William Zanzinger
aggiornamenti:
Paolo Vites mi scrive: "Clinton Heylin è piuttosto difficile da
contattare, così ho richiesto il parere di Andy Muir, autore del libro
Razors Edge ed editore della fanzine Judas! Sta preparando un lungo
articolo proprio sul caso Hattie Carroll che sarà pronto nel corso
dell'anno. Questa intanto è una sua anticipazione molto interessante, in
attesa di leggere tutto il suo articolo...
I've spent a sum of money and a great deal of time investigating this (the
Hattie Carroll case) - and I am still doing so come to that - but I'm
saving it for my own article that will be out later this year (in its
first version anyway).
I've read all the medical and judicial reports and the police statements
and so don't know what your poster, Alessandro Carrera, is objecting too.
Clinton makes one assumption that could be argued with (but with no degree
of certainty) and one joke that could perhaps be misconstrued as this is
not a joking matter. No police medical or legal documentation contradict
his basic point though. In fact the more you know of the case the more his
view is supported. I have taken into account the defense and prosecution
cases & the medical reports from both.
The prosecution case on the first day of the trial alone contradicts the
song's most basic point - note I said the prosecution, not the defense.
Andy Muir
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originale di
Andy Muir
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Un intervento sulla discussione
da parte di Alexan "Wolf"
Dunque, per quanto riguarda la, civilissima, polemica sul caso "Hattie
Carroll/William Zanzinger"… in primo luogo mi preme chiarire un fatto: una
cosa è la vicenda reale ed un’altra è The Lonesome Death of Hattie
Carroll, la canzone.
Ora, per quanto attiene alla vicenda reale, se Paolo Vites ritiene che le
cose si siano svolte diversamente da come abbiamo sempre creduto e ci
tiene a specificarlo, è ovviamente legittimato a dirlo. E allo stesso
modo, di conseguenza, se Alessandro Carrera ritiene che le cose stiano
ancora diversamente, fa bene anche lui a portare i propri argomenti e le
proprie documentazioni. Su tutto ciò (anche se gli argomenti portati da
Carrera mi sembrano convincenti) posso fare solo alcuni ragionamenti,
perché io al party non c’ero. Il primo è che Bob Dylan si prende la
responsabilità di quello che scrive. È un cittadino americano come William
Zanzinger. Francamente mi sembra che se il comportamento del giovane
possidente fosse stato in qualche modo difendibile, i suoi avvocati
avrebbero trovato almeno un verso al quale appigliarsi per spremere Bob
fino all’ultimo dollaro (e, se conosco un po’ la legge americana, questo
indipendentemente dalla fama di Dylan – al limite: a maggior ragione per
la fama di Dylan). Hattie Carroll intanto è morta. E non parliamo di cosa
questo possa aver significato per i suoi 10/11 figli.
Ma alla fine mi sembra che il punto non sia la puntuale corrispondenza con
la verità fattuale (comunque difficilmente accertabile anche nell’aula di
un tribunale) e neanche con quella sostanziale. Possiamo anche dibatterne,
ma mi sembra che come appassionati di Bob cambi poco (comunque, auguri a
Andy Muir che ha deciso di spendere tempo e denaro per la ricostruzione
dei fatti). Magari è vero che i fatti sono andati in modo anche molto
diverso da quanto riportato nella canzone. E allora? Se Dylan ha messo o
mette o metterà in musica delle falsità ne risponderà lui. Oggi è
rispettato ed è stato assunto anche dall’establishment (o da una sua
parte) come un’icona americana, ma non mi stupirei se qualcun altro,
appena ne trovasse lo spunto, ne approfittasse per demolirlo (o allo scopo
di farsi una fama alle sue spalle o, appunto, per vendicarsi di ciò che
Dylan – anche suo malgrado – è stato per la generazione che ha lottato per
i diritti civili). Tempo fa Corrado "Elephant" [a proposito "Elephant":
torna a scrivere, i tuoi scritti ci mancano e soprattutto si capiva che
erano quelli di una bella persona – Dylan non è perfetto e penso che si
possa convivere con questa realtà] riportava in un suo articolo riportato
su Maggie's Farm questa frase di Bob a proposito di una domanda sulla
possibilità di rispondere al terrorismo con una guerra: «… In un momento
come questo, niente di grande si potrà fare con piccoli uomini. Quelli che
sono al potere, sono sicuro che hanno letto Sun Tzu, che ha scritto l'Arte
della Guerra nel sesto secolo a.C. È quel passaggio dove dice: "Se conosci
il nemico e conosci te stesso, non devi aver paura neanche di 100
battaglie. Se conosci te stesso e non il tuo nemico, per ogni vittoria
soffrirai una sconfitta". Chiunque siano quelli che comandano, sono sicuro
che l'hanno letto [l’ironia di quest’ultima affermazione è già stata
sottolineata da Alessandro Carrera]». Qual è l’impressione? C’è qualcuno
che pensa che l’attuale amministrazione americana si sia comportata come
chi “conosce il nemico”? Fine della digressione.
Torniamo, invece, alla canzone. Una puntuale ricostruzione dei fatti credo
sia inutile. Nessuna persona di buon senso ascolta una canzone per
accertare la verità … e questo credo che valga per William Zanzinger, per
gli assassinii di Medgar Evers o di Emmett Till, per Joey Gallo, per Rubin
Carter, per Billy the Kid, per la morte di Davey Moore, etc. ……… queste
sono canzoni. Non ci dicono la verità sui fatti, ma ci dicono anche di
più. Tutt’al più può essere interessante ricostruire il percorso che porta
da un fatto di cronaca alla creazione di un qualcosa di poetico, come
penso sia il caso di questa canzone in particolare. Quelle che seguono
sono quindi alcune considerazioni fattuali, sì, ma solo nel tentativo –
che so già in partenza vano – di gettare qualche luce sul processo
creativo della canzone.
Nell’articolo che avevo fatto in occasione del concerto di Parigi avevo
tentato una cronologia, ma ora Alessandro Carrera mette a disposizione un
sacco di dati nuovi. Ora ho alcuni dubbi. Ad esempio nelle liner notes di
Biograph Dylan ci dice di aver scritto la canzone di getto dopo la lettura
di un articolo: si tratta del primo (10 febbraio 1963, forse Baltimore
Sun, o marzo 1963, Broadside) o del secondo (29 agosto 1963, New York
Times)? Si direbbe quest’ultimo perché la canzone parla anche del processo
– che è iniziato a giugno e si è concluso il 28 agosto 1963 con la
condanna a 6 mesi – e quindi parrebbe che la canzone sia stata scritta di
getto dopo la sentenza. Addirittura, secondo l’articolo del Daily
Telegraph riportato nella posta di Maggie’s Farm, Dylan viene a sapere
della sentenza (credo) dalla radio, mentre torna dalla Manifestazione per
i Diritti Civili di Washington, dove aveva cantato Only a Pawn in Their
Game. Però è anche molto probabile che Dylan sapesse già del fatto
(avvenuto nella notte tra l’8 e il 9 febbraio), quantomeno dalla lettura
della ristampa su Broadside, rivista alla quale collaborava; e in questo
caso “di getto” cosa significherebbe? La storia era stata subito
dimenticata, riaffiorando poi alla notizia della sentenza, o qualcosa è
sempre stato presente? Altro dubbio: The Times They Are A-Changin viene
pubblicato nel 1964 (in ogni caso dopo che William Zanzinger è già uscito
di prigione; anche qui avrei una curiosità: Zanzinger esce di prigione
prima di Natale, ma prima o dopo l’incidente del Tom Paine Award – "in
Oswald … I saw some of myself" – che è del 13 dicembre?) ma sappiamo che
fu registrato nell’agosto e nell’ottobre del ’63. The Lonesome Death of
Hattie Carroll faceva parte delle sessioni di agosto (praticamente subito
composta e subito incisa) o di ottobre (è passato un po’ di tempo e dal 15
settembre William Zanzinger è in galera)? E poi: è plausibile che i legali
della casa discografica non abbiano avuto alcuna voce in capitolo al
momento della pubblicazione della canzone (a circa un anno dal fatto e con
William Zanzinger già a piede libero)? Non è una domanda retorica, nel
senso che se qualcuno me lo argomenta posso benissimo credere che non
avessero effettivamente alcuna voce in capitolo. Allo stesso modo,
all’interno del commento alla canzone al quale continuo a rimandare
c’erano altri quesiti – forse banali, ma insomma sarei curioso di avere
una risposta – che mi porto ancora dietro: … il significato più
appropriato del most, a chi si riferisce il who, … . Magari questa è la
volta buona.
Concludo come l’altra volta: in quel 1963 Dylan ha 22 anni! Ma è già un
adulto! Pensate agli adolescenti di 35 anni di oggi che affollano gli
happy hour e vivono con i genitori e paragonateli a quel bugiardo 22enne
di 41 anni fa (che probabilmente ancora oggi conserva dentro di sé la
capacità di sentire come un giovane, più di tanti anagraficamente più
giovani di lui – più tardi potrà legittimamente dire ‘I’m younger than
yesterday’): ha tagliato i ponti dietro di sé [c’è qualche studio
psicanalitico del rapporto con la famiglia?] e dopo una gavetta di molti
anni (a 22 anni!) dà voce a delle liriche che sono sue. Ecco uno stralcio
di un’intervista al cantante dei Radiohead Thom Yorke: “(…) ai tempi in
cui ci chiamavamo ancora On Friday e avevamo inciso solo alcuni demo, una
mia amica mi disse che i miei versi erano scarsi, deboli, perché erano
troppo diretti, troppo onesti, troppo personali – non lasciavano nessuno
spazio all’immaginazione. Era vero. Quando sei giovane non puoi fare
altrimenti: sai ancora troppe poche cose all’infuori di te stesso, del tuo
mondo personale. Anche i primi due dischi dei Radiohead avevano, nelle
liriche, un po’ questa caratteristica. Ma con OK Computer ho sentito di
essere cresciuto abbastanza per poter assumere punti di vista diversi,
punti di vista non miei, ma raccontati da me”. E si tratta di un ragazzo
consapevole di quello che ha fatto: da giovani si parla di se stessi e
solo con il tempo si arriva a inglobare nella propria esperienza la
possibilità che ci siano altri mondi, altri punti di vista. Di solito è
così. Dylan a 22 anni era immerso nello spirito del suo tempo (dopo essere
già passato attraverso almeno due o più mutamenti, almeno per quanto
riguardava i suoi gusti musicali) e successivamente ha trovato la forza di
smarcarsi e di rimettersi ad ascoltare le domande più importanti, quelle
che nascevano dentro di lui, non quelle alle quali doveva una risposta
perché sollecitato dall’esterno. Nel tempo abbiamo poi visto quanto lo
spirito “dei tempi” passati sia stato “fatto” suo. A volte sembra proprio
che secoli di musica (popolare? tradizionale? …?) riverberino nella sua
voce.
Due parole su Andy Muir. Il libro sul N.E.T. dà un sacco di soddisfazioni
per chi è appassionato di Dylan, ma contiene anche alcune cose che mi
hanno infastidito. Non capisco perché per ammirare Dylan si debbano
svalutare gli altri artisti A me sembra che così gli si faccia doppiamente
torto. In fondo Dylan ha saputo far sue (su disco o sul palco) canzoni di
tutti e di ogni tipo: di anonimi autori di traditionals come di vecchi
bluesmen, di colleghi più vecchi (… Aznavour …) o contemporanei, e magari
anche più giovani.
Basta. Vado a prendermi una versione di The Lonesome Death of Hattie
Carroll (magari lo spezzone su Don’t Look Back) e me la riascolto.
Alexan "Wolf"
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Ed ecco una replica di Alessandro Carrera alla mail di Paolo Vites
pubblicata qui (lettera n. 2587)
Caro Vites,
credo che nessuno di noi due sia mai stato colpevole di idolatria
dylaniana. Io ho letto la tua stroncatura di “New Morning” nel tuo libro
(non ero d’accordo ma era ben condotta), e forse tu hai letto la mia
stroncatura di “Joey” nel mio. Quando Dylan costruisce un castello di
carte sulla base di poche e imprecise informazioni, com’è appunto il caso
di “Joey”, si fa benissimo, secondo me, ad accusarlo di superficialità (e
io non sono certo stato l’unico).
Non intendo affatto fornire prove della colpevolezza di Zanzinger. Non
sono un pubblico ministero né un giudice. Ho usato le espressioni “forse”
o “non sono sicuro” quando non sono stato in grado di consultare le fonti
primarie. Ad esempio: ho tratto alcune informazioni da un articolo apparso
su “The Telegraph”. Ma quell’articolo, a sua volta, non diceva da dove
aveva preso i suoi dati. In mancanza di un riferimento preciso, non poteva
spacciare l’informazione per vera. L’unica informazione credibile è quella
che, date le opportune circostanze, chiunque altro potrebbe verificare.
Le mie osservazioni non sono di parte. Se Heylin fornisse delle prove
sufficienti e documentate sull’innocenza di Zanzinger, io non potrei che
dirgli bravo. Ma devono essere documentate. Io avrò anche presentato poche
prove, ma Heylin non ne ha presentata nessuna.
Visto che Andrew Muir sta lavorando sulle fonti primarie, aspettiamo di
vedere che cosa scopre. Ma la questione giuridica non è facile da
sdipanare: se io investo un passante a un incrocio e gli rompo una gamba,
e quella stessa persona, che era debole di cuore, muore qualche ora dopo
per la paura che si è presa, io sono responsabile di lesioni o di omicidio
involontario? Credo che a questioni simili si possa rispondere solo caso
per caso, dopo aver vagliato attentamente i documenti e considerando se ci
sono attentuati o aggravanti.
Sono abbastanza convinto anch’io che “Hurricane” e “George Jackson”
lascino a desiderare dal punto di vista dell’attendibilità storica, ma
Dylan ha delle attenuanti (ancora giuridicamente parlando) che sono le
stesse di “Hattie Carroll” (e che non valgono per “Joey”). Di quei casi
Dylan sapeva più o meno quello che allora sapevano (e credevano) tutti.
Molte verità su Rubin Carter, come tu sai di sicuro, sono divenute di
dominio pubblico solo dopo il processo di primo grado.
Non è un caso, insomma, che Dylan abbia smesso di cantare “Hurricane”
ancora prima che la condanna a Rubin Carter venisse confermata in sede di
appello. Non solo perché l’intera faccenda stava diventando un tormentone,
ma anche perché il processo d’appello aveva portato alla luce molti fatti
che Carter aveva nascosto ai suoi stessi amici, e che senza accusarlo non
lo mettevano in buona luce. Questo non significa che Dylan avesse
sbagliato a scrivere “Hurricane” quando l’aveva scritta, con quello che
credeva e sapeva allora. (Dodici anni dopo, come sappiamo, Carter è stato
prosciolto e i due sono rimasti relativamente in buoni termini, ma questa
è un’altra storia.)
Altro esempio: nel 1985 Dylan incide “Julius & Ethel”, un outtake di
“Empire Burlesque” riferito al processo degli anni Cinquanta che si
concluse con la condanna a morte di Julius e Ethel Rosenberg come spie
sovietiche. Non c’era una sola persona di tendenze di sinistra o anche
moderatamente liberal, in America e nel mondo (Dylan incluso) che non
fosse assolutamente convinto dell’innocenza dei due. Alcuni anni fa si è
scoperto, con costernazione di tanti, che i coniugi Rosenberg erano
effettivamente delle spie. Il che non giustifica la loro condanna a morte,
sia chiaro (il caso è complicato, come tutti i casi). Ma, se Dylan è stato
poco attendibile, era comunque in compagnia di mezzo mondo.
Il caso di “The Death of Emmett Till” secondo me è un po’ diverso. Dylan
ha affermato, pochi mesi dopo averla scritta, che era una “bullshit song”
(una stronzata di canzone), ma non perché i fatti a cui si riferiva
fossero “bullshit”. Tutt’altro. Il caso di Emmett Till era in discussione
dal 1955, e lo è ancora adesso che si sta avvicinando il cinquantenario
della sua morte. Sono già stati pubblicati molti articoli sui giornali
americani, è stato realizzato un documentario che sta per uscire con
distribuzione nazionale, e si sta parlando di una revisione del processo
(non per assolvere, ma per condannare chi è ancora vivo e che era sfuggito
alla giustizia allora).
La mia interpretazione (che può essere sbagliata) è questa: Dylan ha
sostenuto che quella era una “bullshit song” perché era un caso già
vecchio, storicizzato e stranoto negli ambienti che lui frequentava nel
1962. Non era qualcosa di fresco, che lui avesse scoperto magari sul
giornale del mattino. Risaliva a sette anni prima, ed era fin troppo
facile strappare gli applausi nei locali del Village cantando di qualcosa
che da sette anni avevano ben presente. Tant’è vero che la canzone non
dice nemmeno perché quel ragazzo di Chicago fosse stato ammazzato, non
c’era neanche bisogno di dirlo, negli ambienti del folk e dei militanti
dei diritti civili tutti sapevano che alcuni bianchi l’avevano “punito”
perché credevano di averlo sentito fischiare all’indirizzo di una donna
bianca. “Emmett Till” è una canzone con pochi fatti e tanta retorica,
tutto il contrario di “Hattie Carroll” e di “Only a Pawn in Their Game”,
che sono entrambe scritte con la migliore documetazione di cui Dylan
potesse disporre nel momento in cui le ha scritte.
Questo è il rischio di scrivere canzoni legate all’attualità. Emergono
nuovi fatti, e la canzone può divenire obsoleta. Bisogna sapere che è un
rischio, e mi sento di dire che Dylan ha fatto (quasi sempre) bene a
rischiare.
Con immutata stima anche da parte mia, naturalmente
Alessandro Carrera
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Un commento di Phil Ochs, amico
di Dylan, al brano "The lonesome death of Hattie Carroll"
L'Arte della "Hattie Carroll" di Bob Dylan - di Phil Ochs
Da Broadside n. 48 del 20 Luglio 1964; pagina 2
Dopo il concerto di Judy Collins alla New York Town Hall nel quale ha
cantato la "Hattie Carroll" di Bob Dylan (BROADSIDE n. 43), ho sentito per
caso un assai noto cantante folk commerciale criticare la canzone come
"un'altra di quelle canzoni in bianco e nero.'' Un altro articolo che ho
letto sostiene che la canzone non è valida perchè è troppo incline a fare
prediche.
E' triste per la comunità folk quando persone normalmente intelligenti
fraintendono un'opera di tale importanza. Personalmente credo che questa
canzone possa aggiungere una nuova dimensione alle canzoni di attualità
che troppo spesso è stata perduta in passato. Mi fa piacere utilizzare
questa canzone come esempio per gli scrittori che contribuiscono a
BROADSIDE.
Ci sono molte trappole in cui Dylan sarebbe potuto cadere trattando un
argomento così delicato e difficile. Sarebbe stato facile descrivere
l'avvenimento e chiedere poi "Non è una terribile vergogna, non lasciate
che ella sia morta invano", e poi inserire il classico sarcastico verso
della "terra della libertà" alla fine della canzone. Io credo che questo
approccio troppo semplicistico ed ingenuo sia quello al quale i critici di
LITTLE SANDY REVIEW giustamente si sono opposti.
Verso poetico dopo verso Dylan evidenzia tutto il pathos e l'ironia di un
tragico crimine. Dylan non rimane mai intrappolato nel tentare di far
calzare un pensiero in un forma predisposta di rime. Quale più efficace
inizio poteva mai scegliere Dylan se non utilizzare il suono del nome
William Zantzinger e la descrizione dell'arma nel verso "Con un bastone
che fece ruotare attorno al suo dito dall'anello di diamante"?
Dylan prepara lo scenario nella prima strofa e chiede a quelli che
vorrebbero versare lacrime per l'assassinio di aspettare e di ascoltare il
seguito. Nella seconda strofa Dylan descrive le connessioni di Zantzinger
con la frase "William Zanzinger che aveva relazioni privilegiate con l'
ambiente politico del Maryland, reagì al suo arresto con una scrollata di
spalle." Ancora una volta Dylan minimizza abilmente il malvagio non
compiendo mai l'errore di chiamarlo bruto o codardo e rovinando la
narrazione.
Dylan descrive Hattie Carroll come una "cameriera che lavorava in cucina",
non una cameriera calpestata o una povera negra. E sottolinea il pathos
della vita di Hattie con la frase "Non si era mai seduta a capotavola."
La descrizione dell'omicidio deve diventare uno dei classici della musica
folk Americana: "Il bastone attraversò l'aria e piombò nella stanza,
destinato e determinato a distruggere. E lei non aveva fatto niente a
William Zanzinger". Ho ascoltato il terzo disco di Bob insieme a lui prima
che fosse pubblicato e la canzone che più lo ha commosso è stata Hattie
Carroll.
L'uso della poesia è supremo per la sua efficace narrazione, ed una delle
tecniche più importanti utilizzate da Dylan è che egli evita sempre
l'ovvietà. Probabilmente uno degli errori principali della maggioranza
delle canzoni che vengono inviate a BROADSIDE è che esse enfatizzano
l'ovvietà quando quest'ultima avrebbe bisogno di non essere nemmeno
dichiarata.
Nell'ultima strofa, Bob raggiunge nuove vette descrivendo il colpo del
martello del giudice con la seguente ironica frase: "Per dimostrare che
era tutto giusto e che la corte era all'altezza. E che le leggi dei libri
non potevano essere influenzate. E che anche i potenti vengono
appropriatamente trattati. E che la scala della legge non ha né cima né
fondo".
Poi il giudice osserva l'uomo "che aveva ucciso senza motivo" e "parlò
dalla sua toga, con tono profondo e distinto, e con severità comminò, per
pena e pentimento, a William Zanzinger una condanna di 6 mesi".
E la strofa termina amaramente con il verso: "Ora è il tempo per le vostre
lacrime" con cui Dylan lascia l'ascoltatore tramortito da un senso di
ingiustizia.
Spero sinceramente che gli scrittori di canzoni di BROADSIDE imparino
alcune delle lezioni che così bene sono state spiegate in "The Lonesome
Death of Hattie Carroll."
Phil Ochs
traduzione di Michele Murino
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Ecco un nuovo intervento di Paolo Vites:
Caro Carrera,
ho apprezzato molto il tuo ultimo intervento sul caso Hattie Carroll.
Certamente questa volta sono d'accordo in tutto e per tutto con quanto
scrivi.
Voglio sottolineare che ho dato la stura a questo dibattitto in quanto
molto colpito dal fatto che qualcuno mettesse in dubbio la correttezza di
Dylan. Volevo capirne di più. Se c'è una cosa che di Dylan non mi ha mai
deluso (a differenza di svolte musicali e stilistiche, specie dal vivo...)
è sempre stata la sua grande onestà di fondo.
La capacità, poi, di scrivere una Masters Of War, dove si fanno accuse
specifiche ma non si fanno "nomi e cognomi", cosa che ho sempre ritenuto
buona invece per una Joan Baez, per un Pete Seeger o per un Phil Ochs.
Il fare "nome e cognomi" appartiene a una tradizione militante e
ideologica che, a conti fatti, ha sempre fatto più danni che benefici; la
capacità di essere universali, pur additando i mali della società, invece
appartiene agli spiriti liberi. Bob Dylan appunto.
Per questo canzoni come With God On Our Side, Hurricane, George Jackson et
similia per me sono banalità di scarso valore, giustamente rilegate da
Dylan stesso nel dimenticatoio.
Hattie Carroll però no. Tutt'oggi è uno dei momenti forti di quasi ogni
suo concerto, eppure... Non mi basta la spiegazione che Hattie Carroll ha
"un valore universale"... No, non è così. Se Dylan ha commesso delle
imprecisioni di tipo storico e contestuale, quella canzone non è degna
dell'artista che la sta cantando.
La penso così.
Alla prossima...
Paolo Vites
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Ed è la volta di Bruno "Jackass":
Intervengo nella polemica con delle considerazioni generiche, ma che credo
possano aiutare.
Se i fatti si fossero svolti veramente come descrive Vites non credo che
il giudice avrebbe condannato Zanzinger, ma lo avrebbe assolto, in quanto
sarebbe stato facile dimostrare che la morte della Carroll non era
conseguenza diretta degli atti di Zanzinger, ma soltanto la conseguenza di
uno stato di tensione psicologica.
Io credo che se il processo e' giunto, nonostante il colore della pelle di
Zanzinger ed i suoi ammanicamenti, ad una condanna seppur lieve, e'
perche' sulla base delle testimonianze e delle risultanze deve aver
comunque riscontrato un fatto preterintenzionale o quantomeno colposo.
E forse questo è il motivo della lieve pena inflitta, solo 6 mesi.
Cio' significa che:
1) nella migliore delle ipotesi il giudice e' stato giusto, in quanto ha
inflitto una lieve condanna per un omicidio che in effetti andava oltre le
intenzioni di Zanzinger.
2) nella peggiore delle ipotesi che l'omidicio sia stato invece
volontario, o quantomeno gravemente preterintenzionale (nel caso in cui le
percosse siano state gravi e ripetute), e che il giudice sotto la spinta
della famiglia influente abbia comunque voluto favorire Zanzinger.
Evidentemente la scelta tra le due opzioni, da parte di chi non conosce
direttamente i fatti, puo' essere influenzata dalle proprie posizioni
"politiche", ma in ogni caso non mi sembra possibile affermare che
Zanzinger NON abbia ucciso Hattie Carroll. Questo sembrerebbe proprio un
falso storico.
Bruno "Jackass"
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Ed ecco Carlo "Pig":
Sulla questione Hattie Carroll, affido al dibattito la possibilità di un
approccio diverso rispetto a quello che si basa sul confronto dell'
assunto di Dylan "Wiliam Zanzinger killed poor Hattie Carroll" con la
verità giudiziaria emersa dal processo o con quella che sarebbe dovuta
emergere da un processo che avesse preso in considerazione le eventuali
ulteriori prove attenuanti la responsabilità di Zanzinger.
La verità giudiziaria potrebbe generare una sentenza diversa da quella che
Dylan pronuncia all' inizio della canzone anche in caso di perfetta
coincidenza dei fatti accertati dal tribunale con quelli a conoscenza di
Dylan; questo "scarto" tra i giudizi potrebbe analogamente consentire a
Dylan di continuare a cantare che "Zanzinger ha ucciso Hattie Carroll",
anche se nuove testimonianze dovessero ridurre il legame diretto tra l'
atteggiamento violento di Zanzinger e la morte della Carroll, proprio
perchè quella di Dylan è anch' essa una sentenza basata non sulle leggi,
ma sulla propria morale.
Dylan disse di "essersi sentito in grado di manifestare i propri
sentimenti", quindi di dare la propria lettura della vicenda in base ai
fatti emersi e adesso esiste la possibilità che continui a cantarla
conoscendo anche le obiezioni revisioniste alla vicenda e sentendosi
ancora o di nuovo in grado di esprimere i propri sentimenti; mantenendo
immutata la propria sentenza morale. Esistono omicidi che si possono
denunciare anche quando non ci sia un tribunale che li possa convalidare.
Faccio un esempio
valido solo come esempio, senza esprimere opinioni su nessuno dei due casi
e senza l' intenzione di allargare il campo della discussione, ma solo per
evidenziare la distanza tra il personale giudizio morale e la condanna di
un tribunale e chiarire a quale "scarto" mi riferisca: è possibile pensare
che un ministro della sanità truffaldino abbia ucciso decine di malati; è
legittimo tentare di dimostrarlo, ma ci si deve appoggiare ad una morale e
non è detto che le leggi siano d'accordo. In alcune circostanze c'è chi
dice che si uccide semplicemente "girandosi dall' altra parte" e non
esiste una parola diversa per sottolineare il "grado" dell' omicidio.
In sintesi: anche in caso di nuovo processo e Zanzinger scagionato, la
frase di Dylan potrebbe rimanere come denuncia personale anche non
corrispondendo alle conclusioni giudiziarie sull' accaduto.
Carlo "Pig"
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Ed ora un intervento di Luca:
Provo a dire la mia sul "caso" William Zantzinger/Hattie Carroll. Il
dubbio che Dylan abbia scritto con leggerezza quella canzone, cioè senza
documentarsi in maniera approfondita sul caso giudiziario, potrebbe anche
avere un fondo di verità; dico "potrebbe" perchè non credo che qualcuno
possa mai dimostrarlo... Nessuno cioè saprà mai esattamente cosa ha letto
Dylan prima di scriverla, con chi ha parlato e tutto il resto. Però
sinceramente non me la sento di dire che Dylan abbia commesso errori nello
scrivere quei versi, anche se partissimo dall'ipotesi - tutta da
dimostrare - che la sua ricerca e la sua documentazione sugli atti del
processo siano state superficiali. Intendo dire che, anche qualora ciò
fosse successo, Dylan (come chiunque altro volesse scrivere una canzone su
questo caso) aveva abbastanza elementi per scrivere quanto meno quel primo
verso: "William Zantzinger killed poor Hattie Carroll". Infatti, in fin
dei conti, Dylan e tutti quelli che si interessarono al caso all'epoca,
avevano una sentenza di un giudice che condannava Zantzinger per omicidio,
sia pur essa una sentenza di omicidio di secondo grado. La condanna c'era
stata e di fatto il processo, con quella sentenza sia pur relativamente
lieve, aveva dimostrato che Zantzinger aveva provocato la morte di Hattie
Carroll. Quel primo verso dunque secondo me è leggittimo perchè, se è vero
che Dylan avrebbe potuto scrivere "causò la morte" piuttosto che "uccise"
è anche vero che in ogni caso la morte era avvenuta - stando alla sentenza
- per colpa (o "anche" per colpa) di Zantzinger che dunque sia pur
indirettamente effettivamente "uccise Hattie Carroll" (omicidio
preterintenzionale o omicidio colposo ma pur sempre omicidio). Anche
perchè quel "killed" va inteso in senso ampio, nell'ottica di una canzone
sdegnata e se vogliamo anche rabbiosa. Immaginatevi ad esempio uno dei
figli della Carroll che incontra per strada Zantzinger dopo la morte della
mamma. Cosa gli avrebbe gridato? "Ce l'hai uccisa!", oppure "Hai provocato
la morte di nostra madre..."? Io propendo per la prima ipotesi, così come
evidentemente fece Dylan, il quale secondo me in quella canzone, come in
molte altre del periodo, non parla esclusivamente in prima persona, ma si
fa portavoce di uno sdegno evidentemente generale, di un sentimento
comune.
Il problema secondo me è al limite da circoscrivere ai versi in cui Dylan,
ricordando che la sentenza di condanna è stata di soli sei mesi di
carcere, invita gli ascoltatori a piangere per l'ingiustizia. E credo che
Paolo Vites si riferisse più a quel passaggio. Intendo dire che - se
effettivamente fu dimostrato che la morte della Carroll avvenne per
infarto - allora in teoria i sei mesi potevano essere considerati una
condanna giusta o quanto meno non tale da suscitare lo sdegno che Dylan
dimostra con le sue parole, sdegno al quale invita gli ascoltatori della
canzone.
Però quello che mi sento di escludere è che ci siano le prove
dell'innocenza di Zantzinger. Se così fosse, se cioè ci fosse la prova che
egli non aveva niente a che fare con la morte di Hattie, o che quanto meno
la sua responsabilità fosse minima e del tutto "involontaria", perchè in
tutti questi anni Zantzinger non ha fatto niente perchè la verità fosse
ristabilita ed ha permesso a Dylan di cantare "impunemente" quei versi
così duri senza querelarlo o chiedere che modificasse la canzone? Nè Dylan
si è mai preoccupato di farlo a differenza di quanto avvenne con Hurricane
dove modificò varie frasi ("I was only robbin' the bodies...", "My God
they killed my love", etc.) o come nel caso di altre canzoni da alcuni
citate negli interventi precedenti e che Dylan si guarda bene dal cantare
(cosa che tra l'altro fa anche per Hurricane, nonostante i versi
modificati)? Non credo, cioè, che se Zantzinger avesse avuto anche una
sola possibilità di "vendicarsi" di Dylan si sarebbe lasciato sfuggire
l'occasione, visto che stiamo parlando di un uomo che definisce Dylan: "Il
piccolo bastardo ebreo che mi ha rovinato la reputazione"...
Luca
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vorrei rispondere all'ultima lettera sul caso Carroll - di Paolo Vites
" Nè Dylan si è mai preoccupato di farlo a differenza di quanto avvenne
con Hurricane dove modificò varie frasi ("I was only robbin' the
bodies...", "My God they killed my love", etc.) o come nel caso di altre
canzoni da alcuni citate negli interventi precedenti e che Dylan si guarda
bene dal cantare (cosa che tra l'altro fa anche per Hurricane, nonostante
i versi modificati)?
dice Luca. Furono gli avvocati della Columbia a imporre il cambiamento di
alcuni versi di Hurricane, anche in quel caso Dylan infatti non si
preoccupò minimamente di fare approfondite indagini su quanto avvenne e di
verificare i fatti prima di comporre la canzone.
Il fatto che non canti più Hurricane dal vivo dimostra che Dylan, a
differenza di hattie carroll, oggi non crede più in quello che scrisse
allora su Hurricane.
"Non credo, cioè, che se Zantzinger avesse avuto anche una sola
possibilità di "vendicarsi" di Dylan si sarebbe lasciato sfuggire
l'occasione, visto che stiamo parlando di un uomo che definisce Dylan: "Il
piccolo bastardo ebreo che mi ha rovinato la reputazione"... "
Dice ancora Luca. Nessuno sa se Zatzinger abbia mai fatto una denuncia,
chessò, per diffamazione, verso Bob Dylan. Potrebbe anche essere successo,
per quel che ne sappiamo noi. Inoltre Zantzinger è, da quanto si è potuto
capire sul personaggio, un piccolo balordo di mezza tacca che
probabilmente preferisce risparmiare i soldi degli avvocati piuttosto che
preoccuparsi di rifarsi una reputazione.
grazie, Paolo Vites
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Ed ecco Salvatore "Eagle:
Da tempo mi ero riproposto di dire la mia sul caso sollevato da Paolo
Vites, riguardo The Lonesome Death Of Hattie Carroll, tuttavia per mille
motivi non sono mai riuscito a scrivere una e.mail che riassumesse un po'
tutti i discorsi che ho fatto con i miei professori dell'università al
riguardo. Devo precisare che pur essendo un attivo dylaniano e nonchè un
attivissimo younghiano, la mia vita in gran parte è occupata dal diritto
in quanto sono all'ultimo anno di Giurisprudenza. Dunque l'aver studiato
il sistema giudiziario americano nei dettagli e sopratutto l'aver chiesto
lumi a qualche prof. della mia università mi permette di addentrarmi nella
questione con un approccio più tecnico. Considerando che sul caso di
Hattie Carroll i documenti a nostra disposizione sono tutti passati
attraverso la rielaborazione di un giornalista o di un biografo di Bob
Dylan ciò rende le cose ancora più intricate, quindi approntare delle
considerazioni risulta abbastanza complesso, tuttavia esaminando la
questione emergono alcuni interrogativi. Quando Bob Dylan parla di 1st
degree murder parla di omicidio volontario, perchè le cose sono state
depistate sul versante dell'omicio praeterintenzionale? Le risposte
possono essere due, o Bob Dylan ha usato 1st degree perchè stava meglio
dal punto di vista della metrica oppure realmente la sentenza si è
conclusa con una condanna per omicido volontario. Se dunque di omicidio
volontario si è trattato perchè Zanzinger ha scontato solo un ventesimo
della pena? Considerando anche il sistema americano in cui le cauzioni
intervengono spesso a liberare gli imputati facoltosi, non è concepibile
che Zanzinger sia riuscito a trovare un escamotage tale da evitare una
condanna per omidio volontario, che sappiamo essere assai dura
(considerate che in Italia, chiunque cagioni la morte di alcuno è puntito
con la reculusione non inferiore ad anni 21). Quindi già su questo punto
appaiono evidenti le discordanze tra la storia narrata da Bob e la realtà.
Ovviamente non sapremo mai come sono andati realmente i fatti finchè
qualcuno non riesce a reperire i documenti dell'epoca. Indispensabili in
questo senso sono il referto che cita le lesioni subite da Hattie Carroll,
per capire la compatibilità con i danni provocabili da un bastone, il
risultato di un esame esterno del cadavere o se è stata eseguita (ma
dubito), di un'autopsia, oltre ovviamente i vari referti della polizia che
per quanto falsati avranno alla base un margine di verità. Solo avendo
questi elementi sarà possibile avvicinarsi alla verità, infatti, se si
discute della dinamica senza dati precisi si finisce solo per fare della
inutile fantascienza. C'è chi dice che Zanzinger, avesse solo spaventato
Hattie durante una festa, chi invece appoggia l'idea di Bob che fosse un
razzista e spesso avezzo a certi atteggiamenti, ovviamente sono tutte
congetture nate o da testimonianze di terzi o da convinzioni personali che
nascono dal modo in cui si legge la canzone. Ovviamente resta il fatto che
questo testo vada al di là del caso giudiziario, infatti è secondo me la
massima espressione di Bob Dylan come autore di protest song, infatti mai
come in questo caso dal particolare si passa ad illustrare problematiche
universali, come il razzismo, l'ingiustizia, la corruzione della
magistratura americana. Insomma il tutto potrebbe ridursi ad una mera
curiosità, tuttavia considerando anche i notevoli dubbi che circondano
anche canzoni come Hurricane, resta lecita la possibiltà di indagare,
ovviamente resto in attesa di particolari più interessanti che soddisfino
i miei quesiti. Sul finale vorrei citare mio padre, che considero uno dei
miei maestri nonchè un medico legale di assoluto valore: "Le indagini
giudiziarie non vanno fatte sugli atti ma sul campo", peccato che in
questo ci separino anni e anni e che le prove se erano insabbiate allora
oggi sono completamente vanificate. Se Zanzinger ha detto che Dylan gli ha
rovinato la vita, aveva probabilmete ragione ma io resto della convinzione
che per quanto avesse potuto commettere un omicidio anche
praeterintenzionale, resta una persona che si merita il suo destino. In
fondo lo ha detto anche Dylan prima o poi il giudizio arriva per tutti.
Salvatore Esposito
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Replica di Luca a Paolo Vites:
Ciao a tutti,
volevo fare alcune osservazioni relative alla mail di Paolo Vites del 23
giugno (due mail più su, nota di Napoleon) sul "caso Hattie Carroll",
cogliendo l'occasione per fargli i complimenti per il suo libro su Dylan
(uno dei più belli e completi che abbia letto) e per il suo lavoro in
genere che da sempre tiene alta la bandiera di Bob. Dopo questa sviolinata
(sincera) però :o) dico che in questo caso non sono d'accordo con lui e
vado a spiegare perchè, e chiedo tra l'altro scusa del ritardo con cui
rispondo, ritardo dovuto prima alla mia partenza per le vacanze e poi al
tilt del mio computer che solo da pochi giorni funziona di nuovo.
E' vero che, come scrive Paolo, fu la Columbia a sollecitare il cambio
delle frasi "incriminate" in "Hurricane" per timore di querele da parte
delle persone citate da Dylan nel testo, come è vero che Dylan si
precipitò in studio per incidere nuovamente il brano affrettandosi a
modificare le frasi in questione trovando dei versi alternativi. Segno
questo che dimostra senza dubbio come Dylan nello scrivere "Hurricane"
magari qualche verso lo aveva effettivamente scritto in base ad una
documentazione approssimativa, come Paolo sottolinea (fermo restando che
il testo è firmato anche da Jacques Levy, per cui bisognerebbe sapere
esattamente chi ha scritto cosa) e che alcuni comportamenti addebitati a
Patty Valentine ed a Bello e Bradley non corrispondevano al ruolo da essi
effettivamente avuto nella vicenda del triplice omicidio.
Ma è proprio ciò che è avvenuto per "Hurricane" che avvalora ancor più la
mia tesi a proposito di "Hattie Carroll", che cioè in quest'ultimo caso,
quello di Hattie, Dylan era nel giusto a scrivere quei versi. Lo prova il
fatto che i legali della Columbia - o chi per essi - nel caso di "Hattie
Carroll" non hanno chiesto nessuna modifica a Dylan (come è avvenuto per
"Hurricane"), a testimonianza del fatto che non c'erano pericoli di
querela. E perchè? Perchè evidentemente nel caso di HC Dylan non aveva
scritto cose inesatte o "attaccabili". La cosa secondo me è ancor più
evidente se si pensa che solo pochissimo tempo prima c'era stata la grana
di "Talkin' John Birch Paranoid Blues" con Dylan che fu "invitato
perentoriamente" a non cantare il brano in TV e con l'esclusione della
canzone dall'album "The Freewheelin' Bob Dylan" perchè evidentemente i
responsabili della Casa Discografica temevano guai per le frasi di Dylan
contro la John Birch Society. Ora non si capirebbe perchè la stessa cosa
non valesse poco tempo dopo per "Hattie Carroll" pubblicata invece
regolarmente sull'album successivo senza che la Columbia obiettasse
alcunchè a Dylan, come invece aveva fatto per "John Birch" (al punto da
eliminarla dall'album) e come avrebbe fatto per "Hurricane" (imponendo a
Dylan di cambiare il testo). Ed il fatto che Dylan ancora oggi canti la
canzone senza modificare una virgola del testo originale dimostra secondo
me che Bob è in una "botte di ferro" e che Zantzinger non può obiettare
niente contro di lui.
Quanto poi al fatto che magari Zantzinger in passato abbia querelato Dylan
e la cosa non è stata resa nota (come ipotizza Paolo), beh, tutto può
essere in effetti, ma sinceramente ci credo poco. Secondo me non lo ha
fatto. E, se non lo ha fatto, ribadisco, è segno che ha "la coda di
paglia", perchè - come scrivevo - chi fosse dalla parte della ragione
rinuncerebbe mai alla possibilità di spremere un po' di soldi ad un
miliardario come Dylan oltre al gusto di "vendicarsi" per essere stato
sputtanato su disco ed in concerto centinaia e centinaia di volte? Ma
anche nell'ipotesi che querele ci siano state da parte di Zantzinger e non
siano state rese note, il fatto che Dylan canti ancora oggi la canzone
senza aver modificato alcun verso e che addirittura in una intervista di
pochi mesi fa additi il caso giudiziario di Zantzinger come esempio di
ingiustizia dimostra che tali querele - se ci son state - non hanno avuto
seguito o che eventuali processi hanno visto la vittoria di Dylan.
Luca
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Alessandro Carrera:
Caro Michele,
ho letto il saggio di Andy Muir e ti sintetizzo le mie obiezioni per
"Maggie's Farm", che appena avro' tempo magari scrivero' anche in inglese
e le mandero' a "Judas!", come Muir esorta a fare.
1) Per quanto riguarda "The Lonesome Death of Hattie Carroll", l'unica
vera inesattezza di Dylan riguarda il bastone di Zantzinger, che era un
bastone leggero, da party, e non un bastone pesante. Dylan non dice che
tipo di bastone fosse, ma lascia intendere che potesse far male. Ma la
sostanza dei fatti non mi sembra granche' alterata da questo particolare.
2) Sono rimasto molto sorpreso dalla leggerezza con cui Muir tratta
l'offesa di Zantzinger a Hattie Carroll. Secondo lui, sembra che dire
"black bitch" a una donna afromaericana non sia poi questo grande insulto
visto che ogni domenica agli stadi si sente di peggio. Ma siamo impazziti?
Un conto e' insultare un giocatore di rugby, che se vuole puo' anche
mollarti un ceffone, un altro conto e' insultare una donna che viene da
generazioni di schiavi ed ex-schiavi e che vive in un paese dove (nel
1964)
ancora non gode di diritti civili pari a quelli dei bianchi e quindi non
puo' nemmeno rispondere.
3) L'argomento "Hattie Carroll", in realta', e' stato ripreso, e forse
concluso, nel modo piu' autorevole da Christopher Ricks nel suo "Dylan's
Vision of Sin". Nel capitolo dedicato a "Hattie Carroll", Ricks fa notare
questo: Dylan dice "William Zanzinger killed poor Hattie Carroll" ma non
dice mai "murdered". In inglese la distinzione e' precisa, piu' ancora che
in italiano. Io posso uccidere una persona senza avere avuto intenzione di
assassinarla. Questo, dopotutto, e' l'omicidio preterintenzionale, e
secondo la sentenza e' quello che Zantzinger ha fatto. Non aveva avuto
intenzione di assassinare Hattie Carroll, ma l'aveva "uccisa" contribuendo
significativamente a causarne la morte (per emorragia cerebrale il giorno
dopo, non per il colpo di bastone ma per un complesso di cause). E' per
questo, credo, che Zantzinger non ha mai citato in giudizio Dylan ne'
avrebbe potuto farlo, dal momento che Dylan non lo accusa mai di "murder",
cioe' di omicidio volontario, e quindi non esce da cio' che la sentenza
del tribunale aveva affermato.
4) L'indignazione di Dylan non nasce dal fatto che Zantzinger fosse stato
condannato solo per omicidio involontario. Dylan non dice mai, appunto,
che Zantzinger "murdered" Hattie Carroll. La sua indignazione nasce dalla
leggerezza della pena inflitta, appena sei mesi di carcere (che Zantzinger
non sconto' nemmeno tutti). Sono troppi o sono abbastanza sei mesi di
carcere per un omicidio involontario?
Dipende dai casi singoli, ma il fatto e' che erano pochi anche per la
legge americana. Se stiamo a un recente articolo di Ian Frazier, "Legacy
of a Lonesome Death",
<http://www.motherjones.com/commentary/slant/2004/11/10_200.html>
la pena fu contenuta a sei mesi perche' cosi' Zantzinger la poteva
scontare nella prigione locale. Se fosse stata superiore, Zantzinger
avrebbe dovuto essere trasferito nella prigione di stato dove i detenuti
afroamericani, venendo a conoscere la ragione della sua condanna, potevano
fargli violenza o ucciderlo per vendetta. Una simile "delicatezza", anche
se comprensibile, non sarebbe stata usata se Zantzinger non fosse stato
bianco e non avesse avuto qualche santo in cielo, ma in ogni caso prova
che la condanna a sei mesi era effettivamente leggera.
Un caro saluto,
Alessandro Carrera
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