MAGGIE'S FARM

sito italiano di BOB DYLAN

 

TALKIN' ABOUT "TELL TALE SIGNS"

 
 

Bob Dylan's new album, Tell Tale Signs: the verdict

Penso che adesso che la polvere si è depositata dovrebbe essere il tempo giusto per dare uno sguardo in dettaglio all’ultimo volume delle Bootleg Series di Dylan.
Avendo avuto l’occasione di vivere con il Cd negli ultimi mesi , mi sembra che la Sony abbia voluto la torta e che se la sia anche mangiata.
Credo che il raccolto sia troppo scarso per seminarlo in tre Cd , e mentre ci sono alcune gemme nel disco tre , è vergognoso che la Sony abbia approfittato dell’occasione per caricare in modo eccessivo ( 100 dollari) per il terzo disco del set a tre CD. Se mai , la cosa che balza agli occhi di questo set è l’incertezza di cosa realmente sia.
La mia opinione è che qui ci sono due dischi scoppiettanti , e si puo solo speculare su quante altre gemme ci siano ancora negli archivi.
E’ una raccolta di canzoni mai pubblicate ? E’ un set con le versioni live del Never Ending Tour ?
E’ un set di canzoni mai pubblicate prima in un album di Dylan? Bene , un pò di tutto questo , e questo potrebbe essere il problema.
Divertente anche il fatto che la copertina ricicli un’immagine di Dylan già apparsa nella versione de luxe di Modern Times!

CD1

1) Mississippi #1
La selezione delle diverse versioni della canzone. I Testi sono a posto ( come già sentito su Love and Theft ) ma la semplicità dell’arrangiamento a due chitarre si adatta perfettamente alla canzone. Un canto intimo , che dimostra quanto poco sia servita per la sua voce la produzione di Lanois in Oh Mercy e Time out of mind. Superba.

2) Most of the Time # 1
Probabilmente la cosa più radicale del set , Dylan “suona” fresco come negli anni 70’ , con inserimenti di una armonica spezzacuori. Di nuovo , il cantato è intimo e superbo , ed è notevole sentire questa canzone con un arrangiamento acustico.

3) Dignity
Di nuovo , la miglior versione di queta canzone sottile , da numero di Dylan. Questa versione guadagna tantissimo dalla voce intima       ( sembra che lui sia nella stanza con voi! ) e dall’accompagnamento del pianoforte.

4) Someday Baby
Ipnotica , con la voce di Dylan matura come mai. La linea melodica è appiattaita al punto da sembrare sempre uguale , ma questa ha una base più recente , e nasconde le origini come “Trouble no more” di Muddy Waters – la versione di Modern Times era troppo gonfiata per i miei gusti.

5) Red River Shore # 1
Una delle gemme di questa raccolta , questo è il Dylan classico. Di nuovo , la voce è intimale e dimostra che le voci sul crollo della sua voce sono esagerate. L’arrangiamento della canzone è costruito in progressivo ed è difficilissimo trovare qualcosa fuori posto . Mi ricorda Angelina , e di nuovo ti chiedi perchè questa non ha trovato posto su Time out of Mind.

6) Tell Ol' Bill
Piano meraviglioso e una bella vocalità minimalizzata. Ancora , questo è un miglioramente della versione precedentemente pubblicata. Liricamente , è una delle canzoni più interessanti di questa raccolta , che evita l’abitudine di Dylan di riciclare le parole delle vecchie canzoni blues.

7) Born In Time
Qui c’è la gemma di Under The Red Sky che Lanois aveva vestita a festa nel suo bagliore . Non buona come la precedente versione pubblicata , performance piatta , priva di alti e bassi.

8) Can't Wait
Un’altra gemma di questo set , si può sentire Dylan consigliare “ falla in si bemolle” prima che il piano apra la canzone . Un’altra superba prestazione vocale , nuda senza i trucci di studio di Lanois , una canzone che crea più sentimento lirico della versione pubblicata.

9) Everything is Broken
Non ci sono motivi per raccomandare l’inclusione di questo pezzo . una canzone debole , comunque all’interno dei canoni dylaniani.

10) Dreamin' of You
Prende il via con una serie di colpi di rullante e un tappeto ipnotico di piano , prima che Dylan , in anticipo vocale , si lanci in qualcosa che sembra un sound secco per l’inferiore Standing in the doorway che ha visto la luce ai tempi su Time out of Mind. Questa versione sovrasta l’altra dal capo alle spalle – Dylan in totale controllo vocale , qualche lirica fantastica e una grande produzione . Superba.

11) Huck's Tune
Questa suona come una vecchia canzone folk – una bellissima melodia ed un arrangiamento sensibile , superba parte vocale di Dylan. Una delle ganme di questo set , questa canzone è un grande pugno emozionale nel senso del testo malinconico , il suono folky e l’accorato cantato vanno bene assieme.

12) Marchin' to the City
Un’altro Highlight , questa è una prima versione di Til i fell in love with you ma è di molto superiore alla versione di TOOM. Segata la produzione di Lanois , questo è un Dylan vintage – quasi vicino alla vostra faccia – e parte come una canzone di Saved. I testi sono misteriosi e magici e di molto superiori della ordinaria Til i feel in love with you. Un’altro dei misteri di Dylan “ Perchè non l’ha pubblicata ?”.

13) High Water
Una fumosa versione live di questo pezzo di Love and Theft. Dylan ci mette un pò a partire , ma una volta scaldato attacca il testo con gusto. Una vetrina per la sua band vintage 2003 , Dylan si appoggia ai vocals nel modo più fine possibile.

CD2

1) Mississippi # 2
Di nuovo , liricamente perfetto , ma l’arrangiamento sembra non essere giusto , Dylan sembra cantare in una tonalità che non funziona per la sua voce - forse troppo bassa – questa versione dell’ultimo capolavoro di Dylan fa capire perchè Dylan l’abbia scartata da Time out of Mind.

2) 32-20 Blues
Una grande outtake da World gone wrong , in fin dei conti bello riaverla qui.

3) Series of Dreams
Questa è dove il picking iniziale sembra essere più leggero . In ogni modo certamente inferiore alla precedente versione delle Bootleg Series. Infatti , la voce mi sembra la stessa come nell’altra versione , non credo che Dylan sia in grado di rifare la stessa canzone nello stesso modo due volte , anche se lo volesse. La sola differenza è nella seconda strofa , che è stata ovviamente esclusa dalla versione precedente.

4) God Knows
Come in Born in Time , questa è la dimostrazione di cosa diventa una canzone ( criminalmente sottovalutata in Under the red sky) nelle mani di Lanois . Dimenticabile.

5) Can't Escape From You
La partenza sembta quella di Can’t help falling in love – Dylan brontola nella sua migliore interpretazione del fascino di Tom Waits , e la cantilenante melodia ricorda la natura folky di Huck’s tune. La mia unica riserva su questo pezzo è che lui sembra essere in difficoltà vocalmente in diverse strofe. Ma , al di là di tutto , una interessante versione.

6) Dignity
Terribile versione rockabilly di un Dylan-number. Basso gommoso , con Dylan che canta senza cura , una ciofeca.

7) Ring Them Bells
Dylan dal vivo nel 1992 al Supper Club mostra come stia andando verso il folklore , come dimostrato durante il Dylan Unplugged alla MTV , questa versione è stata anche filmata.
Ho sperato a lungo che questo concerto fosse utilizzato per le Bootleg Series  la versione sincera di questa canzone sembrava suggerirlo, la voce di Dylan è in perfetta armonia con la steel-guitar di Bucky Baxter. Amabile.

8) Cocaine Blues
Una versione simile era stata realizzata precedentemente per Love Sick e questa versione non aggiunge niente.

9) Ain't Talkin’
Molto simile alla versione di Modern Times , con un tocco un pò più rock – di fatto la base è simile a What was it you wanted. Non sono sicuro che aggiunga molto alla precedente versione.

10) The Girl On the Green Briar Shore
Bella versione live , ricorda il Dylan che suonava la chitarra da solo . Questo è un rimando a quei giorni.

11) Lonesome Day Blues
Suona come una registrazione dal vivo , forse un pò troppo metallica – I collezionisti conoscevano già questa versione che di solito era disponibile nella ora sadicamente defunta sezione-performance del sito ufficiale di Bob Dylan. Detto questo , questa track è che è una versione fumosa di quella di Love and Theft , con Dylan che aggredisce la parte vocale e con il vertiginoso aumento delle chitarre che scalciano colpi come una racchetta che tira un diritto dietro di lui.

12) Miss the Mississippi
Altre sessions che si sono spinte a fondo nel folklore , quelle registrate da Dylan e Dave Bromberg nel 1992 – prima che lui realizzasse Good as I been to you. Questa è stata disponibile per i collezionisti per diversi anni , ma è davvero una buona canzone – bella produzione e canto superbo da parte di Dylan. Non è sicuro che il resto delle Bromberg sessions , dalle quali questo pezzo proviene , saranno pubblicate ufficialmente.

13) The Lonesome River
Una bella registrazione , con Dylan in bella forma vocale. Naturalmente , questa è stata pubblicata precedentemente sull’album di Ralph Stanley.

14) Cross The Green Mountain
Un’altra gemma dell’ultimo periodo dylaniano, che mescola la melodia , un simpatico arrangiamento e una superba prestazione vocale di Dylan. Questa canzone esuma la Guerra di Secessione da tutti i pori – emozionale – un tour de force cinematografico. Superba


CD3

1) Duncan and Brady
Una pietra miliare dalle Bromberg sessions , con il profumo di Under the red sky. Cantata scioltamente con una voce da oca da Dylan , grando tocchi di chitarra , grande divertimento , fantastica. Un modo superbo di lanciare il più costoso disco che Dylan abbia mai realizzato!

2) Cold Irons Bound
Una grande versione live di questo classico da Time out of mind. – Dylan davvero focoso che attacca il cantato , e la base dei musicisti  è un turbinio che sale con un grande crepitio.

3) Mississippi # 3
Un terribile suono di reggae circonda questa canzone , la peggiore della raccolta. Liricamente completa , Dylan mette ancora a fuoco il suo gran potere narrativo. Per coloro che non vogliono perdere proprio niente.

4) Most of the Time # 2
Un pò come la versione di Series of dreams sul CD2 , a me suona come se fosse esattamente la stessa versione vocale della versione su Oh Mercy. Il fraseggio e l’intonazione sono identici – la sola differenza è qualche riga di tresto cambiata , che sono stati ovviamernte cambiati nell’incisione di Oh Mercy. Infatti , riascoltando questa versione , suona come se i nuovi versi fossero caduti dentro in questa versione . Superflua.

5) Ring Them Bells # 2
Una lunga introduzione , sarebbe stata migliore più corta , cantato spoglio di Dylan – inizia come una superba take alternativa, mentre la prima strofa è chiaramente una versione diversa , il resto della canzone è lo stessa incisione del cantato della versione ufficiale realizzata su Oh Mercy. Vergogna.

6) Things Have Changed
Non sono mai stato un fan di questa canzone. La base della backing band è grande ma la voce di Dylan è in grosa difficoltà . non una grande performance , Dylan sembra avere innestato il pilota automatico.

7) Red River Shore # 2
Un’altra versione di questo capolavoro , più silenziato di quello della versione sul CD1. Dylan suona come se l’avesse cantata una volta di troppo , e l’arrangiamento non è bello come la versione precedente.

8) Born In Time
Un’altra pugnalata di Lanois a questa canzone , comunque inferiore alla superba versione di Under the red sky.

9) Trying To Get To Heaven
Questa mi da sui nervi perchè Dylan fa quello di cui è spesso accusato – rilavora completamente la melodia della canzone facendola diventare un’altra. Questo è Dylan come Sinatra , una versione da sala da ballo di questo capolavoro di Time out of mind. Cantato impegnato , superbamente realizzata , ha fatto a questa canzone quello che ha fatto ad I want you ed a Tangled up in blue nel tour del 1978 , magica e spezzacuore.

10) Marchin’ to the City # 2
Comincia con la batteria come Rainy day women , e si appoggia sul suono dell’organo , non così buona come la versione sul CD1 , intrigante ma niente di più.

11) Can't Wait # 2
Introduzione spettrale di organo , voce spettrale di Dylan. Il fascino serpeggia dappertutto in sensi misteriosi e commoventi. Dylan come supremo cantante blues , davvero grande.

12) Mary and the Soldier
Un’altra fantastica e toccante performance dale sessions realizzate per World gone wrong. Impeccabile.

by Martin Cowan

(fonte: musicforgrownups.co.uk)

 

 

TELL TALE SIGNS - Bootleg Series Vol.8

Finalmente è arrivato !!!

Yap , è Tell Tale Signs Volume 8 , l’incredibile Bootleg Series di Bob Dylan.
Ho ordinato il Cd e sto ascoltando il primo assaggio !!
.....si è solo un assaggio , Record Company del cazzo !
E’ una fantastica collezzione , meglio di quello che mi aspettavo e di quello che speravo !

In precedenza avevamo già postato in anteprima due grandi pezzi di questo LP , la magnifica Dreamin’ of you e Mississippi , e questo è il vero affare !
Tell Tale signs è una bella collezzione di 27 canzoni , rare e mai pubblicate tracce di Dylan del periodo 1989-2006 – un periodo davvero fruttifero quando la musa era ritornata da Bob Dylan più forte che mai , raggiungendo un’apoteosi in termini di magnificenza con il sublime Modern Times del 2006.
La qualità delle tracce è notevolmente alta e , incredibilmente , quasi tutte buone , se non migliore del materiale incluso negli album ufficiali di Dylan realizzati negli ultimi 17 anni.
Tuttavia , come veri fans di Dylan , siamo fottutamente incazzati per la decisione della Sony per il cofanetto a tre CD al disgustoso prezzo di 130 dollari ! 5 volte il prezzo della confezione a due CD !
Così i fans di Dylan sono costretti a pagare 100 dollari extra per poche tracce “ Queste Record Company non impareranno mai ! Cercano di metterlo in c..o ai veri fans , fanculo !
Pagherò 130 dollari ! Nessuno dovrebbe pagarli ! I giorni nei quali le Major continuano a fottere i veri fans non sono ancora finiti !
Quindi , a farsi fottere vadano le grandi Major ed un grande Hurrah per il file sharing !
Così....ahemmm(dopo essermi calmato !)....se qualcuno gentilmente ci mandasse un 320kbps link per i tre dischi potremmo essere fottutamente felici !
Abbiamo già pubblicato una buona recensione sull’eccellente UNCUT Magazine.
Qui ce n’è un’altra per “The Observer”.

Che Bob Dylan è ? Il film dell’anno scorso , I’m not there , presentava sei incarnazioni del cantante . il giovane Dylan che voleva essere Woodie Guthrie , il Dylan rinato , il Dylan che suonava il thin wild mercury sound ( interpretatao da Cate Blanchette ) e via così , ma nel corso della seconda metà della decade passata , si è manifestato a noi in diversi e molteplici aspetti.
C’è il Dylan star della TV , il Dylan alla radio , il Dylan pittore , Dylan l’autore , e naturalmente il Dylan sempre in tour con la sua band. Si potrebbe pensare ad un Dylan in franchising ? Perchè la potenzialità commerciale del 67enne artista non è mai stata così alta negli ultimi 30 anni.
E’ un punto di vista che abbraccia anche la violenta denuncia apparsa su un sito web concernente l’ultima uscita delle Bootleg Series : due dischi ( gli unici due disponibili per questo recensore) sono prezzati normalmente , ma c’è un’altro set contenente 3 CD per circa la misera cifra di 101 dollari , che cazzo fai Bob ? Questo è un set che va contro il Bob Dylan conosciuto da noi attraverso le sue canzoni nel periodo coperto da questa Series . Tell Tale Signs mette assieme incisioni rare e mai pubblicate di materiale dal 1998 al 2006. Questo periodo dovrebbe comprendere le sessioni per sette albums – Oh Mercy 1989 , Under the red sky 1990 , i due dischi di cover di folk songs Good as i been to you 1992 e World gone wrong 1993 , Time out of mind 1997 , Love and Theft 1991 e Modern Times 2006. Ma Under the red sky e Love and Theft sono essenzialmente rappresentati da momenti , che pensare , non è da lui essere così scivoloso ignorando le outtakes di tre album originali. Considerata come una trilogia queste registrazioni danno una singolare visione dell’artista . Lui è “The man in the long black cloak” , mormorando qualcosa al riguardo del fatto che non è ancora abbastanza buio ma sta per arrivare , sempre alla periferia delle vostre visioni.
Come farà questo tesoro a riconcigliarci con Dylan ? Tra le 27 tracce c’è posto per due versioni di “Mississippi” dalle sessioni di Time out of mind con Daniel Lanois come produttore – e la prima in particolare è meravigliosa , suonata in acustico , si sente Dylan cantare magnificamente , usando la chiave del sentimento : “But my heart is not weary , it’s light and it’s free”. E si capisce perchè questa takes non è stata messa nell’album Time out of Mind ma su Love and Theft. Allo stesso modo “Red river shore” , il pezzo , secondo i dylanogisti , più atteso di Tell Tale Signs. La narrazione scorre per sette straordinari minuti , raggiungendo l’apice della delizia , misteriosamente , su faccende teologiche ( ho sentito di un ragazzo vissuto molto tempo fa....che se qualcuno vicino a lui era morto , lui sapeva come riportarlo alla vita. E alla fine , Dylan , il grande narratore di Storie trova una nota di ottimismo : - qualche volta penso che nessuno mi ha mai conosciuto veramente , eccetto la ragazza sulla riva del fiume rosso - .
Quindi , non tutto è sempre ciò che sembra , con Dylan stesso che cita un altro poeta “ Io è un altro” ( Rimbaud). Ma imperscrutabile come è lui a volte , egli rimane sempre l’ intoccabile cantante e scrittore di canzoni che è. Non tutto è perfetto in Tell Tale Signs , peccatp per i cinque pezzi dal vivo , scelte non particolarmente azzeccate. Ma potreste perdervi in queste registrazioni.

by Caspar Llewellyn Smith - The Observer


Altre recensioni:

Tell tale Signs sembra avere il potere di colpire positivamente i più noti giornalisti :



Rolling Stone's Mikal Gilmore

....Tell tale Signs sembra essere un’ antologia più che un album. Sembra disegnato per raccontare una storia che affina ed amplia la vista della decadente disintegrazione culturale che è stato il tema più importante di Time out of Mind , Love and Theft e Modern Times – forse la musica più audace che abbia mai scritto. Tell Tale Signs evidenzia che Dylan conosce bene i capricci del mondo nel quale vive , ora più di prima.

Los Angeles Times' Robert Hilburn

L’ultima collezzione del materiale di Bob Dylan dalle sua passate pagine musicali , Tell Tale Signs , è una ricca rivelazione di come il Maestro dei cantautori mette insieme uno dei più drammatici momenti creativi del suo rinascimento nella storia della musica popolare....”Tell tale Signs” non è un “extra” Dylan , è l’essenza di Dylan.


Entertainment Weekly's Chris Willman

Solo un set può essere paragonato alle Bootleg Series di Dylan negli annali della musica popolare , e questo potrebbe essere la collezzione “Anthology " dei Beatles , così simile da aprire una finestra sul mondo deve le grandi registrazioni di studio vengono fatte. Ma con i Fab Four , si ha l’impressione che ci sia solo una possibile soluzione per la versione perfetta di ogni canzone , il fascino sta nel sentire come certi pezzi si trasformano in classici , il tutto dovuto ad una serie di ritocchi finali e trascendentali.
Ascoltando gli scarti di Bob Dylan , anche se , si avverte la non finitura dei pezzi , ancora da sgrossare in maniera definitiva , i suoi scarti sono delle valide alternative alle versioni ufficiali...Le ultime due Booltleg pubblicate , mettono a fuoco il Dylan degli anni 60’ , ma i fans hanno già tutto di queste cose ( Shhh , non parlare della loro voglia di avere altre cose ). Emozionalmente , Tell Tale Signs salta le decadi in modo di offrire una storia alternativa dell ‘ultimo periodo appena passato : il rinascimento creativo che è cominciato attorno al 1980 e sta ancora dando i suoi frutti.

The Independent's Andy Gill

L’ottava rata delle Bootleg Series di Dylan copre gli anni dal 1989 riportando i suoni di Oh Mercy ai giorni nostri , un periodo nel quale si è adoperato per conquistare il favore dei critici entrando a far parte del vasto catalogo della musica e delle radici popolari americane , e ultimamente per trovare la strada per la “indian summer” di Time out of Mind , Love and Theft e Modern Times....è una collezzione notevole....


The Telegraph's David Cheal

C’è roba qui che fa chiedere all’ascoltatore : perchè non mai ho sentito queste cose prima d’ora ?
Da cos’era posseduto , per esempio , per escludere “Red River Shore” dal suo Time out of Mind ?
E’ un inquietante classico , lo stesso si può dire di “Born in Time” ( dalle sessions di Oh Mercy ).....qui c’è racchiuso tutto l’inquieto spirito creativo dell’uomo , lui non si ferma mai.


The BBC's Chris Jones

Se vi piace la trilogia di Time out of Mind , Love and Theft e Modern Times sono sicuro che adorerete questo disco. Si svela il processo che ha portato Dylan a rivistare non solo il suo lavoro in primo luogo , ma lo ha associato alla sua immagine : la Certer family (Tell ol’Bill) e tanti altri....come compagni di viaggio dei suoi lavori migliori del periodo essenziale. Sta bene anche con gli altri album della sua produzione – un uomo innamorato ancora una volta della sua musa ispiratrice – senza la paura di affondare la mano fino alle radici. Bello , coraggioso e seducente.


The Guardian's Dave Simpson

L’ottavo tesoro della Dylan’s Bootleg Series di materiale mai pubblicato e versioni alternative , dimostra ulteriormente che non c’è una versione definitiva di una canzone di Dylan , solo un flash dei diversi stati d’animo di quest’uomo che riportano Dylan alle sue classiche forme. La straordinaria “Red River Shore” – che aveva già suscitato una febbrile eccitazione fra i Bobcats – suona come il prodotto di un cuore spezzato , misteriosamente rimasto chiuso in un cassetto per 11 anni . Quattro Stelle.

(fonte: stupidd.blogspot.com)

 

 

Bob Dylan - The Bootleg Series Vol. 8: Tell Tale Signs - Rare and Unreleased 1989 - 2006

by Andy Whitman

Questi sono gli avanzi , gli orfani , le tracce randage , dal vivo e brani da colonne sonore che sono state escluse dagli album degli ultimi vent’anni. E se qualcuno ci ha fatto caso , non ho mai inserito gli album di Bob Dylan fra i miei preferiti prima d’ora. Quindi , come hanno fatto gli scarti a raggiungere il Top ? Facendo il conto , Bob Dylan ha gettato via più capolavori che qualsiasi altro cantautore abbia mai scritto . Perchè Daniel Lanois , che quando produsse Dylan , fu l’uomo che con la sua soffocante garza sonica fece suonare Bob Dylan come gli U2 ed Emmylou Harris non c’è per niente in questi solchi ?
E’ perchè il “vecchiaccio” ha ritirato fuori il suo suono crudo , grezzo , spogliato dai dispositivi ausiliari dello studio , suoni straordinariamente interessanti , la sua svolta tipicamentea blues , il tirare fuori brani come “Red river shore” e “Cross the green mountain” , canzoni di una bellezza luminosa che stupiscono per la loro triste veridicità. Dylan non ha pari , e continua a far scuola     per i bambini !

 

 

Tell Tale Signs: The Bootleg Series Vol. 8: Rare and Unreleased 1989-2006

by Tom Useted

Da quando nel 1997 “Time out of mind” vinse il Grammy , Bob Dylan ha beneficiato di una grande esposizione mediatica. Nel 2001 “Love and Theft” e nel 2006 “Modern Times” hanno venduto moltissimo. Ora c’è questo nuovo capitolo della innovativa Bootleg Series , che esce ogni paio d’anni , dove Dylan ha mischiato nuove registrazioni con pezzi dal vivo , takes scartate da altri album e pezzi di colonne sonore (“Thing’s have changed” , dal film Wonder’s Boys , che vinse un Academy Award).
Le cifre relative alle vendite e la qualità del lavoro degli ultimi dieci hanno chiaramente portato la critica a dichiarare giustamente che Dylan sta attraversando un periodo tardo-rinascimentale della sua carriera. Nel frattempo è stato sempre in tour e qualche volta è stato splendido anche sul palco. E ancora , la Bootleg Series , diversa dalla serie originale , ha riconosciuto il fatto che , sì , la carriera di quest’uomo si è estesa dopo il 1975 , fino ad oggi.
Dylan ( o il suo staff , o la Columbia ) decidono che adesso è il momento buono per un salto indietro nella sua più recente produzione ,  e , giusto o sbagliato , Tell Tale Signs è quello che è stato tirato fuori.
E’ una collezzione di 27 pezzi di studio e di materiale dal vivo che parte dal 1989 , con la maggior parte delle tracce in studio provenienti dalle sessioni di Oh Mercy e Time out of mind. C’è anche una versione a tre CD , 12 canzoni-bonus ed un libretto divertente. Molti fans di Dylan sono rimasti piuttosto arrabbiati con la Sony per questo , ed a buona ragione , perchè il suo costo è cinque volte maggiore di quello della confezione a due CD. Una mossa senza senso da parte della Sony , specialmente col clima economico di questi tempi . Il set di due Cd esce con un booklet di 64 pagine con le liner-notes di Larry “Ratso” Sloman , autore di “On the road with Bob Dylan” , la cronaca della prima Rolling Thunder Revue. Come nelle passate Series , le note contenute nella confezione entrano nel contesto della carriera di Dylan , descrivendo dettagliatamente anche la musica e le circostanze nella quali è stata scritta.

Tell Tale Signs funziona perchè non è una retata di cani randagi , sono tracce mai pubblicate ufficialmente senza un ordine cronoligico , ma che sottilinea la saggezza ed i temi che Dylan immette nel suo lavoro. Musicalmente sono le radici della musica americana a cui lui ha sempre avuto attenzione e che ha perfezionato nel corso dell’ ultima decade.
Le canzoni pre-Time out of mind dimostrano in questa raccolta che era su quella strada , anche se a volte sembra essere incerto. Liricamente , per citare un nome come esempio , c’è un interessante richiamo alle città sul fiume , le donne che le abitano , e le esperienze del corpo e dello spirito che animanole persone che abitano in quei posti. Due versioni di “Mississippi” , “Red River shore” , “Huck’s tune” ( nome di un personaggio del film “Lucky you” per il quale è stata scritta , tuttavia il titolo ricorda Mark Twain) , “High water” , “The Girl on the greenbriar shore” , “Miss the Mississippi” e “The lonesome river” sembrano formare una narrativa non lineare.

Come in Faulkner’s Yoknapatawpha County or Twain’s Hannibal, nelle città fluviali di Dylan la narrativa si allontana dai punti di vista , i personaggi entrano ed escono senza essere mai a fuoco , ma il linguaggio ha molto da offire :“When I kiss your lips / The honey drips / I’m gonna have to put you down for awhile”, or “I’ll ramble and gamble for the one I love / And the hills will give me a song”.
Ona delle cose che le Bootleg Series hanno sempre avuto è la loro capacità di trovare un equilibrio di documentazione che si è rivelata interessante sia per i collezzionisti sia per i fans occasionali , e questo le rende simili ad un album. Tell Tale Signs è un grande album , forse colpisce immediatamente più di Moder Times , il trionfo delle fonti più disparate che si adattano bene ad essere messe assieme. Ma è anche una festa per i “duri” appassionati di Dylan.

Forse a causa della creazione delle Bootleg Series , sembra esserci un notevole calo di interesse verso i bootleg non ufficiali , le sessioni post Oh Mercy sono state appena toccate dai bootleggers.
Oh Mercy , al contrario , è stata oggetto di così tante edizioni pirata che sembrano lavori pasticciati , come qualsiasi lavoro che esclude “Series of Dreams” , Dignity” e “Born in time” è destinato ad essere.
In apparente riconoscimento del cattivo trattamento subito nei bootlegs , sette outtakes di Oh Mercy sono state incluse in Tell Tale Signs. “Born in time” in particolare , ha sofferto quando fu riscritta e riregistrata per “Under the red sky”. Le originali , più belle cantate e suonate , senza tagli o rimaneggiamenti da parte del produttore , e che vantano i testi migliori , evidenziano il perchè le Bootleg Series esistono , giustizia rimandata ma finalmente giustizia fatta. (“God Knows” , un’altra canzone scartata da Oh Mercy e ripresa e rifatta per Under the red sky è un brano minore , ma suona molto più dura nella sua prima traccia originale) .
Le session di Time out of mind sono la fonte per altre sei tracce , da sottolineare perchè “Red river shore” , “Dreamin’ of you” e “Marchin’ to the city” sono titoli nuovi ( nessuna delle outtakes di Oh Mercy sono realmente nuove canzoni , a dispetto delle alterazioni dei testi). Inevitabilmente , questo aprirà la questione di quanto “Time out of mind” , come “Oh Mercy” , avrebbe potuto essere persino migliore. Era un progetto , come “Series of dreams” e “Marchin’ to the city” che hanno prestato una parte del loro testo ad altre canzoni posteriori. Quelle canzoni erano “Standing in the doorway” , un capolavoro , e “Till i fell in love with you” , esercizi di blues più che altro.
Qualche parola di “Marchin’to the city” è stata inserita in “Not dark yet” , una delle più belle recenti composizioni di Dylan. Come una finestra sul processo creativo di Dylan , ascoltare queste nascenti canzoni è affascinante , e le canzoni si difendono molto bene da sole. Ma il vero piacere di TTS è “Red river shore” , una meditativa riflessione , accompagnata dalla fisarmonica , sull’amore perso che pian piano ti annichilisce nel corso dei suoi otti minuti. Ancora , questo è il modo nel quale le Bootleg Series prendono il primo posto.
Qualche volta Dylan , per ragioni sue personali , prende la decisione di scartare dei pezzi , decisioni che per noi non hanno alcun senso , ed è interessante sentire quello che è stato scartato e sapere il perchè.

In ogni caso , il resto delle tracce vengono da diverse fonti , incluse registrazioni dal vivo in concerto. E’ sorprendente come i pezzi dal vivo si integrano bene , non tematicamente ma a livello di suono , il girare e l’inquietudine sono i temi e lo stile di vita che caratterizzano il marchio-Dylan di questi ultimi anni.
La differenza più evidente tra il Dylan di studio e quello in concerto è la sua voce. Dove la sua voce è capace di una vasta gamma di suggestive espressioni è nello studio , sul palco la voce ha la tendenza a sembrare strangolata , sofferente e spaventosamente poco chiara.
La prima strofa di “High water” dimostra questa mancanza , sembra quasi che lotti per ricordarsi l’inizio della frase. Nella seconda strofa però , sembra ritrovare il bandolo della matassa e ricorda perfettamente il testo con un gancio destro , e la sua band esegue una prestazione mirabile , piena di varietà e di movimento , il che rende il pezzo originale , la magistrale “High water” di Love and theft , suona monotona al confronto con questa. Ma l’unico vero passo falso di Tell Tale Signs sembra essere la ripetitività , la lamentosa “Cocaine blues” che non ha un senso drammatico o un “momentum”, niente per richiamare l’attenzione , e mette dolorosamente in evidenza la voce deteriorata del Dylan da concerto. Solo una traccia su 27 , non ci si può lamentare. La ragione per la quale Tell Tale Signs funziona così bene dall’ inizio alla fine è che le canzoni , perfino quelle che sono di per se stesse deboli (“God knows” , “Miss the Mississsippi”) , sono illuminate dal fatto di stare in compagnia di Dylan. Le cover danno luce nuova agli originali , specialmente le canzoni del fiume , la linea che le separa dalle composizioni originali di Dylan si assottiglia dopo il trattamento di Dylan.
E’ tutto una canzone , un musical , e “pluribus unum” ( dal latino : da molti uno ). Tell Tale Signs è buono come il suo predecessore in ogni punto , ogni battuta , e se non c’è un possibile accostamento di Dylan con l’America attuale e la musica popolare contemporanea pazienza . Possiamo , come sempre , dirci fortunati di averlo intorno.

 

 

BOB DYLAN – Tell Tale Signs The Bootleg Series vol. 8 (Columbia 2008)

di Marina Montesano

Tell Tale Signs è l'ottavo volume nell'antologia che ha offerto sinora esibizioni live, alternate takes, inediti accumulati da Dylan in decenni di esibizioni e incisioni; questo nuovo episodio ci porta al periodo 1989-2006, ossia tra Oh Mercy e Modern Times. La Sony-Columbia ha pubblicato l'antologia in due differenti versioni, una doppia e una tripla: è a quest'ultima che faremo riferimento in quanto il terzo disco è essenziale non meno dei primi due. Cominciamo col dire che Tell Tale Signs contiene alcune composizioni inedite, che sono ovviamente il primo motivo di interesse: in un caso almeno, Red River Shore, siamo di fronte a un brano di altissimo livello, inciso al tempo di Time Out Of Mind e inspiegabilmente escluso dalla tracklist definitiva. Fanno parte delle stesse sessions anche Dreamin' Of You e Marchin' To The City, pure molto interessanti. Ci sono poi le alternate takes, che in alcuni casi ci propongono pezzi radicalmente diversi rispetto agli originali; la preferenza in questo caso è ovviamente soggettiva, ma quel che colpisce (e che quanti seguono Dylan in concerto sanno bene) è che con Dylan non esistono 'versioni definitive': quelle in studio sono fotografie di un momento particolare, ma i brani sono lì per essere continuamente riscritti e reinterpretati, come nella tradizione musicale blues e folk da cui Dylan proviene.

Fra queste versioni alternative mi paiono da segnalare, perché davvero eccezionali, una Ring Them Bells con accompagnamento di solo piano e una notturna Can't Wait, entrambe dal terzo disco. Ci sono poi alcuni brani pubblicati in colonne sonore e dunque poco conosciuti, fra cui spicca l'epica 'Cross The Green Mountain. I brani dal vivo sono belli, anche se tutti già usciti su bootleg, e fanno solo auspicare un live completo con uno dei concerti di questi ultimi anni: c'è solo l'imbarazzo della scelta. Infine una curiosità a proposito dei pezzi con la dicitura Unreleased 1992, Miss The Mississippi e l'eccellente Duncan & Brady: sono tratti dalle cosiddette Bromberg sessions, un progetto discografico finito e poi accantonato da Dylan che, non contento del mixaggio, preferì far uscire l'acustico Good  As I Been To You; speriamo che la pubblicazione nell' antologia non precluda la possibilità di averle, un giorno, nella loro interezza.

(fonte: discoclub65.it)

 

 

Tell Tale Signs - The Bootleg Series Vol.8 / Columbia

d
i Riccardo Bertoncelli

Il caro Bob rimette le mani sui suoi materiali “di scarto” e scopre altri tesori nascosti.
Ha preparato un’altra antologie delle sue, il Geniale Pasticcione, non cronologica, non lineare, con allegra confusione tra live, studio e cameretta. Questa volta però almeno ha delimitato il campo, raccogliendo solo pezzi degli ultimi vent’anni; alla faccia di chi ritiene che la vena si sia esaurita dalle parti di Blood On The Tracks (pochi, a dire il vero), si comincia con Oh Mercy e si arriva a Modern Times, attraversando i controversi affascinanti anni della maturità e della vecchiaia. Due dischi per i comuni acquirenti, tre nella tiratura limitata per eletti; con molte scoperte preziose che neanche i bootleggers conoscevano e la conferma che il signor D si esprime meglio in solitudine o poca compagnia, senza troppi addobbi. Si parte con una meraviglia, Mississippi, una outtake di Time Out Of Mind proposta in tre versioni che ribadisce l’inclinazione dylaniana a essere cattivo giudice di sé; c’è altro di buono in quel cestino (Red River Shore, Dreamin’ Of You), a conferma della grande stagione di metà 90. Notevole anche una 32-20 del periodo World Gone Wrong, rarissima cover dall’amato Robert Johnson; e interessanti alcune alternate, da una Ain’t Talkin’ troppo in carne per valere quella già nota a una Most Of The Time cui ancora manca l’aura luminosa che la renderà irresistibile.
 

 

 

TTS : Dylan, alive, sounds human

By Ben Barasch

“Tell Tale Signs” , l’ultima rata delle “Bootleg Series”, mette a nudo la tormentata visione nel processo di scrittura delle canzoni del più elusivo dei musicisti. Il set a due dischi 8 ( o a tre con un sovrapprezzo di 100 dollari ) comprende canzoni mai pubblicate , versioni alternative e registrazioni dal vivo dagli anni 1989 al 2006 , un periodo di grandi critiche e successo popolare per Bob Dylan.
Così Dylan diventa di volta in volta sempre più imperscrutabile , brizzolata leggenda di oggi , con il desiderio di rendere reali le sue canzoni , di vederle come facenti parte della natura. Le immagianiamo balzare fuori dal suo cervello già completamente formate. Indipendentemente dal fatto che questo sia accaduto ad un certo punto della sua carriera , “Tell Tale Signs” ci mostra un altro lato , questa volta molto diverso di Bob Dylan.

Da uomo anziano dimostra di essere un infaticabile sperimentatore di studio , esplorando le risonanti emozioni che le sue liriche offrono in diversi assetti musicali. É affascinante sentire canzoni in embrione che avete già sentito da anni . La triste ironia ( o vacillante ) di “Most of the time” può sembrarci assolutamente inevitabile. Ma “Tell Tale Signs” ci da due nuove prime-versioni nelle quali vediamo come la canzone vada incrementando il suo significato. Le tre versioni della canzone “Mississippi” hanno una finezza e una stranezza che sull’album non appare. Non che siano necesariamente migliori , ma ora il nostro concetto di quella canzone è tre volte più grande.
Il senso che generalmente si ricava è che le canzoni non sono ne morte ne statiche. Questo è il senso che si ricava da molta della musica popolare. Quando sentite alla radio una canzone di Bob Jovi è sempre la stessa , è morta , datata. Non c’è niente di reale in questo, vi garantisco che è identica a come viene suonata in concerto. I suoi fans sono soddisfatti da questo tipo di ripetibilità. Hanno avuto quello per cui hanno pagato. Possono tornare a casa soddisfatti. Una canzone di Dylan non è così. É solo il senso che assomiglia. Succede in studio di registrare qualcosa di particolare in un determinato giorno. Le sue canzoni sono sempre in continua evoluzione. Se ascoltate “Tell Tale Signs” abbastanza , la vostra concezione della musica popolare comincerà a cambiare. Comincerete a sentire le canzoni come brutte copie , come lavori in corso. Cominciano ad avere qualche legame con gli alti e i bassi della vita , con la mente di un autunnale essere umano.

 

 

TTS : Appunti di Peter Stone Brown - 2008
 
Era la tarda estate del 1989 , e nella cassetta della posta c’era un pacchetto con una cassetta . La cassetta era una copia preview del nuovo , non ancora uscito , album di Bob Dylan “Oh Mercy”. Tutto quello che sapevo era che era stato registrato a New Orleans con il produttore Daniel Lanois , che sapevo aveva lavorato al primo album di Robbie Robertson.
 ra il secondo anno di quello che sarebbe diventato famoso come il “Never Ending Tour” , un tour dove tutto poteva succedere ed è successo , un tour che in qualche modo ridefiniva l’intera carriera di musicista di Bob Dylan. I precedenti tours di pochi anni prima erano stati fatti con la band dei Greatful Dead e con Tom Petty & The Heartbreakers. Entrambi i tours hanno avuto i loro momenti , ma avevano lasciato in tutti noi la sensazione che mancasse qualcosa , che Dylan avesse bisogno di una band propria. Lo show con i Dead in Filadelfia era stato molto contestato , e un sacco di persone avevano giurato di non andare più a vederlo. Poi c’erano stati disk-jockey e stazioni radio i cui commenti andavano da una certa compresnsione a “ Che cos’è questo ?”.
Per me , aveva suonato due brani che non avevo pensato di sentire, “The ballad of Frankie Lee and Judas Priest” , e ancora più sorprendente, “John Brown” , una canzone di protesta contro la guerra che era su un album che avevo , chiamato Broadside Volume 1, che era un esempio della tipica scrittura del Greenwich Village all’inizio degli anni 60’. Su quell’album Dylan appariva con lo pseudonimo di Blind Boy Grunt , che è stato il primo di tanti altri nickname. “John Brown” era basata sul tradinional “Reuben’s train”, con la chitarra che la copiava , e Jerry Garcia , non estraneo alla musica tradizionale , aveva usato quel modo di suonare nel suo arrangiamento. Lo show riservò altre due sorprese , “Chimes of freedom” e “Queen Jane approximately” , e anche se quest’ultimo tipo di canzone nel frattempo era passata di moda , non mi ero preoccupato. Era il mio compleanno , avevo visto Bob e sentito canzoni che non avevo mai pensato di sentire. Era un accenno alle cose future.
 
Quando Dylan andò in tour l’estate seguente , lo fece accompagnato da una band ridotta , e sono stati , a dir poco , davvero rock. In quei giorni non c’era Internet che dava istantaneamente la set-list ogni sera. Se volevi sapere quello che succedeva nel tour , dovevi andare alla libreria e trovare il giornale di un’altra città con la speranza che avesse recensito il concerto.
Così , quando vidi il mio primo show del Never Ending Tour al Garden State Arts Center , a Holmdel - New Jersey, e Dylan inizio con “Subterranean homesick blues” , un’altra canzone che non mi aspettavo di sentire, la mia mente era più esaltata che durante il breve set acustico nel quale aveva tirato fuori “Trail of Buffalo” di Woody Guthrie. La stessa cosa ha fatto nelle due notti successive al Tower Theatre , poco fuori Filadelfia. Ero più che convinto quando si è lanciato in “Bob Dylan’s 115th Dream” , e di nuovo , due canzoni dopo , quando inserì due nuove strofe sul Viet Nam in “With God on our side” , una strofa che doveva apparire pochi mesi dopo nell’album “Yellow Moon” dei Neville Brothers che era stato prodotto da Daniel Lanois.
Il mattino seguente , fui invitato ad assistere ad una session di registrazione con il bassista di Bob Dylan Kenny Aaronson. Quando arrivai allo studio , il mio amico che era il produttore della session mi avvisò , dicendomi che Dylan era stato come folle con la band la notte prima , quindi di strarmene buono e tranquillo. Finalmente , alla fine della session , quando tutti si erano rilassati , ho avuto il coraggio di chiedere ad Aaronson “ Sapevi la notte scorsa che Dylan avrebbe fatto “ 115th last dream ?”. “Sembrava prenderci in giro con quella canzone nel sound check” mi rispose.
L’estate seguente , le canzoni tradizionali furono sostituite con covers di altri artisti come Gordon Lightfoot , Van Morrison ed il cantante country Don Gibson. Sapendo che un nuovo album era in lavorazione , speravo in nuove canzoni , ma non fu così.
Così ho aperto il pacchetto ed ho messo il nastro di Oh Mercy sul mio registratore. Dalla prima nota ho capito che era un album serio. I precedenti due album erano in misto di covers e di canzoni originali , registrate in diverse sessioni ed erano lontane da avere un senso di coerenza. Un sacco di gente pensa che i suoi migliori lavori più recenti erano quelli con i Traveling Wilburys. “Oh Mercy” non era R&B di New Orleans , era musica di Dylan. Il sound era pieno di chitarre , la produzione fluente. Le canzoni erano profonde. , oscure e misteriose , alcune divertenti ed altre con tanta amarezza che veniva in superficie. In altre parole , tutto quello che si voleva in un album di Bob Dylan. Appariva subito evidente che il meglio di tutto era che Lanois sapeva a quel tempo come registrare la voce di Dylan. Durante la sua carriera , Bob Dylan aveva avuto alti momenti di intensità che ti prendevano e ti tagliavano in due. É una cosa magica che non può essere definita e nemmeno avere un nome. Qualche volta non succedeva , ma quando avveniva , lo capivi , e in quest’album ce n’era in abbondanza. Dopo aver sentito l’album , ho telefonato ad un amico molto esperto di Bob Dylan , e gli ho detto “ Devi sentire quest’album”. Naturalmente , dopo gli ultimi due album , non voleva credermi. Quella notte incontrai alcuni amici che suonavano nei bar locali. Al Bar mi si avvicinò uno di loro e gli dissi “ Vieni subito nella mia macchina” , Misi sù “Ring them bells", ”Most of the time” e “Man in the long black coat” , e vidi il suo scetticismo cambiare in un sorriso.
 Quando Dylan ritornò quell’autunno al Towe r Theatre , poche canzoni di “OH Mercy” erano in scaletta , ma come al solito suonavano diverse da come erano state registrate , appena sbozzate , grezze , più rock . “Most of the time” sembrava fondersi in “All along the watchtower”. Non c’erano sorprese nella scatola , ma non erano necessariamente musicali. Alla fine della seconda serata , Dylan fece qualcosa che non avrei mai pensato di vedergli fare. Un membro del suo staff di palco gli passò un microfono diverso per l’armonica e la band si butto in “Leopard skin pill-box hat”. Durante l’assolo di armonica , Dylan si avvicinò piano piano al bordo del palco , poi improvvisamente saltò in mezzo alla gente continuando a suonare l’armonica , e uscì dalla porta posteriere terminando lo show.
Quando ritornò nel 1990 , per tre spettacoli in New Haven-Connecticut al Toad’s Place , suonò per la prima volta una canzone dei primi tempi del 1981. Quella canzone era “ Wiggle Wiggle”. E’ stata l’ultima volta che una canzone originale debuttò in concerto. Lo show , una prova in provincia per il prossimo tour , includeva anche numerose covers che spaziavano da “Pretty Peggy-O” , in una versione completamente diversa da quella del primo album , a varie canzoni country , dal blues a “ Dancing in the dark” di Springseen. Nessuno lo capì a quel tempo , ma quello show era un anticipazione della decade a venire.
Sul finire di quell’estate , un’altro album apparve , “Under the red sky”. Io scrivevo per un settimanale locale , e la cosa che dava molto fastidio al mio redattore era che recensivo tutti i concerti di Dylan vicini o lontani da Filadelfia.
 
Alla fine dell’estate mi misi in contatto con un giornale dove lavorava l’agente pubblicitario di Dylan Elliot Mintz. Sfortunatamente , ero in ospedale con un sacco di ossa rotte , essendo stato vittima di una rapina la notte precedente. Il giorno che fui rilasciato dall’ospedale , un nastro arrivo per posta da Mintz. Era “Under the red sky”, prodotto da Don Was , aveva un suono diverso ed un diverso feeling rispetto ad “Oh Mercy”. Aveva avuto una produzione diversa dallo stile di Lanois , con in sacco di facilitazioni fornite a Dylan , inclusi gli stessi musicisti. Tra l’altro , c’erano molte tracce , e questo permetteva ai musicisti di trovere quella giusta , quindi le sessioni cominciarono a scorrere. Mentre mantenavano la stessa sezione ritmica , vi furono diversi chitarristi e tastieristi in ogni sessione.
Molte delle canzoni sembravano filastrocche apocalittiche , e un un certo senso lo erano. Va sottolineato che molte filastrocche sono come delle bordate , cantate e urlate per strada e su temi di attualità . Più o meno nello stesso periodo Dylan stava lavorando al secondo album dei Traveling Wilburys ed era in tour.Dopo quei due album , Dylan si concentrò nelle tournèe e ci vollero sette lunghi anni prima che ci fosse un’altro album di canzoni originali.
Nel 1992 , con poco preavviso o fanfare , un nuovo album , “Good as i been to You” , era sul mercato. Era Dylan da solo che faceva ballate , blues , pop songs, e si chiudeva con una canzone per bambini, “Froggy went a courtin’”. La produzione era minimale , il cantato ed il suonato , spesso grezzi. Poco più tardi di un anno , un album similare, “World gone wrong”, fu fatto uscire. Sembrava un pò più pensato e realizzato con maggior cura , dalla scelta delle canzoni alla copertina dell’album , non naturalmente le performances. Per la prima volta da “Desire” , l’album conteneva le liner notes scritte da Bob Dylan stesso , scritte in maniera diversa , più lineare , anche se seguivano lo stile fluido che aveva usato in precedenza , descriveva la fonte di ogni canzone riuscendo a collegarle ai tempi attuali.
Abbastanza curiosamente , ha affrontato per la prima volta i suoi fans , dicendo che il Never Ending Tour era finito con la partenza del chitarrista G.E. Smith nel 1991 , ed in modo umoristico dava i nomi dei tour seguenti , ma , non ostante questo , i fans hanno continuato a chiamarlo Never Ending Tour. A quel punto , essere un fan di Dylan era come far parte di una setta segreta . Avevo i miei amici che una volta ascoltavano Bob Dylan che si erano fermati lungo la strada , e avevo gli amici con i quali condividevo Dylan , che voleva dire andare agli show o scambiarsi i bootleg. Quando andai in Inghilterra pochi anni più tardi per partecipare ad una conferenza di Dylan a Liverpool , venni a conoscenza di altre attività collegate a Dylan , un amico che soggiornava con me mi ha chiesto seriamente “ Fai parte del movimento underground di Dylan? Questo mi stortò.
 
Nella metà degli anni 90’ , tutto cambiò con l’avvento di Internet. Un amico mi disse , devi buttarti in Internet , ci sono gruppi di discussione di Dylan , cose da matti! Lo feci e scoprii che non c’erano solamente gruppi di discussione (Rec-Music:Dylan) , ma anche una Dylan mailing list , Hgw 61 che dava le news su Bob Dylan ( principoalmente dal gruppo) direttamente nella tua casella di Outlook, diverse volte al giorno , e tonnellete di siti Web che coprivano ogni aspetto di Dylan , dalle radici e le fonti delle canzoni , alla religione , all’interpretazione dei testi , le rarità ufficiali , i siti statistici che dicevano dove le canzoni erano state suonate e quante volte , ed anche un sito ufficiale che offriva rarità , novità e versioni live delle canzoni.
Sembrava che Internet fosse stato creato per i fans di Bob Dylan. Potevo contattare persone di tutte le parti del mondo e discutere con loro di Bob Dylan.
All’inizio dell’inverno del 97’ , girò parola che Dylan stesse registrando un nuovo album a Miami con Daniel Lanois di nuovo come produttore. C’erano poche informazioni al riguardo. Ogni momento , personaggi misteriosi , seminavano quà e là notizie sulla nuova band , con piccoli accenni , poteva essere nominando un musicista o due , poi improvvisamente sparivano. Allora nella primavera di quell’anno , il venerdi del week-end del Memorial day , lasciai il lavoro e cominciai a girare la radio della mia auto , e fui colpito da un nuovo bollettino che diceva che Dylan era in ospedale per un’infezione al cuore. Mi venne immediatamente in mente il giorno di 31 anni prima , quando mio fratello , correndo attraverso il campo , mi disse che Bob aveva avuto un incidente motociclistico.
Rimasi bloccato per un momento , poi voltai l’auto e andai a cercare qualcosa che potesse darmi una risposta , magari il mio e-mail-box.
Bob Dylan riprese il tour in Agosto. Negli anni passati , era solito aprire i concerti con canzoni mai suonate o suonate raramente , aumentando la quantità di folk , blues e bluegrass songs.
Una canzone che non aveva mai suonato era “Blind Willie McTell” , ed io sono andato ai concerti finchè finalmente riuscii a sentirla al Wolf Trap.
Un giorno , ai primi di settembre , trovai un’altro pacchetto nella mia cassetta della posta contenete una copia come anticipazione di “Time out of mind”. L’album era dominato dal blues , solo 4 delle 11 canzoni erano ballate. Nelle canzoni c’era il tema costante della irrequietezza e della disperazione
Molta gente , non sapendo che l’album era stato registrato prima del ricovero in ospedale , associò il ricovero con l’album. Il blues è sempre stato un caposaldo di Dylan fin dal primo album , e molti ne aveva scritti per conto suo senza copiare le prestazioni vocali di molti dei suoi contemporanei.
 
In “Time out of mind” c’era una differenza , perchè contrariamente alle registrazioni blues precedenti , qui c’era un un consapevole sforzo per ottenere non solo il suono , ma anche il grande feeling dei blues degli anni 50’.
A seguito della pubblicazione dell’album , ci furono molti articoli ed interviste , con Dylan e Lanois. Ma uno degli articoli che catturò l’attenzione dei fans era l’intervista con il tastierista Jim Dickinson , che citò due pezzi non inderito nell’album , “Mississippi” e “Girl from the red river shore”. Cominciò la consueta lagna dei fans e dei collezzionisti “ Lasciano sempre le canzoni migliori fuori dall’album”. Entrambe le canzoni sarebbero state le migliori se inserite in quell’album. I Siti dei fans furono immediatamente incuriositi anche se avevano solo i titoli delle canzoni da citare. “Mississippi” fu di sicuro riregistrata per “Love and Theft” , lasciando “Red river shore” come qualcosa da mettere nel Santo Gral dei collezzionisti. La mia reazione , ascoltando “Red river shore” fu la stessa di quando ascoltai per la prima volta “Blind Willie McTell” , questa è la miglior canzone di Bob Dylan di sempre.
Da parte sua , Bob disse al New York Times , “ Molte delle mie canzoni sono progetti per altre , questa volta non ho voluto cianografiche delle canzoni , volevo le cose vere. Quando le canzoni sono giuste e vengono incise giuste , e il gioco è fatto. Se son fatte bene rimarranno incise nella pietra”.
Con gli anni , gli arrangiamenti dal vivo di tante di queste canzoni sono cambiati considerevolmente. Due di quelle che sono cambiate in questo senso sono incluse in questo TTS.
Naturalmente Dylan ritornò on the road e in aggiunta alle canzoni di “Time out of mind” , altre canzoni furono continuamente inserite nella set-list . le canzoni blues , le country , le bluegrass , e canzoni che non aveva mai suonato.
Molta gente , me incluso , stavano attenti finchè le set-list non apparivano su Internet. Le musiche che erano entrate profondamente nel suo animo , specialmente quella degli Stanley Brothers ed il duo country Johnny and Jack. E’ impossibile prevedere quando e dove Bob inserirà una nuova canzone. Può succedere in Portogallo , oppure a Wilmington. Quello che è certo è che Dylan non sta suonando per esibirsi , lui sta sperimentando , e facendo questo , espone il suo pubblico a tutte i tipi di musica , anche quelli mai sentiti prima da lui. E come al solito , ce n’è sempre uno fra i tanti siti Internet a lui dedicati che vorrebbe sapere la risposta. Come recentemente mi ha detto un amico , “ Non avrei mai conosciuto gli Stanley Brothers se non fosse stato per Bob Dylan”.
Semplicemente facendo una canzone, Dylan ha fatto quello che i collezzionisti del “revival” folk avrebbero sempre voluto realizzare , e , grazie ad Internet , i risultati sono stati a livello mondiale.
Lui era , come ha detto nel film “No direction home” , “uno spedizioniere musicale”.
 
Nell’autunno del 2000 , Dylan si muoveva in un’area che solo di striscio aveva toccato prima , il jazz. A Dublino , stupì il pubblico con un drammatico riarrangiamento di “Tryin’ to get to heaven”. Questo ebbe il seguito a Munster davanti ad una gran folla stupita , quando tirò fuori “If dogs run free” , e un mese dopo con una canzone dallo swing western “Blue bonnet girl”.
Fu chiaro che Dylan stava cercando qualcosa. Quel qualcosa si trasformò nel suo prossimo album “Love and Theft” , un album che , tra le altre cose , era l’esplorazione specifica delle radici della musica americana , esplorazione seguita cinque anni dopo da “Modern Times”.
Questo ottavo album delle Bootleg Series non è solo una raccolta di outtakes , o takes alternative e canzoni mai sentite. E’ la realizzazione di una connessione musicale , connessione che copre tutta la vasta gamma della musica popolare americana. Questo è qualcosa che Bob ha fatto , non solo negli anni che quest’album copre , ma in tutta la sua carriera.

 

 

La Mafia Dylaniana e quei 100 euro maledetti
 
(fonte: ifgonline.it:)

Collezionisti e dylaniani di tutto il mondo, unitevi. C’è una mafia da abbattere, e la purezza di un culto da proteggere. Anche se la musica è diventata un bene liquido e immediatamente disponibile, c’è ancora un manipolo di feticisti dell’oggetto fisico, disposti a tutto pur di possedere ogni registrazione sul mercato del proprio artista preferito. O quasi. L’industria discografica, con una flessibilità da sistema fiscale, fa infatti pagare a chi è dentro il sistema anche i costi persi a causa di chi ne è uscito a favore del jukebox celestiale, garantito da Emule, Bitorrent ed altri. Non solo per il costo del cd a 20 euro, ma anche per le edizioni deluxe che ormai hanno sfondato quota 100 euro. Gli ultimi ad esserci rimasti molto male, sono i fan di Bob Dylan, per Tell Tale Signs: Rare and Unreleased 1986 - 2006, antologia di outtake, b-side e rare performance live del periodo che va da Oh Mercy fino a Modern Times. Un Dylan ultima maniera insomma, senza molto da aggiungere alla sua immensa, ma con alcune gemme, tra cui la bellissima Mississippi, tra l’altro messa per varie settimane in ascolto in streaming. L’ira dei collezionisti è scattata per la doppia distribuzione che ha avuto questa raccolta: un’edizione due dischi, a 29 euro in Europa, e una a 3 dischi, a 139 euro. Un salto di più di cento euro, per un pugno di canzoni in più, e per l’aggiunta di qualche mini benefit come un singolo in vinile, un poster e un ricco booklet. Troppo poco, secondo loro, per giustificare una differenza di prezzo così esorbitante. Nella psicologia del completista, si tratta di un ricatto: se devo avere tutto, devo necessariamente comprare l’edizione tre dischi. «Le case discografiche stanno tirando la corda», c’è scritto sui forum dei fan, «hanno rotto il patto sociale tra gli artisti e il pubblico», invocando anche il sommo sacrilegio: «Tanto vale scaricare le canzoni da internet, a questo punto». Nessuno però ha avuto parole dure contro Dylan, tutti sanno che His Bobbiness delega tutta la gestione dei suoi affari a un clan di cui si fida ciecamente, preferendo concentrarsi soltanto sulla musica e sulle scalette del suo never ending tour. Un clan che alcuni hanno paragonato alla famosa Mafia di Memphis che controllava, e forse mandava in malora, affari e immagine di Elvis. Quella dylaniana è stata prontamente ribattezza la mafia di Malibu, dove il menestrello di Duluth vive quando non è in giro per il mondo. Il Padrino di questa congrega, accusato se non altro di non avere abbastanza a cuore i fan più fedeli di Bob Dylan, è il suo onnipresente manager, Jeff Rosen, descritto da chi ha avuto modo di incontrarlo (è una figura schiva e invisibile) come un Bill Bob Thorthon più alto e scuro. A lui si sono dovuti rivolgere, ad esempio, Martin Scorsese e Todd Haynes per i due film realizzati su Dylan, Rosen ne ha letto e approvato le sceneggiature, ed è stato sempre lui a porre fisicamente le domande a cui Dylan ha risposto in No Direction Home. Rosen non è però soltanto un sacerdote della chiesa dylaniana, ne cura infatti anche gli affari, fin nella più piccola minuzia, per farsi sì che Bob debba solo mettere una firma. Forse, proprio una di queste firme, messe nella cieca fiducia per il suo collaboratore, rischia di aver spezzato il prezioso filo che lega Dylan a chi lo ha seguito sempre e comunque. Solo per un pugno di dollari.
 
 

 

TELL TALE SIGNS : il commento di Freewheelin’ Ghio
 
Caro Mr. Tambourine Man,
mi chiedevi cosa penso di Tell Tale Sings. Te lo dico subito: mi piace moltissimo.
A chi si straccia le vesti dedico gli ultimi quattro versi di One too many mornings. A chi dice che Dylan sta raschiando il fondo rispondo sommessamente che Dylan non ha nessun bisogno di raschiare il fondo: non patisce la fame, non è dimenticato né dal pubblico né dalla critica, non è in affanno né di dischi né di riconoscimenti (specialmente negli ultimi sette anni); se mai ha raschiato il fondo, lo ha fatto in atri tempi con ben altri album dove non c’erano out-take, ma tutti originali. E a chi lamenta che TTS è solo una raccolta di out-take, chiedo (senza acrimonia): un concerto di Dylan cos’è se non una serie di out-take eseguiti dal vivo? Purtroppo la (fortunatamente) prolifica discografia di Dylan non ha mai conosciuto pace al suo debutto; questo sì è il solito in-take.
Torniamo a TTS e comincio con due rilievi che mi servono come esempi per dirti che posso capire certe riserve:
una Mississippi eseguita tre volte nella stessa raccolta può essere considerata una strizzatina d’occhio su come si può differentemente interpretare la stessa canzone oppure una dichiarazione d’amore per quella canzone; ma al lato pratico finisce per inflazionare il brano al punto da renderlo quasi ingombrante; tanto più se nessuna delle tre (splendide e suggestive) interpretazioni uguaglia la versione originale;
il ritornello “someday baby, you ain’t gonna worry po’ me any more” (come potrebbero essere altri suoi fratelli del tipo “J give you sugar for sugar, you give me salt for salt”) è nato ed è cresciuto nel blues, e lì deve morire; proiettarlo in un ritmo da “marcetta” significa svuotarlo di ogni significato, non vibra più, testo e musica si perdono in due direzioni diverse;
Altri pezzi mi convincono quanto gli originali. In Most Of The Time armonica e chitarra tolgono il testo dalle secche della ripetitività e mi riportano - senza la nostalgia del manierismo - alle atmosfere acustiche di Blood On The Traks. Così la versione demo di Dignity ha il gran vantaggio di renderla più intima, quasi più sofferta; nella seconda versione il ritmo strappato forse non lo cambierei con l’originale, ma la voce più libera non me lo fa rimpiangere. Anche la versione alternativa di Every Think Is Broken non appiattisce più sul testo, il pezzo risulta più sciolto. Ain’t Talkin’ è di gran lunga più godibile dell’originale: più mossa, meno ombrosa, ugualmente profonda.
 Duncan & Brady apre il terzo CD andando dritto all’attacco con la spalla di Cold Irons Bound dove la voce profonda e vibrante di Dylan trascina tutta la band. Ascolto il secondo CD, vi trovo il connubio rock e folk che solo Dylan sa presentare come due facce distinte della stessa identica cultura popolare; cosa posso pretendere? Red River Shore è dolce, struggente e senza miele, nel perfetto stile dylaniano. Entrambe le versioni di Ring Them Bells restano sostanzialmente fedeli all’originale eppure trasformate dall’interpretazione dal vivo dove non traspare l’ingessatura dello studio; forse la versione del terzo CD riporta alle atmosfere della Rolling Thunder Revue, ma anche qui senza nostalgia, senza sguardi al passato.
Sono considerazioni che ti butto lì alla rinfusa porgendotele dall’alto della mia sovrana ignoranza, forte solo della convinzione che un’opera come questa (e come ogni altra opera composita) va valutata per il suo complesso, non la si può scomporre in un brano alla volta prescindendo dal suo carattere olistico. E da questo punto di vista Dylan ci propone un largo spettro di musica popolare rivalutandola e rivestendola con rispetto, con personalità e con amore. Dylan propone più volte lo stesso brano? E questo è sufficiente per dire che non sa più che pesci pigliare? Davvero nessuno scorge un’altra chiave di lettura? Non potrebbe essere che per una volta si siede tra noi e anziché parlarci della sua arte, ci parla del suo lavoro?
Ammetto di non essere un critico obiettivo: ogni volta che ascolto Dylan c’è qualcosa che mi incanta; non sono né gli arrangiamenti (sui quali non ritorno) né la sua band: è la sua voce. Gli raspa la gola, esce e si trasforma in un’aurora boreale. E’ lei che muta brani di musica popolare, talvolta semplici come un abbecedario, in liriche inimitabili, uniche, impalpabili, sfuggenti, vibranti. Non so spiegare cosa provo a seguire le sue modulazioni. Anzi, mi è impossibile; seguo l’incanto e me lo godo, proprio come fai tu.
Riascolto questo trittico che mi è stato regalato tre settimane fa per il mio compleanno e vi trovo blues, folk, rock. rockabilly, country e bluegrass, generi legati tra di loro da una voce incantatrice. Molto di più di quello che speravo. E mi piacerebbe che tra noi ci si ritrovasse tutti assieme su Maggie’s Farm come se questa raccolta fosse il natale dei dylaniani; qualcuno ha avuto il dono che sperava, altri meno, poco importa: ce ne sono sempre stati tanti per tutti.
Ghio
30 novembre 2008
 
PS: Consiglio per vedere il mondo sotto un’altra luce: un bicchiere di buon prosecco, una comoda poltrona e Born in Time (meglio se nella versione del primo cd).

 

 

Interpretando “Red River Shore”

by Lawrence Epstein

Dylan ha scritto molte canzoni d’amore . Esse includono il desiderio urgente, l’angoscia generata dalla tristezza per l’abbandono della partner sentimentale , i sentimenti di vendetta che trasformano l’angoscia in furia , e canzoni che esprimono sentimenti profondi che mischiano il desiderio , l’attrazzione reciproca e la responsabilità.
Le canzoni d’amore allegoriche sono un’altra delle caratteristiche di Dylan. A livello letterale , queste canzoni parlano dell’amore di Dylan per una donna. Come una metafora risalgono ai tempi biblici del “Cantico dei Cantici” , nel quale il carattere maschile e quello femminile rappresentano Dio ed il popolo Ebraico.
“Vision of Johanna” (1966” è stata la prima canzone allegorica di Dylan, In questa canzone Dylan parla dell’amore terreno per Louise mentre quello spirituale è per Johanna. L’esatta natura della religiosità di Johanna non è chiara nella canzone. Potrebbe essere Dio rappresentato in forma al femminile , o una metafora come nella tradizione del “Cantico dei Cantici” , o un aspetto di Dio , o un modo personale di come Dylan concepisce Dio. Ci sono altre interpretazioni cristiane di questo rapporto da offrire , ma non sono abbastanza qualificato per spiegarle.
“Shelter from the storm” (1974) è un’altro straordinario esempio di come una canzone può essere allegorica.

E adesso , unendosi a questo illustre gruppo , arriva “Red River Shore” , un’altra canzone che parla del potere dell’amore. Dylan dice che la sola donna che ha sempre voluto è “La ragazza sulla riva del Fiume Rosso”. Non riesce a convincerla a diventare sua moglie , a stare con lui per sempre. La “ragazza” non è semplicemente una partner romantica. La sua natura spirituale è spiegata dal fatto che gli altri non la possono vedere ; quando il cantante chiede di lei , la gente gli risponde “ Non sappiamo di chi stai parlando”.
Il ricordo di questa Dea nascosta lo sostiene. Il resto della vita gli appare strano. Il ricordo di lei gli fa sentire le vecchie canzoni ma anche tristezza perchè si rende conto di essere troppo distante da lei. Una possibile interpretazione di questa distanza è che Dylan non la sente più come un’entità spirituale come una volta , ora è diventata un’esigenza terrena , materiale.
Infatti Dylan si sente come morto. Invoca la speranza che qualcuno possa riportarlo in vita nel modo col quale Gesù resuscitava la gente. Dylan è nolto preciso nelle sue parole. Allude a Gesù chiamandolo “ragazzo” ed “uomo” deliberatamente per evitare un riferimento Divino , con lo scopo di mettere in evidenza la sua voglia di rinascita.
Dylan ha sbagliato a credere solo nella “ragazza sulla riva del Fiume Rosso” , ora lo ha capito , e lei adesso – sul piano dell’amore terreno e spirituale – non c’è più. Gli resta soltanto l’inquetante suono della nostalgia per la “vita che da amore” , che se n’è andata e non tornerà mai più.
Questo è il succo della storia di “Red River Shore , la miglior canzone del nuovo album Tell Tale Signs. Analizziamo la canzone.

John Lomax , il grande studioso del Folklore , ha cercato la fede nella autentica musica includendo le genuine cowboy songs , in opposizione alle cowboy songs che i films di Hollywood avevano reso popolari.
Lomax ha trovato una grande risorsa in Slim Critchlow ed il suo gruppo The Utah Buckaroos di Salt Lake City. Quando Lomax e suo figlio Alan hanno cominciato a collezzionare canzoni per il loro libro “American ballads and folk songs” (1934) hanno incluso anche ”Red River Shore”.
La canzone racconta la storia di un uomo che chiede alla sua amata di sposarlo sulla riva del fiume rosso. Lei acconsente , ma suo padre non vuole che sposi un cowboy. La cantante lo lascia , ma lui la implora di tornare . Poi affronta faccia a faccia il padre , che era spalleggiato da 24 pistoleri. Il cowboy-eroe ne ferisce sei e ne uccide sette per poter sposare la donna.
Il 7 gennaio 1966 il Kingston trio incide “Children of the morning” , il loro ultimo album prima della separazione. In questa versione , il padre ed i 24 pistoleri sono troppi anche per l’eroe. Lui non sposerà mai la sua amata. La canzone è accreditata a Jack Splittard e Randy Cierley. “Jack Splittard era una specie di nome di comodo, falso. Il gruppo registrò il copyright di qualche traditional song solo per raccogliere il denaro dei diritti d'autore.
Bob Dylan realizzò Time out of mind nel 1997. L’album fu accolto con scetticismo. Il giovane idealista Dylan non si trovava in questo disco. Le canzoni sono piene di paura e di disperazione. “Red river shore” non fu inserita nell’album. Anche se Dylan non ha utilizzato la canzone , ci sono alcune parole della versione originale che dicono “She wrote me a letter, and she wrote it so kind” , le stesse che appaiono nella canzone “Not dark yet”, una delle più conosciute canzoni di Time out of mind. La versione del Kingston Trio non aveva la parola “and” nella strofa.
Due versioni di “Red river shore” ci sono in Tell Tale Signs , una delle due si trova sul terzo CD del cofanetto a tre. Entrambe hanno il loro charme , penso che la versione del primo disco sia migliore.
La canzone è straordinaria , per questo meriterebbe una analisi più approfondita.

 

 

TELL TALE DYLAN

by RICK KANE

"Hey, hey, my, my - Dylan's influence will never die"

I’m not there , il film biografico di Todd Heynes sull’ iconico ed onnipresente Bob Dylan , realizzato nel 2007 , è stato un evento culturale ed una operazione di marketing. Qualsiasi altro artista dovrebbe essere così fortunato , in paragone . Per i Rolling Stones la principale attività in questi giorni sembra quella di mantenere i Rolling Stones come un’impresa commerciale.
Per Dylan , la mistica dell’uomo ed il significato della musica intrecciate assieme così da creare un’epica di ciò che la storia ha raccontato , aggiunta ed approfondita con ogni nuovo dicendo. Questa storia è la chiave della commercializzazione di tutto ciò che viene commercializzato.
I’m not there , commercializzato , ha aggiunto molto più di qualunque altra cosa al Dylan-stock.
Haynes , in effetti , rispolvera l’autore Dylan che era stato già dato per finito alcune decadi fa. La storia di Dylan è più grande del narratore.
Il film ha generato una serie di concerti per gli artisti che hanno contribuito alla colonna sonora. Musicisti , con una affermata e notevole carriera , sono stati contenti di partecipare al progetto, stare vicini a Dylan era importante per loro. E dov’è Dylan in tutto questo ? Lui è contemporaneamente presente ed assente .
Quest’anno ci sono stati sei CDs che recavano su di essi le impronte digitali di Dylan.

Tre vengono da Dylan stesso : Tell Tale Signs : The Bootleg Series Vol.8 . Rare and unreleased 1989-2006 è l’ultima retrospettiva di una carriera più che maestosa.
Dylan e chiunque altro abbia concepito l’ idea delle Bootleg Series hanno fissato un livello piuttosto elevato.
L’idea di immettere sul mercato discografico vecchie canzoni ed esecuzioni dal vivo sotto il marchio “Bootleg” è ispirata . Si schiera al fianco del Col. Tom Parker che vendette entrambi i concerti I Love Elvis ed I hate Elvis nei primi anni 50’ , in termini di alta commercializazione di un marchio.
Tell Tale Signs si può comperare come un singlo CD , doppio set , o se avete i dollari , come triplo set + libro di 250 pagine per circa 200 dollari , o può essere scarivato da Internet per niente. L’intero albumè stato reso disponibile in free streaming sul sito ufficiale della National Public Radio (Wikipedia).

"Wise man lookin' in a blade of grass

Young man lookin' in the shadows that pass

Poor man lookin' through painted glass

For dignity"

Che Dylan avesse il materiale di Back up è ciò che da valore al prodotto. Qui non si sta parlando di giocattoli o di altre stupidate fatte in Cina . Dylan sta vendendo la sua autenticità , la verità , la sua oroginalità e la sua storia. Lui sta conservando lo spirito rivoluzionario degli anni 60’ altrettanto bene come l’American Music Heritage.
Le sue canzoni sono le riflessioni dell’anima di tutta l’umanità , viste attraverso la grande lente della musica popolare americana.

Tell Tale Signs è una delle migliori offerte musicali di quest’anno. Come i Chronicles hanno semplicemente ed ampiamente dimostrato , la persona miglire per raccontare la storia du Dylan è Dylan stesso.

"All my powers of expression and thoughts so sublime Could never do you justice in reason or rhyme Only one thing I did wrong Stayed in Mississippi a day too long"

Mississippi , da Love and Theft , e la sola canzone che è presente in tutti e tre I dischi. Queste takes alternative della canzone non vengono dalle sessions di Love and Theft , ma da quelle di Time out of Mind. Di fatto ,non c’è una sola canzone unreleased da Love and Theft , probabilmente il suo miglior album più completo degli ultimi 20 anni.
E non penso sia una cioncidenza. E’ parte del mito e della mistica che Dylan coltiva da sempre.
Quello che ha fatto è stato darci tre versioni della miglior canzone che ha scritto negli ultimi 20 anni. La canzone è parte integrante della storia americana ( parla di F. Scoott Firzgerald e delle storie di miniera di Mark Twain) , e va anche oltre questa linea.

Un mio buon amico e grande fan di Dylan pensa che la versione di Most of the time (CD1) sia la migliore canzone del set. Lui ne sente il feeling , attraverso il semplice e leggero accompagnamento di armonica e chitarra esprime la bellezza del sentimentalismo della canzone e della voce di Dylan.
La profondità della storia è meglio rappresentata in qyeste tre versioni che non nella versione uficiale.
Non posso parlare di Born in time e Cross the green mountain , mi mettono in una situazione nella quale mi è difficile parlarne.
Queste canzoni mi mandano lontano un milione di miglia. Sento profondamente i momenti e la gente in queste canzoni , mi ronzano in testa a lungo , come cose altamente familiari e fresche
In queste canzoni , così come in tutta la compilation , c’è la storia di Dylan , narrata e venduta.

Il 2008 vede gli altri tre Cd realizzati sotto l’ombra e l’influenza di Dylan. Il cantautore scandinavo Kristian Matsson con "The Tallest Man on Earth" è uscito in marzo. Molto simile al primo Dylan e all’ultimo , il suono delle miniere americane raccolto in antologia da Harry Smith nel 1950. Ma è Dylan , com’era da giovane artista che più assomiglia , anche nella magra , scarna e barbuta copertina. Matsson può ancora evolversi in un artista con una sua linea personale , ma ore non possiamo dire se scieglirà questa o si accontenterà di aver successo nell’ombra e nello stile di Dylan.

Pete Molinari è un’altro personaggio interesante , devoto di Dylan. Viene dal Kent , Gran Bretagna , parentela egiziana/maltese. Pete ha passato due anni suonando nelle coffè hauses al Greenwich Village , cantando le sue storie semplici e ben levigate , le sue storie sono odi all’amore e all’abbandono. E’ misurato e manierato , con una voce capace di catturare la tristezza e la speranza della situazione.
Il suo disco “A virual landslide” ha avuto l’attenzione della stampa musicale britannica in modo leggero , senza dare scossoni alle acque calme dello stagno.
Per altro , ci sono ragioni per pensare che possa evolversi. In diverse canzoni , come “Sweet Louise” e “Look what i made out of my head ma” , si puo sentire il legame ed allo stesso tempo la separazione dall’ombra di Dylan , in quest’ultimo brano si sente un fraseggio Lennoniano.
Nel primo invece , un deliberato e piacevole omaggio alla “Absolutelu sweet Marie” di Dylan , ha trovato un modo di suonare senza copiare e questa è la forza del pezzo. Ancora , come per TMOE ,
tutto quello che Molinari può sperare e di accodarsi alle Back Pages di Dylan.

Hayes Carll è l’ultimo della lista dei tre artisti che hammo regostrato quest’anno rimanendo nella lunga ombra di Dylan. Prima di tutto perchè cìè soltanto un pezzo in questo disco dove fa Bob Dylan , “Trouble in my mind” . Nella canzone c’è il suono uguale a quello della Band in “Highway 61 revisited”, ispirato dai riff dell’organo di Al Kooper.

Ho visto Dylan in concerto due volte l’anno scorso , in Melbourne ed in Perth. Entrambi gli show sono stati superbi , non suonava per il pubblico , suonava per se stesso le sue storie per la sua leggenda. L’influenza di Dylan durerà ancora a lungo.

26 November 2008

 

 

TELL TALE SIGNS. INSTALLMENT 8 OF THE BOOTLEG SERIES.

By John Aiello

Anche se un alcune delle canzoni contenute nei tre dischi erano già note circolando ai quattro angoli del mondo fra i bootleggers , nessuna di queste copie fatte in casa può sperare di avvicinarsi al bellissimo lavoro di produzione di Tell Tale Signs , ottava uscita per la famosa “Bootleg Series” di Dylan.
Quando i fans pensano alla musica di Bob Dylan , molte volte pensano allo straordinario numero di canzoni ed a quanti anni ha passato “on the road”, ad eccezzione degli otto anni di vuoto fra l’incidente motociclistico del 1966 ed il tour mondiale del 1974, dopo di cui Dylan ha suonato molto e bene per 35 anni filati.
Tuttavia , i tentacoli dell’arte di Dylan si son estesi anche oltre queste cose. Oltre ad aver iniziato ad alterare le canzoni dal modo col quale erano stare scritte , ha inoltre avviato per primo il fenomeno dei bootleggers ( gente che ha cominciato a far circolare registrazioni pirata nel sottobosco delle etichette fantasma in tutto il mondo).
La causa , di base , è stata un insaziabile appetito per il lavoro di Dylan , i fans non potevano aspettare l’uscita del prossimo album ufficiale. Volevano sentirlo subito , anche se la qualità scadente e la pratica era illecita. Per loro era importante la musica e l’energia  santa della poesia , per loro , contava solo tuffarsi nelle segrete emozioni che la voce di Dylan generava dentro di loro.
Per questo è nata la “Bootleg Series”. Nel 1991 , la Columbia decide finalmente di dare ai fans quello che loro volevano , confezionando diversi set di canzoni inedite e di esibizioni live che si collocavano nello spazio fra la discografia ufficiale di Dylan e le sue esibizioni dal vivo.
L’esperienza di questo primo “Bootleg” è stata infatti ripetuta , così noi , tutti insieme , ci siamo immersi in quel genio creativo che è Bob Dylan – takes alternative delle canzoni ci mostravano l’anima dall’impulso creativo che si formava e si affinava con le successive trasformazioni in canzoni “finite”, da quando il seme della poesia cresce dalla semplice idea e si trasforma in fiore.
Rimanendo fedele a questa tradizione , Tell Tale Signs presenta una magnifica collezzione di registrazioni rare e mai realizzate coprenti gli anni dal 1989 al 2006. I pezzi in esso contenuti sono le gemme che Dylan non sentiva ancora finite , pezzi che per un motivo o per un’altro non erano ancora adatti ad essere stampati su un album ufficiale.
Tuttavia , i comunicati della Columbia che ci spiegano perchè queste canzoni sono state escluse dai dischi ufficiali non sono importanti , invece è la musica che conta , ed ascoltare queste registrazioni è come avventurarsi in qualche grande archivio di memorie mai toccate.
Se incontrata nel momento giusto , una canzone può distaccarvi dal mondo e portarvi in paradiso. E questo è il modo nel quale alcune di queste canzoni suonano , su un piano di un mondo invisibile e senza nome che cavalca sulle ali degli angeli fra la pioggia e la nebbia del mattino.
I brani di Tell Tale Signs cercano di catturare Dylan nella sua intima ed affannosa ricerca della perfezione , la perfetta “hits” sconosciuta al grande pubblico.
Al centro delle registrazioni c’è “Series of Dreams” ( unreleased dalle sessions di Oh Mercy).
Questa canzone , basata sul battere degli zoccoli di cavalli e dei tamburi , è una chiara e cristallina fotografia della coscienza dylaniana : profondamente fredda e surreale , collegata a quel mondo oscuro ed indefinito che scopriamo solo quando il sonno diventa il nostro padrone.
In aggiunta , le tre versioni di “Mississippi” ( dalle sessioni di Time out of mind) sono particolarmente interessanti , perchè ci offrono la possibilità di entrare nella mente di un songwriter mentre è impegnato nella ricerca della canzone-perfetta , che sillaba le parole storcendo le labbra , avanti ed indietro , suonando le linee melodiche per costruire il giusto collegamernto fra esse e la musica.
Notevole la versione live di “Ring them bells” ( Supper club 1993). Questo è uno dei più grandi pezzi di Dylan degli ultimi anni , ed un pezzo a beneficio di un luogo piccolo ed intimo , la voce di Dylan è svettante ed ispirata , danzante nella culla della propria visione spettacolare.
Andando avanti , “Mary and the soldier” ( unreleased dalle sessioni di World gone wrong) , dal sapore commovente e riflessivo , un brano dei tempi penitenti della guerra , questo inno chiama tutti , i vivi ed i morti , ad inginocchiarsi in un collettivo gesto d’amore.
E per finire , la versione live di “High water” del 2003 , è un Dylan-vintage – il lungo , contuso , velenoso lamento ha ora ceduto il passo ad un ringhiare introspettivo come se il poeta invecchiato fosse alla ricerca delle anime che hanno influenzato il suo percorso attraverso le fasi del suo passato.

Ovviamente , c’è anche una parte di canzoni tranquille in questi tre CD , che hanno il potere di tenervi occupati per ore. Sommando tutto , queste registrazioni sono un tesoro assoluto , un tour de force di lirismo di infinite dimensioni che ci dice i segreti al di là delle parole , tenendo viva in noi la sensazione di echi e parole fissate nel tempo , saltando al di là degli scheletri del tempo in labirinti di suoni e di respiri.
E questi , poi , sono i posti dove gli angeli cantano ed i morti regnano. E questi , poi , sono i posti dove le febbrili tempeste nascono in cerchio , come un vecchio padre del Rock n’ Roll che canti nei sussurri dell’alba prima di tornare a dormire.

 

 

The Bootleg Series vol. 8 : rare and Unreleased 1989 - 2006

di Blue Bottazzi

Quest'uomo è in tour da 20 anni: non a caso lo ha chiamato il Never Ending Tour. Vestito da cowboy, con la sua banda di fuorilegge, porta in giro il proprio songbook per città e provincie, cantando da un angolo del palco, spesso senza voce, canzoni reinventate e rearrangiate, spesso irriconoscibili ad un pubblico che credeva di portare la famiglia ad un karaoke di vecchi successi e si trova a invece confrontarsi con una musica da capire, proprio come accadeva quarant'anni fa al Newport Folk Festival (quando zio Bob si presentò con la formazione elettrica della Paul Butterfly Blues Band).
Questo è anche il ragazzo che, assieme e di concerto ai quattro di Liverpool, ha definito il Rock così come lo conosciamo oggi, trasformandolo da canzonette per una nuova generazione ad una forma adulta di Arte. Questo è il ragazzo i cui nove album degli anni sessanta (comprendo i Basement Tapes e lascio fuori il disco d'esordio) hanno costituito il songbook della nostra musica.
Il Never Ending Tour, nato per caso e senza progetto particolare, va avanti dallo stesso lasso di tempo coperto da questa raccolta di inediti e di brani orfani di disco, che senza essere (necessariamente) dal vivo ne rappresentano molto bene l'esperienza. Ed è un'ottima cosa perché lo stesso periodo non è stato rappresentato in modo adeguato dalla discografia ufficiale, con qualche splendida eccezione come Oh Mercy del 1989 e Modern Times del 2006. In questi anni quello che ha nutrito la nostra voglia di Dylan, oltre ai concerti, sono stati proprio i molti volumi della Bootleg Series che hanno tirato fuori dalle nebbie della leggenda momenti topici della sua storia.
In questi venti anni Bob ha mischiato a braccio ed a fantasia canzoni ed arrangiamenti, gli uni agli altri senza rispetti e pudori, e questa alchimia è svelata con particolare evidenza in Tell Tale Signs, perché delle due dozzine di canzoni molte erano già comparse nei suoi dischi, e lo stesso si può dire per gli arrangiamenti, solo in una miscela differente.
Perché diciamo a questo punto della recensione quello che gli ascoltatori hanno già scoperto: Tell Tale Signs è bellissimo, uno dei punti alti della discografia di Dylan degli ultimi vent'anni e avrebbe potuto benissimo vivere come disco autonomo indipendente dal marchio di bootleg. È bello ma anche significativo perché mette a fuoco con molta lucidità il suono che Dylan ha cercato di distillare con il Never Ending Tour, quel mix di poesia, rithm & blues, folk, musica soul e cowboy alla Clint Eastwood di cui i suoi fuorilegge vanno alla ricerca.
Anche la scaletta è quella di un disco autonomo: si apre con la voce roca che canta acustica su una semplice chitarra (Mississippi), un'armonica (Most Of The Time), un pianoforte (Dignity). Alla fine arriva la band ad accompagnarlo, con una serie di canzoni dalla tensione crescente, da Someday Baby ad una Series Of Dream in bianco e nero da Roy Orbison, ad una straordinaria Tell Ol' Bill. L'esperienza dell'ascolto è resa ancora più eccezionale dal fatto che versi, canzoni, arie arrivano dal nostro vissuto come in una esperienza onirica, di canzoni che conosciamo e non conosciamo, arrangiamenti già sentiti e pure nuovi. Ognuno troverà nella scaletta i propri brani preferiti, ma il livello è omogeneo e molto alto. Io adoro il primo disco e mi spiace solo che non si chiuda con la ripresa elettrica di Mississippi, perché così sarebbe stato completo ed auto-contenuto. La Mississippi #2 apre invece il secondo disco, che prosegue poi su una linea un poco differente dal primo, più folk e più old time music, e che come tale costituisce un'esperienza diversa.
Mi dicono che la Columbia abbia creato un pastrocchio nel distribuire questo ottavo volume della bootleg series, proponendolo in versione singola, doppia (quella che sto recensendo) ed infine in edizione deluxe con un terzo CD, quest'ultimo ad un prezzo vergognosamente sopra i cento dollari. Il mio personale Tell Tale Signs, quello che ho versato nel iPod, comprende le prime dodici canzoni e la Mississippi elettrica, ed è al pari dei citati Oh Mercy e Modern Times.
Lo so, è solo nostalgia, but I like it!

 

Can't escape from you

di Fausto Leali

"Neanche questo ti piace?": mi rivolgo a mia figlia dodicenne, il volto assonnato del mattino, mentre dall'autoradio fuoriescono le note della splendida Mississippi. La sua risposta é di quelle che non lasciano scampo: "sono tutte uguali...". Niente da fare, anche stamani i Finley battono Bob Dylan uno a zero e a scuola, coi suoi compagni sarà difficile che menzioni l'ultimo album del nostro. Peccato perché Tell Tale Signs é davvero uno dei dischi più belli di Bob Dylan e comunque il migliore da più di dieci anni a questa parte, da quando uscì Time Out Of Mind, nel 1997.

"Where the fuck is 'Blind Willie McTell??? How could you leave that off the album? It's the greatest song..." Reagisce così, tempo fa, Larry "Ratso" Sloman ascoltando Infidels; e Bill Graham ha un sussulto, quasi pronto a saltar su dalla sedia: ma perché Bob Dylan ha sempre questo vizio di lasciar fuori dai dischi alcuni dei suoi pezzi migliori?
Eppure la risposta di Bob é di quelle in grado di spiazzare chiunque: "Aw, Ratso, don't get so excited. It's just an album - é solo un disco, in fondo - I've made thirty of them - ne ho già fatti altri trenta..." (1)

Impagabile Bob Dylan. C'é poca gente in giro così capace d'ironia.
Ed eccolo qui, allora, Tell Tale Signs, ottava puntata della saga delle "Bootleg Series", un doppio cd pieno zeppo di outtakes ed unreleased songs, che poi alla fine vuol dire scarti di registrazione, ma roba che la maggior parte degli altri artisti farebbe carte false per avere sui propri dischi, gente che venderebbe l'anima al diavolo come Robert Johnson, pur di farne il disco "buono" di un'intera carriera.
Ci sono altre gemme, per la verità, come una splendida Ring Them Bells (tratta dagli shows "unplugged" al Supper Club di New York, nel 1993) o la dolce ed acustica Cocaine Blues, o, ancora, le potenti High Water e Lonesome Day Blues.

Non é un caso, comunque, che molte delle canzoni di un album così bello derivino dalle sessions di Oh Mercy e di Time Out Of Mind. Dylan stesso riconosce una magia tutta particolare, presente in sala di registrazione in quei giorni, merito anche di Daniel Lanois (2): "avevo una totale ammirazione per l'operato di Lanois. Molto di quello che aveva fatto era unico e destinato a durare. Danny e io ci saremmo rivisti dieci anni dopo e avremmo lavorato insieme un 'altra volta (le sessions di Time Out Of Mind, nda) con lo stesso intenso coinvolgimento e con la stessa eccitazione. Avremmo fatto un altro disco, ripartendo da capo e ricominciando da dove avevamo smesso". Dylan, come poche altre volte nella sua carriera, aveva trovato un produttore capace di entrare in sintonia con la sua anima e la sua poesia ("eravamo spiriti fratelli") ed il risultato erano sì canzoni, ma forse anche qualcosa di più, qualcosa che riguarda ciò che sei ed il destino verso il quale ti sei messo in cammino: "le canzoni erano state scritte per la gloria dell'uomo, non per la sua sconfitta, ma anche prese tutte insieme non esauriscono di certo la mia visione della vita. A volte le cose che si amano di più e che rivestono il più grande significato non volevano dire niente la prima volta che le abbiamo viste o sentite. Vale anche per alcune di quelle canzoni" (3).
Ascoltare alcune di queste canzoni, allora, significa entrare in un universo tutto particolare, dove anche due versioni differenti dello stesso brano non sono mera ripetizione, ma diverse sfaccettature di un'esperienza a tratti anche esaltante: "si può andare avanti all'infinito a variare tempi e ritmi. Sarebbe stato bello se qualcuno avesse prestato attenzione a questo aspetto, alle combinazioni ritmiche all'interno della canzone invece che alla canzone, la quale era perfettamente in grado di prendersi cura di se stessa" (4)

Forse é proprio perché le canzoni di Dylan sono in grado di "prendersi cura di se stesse", che si rendono capaci d'intrecciarsi coi fili dell'esistenza non solo di Dylan, ma di chiunque voglia implicarsi in un ascolto disposto a lasciarsi condurre lontano.
Tell Tale Signs é pieno di canzoni così. Da Most Of The Time a Mississippi. Da Red River Shore a 'Cross The Green Mountain. Da Dreamin' Of You a Series Of Dreams. Ognuna di esse meriterebbe un capitolo a sé, un momento su cui fermarsi a pensare. Magari non per cambiare un'esistenza, perché quella ha bisogno di altro, che le dia spessore e significato. Anche Neil Young, d'altra parte, ha detto di recente, nel suo Just Singing A Song Won't Change The World: "puoi cantare del bisogno di un cambiamento, beh devi fare il tuo cambiamento personale, puoi essere quello che stai cercando di dire, ma cantare una canzone non cambia il mondo" (5). E Dylan sarebbe stato d'accordo sin dall'inizio, sin da quando, nei primi anni '60, qualcuno gli affibbiò l'etichetta di folksinger di protesta, mentre lui aveva già cominciato semplicemente a raccontare di sé a chiunque avesse voglia, allora come adesso, di fargli compagnia laggiù sotto il palco.

Ma se le canzoni, come ogni forma d'arte, hanno un merito, é anche quello di farti intravedere la Bellezza. E questa é sempre un tramite, capace di metterti in contatto con Qualcosa o Qualcuno di più grande.

Dylan ha sempre avuto la capacità di fornirmi uno di quei canali diretti, di mettere lì, a mia disposizione, pezzi di bellezza capaci di divenire richiamo. Nulla di strano, allora, che spesso e volentieri, ed in modo del tutto arbitrario ma altrettanto legittimo, continui ad esercitare su di me un fascino che ha questa sfaccettatura tutta particolare: una possibilità d'intreccio positivo con le righe dritte e storte della mia esistenza.
Come mi accade, ad esempio, sulle note di Mississippi.
Provo a percorrerla, allora, lungo le note splendide, intimiste, della sua versione acustica.
Vi riconosco il percorso di un cammino, una strada a tratti stanca e disillusa ("Every step of the way, we walk the line/Your days are numbered, so are mine/Time is piling up, we struggle and we stray/We're all boxed in, nowhere to escape"). Eppure c'é una voce, povera voce, che grida per un perché ("I need something strong to distract my mind/I'm gonna look at you 'til my eyes go blind") ed é vero che "la nave é andata in pezzi e affonda in fretta", "ma il mio cuore non é stanco, é libero e leggero/non sento che affetto per chi ha navigato con me".
Forse una Compagnia al cammino mi ha fatto scoprire Chi é misericordia e allora é quella che ridesta il desiderio e dona nuova forza all'andare avanti : "Stick with me baby, stick with me anyhow/things should start to get interesting right about now"/"sta' qui con me, sta' con me in ogni maniera/é adesso che le cose si fanno interessanti".
Una magia mi avvolge, arrivato alla fine della canzone.
Accadrà ancora, con Dreamin' Of you, ad esempio. O con Red River Shore.

Chissà cos'é che, arrivato alla fine dell'album, mi fa guardare a Dylan in preda ad una nuova sensazione. La musicalità eccellente, la sua performance vocale, la qualità dei brani pubblicati, ma forse e soprattutto quell'amicizia in musica di così lunga data. E la consonanza con l'esperienza dell'anima diviene così intensa che ad un certo punto, in un esercizio soggettivo quanto avventato, mi é venuto da pensare a questo disco come ad un percorso interiore di Dylan, il racconto del suo stesso incedere verso il Destino.
Lo guardo nel video dell'ultima canzone, una splendida 'Cross The Green Mountain, quasi viaggio esistenziale illustrato da quadri che raccontano della guerra di secessione americana.
In un video che accompagna la canzone, un inedito Dylan vestito da ufficiale, guarda il viso del compagno morto - I look into my eyes of my merciful friend - chiedendosi disperatamente : is this the end?
Qual é, Bob, il tuo sguardo verso il punto d'arrivo del tuo percorso, lontano dal mito di te stesso, che per tutta la vita, peraltro, hai voluto e saputo tener lontano, e sempre più nudo, senza sconti con te stesso e chi hai di fronte - like a complete unknown - nel raccontare di te?
Quel che é certo é che io non posso fare a meno di ascoltarti e di seguirti fino in fondo, proprio come il titolo di quella canzone, scritta per un film che non é mai stato fatto.
Dopo tutto rimarrò sempre e soltanto Emotionally Yours e quel che più conta, appunto, in fondo é proprio questo: Can't Escape From You.

Note:
(1) tratto dal libretto allegato al doppio cd
(2) tratto da Bob Dylan - Chronicles - ediz. italiana a cura di Feltrinelli
(3) ibid.
(4) ibid.
(5) tratto dall'articolo di Paolo Vites "CSNY. Il prezzo della libertà", JAM n.152, ottobre 2008

 

 

Tell Tale Signs - Bootleg Series n.8 - Segni che raccontano storie

di Bruno Jackass

Tell Tale Signs è l'ottavo 'bootleg ufficiale' (Bootleg Series) pubblicato dalla Columbia. Forse non tutti sanno che il primo bootleg della storia è The Great White Wonder, una collezione di registrazioni rare di Bob Dylan (rif.: http://en.wikipedia.org/wiki/Bootleg_recording)

Molto criticata è stata la scelta di pubblicarlo in varie versioni, tra le quali spicca il cofanetto Expanded Edition, l'unico contenente tutti e tre i CD al modico prezzo di 150 Euro... Tantopiù che è proprio il terzo CD quello che offre le maggiori sorprese.

Anche Tell Tale Signs, come Great White Wonder, è una collezione di outtakes, versioni alternative e live di grandissimo interesse non tanto per il pubblico occasionale, quanto per chi segue il lavoro di Dylan da molti anni. A mio parere è un disco fondamentale per capire due cose: 1) la rapidità con cui le canzoni nascono e si trasformano tra le mani di Dylan; 2) il fatto che negli ultimi anni egli è riuscito a personalizzare ulteriormente il suo modo di cantare, portandolo alle estreme conseguenze dei suoi concerti attuali (al limite dell'ascoltabile per i gusti odierni).

Mi sembrano da segnalare in particolare, quasi tutte dal terzo CD:

una splendida e movimentata Duncan and Brady, da ascoltare anche soltanto per come Dylan pronuncia le parole 'job' e 'too long';

una devastante versione live di Cold Irons Bound per la quale trovo appropriata la recente osservazione di Francesco De Gregori secondo il quale Dylan ha ormai raggiunto dimensioni 'omeriche' nel modo di concepire e proporre le canzoni. E' evidente qui come il modo di cantare di Dylan, da solo, trascina tutta la band su territori alieni e spaventosi;

tre interessanti versioni preliminari di Mississippi, una canzone epica nella sua versione definitiva ('Love & Theft' 2001). Qui è molto chiaro il percorso che porta dal semplice abbozzo di un'idea al capolavoro assoluto. Dylan allo stato puro.

una versione alternativa di Most of the Time che dimostra quanto superflua o forse dannosa sia stata talvolta la superproduzione di Daniel Lanois;

una emozionante versione alternativa di Ring Them Bells, voce e piano, che mette i brividi, anche se era già conosciuta a chi colleziona le ormai innumerevoli registrazioni pirata. Sembra di tornare ai tempi e all'intensità di When He Returns, semplicemente fantastica;

Things have changed, piuttosto asettica nella versione pulitina che ha vinto l'Oscar, è qui presentata in una pregnante versione live, dove Dylan sfoggia capacità espressive e fraseggio, ogni verso è un film, altro che un Oscar... ne poteva vincere almeno una dozzina;

Red River Shore è invece un vero e proprio inedito. Commuove fino alle lacrime anche chi, non madrelingua, stenta a capire completamente il testo. Il segreto di Dylan è al 90% nella sua voce, aspra e dolce fino all'inverosimile;

Born in Time è presentata in una versione dove il canto di Dylan viene esaltato rispetto all'arrangiamento. E in questo modo l'esperienza è sempre migliore;

un discorso a parte merita l'arrangiamento live di Trying To Get To Heaven utilizzato da Dylan tra il 2000 e il 2001. Qui secondo me siamo di fronte ad un nuovo genere musicale, non ci sono parole per definire la bellezza di questo brano, che su 'Time Out Of Mind' appariva piuttosto scialbo. Quando vidi Dylan ad Anzio (Luglio 2001) per me fu l'apice del concerto. Ne conservo una registrazione sul campo che, se possibile, è anche migliore (come esecuzione) di questa suonata a Londra. Qui è anche chiaro l'omaggio ai bootleggers: si tratta infatti di una versione registrata da un 'taper', cioè da un fan dotato di microfoni stereo collegati al DAT (oggi si usano registratori a memoria solida).

Cross the Green Mountain viene riproposta (era stata già pubblicata come colonna sonora) forse perché passata un po' troppo in sordina. Si tratta invece di un capolavoro assoluto. Il testo (pura letteratura), l'arrangiamento in lenta marcia e un cantato sommesso e formidabile formano una canzone che sembra senza tempo e osserva la tragedia della guerra attraverso il commento ormai lucidamente distaccato dell'anima in volo di un soldato appena 'addormentatosi' sulla riva del fiume. Non esistono, a mio modo di vedere, altre voci che possano cantare questa canzone. E' appannaggio unico di Dylan. Inoltre è un'altra grandissima prova come autore di canzoni per film.

Insomma segni che raccontano la storia di alcune sue canzoni e di come Dylan manipola e piega in modo magistrale la forma canzone per il nostro diletto.

Unico difetto di questo cofanetto: partendo dal 1989 avrebbe potuto e dovuto includere la versione live di 'Hard Rain's A Gonna Fall' cantata da Dylan a Nara in Giappone con l'orchestra nel 1994. Una roba trascendentale che forse però avrebbe oscurato troppo le parti meno brillanti di quest'album, che pure ci sono.

 

 

Tell Tale Signs - Rare and Unreleased 1989-2006 by BOB DYLAN
 
by Greil Marcus
 
Si può trovare una mappa delle trasformazioni che Bob Dylan ha apportato nella musica Americana negli ultimi 20 anni - una trasformazione nel modo di fare, certo, ma forse anche nel modo in cui molte persone l’ascoltano oggi – nelle prime due tracce del terzo cd di Tell Tale Signs: un disco disponibile solo nella costosissima edizione "Expanded Deluxe Edition”.
Qui c’è Bob Dylan a Chicago nel 1992, che riprende la canzone folk "Duncan and Brady," solo pochi mesi prima di passare alle canzoni senza troppi fronzoli dei suoi viaggi nella tradizione musicale Americana, con Good as I Been to You e che continuano nel 1993 con World Gone Wrong.
Per quegli album Dylan ha lavorato nel suo studio di casa, senza altri musicisti, senza un produttore, con canzoni che nel suo repertorio spesso era più vecchie del suo primo album, il Bob Dylan del 1962; dando più importanza alle melodie che alle parole. Ma in Chicago, col concetto non ancora chiaro – con le canzoni che ancora dovevano dirgli come volevano essere suonate - Dylan si è lasciato aiutare dal produttore David Bromberg, un musicista che, come si dice di un “pomposo rabbino” in The Plot Against America di Philip Roth, “knows everything. Too bad he doesn't know anything else" (= Sa tutto. Peccato che non sappia nient’altro).
 
Una delle cose che Bromberg non sa però, è che cosa bisognava lasciar fuori: la storia di un pistolero e un barista che non ha mai richiesto di essere eseguita con basso, percussioni, tre chitarre, due violini, due parti a mandolino, tastiera, tromba, sassofono, clarinetto e trombone! La canzone non sa che farsene di tutto questo bagaglio – e Dylan nemmeno. Il problema risale alla sua stessa insicurezza riguardo a cos’è la sua musica e a che cosa serve; stava uscendo da un periodo di intensa scrittura, dubbiosi arrangiamenti, più di 10  anni di costante ricerca di una canzone che non solo poteva essere messa sul mercato ma domandava di venire al mondo!
 
Le vecchie canzoni che sono fiorite in Good as I Been to You e World Gone Wrong presero nuova forma nel 1997 con Time Out of Mind. Lì le canzoni come Blind Willie McTell, "Ragged and Dirty" e la vecchia ballata britannica "Love Henry" si trasformarono in canzoni come "Dirt Road Blues," "Standing in the Doorway," "Not Dark Yet," "Tryin' to Get to Heaven," "Cold Irons Bound."
Sul palco le canzoni cambiarono ancora forma, come se fossero state trovate quasi per caso, sfidando il compositore a tenergli testa! In numerosi bootlegs –opposti a quelli “ufficiali” di Dylan - era chiaro che "Cold Irons Bound" è cresciuto più in fretta di qualsiasi altra cosa, ma non avevo mai sentito la performance Tell Tale Signs del Bonnaroo Festival a Manchester, Tennessee, nel 2004.
 
La banda è formata da Tony Garnier, al basso; Larry Campbell, alla chitarra, Stu Kimble, alla chitarra, George Recile, percussioni. Garnier e Campbell, dopo molti anni sul palco con Dylan, l’hanno probabilmente accompagnato con maggior affinità di chiunque altro e il risultato è che Dylan esegue la canzone con una maestria tale che sembra stia suonando lui tutti gli strumenti e non solo la sua tastiera e armonica. Come potrebbero altre mani sapere cosa fare?
Il pezzo ha il flash rockabilly di “Mistery train” di Elvis Presley, il sincopato di "How Many More Years” di Howlin' Wolf, la furbesca minacciadi "Mannish Boy” di Muddy Waters, l’inferno scatenato di "Every Picture Tells a Story" di Rod Stewart.
Nei suoi acuti, sembra che il cantante voglia superare se stesso, ringhio dopo ringhio, verso dopo verso, ghigno dopo ghigno… sembra quasi una scena tratta da “Reservoir Dogs” di Tarantino (Le Iene).
 
Sia la versione standard che quella “expanded” di Tell Tale Signs includono delle note illuminanti di Larry "Ratso" Sloman, che scrisse un libro sul Rolling Thunder tour di Dylan del 1975. L’edizione deluxe contiene anche i commenti di Sloman in un libro illustrato, aggiunto ad un libro che raccoglie tutte le copertine dei 45 giri dei singoli di Dylan con la Columbia. E anche se sembra più completa ascoltando tutti e tre i cd, la storia risulta un’unità.
 
La musica che Dylan ha creato dal 1992 è sempre stata basata sull’idea che c’è uno corpus di canzoni americane o modi d’esprimersi, che è costante. E’ una forma varia, che in parole e metafore, riff di chitarra e lamenti, esitazioni e grida, può sempre essere riscoperta e può riscoprire e rinnovare chiunque se ne ricordi, come se uno potesse non solo parlare, ma ascoltare in molte lingue.
Collezionando versioni studio e live di materiale già pubblicati -"Ring Them Bells" e "Most of the Time" da Oh Mercy, 1989, "Ain't Talkin'" da Modern Times, 2006; composizioni soundtrack ("Huck's Tune" da Lucky You, “Cross the Green Mountains" da Gods and Generals); e canzoni abbandonate ora ascoltate per la prima volta ("Marchin' to the City," "Dreamin' of You," "Red River Shore," tutte tagliate fuori da Time Out of Mind) – le 27 tracce della versione standard di Tell Tale Signs e le 12 aggiuntive del terzo cd, tracciano l’espolorazione di Bob Dylan di questo territorio.
Ci sono vicoli ciechi ("Dignity," la canzone di protesta "Everything Is Broken") e strade pericolose come "Tryin' to Get to You”; possono somigliare a musiche che sarebbero più in linea con le canzoni dei Carter Family, ma poi si trasformano sul palco di Londra del 2000 in musiche suonate da qualcuno che si, somiglia a Bob Dylan, ma pare un crooner degli anni ’50– ed è un tour de force.
 Ci sono variazioni che non espandono le possibilità di una canzone, ma le diminuiscono (tre volte la versione di "Mississippi” da Time Out of Mind, che fu registrata per "Love and Theft" del 2001).
A primo impatto Tell Tale Signs può sembrare come una mera raccolta di pagine finali, una pila di note a piè di pagina e appendici. Ma, come si capisce dall’opinione dei fan che han dato giudizi sul compendio di 31 performance del 1993 della canzone "Jim Jones" (da Good as I Been to You), non c’è fine a ciò che Dylan può fare con una canzone: durante i 9 mesi, la melodia della canzone ha ingoiato le proprie parole e il ritmo si è trasformato in un’astrazione.
 
Una performance che a primo impatto può sembrare piatta, poi rivela altri strati; un cantante che sbaglia le entate delle proprie canzoni… finisce per sembrare qualcosa che non è. La musica qui non sarà compresa al primo ascolto.
Per questa ragione, non c'è motivo di dire che "Red River Shore”, nonostante la tragicità della sua storia, è vasta come un deserto. Dopo alcuni ascolti potrebbe sembrare troppo sdolcinata, non la tragedia che si propone di essere. Man mano che la si ascolta potrebbe essere rimpiazzata alla cima delle classifiche da "Most of the Time," una canzone composta così attentamente che puoi immaginare che se Dean Martin o Fred Astaire avessero avuto l’opportunità di registrare la loro versione sarebbe stata meglio di quella di Dylan -e come la fa Dylan, solo, sul primo cd, o con con un lento accompagnamento sul terzo, può farti perdere la cognizione del tempo, al punto che il fatto che Tell Tale Signs ha lasciato un percorso in circa due decadi di tempo potrebbe non significare pressoché nulla.
 
 

 

HO RIASCOLTATO IL "GENIALE PASTICCIONE" 

di Mr.Tambourine                         clicca qui

 

Tell Tale Signs : Dicono tutti le stesse cose

Ho letto soltanto poche recensioni dell’ultimo lavoro di Bob Dylan “Bootleg Series 8 : Tell Tale Signs” prima di essermi stancato e anche un pò irritato. Dicono tutti le stesse cose , questi giornalisti musicali, e continuano a ripetersi all’infinito.
Dylan è descritto come un bisbetico con l’ossessione della propria mortalità che esplora in continuazione temi sempre più profondi nella sua musica , e avanti di questo passo..
Che cosa ha fatto Dylan per meritarsi simili critiche ?
Ho sempre pensato che “Time out of mind” del 1997 e “Oh mercy” del 1989 contenevano testi dei quali si poteva dire che contenevano una certa amarezza e cinismo , ma avrei potuto pensare le stesse cose per “Highway 61 Revisited” o per una dozzina di altri album di Dylan.
Se mai , nei due ultimi album più recenti – Modern Times e Love and Theft – c’erano veramente pezzi “a ruota libera” e perfino i più divertenti della sua carriera . Questo è , dopo tutto , l’uomo che canta in Modern Times :
“Io avevo dei pezzi di maiale , lei la torta
Lei non è un angelo e nemmeno io”
C’era più eros che sentimenti profondi in quello , per continuare soltanto i temi che piacciono a molti giornalisti .
“Tell Tale Signs” non suona , a mio parere , come il lavoro di un uomo con poco tempo da restare in questo mondo , come del resto faceva “Dylan” , il primo album con il suo nome , un album che conteneva canzoni spiritate come “In my time of dying” , “Fixing to die” e “See that my grave is kept clean”.
Canzoni di questo tipo sono continuamente presenti nella carriera di Dylan , e sono una parte vitale del catalogo delle folk-songs che lui continua a prendere in prestito fino ad oggi.
Così trascureremo quello che dice la maggior parte dei giornalisti , comunque io li leggo di rado.
Che posso dire allora di “Tell tale signs” ?
Posso cominciare dicendo che c’è un box di tre CD da collezzione di versioni alternative e materiale non pubblicato che provengono dal 1989 fino al presente.
Potrebbe anche valere la pena di dire che si tratta di un altro rimarchevole lavoro di Dylan , che continua a sorprendere critici ed ammiratori con la qualità del materiale che ha scelto di non inserire nei suoi album.
Forse il pezzo migliore di questo set è una canzone mai pubblicata , e senza dubbio un classico , “Red river shore”. Il sentimento di questa canzone è di quelli senza tempo , evidentemente il cantante aspetta sempre il ritorno della ragazza che aveva conosciuto molto tempo prima , e che deve avergli fatto una grande impressione.

“Well I sat by her side and for a while I tried
To make that girl my wife
She gave me her best advice and she said
Go home and lead a quiet life
Well I been to the East and I been to the West
And I been out where the black winds roar
Somehow though I never did get that far
With the girl from the Red River shore”

Questo pezzo non è una grande rielaborazione di “Red river shore” ne musicalmente ne liricamnte ,
parole e musica sono in perfetta sintonia con la tradizione folk , benchè la cosa possa sembrare anacronistica.
Ma di certo Dylan non cercava di fare qualcosa particolarmente di nuovo , semplicemente cercava di perfezionare l’arte che ha usato in tutta la sua vita. Noi ci aspettiamo novità , sempre richieste al nostro artista , ma in “Red river shore” , Dylan ha creato una folk song proprio come ha fatto con altre canzoni di quel genere , più di quelle , ha creato una sommativa di tutte le precedenti canzoni folk.
La novità è qualcosa , evidentemente , alla quale Dylan non è più interessato . In “Tell tale Signs” Dylan fa esattamente quello che ha sempre fatto , e ci sta ancora riuscendo , brillantemente.

by georgemorison on October 26, 2008.

 

 

Tell Tale Signs : i commenti della stampa specializzata

Entertainment Weekly
Emozionante . Tell tale Signs salta le decadi per offirire una storia alternativa dopo un periodo di stanca . La rinascita creativa che è cominciata alla fine degli anni 80’ e che continua a dare frutti.

Uncut
Tell Tale Signs è inondato con evidenza di zig-zag mercuriali , la sua evidente determinazione anche in studio di ripetersi il meno possibile , canzoni riprese non solo per il perfezionamento , limare una canzone statica non per renderla definitiva , l’immaginazione sempre in movimento.

The Onion (A.V. Club)
Da quando Bob Dylan ha inaugurato le Bootleeg Series questo è una dei migliori

Rolling Stone
Tell tale Signs dinmostra che Dylan conosce i capricci del mondo dove vive , ora più che mai.

All Music Guide
Tell Tale Signs suona come un nuovo disco di Bob Dylan , non solo per la stucchevole freschezza del materiale , ma anche per l’incredibile qualità del sound e per il feeling che contiene.

Paste Magazine
Tell tale Signs dimostra che il lavoro di Dylan è più ricco di quanto previsto.

Boston Globe
Con un musicista così importante come Dylan , il nostro appetito di materiale fresco e nuovo trova nuovi tesori nel lavoro dell’artista. Tell Tale Signs , l’ottavo delle Bootleg Series , è una festa per i fans occasionali ma anche per i Dylanologisti.

Hartford Courant
Il risultato è una ricchezza di immagini musicali diverse , che da una luce affascinante al suo processo creativo in Tell tale Signs.

Observer Music Monthly
Non tutto è perfetto in Tell Tale Signs , I cinque pezzi live , in particolare , scelte non particolarmente ispirate , ma potreste perdervi in queste registrazioni.

The Guardian
L’Ottavo tesoro della Dylan Bootleg series di materiale non pubblicato e versioni alternative dimostra ulteriormente che non c’è mai niente di definitivo nel lavoro di Dylan, una grande istantanea dell’umore di un grande uomo.

Billboard
Il materiale dal 97’ offre molte sorprese , particolarmente la sognante versione di “Someday Babe” da Modern Times e la stridente “Dreaming of you” che non erano adatte a Time out of mind. Meno essenziali le versioni dal vivo , che dimostrano come l'imprevedibile fraseggio di Dylan può rendere trascendantale una canzone in quel momento (Lonesome day Blues che suona come un vero bootleg ) , irriconoscibili (“Things have changed”) o ordinarie ( “Cocaine Blues”).

Slant Magazine
Indubbiamente l’album offre più di qualche grande momento , quello che crea più disappunto è la insita celebrazione delle ultime due decadi della carriera di Dylan , c’è dentro questa idea di una qualche celebrazione.

 

Dylan’s Secret Histories

Di Absolutely Queen Lucinda

Bene , non risolveremo mai il mistero del perchè Bob Dylan esclude qualcuna delle canzoni migliori che ha scritto dai suoi album ufficiali. Può essere che sia una specie di incurabile esistenzialista al quale non importa di preservare il suo lavoro nei termini di un catalogo definitivo delle sue registrazioni.
Forse immagina se stesso come l’archetipo dell’uomo sempre in movimento ( Ain’t talkin’”/Just walkin’” che sono alcuni dei “tagli” ( se così vogliamo chiamarli ) più belli in questo album , palpitanti outtakes da "Modern Times" che suonano come se avessero 2.000 anni , più attinenti con la vita vissuta nel momento transfigurativo che si fossilizza dietro il vetro macchiato della posterità.
In uno o nell’altro senso , queste Bootleg Series albums salvano il senso di frustrazione di non aver mai udito le “Series of Dream” coninciate con “Oh Mercy” per la prima volta , o “Blind Willie McTell” e che si dissolvono infine con “Infidels”.
Per quanto riguarda oggi può essere un punto discutibile : potete mettere in sequenza le canzoni sul vostro Ipood , ma questo non cambia il fatto che Dylan ha costantemente ingannato tutte le notizie su ogni nuovo album , come fece con il trittico della metà degli anni 60’ , rimuovendo le canzoni principali . Può essere la sua una perversa versione del difetto internazionale di far sembrare oro l’ottone , oppure solo la crepa di Choen che lascia filtrare solamente un raggio di luce..

Non tutti i pezzi di "Tell tall Signs" sono indispensabili , ma la maggioranza è capace di zittire una sala affollata ( incluso il lento blues in “Mississippi” e la revisione ispirata di quel capolavoro di angustia e rammarico che è “ Most of the time”, reso qui in un modo più robusto con il lavoro di armonica e di chitarra ). Infatti , più della metà di questo materiale può reggere il confronto con il lavoro più fine di Dylan. Molto è stato raccolto a partire dalla sua stagione meno prolifica ( la maggior parte del 90') , così come il periodo millenario del revivalismo , da più elasticità a quella pausa.
L’aggancio dell’album ( Good as i been to you e World gone wrong ) si rifà ai sacri testi dei gospel ante-guerra , il blues e le standard folks non solo gli hanno permesso di ritrovare la sua scrittura , ma anche un nuovo (o forse antico) vocabilario e nuovi temi.

Non solo canzoni come “Red river shore” ( una gloriosa outtake dalle session di Time out of mind ) , ma anche la versione cruda e semplice della brutale “30-20 Blues” di Robert Johnson , o una non realizzata bellezza del dicembre 2005 chiamata “Can’t escape from you”.
Ci sono inoltre versioni live abbastanza spellate di “High water” e “Lonesome day blues” , più le superlative canzoni da colonna sonora di vecchia data “Huck’s tune” , “Tell ol’ Bill e l' inno della guerra civile “Cross the green mountain”.
La differenza fra “Born in time” , “Somebody baby” e “Can’t wait” e le precedenti versioni realizzate è così marcata , potrebbero essere canzoni diverse ( l’ultimo è il rivelatore ritratto di un Dylan come comunicatore di blues grezzi ). Tali ricalibrature apparentemente ad-hoc ci fanno pensare che le Dylan takes differiscono così radicalmente dalle prime , ma era una strizzatina d’occhio ai tempi prima di realizzare “Like a rolling stone” , oppure come se fosse un suonatore di piano da saloon waltz ?
Così qui c’è un’altra pagina dell’affascinante storia segreta di Bob Dylan , questo ci aiuterà ad avvicinarci ad un tranquillo Natale.

 

BS8 : TELL TALE SIGNS
 
 di Gianni Sibilla
 
 Le “Bootleg series” sono state una delle mosse più astute di Bob Dylan: colui che fu di fatto il primo artista pop-rock ad essere oggetto di un album illegale – il mitico “Great white wonder” - è stato anche il primo a legalizzare la diffusione di materiale d'archivio in maniera seriale, ben prima che il digitale rendesse tutto più semplice. E prima che altri colleghi (Springsteen, Young...) ci provassero seriamente.
 A dire la verià, dopo i primi tre volumi, raccolti in un box nel 1991, la serie si è un po' persa per strada: i 4 volumi successivi erano concerti, tra cui certo alcuni memorabili, ma tant'è. Questo nuovo volume riporta tutto a casa, per usare una frase di Dylan. Due CD (tre, se siete fortunati a recuperare l'edizione deluxe) di inediti, versioni alternative, brani live. Tutti provengono dall'89 in poi, andando idealmente a completare quanto fornito dai primi tre volumi. La confezione, almeno quella standard - è meno sontuosa del box primigenio, ma per fortuna il contenuto no: un libretto assai dettagliato soddisferà le voglie dei fan più accaniti.
 Come sempre, in questi casi, c'è una doppia chiave di lettura: quella dei fan, appunto, e quella dell'ascoltatore comune. Il fan si divertirà a confrontare il materiale con le proprie conoscenze e con le versioni originali. A farla da padrone, in questa raccolta, sono le versioni alternate del periodo “Oh mercy”, il disco che nel 1989 ha rilanciato Dylan grazie alla tormentata collaborazione di Daniel Lanois (e a cui venne dedicato anche diverso spazio nelle “Cronicles”, l'autobiografia pubblicata in Italia da Feltrinelli). Tanto per citare un esempio, canzoni come “Most of the time” dimostrano la tensione creativa di quelle sessioni, con i suoni diversi da quelli poi pubblicati ufficialmente. Inutile entrare nei dettagli: questo è uno di quei dischi da leggere, spulciando tra le note del booklet.
 Il secondo livello è quello dell'ascoltatore non specializzato: qua dentro troverà ottima musica, che dimostra come Dylan, dal suo “ritorno” con “Oh mercy”, abbia mantenuto un grande livello non solo dal vivo con il famigerato “Never ending tour”, ma anche in studio. I dischi del cantautore sono usciti un po' a sprazzi, e il libretto ne spiega bene i motivi, senza ricorrere ai soliti stereotipi sull'artista bizzoso. Ma, a parte questo, ciò che dimostra questo box è la grandezza di Dylan anche in questo periodo. Alla faccia del declino: consigliatissimo, a tutti.
 

Tell Tale Signs : la voce dei Maggiesfarmers

 Ho subito registrato i due cd disponibili in streaming e li ho ascoltati per bene.
 (Nota a latere: io ho imparato (circa a.d. 1972) ad amare Dylan su un mangiacassette monofonico,
 dalle audiocassette prestatemi da un amico, piene di fruscii, click e pops, tramite
 un altoparlante da 5 centimetri di diametro... per me un mp3 scaricato e registrato
 tramite scheda audio ha una qualità eccelsa, superiore ad ogni immaginazione... :-)
 ben vengano quindi queste stupende preview a costo zero)
 
 Come tutti i "Bootleg Series" si tratta di roba per fan(atici) come noi,
 su questo non c'è dubbio, e capisco quindi la scelta di creare il
 cofanetto dorato a 160,00 euro. Se li avessi ce li spenderei, ma di questi tempi...
 Per me si tratta di un disco molto interessante. E' bello vedere/sentire
 come le canzoni si trasformano nelle mani di Dylan (una per tutte Mississippi!!!).
 
 E' bello poter capire come nasce un capolavoro simile. Non si scaverà mai abbastanza
 nel patrimonio di registrazioni dylaniane perché si troveranno sempre
 delle perle, o quantomeno dei segni che rivelano il suo modo di lavorare
 da artigiano delle emozioni.
 
 Pensavo di trovare una Mississippi più simile a quella registrata da Sheryl
 Crow e invece tutt'altro... anche allo stato embrionale lascia stupefatti per la sua
 semplicità, come anche Red River Shore che è stupendissima. E Highwater con
 l'ormai mitico Freddy Koella alla chitarra, completamente stravolta...
 E' un disco pensato per noi che adoriamo Dylan, certo poco digeribile e
 troppo monotono per essere apprezzato da un pubblico distratto.
 
 Non sono per una condanna, e mi pare di capire che il terzo Cd (quello che costa
 160,00 euro) forse è il migliore dei tre... vedremo se e quando
 riuscirò a sentirlo... Sono curioso in particolare per Trying To Get To
 Heaven, che ad Anzio (2001) fu strepitosa. Spero si tratti dello stesso
 arrangiamento con quell'atmosfera jazzy così magica ed inusuale per Dylan.
 
 Comunque, pur essendo sempre stato scettico sulla bontà dei concerti di
 Dylan, ora non concordo con l'eccesso di critiche che sto leggendo, mi
 sembra che si stia esagerando, specialmente ora che Lui ha raggiunto un'età
 ragguardevole, che meriterebbe maggior rispetto "a prescindere!", come
 diceva il Principe De Curtis.
 
 Alla prossima
 Bruno "Jackass"
 

Tell Tale Signs : la voce dei Maggiesfarmers

Sono entrato in possesso del nuovo doppio dello Zio.
Che dire: F.A.V.O.L.O.S.O, inediti e versioni alternate da svenire.
Ciao a tutti e buon ascolto
Enrico

Cos’è Tell Tale signs ?

di Mr.Tambourine

E’ uscito , l’abbiamo ascoltato , abbiamo detto la nostra opinione.
Leggendo le recensioni ho l’impressione che qualcuno si sia lasciato prendere un pò la mano , giudicando gli scarti di studio a volte superiori alle versioni degli album.
Allora mi viene spontaneo chiedermi perchè queste outtakes siano state scartate a suo tempo , forse chi doveva scegliere era al momento incapace di intendere e di volere ?
Io cerco di stare il più possibile con i piedi per terra , scarti erano e scarti rimangono , al di là della curiosità che possono suscitare , al di là della bellezza intrinsica delle takes , al di là di tutto , furono scartati allora perchè le takes erano inferiori musicalmente ( intendo arrangiamenti non ben definiti ) , le atmosfere non erano quelle giuste ma ben al di sotto degli standard di un disco ufficiale , le parole non erano ancora nella loro forma giusta , il cantato a volte mancava del pathos necessario ( l’esecuzione di una take a volte si prende alla leggera perchè lo scopo magari è quello di collaudare il giro di basso, l’assolo della chitarra , il suono ed i passaggi del piano , la prova dell’armonica , così la voce , in quel preciso momento diventa meno importante , e si canta tanto perchè ci sia , sapendo che al momento della take finale verrà certamente cambiata , il suono a volte è sporco , impreciso , gracchiante , i volumi non sono calibrati come da manuale , il basso in certe parti è invademte , troppo forte , quasi distorto , idem per batteria e persussioni , ma giustamente è una prova , e lo scopo di una prova è completamente diverso da quello di una take definitiva. Per questi motivi queste takes vennero scartate , naquero come takes e non come lavori definitivi , e giustamente vennero tagliate e riposte nei cassetti.
Ora le hanno ritirate fuori dai loro polverosi ripostigli , qualche grafico pubblicitario gli ha creato intorno una bella confezione , le takes sono state messe a casaccio sui dischi ed il tutto è stato messo in vendita per la gioia del Dylan-fans  che in questi ultimi anni stanno imparando ad accettare di tutto , cose belle e cose oscene , soprattutto oscene ( dal punto di vista musicale e vocale ) stanno applaudendo e magnificando una voce che purtroppo non c’è più , canzoni che non ci sono più , rese irriconoscibili dalla mancanza delle loro caratteritiche vocali e strumentali , concerti deboli e deludenti , musicisti ancora più deboli e più deludenti , un Dylan ai minimi storici delle sue prestazioni , fra un paio d’anni avremo solo la sua persona sul palco ma non la sua voce se si continua su questa strada.
Detto questo , e la cosa non mi rallegra perchè anch’io come tanti altri fans vorrei fermare Dylan nel suo tempo migliore , ora si comincia a borbottare che qualche pezzo di Tell Tale Signs sia migliore delle versioni da album ! La cosa mi fa sorridere , va bene essere fedeli a Bob , stravedere per lui , ringraziarlo per tutta la vita per le emozioni che ci ha saputo dare in tutti questi anni , ma le esagerazioni hanno sempre stonato , in tutti i campi della vita. Giudicare migliori queste takes mi sembra fuori dalla realtà , capisco l’entusiasmo e la voglia di avere qualcosa di diverso da Bob , il desiderio che lui sia eterno e sempre all’altezza , ma non è così , così non funziona. Bob è BoB , i suoi album sono i suoi album , i suoi scarti sono e rimangono i suoi scarti. Mi aspettavo un nuovo album , so che c’è , da qualche parte è pronto , andrà rivistato e limato , migliorato , ci sarà qualcosa da rifare , da puntualizzare , e questo richiede tempo , ma il mercato non ha tempo di aspettare , Dylan ha vinto il Pulitzer , il suo mercato tira di brutto , la richiesta è grande , Modern Times ha compiuto il miracolo di arrivare ai primi posti nelle classifiche in tutto il mondo : Ecco allora la necessità impellente di far uscire qualcosa. Si aprono i cassetti e si tira fuori quanto di meno peggio ci possa essere , si fa una confezione all’altezza di un album e si mette il tutto sul mercato , si scrivono fiumi di parole sfruttando la debolezza sentimentale dei fans ed un nuovo album di scarti , col nome di Tell Tale Signs , viene immesso sul mercato. Operazione commercialmente brillante ( prezzi a parte ) , ma poi tutta questa operazione deve superare la prova delle orecchie , e questo Tell Tale Signs non ce la fa , alle orecchie non si può mentire , le versioni sono quelle che sono , imperfette , grezze , superficiali , a volte inutili come i pezzi dal vivo.
Questo Tell tale Signs mi sembra uno specchietto per le allodole , e di allodole ce ne sono ancora tante , me compreso. Non voglio offendere nessuno , ho solo cercato di mettermi dall’altra parte , dalla parte dei non fans dylaniani , che sentendo i dischi si guardano in faccia stupiti e si chiedono come sia possibile che un artista del nome e del calibro di Bob Dylan permetta di mettere in vendita tanta scarsezza a suo nome. Non dimentichiamo che questo è ancora il Dylan di quasi vent’anni fa , quando la sua voce era ancora intatta , Dylan non è più quello che ci stanno proponendo con questo BS8 , quel Dylan è stato mangiato dal tempo , rimane qualcosa che gli assomiglia dal punto di vista fisico , come sfogliare l’album delle foto dei ricordi . Il Dylan attuale è un patetico Bob Dylan , non si capisce più quello che mugugna e che suona , sempre distante e distaccato dal pubblico come allora , ma almeno ai tempi c’erano le prestazioni , oggi mi chiedo cosa possa giuistificare l’andare a vedere un concerto di Bob. Certo Dylan sta invecchiando come tutti noi , è alla soglia dei settanta ed il suo impegno e la sua partecipazione , il suo entusiasmo , la sua verve , la sua pungente satira , la sua capacità di osservazione e di narrazione non sono più quelle dei venti , dei trenta o dei quaranta , o forse non gliene frega più di tanto , sta sul palco perchè probabilmente è una cosa che gli piace fare e non ha molte altre alternative di vita. Persi moglie e figli , avanzato nell’età , un uomo perde la sua voglia di essere se stesso anche se si chiama Bob Dylan , allora il desiderio di Robert Zimmerman viene schiantato dalla esigenza di Bob Dylan , purtroppo il nostro idolo ha dimenticato come si fa ad essere Robert Allen e si ricorda solo come si fa ad essere Bob Dylan , quel Dylan che tutto ha ribaltato , ha preso e rivoltato come un calzino , che ha piegato le idee del mondo al suo modo di vedere , che ha saputo far nascere il sole , ma che non potrà mai fermare il tramonto.
 

Tell Tale Signs : il geniale pasticcione

di Riccardo Bertoncelli

Il Geniale Pasticcione ha preparato un'altra antologia delle sue, non cronologica, non lineare, con allegra confusione tra live, studio e cameretta. Questa volta però almeno ha delimitato il campo, raccogliendo solo pezzi degli ultimi vent'anni; alla faccia di chi ritiene che la vena si sia esaurita dalle parti di Blood On The Tracks (pochi, a dire il vero), si comincia con Oh Mercy e si arriva a Modern Times, attraversando i controversi affascinanti anni della maturità e della vecchiaia. Due dischi per i comuni acquirenti, tre nella tiratura limitata per eletti; con molte scoperte preziose che neanche i bootleggers conoscevano (negli ultimi vent'anni Bobby D ha imparato a blindare gli archivi un po' meglio) e la conferma che il nostro uomo si esprime meglio in solitudine o poca compagnia, senza troppi addobbi.

Si comincia con una meraviglia, Mississippi, una outtake di Time Out Of Mind proposta in tre lezioni. Il brano vedrà la luce nel 2001 su Love And Theft, in una versione suggestiva ma così lontana dalla carne straziata e dal disagio dell'originale. Succede spesso, in DylanLandia. Le canzoni nascono, crescono, si sviluppano, non è facile coglierle in perfetto stato di grazia, nella migliore esposizione, e Dylan oltretutto è noto per essere un pessimo giudice di sé. Anche una volta che hanno debuttato in società, subiscono continue limature o lifting radicali, e più per estro inquieto che per smania di perfezionismo. Tell Tale Signs è pieno di abbozzi o riletture del genere, una manna per gli studiosi e i fans più attenti: una eccentrica Born In Time provata ai tempi di Oh Mercy ma pubblicata solo su Under The Red Sky, una Ain't Talkin' troppo in carne per valere quella già nota, una Most Of The Time cui ancora manca l'aura luminosa che la renderà irresistibile e Everything Is Broken in una esecuzione pelle/ossa da far male,"basic R&B mix". Varie registrazioni live ci danno un'idea, ma giusto un'idea, del gusto dylaniano che si evolve e muta i lineamenti delle creature già note: Cold Iron Bounds è una fenice che continua a morire e risorgere, Ring Them Bells una dolcezza anche se mugugnata scontrosamente e High Water fa impressione per quanto è forte e indocile, più fuoco che acqua, pur con quel testo e nello scenario suggestivo delle cascate del Niagara.

Non sono un grande fan degli ultimi album, quindi prendo come un regalo il fatto che l'antologia sia sbilanciata dalle parti di Oh Mercy e Time Out Of Mind, dischi che invece adoro; il meglio di Tell Tale Signs viene da lì, dal lavoro di cesello con Daniel Lanois, e peccato che i due soci non abbiano capito subito la grandezza di brani come Series Of Dreams e Dignity (ma le conoscevamo già) e poi Red River Shore, Dreamin' Of You, God Knows. Da non dimenticare una 32-20 del periodo World Gone Wrong, omaggio a un Robert Johnson sempre citato e mai eseguito. Il cuore di Dylan batte sempre lì, at the crossroads, in quegli avventurati anni depressi e anche prima. Non lo ha mai nascosto, e una volta lo ha raccontato bene a un giornalista di Der Spiegel che gli chiedeva quali fossero le sue influenze. "Canzoni base degli anni 20 e 30, più qualcosina dei 50. Poche cose circoscritte: folk americano, blues, un po' di rockabilly".

(fonte : delrock.it)

 

Tell Tale Signs : How does it feels ?

di Dario Twist of Fate

Ciao Mr.Tambourine !
non ho potuto evitare di notare la tua vena caustica nei confronti di questo Bootleg Series 8 , gli hai dato giù davvero pesante...
non che io lo consideri un capolavoro o un disco inscindibile nella discografia del nostro...
però ci sono per me cose di indubbio interesse, questa davvero grande versione di Most of the time ad esempio, che riporta alla mente le New York session del 74, e quella Tangled con quella chitarra sporca e irrequieta...
boh, ci sono cose notevoli secondo me, però capisco anche il tuo punto di vista...

diciamo cmq che la mia febbre dylaniana nasce nel dopo "Love and Theft" e che pur avendo molti ricordi, il tempo è ancora breve, non sono un fan di vecchia data, non conosco i grandi momenti, ne ho solo sentito parlare, ma di seconda mano...
immagino che essere un fan di dylan nei '70 fosse davvero differente...coi vinili, non so...
mi si stringe il petto a pensare a ciò che è stato...adesso restano solo le briciole e sarà sempre peggio...
Born in time, come direbbe il Nostro...

ecco forse io sono uno che non è nato in time...
e sono alla rincorso di un sogno che non mi appartiene...
nonostante quella potente versione di High Water, era davvero bello il suo show con quei due formidabili chitarristi, che erano Koella e Campbell(?) non ricordo...
ricordo un giovanissimo Davide (Te Saint) che tornò deluso dal concerto di Roma 2003 e sono passati già 5 anni
e io a consolarlo :- cosa ti aspettavi?
Forse di vedere BOB DYLAN invece di bob dylan ?

ma da un pò di tempo abbiamo solo questo piccolo bob ormai...
ce lo faremo bastare visto che non si vedono altri giganti in giro...
e che forse la musica e il rock non sono più quelli di una volta...
e forse questo Bootleg Series 8 è davvero un disco inutile, ma risveglia in me una passione dylaniana che non sentivo più da molti mesi...
forse al prossimo tour tornerò ai suoi concerti, forse no...
forse è davvero passata quella frenesia, quel feeling...
poi però arriva questa preziosa e imperfetta Dreamin' of you e qualcosa prende calore dentro di me o forse no...
Ma Dylan era ancora DYLAN in quella sala d'incisione, aveva davvero qualcosa un fuoco sacro del rock che Lanois cercava di catturare e di raffreddare per meglio produrre un disco che non era possibile realizzare, io capisco la frustrazione di questo produttore che cercava in ogni modo di realizzare il suo personale Blonde on Blonde, ma i tempi erano davvero cambiati e così l'Uomo e il genio che però di tanto in tanto tornava, e chissà quante volte sarebbe stato così ancora...
e questo Bootleg Series, sembra quasi una risposta a Lanois, vedi amico si poteva fare anche così, poteva funzionare lo stesso, oppure?

e questa storia degli oppure che con Dylan dobbiamo tollerare da sempre, sprazzi di genio, come ha detto giustamente Bertoncelli , Dylan è un geniale pasticcione...
personalmente ho smesso di difendere il Nostro a spada tratta, dato che neppure lui ci prova più a farlo...
megluio stare dalla parte dei detrattori forse, meglio criticare e stroncare gli ultimi due lavori in studio...

caro Mr.Tambourine , considera questo mio sfogo da dylaniato frustrato, che si aspetava a breve un disco nuovo che ormai non arriverà più...almeno non per questo inverno 2008-09

e allora How does it feel?
che Dio abbia pietà di noi , in fede , Dario


 

 

BOB DYLAN "Tell Tale Signs" - The Bootleg Series Vol.8

di Gabriele Benzing

“Il mondo non ha bisogno di nuove canzoni”, aveva affermato Bob Dylan alle porte degli anni Novanta. “A meno che non spunti fuori qualcuno con un cuore puro e qualcosa da dire. Allora è tutta un’altra storia”.
Per anni, Dylan ha cercato invano di inseguire un tempo con cui ormai non aveva ormai più nulla a che vedere. Poi, un giorno, tutto è divenuto chiaro: il suo destino è sempre stato quello di appartenere ad un altro mondo, il “time out of mind”, il tempo immemorabile della tradizione, di quella che Greil Marcus ha definito la “repubblica invisibile”. E da allora tutto è cambiato.
L’ottavo volume delle “Bootleg Series” dylaniane si propone fin dal titolo di esplorare i segni rivelatori dell’immersione in quel pozzo ancestrale, raccogliendo inediti e rarità disseminati tra il 1989 ed il 2006. Ma nonostante il fascino degli intenti, il rischio è quello che tutto si risolva semplicemente in uno svuotamento non troppo ponderato degli archivi.

Due album dominano il periodo affrontato da “Tell Tale Signs”: “Oh Mercy” e “Time Out Of Mind”, gli unici dischi realizzati da Dylan negli ultimi vent’anni a poter sostenere il paragone con i capolavori degli anni Sessanta e Settanta. Merito anche del decisivo apporto di Daniel Lanois, l’ultimo grande produttore capace di tenere testa a Mr. Zimmerman e di condurlo a trarre il meglio dalla propria volubile musa. “Lanois era un concetto che cammina”, ricorda Dylan nella propria autobiografia. “Non si accontentava di galleggiare in superficie. Non gli bastava nemmeno nuotare. Voleva tuffarsi e scendere in profondità. Voleva sposare una sirena”.
Le rivelazioni più attese provengono allora dalle session di “Time Out Of Mind”, a cominciare dalla nostalgica elegia di “Red River Shore”, che cresce di fascino con il progressivo entrare in scena degli strumenti, dall’organo al dobro, dalle percussioni alla fisarmonica. Le acque del fiume sono le stesse che vennero cantate dal Kingston Trio, ma la storia che raccontano è un’altra: il profilo della fanciulla che si staglia in controluce sulla riva sembra impalpabile come quello di uno spettro, un’irraggiungibile memoria di Euridice, quasi un contraltare femminile dell’oscuro amante tornato dall’Ade di “Man In The Long Black Coat”. È possibile fare esperienza del mistero in terra? “Ho sentito di un tizio che è vissuto molto tempo fa”, mormora Dylan, “Un uomo pieno di tristezza e di contrasti / Se qualcuno intorno a lui moriva / Lui sapeva come riportarlo alla vita / Non so che tipo di linguaggio usasse / O se accadono ancora cose di questo tipo / A volte penso che nessuno mi abbia mai visto / Eccetto la ragazza della riva del Red River”.

La scrittura di Dylan, a partire da “Time Out Of Mind”, si basa sull’accostamento di brevi epigrammi, dotati ciascuno di vita propria, secondo una tecnica tipica della cultura orale del blues. Ecco allora affiorare negli inediti di “Tell Tale Signs” versi poi confluiti nei brani pubblicati sugli album ufficiali del songwriter di Duluth, in un gioco di rimandi che introduce al cuore stesso del suo processo creativo.
È il caso di “Marchin’ To The City”, sorta di basement tape apocrifo che si dipana intorno al tema del pellegrinaggio, la cui eco si può facilmente ritrovare in “‘Til I Fell In Love With You”: “Signore abbi pietà / Mi sento pesante come piombo / Sono stato colpito troppo duramente / Ho visto troppe cose / Niente più mi può guarire / Tranne il tuo tocco”. Dylan sfodera il suo tono più magnetico e notturno in “Dreamin’ Of You”, che si muove sinuosa tra organo e pianoforte: “Per anni mi hanno tenuto chiuso in una gabbia / Poi mi hanno buttato su un palcoscenico / Alcune cose durano più a lungo di quanto pensi / E non hanno mai spiegazione”. E “Mississippi”, regalata a Sheryl Crow e quindi recuperata in “Love And Theft”, viene proposta in ben due versioni, la prima delle quali, affidata alla limpida chitarra di Lanois, avvince con la sua perfetta semplicità.

Dagli anfratti segreti della lavorazione di “Oh Mercy” giunge una “Most Of The Time” per chitarra acustica e armonica che sembra provenire dalle pagine di “Blood On The Tracks”. “Dignity” oscilla tra la nudità di un demo pianistico ed un inatteso andamento rockabilly, mentre “Born In Time” e “God Knows” (escluse da “Oh Mercy” per poi essere riprese in “Under The Red Sky”) mostrano un più profondo spessore rispetto alle interpretazioni già note. Quello delle alternate take, tuttavia, rimane in sostanza un gioco per cultori della materia, che finisce per mostrare facilmente la corda di fronte a versioni tutto sommato superflue come quelle di “Everything Is Broken” e “Series Of Dreams” incluse in “Tell Tale Signs”.
A rendere più accattivante la confezione, vengono ripresi anche alcuni brani inclusi negli ultimi anni in varie colonne sonore, da “Tell Ol’ Bill”, scandita con vibrante efficacia dal pianoforte e dal basso del fido Tony Garnier, fino al passo marziale di “‘Cross The Green Mountain”, in cui Dylan dipinge la Guerra di Secessione con voce degna di un antico cantore. Non potevano mancare, poi, le incursioni nelle radici folk del passato, dall’omaggio a Robert Johnson di “32-20 Blues” al traditional “The Girl On The Greenbriar Shore”: “quelle vecchie canzoni sono il mio vocabolario e il mio libro delle preghiere”, confessa Dylan in un’intervista riportata nelle liner notes dell’album.

Difficile comprendere, invece, quale sia il senso dell’inclusione piuttosto casuale, tra le tracce del disco, di alcuni episodi live più o meno recenti, tra cui si distingue una “High Water (For Charley Patton)” dalla sulfurea elettricità. Piuttosto che estrarre un unico brano (“Ring Them Bells”) dalle celebri performance del 1993 al Supper Club di New York, sarebbe stato probabilmente più lungimirante lasciare spazio ad una pubblicazione integrale di quello che rappresenta una vera e propria pietra miliare del “Neverending tour”. Lo stesso vale per le cosiddette “Bromberg session”, un intero disco di classici folk precedente a “Good As I Been To You” rimasto tuttora inedito, da cui viene pescata a sorte solo l’incantevole “Miss The Mississippi”, condotta da un’orchestrina country a base di armonica, fiddle, mandolino e fiati.
Insomma, nonostante tra le ventisette tracce di “Tell Tale Signs” si nascondano vere e proprie gemme, a lasciare perplessi è l’operazione discografica nel suo complesso: un’impressione rafforzata ancor più dalla deluxe edition dell’album (venduta in esclusiva sul sito ufficiale dell’artista), che per il modico prezzo di 129,99 dollari aggiunge un’ulteriore disco di versioni alternative, brani dal vivo e scarti assortiti…
Inutile negarlo, “Tell Tale Sign” è un prodotto per fan. Ma i fan, si sa, per una “Red River Shore” sono pronti a perdonare a Dylan questo ed altro.

06/10/2008 (fonte :
ondarock.it)

 

Tell Tale Signs: Tell It Like It Is

Pre-Release Review by Sadi Ranson-Polizzotti

Così volete sapere , se vale la pena di comperare il cofanetto di Tell tale signs ? Vale ogni penny , e non semplicemente per lo zoccolo duro dei fans , ma se non conoscete i bootlegs o come il resto di noi , conoscete le diverse takes di molte canzoni ( in particolare di Oh Mercy ) , allora siete pronti per un ossequio regale. Prendetelo .
Ne vale la pena perchè Dylan è al suo meglio dagli anni 90’ fino al 2006.

Quello che chiarisce questo set , e che gli altri dischi non hanno fatto , è di mostrarci in quanti diversi modi può cantare le sue canzoni. Potremmo sentirle ancora diverse nei concerti , questo è vero , così conosciamo le varianti . ma quello che è interessante in questo disco è proprio come una canzone come “Most of the time” può suonare in una take scartata ( particolarmente nel disco One ). É così totalmente diversa , così assolutamente amabile , come dire , così assulutamente ogni cosa che può battere la versione dell’album , questo per me vuol dire tanto , perchè sono affezzionata alla versione dell’album : allora ho ascoltato la take scartata del disco uno e c’è una dolce armonica che fa la parte del leone. Come si sposa bene con la semplicità della chitarra . Il ritmo non posso definirlo perchè è variabile ( almeno questo sembra al mio orecchio poco addestrato ). Per la maggior parte rimane come in sospeso , ma è difficile seguire l’armonica nei diversi cambiamenti che attraversa , almeno finchè non si capisce il ritmo che non è così “evidente”. Quasi con noncuranza la canzone funziona molto bene . Al momento è la canzone che ascolto di più , e lo sarà probabilmente anche per voi , almeno fino al momento che avrete trovato un’altra preferita , cosa che io non sono ancora riuscita a fare perchè tutto è così mutevole , forse dipende dalla mia mentalità , dalla mia età , o da tante altre cose , tutto è così mutevole in quello che c’è nel disco.

“Dignity” è un’altra da sottolineare , compare nei dichi in diverse versioni ( come alcune altre ) io preferisco quella con l’introduzione di piano perchè mi è sempre piaciuto Dylan al piano perchè è molto dotato su quello strumento .
Quando avrò avuto il tempo di ascoltare tutti e tre i dischi nei prossimi giorni o settimane , sarò più precisa , allora forse sarà una recensione diversa , più di questa pre-recensione sommaria di come gli album stanno assieme , e l’esperienza completa dell’ascolto. Oggi è un non-sequitor totale , qualcuno ascolta più un album intero ?
Con l’avvento degli iPod , iTunes , Windows Media Player , spesso si fa un mix , raramente un album intero , ma questo è un’altro argomento.
La confezione del box con i tre album è bella ed è accompagnata da un brochure eccellente con le liner notes ( che non ho ancora letto per farmi la mia valutazione delle tracce , posso essere d’accordo o non con quelle , ma avere due opinioni è sempre meglio.
Inoltre è disponibile un CD singolo in vinile di “Dreamin’ of you” con una tremenda foto di copertina di Randee St. Nicholas. C’è una donna sulla copertina con Dylan , chi sarà ? Potrebbe essere una modella o forse un amore di Dylan , questo è quello che ho pensato. La musica su vinile suona sempre differente ( almeno al mio orecchio : i CD sono molto più puliti , come un amico che ha appena fatto il bagno.
I tre CD sono accompagnati con un’eccellente riproduzione di lusso delle copertine dei singoli (45s) , alcuni dei quali sono stati pubblicati , altri sono sconosciuti , altri realizzati apposta per quest’evento.
Da quando è con la Columbia , Dylan ha realizzato oltre 1.200 singoli ed extended-play in tutto il mondo. La serie comincia nel 1963 con un promo di “Blowin’ in the wind”. Prendo nota che le copertine sono molto belle in questo libro deluxe del Cd , ma io non posso pensare come un produttore pubblicitario che pensa allo stile del marchio. Dylan stesso è ovviamente il marchio , a questo punto , ma ho notato che le canzoni sono elencate in questo modo , solamente “Most of the time” invece delle abbinate “Most of the time” come ho visto su bobdylan.com come scritte da lui.
Qualcuno sta parlando da solo qui , senza comunicare , perchè dovrebbe esserci una continuità in come le canzoni sono elencate , invece che alla rinfusa , e questo creerà piccoli problemi in futuro per le scolaresche che non le conosceranno correttamente ed esattamente come Dylan avrebbe desiderato .
La gamma delle songs proviene un pò da tutto , dal buon vecchio rock del portico ad alcune vere ballate di couble-dancing , dal rock&roll al country al folk , le ballate gospel e le ballate traditionals. Non tutti i musicisti potrebbero permettersi un pasticcio del genere , ma Dylan lo fa , potrebbe andar bene per una o due cose , ma mischiare tutti i generi non si mai visto. Dylan ha chiamato se stesso uno “spedizioniere musicale” e questa raccolta lo dimostra , forse un viaggiatore che passa diversi luoghi con musiche diverse e assorbe tutto , questo è quello che è Dylan in “Tell Tale Signs” , ma come ha detto Suze Rotolo nel suo libro “A freewheelin time” , tutto il lavoro di Dylan viene analizzato al microscopio , e questo è vero.


Disc I

Mississippi (Unreleased, Time Out Of Mind)
Questo è il primo pezzo del 1° Cd e la chitarra è eccellente , così come lo è Dylan nella sua durezza. Questa canzone potreste averla cantata con gli amici sotto il portico ( non ho dubbi che l’aggiungerete al vostro repertorio ). Una storia in una canzone , certi fraseggi così familiari e così “dylan”. La canzone appare tre volte nella confezione col cofanetto , e sono tutte diverse , a dimostrare che Dylan può prendere una cosa e voltarla in un’altra con assoluta facilità nel modo migliore.

Most of the Time (Alternate Version, Oh Mercy)
Una versione acustica velocizzata – totalmente differente dalle altre versioni che hanno un grande sound. Ora mi piace di più questa versione , ma solo perchè ho ascoltato le altre versioni molte volte. Ci sono delle gemme in questo set , e sicuramente questa canzone è una di quelle.

Dignity (Demo Version No. 1, Oh Mercy)
Anche questa dalle sessions di Oh Mercy , è solo un demo col piano e Dylan canta una versione dignitosa di Dignity. É accreditata come un demo-take , e come mi piacevano le altre versioni che avevo sentito , devo dire che questa è la migliore perchè il piano crea la miglior atmosfera. É giusta in tutto , sia metaforicamente che letteralmente.

Someday Baby (Alternate Version, Modern Times)
Le altrrer versioni che conosciamo di questa canzone , hanno troppo un’impronta pop-jazz , sembra di vedere le ragazze della squola ballare con i loro iPood , e questo è bello. Questa versione è buona , ma non decolla , si percepoisce meno divertimento , un piccolo presentimento per il futuro....sameday baby.

Red River Shore (Unreleased, Time Out Of Mind)
Apparentemente il Dylan camaleonte nel modo di cantare. Qui c’è il nostro uomo con un semi country accento del sud , appropriato perchè la canzone è molto simile ad una country-ballad : la breve storia di un uomo pieno di dubbi ( Era fuori in mezzo al nero ruggito dei venti , ma non riesce mai ad avere un appuntamento con “la ragazza del fiume rosso”).

Tell Ol’ Bill (Alternate Version, North Country Soundtrack)
Mi ricorda Things Have Changed. Forse non tanto le parole ( non ho avuto ancora l’occasione di leggerle ) ma il suono di questa canzone è molto simile , buona cosa.
La canzone non è ben definita , ma và seguita a lungo , forse mentre state guidando.
Alla lunga ti prende e ti porta con essa , come la marea che sta salendo.

Born in Time (Unreleased, Oh Mercy)
Mi è piaciuta fin dalla prima battuta , ed è un peccato che sia rimasta esclusa da Oh Mercy , ma allora , ogni artista deve fare una scelta perchè non è possibile inserire tutto. I testi sono pura poesia , una melanconica canzone sull’amicizia che va e viene , e inerente a questi , i problemi delle relazioni complicate. C’è rammarico , molto rammarico in questa canzone , è una canzone “nuda” e forse per questo era stata scartata , chi può dirlo ? E’ stata pubblicata ora ed io sono contenta , qualche volta aiuta lasciar fuori qualcosa e certamente , se c’è qualcosa che può metterci in relazione con questa , la cosa ci aiuta.

Can’t Wait (Alternate Take, Time Out Of Mind)
“In si bemolle” come dice la voce all’inizio del nastro. Ha un suono scuro , da tarda notte. Così tutto diventa afoso , con una punta di rugosità nei particolari , una combinazione di Dylan per dimostrare lo strazio e l’angustia che ci sono nelle canzoni che suonano umili , sembra dire “ State con me , seguitemi “.

Everything is Broken (Alternate Take, Oh Mercy)
Sono content che dica ancora “broken meear”. In dylanesco non si pronuncia “mirror”. Non c’è nel dizionario. E’ stato detto abbastanza su questa canzone , così adesso l’avete anche qui.

Dreamin’ of You (Unreleased, Time Out of Mind)
Ho scritto un articolo intero su questo pezzo , una canzone eccellente , con un testo molto familiare , ma troppo lungo per inserirlo in un pezzo solo , leggete il mio articolo in proposito.

Huck’s Tune (from “Lucky You” soundtrack)
“When I kiss your lips, the honey drips, I’m gonna have to put you down for a while.” Non è una cosa sexy , tuttavia la differenza è sottile , però sembra più vicina al romantico , come in tante altre canzoni di Dylan , questa linea sottile balza agli occhi immediatamente . La canzone ha un sound country e sembra una canzone d’amore per una ragazza irlandese , lirica. “I tried you twice, you can’t be nice, I’m gonna have to put you down for a while.” Cosa voglia dire con “put you down” è quello che la rende interessante , è un gioco di parole , un doppio senso che potrebbe voler dire qualcosa di diverso da quello che si capisce al primo momento.

Marchin’ To The City (Unreleased, Time Out Of Mind)
Un inno che comincia in una chiesa per tornare qui di nuovo , lui “ non cerca niente negli occhi di chiunque altro”. E’ un lento molto bluesy , che combina di nuovo le diverse situazioni della vita. Suona bluesy , con influenze religiose , ma a me non sembra una gospel-song .

High Water (For Charlie Patton) (Live, 2003, no location given)
Rock n’ Roll sicuramente. Non la mia preferita , ma certamente buona per far ballare la gente e non mi sorprende che sia stata presa da un’esibizione live , questo rende la canzone più “ooomph” . E’ buona , ma a mio parere , manca della grazia di altre canzoni incluse nel cofanetto.


Disc II

Mississippi (Unreleased Version, Time Out Of Mind) *note a different cut of this exists on disc no. 1 as the first cut of the boxed set.
Un’altra canzone sul tempo che si accumula , una canzone “dilla com’è” dal punto di vista di un uomo , effetivamente uno specchio dei tempi.

32-20 Blues (Unreleased, World Gone Wrong)
Ovviamente, Blues e Blues vero , tempo battuto coi piedi , quello che voglio suonare o sentire qiando sono con i miei amici sotto il portico in estate. Come ogni canzone blues , anche questa è la storia che coinvolge una donna , problemi affettivi , e un pò di violenza ( c’è anche di mezzo una pistola ) . Una canzone classica nella tradizione blues , una storia divertente da seguire , la donna , naturalmente , è quella che vince.

Series of Dreams (Unreleased, Oh Mercy)
C’è più parlato che cantato , ma c’è qualcosa di simile in ogni Dylan’s song.
La monotonia ripetitiva mi ha reso difficile entrare in questa canzone , avrei voluto più variazioni di quelle che ci sono qui . I testi , di nuovo , sono eccezzionali ( nessuna sorpresa in questo ) ma la musica non rende loro giustizia. Posso immaginare cosa dovrebbe succedere , ma le cose sono disunite , non succedono assieme , non ci sono abbastanza variazioni per suscitare il mio interesse.

God Knows (Unreleased, Oh Mercy)
Non quello che sembra all’inizio. La canzone in se non parla di Dio , ma piuttosto più una canzone su qualcuno che non può essere rimpiazzato. La religione poterbbe anche starci , ma è un misto fra le due cose. C’è qualche relazione e dell’ottimismo , e questo mi rende ottimista.

Can’t Escape From You (Unreleased, December 2005)
Una balata che assomiglia a qualcuna delle vecchie ballate anni 50’. Nel testo , è ricorrente il tema delle campane e del treno che appare in molte canzoni di Dylan. Uno potrebbe facilmente vedere una coppia che balla romanticamente.

Dignity (Unreleased, Oh Mercy)
Altra versione più movimentata di quella del disco 1 , ma la prima è superiore dal mio punto di vista. Il Be-Bop non sembra essere adatto alla tematica della canzone , senza dubbio un momento di divertimento nelle sedute di registrazione , ma in definitica sembra essere un pastrocchio di musica e parole.

Ring Them Bells (Live at The Supper Club, 1993)
Ancora campane – il bello di questo pezzo è l’immediatezza , le chitarre hanno un bel suono , chiaro , sembrano il suono delle campane . Dylan stesso sembra cantare con la voce squillante , non ancora tranquilla e cavernosa come sembra essere oggi ( lui , per scelta o per necessità è sempre stato uno stilista nel cantare ) . C’è qualche urlo nel sottofondo , ma il suono è eccellente , solo un pò gracchiante nel backgruond a mio modo di vedere . La canzone si spiega da sola.

Cocaine Blues (Live, 1997)
Come si capisce dal titolo , una canzone blues . Tuuti conosciamo il suono , molto bene . In definitiva un blues sulla cocaina , e come ho detto prima per l’altra canzone blues , anche qui c’è una donna e una pistola.

Ain’t Talkin’ (Alternate version, Modern Times)
Una buona take , sia una che l’altra sarebbero state bene nell’album , adesso le abbiamo tutte e due. Questa ha un buon marchio , e il suono commovente da il senso giusto al testo. Vera magia.

The Girl On The Greenbriar Shore (Live, 1992)
Una bella canzone acustica , col suono cristallino. Un’altra storia , ma cosa sono le canzoni se non storie ? Quello che rende Dylan più di un poeta è che non tutte le canzoni degli altri artisti sono “storie” , questo è un vero regalo di Dylan che sembra avere la spada in mano , come ha dimostrato centinaia di volte . Questa potrebbe facilmente essere una storia per un libro o una poesia diretta.

Lonesome Day Blues (Live, 2002, no location given)

Questo è il Dylan che sentiamo nei concerti attuali. E’ vitale e canta con verve. La band è eccellente e c’è una bella qualità sonora.

Miss The Mississippi (Unreleased, 1992)
Oh , l’armonica…..Questa è realmente una magnifica canzone se vi piace il delicato e struggente suono dell’armonica , che è perfetta per il titolo del pezzo. Una canzone lenta , prima che cominci a cantare del ritorno alla casa sul Mississippi dalla grande città . I testi suonano come una cartolina....” Mi manchi tu ed il Mississippi...” Veramente amabile.

The Lonesome River (with Ralph Stanley)
Country con violino in sottofondo , è divertente e se vi piace il country vi piacerà anche questa. E’ come una canzone da cantare in duetto davanti al fuoco dell’accampamento , e qui Dylan lo fa con Ralph Stanley . Funziona bene e ci sono alcuni eccellenti assoli per ogni strumento.

Cross The Green Mountain (From “Gods and Generals” soundtrack)
Probabilmente la canzone più intense di questo CD in termini di liriche . Bella , tranquilla , melanconica , che si può dire , dolceamaro addio in qualche modo , rassegnazione ed osservazione.


Disc III

Duncan & Brady (Unreleased, 1992)
Publicata in origine da Carl Sandburg nel 1927 col titolo di “Brady” nella sua collezzione di canzoni folk. Questa canzone , dicono le note di copertina , viene dalle “Bromberg Session”, procede come una clip dicono le note , “attiva”.

Cold Irons Bound (Live, Bonnaroo, 2004)
Questa ha un grande potenziale , e Dylan sposa le parole con la musica in perfetta sincronia.

Mississippi (Unreleased, Version No. 3, Time Out Of Mind)
Bella e probabilmente la più bella versione che ho sentito da molto tempo , Più morbida e più ritmata . Un pò più triste delle altre , questo è quello che comunica , una calma bellezza.

Most Of The Time (Alternate Version No. 2, Time Out Of Mind)
Qui mi ripeto : questa è una delle mie canzoni preferite , ed è difficile per me non amare anche le altre versioni , per essere onesta. Questa versione è simile a quella pubblicta e diversa da quella acustica nel precedente disco. E’ difficile stabilire quale sia la migliore perchè sono così diverse. Questa include una meravigliosa linea di basso.

Ring Them Bells (Alternate Version, Oh Mercy)
Il piano eccellente mostra qui quello che era stato tagliato da Bob . Le liriche si alzano in piedi in questa versione e per questa ragione , la chiarezza del piano e la semplicità del suond , devo inserirla fra le mie favorite.

Things Have Changed (Live, June 15, 2000, Portland, OR)
Una vera live version , più lenta , ma questo aggiunge qualcosa di diverso.
Le note di copetina precisano che l’oscar che si vede sull’amplificatore di Bob (che tutti abbiamo visto nelle fotografie) , non è l’originale ma una copia . Conosciamo questa canzone da “Wonder boyd” dove si adatta meravigliosamente al video
Formidabile con Tobey McGuire.
Ci sono volte che è difficoltoso , qualcuno ha detto , riconoscere le canzoni di Dylan perchè per la maggior parte hanno lo stesso suono , io non ho trovato questo problema ( specialmente se ascoltate tanti bootlegs , si prende l’abutudine a questo tipo di mix e le canzoni si riconoscono abbastanza velocemente ) . Comunque questa take è troppo “leggera” , non da inserire fra le preferite.

Red River Shore (Unreleased, Version No. 2, Time Out Of Mind)
Il suono del Sud. Dylan è qui , come nell’altra out-take , e la storia è sempre quella , entrambe le versioni sono buone. Questa è leggermente diversa e suona più “New Orleans” in sottofondo . La prima versione del precedente disco mi piace di più , ma è solo una differenza estetica.

Born In Time (Unreleased, Version No. 2, from Oh Mercy)
Diversa dalla precedente versione , questa è la migliore delle due. La chitarra segue il testo e la voce di Dylan qui è migliore. Le liner notes dicono che tuttavia la miglior versione non è ancora stata realizzata , questo può essere vero , ma questa va nella direzione giusta , se non la finale. Amen.

Tryin’ To Get To Heaven (Live, October 5th, London, England)
Una lentissima versione , con una tranquilla e contemplativa chitarra. Dylan suona più pieno qui , forse per la lentezza del tempo , il testo è chiaro ( il souno di questo boolleg è cristallino per me ). Una grande take , davvero , che io considero uno dei “nuovi” classici.

Marchin’ To The City (Unreleased Version No. 2, Time Out Of Mind)
In contrasto all’altra versione , questa è più gospel-sound , e procede con un Be.Bop gradevole che la rende più scattante. La musica da alla canzone un significato diverso , così sembra , la discussione è aperta.

Can’t Wait (Alternate Take Version No. 2, Time Out Of Mind)
Come dicono le note , “questa canzone va ascoltata alle 3 di notte , lo capisco. L’altra versione è come il sole che nasce. “Maybe for you it’s not that late…” canta Dylan , “But as for me, I don’t know how much longer, I can wait…” . La canzone è lenta e come appesantita , e quando dice “It’s got to end” si capisce chiaramente il perchè di questa aggiunta di peso alla canzone . Il testo si sviluppa in un pesante arrangiamento strumentale , e si adatta come in una perfetta suite.

Mary And The Soldier (Unreleased, World Gone Wrong)
Questo viene dallo studio di registrazione casalingo di Bob Dylan , questa canzone prende lo spunto dalle ballate folk tradizionali ( pensate a “Ballan in D plain” ). Quando ho sentito le prime note ho pensato a Donovan (Donovan!) , perchè lo stile della chitarra suona proprio così , ma quando la canzone continua diventa una Dylan-song , con il dylan-style. Il picking della chitarra è eccellente ( meglio di Donovan ). É un bel modo di chiudere....restiamo ancora in dubbio dopotutto....comunque , se non tutti , molti di noi.

Thanks for reading,

 

Dal cilindro del poeta rock anche inediti sul vecchio West

di Antonio Lodetti

Bob Dylan è il più impenetrabile fra i grandi cantori del nostro tempo ma, come dice il suo manager Jeff Rosen, «è maniacale nel prendere iniziative straordinarie per tutelare la sua immagine che così cresce costantemente di valore». L’ultimo ventennio è stato davvero aureo per Bob; lasciando perdere il premio Pulitzer e tutti gli avvenimenti extramusicali, l’ultimo album Modern Times è volato in vetta alle classifiche e i precedenti, come Time Out Of Mind, hanno riscosso un unanime succeso di critica. Così Mr Dylan - senza rallentare il «tour senza fine» - pubblica in questi giorni Tell Tale Signs. Rare adn Unreleased. 1989 - 2006, doppio cd ricco di rarità e inediti. La settimana prossima uscirà la versione «de luxe», con un terzo cd di cammei, più la versione in quattro lp, visto che Bob sostiene da tempo che «i suoni dei cd cono atroci».
Inediti. Parola magica ma spesso segno di fregatura nel mondo rock. Qui si può andare tranquilli; ce n’è davvero un bel campionario. «Molti di noi hanno paura di morire nel buio e non essere dove gli angeli volano», canta in Red River Shore, storia di cowboy dall’arrangiamento vivace scartata da Time Out of Mind ma definita da Dylan e dai suoi musicisti «una delle canzoni migliori del cd». Misteri del marketing, ora il brano, un traditional, esce inedito in una versione smagliante. Da ragazzo Dylan idolatrava Woody Guthrie ma non dimenticava le radici nere del blues. Qui per la prima volta s’avvicina al «satanico» Robert Johnson rileggendo la sua 32 - 20, che con la sua voce odierna, a metà strada tra il rutto e il ringhio roco, non fa rimpiangere l’asprezza dell’originale. E poi si butta sul pianoforte gospel, da ebreo «che bussa alle porte del Paradiso», per pennellare l’enfatica Marchin’ to the City, gran ballata che si trasformerà nella nota Till I Fell In Love With You. E se non basta c’è il Dylan romantico, tra Hank Williams il walzer e i Platters, che ondeggia tra i ricordi in Can’t Escape For You, composta per un film mai realizzato.
Gran musica; un nuovo piccolo-grande squarcio a rinnovare la leggenda di un personaggio che è aedo rock e cantore bucolico, anticlericale e giullare di Dio, poeta maledetto e del sociale, cronista e visionario. Tutto e il contrario di tutto, spiazzare sempre e comunque ora con parole chiare ora con metafore oscure. Già nei primi anni Sessanta aveva descritto beffardamente le bizzarrie della sua poesia: «Sono un ladro di pensieri/non un sottrattore di anime/ho costruito e ricostruito sopra ciò che è in attesa/una parola una melodia una storia un verso/chiavi nel vento per disserrarmi la mente». Così si spiega il legame con la tradizione; come trasformo un’antica melodia popolare nell’inno Masters Of War ora rilegge Tell ’Ol Bill della Carter Family, propone versioni alternative - e sempre diverse - di pezzi già noti come Can’t Wait, racconta il suo genio e la sua umoralità in brani dal vivo dalle tinte bluegrass come The Lonesome River con Ralph Stanley, o architetta la cavalcata rock Ring Them Bells, tratta da uno special del ’93 per Mtv mai andato in onda.

(fonte : http://www.ilgiornale.it)

 

L'ultimo Dylan, "Tell Tale Signs"

di Marinella Venegoni

Le Bootleg Series sono nate anni fa per togliere pane ai denti dei bootleg, le registrazioni clandestine che in epoca pre-internet molto sottrassero a Bob Dylan e alla sua casa discografica in termini di royalties. Poi, dopo internet, nessuno ci fece più caso:-))).
Il 3 ottobre è uscito il n.8, che ricopre il periodo fra il 1989 e il 2006: quello del Dylan della piena maturità e oltre, dei dischi che appartengono al presente di quest'uomo che per tutta la vita ha tentato di sfuggire al proprio mito. Senza riuscirci.
Il doppio album "Tell Tale Signs" va ascoltato, credo, senza guardare i titoli, le note, senza cogliere le indicazioni degli inediti. E' un flusso travolgente eppure quieto, una magistrale dimostrazione di misura e di abilità; si coglie la fattura squisita della musica e anche il pregio del Dylan interprete,accorato e dedicato, con una passione che sembra più accesa che dal vivo; a volte fa sorridere quando sembra cantare con il naso, dev'essere un suo segno di disagio.
Il Vate di Duluth si avventura pure in pezzi d'epoca non suoi, come la dolcissima "Miss the Mississippi " di Doc Watson, per lui inedita, che raccomando caldamente di ascoltare. Degli ultimi brani che ha scritto, ho riapprezzato "Ain't Talking", il pezzo che chiude "Modern Times", l'ultimo album del 2006 che secondo me è il più bello di questo lungo periodo affrontato nell'album.
In generale, "Tell Tale Signs" raccoglie 27 brani con registrazioni del tutto inedite e versioni "esclusive" di brani contenuti nei dischi degli ultimi due decenni. Ci sono anche performances live, e un libretto con storie e testi di canzoni. C'è pure una versione in vinile, di 4 lp in edizione limitata. Buon Dylan a tutti.

(fonte : lastampa.it)

 

Il tesoro nascosto del profeta rock

di Stefano Mannucci

Non sappiamo ancora come andò davvero quel mattino. Dylan giura che la ruota posteriore della Triumph si era bloccata mentre lui cercava di evitare una macchia d'olio sulla Striebel Road, non lontano dalla sua casa di Woodstock.
E poi non dormiva da tre giorni: tutti volevano un pezzo della sua anima, magari per sbranarla, dopo averlo fischiato per aver rinunciato alla «purezza» da folksinger in nome di un vertiginoso approccio al rock. In poco meno di due anni aveva realizzato tre album "elettrici" ("Bringing it all back home", "Highway 61 revisited", "Blonde on blonde") che qualcuno ha definito «una delle più alte espressioni culturali del Ventesimo secolo».
Insomma, era dannatamente sotto pressione, quel 29 luglio 1966. Di certo, volò sopra il manubrio della sua moto: all'ospedale gli diagnosticarono la frattura delle vertebre del collo. Circolarono voci che lo volevano in punto di morte, tutti i concerti furono annullati e la convalescenza si protrasse, in un alone di mistero, per mesi e poi per anni. Dylan ne approfittò per immergersi nella vita di famiglia, nella quiete bucolica che poi generò il suo controverso ritorno in chiave country, lontano dalla cannibalizzazione dello show business. Più di quarant'anni dopo, nessuno sa se quel ritiro dalle scene fu forzato o volontario. In quei giorni, il "Chicago Tribune" scrisse: "Un tipico gesto del profeta è la sparizione e la ricomparsa, con un nuovo messaggio". Il profeta. Quante volte era già apparso e svanito nel nulla, Dylan? Nel '63 lo avevano visto e ascoltato, a Washington, il pomeriggio glorioso della Marcia, quando Martin Luther King urlò al milione di persone che lo circondavano: "Ho fatto un sogno!". Ed era solo, Bob, in quella notte del '78 quando - sostenne - la sua stanza cominciò a roteare davanti ai suoi occhi, e lui, l'ebreo che aveva nelle vene sangue turco, lituano, russo e americano, lui che non ha mai smesso di cercare la Risposta davanti al Muro del Pianto, intuì che quello era Gesù venuto a offrirgli la Fede.
Il profeta. Agli inizi degli anni Settanta l'ambiguo A.J. Weberman, leader del Fronte di Liberazione Dylan rovistava nella sua immondizia per capire da un dentifricio spremuto o da una zuppa in scatola quanto Bob si fosse «venduto al sistema». E trent'anni dopo, ci sono volute sei o sette maschere d'attore (compresa quella femminile di Cate Blanchett) per raccontarne l'inafferrabilità nel film "Io non sono qui". Lui, intanto, canta da quasi mezzo secolo, e da vent'anni strapazza le sue canzoni nel "tour che non finisce mai". Si mostra, si offre, ma tu capisci che non lo conoscerai mai. È la perfetta incarnazione dell'insondabile mistero dell'America moderna: puoi attraversarla in lungo e in largo, studiarla a fondo nelle sue tradizioni e nelle sue spinte incongrue, ma non la capirai davvero. A Dylan hanno assegnato il Premio Pulitzer alla carriera, e anche quest'anno è in lizza per il Nobel: ma della sua parola c'è ancora sete, così come della sua musica, che attraversa come un bolide luminoso i territori mistici del folk, del blues, del gospel, del rock disincarnato, dove ogni personaggio è uno spettro e un simbolo, ma disegnato con una vividezza tale che potresti quasi toccarlo.
Dai suoi archivi, dallo scavo di una discografia nascosta e apparentemente inaccessibile, continuano a spuntare tesori. Come l'ottavo "volume" della "Bootleg series", un doppio (e triplo in edizione limitata) cofanetto intitolato "Tell tale Signs", ricco di inediti (due su tutti: lo stregato "Red river shore" e le due letture impalpabili e magnetiche di "Mississippi") e di versioni alternative di brani datati fra il 1989 e il 2006. In quel periodo Dylan è stato di nuovo sfiorato dalla morte fisica (nel 1997 gli fu diagnosticata una pericardite) e da una continua rinascita artistica. Così descrive, lui stesso, il rapporto fra i tre dischi (qui ampiamente rappresentati) che rappresentano la sua più recente trilogia di capolavori. «In "Time out of mind" indietreggiavo e combattevo per uscire dall'angolo. Poi, quando incisi "Love and Theft", ero già in salvo. E non mi trovi già più nei solchi di "Modern Times". Sono sceso dal ring, ho lasciato l'edificio». Il profeta condannato a boxare in eterno con l'ispirazione, con la cifra nascosta del messaggio.
Poi lo ascolti cantare - per la prima volta nella sua carriera - uno dei testi sacri del padre fondatore del blues, Robert Johnson, e rabbrividisci: perché "32/20" è la storia di un uomo che chiede alla sua donna dove abbia trascorso la notte. E quando capisci che di lì a un attimo impugnerà la sua Colt per lavare l'affronto, la voce di Dylan ti accompagna sull'orlo dell'inferno. Su Johnson circola la leggenda che avesse venduto l'anima al diavolo in cambio del talento chitarristico: il profeta invece canta con la nonchalance di chi non è mai sceso a patti. Ti dice come stanno le cose: ma pare che ti guardi insolente. E taccia.

(fonte : iltempo.ilsole24ore.com)

 

Ho ascoltato Tell Tale signs

di Mr.Tambourine

Ogni album di Dylan in uscita è sempre un’evento a livello mondiale , questo mi e ci rallegra perchè Bob è sempre il # 1 of all the time. Tell tale signs non fa parte della categoria dei dischi ufficiali , è l’ottavo della serie parallela Bootlegs , e pur essendo un disco ufficiale suona come un vero bootleg. La qualità è scarsa rispetto ai dischi titolati , ma devo dire che spunta dalle tracce una vera spontaneità , la spontaneità delle prove , quando si cerca la soluzione musicale migliore.
Si tratta di scarti di studio , registrazioni grezze , ma ripeto , possiedono una spontaneità incredibile , questo oltre il fatto se le tracce possano piacere o meno. Non tutto il contenuto di questo Tell Tale Signs brilla di luce propria , troppe tracce sono davvero scarse , troppo al di sotto degli standard , eppure il disco prende , forse perchè le registrazioni risalgono al tempo quando la voce di Dylan era ancora estremamente suggestiva , possideva ancora quella magia indefinibile che ti penetra e ti fa vibrare le budella . Sicuramente Tell Tale Signs richiede diversi ascolti per essere apprezzato , al primo ascolto l’ho trovato , escluse alcuni eccezzioni , un disco monotono , ma avanzando nel numero di ascolti l’opinione comincia a cambiare , si comincia ad apprezzare anche quello che al primo ascolto “suona male”. Non si può certo gridare al capolavoro , in fin dei conti è sempre una raccolta di scarti , ma il disco riesce a dimostrare la grandezza di Dylan , la sua versatilità come songwriter e come performer , la sua straordinaria ricchezza di idee , la sua umanità in netto contrasto con l’atteggiamento del Dylan-personaggio che sembra voler evitare ogni tipo di contatto col suo pubblico.
Dunque possiamo dire che Robert Zimmermann continua ad interpretare la parte di Bob Dylan , il personaggio che lui ha creato e si è cucito adosso come una seconda pelle , facendola diventare la pelle principale , la pelle pubblica , nella quale ha imprigionato per l’eternità il povero Zimmermann , colpevole soltanto di aver Inventato Bob Dylan , il classico topolino che mangia l’elefante.
Tell Tale Signs scatena emozioni contrastanti , di piacere e di disappunto , Tell Tale Signs sconcerta ancora una volta l’ascoltatore , ma forse è Dylan che ci sconcerta ancora una volta , e chissà quante cose ci sono ancora nei suoi cassetti per sconcertarci per altri cento anni !
E banale ripetere che Dylan è unico , ma nel panorama artistico degli ultimi 50 anni non riesco a trovare un artista che possa essere paragonato a lui , intendo paragonato nei contenuti , nella potenza del messaggio lanciato e , diciamolo pure , nella bellezza delle sue canzoni che troppa gente afflitta dalla easy-listening mania non conoscono e non apprezzano , diciamo peggio per loro e passiamo oltre. Ho ascoltato e seguito molti artisti , grandi nomi che resteranno nel firmamento della musica , penso ai Beatles con la loro unica ed irraggiungibile popolarità a livello potremmo dire planetario , penso ai Rolling Stones che a 70 anni hanno ancora la forza e la potenza di fare gli stadi da 100.000 persone , fenomeno unico , irripetibile ed irraggiungibile , penso alla bellezza di certi brani dei Beach Boys , penso alla totalita dello spettacolo dei Pink Floyd , ricordo di averli visti allo Stadio delle Alpi a Torino , credevo di andare a vedere un concerto e invece ho visto un film in diretta , incredibile !. Potrei parlare di un centinaio di altri artisti altrettanto validi e creativi , ma nessuno può stare sul gradino dove da anni si trova solo Dylan.

Ho ascoltato tutti i pezzi di Tell Tale Signs nell’anteprima della NPR messa a disposizione su internet : http://www.npr.org/templates/story/story.php?storyId=95047293 , ho registrato i brani e mi sono fatto i due CD , non avrò la confezione ma di quella non me ne importa , di Dylan conta la musica e non le illustrazioni o le confezioni.
Queste sono le mie prime , e sottolineo personali , impresioni ricevute da un ascolto molto superficiale , affidato per il momento solo alle orecchie e non ancora alla mente :

1) Mississippi : Accattivante versione casereccia , gli manca la maestosità della versione dell’album.

2) Most of the time : Grezza e bruttina , proprio uno scarto , idea apprezabile che andava rielaborata.

3) Dignity : questa take merita dal 5 al 6 , non di più , la voce di Dylan 9 , il brano è scarno che più non si poteva ma Dylan lo rialza con le sue doti interpretative.

4) Somebody baby : Simpatica , ci può stare , un Dylan molto rilassante e rilassato , non paragonabile a quella di Modern Times.

5) Red River shore : Buona , specialmente il suono delle chitarre addolcisce e rende convincente la take , il basso è appena abbozzato e non all’altezza del resto, più curato nei particolari musicali sarebbe stato un brano da album.

6) Tell ol’ Bill : Inutile , un vero scarto , la canzone vale ma la take no.

7) Born in time : Bella , mi ricorda un’altra canzone , uno dei pochi Highligth di BS8.

8) Can’t wait : Bel blues ingiustamente scartato da Lanois , mi piacerebbe ascoltare una versione di Clapton.

9) Everything is broken : Costruzione musicale fine anni 50 , forse meglio della versione di Oh Mercy.

10) Dreamin’ of you : Ottimo progetto di canzone , purtroppo questa è solo un primo abbozzo di quello che avrebbe potuto essere un grande pezzo.

11) Huk’s tune : Bella e completa , richiama troppo altre canzoni dylaniane .

12) Marchin’ to the city : Proprio una blues-take da lavorarci sopra ancora tanto, potenzialmente un gran brano ancora allo stato brado.

13) High Water : Versione live , una delle tante , con cose così si può fare un bootleg di ogni concerto.

14) Mississippi #2 : E solo una prova , niente a che vedere con la versione del disco.

15) 32-20 blues : La canzone è di Robert Johnson , sembra di ascoltare una traccia del primo album di Johhny Winter quando Johhny imitava spudoratemente Bob , cover accattivante.

16) Series of dreams : Peccato quelle fastidiose batterie e percussioni , il pezzo ha una sua personalità , direi ottimo pezzo , all’altezza del Dylan inspirato e creativo , con un arrangiamento più appropriato sarebbe stata degna dell'album.

17) God Knows : Torniamo ancora al primo disco di Johhy Winter , senza la fantastica chitarra di Johnny.

18) Can’t escape from you : Potenzialmente una buona canzone , suoni sregolati , una vera take vicina alla realizzazione.

19) Dignity : Versione superflua , non dice proprio niente , take senza personalità.

20) Ring them bells : Brano live , stesso discorso già fatto , solo una discreta testimonianza tratta da un concerto.

21) Cocaine blues : Altro brano live , come sopra.

22) Ain’t talking : Proprio una versione alternativa come dice il titolo della track , con quei fastidiosi bassi pompati come era di moda negli anni 90’.

23) Girl on the greenbriar shore : sembra il primo Dylan delle talking-blues ballads , bella ma fuori tempo.

24) Lonesome days blues : Altro brano dal vivo , niente aggiunge e niente toglie , manca un vero chitarrista di delta-blues per dare al brano una caratteristica personale più evidente.

25) Miss the Mississippi : Il gioiello dell ‘album composto da Doc Watson , potrebbe stare tranquillamente su Love and Theft , ma non era una Dylan's song.

26) Lonesome river : In ogni locale di Nashville si cantano canzonette come queste senza dover scomodare Bob Dylan.

27) Cross the green mountain : La canzone è bella e merita , la take è resa inascoltabile dai soliti bassi fuori luogo , una bella take in tutti i sensi.

Bene , queste sono le mie impressioni dopo il primo ascolto , in seguito molti di questi giudizi probabilmente cambieranno ma al momento "hic est" . In sostanza una compilation di cose già sentite , curata meglio nelle scelte avrebbe potuto anche meritare la sufficenza , in questo modo fa fatica a decollare e convincere.


"Tell Tale signs"

di Michele "Napoleon in rags" Murino

Ottava uscita per "The Bootleg Series", la collana che raccoglie materiale raro o inedito di Bob Dylan inaugurata nel lontano 1991.
Tell Tale Signs, questo il titolo di questa compilation di due CD, presenta essenzialmente inediti e versioni alternative da Oh Mercy, Time Out Of Mind e Modern times, con l'aggiunta di qualche brano live e qualche inutile traccia già pubblicata ufficialmente, e copre dunque un periodo che va dal 1989 al 2006.
Il primo disco si apre con una Mississippi solo voce e chitarre. Versione inferiore rispetto a quella ufficiale di "Love and Theft" che è decisamente più ricca e suggestiva. Per quanto anche questa sia, come è ovvio, estremamente bella, dal momento che ci troviamo comunque di fronte ad uno dei grandi capolavori di Dylan, un brano talmente sublime che sarebbe davvero difficile rendere in maniera meno che eccellente.
L'arrangiamento di "Love and Theft", però, rende maggiormente giustizia al brano con quel senso di ineluttabilità che qui l'andamento più nervoso ed eccessivamente scarno poco valorizza.
Anche la coloritura vocale della versione ufficiale è superiore e la melodia ne risulta più accentuata. Qui, infatti, Dylan tende un po' al "monocorde", un difetto che, a posteriori, dopo aver ascoltato "Love and Theft" e Modern Times, sembra affliggere in generale tutti i brani di Time out of mind (e da imputare anche al sound voluto da Lanois, compatto ed unitario al limite della ripetitività).
Decisamente curiosa la versione velocizzata di Most of the time, caratterizzata da una bella armonica che ricorda il primissimo Dylan.
La versione ufficiale dall'album Oh Mercy resta, è vero, uno dei capolavori assoluti di Dylan ma questa versione alternativa è decisamente (più che) piacevole. Bob fa tutto da solo, chitarra, voce e armonica e conferisce al brano un ritmo incalzante decisamente trascinante grazie anche ad un fraseggio nettamente più accattivante, che "più dylaniano non si può".
Ripetiamo, le due versioni sono molto differenti ma chissà che col tempo questa cavalcata meno d'atmosfera ma più da ballata in stile Blood on the tracks possa risultare preferibile.
Si prosegue con una versione demo di Dignity con Bob Dylan da solo al piano e voce.
La si ascolta e ci si rende conto che, sì, Dylan è davvero il più grande, e di gran lunga.
Un semplice ed essenziale demo eppure da quella voce e quello scarno accompagnamento pianistico viene fuori un quasi gospel da brividi che non avrebbe sfigurato accanto ad una Pressing On nelle scalette "cristiane" con tanto di "regale" coro delle Queens. Una di quelle versioni del tipo "vale da sola il prezzo del disco, etc."
Interessante anche qualche modifica nel testo come il verso "Soul of a nation is under the knife / Death is standing in the doorway of life / In the next room a man is fighting with is wife / Over dignity..."
Someday Baby, qui in una versione alternativa, non si fa invece preferire alla splendida e scatenata take finita su Modern Times. Appare meno trascinante, con uno strano ritmo da marcia che alla lunga ci sembra un po' stucchevole e monotono.
Red River Shore è un inedito da Time out of mind. Non ci sono parole per descrivere la bellezza di questo brano. Sicuramente il migliore delle sessions di Time out of mind. Segno che aveva ragione Dylan a lamentarsi alla serata dei Grammy per l'esclusione di gemme come queste dall'album (in polemica con Lanois e la sua cocciutaggine).
Il testo è di una bellezza struggente. La capacità narrativa di Dylan qui è a livelli Blood on the tracks. Giustamente il musicista Jim Dickinson (qui all'organo) si era lamentato all'uscita dell'album che la migliore canzone era stata lasciata fuori dal disco.
Tell Ol' Bill, qui in una versione alternativa, è sempre bella in qualsiasi incarnazione la si ascolti.
Si prosegue con la versione originale di Born in time esclusa da Oh Mercy (il brano fu rielaborato da Dylan per il successivo Under the red sky). Questo pezzo è così bello che risulterebbe piacevole anche se Dylan lo cantasse a cappella. Molti sostengono che questa versione sia superiore a quella ufficiale. Personalmente la trovo, semplicemente, altrettanto bella.
Invece la canzone successiva, Can't wait, non lascia dubbio alcuno. Come sia saltato in mente a Lanois di preferire la versione di Time out of mind a questa resta per noi un vero e proprio mistero. Personalmente dopo aver ascoltato questa primitiva versione abbiamo completamente dimenticato, o meglio rimosso, il pezzo di Time out of mind, oscurato completamente da questa versione annichilente. Una delle cose migliori di questo Bootleg series vol. 8.
Si prosegue con un'altra versione alternativa. Questa volta tocca ad un brano di Oh Mercy, Everything is broken, che sembra lasciarsi preferire alla versione ufficiale, per un cantato di Dylan più tirato, più veloce e convinto e con alcune invenzioni vocali decisamente accattivanti.
Dreamin' of you, il singolo tratto da questo doppio, è un brano scartato da Time out of mind. Per quanto il fraseggio di Dylan sia estremamente affascinante e molti versi siano stati sfruttati per altre canzoni, il brano nel complesso non convince a pieno e forse in questo caso è stato meglio lasciarlo fuori.
Segue la già nota Huck's tune dalla colonna sonora di Lucky you, su cui naturalmente c'è poco da dire essendo una versione già edita.
Marchin' to the city è un'altra delle gemme inedite di questo disco. Sembra una versione gospel di Pledging my time ed avrebbe conferito a Time out of mind, insieme con Red river shore, un tono decisamente più vario e piacevole. Insomma, alla luce di questo materiale scarato, risulta chiaro che Time out of mind, sarebbe stato un album decisamente migliore se fossero state operate scelte diverse.
Il primo CD si chiude con una bella versione live di High Water (For Charley Patton), molto tirata e convinta, con una prova vocale di Bob davvero entusiasmante e che non può che far rimpiangere quei tempi in cui dal vivo ancora "cantava" (e, cosa da non trascurare, era supportato da musicisti del calibro di Larry Campbell e Freddy Koella che fanno letteralmente scomparire gli attuali "bandmates" di Dylan).
Il secondo CD si apre con una nuova versione alternativa di Mississippi che si fa preferire alla prima ma che è anch'essa lontana dalla bellezza della versione ufficiale di "Love and Theft". Ma, come scrive giustamente Larry "Ratso" Sloman nelle note, si potrebbe ascoltare un intero album di versioni alternative di questo brano senza stancarsi.
Per 32-20 Blues vale il discorso fatto sopra a proposito della versione demo di Dignity (ricordate quella cosa del "vale da sola il prezzo etc."? :o) ). Che meraviglia! Dylan potrebbe cantare altre centinaia di traditional sul tipo di quelli di Good as I been to you e World gone wrong e non venire mai a noia (il brano è appunto uno "scarto" di World gone wrong).
Dopo altre due superbe alternate takes di Series of dreams e God Knows (escluse da Oh Mercy) e sulle quali si è in passato discusso a profusione (soprattutto sulla prima, la cui esclusione fu un delitto pari quasi a quello di Blind Willie McTell da Infidels) arriva un inedito scritto da Dylan per la colonna sonora di un film poi non realizzato, Can't escape from you, piacevole ma non particolarmente memorabile, per quanto Sloman la definisca "una delle più strane ed irresistibili canzoni di Dylan".
Dopo una strana versione rockabilly di Dignity ed una toccante resa live di Ring Them Bells (dal vivo al Supper Club nel '93) arriva un'altra delle gemme assolute di questo ottavo volume, Cocaine Blues dal vivo nel '97, in quel magico periodo in cui la pedal steel di Bucky Baxter colorava i brani di Bob (e senza dimenticare il mai troppo rimpianto Larry Campbell alla chitarra).
Segue una versione che sembra ancora abbozzata del capolavoro (o meglio uno dei capolavori) di Modern Times, Ain't talkin'. Si nota che qualcosa manca per quanto le liriche presentino alcune differenze interessanti, come quando Dylan parla di una "Regina dell'Amore" che si muove sull'erba del mistico giardino.
Seguono due nuove rese live: il traditional dal titolo The girl on the greenbriar shore dallo show del 30 giugno '92 a Dunquerque, Francia (splendida) e Lonesome day blues (1 febbraio 2002, Sunrise, Florida).
Lascia invece l'amaro in bocca la successiva Miss the Mississippi, una delle perle delle cosiddette Bromberg Sessions. Perchè, viene da chiedersi, inserire uno solo di quei brani ormai mitici, visto che un intero album venne registrato in quell'occasione e mai pubblicato? Non sarebbe stato meglio evitare in questo ottavo bootleg materiale già noto, come le canzoni per le soundtrack, a vantaggio di altri brani delle Bromberg Sessions? Autentici capolavori come Polly Vaughn e Catskill Serenade avrebbero reso questa uscita decisamente più appetibile.
Il disco si chiude con due tracce ufficiali, The lonesome river eseguita con Ralph Stanley (e tratta dal disco di quest'ultimo, Clinch Mountain Country) e la celebre 'Cross the green mountain dalla colonna sonora del film Gods and generals.
In definitiva si tratta di una compilation che poteva sicuramente essere curata meglio, con l'esclusione di inutili ripetizioni di materiale già edito e qualche out-take non essenziale a vantaggio di almeno altre tre o quattro tracce davvero "nuove", ma che in fondo vale decisamente l'acquisto.

Michele Murino

La tracks lList :

Disc One

1. Mississippi 6:04 (Unreleased, Time Out of Mind)
2. Most of the Time 3:46 (Alternate version, Oh Mercy)
3. Dignity 2:09 (Piano demo, Oh Mercy)
4. Someday Baby 5:56 (Alternate version, Modern Times)
5. Red River Shore 7:36 (Unreleased, Time Out of Mind)
6. Tell Ol’ Bill 5:31 (Alternate version, North Country soundtrack)
7. Born in Time 4:10 (Unreleased, Oh Mercy)
8. Can’t Wait 5:45 (Alternate version, Time Out of Mind)
9. Everything is Broken 3:27 (Alternate version, Oh Mercy)
10. Dreamin’ of You 6:23 (Unreleased, Time Out Of Mind) — Free download at Bobdylan.com
11. Huck’s Tune 4:09 (From Lucky You soundtrack)
12. Marchin’ to the City 6:36 (Unreleased, Time Out of Mind)
13. High Water (For Charley Patton) 6:40 (Live, August 23, 2003, Niagara Falls, Ontario, Canada)

Disc Two

1. Mississippi 6:24 (Unreleased version #2, Time Out of Mind)
2. 32-20 Blues 4:22 (Unreleased, World Gone Wrong)
3. Series of Dreams 6:27 (Unreleased, Oh Mercy)
4. God Knows 3:12 (Unreleased, Oh Mercy)
5. Can’t Escape from You 5:22 (Unreleased, December 2005)
6. Dignity 5:25 (Unreleased, Oh Mercy)
7. Ring Them Bells 4:59 (Live at The Supper Club, November 17, 1993, New York, NY
8. Cocaine Blues 5:30 (Live, August 24, 1997, Vienna, VA)
9. Ain’t Talkin’ 6:13 (Alternate version, Modern Times)
10. The Girl on the Greenbriar Shore 2:51 (Live, June 30, 1992, Dunkerque, France)
11. Lonesome Day Blues 7:37 (Live, February 1, 2002, Sunrise, FL)
12. Miss the Mississippi 3:20 (Unreleased, 1992)
13. The Lonesome River 3:04 (With Ralph Stanley, from the album Clinch Mountain Country)
14. ‘Cross the Green Mountain 8:15 (From Gods and Generals Soundtrack)
 

 

Bob Dylan: in uscita il nuovo "Tell Tale Signs"

di Paolo Vites

Da anni, quello che è unanimemente considerato il più significativo fra gli autori di musica rock di tutti i tempi, Bob Dylan, ha dato il via a una serie di pubblicazioni che permettono di intrufolarsi nei suoi archivi personali e ascoltare una vasta collezione di brani scartati per vari motivi dai suoi tanti dischi ufficiali.
Si chiama Bootleg Series, facendo riferimento ai tanti dischi pirata (i bootleg, appunto) che negli anni, senza autorizzazione sua o della casa discografica, hanno invaso il mercato dei cultori e dei collezionisti.
Il nuovo episodio (il Volume 8, che uscirà in Italia il 3 ottobre in versione doppio cd e deluxe - tre cd più due libri allegati, al prezzo alquanto esagerato di circa 160 dollari) volge lo sguardo, dopo una lunga serie di episodi dedicati al suo periodo più fecondo e cioè gli anni Sessanta, agli ultimi vent'anni di carriera.
Si tratta di versioni alternative o brani totalmente inediti scartati da dischi come Oh Mercy (1989), Time Out Of Mind (1997, prodotto da Daniel Lanois e vincitore di due premi Grammy), Love And Theft (2001) e il recente Modern Times (2006).
Quello che ne emerge è un ritratto ricco di fascino e di sorprese: alla fine degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta, infatti, Dylan aveva pubblicamente annunciato di non scrivere più canzoni nuove (“Al mondo ce ne sono già abbastanza” aveva dichiarato) limitandosi a produrre due dischi di vecchi traditional folk e blues in solitaria chiave acustica. Era stato uno shock per tutti, fans e colleghi musicisti. In fondo Dylan, come avevano detto i Beatles, era sempre stato quello che “indicava la strada”.
Quello che invece questo Bootleg Series racconta è il drammatico riemergere della sua incomparabile abilità di autore, troppo forte per tenerla celata: ecco capolavori che sembrano uscire da una vecchia raccolta di musica folk degli inizi del secolo come Mississippi (in ben tre versioni diverse; Dylan, ai tempi, l’aveva regalata a Sheryl Crow che ne fece una versione), Red River Shore, una lunga ballata dal delicatissimo sapore tex-mex con tanto di fisarmonica o ancora il blues dolente e maestoso di Marchin’ To The City.
Per arricchire il menu, sono state incluse alcune esibizioni dal vivo degli ultimi anni, che francamente suonano un po’ fuori posto e non sono neanche fra le migliori del nostro, più un paio di brani apparsi su colonne sonore, la bellissima Cross The Green Mountain (dal film Gods And Generals) e Huck’s Tune (da Lucky Town).
Una raccolta, questa, che non è solo per fan, ma diventa essenziale per tutti coloro che hanno amato la grande musica d’autore.

( fonte : ilsussidiario.net )
 


Il segno del tempo

di Renato Tortarolo

UN UOMO con i capelli lunghi, il volto incorniciato dalla barba, stretto in abiti scuri, si aggira sulla scena di battaglia. Osserva i feriti, ascolta i lamenti, sembra impassibile davanti al al macello, in realtà è lo sguardo di chi ha già visto la stessa mattanza e sa che altro dolore scenderà sulle divise e sui cannoni. Il filmato si può vedere su You Tube, il cavaliere solitario e silenzioso è Bob Dylan, l’epopea in bianco e nero è quella della Guerra Civile americana, il set invece è il kolossal tv “Gods and Generals”, concepito nel 2003 per celebrare l’ascesa e la caduta del generale ed eroe confederato Thomas “Stonewall” Jackson.

“Muro di pietra” era il soprannome meritato resistendo il 21 luglio 1861 all’avanzata unionista, nella prima battaglia di Bull Run. L’eroismo fu indiscusso. Altra cosa, invece, la carneficina che si sarebbe ripetuta durante quella guerra fratricida. Dylan, come racconta nelle sue “Chronicles”, ha fatto ricerche minuziose nella New York Public Library per scrivere la colonna sonora del kolossal. Ma c’è il fondato sospetto che quelle lunghe sedute siano state l’ennesimo passo nel grande ventre storico e letterario del Paese, che in altri termini, molto più fisici, il poeta e cantautore ha attraversato per tutta la vita. E non solo per raggiungere un altro posto in cui suonare. Esistono pochi artisti, nel senso più ampio, che abbiano dell’America un senso geografico, inteso come distanze fra gli uomini e da Dio, e allo stesso tempo una conoscenza che va al di là di qualsiasi sondaggio, reportage, inchiesta televisiva o tributo folcloristico.

Mai come in questi giorni di assoluto disorientamento per gli americani, la prospettiva che offre da sempre Bob Dylan nelle sue canzoni e nel suo rock popolare risulta quasi profetica, aggettivo che si ripete per l’intera carriera. A 67 anni, Dylan pubblica oggi il doppio album “Tell Tale Signs” con 27 brani, praticamente tutti inediti anche se si tratta di versioni di motivi già noti. Non tutti, ma in gran parte. C’è infatti nel songbook del poeta americano, già entrato più volte nei rumors per il Nobel, toccato da numerose onorificenze accademiche e premiato quest’anno con il Pulitzer, un senso di immanenza che lo rende straordinariamente attuale.

E ancora più singolare che si tratti di un repertorio che l’assoluta devozione dei suoi ammiratori, una distesa piuttosto ampia di letterati, docenti universitari, colleghi, scienziati, uomini di legge e di scienza, ha ormai pelustrato in ogni latitudine, mentre il web, come nel video su YouTube, copre per le nuove generazioni. Dylan, però, non può limitare la sua voce a una semplice raccolta discografica, anche se nella versione deluxe “Tell tale Signs” conterrà un terzo cd con altri 12 inediti più un libro in edizione rilegata con i progetti grafici dei singoli.

Come si concilia tanta prodigalità con i fulmini e i tempi grami che si sono abbattuti sugli americani in questi ultimi tempi? E perché Dylan ha questa prodigiosa vocazione divinatoria? Su quest’ultima curiosità si può dire facilmente che l’osservazione dei propri simili e un certo grado di conoscenza dello scontro fra bene e male fanno parte della sua cultura: «Molti sostengono che io sappia abbastanza di religione, ma il mio sistema di valori morali si rifà più ai vecchi spiritual che a qualsiasi invettiva contro il diavolo». Sul fatto invece che Dylan avverta il senso del tempo e racconti scenari che poi si avverano, soprattutto sul piano emotivo, è probailmente il mistero più affascinante che lega ormai tre generazioni a questo artista sfuggente, che pure riappare regolarmente in concerti nei posti più disparati del mondo.

Canzoni come “Dignity”, “Most of the Time”, “Born in Time”, “Can’t wait”, o “Series of Dreams”, tutte in versioni che non si conoscevano e che confermano le doti di semplicità musicale unite a una notevole forza visiva, sono soltanto delle tappe, tutte con una loro angolatura stilistica precisa, dal rock al blues al folk meno contaminato, di un viaggio maestoso come solo Herman Melville ha saputo immaginare e non solo per distese sempre più vaste, nel suo caso il mare, ma nel dubbio che accompagna qualsiasi persona di buon senso.

Ci sono due canzoni, sulle quali si potrebbe discutere all’infinito in sede accademica: “Mississippi” e “’Cross the Green Mountain”, scritta per il kolossal sulla Guerra Civile. La prima espone Dylan a quel processo di fuga che è prima di tutto la riaffermazione della libertà individuale, cardine di qualsiasi rapporto sociale, «ad ogni passo tracciamo una linea, i vostri giorni sono segnati e così i miei...». Nella seconda, la pietà per la madre che apprende per lettera la morte del figlio soldato è ombreggiata dal fumo che si alza lontano, dal respiro e dai gesti lenti e ruvidi che si scambiano i combattenti. Tutto è avvolto nella tragedia, ma tutto sembra naturale.

( fonte : ilsecoloxix.ilsole24ore.com )

 

Tell Tale Sign: dacci oggi il nostro bootleg quotidiano
 Di: “Gypsy Flag”
 
 (…) Plenty of places to hide things
 If you want to hide them bad enough.
 (Bob Dylan, Sugar baby)
 
 
 Il bootleg è un oggetto onirico. Una caratteristica dei sogni è quella di aprire dimensioni sconosciute negli spazi quotidiani: stanze mai scoperte nella nostra casa, soffitte misteriose, strade del nostro quartiere che svelano vicoli mai visti, nuovi elementi in una serie di oggetti che si pensava completa, esaurita.
 Nella serie delle opere di Dylan, nell’arco ormai di mezzo secolo, il bootleg è una continua fonte di meraviglie. A partire da quella prima, mitica, Grande Meraviglia Bianca che si presentò, nell’estate del 1969, come un doppio disco artigianale, dalla copertina tutta bianca, siglata G.W.W. (Great White Wonder). In assoluto fu questo il primo bootleg, il primo disco pirata della storia. Conteneva preziosi inediti del Dylan dei primissimi anni sessanta, assieme ad alcuni brani degli allora sconosciuti Basement Tapes, i “nastri della cantina” registrati da Dylan con la Band nella sua casa di Woodstock, durante il ritiro dalle scene nel 1967. Da questa prima meraviglia, oggi quotata a cifre vertiginose nel mercato dei collezionisti, ne seguirono diverse versioni successive e poi, via via, lungo i decenni settanta e ottanta, si moltiplicarono decine e decine di altri bootlegs: registrazioni abusive di concerti dal vivo, nastri rubati dagli studi di registrazione. Divennero centinaia con l’avvento del digitale e migliaia nell’era di internet. Difficile fare una stima: il materiale “non ufficiale” di Dylan prodotto illegalmente fino a oggi potrebbe superare i tremila titoli.
 La quantità di roba che circola oggi su internet è sbalorditiva. Se fino agli anni novanta l’oggetto bootleg era appannaggio di negozietti di dischi alternativi e di fiere dell’usato - e veniva pagato a prezzi anche molto alti - oggi il contenuto di queste produzioni si trova completamente disponibile in rete. Dal 2000 hanno cominciato a proliferare siti che mettono a disposizione downloads gratuiti di bootlegs e poi, negli ultimi anni, attraverso il peer-to-peer, una mole impressionante di concerti dal vivo di Dylan sono messi in condivisione, seguendo passo passo le esibizioni del cosiddetto Never Ending Tour. Dall’esecuzione di un concerto in qualche remota località americana europea o asiatica, alla produzione di un “bootleg” – con proprio titolo e copertina - e alla sua diffusione in rete possono passare pochi giorni, se non poche ore. Vi sono siti di peer-to-peer che avvisano via e-mail delle novità messe a disposizione … si rischia letteralmente di avere la vita invasa da bootlegs di Bob Dylan!
 A tutto questo vanno ad aggiungersi i bootlegs “ufficiali”: gli “zingari in condominio” come un mio amico ed estimatore di Dylan li ha efficacemente definiti. Con Tell Tale Sign la serie degli “zingari” sedentarizzati dalla Columbia ha raggiunto l’ottavo numero, a circa quindici anni dall’ inizio della produzione.
 Il discorso sui bootlegs ufficiali parte però da molto più lontano. A pochi mesi dall’uscita di Great White Wonder, Dylan se ne uscì con quello che fu definito “il suo bootleg personale”, il disco doppio intitolato “Self Portrait”. Come bootleg fu un bidone (come peraltro tanti bootlegs “veri”), perché la gran parte dei pezzi erano cover, eseguite in modo molto discutibile e anche male incise. Si salvano pochissimi brani, assieme ad alcune inedite registrazioni “live” dal concerto all’isola di Wight.
 Molto si è scritto sulle brutture di Self Portrait, forse poco si è riflettuto sulla scelta del titolo “autoritratto”, che apparve beffarda. La copertina rinforza il concetto, mostrando un autentico (e apprezzabile) autoritratto dipinto da Dylan. L’aspetto che semplicemente vorrei sottolineare è che spesso per gli artisti figurativi l’autoritratto è vissuto come qualcosa di beffardo: rappresentando una visione tormentata e insostenibile di se stessi, sofferta e piena di spigoli.
 A complicare la questione “autoritratto”, la deliberata volontà di Dylan di distruggere quella sua stessa icona mediatica che lo stava soffocando. Per questo, come racconta in Chronicles, gettò i brani di Self Portrait sul muro, per vedere “quali vi restavano apiccicati”… per poi raccogliere però anche quelli “caduti”, e sbatterli tutti dentro al famigerato doppio album.
 Altro bootleg “ufficiale” fu sicuramente “Dylan” l’album “omonimo” uscito tre anni dopo il criticato “autoritratto” e sempre in epoca di ritiro dalle scene. Questo disco rappresentò, come è noto, un vero e proprio ricatto discografico della Columbia, che dimostrava di poter disporre come voleva dei brani di Dylan, e pubblicò scarti di registrazione proprio da Self Portrait. Ironia della sorte, alcuni brani di questi scarti sembrano funzionare meglio di molti di quelli ammessi nel precedente doppio…
 Un’aria da bootleg ha anche il grande Planet Waves, registrato alla fine del ’73 e pubblicato all’inizio dell’anno successivo per l’etichetta indipendente Asylum. Il titolo originale per quest’album doveva essere Ceremonies of the Horseman, utilizzando un verso da Love Minus Zero, secondo un espediente poi migliaia di volte usato dai bootleggers.
 Nel 1975 l’uscita del doppio The Basement Tapes segna la definitiva (e opportuna) ufficializzazione di parte del materiale inedito del ’67, che continuava a uscire clandestinamente.
 Una riflessione a parte va fatta per New Morning, l’album del 1970 che segnava la “rinascita” di Dylan dopo il pasticciaccio di Self Portrait. Paolo Vites, nel libro Bob Dylan 1962-2002: quarant’anni di canzoni (Ed. Riuniti, 2003) ne fa oggetto di aspra critica, definendolo “ancora più irritante” di Self Portrait, in continuità con quest’ultimo e parimenti malriuscito. Non mi ritrovo in queste critiche - ho sempre ascoltato New Morning con piacere e, per inciso, ho notato che risulta gradito anche ai bambini – ma è ovviamente un’opinione personale. Proviamo però a immaginare New Morning come un bootleg … immaginiamo che le sue canzoni fossero rimaste nel cassetto, per poi essere rinvenute a posteriori, come tante altre volte è successo, e rese pubbliche da un’etichetta pirata, magari con un titolo più accattivante. Forse qualcuno avrebbe gridato al miracolo! Al rinvenimento del più grande tesoro nascosto. La meraviglia di scoprire che Dylan aveva tenuto celate – in canzoni come Went to See the Gipsy, Time Passes Slowly, Sign on the Window, The Man in Me, Father of Night – le chiavi interpretative della sua personalità umana e artistica… Sono sicuro che New Morning avrebbe ricevuto, come bootleg, un successo esorbitante. Quelle canzoni, singolarmente, continuerebbero a pulsare e vivere di luce propria, come è accaduto per Blind Willie McTell, e per i capolavori omessi da Oh Mercy e Time Out of Mind, che trovano oggi asilo in questa nuova imminente raccolta.
 Nell’attesa di Tell Tale Sign - “Segni rivelatori” traduce brillantemente Alessandro Carrera - possiamo osservare la bolla dell’aspettativa commerciale che si gonfia fino a lacerarsi e a lasciar uscire anticipazioni, “rivelazioni” (una specie di corto circuito). Già dall’inizio dell’estate abbiamo potuto ascoltare la bella e sorprendente Dreaming of You. Ora sta circolando questa versione blues, strascicata e allucinata, di Mississippi, nella quale Dylan sembra completamente immedesimato nell’autenticità umana e artistica dei bluesmen del passato...
 Dreaming of You scorre tra le immagini suggestive di un videoclip con protagonista Harry Dean Stanton. Il quale, nei panni di un curioso bootlegger, vagabonda per le strade secondarie d’America, segna sul calendario tutte le esibizioni live di Dylan, per poi rinchiudersi nel garage di una scalcinata pompa di benzina. In questo laboratorio si mette ad assemblare, ritagliare, incollare, e produrre piccole meraviglie clandestine… “pretty good stuff”. Poi strimpella una chitarra, si ferma a fissare la foto di una donna, esce dalla porta e riprende il cammino… Si ha l’impressione di vedere un cortometraggio perduto di “Paris, Texas”, di scoprire altri vagabondaggi segreti del protagonista. Il volto inconfondibile di Harry Dean Stanton rimarrà credo per sempre legato al personaggio Travis e alle vicende del film prodotto da Wenders nel 1984, da un soggetto di Sam Shepard. “Paris, Texas”, nelle sue scene cruciali, mi è sempre sembrata la trasposizione cinematografica di Tangled Up in Blue. Un riferimento non esplicitato, obliquo, che forse ritorna oggi, misteriosamente, nel video di questa Dreaming of You. “The silent sun has got me on the run/ Burning a hole in my brain” sono versi che potrebbero benissimo risuonare dentro Tangled Up in Blue…
 Perdonatemi questa bastarda “recensione” dei segni rivelatori di un bootleg che ancora deve arrivare…
 28 settembre 2008

 

Bob Dylan : "Tell Tale Signs"

di John Mulvey

Tempo fa , quando è uscito il suo album “Eureka” , ho intervistato Jim O’Rourke. L’album era molto convenzionale , canzoni adatte all’album , ma a guardarlo aveva l’aspetto di un musicista che improvvisa. Non voleva portare l’album in tour , mi ha detto , perchè non voleva suonare le sue cose più di una volta. Persino un radicale riarrangiamento di una canzone potrebbe essere in qualche modo una cosa disonesta , così la pensa lui.
Il miglior modo per una creatività insaziabile come quella di O’Rourke nello scrivere musica , è evidente , è quello di partire con un foglio completamente bianco ogni volta che suona uno strumento.

Ho ricordato questo l’altro giorno , mentre ascoltavo “Tell tale signs” , ripensando alla incomparabile intransigenza di Bob Dylan. O’Rourke e Dylan sono una coppia perfetta per misurarsi uno con l’altro , per molte ragioni.
Ma , per cominciare , penso che O’Rourke viene da un background di avant-garde dove le performances sono totalmente libere dall’idea della canzone , mentre l’approccio di Dylan privilegia la canzone come un documento sacro che può essere girato in nuove forme , ma mantiene sempre la propria integrità.
Questa è , ovviamente la sostanza di “Tell tale signs”. Nei tre CD ( e sono spaventato al pensiero che probabilmente avrete il desiderio di comperare e sborsare l’esorbitante prezzo per il cofanetto a tre Cd ) ci sono due tracce di “Most of the time”, “Dignity”, “Red river shore”, “Born in time”, “Can’t wait” e “Marchin’ to the city” , e ben tre di “Mississippi”. Quello che emerge è l’impressione che Dylan , più che mai , sia uno che considere gli album come delle foto istantanee che fissano dei momenti. Le versioni delle canzoni dicono “ Oh Misericordia , non siamo necessariamente le migliori , siamo solo qualcosa che ha dato un senso a quei momenti del giorno”.

“Tell tale signs” , alloro , è il documento di canzoni in flusso costante , uno sguardo al modo ossessivo di Dylan di guardare il suo lavoro e al modo di migliorarlo per i suoi live show.
Le canzoni “dal vivo” , come succede , sono qulcosa che raggiungono il minimo dal punto di vista dell’interesse in questa collezzione , con l’eccezzione di “High water” , una delle mie canzoni favorite dell’ultimo periodo di Dylan , completamente rivoltata in full-rock.

“Love and theft” e , il per me sopravvalutato “Modern times”, non offrono molto da ascoltare , a parte quella “High water” e una versione alternativa di “Ain’t talkin’” e una superba elegiaca versione di “Somebody Baby”, dove la familiare allegria è sostituita da momenti di riflessione. L’ultimo colpo di una sequenza fantastica di tutto il disco uno.
Si prosegue con “Red river shore” ( il grande unrealeased di tutto il set ) , benchè sia diviso tra questa versione e quella del disco tre come mia preferita. Dal mondo di Dylan , pensateci , non dovremmo avere qualcosa di così riduttivo come versione favorita, “Tell ol’ Bill”, una incantevole versione di “Born in time” e “Can’t wait”,

Può essere che Dylan veda le sue canzoni sempre in lotta con le canzoni dell’antologia di Harry Smith “ Anthology of american folk music “ – e forse viene da questa la sua brillantezza come cantante folk - , antologia vecchia ma sempre viva che non dovrebbe essere conservata sotto sale , ma costantemente rimescolate , ripetutamente adattate , fosse solo per dimostrare che la innata qualità delle canzoni può sostenere ogni tipo di confronto con i capricci e le mode del momento.
Dylan potrebbe cambiare il modo in cui le canzoni funzionano , sicuramente, ma lui lavori all’interno di parametri ancora abbastanza rigorosi: soltanto il ritmo raggae di “Mississippi” nel disco 3 si allontana molto dalla venerabile tradizione americana.
Non è che vogliamo un Dylan ridotto ad un animale domestico , ovviamente , ma un remix di Mark Ronson nel suo catalogo è abbastanza. Comunque , il disco 2 è la parte più debole del pacchetto , non privo di alcune gemme come “Mississippi”, una versione disinvolta di “Dignity e un risonante duetto con Ralph Stanley in “Lonesome River”.
Questo è il tutto per chiunque abbia un interesse per Dylan , come vi sareste aspettati. Ma c’è inoltre la frustrante implicazione che noi non vedremo mai l’intera pellicola. Se gli 2Archivi” di Neil young verranno eventualmente resi noti , come promesso, documenteranno meticolosamente il lavoro di Young negli ultimi 40 anni. “Tell tall signes” ci ricorda che Dylan ha un approccio più capriccioso ai suoi lavori. Come in “Chronicles” , l’immagine che ne esce è spesso frammentaria ed enigmatica , fornendo solo qualche momento di chiarezza sulle cose di Dylan.
Le canzoni saltano indietro nel tempo , cambiano radicalmente , ma spesso vivono di passaggi occasionali anzichè di un progetto razionale. Niente è determinato , risolto , rifinito a distanza.
Inizialmente sembra dare una risposta sul modo di Dylan di lavorare , ma poi ci si accorge che si è solo aggiunto un pezzo al gigantesco puzzle dylaniano, di essere finiti nel vicolo cieco del mito.
E naturalmente , aggiunge un altro gruppo di grandi registrazioni al mazzo , ed anche al prezzo.

 

Pop review: Bob Dylan, Tell Tale Signs: the Bootleg Series Vol 8(Sony BMG)

Caspar Llewellyn Smith - The Observer -  Sunday September 14 2008 scrive un articolo nel quale si chiede :

Bob Dylan è quello che andrà oltre il suo tempo? L’anno scorso , il film di Todd Haynes “I’m not there”, presentava sette interpretazioni del cantante – il giovane Dylan che voleva essere Guthrie ( interpretato da un ragazzino di colore ) , il Dylan rinato , il Dylan che suonava quel thin-wild-mercury sound ( interpretato da Cate Blanchette ), e via così, ma nel corso dei passati cinque anni , si è rivelato a noi sotto molte altre spoglie. Il Dylan star della TV , il Dylan del programma radio , il Dylan pittore, il Dylan autore , e naturalmente il Dylan cantante-artista del “neverendingtour”.Possono tutti questi personaggi assieme riconciliare Dylan al Dylan sul palco? Perchè il potenziale commerciale del 67enne Bob è più alto ora di quanto non lo sia mai stato negli ultimi 30 anni.

E’ una cosa che comprende anche i rumorosi e numerosi reclami riportati su diversi websites concernenti questa ultima rata della serie Bootleg : due dischi a prezzo normale , ma c’è anche una edizione in cofanetto con un terzo CD in aggiunta venduto al prezzo di 101 sterline. Assurdo Bob.

Per contro viene da chiedersi , è questo il Bob Dylan che tutti conosciamo attraverso le sue canzoni rappresentato da questa ultima realizzazione? “Tell tale signs” mette insieme materiale mai pubblicato dalla metà del 1989 al 2006. Questo periodo deve comprendere materiale scartato da sette album, Oh Mercy 1989,Under the red sky 1990 , i due di covers e di vecchie canzoni folk , Good as i been to you 1992 e Wolrd gone wrong 1993 , Time out of mind 1997, Love and Theft 2001 e Modern times 2006. Ma Under the red sky e Love and Theft rappresentavano la sua immagine , ma perchè vi chiederete , mischiarla ora con i ritagli e gli avanzi di altri tre album ? Considerato come trilogia , queste registrazioni danno una singolare visione dell’artista : qui c’è The man in the long black cloak ( pretesto) che mormora che non è ancora scuro ( not dark yet) ma che sta arrivando , sempre ai limiti periferici della vostra visione.

Come può questo tesoro ritrovato riconciliarci con Dylan? Fra le 27 tracce ci sono due versioni di “Mississippi” dalle sessions di Time out of mind con la produzione di Daniel Lanois , la prima in particolare è meravigliosa , suonata in acustico , vede Dylan cantare magnificamente , che trova la chiave dei sentimenti: “Ma il mio cuore non è stanco , è rilucente e libero!”. E capite che non è stato tagliato dall’album ( ma riemerge rigenerato in Love and Theft ). C’è inoltre “Red river shore”, la canzone più  attesa da tutti i Dylanogisti fra quelle di Tell tale signs. La narrazione dura più di sette minuti e copisce deliziosamente , misteriosamente , su argomenti teologici ( Ho sentito di un ragazzo vissuto molto tempo fa , se qualcuno moriva attorno a lui , lui sapeva come ridargli la vita ) e alla fine , Dylan , grande narratore di storie , trova una nota di ottimismo: qualche volta penso che in realtà nessuno l’abbia mai veduto , tranne la ragazza del fiume rosso.

Ma che vuol dire ?  Non tutto è quello che sembra , con Dylan stesso che vuole essere un’altro poeta : “Io sono un’altro”. Ma al di là di quello che potrebbe essere, rimane intoccabile come scrittore di canzoni e qualche volta come interprete. Non tutto è perfetto nel nuovo BS8, gli ultimi cinque pezzi specialmente, scelta non particolarmente ispirata. Ma sicuramente potreste lasciarci l’anima in queste registrazioni.

 

Dreamin' of you

L’8° volume della Bob Dylan’s Bootleg Series uscirà in ottobre , comprenderà le outtakes del suo lavoro col produttore Daniel Lanois come novità. Intitolato “Tell Tale signs” , una delle canzoni , “Dreamin’ of you” , è stata realizzata come singolo. Dopo averla sentita qualche minuto , sono pronto a scrivere la mia analisi.
“Dreamin’ of you” è una outtake dell’album del 1997 “Time out of mind”. Ancorata ad un blues-riff , la canzone ricalca tanto le profonde liriche di “Time”. Tuttavia , si capisce subito perchè non ha avuto il tocco finale. C'è un distintivo alt.rock vibrato che la separa musicalmente dalle altre canzoni dell’album , che hanno una profonda svolta nel blues . In aggiunta , il suo contenuto lirico è largamente ripetuto nelle altre canzoni . Ma per quanto sia dispari sentire cantare Dylan con un background di alt.rock ( ascoltate il fraseggio del piano ) , la canzone è di “routine” e la voce di Dylan è , come sempre , bella ed espressiva.
In conclusione : Ai fans non accaniti di Dylan non interesserà più di tanto una cosa così , non è un’aggiunta essenziale al loro “catalogo”, ma tutti quelli che hanno un interesse molto più che passeggero del lavoro di Dylan , saranno invogliati ad ascoltarla. Per fare il download del pezzo , semplicemente si va su bobdylan.com – vedrete immediatamente dove cliccare. Per quanto mi riguarda , penso sia abbastanza buona e aspetto di sentire tutto l’album in Ottobre , sono sicuro che sarà grande .

http://ominick.livejournal.com/21283.html

Dylan, canzone dell’amore perduto

di Roberto Brunelli

Il desiderio è un blues che non muore mai. Ti dà la caccia, anche quando gli anni ti scavano sulla faccia rughe profonde come la terra. «Forse c’eri, forse no, forse hai toccato qualcuno e ti sei bruciata»: parole e musica di Bob Dylan. Una canzone struggente, ombrosa, strana, dimenticata, lasciata in fondo a un cassetto. Registrata nel ‘97 per le sessions di Time out of mind, ma tenuta fuori - per qualche motivo misterioso - dalla «tracklist» finale di quel disco: Dreamin’ of you oggi riemerge d’improvviso imponendosi come una delle ballate d’amore più struggenti che il vecchio cantore abbia mai scritto.

Non un grammo di quel lirico cinismo cui Dylan ci ha abituato nei decenni, appena un soffio di quel wild, thin mercury sound (il «sottile selvaggio suono di mercurio») di quando Bobby stava in cima all’onda più alta della tempesta perfetta degli anni sessanta. Forse una confessione, fin troppo limpida per poter essere accettata dallo stesso Dylan: Dreamin’ of you fa parte di una manciata di inediti raccolti in un triplo cofanetto che uscirà il 6 ottobre nelle «Bootleg series», che raccolgono oramai da un bel po’ di anni le rarità, le chicche, le stranezze e gli inediti di quattro decenni di opera dylaniana. Tell Tale Signs: rare and unrealeased 1989 - 2006 comprende versioni finora sconosciute, alternative, demotape oppure pezzi registrati dal vivo pescati dal mare magnum degli anni che vanno dalla «rinascita» creativa di Oh Mercy (1989) all’ultimo Modern Times (2006). Ci sono cose che ai tanti dylaniati suonano come promesse di delizie proibite: versioni sconosciute di Born in Time e di Ring Them Bells, vari pezzi live (tra questi Cold Irons Bound e Cocaine Blues), gemme come lo standard Mary and the soldier, e una versione finora ignota di Ain’t talking, considerato la «Divina commedia» dell’ultimo Dylan. Tra gli inediti veri e propri, Duncan & Brady, 32-20 Blues, God knows, Miss the Mississippi, Red River Shore.

Ma la sorpresa nelle sorprese è, appunto, Dreamin’ of You: un dolente eppur accattivante viaggio nel desiderio di un uomo alle prese col buio, narrazione (forse) di un amore perduto, racconto musicalmente contagioso e maliosamente obliquo che può oggi legittimamente entrare nell’empireo dylaniano. Probabilmente sarebbe stato un successo, se il vecchio Bob non avesse fatto uno di quegli strani scherzi - musicali, esistenziali, concettuali, finanche spirituali - con cui ha disseminato la sua vita. Non a caso, la canzone è stata scelta per rappresentare l’intero cofanetto, ed è disponibile (ma pochi sembrano esserse accorti) in download sul sito www.bobdylan.com, mentre il testo sta già circolando sulle dozzine di siti dedicati al «menestrello di Duluth» sparsi su tutto il globo terracqueo. La canzone impazza nei blog, e non sono pochi quelli che si chiedono - stupefatti - come mai sia stata esclusa, undici anni fa, da un album considerato tra i migliori di sempre. Il fatto è che quella degli inediti di Dylan è una storia nella storia: i precedenti di pezzi esclusi dalla discografia ufficiale sono spesso clamorosi. Sempre oscuri i motivi, e quasi sempre sorprendenti gli esiti. Il caso più straordinario è quello di Blind Willie McTell: registrata per l’album Infidels, del 1983, non vide la luce fino al primo cofanetto delle «Bootleg series», edito nel 1991. La canzone, però, circolava da anni in copie pirata, e col tempo ha assunto un’aura mitica al pari di un classico come Masters of War e Tangled up in blue. A Series of dreams è capitato lo stesso destino. Un pezzo portentoso, che fu escluso da Oh Mercy, proprio come Dignity, oggi probabilmente più noto di altri pezzi di quell’album, che pure fu considerato il grande «comeback» alla fine di un decennio considerato il più debole della lunga carriera di Bob.

L’altro totem è quello, oramai leggendario, dei Basement Tapes: immaginatevi Dylan, nel ‘67, appena uscito da un incidente di motocicletta («mi salvò la vita», come ebbe a dichiarare anni dopo), che si chiude in una cantina a Woodstock insieme ai vecchi amici della Band a tirar fuori dal cilindro pezzi che parevano uscire direttamente dalle viscere della tradizione americana. Ebbene, l’album circolò per anni illegalmente, per esser finalmente messo sul mercato, con grande successo, nel 1975. È invece di pochi giorni fa la notizia di 23 poesie inedite scritte per il fotografo Barry Feinstein: il quale, lo racconta lui medesimo, nei primi anni sessanta aveva fatto un lavoro «sul lato oscuro del glamour» (Hollywood e affini), chiedendo a Bob di scrivere delle liriche in tema. Il manoscritto è ricomparso d’incanto, pochi mesi fa, nelle cantine dello stesso Feinstein. Nemmeno Dylan, dicono le cronache, si ricordava di averle scritte, quelle poesie.

Indecifrabile Bob. Chissà perché, nel ‘97, decise di lasciar fuori Dreamin’ of you: forse perché il posto della ruvida canzone d’amore era già presa da Love Sick, o forse perché alcuni passaggi sembrano usciti da Standing in the doorway... «Spirali di pulviscolo dorato, qui e là, in una fiammata, come raggi di luci in una stella», cantava ieri/oggi mister tamburino. Dylan, si sa, è uno scrigno di misteri. Ma basta saperlo: la chiave per aprire quello scrigno è - ed è sempre stato - il desiderio.
 

fonte : http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=78369

 

 

Paolo Vites

Tratto da gamblin-ramblin

Stamattina mi sento come se Natale fosse arrivato in una calda afosa giornata di fine luglio. Cioè, devo ancora aspettare fino al 7 di ottobre quando finalmente sarà disponbile Tell Tale Signs, il volume 8 della Bootleg Series. Su bobdylan.com tutte le informazioni del caso. Direi che è una manna, data un po’ un’occhiata alla track list qua sotto. Ben due versioni della incisione originale di Mississippi, quelle effettuate ai tempi di Time Out Of Mind, tanto per dirne una.

A questo link un video di una strepitosa versione di Ring Them Bells, live a New York, Supper Club, 1993, brano che appare anche nel cd:
http://www.usatoday.com/life/music/news/2008-07-28-dylan-telltale-signs_N.htm?csp=34

A questo altro link si può scaricare Dreamin’ of You, disponibile anche da bobdylan.com. Cavolo, dopo il disastro degli ultimi anni, avevo dimenticato quanto Bob Dylan fosse uno dei più grandi vocalist di tutti i tempi…
http://www.sendspace.com/file/ocp9n5

( fonte :
http://gamblin--ramblin.blogspot.com/
)

 

Shooting Star

“Mississippi Bootleg Stories”


Dreamin’ of you – Considerazioni (non) sarcastiche sul Dylan dell’ultimo ventennio
(…E a cavallo fra due millenni)

È un Dylan brillante e “competitivo” quello di Dreamin’of you. Dinamico, anche se c’è da chiedersi come sarebbe stato il brano se la batteria fosse rimasta “alta” come sull’attacco, dando quasi quell’idea trip-hop o cmq di musica contemporanea, ed è cmq il Dylan più contemporaneo di sempre quello che stiamo ascoltando. Con una bella performance vocale e un mood che sembra affine a quello di Series of dreams e Things have changed, e più in generale alle sonorità di Oh Mercy. Certo una simile perla non avrebbe sfigurato su Time out of mind; che a mio avviso resta un grande capolavoro, ma che magari con l’innesto di quest’inedito e della prima stesura di Mississippi (molti dicono che la versione scartata sia superiore a quella di Love and theft). Andiamo ai fatti, l’Artista che abbiamo di fronte, non è più quello degli anni sessanta e settanta, ma nemmeno il prolifico autore degli anni 80, bistrattati certo, ma capaci di regalare grandi perle e lavori assolutamente al di sopra della media del decennio. Il tanto vituperato Empire Burlesque, oggi resiste al tempo molto più di tutta quella musica che imperversava nelle radio, sui giradischi e nelle tv dell’Epoca. Per non parlare di alcuni dischi d’alta classe come Infidels, Oh Mercy, Shot of love, e il progetto Travelin’ Wilburys. Senza dimenticare brani sparsi qua e là che hanno molteplici qualità ed atipiche atmosfere sonore, cito i masterpiece “Brownsville Girl” “Foot of pride” “Blind Willie Mc Tell” “Someone’s got a hold my heart” e la mai troppo celebrata, (a mio avviso) “Series of dreams”.

Tornando a Dreamin’ of you, è un brano immediato e di sicura presa, ma conserva delle qualità di grande fascino, una certa inquietudine, un lato oscuro della forza che gia pervadeva tutto il disco, e che forse in qualche modo si era attenuato in Love and Theft e che invece appare sfocato in Modern Times; disco che però viaggiava sulle ali di una strepitosa interpretazione vocale e sapeva proporsi con vigore come un classico contemporaneo, grazie alle eteree esecuzioni di Nettie Moore, Ain’t talkin’ e Working man blues #2

Insomma questo Tell Tale Signs - Bootleg Series VIII, (1989-2006) (a cavallo fra due millenni, mica male, eh!) si poteva anche intitolare “Mississippi Bootleg Stories” a mio avviso; parte con qualche polemica di troppo, ma anche con delle certezze. Finalmente tutti potremo ascoltare Mississippi nella sua versione originale, ci potremo rituffare nelle atmosfere d’amore e guerra di ‘Cross the green mountain e dei disillusi biscazzieri di Huck’s Tune, contestualizzandole in una cornice finalmente dylaniana. Gia pronti a leccarci i baffi per le versioni alternative di Most of the time, Dignity e Ain’ t Talkin’, e per le esecuzioni live di Trying to get to heaven, High water, Ring them bells e Things have changed!

Insomma dopo quell’inutile cofanetto antologico, Dylan 07, che non aveva nulla di dylaniano e che quasi sminuiva una carriera (non si può mettere sul banco a mò di Macelleria i grandi classici privandoli di un contesto adeguato, è un po’ come allestire una mostra di Francis Bacon, in un piccolo e polveroso oratorio di provincia…)
Abbiamo adesso tra le mani qualcosa di ghiotto, e stavolta non mi va di polemizzare troppo con le scelte di un’etichetta che, appare chiaro, non ha criterio e forse conosce troppo poco i gusti e gli appetiti del Cliente, che è un acquirente esigente, sì, ma anche provvisto di un gran cuore che non merita queste inutili sfuriate!

Nell’attesa del nuovo disco, (davvero nuovo, intendo) del secondo capitolo di Chronicles, e di un insperato seguito a quello che solo io, Michele Murino e Davide Imbrogno consideriamo un grande film: Masked and Anonymous, proveremo ad amare e a conoscere meglio questo Bootleg series VIII, che poi sintetizzato contiene session inedite di Oh Mercy, World gone wrong e Time out of mind e Modern times, arricchito con qualche live, che magari si poteva anche scegliere con maggior criterio.
Certo a bene vedere, dispiace che né Love and theft né Modern times hanno rilasciato brani inediti, almeno così in apparenza, la mia è una semplice illazione. Anche se la cosa più sconvolgente, al negativo, stavolta è che non abbiamo la possibilità di ascoltare il Lost album del 92, quello delle famose session con David Bromberg, o meglio ascolteremo soltanto due dei quindici brani; (Miss the Mississippi e Duncan And Brady)

 

Mr.Tambourine

“Deamin' of you” è una outtake dell’album “Time out of mind” , una delle sessioni prodotte da Daniel Lanois nei tardi anni 90’ . Ho ascoltato diverse volte questo pezzo diverse volte per farmene un’idea più dettagliata , ho letto e riletto il testo e ho avuto l’impressione che questa canzone sia  , in qualche modo , una compilation di idee che eventualmente avrebbero potuto diventare delle buone canzoni  , ma queste idee ,  mischiate assieme in una canzone creano qualcosa di indefinito , che funziona solo a tratti , qualcosa ancora da rifinire , insomma , la classica take , una delle tante , sulla quale lavorare , limare , cambiare , migliorare , tagliare , modificare per ottenere la cosa giusta . Non tutte le canzoni nascono perfette alla prima take , ci sono quelle che hanno bisogno di essere registrate , riascoltate , rielaborate diverse volte per ottenere un risultato soddisfacente . Dylan stesso sembra essere un partecipante quasi estraneo a questa outtake , Dylan sembra essere esageratamente sdolcinato , questo non toglie che la outtake , anche se suona falsa e melensa , liricamente dia già un buon risultato , abbastanza profondo . Ma il suond sembra quello di una cover band senza tante idee , con l’organo fuori posto , la chitarra che si annoda su se stessa con lo stesso riff , stuccoso e noioso ripetuto per tutta la canzone . La canzone viene così snaturata da tutti questi elementi estranei fra loro e fini a se stessi , e , di conseguenza , collassa su se stessa , implode causando un nulla di fatto , è un tentativo , e un tentativo rimane , ma vendere dei tentativi non è un’operazione commerciale clean . Ricordo anche che questa take risale alla fine degli  anni 90 , e che la voce di Dylan non è più quella , così come prendendo le outtake di anni precedenti troveremmo ancora stupenda la sua voce , ma purtroppo , ora come ora , non è più così . "Dreamin' of you" mi piace , è una buona idea , uno spunto ottimo per tirar fuori una bella canzone  , ma una outtake è sempre una cosa sperimentale , temporanea , soggetta a cambiamenti , invece una canzone è una canzone , c'è una notevole e sostanziale differenza , senza togliere nulla al valore e al potenziale di "Dreamin' of you" .

La Sony ha pensato di permettere il download gratuito di questa canzone , come via promozionale , sul sito di Bob e anche su Youtube , spero solo che il meglio dell’album non sia proprio questo tentativo spacciato per canzone , è solo una decente outtake , niente di più , capisco i fini della Sony per questa che io ritengo solamente una discutibile operazione commerciale , non trovo scuse invece per Bob , a quando un disco veramente nuovo come "Modern Times"?

 

Michele "Napoleon in rags"

Per rispondere alla domanda direi che un nuovo disco
con inediti di Bob è sempre una bella cosa ma va detto che questo
poteva essere decisamente fatto meglio visto che mi sembra un po'  un'accozzaglia.
Io avrei preferito tutte le canzoni delle bromberg sessions piuttosto che questo centellinare le cose...
l'anteprima di dreamin' of you non mi ha esaltato devo dire ma non vedo l'ora di
ascoltare Mississippi o gli inediti e le versioni alternative di Modern
Times e "Love and theft" che ormai sono tra i miei dischi preferiti in assoluto di Bob.
Mi aspetto grandi cose però anche da Red River Shore e Marchin' to the City.
Non capisco cosa c'entrino le cose già edite come
Huck's Tune, The Lonesome River e 'Cross the Green Mountain.
E le canzoni live? Mah! Misteri della fede. Comunque visto che molti pro
dicono che Bob non si discute ma sia ama allora amiamolo. Io lo amo, e
qualche notte fa me lo sono pure sognato... parlavamo del più e del
meno, giuro... mi diceva che arriverà presto un nuovo album...
Michele "Napoleon in rags"
ps : ah mi aspetto mirabilia anche da 32-20 Blues (Unreleased, World Gone Wrong)