William Zanzinger (molto
probabilmente) ha ucciso Hattie Carroll
di Alessandro Carrera
Penso che sia il caso di fare alcune rettifiche all’articolo di Paolo
Vites “William Zanzinger non ha ucciso Hattie Carroll”, apparso su
“Maggie’s Farm” il 13 maggio. Mi dispiace, per una volta, essere in
disaccordo con Vites, che è un amico e che giudica positivamente il mio
pezzo su “Hattie Carroll” su “Maggie’s Farm”. Non ho nessuna intenzione di
creare polemiche, voglio solo fornire alcuni dati che mancano
nell’articolo di Vites o che sono riportati da fonti poco attendibili.
Possono essere utili per capire meglio sia il retroterra della canzone di
Dylan sia per non farsi ingannare dalle proprie buone intenzioni.
Per prima cosa, la versione ufficiale dei fatti: l’incidente tra William
Devereux Zantzinger (le fonti non concordano mai sulla corretta grafia del
nome, se sia Zanzinger o Zantzinger, che è la versione usata da Dylan) e
Hattie Carroll avviene all’una e quaranta nella notte tra l’8 e il 9
febbraio 1963 all’Emerson Hotel di Baltimore, durante una festa di
beneficenza nota come “Il ballo delle zitelle” [The Spinsters’ Ball].
All’una e trenta il comportamento di Zantzinger, 24 anni, probabilmente
ubriaco, si fa pericoloso. Con un finto bastone da parata, pare di legno,
insegue una cameriera nera di trent’anni di nome Ethel Hill, picchiandola
ripetutamente. Dieci minuti dopo chiede un bicchiere di bourbon e ginger
ale a un’altra cameriera di nome Hattie Carroll, 51 anni, madre di undici
figli, sofferente di ingrossamento del cuore e ipertensione arteriosa.
Pare che Hattie Carroll abbia le mani impegnate in quel momento e dica:
“Aspetti un minuto, signore” [“Just a minute, sir”]. Al che Zantzinger
risponde: “Quando ordino da bere lo voglio subito, stronza di una negra”
[“When I order a drink I want it now, you black bitch”]. Hattie Carroll
dice che sta facendo del suo meglio. William Zantzinger allora la colpisce
sul collo e sulle spalle (così viene riportato) con il bastone che ha in
mano. Hattie Carroll grida aiuto, sviene, ed è portata in stato di
incoscienza al Baltimore Mercy Hospital.
Più tardi, nei locali dell’albergo, la polizia trova il bastone di William
Zantzinger spezzato in tre tronconi, presumibilmente da lui stesso.
Zantzinger e sua moglie, Jane Elson Duvall, reagiscono violentemente ai
poliziotti che li interrogano, arrivando a fare a pugni. Vengono portati
alla stazione di polizia e accusati di resistenza a pubblico ufficiale.
Jane Duvall viene rilasciata dopo aver pagato una cauzione di 28 dollari.
William Zantzinger viene trattenuto tutta la notte e appare davanti al
giudice la mattina dopo. Si dichiara non colpevole ed è rilasciato grazie
a una cauzione di 600 dollari. Alle nove e quindici della stessa mattina
Hattie Carroll muore al Mercy Hospital senza aver ripreso conoscenza. La
causa della morte viene attribuita ad emorragia cerebrale causata dai
colpi ricevuti. Sembra che i documenti dell’ospedale parlino di colpi alla
testa, mentre precedenti testimonianze riferivano di colpi al collo e alle
spalle; può darsi che il referto sia stato compilato in fretta, e
naturalmente non si può decidere in questa sede se la morte fu causata da
emorragia o da infarto, come sostiene Vites (ma non capisco su che base lo
affermi, visto che Heylin dice solo che Hattie Carroll “morì la mattina
seguente” [she died the following morning], senza specificare la causa
della morte). Un articolo del Washington Post dell’1 febbraio 2004,
firmato da Susan Gervasi, e che citerò ancora, conferma la versione
dell’emorragia cerebrale (parla di “stroke”). Non appena la polizia
apprende della morte di Hattie Carroll emette l’ordine di arrestare
William Zantzinger con l’accusa di omicidio di primo e di secondo grado.
Zantzinger è arrestato alcuni giorni dopo.
Il processo ha luogo nel giugno del 1963. Una corte composta di tre
giudici conclude che Zantzinger è colpevole di omicidio
preterintenzionale, facendo cadere le accuse di omicidio di primo e
secondo grado. Il 28 agosto 1963 William Zantzinger viene condannato a una
multa di 625 dollari e a sei mesi di carcere, che però inizia a scontare
il 15 settembre 1963 perché gli viene lasciato il tempo di completare la
raccolta di tabacco nella sua piantagione di Mount Victoria. Tre mesi
dopo, alcuni giorni prima di Natale, viene rilasciato definitivamente per
buona condotta. Sembra che successivamente abbia pagato un compenso di
25.000 dollari alla famiglia di Hattie Carroll.
Dylan viene a sapere del caso da due fonti: un articolo di Roy H. Wood,
intitolato “Un danaroso violento uccide una donna di colore madre di dieci
figli” [“Rich Brute Slays Negro Mother of 10”], uscito su un quotidiano
(può darsi che fosse “The Baltimore Sun” del 10 febbraio 1963, ma non sono
sicuro). L”articolo era stato fotografato e ristampato sulla rivista
“Broadside”, n. 23, marzo 1963, a commento della canzone di Don West,
“Ballad of Hattie Carroll” (Dylan, come si vede, non è il primo ad aver
scritto una canzone sulla morte di Hattie Carroll, anche se ora nessuno si
ricorda più della canzone di Don West). All’epoca di quel primo articolo,
il processo a Zantzinger non era ancora stato celebrato.
La seconda fonte è un articolo apparso sul “New York Times” il 29 agosto
1963, intitolato “Possidente condannato per la morte di una cameriera”
[“Farmer Sentenced in Barmaid’s Death”], dal quale si ricavano la maggior
parte delle informazioni che sono poi circolate sul caso, e che sono state
utilizzate da Andy Gill nel suo “Don’t Think Twice, It’s All Right – Bob
Dylan: The Early Years (Thunder’s Mouth Press 1998), da Todd Harvey in
“The Formative Dylan: Transmission and Stylistic Influences, 1961-1963”
(The Scarecrow Press 2001) e dall’anonimo autore dell’articolo “1960s:
William Zantzinger Did Kill Poor Hattie Carroll”, pubblicato su “The
Telegraph” e ristampato in “All Across the Telegraph: A Bob Dylan
Handbook”, a cura di Michael Gray e John Bauldie (Sidgwick & Jackson
1987).
Da dove viene dunque la versione alternativa dei fatti sostenuta da
Clinton Heylin nel suo “Bob Dylan Behind the Shades Revisited” (Morrow
2000, pp. 124-125)? Secondo la versione di Heylin, alla quale Vites dà
fiducia, Zantzinger si sarebbe limitato a “battere” le spalle di Hattie
Carroll con il suo bastone, fra i due ci sarebbe stata una discussione,
Hattie Carroll sarebbe andata a lamentarsi in cucina con i colleghi, lì si
sarebbe sentita male, e la mattina dopo sarebbe morta. Heylin aggiunge che
gli appoggi politici di cui Zantzinger godeva (e che Dylan menziona nella
sua canzone) si limitavano al fatto che suo padre negli anni trenta era
stato membro della commissione del piano regolatore dello stato del
Maryland, e Vites sembra concordare che si tratti di poca cosa (ma non è
poca cosa; le commissioni che si occupano dei piani regolatori hanno il
potere di influenzare gli appalti pubblici). Pare che il padre di William
Zantzinger, Richard C. Zantzinger, fosse stato anche deputato dello stato
del Maryland, ma di questo non sono certo. Nel suo inflessibile
revisionismo, Heylin aggiunge altre cose: che il ritratto che Dylan dà di
William Zantzinger è quasi calunnioso [“verges on the libelous”],
descrivendolo come un figlio di papà che avrebbe ucciso una cameriera di
colore, mentre “la realtà del caso” [“the reality of the case”] è ben
diversa ed è appunto quella che lui descrive.
Heylin sembra molto sicuro delle sue fonti, ma non dice quali siano. Non
c’è nessuna nota e nessun riferimento che ci indichi dove ha appreso
informazioni così diverse dalle fonti ufficiali, e che se fossero vere
sarebbero più che sufficienti per chiedere una revisione del processo. In
realtà la versione alternativa dei fatti è in circolazione almeno dal
1995. La si ricava da questo messaggio di posta elettronica inviato a un
“discussion group” dylaniano:
Date: Sat, 9 Dec 1995 07:59:41 GMT
From: Jeff Rosenberg JfryBlair (jrosnbrg at WORLDWEB.NET)
Subject: Re: Hattie Carroll /William Zantzinger
...I e-corresponded last winter with a kid who lives near Z. in Maryland,
his dad is best friends with the infamous man, and the story Z. tells
these days is that he just "tapped" Mrs. Carroll on the behind with his
cane and she died of a heart attack from the shock! A likely story....
[...sono stato in contatto via posta elettronica con un ragazzo che è
vicino di casa di Z. {Zantzinger} nel Maryland, suo padre è molto amico di
quel tale tristemente famoso, e la storia che Z. racconta in questi giorni
è che lui ha solo “battuto” la Carroll sulla schiena e che lei è morta di
infarto per lo shock! Una versione comoda...]
Il messaggio può essere letto nella sezione “Who’s Who” del sito
www.expectingrain.com. Io non posso sapere dove sta la verità, ma stare
attento a fare affermazioni come quelle di Vites:
“Questa è la ricostruzione che ha fatto Clinton Heylin sulla base di
precise
documentazioni raccolte nei successivi quarant'anni (a meno che non si
voglia dire che queste documentazioni furono falsate dai "bianchi" e dalla
polizia del Maryland, ma non fu così).”
Quali documentazioni? Heylin non lo dice. E come fa Vites a sapere che
“non fu così”? Vites aggiunge: “Credo che nessuno possa più dire che
Zantzinger è un assassino. I sei mesi di condanna e la multa forse furono
anche troppo”. È il caso di ricordare che sei mesi di carcere per un
omicidio preterintenzionale non sono “troppi” neanche per la legge
italiana? Zantzinger, comunque, ne scontò solo tre mesi e dieci giorni.
Nel già citato website si leggono altre informazioni che raccontano una
storia ben diversa, su ciò che accadde a Zantzinger dopo il processo, da
quella sostenuta da Vites. Vites scrive: “William Zantzinger era
sicuramente uno stronzo, su questo non ci piove e i continui guai
giudiziari dopo quell'episodio fino quasi ai giorni nostri lo dimostrano.
Però non ha mai avuto problemi con la gente di colore, né allora né oggi.
“
Molti dati contestano quest’ultima affermazione. Nel 1991 William
Zantzinger fu condannato per truffa. Come riferisce un articolo del
giornalista Michael Olesker, pubblicato su “The Baltimore Sun” (non so
esattamente in che data), Zantzinger aveva raccolto 60.000 dollari di
affitti per baracche che non avevano né servizi igienici né acqua
potabile, e dove vivevano i neri più poveri della periferia di Baltimore.
Zantzinger aveva citato in giudizio una famiglia che gli doveva 240
dollari. Al processo si scoprì che quelle baracche per cui chiedeva
l’affitto non erano più sue da cinque anni (gliele avevano requisite
perché non pagava le tasse), e fu condannato a una pena più lunga di
quella che aveva scontato per la morte di Hattie Carroll. Il caso ebbe
risonanza nazionale, perché molti si ricordavano di chi era William
Zantzinger per via della canzone di Dylan, e la National Public Radio (la
radio pubblica americana) dedicò un lungo servizio al caso. I guai
giudiziari di William Zantzinger non sono finiti nemmeno ora. Il già
citato articolo di Susan Gervasi apparso su “The Washington Post” dell’1
febbraio 2004 riferisce che Zantzinger è stato recentemente accusato di
appropriazione indebita per un valore di 16.000 dollari, e che la causa è
in corso.
Si aggiunga questo: un articolo pubblicato sul “New Yorker” dell’11
novembre 2002 cita Michael Perlin, professore di diritto alla New York
University, che ha dedicato molta attenzione a come Dylan affronta
questioni di diritto e giustizia nelle sue canzoni, usando titoli di
canzoni dylaniane come titolo di vari suoi saggi accademici. A proposito
di “The Lonesome Death of Hattie Carroll” Perlin parla di “concezione
terapeutica del diritto”. In altre parole: quello che è accaduto tra
William Zantzinger e Hattie Carroll è soggetto ad esame legale
indipendentemente da quelle che possono essere le conclusioni del diritto
procedurale sul grado di colpevolezza di Zantzinger, e deve risultare in
azioni che siano “terapeutiche” sulla società. Ora, non credo che un
giurista di nome come Michael Perlin avrebbe ignorato eventuali errori
procedurali nel caso Zantzinger, se questi fossero di dominio pubblico e
non, come credo, solo nella mente di Clinton Heylin.
Perché questo è il punto: ho letto abbastanza letteratura su Dylan, e ho
letto abbastanza di Clinton Heylin, per aver capito che di colui che passa
come il più competente biografo dylaniano al mondo non c’è sempre da
fidarsi. Heylin sembra prigioniero di un suo complesso di onnipotenza (lui
sa che cosa è successo a Dylan meglio di Dylan stesso, o così crede) dal
quale i suoi lettori farebbero meglio a stare in guardia. Se uno vuole
avere la reputazione di studioso, come Heylin credo che voglia, allora
deve sottomettersi alle regole della disciplina accademica, invece di fare
affermazioni strepitose e non comprovate. E tutti noi dovremmo stare
attenti prima di fare affermazioni come queste di Vites: “Si sa che Dylan
abbia ammesso che a quei tempi scriveva canzoni semplicemente dopo aver
letto un articolo sul giornale (e si sa le cazzate che scrivono i
giornali) però avrebbe dovuto fare qualche ricerca. Oppure negli ultimi
quarant'anni ammettere di aver raccontato un falso storico”.
Dove sarebbe il “falso storico”? Chi l’ha dimostrato? Sulla base di quali
dati? Quanto alle “cazzate che scrivono i giornali”, beh, il “New York
Times” prima di pubblicare “cazzate” ci sta abbastanza attento. Gli può
sfuggire qualcosa, ma su un caso che ha risonanza nazionale prima di
pubblicare un articolo opera controlli su controlli (per ogni articolo che
viene scritto ci sono uno o due redattori che verificano le fonti, in
totale indipendenza dall’autore dell’articolo), e se deve rettificare una
notizia apparsa in precedenza si può stare ragionevolmente sicuri che lo
farà. “Sarebbe ora che Dylan si informasse dei fatti”, scrive Vites. Non
solo Dylan, mi sembra.
Alessandro Carrera
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