti e tre bianchi e tutti e tre abbastanza anziani.
L’impiegato potrebbe avere più o meno l’età di Emmett, cioè 60 o 65
anni. Gli chiedo di Emmett, lui comincia a gridare e a fare gesti con le
mani, come ad invitarmi ad andare via. «Chi sei? Cosa vuoi?» mi grida in
faccia. Gli dico che sono un giornalista italiano. «Torna in Italia, non
cercare qui questa robaccia!». Interviene il più anziano dei clienti,
che è venuto per ritirare un pacco di giornali. Lui avrà più di
ottant’anni, all’epoca era un uomo fatto. Parla pacato, a voce bassa:
«Cosa vuoi sapere?». La storia di Emmett, rispondo. Voglio sapere se è
vera. «Sì è vera». Tu sei di qui – chiedo – te la ricordi la storia? «Sì
ho sempre vissuto a Money, sì io c’ero», risponde. Come è potuta
avvenire una vergogna simile? «Voi non sapete che clima c’era allora a
Money. Tutte le estati arivavano i negri dal nord, arrivavano gli
yankee, non se ne poteva più di loro. E’ stato un incidente». Gli chiedo
di indicarmi il negozio di Bryant. «Vattene», mi risponde, «adesso basta
domande, go home, torna in Italia». Si allontana zoppicando, appoggiato
a un bastone, continuando a ripetere: «vattene, falla finita con questa
storia di Emmett». C’è un signore sui cinquant’anni seduto in macchina,
e vicino a lui, appoggiato alla macchina, c’è un suo amico. Provo a
farmi dire qualcosa da loro ma loro mi guardano fissi e restano zitti
davanti alle mie domande. Provo a fare domande che non c’entrano
direttamente con Emmett, sul cotone, su Money, sui negozi: restano muti,
mi guardano, sfidandomi.
Mi aggiro per le poche case di Money ma sono tutte chiuse. Anche la
Chiesa è chiusa. Finalmente incontro un nero. Lui mi indica il negozio
dei Bryant, mi porta sul greto del fiume, nel punto dove hanno ucciso
Emmett, mi dice che J.W. è morto di cancro nell’89 e che Roy è morto nel
’94, poco dopo quell’intervista alla radio. E’ viva ancora lei, Carolyn,
ha settant’anni, abita ad Indianola, non parla con nessuno, è ancora
bella. Carolyn ha paura, perché se riaprono il processo lei potrebbe
essere coinvolta. Anche Mamie è morta, la mamma di Emmett. E’ morta
l’anno scorso, a 83 anni, dopo una vita infernale.
Torno a Greenwood. Vado nel quartiere ricco dei bianchi. Chiedo a loro
di Emmett. La maggior parte non sa niente, o dice di non sapere. Due
signore, sui sessanta, mi rispondono che fu una brutta storia ma che poi
i neri ci fecero una montatura. Una persona sola, di una ventina che ho
interpellato, non ha dubbi, e dice che quell’estate del ’55 è stata la
più brutta estate del Mississippi, e che loro bianchi ci metteranno un
secolo per far dimenticare la colpa e la vergogna.
P.S. Dimenticavo di Jim Crow. E’ il personaggio di una canzone razzista
che si cantava in Kentuky alla fine dell’ottocento. Era il periodo nel
quale il razzismo bianco si riorganizzava nel Sud, dopo aver perso la
guerra coi nordisti. E le corti supreme dei vari stati (ma anche la
corte suprema federale) emanavano sentenze su sentenze contrarie ai
neri. Le leggi segregazioniste erano tutte confermate, il diritto di
voto ai neri veniva negato, e il civil right bill del 1875 (molto
precedente a quello degli anni kennediani) veniva cancellato perché
considerato incostituzionale. Da allora si dice che nel Sud degli stati
Uniti la legge vera è quella di Jim Crow, e che nessuna sentenza
dell’alta corte di Washington può cambiarla. E’ una legge non scritta e
dichiara la superiorità dei bianchi.
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Piero Sansonetti, “l’Unità” 27 giugno 2004
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Attraverso la frequentazione prima di Suze Rotolo che lavorava per il
movimento di protesta per i diritti civili e poi con Joan Baez che era
diventata l’eroina di tale movimento, Dylan, nei primissimi anni della
sua carriera fu coinvolto dalle proteste dei neri, seguì le rivolte
razziali e praticamente si schierò dalla parte dei neri poveri,
sfruttati e maltrattati dagli americani di pelle bianca. In seguito,
quando ottenne il successo tanto cercato, rifiutò il soprannome di “voce
di una generazione”, mollò prima Suze e poi la Baez perchè non gli
servivano più, prese le distanze dal movimento per i diritti civili e si
buttò a capofitto nel Rock abbandonando il Folk e le sue motivazioni.
Dylan attraverserà diversi cambiamenti e metamorfosi artistiche e
mentali cambiando per forza di cose anche gli argomenti trattati nelle
sue canzoni, anche se non dimenticherà di schierarsi a favore di
Hurricane e di George Jackson.
Anche in “Only a Pawn in Their Game”, canzone che racconta l’omicidio
dell’attivista nero Medgar Evers da parte di un bianco di nome Byron De
La Beckwith, un venditore di fertilizzanti membro del White Citizens'
Council e del Ku Klux Klan, che fu arrestato il 23 giugno 1964 per
l'omicidio di Evers, viene usata da Dylan la parola “negro”:
You’re better than them, you been born with white skin,” they explain.
And the
Negro’s name
Is used it is plain
For the politician’s gain
As he rises to fame
And the poor white remains
On the caboose of the train
But it ain’t him to blame
He’s only a pawn in their game
Possiamo quindi affermare senza ombra di dubbio che Dylan si è sempre
interessato della questione razziale essendo lui stesso di etnia ebrea
che rapprsenta il 4% della popolazione americana, quindi teoricamente
una minoranza sociale.
La questione razziale in America probabilmente non finirà mai,
indipendentemente dalla volontà dei neri o da quella dei bianchi. Questa
questione è una di quelle nella quale le cose stanno così e niente e
nessuno può cambiarle, almeno questo è quello che ci ha insegnato finora
la storia americana. Anche in Europa la questione razziale
(neri/bianchi) comincia a diventare un problema a causa delle migrazioni
di massa che di susseguono senza sosta, ma oggi come oggi, nessuno di
noi è in grado di dire come si evolverà la cosa nell’arco degli anni
futuri, forse i nostri figli potranno dire qualcosa di più preciso, ma,
come dicevano i Nomadi “Noi non ci saremo”. Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Giovedì
1 Settembre 2016
Talkin'
9877 - mcioffiposta
Un amico, appena rientrato da Los
Angeles, in visita al cugino di origine irpina, partito negli anni '70
per gli usa, tale Pasquale Fabrizio, titolare del negozio di scarpe per
vip "Pasquale Shoe" mi ha raccontato che questo Pasquale si vanta - e
non poco - di essere il Don Pasquale di Cry a While. La chiamata premio
di Don Pasquale, il martellio sul muro ecc. Provengono - dice lui - dal
suo negozio...la booty call avrebbe sí un significato sessuale ma non
solo. La chiamata premio potrebbe indicare che le scarpe sono pronte...E
il martellio che si ode potrebbe avere il doppio significato erotico e
del lavoro di Don Pasquale. Ho visto sul sito internet di questo
Pasquale Shoe e é davvero quello che dice di essere. Ovviamente sostiene
di avere fatto le scarpe anche a Bob e da qui verrebbe la citazione
nella canzone. La storia vi sembra verosimile? Ciao.
Prima di tutto grazie per questa
interessantissima notizia, al di là della veridicità o della bufala.
Sono andato anch'io a visitare il sito di Pasquale Fabrizio
http://pasqualeshoerepair.com/gallery.html che
dice:
Pasquale Fabrizio è
un maestro calzolaio dagli standard rigorosi ed un’ arte ispirata. Le
riviste di moda e gli esperti dello stile di alta qualità hanno citato
il suo laboratorio di Los Angeles come "il miglior calzolaio del mondo".
Figlio canadese di genitori immigrati italiani, Pasquale ha imparato
l'arte del fare scarpe nella sua azienda famigliare. Per quasi 50 anni
ha costruito la sua reputazione facendo scarpe per leggende di
Hollywood, tra cui Cary Grant, Dean Martin e Frank Sinatra. Pasquale ha
continuato la tradizione di famiglia con la visione di un perfezionista
e una conoscenza notevole dell’ architettura delle scarpe. Oggi,
Madonna, Christina Aguilera, Sarah Jessica Parker, Angelina Jolie e Mick
Jagger calzano le sue migliori scarpe.
Effettivamente il sito
riporta le foto di moltissime celebrità per le quali Pasquale ha fatto
scarpe. La storia sembra verosimile, ma è pur anche vero che nel sito di
Pasquale Shoe io non ho trovato, tra le moltissime celebrità, la foto di
Bob: Questo non vuol dire che Pasquale sia un millantatore (Aristotele
disse "Il millantatore è colui il quale fa mostra di titoli di merito
che non possiede"), ma nessun elemento sembra giocare a favore delle sue
parole, anche se è vero che nella strofa di "Cry a While" sotto
riportata è citato un "Don Pasquale":
La scorsa notte,
dall’altra parte del vialetto, c’era un martellio sul muro
Deve essere stato Don Pasquale che faceva una chiamata premio alle 2 di
notte
Spezzare un cuore fiducioso come il mio era proprio nel tuo stile
Bè, ho pianto per te ora è il tuo turno, di piangere per un pò Last night 'cross the alley there was a pounding on the walls
It must have been Don Pasquale makin' a two a.m. booty call
To break a trusting heart like mine was just your style
Well, I cried for you - now it's your turn to cry awhile
Quindi il vanto di Pasquale potrebbe benissimo
essere vero, però, e questa è solo una mia riflessione, se Pasquale
avesse fatto un paio di scarpe per Bob avrebbe cercato con ogni mezzo di
farlo apparire nel sito, e, nel caso di assenza di una foto, ci dovrebbe
essere almeno una citazione in proposito, visto che Bob, sempre a
mio parere, è molto, ma molto più importante di tutte le altre celebrità
che appaiono nel sito. Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Ciao Tamb, allora Bob sembra proprio che
la salti l'Europa in questo 2016, non succedeva dall'88, anno di inizio
del net ..... in compenso, le belle novità di questa estate 2016 sono
l'uscita, piuttosto a sorpresa, di questo After the Empire, vero e
proprio album di inediti metà anni '80, facilmente scaricabile in rete,
BOB DYLAN & TOM PETTY AND THE HEARTBREAKERS 1985 ...
www.youtube.com Disc 1
I Shall Be Released. Gotta Serve Somebody. Across The Borderline. Senor
(Fragment). Trouble. Clean Cut Kid. I’ll Remember You. That Lucky Old
Sun ...
BOB DYLAN & TOM PETTY AND THE
HEARTBREAKERS - 1985 ...
www.youtube.com Disc 2
Tight Connection To My Heart. Dead Man Dead Man. Heart Of Mine. Baby
Please Stop Crying. Come Together (Short Version). This Was My Love. Red
Cadillac & A ...
Forever Bob e un caro saluto a te e a tutti gli amici della fattoria.
Elio Gallotti
Thanks a lot Elio,
live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)