Bob Dylan's new album, Tell Tale Signs: the verdict
Penso che adesso che la polvere si è depositata dovrebbe
essere il tempo giusto per dare uno sguardo in dettaglio all’ultimo volume
delle Bootleg Series di Dylan.
Avendo avuto l’occasione di vivere con il Cd negli ultimi mesi , mi sembra
che la Sony abbia voluto la torta e che se la sia anche mangiata.
Credo che il raccolto sia troppo scarso per seminarlo in tre Cd , e mentre
ci sono alcune gemme nel disco tre , è vergognoso che la Sony abbia
approfittato dell’occasione per caricare in modo eccessivo ( 100 dollari)
per il terzo disco del set a tre CD. Se mai , la cosa che balza agli occhi
di questo set è l’incertezza di cosa realmente sia.
La mia opinione è che qui ci sono due dischi scoppiettanti , e si puo solo
speculare su quante altre gemme ci siano ancora negli archivi.
E’ una raccolta di canzoni mai pubblicate ? E’ un set con le versioni live
del Never Ending Tour ?
E’ un set di canzoni mai pubblicate prima in un album di Dylan? Bene , un pò
di tutto questo , e questo potrebbe essere il problema.
Divertente anche il fatto che la copertina ricicli un’immagine di Dylan già
apparsa nella versione de luxe di Modern Times!
CD1
1) Mississippi #1
La selezione delle diverse versioni della canzone. I Testi sono a posto (
come già sentito su Love and Theft ) ma la semplicità dell’arrangiamento a
due chitarre si adatta perfettamente alla canzone. Un canto intimo , che
dimostra quanto poco sia servita per la sua voce la produzione di Lanois in
Oh Mercy e Time out of mind. Superba.
2) Most of the Time # 1
Probabilmente la cosa più radicale del set , Dylan “suona” fresco come negli
anni 70’ , con inserimenti di una armonica spezzacuori. Di nuovo , il
cantato è intimo e superbo , ed è notevole sentire questa canzone con un
arrangiamento acustico.
3) Dignity
Di nuovo , la miglior versione di queta canzone sottile , da numero di
Dylan. Questa versione guadagna tantissimo dalla voce intima ( sembra
che lui sia nella stanza con voi! ) e dall’accompagnamento del pianoforte.
4) Someday Baby
Ipnotica , con la voce di Dylan matura come mai. La linea melodica è
appiattaita al punto da sembrare sempre uguale , ma questa ha una base più
recente , e nasconde le origini come “Trouble no more” di Muddy Waters – la
versione di Modern Times era troppo gonfiata per i miei gusti.
5) Red River Shore # 1
Una delle gemme di questa raccolta , questo è il Dylan classico. Di nuovo ,
la voce è intimale e dimostra che le voci sul crollo della sua voce sono
esagerate. L’arrangiamento della canzone è costruito in progressivo ed è
difficilissimo trovare qualcosa fuori posto . Mi ricorda Angelina , e di
nuovo ti chiedi perchè questa non ha trovato posto su Time out of Mind.
6) Tell Ol' Bill
Piano meraviglioso e una bella vocalità minimalizzata. Ancora , questo è un
miglioramente della versione precedentemente pubblicata. Liricamente , è una
delle canzoni più interessanti di questa raccolta , che evita l’abitudine di
Dylan di riciclare le parole delle vecchie canzoni blues.
7) Born In Time
Qui c’è la gemma di Under The Red Sky che Lanois aveva vestita a festa nel
suo bagliore . Non buona come la precedente versione pubblicata ,
performance piatta , priva di alti e bassi.
8) Can't Wait
Un’altra gemma di questo set , si può sentire Dylan consigliare “ falla in
si bemolle” prima che il piano apra la canzone . Un’altra superba
prestazione vocale , nuda senza i trucci di studio di Lanois , una canzone
che crea più sentimento lirico della versione pubblicata.
9) Everything is Broken
Non ci sono motivi per raccomandare l’inclusione di questo pezzo . una
canzone debole , comunque all’interno dei canoni dylaniani.
10) Dreamin' of You
Prende il via con una serie di colpi di rullante e un tappeto ipnotico di
piano , prima che Dylan , in anticipo vocale , si lanci in qualcosa che
sembra un sound secco per l’inferiore Standing in the doorway che ha visto
la luce ai tempi su Time out of Mind. Questa versione sovrasta l’altra dal
capo alle spalle – Dylan in totale controllo vocale , qualche lirica
fantastica e una grande produzione . Superba.
11) Huck's Tune
Questa suona come una vecchia canzone folk – una bellissima melodia ed un
arrangiamento sensibile , superba parte vocale di Dylan. Una delle ganme di
questo set , questa canzone è un grande pugno emozionale nel senso del testo
malinconico , il suono folky e l’accorato cantato vanno bene assieme.
12) Marchin' to the City
Un’altro Highlight , questa è una prima versione di Til i fell in love with
you ma è di molto superiore alla versione di TOOM. Segata la produzione di
Lanois , questo è un Dylan vintage – quasi vicino alla vostra faccia – e
parte come una canzone di Saved. I testi sono misteriosi e magici e di molto
superiori della ordinaria Til i feel in love with you. Un’altro dei misteri
di Dylan “ Perchè non l’ha pubblicata ?”.
13) High Water
Una fumosa versione live di questo pezzo di Love and Theft. Dylan ci mette
un pò a partire , ma una volta scaldato attacca il testo con gusto. Una
vetrina per la sua band vintage 2003 , Dylan si appoggia ai vocals nel modo
più fine possibile.
CD2
1) Mississippi # 2
Di nuovo , liricamente perfetto , ma l’arrangiamento sembra non essere
giusto , Dylan sembra cantare in una tonalità che non funziona per la sua
voce - forse troppo bassa – questa versione dell’ultimo capolavoro di Dylan
fa capire perchè Dylan l’abbia scartata da Time out of Mind.
2) 32-20 Blues
Una grande outtake da World gone wrong , in fin dei conti bello riaverla
qui.
3) Series of Dreams
Questa è dove il picking iniziale sembra essere più leggero . In ogni modo
certamente inferiore alla precedente versione delle Bootleg Series. Infatti
, la voce mi sembra la stessa come nell’altra versione , non credo che Dylan
sia in grado di rifare la stessa canzone nello stesso modo due volte , anche
se lo volesse. La sola differenza è nella seconda strofa , che è stata
ovviamente esclusa dalla versione precedente.
4) God Knows
Come in Born in Time , questa è la dimostrazione di cosa diventa una canzone
( criminalmente sottovalutata in Under the red sky) nelle mani di Lanois .
Dimenticabile.
5) Can't Escape From You
La partenza sembta quella di Can’t help falling in love – Dylan brontola
nella sua migliore interpretazione del fascino di Tom Waits , e la
cantilenante melodia ricorda la natura folky di Huck’s tune. La mia unica
riserva su questo pezzo è che lui sembra essere in difficoltà vocalmente in
diverse strofe. Ma , al di là di tutto , una interessante versione.
6) Dignity
Terribile versione rockabilly di un Dylan-number. Basso gommoso , con Dylan
che canta senza cura , una ciofeca.
7) Ring Them Bells
Dylan dal vivo nel 1992 al Supper Club mostra come stia andando verso il
folklore , come dimostrato durante il Dylan Unplugged alla MTV , questa
versione è stata anche filmata.
Ho sperato a lungo che questo concerto fosse utilizzato per le Bootleg
Series la versione sincera di questa canzone sembrava suggerirlo, la voce
di Dylan è in perfetta armonia con la steel-guitar di Bucky Baxter. Amabile.
8) Cocaine Blues
Una versione simile era stata realizzata precedentemente per Love Sick e
questa versione non aggiunge niente.
9) Ain't Talkin’
Molto simile alla versione di Modern Times , con un tocco un pò più rock –
di fatto la base è simile a What was it you wanted. Non sono sicuro che
aggiunga molto alla precedente versione.
10) The Girl On the Green Briar Shore
Bella versione live , ricorda il Dylan che suonava la chitarra da solo .
Questo è un rimando a quei giorni.
11) Lonesome Day Blues
Suona come una registrazione dal vivo , forse un pò troppo metallica – I
collezionisti conoscevano già questa versione che di solito era disponibile
nella ora sadicamente defunta sezione-performance del sito ufficiale di Bob
Dylan. Detto questo , questa track è che è una versione fumosa di quella di
Love and Theft , con Dylan che aggredisce la parte vocale e con il
vertiginoso aumento delle chitarre che scalciano colpi come una racchetta
che tira un diritto dietro di lui.
12) Miss the Mississippi
Altre sessions che si sono spinte a fondo nel folklore , quelle registrate
da Dylan e Dave Bromberg nel 1992 – prima che lui realizzasse Good as I been
to you. Questa è stata disponibile per i collezionisti per diversi anni , ma
è davvero una buona canzone – bella produzione e canto superbo da parte di
Dylan. Non è sicuro che il resto delle Bromberg sessions , dalle quali
questo pezzo proviene , saranno pubblicate ufficialmente.
13) The Lonesome River
Una bella registrazione , con Dylan in bella forma vocale. Naturalmente ,
questa è stata pubblicata precedentemente sull’album di Ralph Stanley.
14) Cross The Green Mountain
Un’altra gemma dell’ultimo periodo dylaniano, che mescola la melodia , un
simpatico arrangiamento e una superba prestazione vocale di Dylan. Questa
canzone esuma la Guerra di Secessione da tutti i pori – emozionale – un tour
de force cinematografico. Superba
CD3
1) Duncan and Brady
Una pietra miliare dalle Bromberg sessions , con il profumo di Under the red
sky. Cantata scioltamente con una voce da oca da Dylan , grando tocchi di
chitarra , grande divertimento , fantastica. Un modo superbo di lanciare il
più costoso disco che Dylan abbia mai realizzato!
2) Cold Irons Bound
Una grande versione live di questo classico da Time out of mind. – Dylan
davvero focoso che attacca il cantato , e la base dei musicisti è un
turbinio che sale con un grande crepitio.
3) Mississippi # 3
Un terribile suono di reggae circonda questa canzone , la peggiore della
raccolta. Liricamente completa , Dylan mette ancora a fuoco il suo gran
potere narrativo. Per coloro che non vogliono perdere proprio niente.
4) Most of the Time # 2
Un pò come la versione di Series of dreams sul CD2 , a me suona come se
fosse esattamente la stessa versione vocale della versione su Oh Mercy. Il
fraseggio e l’intonazione sono identici – la sola differenza è qualche riga
di tresto cambiata , che sono stati ovviamernte cambiati nell’incisione di
Oh Mercy. Infatti , riascoltando questa versione , suona come se i nuovi
versi fossero caduti dentro in questa versione . Superflua.
5) Ring Them Bells # 2
Una lunga introduzione , sarebbe stata migliore più corta , cantato spoglio
di Dylan – inizia come una superba take alternativa, mentre la prima strofa
è chiaramente una versione diversa , il resto della canzone è lo stessa
incisione del cantato della versione ufficiale realizzata su Oh Mercy.
Vergogna.
6) Things Have Changed
Non sono mai stato un fan di questa canzone. La base della backing band è
grande ma la voce di Dylan è in grosa difficoltà . non una grande
performance , Dylan sembra avere innestato il pilota automatico.
7) Red River Shore # 2
Un’altra versione di questo capolavoro , più silenziato di quello della
versione sul CD1. Dylan suona come se l’avesse cantata una volta di troppo ,
e l’arrangiamento non è bello come la versione precedente.
8) Born In Time
Un’altra pugnalata di Lanois a questa canzone , comunque inferiore alla
superba versione di Under the red sky.
9) Trying To Get To Heaven
Questa mi da sui nervi perchè Dylan fa quello di cui è spesso accusato –
rilavora completamente la melodia della canzone facendola diventare
un’altra. Questo è Dylan come Sinatra , una versione da sala da ballo di
questo capolavoro di Time out of mind. Cantato impegnato , superbamente
realizzata , ha fatto a questa canzone quello che ha fatto ad I want you ed
a Tangled up in blue nel tour del 1978 , magica e spezzacuore.
10) Marchin’ to the City # 2
Comincia con la batteria come Rainy day women , e si appoggia sul suono
dell’organo , non così buona come la versione sul CD1 , intrigante ma niente
di più.
11) Can't Wait # 2
Introduzione spettrale di organo , voce spettrale di Dylan. Il fascino
serpeggia dappertutto in sensi misteriosi e commoventi. Dylan come supremo
cantante blues , davvero grande.
12) Mary and the Soldier
Un’altra fantastica e toccante performance dale sessions realizzate per
World gone wrong. Impeccabile.
by Martin Cowan
(fonte: musicforgrownups.co.uk)
TELL TALE SIGNS - Bootleg Series Vol.8
Finalmente è arrivato !!!
Yap , è Tell Tale Signs Volume 8 , l’incredibile Bootleg Series di Bob
Dylan.
Ho ordinato il Cd e sto ascoltando il primo assaggio !!
.....si è solo un assaggio , Record Company del cazzo !
E’ una fantastica collezzione , meglio di quello che mi aspettavo e di
quello che speravo !
In precedenza avevamo già postato in anteprima due grandi pezzi di questo LP
, la magnifica Dreamin’ of you e Mississippi , e questo è il vero affare !
Tell Tale signs è una bella collezzione di 27 canzoni , rare e mai
pubblicate tracce di Dylan del periodo 1989-2006 – un periodo davvero
fruttifero quando la musa era ritornata da Bob Dylan più forte che mai ,
raggiungendo un’apoteosi in termini di magnificenza con il sublime Modern
Times del 2006.
La qualità delle tracce è notevolmente alta e , incredibilmente , quasi
tutte buone , se non migliore del materiale incluso negli album ufficiali di
Dylan realizzati negli ultimi 17 anni.
Tuttavia , come veri fans di Dylan , siamo fottutamente incazzati per la
decisione della Sony per il cofanetto a tre CD al disgustoso prezzo di 130
dollari ! 5 volte il prezzo della confezione a due CD !
Così i fans di Dylan sono costretti a pagare 100 dollari extra per poche
tracce “ Queste Record Company non impareranno mai ! Cercano di metterlo in
c..o ai veri fans , fanculo !
Pagherò 130 dollari ! Nessuno dovrebbe pagarli ! I giorni nei quali le Major
continuano a fottere i veri fans non sono ancora finiti !
Quindi , a farsi fottere vadano le grandi Major ed un grande Hurrah per il
file sharing !
Così....ahemmm(dopo essermi calmato !)....se qualcuno gentilmente ci
mandasse un 320kbps link per i tre dischi potremmo essere fottutamente
felici !
Abbiamo già pubblicato una buona recensione sull’eccellente UNCUT Magazine.
Qui ce n’è un’altra per “The Observer”.
Che Bob Dylan è ? Il film dell’anno scorso , I’m not there , presentava sei
incarnazioni del cantante . il giovane Dylan che voleva essere Woodie
Guthrie , il Dylan rinato , il Dylan che suonava il thin wild mercury sound
( interpretatao da Cate Blanchette ) e via così , ma nel corso della seconda
metà della decade passata , si è manifestato a noi in diversi e molteplici
aspetti.
C’è il Dylan star della TV , il Dylan alla radio , il Dylan pittore , Dylan
l’autore , e naturalmente il Dylan sempre in tour con la sua band. Si
potrebbe pensare ad un Dylan in franchising ? Perchè la potenzialità
commerciale del 67enne artista non è mai stata così alta negli ultimi 30
anni.
E’ un punto di vista che abbraccia anche la violenta denuncia apparsa su un
sito web concernente l’ultima uscita delle Bootleg Series : due dischi ( gli
unici due disponibili per questo recensore) sono prezzati normalmente , ma
c’è un’altro set contenente 3 CD per circa la misera cifra di 101 dollari ,
che cazzo fai Bob ? Questo è un set che va contro il Bob Dylan conosciuto da
noi attraverso le sue canzoni nel periodo coperto da questa Series . Tell
Tale Signs mette assieme incisioni rare e mai pubblicate di materiale dal
1998 al 2006. Questo periodo dovrebbe comprendere le sessioni per sette
albums – Oh Mercy 1989 , Under the red sky 1990 , i due dischi di cover di
folk songs Good as i been to you 1992 e World gone wrong 1993 , Time out of
mind 1997 , Love and Theft 1991 e Modern Times 2006. Ma Under the red sky e
Love and Theft sono essenzialmente rappresentati da momenti , che pensare ,
non è da lui essere così scivoloso ignorando le outtakes di tre album
originali. Considerata come una trilogia queste registrazioni danno una
singolare visione dell’artista . Lui è “The man in the long black cloak” ,
mormorando qualcosa al riguardo del fatto che non è ancora abbastanza buio
ma sta per arrivare , sempre alla periferia delle vostre visioni.
Come farà questo tesoro a riconcigliarci con Dylan ? Tra le 27 tracce c’è
posto per due versioni di “Mississippi” dalle sessioni di Time out of mind
con Daniel Lanois come produttore – e la prima in particolare è meravigliosa
, suonata in acustico , si sente Dylan cantare magnificamente , usando la
chiave del sentimento : “But my heart is not weary , it’s light and it’s
free”. E si capisce perchè questa takes non è stata messa nell’album Time
out of Mind ma su Love and Theft. Allo stesso modo “Red river shore” , il
pezzo , secondo i dylanogisti , più atteso di Tell Tale Signs. La narrazione
scorre per sette straordinari minuti , raggiungendo l’apice della delizia ,
misteriosamente , su faccende teologiche ( ho sentito di un ragazzo vissuto
molto tempo fa....che se qualcuno vicino a lui era morto , lui sapeva come
riportarlo alla vita. E alla fine , Dylan , il grande narratore di Storie
trova una nota di ottimismo : - qualche volta penso che nessuno mi ha mai
conosciuto veramente , eccetto la ragazza sulla riva del fiume rosso - .
Quindi , non tutto è sempre ciò che sembra , con Dylan stesso che cita un
altro poeta “ Io è un altro” ( Rimbaud). Ma imperscrutabile come è lui a
volte , egli rimane sempre l’ intoccabile cantante e scrittore di canzoni
che è. Non tutto è perfetto in Tell Tale Signs , peccatp per i cinque pezzi
dal vivo , scelte non particolarmente azzeccate. Ma potreste perdervi in
queste registrazioni.
by Caspar Llewellyn Smith - The Observer
Altre recensioni:
Tell tale Signs sembra avere il potere di colpire positivamente i più noti
giornalisti :
Rolling Stone's Mikal Gilmore
....Tell tale Signs sembra essere un’ antologia più che un album. Sembra
disegnato per raccontare una storia che affina ed amplia la vista della
decadente disintegrazione culturale che è stato il tema più importante di
Time out of Mind , Love and Theft e Modern Times – forse la musica più
audace che abbia mai scritto. Tell Tale Signs evidenzia che Dylan conosce
bene i capricci del mondo nel quale vive , ora più di prima.
Los Angeles Times' Robert Hilburn
L’ultima collezzione del materiale di Bob Dylan dalle sua passate pagine
musicali , Tell Tale Signs , è una ricca rivelazione di come il Maestro dei
cantautori mette insieme uno dei più drammatici momenti creativi del suo
rinascimento nella storia della musica popolare....”Tell tale Signs” non è
un “extra” Dylan , è l’essenza di Dylan.
Entertainment Weekly's Chris Willman
Solo un set può essere paragonato alle Bootleg Series di Dylan negli annali
della musica popolare , e questo potrebbe essere la collezzione “Anthology "
dei Beatles , così simile da aprire una finestra sul mondo deve le grandi
registrazioni di studio vengono fatte. Ma con i Fab Four , si ha
l’impressione che ci sia solo una possibile soluzione per la versione
perfetta di ogni canzone , il fascino sta nel sentire come certi pezzi si
trasformano in classici , il tutto dovuto ad una serie di ritocchi finali e
trascendentali.
Ascoltando gli scarti di Bob Dylan , anche se , si avverte la non finitura
dei pezzi , ancora da sgrossare in maniera definitiva , i suoi scarti sono
delle valide alternative alle versioni ufficiali...Le ultime due Booltleg
pubblicate , mettono a fuoco il Dylan degli anni 60’ , ma i fans hanno già
tutto di queste cose ( Shhh , non parlare della loro voglia di avere altre
cose ). Emozionalmente , Tell Tale Signs salta le decadi in modo di offrire
una storia alternativa dell ‘ultimo periodo appena passato : il rinascimento
creativo che è cominciato attorno al 1980 e sta ancora dando i suoi frutti.
The Independent's Andy Gill
L’ottava rata delle Bootleg Series di Dylan copre gli anni dal 1989
riportando i suoni di Oh Mercy ai giorni nostri , un periodo nel quale si è
adoperato per conquistare il favore dei critici entrando a far parte del
vasto catalogo della musica e delle radici popolari americane , e
ultimamente per trovare la strada per la “indian summer” di Time out of Mind
, Love and Theft e Modern Times....è una collezzione notevole....
The Telegraph's David Cheal
C’è roba qui che fa chiedere all’ascoltatore : perchè non
mai ho sentito queste cose prima d’ora ?
Da cos’era posseduto , per esempio , per escludere “Red River Shore” dal suo
Time out of Mind ?
E’ un inquietante classico , lo stesso si può dire di “Born in Time” ( dalle
sessions di Oh Mercy ).....qui c’è racchiuso tutto l’inquieto spirito
creativo dell’uomo , lui non si ferma mai.
The BBC's Chris Jones
Se vi piace la trilogia di Time out of Mind , Love and Theft e Modern Times
sono sicuro che adorerete questo disco. Si svela il processo che ha portato
Dylan a rivistare non solo il suo lavoro in primo luogo , ma lo ha associato
alla sua immagine : la Certer family (Tell ol’Bill) e tanti altri....come
compagni di viaggio dei suoi lavori migliori del periodo essenziale. Sta
bene anche con gli altri album della sua produzione – un uomo innamorato
ancora una volta della sua musa ispiratrice – senza la paura di affondare la
mano fino alle radici. Bello , coraggioso e seducente.
The Guardian's Dave Simpson
L’ottavo tesoro della Dylan’s Bootleg Series di materiale mai pubblicato e
versioni alternative , dimostra ulteriormente che non c’è una versione
definitiva di una canzone di Dylan , solo un flash dei diversi stati d’animo
di quest’uomo che riportano Dylan alle sue classiche forme. La straordinaria
“Red River Shore” – che aveva già suscitato una febbrile eccitazione fra i
Bobcats – suona come il prodotto di un cuore spezzato , misteriosamente
rimasto chiuso in un cassetto per 11 anni . Quattro Stelle.
(fonte: stupidd.blogspot.com)
Bob Dylan - The Bootleg Series Vol. 8: Tell Tale Signs
- Rare and Unreleased 1989 - 2006
by Andy Whitman
Questi sono gli avanzi , gli orfani , le tracce randage
, dal vivo e brani da colonne sonore che sono state escluse dagli album
degli ultimi vent’anni. E se qualcuno ci ha fatto caso , non ho mai inserito
gli album di Bob Dylan fra i miei preferiti prima d’ora. Quindi , come hanno
fatto gli scarti a raggiungere il Top ? Facendo il conto , Bob Dylan ha
gettato via più capolavori che qualsiasi altro cantautore abbia mai scritto
. Perchè Daniel Lanois , che quando produsse Dylan , fu l’uomo che con la
sua soffocante garza sonica fece suonare Bob Dylan come gli U2 ed Emmylou
Harris non c’è per niente in questi solchi ?
E’ perchè il “vecchiaccio” ha ritirato fuori il suo suono crudo , grezzo ,
spogliato dai dispositivi ausiliari dello studio , suoni straordinariamente
interessanti , la sua svolta tipicamentea blues , il tirare fuori brani come
“Red river shore” e “Cross the green mountain” , canzoni di una bellezza
luminosa che stupiscono per la loro triste veridicità. Dylan non ha pari , e
continua a far scuola per i bambini !
Tell Tale Signs: The Bootleg Series Vol. 8: Rare and
Unreleased 1989-2006
by Tom Useted
Da quando nel 1997 “Time out of mind” vinse il Grammy , Bob Dylan ha
beneficiato di una grande esposizione mediatica. Nel 2001 “Love and Theft” e
nel 2006 “Modern Times” hanno venduto moltissimo. Ora c’è questo nuovo
capitolo della innovativa Bootleg Series , che esce ogni paio d’anni , dove
Dylan ha mischiato nuove registrazioni con pezzi dal vivo , takes scartate
da altri album e pezzi di colonne sonore (“Thing’s have changed” , dal film
Wonder’s Boys , che vinse un Academy Award).
Le cifre relative alle vendite e la qualità del lavoro degli ultimi dieci
hanno chiaramente portato la critica a dichiarare giustamente che Dylan sta
attraversando un periodo tardo-rinascimentale della sua carriera. Nel
frattempo è stato sempre in tour e qualche volta è stato splendido anche sul
palco. E ancora , la Bootleg Series , diversa dalla serie originale , ha
riconosciuto il fatto che , sì , la carriera di quest’uomo si è estesa dopo
il 1975 , fino ad oggi.
Dylan ( o il suo staff , o la Columbia ) decidono che adesso è il momento
buono per un salto indietro nella sua più recente produzione , e , giusto o
sbagliato , Tell Tale Signs è quello che è stato tirato fuori.
E’ una collezzione di 27 pezzi di studio e di materiale dal vivo che parte
dal 1989 , con la maggior parte delle tracce in studio provenienti dalle
sessioni di Oh Mercy e Time out of mind. C’è anche una versione a tre CD ,
12 canzoni-bonus ed un libretto divertente. Molti fans di Dylan sono rimasti
piuttosto arrabbiati con la Sony per questo , ed a buona ragione , perchè il
suo costo è cinque volte maggiore di quello della confezione a due CD. Una
mossa senza senso da parte della Sony , specialmente col clima economico di
questi tempi . Il set di due Cd esce con un booklet di 64 pagine con le
liner-notes di Larry “Ratso” Sloman , autore di “On the road with Bob Dylan”
, la cronaca della prima Rolling Thunder Revue. Come nelle passate Series ,
le note contenute nella confezione entrano nel contesto della carriera di
Dylan , descrivendo dettagliatamente anche la musica e le circostanze nella
quali è stata scritta.
Tell Tale Signs funziona perchè non è una retata di cani randagi , sono
tracce mai pubblicate ufficialmente senza un ordine cronoligico , ma che
sottilinea la saggezza ed i temi che Dylan immette nel suo lavoro.
Musicalmente sono le radici della musica americana a cui lui ha sempre avuto
attenzione e che ha perfezionato nel corso dell’ ultima decade.
Le canzoni pre-Time out of mind dimostrano in questa raccolta che era su
quella strada , anche se a volte sembra essere incerto. Liricamente , per
citare un nome come esempio , c’è un interessante richiamo alle città sul
fiume , le donne che le abitano , e le esperienze del corpo e dello spirito
che animanole persone che abitano in quei posti. Due versioni di
“Mississippi” , “Red River shore” , “Huck’s tune” ( nome di un personaggio
del film “Lucky you” per il quale è stata scritta , tuttavia il titolo
ricorda Mark Twain) , “High water” , “The Girl on the greenbriar shore” ,
“Miss the Mississippi” e “The lonesome river” sembrano formare una narrativa
non lineare.
Come in Faulkner’s Yoknapatawpha County or Twain’s Hannibal, nelle città
fluviali di Dylan la narrativa si allontana dai punti di vista , i
personaggi entrano ed escono senza essere mai a fuoco , ma il linguaggio ha
molto da offire :“When I kiss your lips / The honey drips / I’m gonna have
to put you down for awhile”, or “I’ll ramble and gamble for the one I love /
And the hills will give me a song”.
Ona delle cose che le Bootleg Series hanno sempre avuto è la loro capacità
di trovare un equilibrio di documentazione che si è rivelata interessante
sia per i collezzionisti sia per i fans occasionali , e questo le rende
simili ad un album. Tell Tale Signs è un grande album , forse colpisce
immediatamente più di Moder Times , il trionfo delle fonti più disparate che
si adattano bene ad essere messe assieme. Ma è anche una festa per i “duri”
appassionati di Dylan.
Forse a causa della creazione delle Bootleg Series , sembra esserci un
notevole calo di interesse verso i bootleg non ufficiali , le sessioni post
Oh Mercy sono state appena toccate dai bootleggers.
Oh Mercy , al contrario , è stata oggetto di così tante edizioni pirata che
sembrano lavori pasticciati , come qualsiasi lavoro che esclude “Series of
Dreams” , Dignity” e “Born in time” è destinato ad essere.
In apparente riconoscimento del cattivo trattamento subito nei bootlegs ,
sette outtakes di Oh Mercy sono state incluse in Tell Tale Signs. “Born in
time” in particolare , ha sofferto quando fu riscritta e riregistrata per
“Under the red sky”. Le originali , più belle cantate e suonate , senza
tagli o rimaneggiamenti da parte del produttore , e che vantano i testi
migliori , evidenziano il perchè le Bootleg Series esistono , giustizia
rimandata ma finalmente giustizia fatta. (“God Knows” , un’altra canzone
scartata da Oh Mercy e ripresa e rifatta per Under the red sky è un brano
minore , ma suona molto più dura nella sua prima traccia originale) .
Le session di Time out of mind sono la fonte per altre sei tracce , da
sottolineare perchè “Red river shore” , “Dreamin’ of you” e “Marchin’ to the
city” sono titoli nuovi ( nessuna delle outtakes di Oh Mercy sono realmente
nuove canzoni , a dispetto delle alterazioni dei testi). Inevitabilmente ,
questo aprirà la questione di quanto “Time out of mind” , come “Oh Mercy” ,
avrebbe potuto essere persino migliore. Era un progetto , come “Series of
dreams” e “Marchin’ to the city” che hanno prestato una parte del loro testo
ad altre canzoni posteriori. Quelle canzoni erano “Standing in the doorway”
, un capolavoro , e “Till i fell in love with you” , esercizi di blues più
che altro.
Qualche parola di “Marchin’to the city” è stata inserita in “Not dark yet” ,
una delle più belle recenti composizioni di Dylan. Come una finestra sul
processo creativo di Dylan , ascoltare queste nascenti canzoni è
affascinante , e le canzoni si difendono molto bene da sole. Ma il vero
piacere di TTS è “Red river shore” , una meditativa riflessione ,
accompagnata dalla fisarmonica , sull’amore perso che pian piano ti
annichilisce nel corso dei suoi otti minuti. Ancora , questo è il modo nel
quale le Bootleg Series prendono il primo posto.
Qualche volta Dylan , per ragioni sue personali , prende la decisione di
scartare dei pezzi , decisioni che per noi non hanno alcun senso , ed è
interessante sentire quello che è stato scartato e sapere il perchè.
In ogni caso , il resto delle tracce vengono da diverse fonti , incluse
registrazioni dal vivo in concerto. E’ sorprendente come i pezzi dal vivo si
integrano bene , non tematicamente ma a livello di suono , il girare e
l’inquietudine sono i temi e lo stile di vita che caratterizzano il
marchio-Dylan di questi ultimi anni.
La differenza più evidente tra il Dylan di studio e quello in concerto è la
sua voce. Dove la sua voce è capace di una vasta gamma di suggestive
espressioni è nello studio , sul palco la voce ha la tendenza a sembrare
strangolata , sofferente e spaventosamente poco chiara.
La prima strofa di “High water” dimostra questa mancanza , sembra quasi che
lotti per ricordarsi l’inizio della frase. Nella seconda strofa però ,
sembra ritrovare il bandolo della matassa e ricorda perfettamente il testo
con un gancio destro , e la sua band esegue una prestazione mirabile , piena
di varietà e di movimento , il che rende il pezzo originale , la magistrale
“High water” di Love and theft , suona monotona al confronto con questa. Ma
l’unico vero passo falso di Tell Tale Signs sembra essere la ripetitività ,
la lamentosa “Cocaine blues” che non ha un senso drammatico o un “momentum”,
niente per richiamare l’attenzione , e mette dolorosamente in evidenza la
voce deteriorata del Dylan da concerto. Solo una traccia su 27 , non ci si
può lamentare. La ragione per la quale Tell Tale Signs funziona così bene
dall’ inizio alla fine è che le canzoni , perfino quelle che sono di per se
stesse deboli (“God knows” , “Miss the Mississsippi”) , sono illuminate dal
fatto di stare in compagnia di Dylan. Le cover danno luce nuova agli
originali , specialmente le canzoni del fiume , la linea che le separa dalle
composizioni originali di Dylan si assottiglia dopo il trattamento di Dylan.
E’ tutto una canzone , un musical , e “pluribus unum” ( dal latino : da
molti uno ). Tell Tale Signs è buono come il suo predecessore in ogni punto
, ogni battuta , e se non c’è un possibile accostamento di Dylan con
l’America attuale e la musica popolare contemporanea pazienza . Possiamo ,
come sempre , dirci fortunati di averlo intorno.
BOB DYLAN – Tell Tale Signs The Bootleg Series vol. 8
(Columbia 2008)
di Marina Montesano
Tell Tale Signs è l'ottavo volume nell'antologia che ha
offerto sinora esibizioni live, alternate takes, inediti accumulati da Dylan
in decenni di esibizioni e incisioni; questo nuovo episodio ci porta al
periodo 1989-2006, ossia tra Oh Mercy e Modern Times. La Sony-Columbia ha
pubblicato l'antologia in due differenti versioni, una doppia e una tripla:
è a quest'ultima che faremo riferimento in quanto il terzo disco è
essenziale non meno dei primi due. Cominciamo col dire che Tell Tale Signs
contiene alcune composizioni inedite, che sono ovviamente il primo motivo di
interesse: in un caso almeno, Red River Shore, siamo di fronte a un brano di
altissimo livello, inciso al tempo di Time Out Of Mind e inspiegabilmente
escluso dalla tracklist definitiva. Fanno parte delle stesse sessions anche
Dreamin' Of You e Marchin' To The City, pure molto interessanti. Ci sono poi
le alternate takes, che in alcuni casi ci propongono pezzi radicalmente
diversi rispetto agli originali; la preferenza in questo caso è ovviamente
soggettiva, ma quel che colpisce (e che quanti seguono Dylan in concerto
sanno bene) è che con Dylan non esistono 'versioni definitive': quelle in
studio sono fotografie di un momento particolare, ma i brani sono lì per
essere continuamente riscritti e reinterpretati, come nella tradizione
musicale blues e folk da cui Dylan proviene.
Fra queste versioni alternative mi paiono da segnalare, perché davvero
eccezionali, una Ring Them Bells con accompagnamento di solo piano e una
notturna Can't Wait, entrambe dal terzo disco. Ci sono poi alcuni brani
pubblicati in colonne sonore e dunque poco conosciuti, fra cui spicca
l'epica 'Cross The Green Mountain. I brani dal vivo sono belli, anche se
tutti già usciti su bootleg, e fanno solo auspicare un live completo con uno
dei concerti di questi ultimi anni: c'è solo l'imbarazzo della scelta.
Infine una curiosità a proposito dei pezzi con la dicitura Unreleased 1992,
Miss The Mississippi e l'eccellente Duncan & Brady: sono tratti dalle
cosiddette Bromberg sessions, un progetto discografico finito e poi
accantonato da Dylan che, non contento del mixaggio, preferì far uscire
l'acustico Good As I Been To You; speriamo che la pubblicazione nell'
antologia non precluda la possibilità di averle, un giorno, nella loro
interezza.
(fonte: discoclub65.it)
Tell Tale Signs - The Bootleg Series Vol.8 / Columbia
di Riccardo Bertoncelli
Il caro Bob rimette le mani sui suoi materiali “di scarto” e scopre altri
tesori nascosti.
Ha preparato un’altra antologie delle sue, il Geniale Pasticcione, non
cronologica, non lineare, con allegra confusione tra live, studio e
cameretta. Questa volta però almeno ha delimitato il campo, raccogliendo
solo pezzi degli ultimi vent’anni; alla faccia di chi ritiene che la vena si
sia esaurita dalle parti di Blood On The Tracks (pochi, a dire il vero), si
comincia con Oh Mercy e si arriva a Modern Times, attraversando i
controversi affascinanti anni della maturità e della vecchiaia. Due dischi
per i comuni acquirenti, tre nella tiratura limitata per eletti; con molte
scoperte preziose che neanche i bootleggers conoscevano e la conferma che il
signor D si esprime meglio in solitudine o poca compagnia, senza troppi
addobbi. Si parte con una meraviglia, Mississippi, una outtake di Time Out
Of Mind proposta in tre versioni che ribadisce l’inclinazione dylaniana a
essere cattivo giudice di sé; c’è altro di buono in quel cestino (Red River
Shore, Dreamin’ Of You), a conferma della grande stagione di metà 90.
Notevole anche una 32-20 del periodo World Gone Wrong, rarissima cover
dall’amato Robert Johnson; e interessanti alcune alternate, da una Ain’t
Talkin’ troppo in carne per valere quella già nota a una Most Of The Time
cui ancora manca l’aura luminosa che la renderà irresistibile.
TTS : Dylan, alive, sounds human
By Ben Barasch
“Tell Tale Signs” , l’ultima rata delle “Bootleg Series”, mette a nudo la
tormentata visione nel processo di scrittura delle canzoni del più elusivo
dei musicisti. Il set a due dischi 8 ( o a tre con un sovrapprezzo di 100
dollari ) comprende canzoni mai pubblicate , versioni alternative e
registrazioni dal vivo dagli anni 1989 al 2006 , un periodo di grandi
critiche e successo popolare per Bob Dylan.
Così Dylan diventa di volta in volta sempre più imperscrutabile , brizzolata
leggenda di oggi , con il desiderio di rendere reali le sue canzoni , di
vederle come facenti parte della natura. Le immagianiamo balzare fuori dal
suo cervello già completamente formate. Indipendentemente dal fatto che
questo sia accaduto ad un certo punto della sua carriera , “Tell Tale Signs”
ci mostra un altro lato , questa volta molto diverso di Bob Dylan.
Da uomo anziano dimostra di essere un infaticabile sperimentatore di studio
, esplorando le risonanti emozioni che le sue liriche offrono in diversi
assetti musicali. É affascinante sentire canzoni in embrione che avete già
sentito da anni . La triste ironia ( o vacillante ) di “Most of the time”
può sembrarci assolutamente inevitabile. Ma “Tell Tale Signs” ci da due
nuove prime-versioni nelle quali vediamo come la canzone vada incrementando
il suo significato. Le tre versioni della canzone “Mississippi” hanno una
finezza e una stranezza che sull’album non appare. Non che siano
necesariamente migliori , ma ora il nostro concetto di quella canzone è tre
volte più grande.
Il senso che generalmente si ricava è che le canzoni non sono ne morte ne
statiche. Questo è il senso che si ricava da molta della musica popolare.
Quando sentite alla radio una canzone di Bob Jovi è sempre la stessa , è
morta , datata. Non c’è niente di reale in questo, vi garantisco che è
identica a come viene suonata in concerto. I suoi fans sono soddisfatti da
questo tipo di ripetibilità. Hanno avuto quello per cui hanno pagato.
Possono tornare a casa soddisfatti. Una canzone di Dylan non è così. É solo
il senso che assomiglia. Succede in studio di registrare qualcosa di
particolare in un determinato giorno. Le sue canzoni sono sempre in continua
evoluzione. Se ascoltate “Tell Tale Signs” abbastanza , la vostra concezione
della musica popolare comincerà a cambiare. Comincerete a sentire le canzoni
come brutte copie , come lavori in corso. Cominciano ad avere qualche legame
con gli alti e i bassi della vita , con la mente di un autunnale essere
umano.
TTS : Appunti di Peter Stone Brown - 2008
Era la tarda estate del 1989 , e nella cassetta della posta c’era un
pacchetto con una cassetta . La cassetta era una copia preview del nuovo ,
non ancora uscito , album di Bob Dylan “Oh Mercy”. Tutto quello che sapevo
era che era stato registrato a New Orleans con il produttore Daniel Lanois ,
che sapevo aveva lavorato al primo album di Robbie Robertson.
ra il secondo anno di quello che sarebbe diventato famoso come il “Never
Ending Tour” , un tour dove tutto poteva succedere ed è successo , un tour
che in qualche modo ridefiniva l’intera carriera di musicista di Bob Dylan.
I precedenti tours di pochi anni prima erano stati fatti con la band dei
Greatful Dead e con Tom Petty & The Heartbreakers. Entrambi i tours hanno
avuto i loro momenti , ma avevano lasciato in tutti noi la sensazione che
mancasse qualcosa , che Dylan avesse bisogno di una band propria. Lo show
con i Dead in Filadelfia era stato molto contestato , e un sacco di persone
avevano giurato di non andare più a vederlo. Poi c’erano stati disk-jockey e
stazioni radio i cui commenti andavano da una certa compresnsione a “ Che
cos’è questo ?”.
Per me , aveva suonato due brani che non avevo pensato di sentire, “The
ballad of Frankie Lee and Judas Priest” , e ancora più sorprendente, “John
Brown” , una canzone di protesta contro la guerra che era su un album che
avevo , chiamato Broadside Volume 1, che era un esempio della tipica
scrittura del Greenwich Village all’inizio degli anni 60’. Su quell’album
Dylan appariva con lo pseudonimo di Blind Boy Grunt , che è stato il primo
di tanti altri nickname. “John Brown” era basata sul tradinional “Reuben’s
train”, con la chitarra che la copiava , e Jerry Garcia , non estraneo alla
musica tradizionale , aveva usato quel modo di suonare nel suo
arrangiamento. Lo show riservò altre due sorprese , “Chimes of freedom” e
“Queen Jane approximately” , e anche se quest’ultimo tipo di canzone nel
frattempo era passata di moda , non mi ero preoccupato. Era il mio
compleanno , avevo visto Bob e sentito canzoni che non avevo mai pensato di
sentire. Era un accenno alle cose future.
Quando Dylan andò in tour l’estate seguente , lo fece accompagnato da una
band ridotta , e sono stati , a dir poco , davvero rock. In quei giorni non
c’era Internet che dava istantaneamente la set-list ogni sera. Se volevi
sapere quello che succedeva nel tour , dovevi andare alla libreria e trovare
il giornale di un’altra città con la speranza che avesse recensito il
concerto.
Così , quando vidi il mio primo show del Never Ending Tour al Garden State
Arts Center , a Holmdel - New Jersey, e Dylan inizio con “Subterranean
homesick blues” , un’altra canzone che non mi aspettavo di sentire, la mia
mente era più esaltata che durante il breve set acustico nel quale aveva
tirato fuori “Trail of Buffalo” di Woody Guthrie. La stessa cosa ha fatto
nelle due notti successive al Tower Theatre , poco fuori Filadelfia. Ero più
che convinto quando si è lanciato in “Bob Dylan’s 115th Dream” , e di nuovo
, due canzoni dopo , quando inserì due nuove strofe sul Viet Nam in “With
God on our side” , una strofa che doveva apparire pochi mesi dopo nell’album
“Yellow Moon” dei Neville Brothers che era stato prodotto da Daniel Lanois.
Il mattino seguente , fui invitato ad assistere ad una session di
registrazione con il bassista di Bob Dylan Kenny Aaronson. Quando arrivai
allo studio , il mio amico che era il produttore della session mi avvisò ,
dicendomi che Dylan era stato come folle con la band la notte prima , quindi
di strarmene buono e tranquillo. Finalmente , alla fine della session ,
quando tutti si erano rilassati , ho avuto il coraggio di chiedere ad
Aaronson “ Sapevi la notte scorsa che Dylan avrebbe fatto “ 115th last dream
?”. “Sembrava prenderci in giro con quella canzone nel sound check” mi
rispose.
L’estate seguente , le canzoni tradizionali furono sostituite con covers di
altri artisti come Gordon Lightfoot , Van Morrison ed il cantante country
Don Gibson. Sapendo che un nuovo album era in lavorazione , speravo in nuove
canzoni , ma non fu così.
Così ho aperto il pacchetto ed ho messo il nastro di Oh Mercy sul mio
registratore. Dalla prima nota ho capito che era un album serio. I
precedenti due album erano in misto di covers e di canzoni originali ,
registrate in diverse sessioni ed erano lontane da avere un senso di
coerenza. Un sacco di gente pensa che i suoi migliori lavori più recenti
erano quelli con i Traveling Wilburys. “Oh Mercy” non era R&B di New Orleans
, era musica di Dylan. Il sound era pieno di chitarre , la produzione
fluente. Le canzoni erano profonde. , oscure e misteriose , alcune
divertenti ed altre con tanta amarezza che veniva in superficie. In altre
parole , tutto quello che si voleva in un album di Bob Dylan. Appariva
subito evidente che il meglio di tutto era che Lanois sapeva a quel tempo
come registrare la voce di Dylan. Durante la sua carriera , Bob Dylan aveva
avuto alti momenti di intensità che ti prendevano e ti tagliavano in due. É
una cosa magica che non può essere definita e nemmeno avere un nome. Qualche
volta non succedeva , ma quando avveniva , lo capivi , e in quest’album ce
n’era in abbondanza. Dopo aver sentito l’album , ho telefonato ad un amico
molto esperto di Bob Dylan , e gli ho detto “ Devi sentire quest’album”.
Naturalmente , dopo gli ultimi due album , non voleva credermi. Quella notte
incontrai alcuni amici che suonavano nei bar locali. Al Bar mi si avvicinò
uno di loro e gli dissi “ Vieni subito nella mia macchina” , Misi sù “Ring
them bells", ”Most of the time” e “Man in the long black coat” , e vidi il
suo scetticismo cambiare in un sorriso.
Quando Dylan ritornò quell’autunno al Towe r Theatre , poche canzoni di “OH
Mercy” erano in scaletta , ma come al solito suonavano diverse da come erano
state registrate , appena sbozzate , grezze , più rock . “Most of the time”
sembrava fondersi in “All along the watchtower”. Non c’erano sorprese nella
scatola , ma non erano necessariamente musicali. Alla fine della seconda
serata , Dylan fece qualcosa che non avrei mai pensato di vedergli fare. Un
membro del suo staff di palco gli passò un microfono diverso per l’armonica
e la band si butto in “Leopard skin pill-box hat”. Durante l’assolo di
armonica , Dylan si avvicinò piano piano al bordo del palco , poi
improvvisamente saltò in mezzo alla gente continuando a suonare l’armonica ,
e uscì dalla porta posteriere terminando lo show.
Quando ritornò nel 1990 , per tre spettacoli in New Haven-Connecticut al
Toad’s Place , suonò per la prima volta una canzone dei primi tempi del
1981. Quella canzone era “ Wiggle Wiggle”. E’ stata l’ultima volta che una
canzone originale debuttò in concerto. Lo show , una prova in provincia per
il prossimo tour , includeva anche numerose covers che spaziavano da “Pretty
Peggy-O” , in una versione completamente diversa da quella del primo album ,
a varie canzoni country , dal blues a “ Dancing in the dark” di Springseen.
Nessuno lo capì a quel tempo , ma quello show era un anticipazione della
decade a venire.
Sul finire di quell’estate , un’altro album apparve , “Under the red sky”.
Io scrivevo per un settimanale locale , e la cosa che dava molto fastidio al
mio redattore era che recensivo tutti i concerti di Dylan vicini o lontani
da Filadelfia.
Alla fine dell’estate mi misi in contatto con un giornale dove lavorava
l’agente pubblicitario di Dylan Elliot Mintz. Sfortunatamente , ero in
ospedale con un sacco di ossa rotte , essendo stato vittima di una rapina la
notte precedente. Il giorno che fui rilasciato dall’ospedale , un nastro
arrivo per posta da Mintz. Era “Under the red sky”, prodotto da Don Was ,
aveva un suono diverso ed un diverso feeling rispetto ad “Oh Mercy”. Aveva
avuto una produzione diversa dallo stile di Lanois , con in sacco di
facilitazioni fornite a Dylan , inclusi gli stessi musicisti. Tra l’altro ,
c’erano molte tracce , e questo permetteva ai musicisti di trovere quella
giusta , quindi le sessioni cominciarono a scorrere. Mentre mantenavano la
stessa sezione ritmica , vi furono diversi chitarristi e tastieristi in ogni
sessione.
Molte delle canzoni sembravano filastrocche apocalittiche , e un un certo
senso lo erano. Va sottolineato che molte filastrocche sono come delle
bordate , cantate e urlate per strada e su temi di attualità . Più o meno
nello stesso periodo Dylan stava lavorando al secondo album dei Traveling
Wilburys ed era in tour.Dopo quei due album , Dylan si concentrò nelle
tournèe e ci vollero sette lunghi anni prima che ci fosse un’altro album di
canzoni originali.
Nel 1992 , con poco preavviso o fanfare , un nuovo album , “Good as i been
to You” , era sul mercato. Era Dylan da solo che faceva ballate , blues ,
pop songs, e si chiudeva con una canzone per bambini, “Froggy went a
courtin’”. La produzione era minimale , il cantato ed il suonato , spesso
grezzi. Poco più tardi di un anno , un album similare, “World gone wrong”,
fu fatto uscire. Sembrava un pò più pensato e realizzato con maggior cura ,
dalla scelta delle canzoni alla copertina dell’album , non naturalmente le
performances. Per la prima volta da “Desire” , l’album conteneva le liner
notes scritte da Bob Dylan stesso , scritte in maniera diversa , più lineare
, anche se seguivano lo stile fluido che aveva usato in precedenza ,
descriveva la fonte di ogni canzone riuscendo a collegarle ai tempi attuali.
Abbastanza curiosamente , ha affrontato per la prima volta i suoi fans ,
dicendo che il Never Ending Tour era finito con la partenza del chitarrista
G.E. Smith nel 1991 , ed in modo umoristico dava i nomi dei tour seguenti ,
ma , non ostante questo , i fans hanno continuato a chiamarlo Never Ending
Tour. A quel punto , essere un fan di Dylan era come far parte di una setta
segreta . Avevo i miei amici che una volta ascoltavano Bob Dylan che si
erano fermati lungo la strada , e avevo gli amici con i quali condividevo
Dylan , che voleva dire andare agli show o scambiarsi i bootleg. Quando
andai in Inghilterra pochi anni più tardi per partecipare ad una conferenza
di Dylan a Liverpool , venni a conoscenza di altre attività collegate a
Dylan , un amico che soggiornava con me mi ha chiesto seriamente “ Fai parte
del movimento underground di Dylan? Questo mi stortò.
Nella metà degli anni 90’ , tutto cambiò con l’avvento di Internet. Un amico
mi disse , devi buttarti in Internet , ci sono gruppi di discussione di
Dylan , cose da matti! Lo feci e scoprii che non c’erano solamente gruppi di
discussione (Rec-Music:Dylan) , ma anche una Dylan mailing list , Hgw 61 che
dava le news su Bob Dylan ( principoalmente dal gruppo) direttamente nella
tua casella di Outlook, diverse volte al giorno , e tonnellete di siti Web
che coprivano ogni aspetto di Dylan , dalle radici e le fonti delle canzoni
, alla religione , all’interpretazione dei testi , le rarità ufficiali , i
siti statistici che dicevano dove le canzoni erano state suonate e quante
volte , ed anche un sito ufficiale che offriva rarità , novità e versioni
live delle canzoni.
Sembrava che Internet fosse stato creato per i fans di Bob Dylan. Potevo
contattare persone di tutte le parti del mondo e discutere con loro di Bob
Dylan.
All’inizio dell’inverno del 97’ , girò parola che Dylan stesse registrando
un nuovo album a Miami con Daniel Lanois di nuovo come produttore. C’erano
poche informazioni al riguardo. Ogni momento , personaggi misteriosi ,
seminavano quà e là notizie sulla nuova band , con piccoli accenni , poteva
essere nominando un musicista o due , poi improvvisamente sparivano. Allora
nella primavera di quell’anno , il venerdi del week-end del Memorial day ,
lasciai il lavoro e cominciai a girare la radio della mia auto , e fui
colpito da un nuovo bollettino che diceva che Dylan era in ospedale per
un’infezione al cuore. Mi venne immediatamente in mente il giorno di 31 anni
prima , quando mio fratello , correndo attraverso il campo , mi disse che
Bob aveva avuto un incidente motociclistico.
Rimasi bloccato per un momento , poi voltai l’auto e andai a cercare
qualcosa che potesse darmi una risposta , magari il mio e-mail-box.
Bob Dylan riprese il tour in Agosto. Negli anni passati , era solito aprire
i concerti con canzoni mai suonate o suonate raramente , aumentando la
quantità di folk , blues e bluegrass songs.
Una canzone che non aveva mai suonato era “Blind Willie McTell” , ed io sono
andato ai concerti finchè finalmente riuscii a sentirla al Wolf Trap.
Un giorno , ai primi di settembre , trovai un’altro pacchetto nella mia
cassetta della posta contenete una copia come anticipazione di “Time out of
mind”. L’album era dominato dal blues , solo 4 delle 11 canzoni erano
ballate. Nelle canzoni c’era il tema costante della irrequietezza e della
disperazione
Molta gente , non sapendo che l’album era stato registrato prima del
ricovero in ospedale , associò il ricovero con l’album. Il blues è sempre
stato un caposaldo di Dylan fin dal primo album , e molti ne aveva scritti
per conto suo senza copiare le prestazioni vocali di molti dei suoi
contemporanei.
In “Time out of mind” c’era una differenza , perchè contrariamente alle
registrazioni blues precedenti , qui c’era un un consapevole sforzo per
ottenere non solo il suono , ma anche il grande feeling dei blues degli anni
50’.
A seguito della pubblicazione dell’album , ci furono molti articoli ed
interviste , con Dylan e Lanois. Ma uno degli articoli che catturò
l’attenzione dei fans era l’intervista con il tastierista Jim Dickinson ,
che citò due pezzi non inderito nell’album , “Mississippi” e “Girl from the
red river shore”. Cominciò la consueta lagna dei fans e dei collezzionisti “
Lasciano sempre le canzoni migliori fuori dall’album”. Entrambe le canzoni
sarebbero state le migliori se inserite in quell’album. I Siti dei fans
furono immediatamente incuriositi anche se avevano solo i titoli delle
canzoni da citare. “Mississippi” fu di sicuro riregistrata per “Love and
Theft” , lasciando “Red river shore” come qualcosa da mettere nel Santo Gral
dei collezzionisti. La mia reazione , ascoltando “Red river shore” fu la
stessa di quando ascoltai per la prima volta “Blind Willie McTell” , questa
è la miglior canzone di Bob Dylan di sempre.
Da parte sua , Bob disse al New York Times , “ Molte delle mie canzoni sono
progetti per altre , questa volta non ho voluto cianografiche delle canzoni
, volevo le cose vere. Quando le canzoni sono giuste e vengono incise giuste
, e il gioco è fatto. Se son fatte bene rimarranno incise nella pietra”.
Con gli anni , gli arrangiamenti dal vivo di tante di queste canzoni sono
cambiati considerevolmente. Due di quelle che sono cambiate in questo senso
sono incluse in questo TTS.
Naturalmente Dylan ritornò on the road e in aggiunta alle canzoni di “Time
out of mind” , altre canzoni furono continuamente inserite nella set-list .
le canzoni blues , le country , le bluegrass , e canzoni che non aveva mai
suonato.
Molta gente , me incluso , stavano attenti finchè le set-list non apparivano
su Internet. Le musiche che erano entrate profondamente nel suo animo ,
specialmente quella degli Stanley Brothers ed il duo country Johnny and
Jack. E’ impossibile prevedere quando e dove Bob inserirà una nuova canzone.
Può succedere in Portogallo , oppure a Wilmington. Quello che è certo è che
Dylan non sta suonando per esibirsi , lui sta sperimentando , e facendo
questo , espone il suo pubblico a tutte i tipi di musica , anche quelli mai
sentiti prima da lui. E come al solito , ce n’è sempre uno fra i tanti siti
Internet a lui dedicati che vorrebbe sapere la risposta. Come recentemente
mi ha detto un amico , “ Non avrei mai conosciuto gli Stanley Brothers se
non fosse stato per Bob Dylan”.
Semplicemente facendo una canzone, Dylan ha fatto quello che i
collezzionisti del “revival” folk avrebbero sempre voluto realizzare , e ,
grazie ad Internet , i risultati sono stati a livello mondiale.
Lui era , come ha detto nel film “No direction home” , “uno spedizioniere
musicale”.
Nell’autunno del 2000 , Dylan si muoveva in un’area che solo di striscio
aveva toccato prima , il jazz. A Dublino , stupì il pubblico con un
drammatico riarrangiamento di “Tryin’ to get to heaven”. Questo ebbe il
seguito a Munster davanti ad una gran folla stupita , quando tirò fuori “If
dogs run free” , e un mese dopo con una canzone dallo swing western “Blue
bonnet girl”.
Fu chiaro che Dylan stava cercando qualcosa. Quel qualcosa si trasformò nel
suo prossimo album “Love and Theft” , un album che , tra le altre cose , era
l’esplorazione specifica delle radici della musica americana , esplorazione
seguita cinque anni dopo da “Modern Times”.
Questo ottavo album delle Bootleg Series non è solo una raccolta di outtakes
, o takes alternative e canzoni mai sentite. E’ la realizzazione di una
connessione musicale , connessione che copre tutta la vasta gamma della
musica popolare americana. Questo è qualcosa che Bob ha fatto , non solo
negli anni che quest’album copre , ma in tutta la sua carriera.
La Mafia Dylaniana e quei 100 euro maledetti
(fonte: ifgonline.it:)
Collezionisti e dylaniani di tutto il mondo, unitevi.
C’è una mafia da abbattere, e la purezza di un culto da proteggere. Anche se
la musica è diventata un bene liquido e immediatamente disponibile, c’è
ancora un manipolo di feticisti dell’oggetto fisico, disposti a tutto pur di
possedere ogni registrazione sul mercato del proprio artista preferito. O
quasi. L’industria discografica, con una flessibilità da sistema fiscale, fa
infatti pagare a chi è dentro il sistema anche i costi persi a causa di chi
ne è uscito a favore del jukebox celestiale, garantito da Emule, Bitorrent
ed altri. Non solo per il costo del cd a 20 euro, ma anche per le edizioni
deluxe che ormai hanno sfondato quota 100 euro. Gli ultimi ad esserci
rimasti molto male, sono i fan di Bob Dylan, per Tell Tale Signs: Rare and
Unreleased 1986 - 2006, antologia di outtake, b-side e rare performance live
del periodo che va da Oh Mercy fino a Modern Times. Un Dylan ultima maniera
insomma, senza molto da aggiungere alla sua immensa, ma con alcune gemme,
tra cui la bellissima Mississippi, tra l’altro messa per varie settimane in
ascolto in streaming. L’ira dei collezionisti è scattata per la doppia
distribuzione che ha avuto questa raccolta: un’edizione due dischi, a 29
euro in Europa, e una a 3 dischi, a 139 euro. Un salto di più di cento euro,
per un pugno di canzoni in più, e per l’aggiunta di qualche mini benefit
come un singolo in vinile, un poster e un ricco booklet. Troppo poco,
secondo loro, per giustificare una differenza di prezzo così esorbitante.
Nella psicologia del completista, si tratta di un ricatto: se devo avere
tutto, devo necessariamente comprare l’edizione tre dischi. «Le case
discografiche stanno tirando la corda», c’è scritto sui forum dei fan,
«hanno rotto il patto sociale tra gli artisti e il pubblico», invocando
anche il sommo sacrilegio: «Tanto vale scaricare le canzoni da internet, a
questo punto». Nessuno però ha avuto parole dure contro Dylan, tutti sanno
che His Bobbiness delega tutta la gestione dei suoi affari a un clan di cui
si fida ciecamente, preferendo concentrarsi soltanto sulla musica e sulle
scalette del suo never ending tour. Un clan che alcuni hanno paragonato alla
famosa Mafia di Memphis che controllava, e forse mandava in malora, affari e
immagine di Elvis. Quella dylaniana è stata prontamente ribattezza la mafia
di Malibu, dove il menestrello di Duluth vive quando non è in giro per il
mondo. Il Padrino di questa congrega, accusato se non altro di non avere
abbastanza a cuore i fan più fedeli di Bob Dylan, è il suo onnipresente
manager, Jeff Rosen, descritto da chi ha avuto modo di incontrarlo (è una
figura schiva e invisibile) come un Bill Bob Thorthon più alto e scuro. A
lui si sono dovuti rivolgere, ad esempio, Martin Scorsese e Todd Haynes per
i due film realizzati su Dylan, Rosen ne ha letto e approvato le
sceneggiature, ed è stato sempre lui a porre fisicamente le domande a cui
Dylan ha risposto in No Direction Home. Rosen non è però soltanto un
sacerdote della chiesa dylaniana, ne cura infatti anche gli affari, fin
nella più piccola minuzia, per farsi sì che Bob debba solo mettere una
firma. Forse, proprio una di queste firme, messe nella cieca fiducia per il
suo collaboratore, rischia di aver spezzato il prezioso filo che lega Dylan
a chi lo ha seguito sempre e comunque. Solo per un pugno di dollari.
TELL TALE SIGNS : il commento di Freewheelin’ Ghio
Caro Mr. Tambourine Man,
mi chiedevi cosa penso di Tell Tale Sings. Te lo dico subito: mi piace
moltissimo.
A chi si straccia le vesti dedico gli ultimi quattro versi di One too many
mornings. A chi dice che Dylan sta raschiando il fondo rispondo
sommessamente che Dylan non ha nessun bisogno di raschiare il fondo: non
patisce la fame, non è dimenticato né dal pubblico né dalla critica, non è
in affanno né di dischi né di riconoscimenti (specialmente negli ultimi
sette anni); se mai ha raschiato il fondo, lo ha fatto in atri tempi con ben
altri album dove non c’erano out-take, ma tutti originali. E a chi lamenta
che TTS è solo una raccolta di out-take, chiedo (senza acrimonia): un
concerto di Dylan cos’è se non una serie di out-take eseguiti dal vivo?
Purtroppo la (fortunatamente) prolifica discografia di Dylan non ha mai
conosciuto pace al suo debutto; questo sì è il solito in-take.
Torniamo a TTS e comincio con due rilievi che mi servono come esempi per
dirti che posso capire certe riserve:
una Mississippi eseguita tre volte nella stessa raccolta può essere
considerata una strizzatina d’occhio su come si può differentemente
interpretare la stessa canzone oppure una dichiarazione d’amore per quella
canzone; ma al lato pratico finisce per inflazionare il brano al punto da
renderlo quasi ingombrante; tanto più se nessuna delle tre (splendide e
suggestive) interpretazioni uguaglia la versione originale;
il ritornello “someday baby, you ain’t gonna worry po’ me any more” (come
potrebbero essere altri suoi fratelli del tipo “J give you sugar for sugar,
you give me salt for salt”) è nato ed è cresciuto nel blues, e lì deve
morire; proiettarlo in un ritmo da “marcetta” significa svuotarlo di ogni
significato, non vibra più, testo e musica si perdono in due direzioni
diverse;
Altri pezzi mi convincono quanto gli originali. In Most Of The Time armonica
e chitarra tolgono il testo dalle secche della ripetitività e mi riportano -
senza la nostalgia del manierismo - alle atmosfere acustiche di Blood On The
Traks. Così la versione demo di Dignity ha il gran vantaggio di renderla più
intima, quasi più sofferta; nella seconda versione il ritmo strappato forse
non lo cambierei con l’originale, ma la voce più libera non me lo fa
rimpiangere. Anche la versione alternativa di Every Think Is Broken non
appiattisce più sul testo, il pezzo risulta più sciolto. Ain’t Talkin’ è di
gran lunga più godibile dell’originale: più mossa, meno ombrosa, ugualmente
profonda.
Duncan & Brady apre il terzo CD andando dritto all’attacco con la spalla di
Cold Irons Bound dove la voce profonda e vibrante di Dylan trascina tutta la
band. Ascolto il secondo CD, vi trovo il connubio rock e folk che solo Dylan
sa presentare come due facce distinte della stessa identica cultura
popolare; cosa posso pretendere? Red River Shore è dolce, struggente e senza
miele, nel perfetto stile dylaniano. Entrambe le versioni di Ring Them Bells
restano sostanzialmente fedeli all’originale eppure trasformate
dall’interpretazione dal vivo dove non traspare l’ingessatura dello studio;
forse la versione del terzo CD riporta alle atmosfere della Rolling Thunder
Revue, ma anche qui senza nostalgia, senza sguardi al passato.
Sono considerazioni che ti butto lì alla rinfusa porgendotele dall’alto
della mia sovrana ignoranza, forte solo della convinzione che un’opera come
questa (e come ogni altra opera composita) va valutata per il suo complesso,
non la si può scomporre in un brano alla volta prescindendo dal suo
carattere olistico. E da questo punto di vista Dylan ci propone un largo
spettro di musica popolare rivalutandola e rivestendola con rispetto, con
personalità e con amore. Dylan propone più volte lo stesso brano? E questo è
sufficiente per dire che non sa più che pesci pigliare? Davvero nessuno
scorge un’altra chiave di lettura? Non potrebbe essere che per una volta si
siede tra noi e anziché parlarci della sua arte, ci parla del suo lavoro?
Ammetto di non essere un critico obiettivo: ogni volta che ascolto Dylan c’è
qualcosa che mi incanta; non sono né gli arrangiamenti (sui quali non
ritorno) né la sua band: è la sua voce. Gli raspa la gola, esce e si
trasforma in un’aurora boreale. E’ lei che muta brani di musica popolare,
talvolta semplici come un abbecedario, in liriche inimitabili, uniche,
impalpabili, sfuggenti, vibranti. Non so spiegare cosa provo a seguire le
sue modulazioni. Anzi, mi è impossibile; seguo l’incanto e me lo godo,
proprio come fai tu.
Riascolto questo trittico che mi è stato regalato tre settimane fa per il
mio compleanno e vi trovo blues, folk, rock. rockabilly, country e
bluegrass, generi legati tra di loro da una voce incantatrice. Molto di più
di quello che speravo. E mi piacerebbe che tra noi ci si ritrovasse tutti
assieme su Maggie’s Farm come se questa raccolta fosse il natale dei
dylaniani; qualcuno ha avuto il dono che sperava, altri meno, poco importa:
ce ne sono sempre stati tanti per tutti.
Ghio
30 novembre 2008
PS: Consiglio per vedere il mondo sotto un’altra luce: un bicchiere di buon
prosecco, una comoda poltrona e Born in Time (meglio se nella versione del
primo cd).
Interpretando “Red River Shore”
by Lawrence Epstein
Dylan ha scritto molte canzoni d’amore . Esse includono
il desiderio urgente, l’angoscia generata dalla tristezza per l’abbandono
della partner sentimentale , i sentimenti di vendetta che trasformano
l’angoscia in furia , e canzoni che esprimono sentimenti profondi che
mischiano il desiderio , l’attrazzione reciproca e la responsabilità.
Le canzoni d’amore allegoriche sono un’altra delle caratteristiche di Dylan.
A livello letterale , queste canzoni parlano dell’amore di Dylan per una
donna. Come una metafora risalgono ai tempi biblici del “Cantico dei
Cantici” , nel quale il carattere maschile e quello femminile rappresentano
Dio ed il popolo Ebraico.
“Vision of Johanna” (1966” è stata la prima canzone allegorica di Dylan, In
questa canzone Dylan parla dell’amore terreno per Louise mentre quello
spirituale è per Johanna. L’esatta natura della religiosità di Johanna non è
chiara nella canzone. Potrebbe essere Dio rappresentato in forma al
femminile , o una metafora come nella tradizione del “Cantico dei Cantici” ,
o un aspetto di Dio , o un modo personale di come Dylan concepisce Dio. Ci
sono altre interpretazioni cristiane di questo rapporto da offrire , ma non
sono abbastanza qualificato per spiegarle.
“Shelter from the storm” (1974) è un’altro straordinario esempio di come una
canzone può essere allegorica.
E adesso , unendosi a questo illustre gruppo , arriva
“Red River Shore” , un’altra canzone che parla del potere dell’amore. Dylan
dice che la sola donna che ha sempre voluto è “La ragazza sulla riva del
Fiume Rosso”. Non riesce a convincerla a diventare sua moglie , a stare con
lui per sempre. La “ragazza” non è semplicemente una partner romantica. La
sua natura spirituale è spiegata dal fatto che gli altri non la possono
vedere ; quando il cantante chiede di lei , la gente gli risponde “ Non
sappiamo di chi stai parlando”.
Il ricordo di questa Dea nascosta lo sostiene. Il resto della vita gli
appare strano. Il ricordo di lei gli fa sentire le vecchie canzoni ma anche
tristezza perchè si rende conto di essere troppo distante da lei. Una
possibile interpretazione di questa distanza è che Dylan non la sente più
come un’entità spirituale come una volta , ora è diventata un’esigenza
terrena , materiale.
Infatti Dylan si sente come morto. Invoca la speranza che qualcuno possa
riportarlo in vita nel modo col quale Gesù resuscitava la gente. Dylan è
nolto preciso nelle sue parole. Allude a Gesù chiamandolo “ragazzo” ed
“uomo” deliberatamente per evitare un riferimento Divino , con lo scopo di
mettere in evidenza la sua voglia di rinascita.
Dylan ha sbagliato a credere solo nella “ragazza sulla riva del Fiume Rosso”
, ora lo ha capito , e lei adesso – sul piano dell’amore terreno e
spirituale – non c’è più. Gli resta soltanto l’inquetante suono della
nostalgia per la “vita che da amore” , che se n’è andata e non tornerà mai
più.
Questo è il succo della storia di “Red River Shore , la miglior canzone del
nuovo album Tell Tale Signs. Analizziamo la canzone.
John Lomax , il grande studioso del Folklore , ha
cercato la fede nella autentica musica includendo le genuine cowboy songs ,
in opposizione alle cowboy songs che i films di Hollywood avevano reso
popolari.
Lomax ha trovato una grande risorsa in Slim Critchlow ed il suo gruppo The
Utah Buckaroos di Salt Lake City. Quando Lomax e suo figlio Alan hanno
cominciato a collezzionare canzoni per il loro libro “American ballads and
folk songs” (1934) hanno incluso anche ”Red River Shore”.
La canzone racconta la storia di un uomo che chiede alla sua amata di
sposarlo sulla riva del fiume rosso. Lei acconsente , ma suo padre non vuole
che sposi un cowboy. La cantante lo lascia , ma lui la implora di tornare .
Poi affronta faccia a faccia il padre , che era spalleggiato da 24
pistoleri. Il cowboy-eroe ne ferisce sei e ne uccide sette per poter sposare
la donna.
Il 7 gennaio 1966 il Kingston trio incide “Children of the morning” , il
loro ultimo album prima della separazione. In questa versione , il padre ed
i 24 pistoleri sono troppi anche per l’eroe. Lui non sposerà mai la sua
amata. La canzone è accreditata a Jack Splittard e Randy Cierley. “Jack
Splittard era una specie di nome di comodo, falso. Il gruppo registrò il
copyright di qualche traditional song solo per raccogliere il denaro dei
diritti d'autore.
Bob Dylan realizzò Time out of mind nel 1997. L’album fu accolto con
scetticismo. Il giovane idealista Dylan non si trovava in questo disco. Le
canzoni sono piene di paura e di disperazione. “Red river shore” non fu
inserita nell’album. Anche se Dylan non ha utilizzato la canzone , ci sono
alcune parole della versione originale che dicono “She wrote me a letter,
and she wrote it so kind” , le stesse che appaiono nella canzone “Not dark
yet”, una delle più conosciute canzoni di Time out of mind. La versione del
Kingston Trio non aveva la parola “and” nella strofa.
Due versioni di “Red river shore” ci sono in Tell Tale Signs , una delle due
si trova sul terzo CD del cofanetto a tre. Entrambe hanno il loro charme ,
penso che la versione del primo disco sia migliore.
La canzone è straordinaria , per questo meriterebbe una analisi più
approfondita.
TELL TALE DYLAN
by RICK KANE
"Hey, hey, my, my - Dylan's influence will never die"
I’m not there , il film biografico di Todd Heynes sull’ iconico ed
onnipresente Bob Dylan , realizzato nel 2007 , è stato un evento culturale
ed una operazione di marketing. Qualsiasi altro artista dovrebbe essere così
fortunato , in paragone . Per i Rolling Stones la principale attività in
questi giorni sembra quella di mantenere i Rolling Stones come un’impresa
commerciale.
Per Dylan , la mistica dell’uomo ed il significato della musica intrecciate
assieme così da creare un’epica di ciò che la storia ha raccontato ,
aggiunta ed approfondita con ogni nuovo dicendo. Questa storia è la chiave
della commercializzazione di tutto ciò che viene commercializzato.
I’m not there , commercializzato , ha aggiunto molto più di qualunque altra
cosa al Dylan-stock.
Haynes , in effetti , rispolvera l’autore Dylan che era stato già dato per
finito alcune decadi fa. La storia di Dylan è più grande del narratore.
Il film ha generato una serie di concerti per gli artisti che hanno
contribuito alla colonna sonora. Musicisti , con una affermata e notevole
carriera , sono stati contenti di partecipare al progetto, stare vicini a
Dylan era importante per loro. E dov’è Dylan in tutto questo ? Lui è
contemporaneamente presente ed assente .
Quest’anno ci sono stati sei CDs che recavano su di essi le impronte
digitali di Dylan.
Tre vengono da Dylan stesso : Tell Tale Signs : The Bootleg Series Vol.8 .
Rare and unreleased 1989-2006 è l’ultima retrospettiva di una carriera più
che maestosa.
Dylan e chiunque altro abbia concepito l’ idea delle Bootleg Series hanno
fissato un livello piuttosto elevato.
L’idea di immettere sul mercato discografico vecchie canzoni ed esecuzioni
dal vivo sotto il marchio “Bootleg” è ispirata . Si schiera al fianco del
Col. Tom Parker che vendette entrambi i concerti I Love Elvis ed I hate
Elvis nei primi anni 50’ , in termini di alta commercializazione di un
marchio.
Tell Tale Signs si può comperare come un singlo CD , doppio set , o se avete
i dollari , come triplo set + libro di 250 pagine per circa 200 dollari , o
può essere scarivato da Internet per niente. L’intero albumè stato reso
disponibile in free streaming sul sito ufficiale della National Public Radio
(Wikipedia).
"Wise man lookin' in a blade of grass
Young man lookin' in the shadows that pass
Poor man lookin' through painted glass
For dignity"
Che Dylan avesse il materiale di Back up è ciò che da valore al prodotto.
Qui non si sta parlando di giocattoli o di altre stupidate fatte in Cina .
Dylan sta vendendo la sua autenticità , la verità , la sua oroginalità e la
sua storia. Lui sta conservando lo spirito rivoluzionario degli anni 60’
altrettanto bene come l’American Music Heritage.
Le sue canzoni sono le riflessioni dell’anima di tutta l’umanità , viste
attraverso la grande lente della musica popolare americana.
Tell Tale Signs è una delle migliori offerte musicali di quest’anno. Come i
Chronicles hanno semplicemente ed ampiamente dimostrato , la persona miglire
per raccontare la storia du Dylan è Dylan stesso.
"All my powers of expression and thoughts so sublime Could never do you
justice in reason or rhyme Only one thing I did wrong Stayed in Mississippi
a day too long"
Mississippi , da Love and Theft , e la sola canzone che è presente in tutti
e tre I dischi. Queste takes alternative della canzone non vengono dalle
sessions di Love and Theft , ma da quelle di Time out of Mind. Di fatto ,non
c’è una sola canzone unreleased da Love and Theft , probabilmente il suo
miglior album più completo degli ultimi 20 anni.
E non penso sia una cioncidenza. E’ parte del mito e della mistica che Dylan
coltiva da sempre.
Quello che ha fatto è stato darci tre versioni della miglior canzone che ha
scritto negli ultimi 20 anni. La canzone è parte integrante della storia
americana ( parla di F. Scoott Firzgerald e delle storie di miniera di Mark
Twain) , e va anche oltre questa linea.
Un mio buon amico e grande fan di Dylan pensa che la versione di Most of the
time (CD1) sia la migliore canzone del set. Lui ne sente il feeling ,
attraverso il semplice e leggero accompagnamento di armonica e chitarra
esprime la bellezza del sentimentalismo della canzone e della voce di Dylan.
La profondità della storia è meglio rappresentata in qyeste tre versioni che
non nella versione uficiale.
Non posso parlare di Born in time e Cross the green mountain , mi mettono in
una situazione nella quale mi è difficile parlarne.
Queste canzoni mi mandano lontano un milione di miglia. Sento profondamente
i momenti e la gente in queste canzoni , mi ronzano in testa a lungo , come
cose altamente familiari e fresche
In queste canzoni , così come in tutta la compilation , c’è la storia di
Dylan , narrata e venduta.
Il 2008 vede gli altri tre Cd realizzati sotto l’ombra
e l’influenza di Dylan. Il cantautore scandinavo Kristian Matsson con "The
Tallest Man on Earth" è uscito in marzo. Molto simile al primo Dylan e
all’ultimo , il suono delle miniere americane raccolto in antologia da Harry
Smith nel 1950. Ma è Dylan , com’era da giovane artista che più assomiglia ,
anche nella magra , scarna e barbuta copertina. Matsson può ancora evolversi
in un artista con una sua linea personale , ma ore non possiamo dire se
scieglirà questa o si accontenterà di aver successo nell’ombra e nello stile
di Dylan.
Pete Molinari è un’altro personaggio interesante , devoto di Dylan. Viene
dal Kent , Gran Bretagna , parentela egiziana/maltese. Pete ha passato due
anni suonando nelle coffè hauses al Greenwich Village , cantando le sue
storie semplici e ben levigate , le sue storie sono odi all’amore e
all’abbandono. E’ misurato e manierato , con una voce capace di catturare la
tristezza e la speranza della situazione.
Il suo disco “A virual landslide” ha avuto l’attenzione della stampa
musicale britannica in modo leggero , senza dare scossoni alle acque calme
dello stagno.
Per altro , ci sono ragioni per pensare che possa evolversi. In diverse
canzoni , come “Sweet Louise” e “Look what i made out of my head ma” , si
puo sentire il legame ed allo stesso tempo la separazione dall’ombra di
Dylan , in quest’ultimo brano si sente un fraseggio Lennoniano.
Nel primo invece , un deliberato e piacevole omaggio alla “Absolutelu sweet
Marie” di Dylan , ha trovato un modo di suonare senza copiare e questa è la
forza del pezzo. Ancora , come per TMOE ,
tutto quello che Molinari può sperare e di accodarsi alle Back Pages di
Dylan.
Hayes Carll è l’ultimo della lista dei tre artisti che hammo regostrato
quest’anno rimanendo nella lunga ombra di Dylan. Prima di tutto perchè cìè
soltanto un pezzo in questo disco dove fa Bob Dylan , “Trouble in my mind” .
Nella canzone c’è il suono uguale a quello della Band in “Highway 61
revisited”, ispirato dai riff dell’organo di Al Kooper.
Ho visto Dylan in concerto due volte l’anno scorso , in Melbourne ed in
Perth. Entrambi gli show sono stati superbi , non suonava per il pubblico ,
suonava per se stesso le sue storie per la sua leggenda. L’influenza di
Dylan durerà ancora a lungo.
26 November 2008
TELL TALE SIGNS. INSTALLMENT 8 OF THE BOOTLEG SERIES.
By John Aiello
Anche se un alcune delle canzoni contenute nei tre dischi erano già note
circolando ai quattro angoli del mondo fra i bootleggers , nessuna di queste
copie fatte in casa può sperare di avvicinarsi al bellissimo lavoro di
produzione di Tell Tale Signs , ottava uscita per la famosa “Bootleg Series”
di Dylan.
Quando i fans pensano alla musica di Bob Dylan , molte volte pensano allo
straordinario numero di canzoni ed a quanti anni ha passato “on the road”,
ad eccezzione degli otto anni di vuoto fra l’incidente motociclistico del
1966 ed il tour mondiale del 1974, dopo di cui Dylan ha suonato molto e bene
per 35 anni filati.
Tuttavia , i tentacoli dell’arte di Dylan si son estesi anche oltre queste
cose. Oltre ad aver iniziato ad alterare le canzoni dal modo col quale erano
stare scritte , ha inoltre avviato per primo il fenomeno dei bootleggers (
gente che ha cominciato a far circolare registrazioni pirata nel sottobosco
delle etichette fantasma in tutto il mondo).
La causa , di base , è stata un insaziabile appetito per il lavoro di Dylan
, i fans non potevano aspettare l’uscita del prossimo album ufficiale.
Volevano sentirlo subito , anche se la qualità scadente e la pratica era
illecita. Per loro era importante la musica e l’energia santa della poesia
, per loro , contava solo tuffarsi nelle segrete emozioni che la voce di
Dylan generava dentro di loro.
Per questo è nata la “Bootleg Series”. Nel 1991 , la Columbia decide
finalmente di dare ai fans quello che loro volevano , confezionando diversi
set di canzoni inedite e di esibizioni live che si collocavano nello spazio
fra la discografia ufficiale di Dylan e le sue esibizioni dal vivo.
L’esperienza di questo primo “Bootleg” è stata infatti ripetuta , così noi ,
tutti insieme , ci siamo immersi in quel genio creativo che è Bob Dylan –
takes alternative delle canzoni ci mostravano l’anima dall’impulso creativo
che si formava e si affinava con le successive trasformazioni in canzoni
“finite”, da quando il seme della poesia cresce dalla semplice idea e si
trasforma in fiore.
Rimanendo fedele a questa tradizione , Tell Tale Signs presenta una
magnifica collezzione di registrazioni rare e mai realizzate coprenti gli
anni dal 1989 al 2006. I pezzi in esso contenuti sono le gemme che Dylan non
sentiva ancora finite , pezzi che per un motivo o per un’altro non erano
ancora adatti ad essere stampati su un album ufficiale.
Tuttavia , i comunicati della Columbia che ci spiegano perchè queste canzoni
sono state escluse dai dischi ufficiali non sono importanti , invece è la
musica che conta , ed ascoltare queste registrazioni è come avventurarsi in
qualche grande archivio di memorie mai toccate.
Se incontrata nel momento giusto , una canzone può distaccarvi dal mondo e
portarvi in paradiso. E questo è il modo nel quale alcune di queste canzoni
suonano , su un piano di un mondo invisibile e senza nome che cavalca sulle
ali degli angeli fra la pioggia e la nebbia del mattino.
I brani di Tell Tale Signs cercano di catturare Dylan nella sua intima ed
affannosa ricerca della perfezione , la perfetta “hits” sconosciuta al
grande pubblico.
Al centro delle registrazioni c’è “Series of Dreams” ( unreleased dalle
sessions di Oh Mercy).
Questa canzone , basata sul battere degli zoccoli di cavalli e dei tamburi ,
è una chiara e cristallina fotografia della coscienza dylaniana :
profondamente fredda e surreale , collegata a quel mondo oscuro ed
indefinito che scopriamo solo quando il sonno diventa il nostro padrone.
In aggiunta , le tre versioni di “Mississippi” ( dalle sessioni di Time out
of mind) sono particolarmente interessanti , perchè ci offrono la
possibilità di entrare nella mente di un songwriter mentre è impegnato nella
ricerca della canzone-perfetta , che sillaba le parole storcendo le labbra ,
avanti ed indietro , suonando le linee melodiche per costruire il giusto
collegamernto fra esse e la musica.
Notevole la versione live di “Ring them bells” ( Supper club 1993). Questo è
uno dei più grandi pezzi di Dylan degli ultimi anni , ed un pezzo a
beneficio di un luogo piccolo ed intimo , la voce di Dylan è svettante ed
ispirata , danzante nella culla della propria visione spettacolare.
Andando avanti , “Mary and the soldier” ( unreleased dalle sessioni di World
gone wrong) , dal sapore commovente e riflessivo , un brano dei tempi
penitenti della guerra , questo inno chiama tutti , i vivi ed i morti , ad
inginocchiarsi in un collettivo gesto d’amore.
E per finire , la versione live di “High water” del 2003 , è un
Dylan-vintage – il lungo , contuso , velenoso lamento ha ora ceduto il passo
ad un ringhiare introspettivo come se il poeta invecchiato fosse alla
ricerca delle anime che hanno influenzato il suo percorso attraverso le fasi
del suo passato.
Ovviamente , c’è anche una parte di canzoni tranquille in questi tre CD ,
che hanno il potere di tenervi occupati per ore. Sommando tutto , queste
registrazioni sono un tesoro assoluto , un tour de force di lirismo di
infinite dimensioni che ci dice i segreti al di là delle parole , tenendo
viva in noi la sensazione di echi e parole fissate nel tempo , saltando al
di là degli scheletri del tempo in labirinti di suoni e di respiri.
E questi , poi , sono i posti dove gli angeli cantano ed i morti regnano. E
questi , poi , sono i posti dove le febbrili tempeste nascono in cerchio ,
come un vecchio padre del Rock n’ Roll che canti nei sussurri dell’alba
prima di tornare a dormire.
The Bootleg Series vol. 8 : rare and Unreleased 1989 -
2006
di Blue Bottazzi
Quest'uomo è in tour da 20 anni: non a caso lo ha
chiamato il Never Ending Tour. Vestito da cowboy, con la sua banda di
fuorilegge, porta in giro il proprio songbook per città e provincie,
cantando da un angolo del palco, spesso senza voce, canzoni reinventate e
rearrangiate, spesso irriconoscibili ad un pubblico che credeva di portare
la famiglia ad un karaoke di vecchi successi e si trova a invece
confrontarsi con una musica da capire, proprio come accadeva quarant'anni fa
al Newport Folk Festival (quando zio Bob si presentò con la formazione
elettrica della Paul Butterfly Blues Band).
Questo è anche il ragazzo che, assieme e di concerto ai quattro di
Liverpool, ha definito il Rock così come lo conosciamo oggi, trasformandolo
da canzonette per una nuova generazione ad una forma adulta di Arte. Questo
è il ragazzo i cui nove album degli anni sessanta (comprendo i Basement
Tapes e lascio fuori il disco d'esordio) hanno costituito il songbook della
nostra musica.
Il Never Ending Tour, nato per caso e senza progetto particolare, va avanti
dallo stesso lasso di tempo coperto da questa raccolta di inediti e di brani
orfani di disco, che senza essere (necessariamente) dal vivo ne
rappresentano molto bene l'esperienza. Ed è un'ottima cosa perché lo stesso
periodo non è stato rappresentato in modo adeguato dalla discografia
ufficiale, con qualche splendida eccezione come Oh Mercy del 1989 e Modern
Times del 2006. In questi anni quello che ha nutrito la nostra voglia di
Dylan, oltre ai concerti, sono stati proprio i molti volumi della Bootleg
Series che hanno tirato fuori dalle nebbie della leggenda momenti topici
della sua storia.
In questi venti anni Bob ha mischiato a braccio ed a fantasia canzoni ed
arrangiamenti, gli uni agli altri senza rispetti e pudori, e questa alchimia
è svelata con particolare evidenza in Tell Tale Signs, perché delle due
dozzine di canzoni molte erano già comparse nei suoi dischi, e lo stesso si
può dire per gli arrangiamenti, solo in una miscela differente.
Perché diciamo a questo punto della recensione quello che gli ascoltatori
hanno già scoperto: Tell Tale Signs è bellissimo, uno dei punti alti della
discografia di Dylan degli ultimi vent'anni e avrebbe potuto benissimo
vivere come disco autonomo indipendente dal marchio di bootleg. È bello ma
anche significativo perché mette a fuoco con molta lucidità il suono che
Dylan ha cercato di distillare con il Never Ending Tour, quel mix di poesia,
rithm & blues, folk, musica soul e cowboy alla Clint Eastwood di cui i suoi
fuorilegge vanno alla ricerca.
Anche la scaletta è quella di un disco autonomo: si apre con la voce roca
che canta acustica su una semplice chitarra (Mississippi), un'armonica (Most
Of The Time), un pianoforte (Dignity). Alla fine arriva la band ad
accompagnarlo, con una serie di canzoni dalla tensione crescente, da Someday
Baby ad una Series Of Dream in bianco e nero da Roy Orbison, ad una
straordinaria Tell Ol' Bill. L'esperienza dell'ascolto è resa ancora più
eccezionale dal fatto che versi, canzoni, arie arrivano dal nostro vissuto
come in una esperienza onirica, di canzoni che conosciamo e non conosciamo,
arrangiamenti già sentiti e pure nuovi. Ognuno troverà nella scaletta i
propri brani preferiti, ma il livello è omogeneo e molto alto. Io adoro il
primo disco e mi spiace solo che non si chiuda con la ripresa elettrica di
Mississippi, perché così sarebbe stato completo ed auto-contenuto. La
Mississippi #2 apre invece il secondo disco, che prosegue poi su una linea
un poco differente dal primo, più folk e più old time music, e che come tale
costituisce un'esperienza diversa.
Mi dicono che la Columbia abbia creato un pastrocchio nel distribuire questo
ottavo volume della bootleg series, proponendolo in versione singola, doppia
(quella che sto recensendo) ed infine in edizione deluxe con un terzo CD,
quest'ultimo ad un prezzo vergognosamente sopra i cento dollari. Il mio
personale Tell Tale Signs, quello che ho versato nel iPod, comprende le
prime dodici canzoni e la Mississippi elettrica, ed è al pari dei citati Oh
Mercy e Modern Times.
Lo so, è solo nostalgia, but I like it!
Can't escape from you
di Fausto Leali
"Neanche questo ti piace?": mi rivolgo a mia figlia dodicenne, il volto
assonnato del mattino, mentre dall'autoradio fuoriescono le note della
splendida Mississippi. La sua risposta é di quelle che non lasciano scampo:
"sono tutte uguali...". Niente da fare, anche stamani i Finley battono Bob
Dylan uno a zero e a scuola, coi suoi compagni sarà difficile che menzioni
l'ultimo album del nostro. Peccato perché Tell Tale Signs é davvero uno dei
dischi più belli di Bob Dylan e comunque il migliore da più di dieci anni a
questa parte, da quando uscì Time Out Of Mind, nel 1997.
"Where the fuck is 'Blind Willie McTell??? How could you leave that off the
album? It's the greatest song..." Reagisce così, tempo fa, Larry "Ratso"
Sloman ascoltando Infidels; e Bill Graham ha un sussulto, quasi pronto a
saltar su dalla sedia: ma perché Bob Dylan ha sempre questo vizio di lasciar
fuori dai dischi alcuni dei suoi pezzi migliori?
Eppure la risposta di Bob é di quelle in grado di spiazzare chiunque: "Aw,
Ratso, don't get so excited. It's just an album - é solo un disco, in fondo
- I've made thirty of them - ne ho già fatti altri trenta..." (1)
Impagabile Bob Dylan. C'é poca gente in giro così capace d'ironia.
Ed eccolo qui, allora, Tell Tale Signs, ottava puntata della saga delle
"Bootleg Series", un doppio cd pieno zeppo di outtakes ed unreleased songs,
che poi alla fine vuol dire scarti di registrazione, ma roba che la maggior
parte degli altri artisti farebbe carte false per avere sui propri dischi,
gente che venderebbe l'anima al diavolo come Robert Johnson, pur di farne il
disco "buono" di un'intera carriera.
Ci sono altre gemme, per la verità, come una splendida Ring Them Bells
(tratta dagli shows "unplugged" al Supper Club di New York, nel 1993) o la
dolce ed acustica Cocaine Blues, o, ancora, le potenti High Water e Lonesome
Day Blues.
Non é un caso, comunque, che molte delle canzoni di un album così bello
derivino dalle sessions di Oh Mercy e di Time Out Of Mind. Dylan stesso
riconosce una magia tutta particolare, presente in sala di registrazione in
quei giorni, merito anche di Daniel Lanois (2): "avevo una totale
ammirazione per l'operato di Lanois. Molto di quello che aveva fatto era
unico e destinato a durare. Danny e io ci saremmo rivisti dieci anni dopo e
avremmo lavorato insieme un 'altra volta (le sessions di Time Out Of Mind,
nda) con lo stesso intenso coinvolgimento e con la stessa eccitazione.
Avremmo fatto un altro disco, ripartendo da capo e ricominciando da dove
avevamo smesso". Dylan, come poche altre volte nella sua carriera, aveva
trovato un produttore capace di entrare in sintonia con la sua anima e la
sua poesia ("eravamo spiriti fratelli") ed il risultato erano sì canzoni, ma
forse anche qualcosa di più, qualcosa che riguarda ciò che sei ed il destino
verso il quale ti sei messo in cammino: "le canzoni erano state scritte per
la gloria dell'uomo, non per la sua sconfitta, ma anche prese tutte insieme
non esauriscono di certo la mia visione della vita. A volte le cose che si
amano di più e che rivestono il più grande significato non volevano dire
niente la prima volta che le abbiamo viste o sentite. Vale anche per alcune
di quelle canzoni" (3).
Ascoltare alcune di queste canzoni, allora, significa entrare in un universo
tutto particolare, dove anche due versioni differenti dello stesso brano non
sono mera ripetizione, ma diverse sfaccettature di un'esperienza a tratti
anche esaltante: "si può andare avanti all'infinito a variare tempi e ritmi.
Sarebbe stato bello se qualcuno avesse prestato attenzione a questo aspetto,
alle combinazioni ritmiche all'interno della canzone invece che alla
canzone, la quale era perfettamente in grado di prendersi cura di se stessa"
(4)
Forse é proprio perché le canzoni di Dylan sono in grado di "prendersi cura
di se stesse", che si rendono capaci d'intrecciarsi coi fili dell'esistenza
non solo di Dylan, ma di chiunque voglia implicarsi in un ascolto disposto a
lasciarsi condurre lontano.
Tell Tale Signs é pieno di canzoni così. Da Most Of The Time a Mississippi.
Da Red River Shore a 'Cross The Green Mountain. Da Dreamin' Of You a Series
Of Dreams. Ognuna di esse meriterebbe un capitolo a sé, un momento su cui
fermarsi a pensare. Magari non per cambiare un'esistenza, perché quella ha
bisogno di altro, che le dia spessore e significato. Anche Neil Young,
d'altra parte, ha detto di recente, nel suo Just Singing A Song Won't Change
The World: "puoi cantare del bisogno di un cambiamento, beh devi fare il tuo
cambiamento personale, puoi essere quello che stai cercando di dire, ma
cantare una canzone non cambia il mondo" (5). E Dylan sarebbe stato
d'accordo sin dall'inizio, sin da quando, nei primi anni '60, qualcuno gli
affibbiò l'etichetta di folksinger di protesta, mentre lui aveva già
cominciato semplicemente a raccontare di sé a chiunque avesse voglia, allora
come adesso, di fargli compagnia laggiù sotto il palco.
Ma se le canzoni, come ogni forma d'arte, hanno un merito, é anche quello di
farti intravedere la Bellezza. E questa é sempre un tramite, capace di
metterti in contatto con Qualcosa o Qualcuno di più grande.
Dylan ha sempre avuto la capacità di fornirmi uno di quei canali diretti, di
mettere lì, a mia disposizione, pezzi di bellezza capaci di divenire
richiamo. Nulla di strano, allora, che spesso e volentieri, ed in modo del
tutto arbitrario ma altrettanto legittimo, continui ad esercitare su di me
un fascino che ha questa sfaccettatura tutta particolare: una possibilità
d'intreccio positivo con le righe dritte e storte della mia esistenza.
Come mi accade, ad esempio, sulle note di Mississippi.
Provo a percorrerla, allora, lungo le note splendide, intimiste, della sua
versione acustica.
Vi riconosco il percorso di un cammino, una strada a tratti stanca e
disillusa ("Every step of the way, we walk the line/Your days are numbered,
so are mine/Time is piling up, we struggle and we stray/We're all boxed in,
nowhere to escape"). Eppure c'é una voce, povera voce, che grida per un
perché ("I need something strong to distract my mind/I'm gonna look at you
'til my eyes go blind") ed é vero che "la nave é andata in pezzi e affonda
in fretta", "ma il mio cuore non é stanco, é libero e leggero/non sento che
affetto per chi ha navigato con me".
Forse una Compagnia al cammino mi ha fatto scoprire Chi é misericordia e
allora é quella che ridesta il desiderio e dona nuova forza all'andare
avanti : "Stick with me baby, stick with me anyhow/things should start to
get interesting right about now"/"sta' qui con me, sta' con me in ogni
maniera/é adesso che le cose si fanno interessanti".
Una magia mi avvolge, arrivato alla fine della canzone.
Accadrà ancora, con Dreamin' Of you, ad esempio. O con Red River Shore.
Chissà cos'é che, arrivato alla fine dell'album, mi fa guardare a Dylan in
preda ad una nuova sensazione. La musicalità eccellente, la sua performance
vocale, la qualità dei brani pubblicati, ma forse e soprattutto
quell'amicizia in musica di così lunga data. E la consonanza con
l'esperienza dell'anima diviene così intensa che ad un certo punto, in un
esercizio soggettivo quanto avventato, mi é venuto da pensare a questo disco
come ad un percorso interiore di Dylan, il racconto del suo stesso incedere
verso il Destino.
Lo guardo nel video dell'ultima canzone, una splendida 'Cross The Green
Mountain, quasi viaggio esistenziale illustrato da quadri che raccontano
della guerra di secessione americana.
In un video che accompagna la canzone, un inedito Dylan vestito da
ufficiale, guarda il viso del compagno morto - I look into my eyes of my
merciful friend - chiedendosi disperatamente : is this the end?
Qual é, Bob, il tuo sguardo verso il punto d'arrivo del tuo percorso,
lontano dal mito di te stesso, che per tutta la vita, peraltro, hai voluto e
saputo tener lontano, e sempre più nudo, senza sconti con te stesso e chi
hai di fronte - like a complete unknown - nel raccontare di te?
Quel che é certo é che io non posso fare a meno di ascoltarti e di seguirti
fino in fondo, proprio come il titolo di quella canzone, scritta per un film
che non é mai stato fatto.
Dopo tutto rimarrò sempre e soltanto Emotionally Yours e quel che più conta,
appunto, in fondo é proprio questo: Can't Escape From You.
Note:
(1) tratto dal libretto allegato al doppio cd
(2) tratto da Bob Dylan - Chronicles - ediz. italiana a cura di Feltrinelli
(3) ibid.
(4) ibid.
(5) tratto dall'articolo di Paolo Vites "CSNY. Il prezzo della libertà", JAM
n.152, ottobre 2008
Tell Tale Signs - Bootleg Series n.8 - Segni che
raccontano storie
di Bruno Jackass
Tell Tale Signs è l'ottavo 'bootleg ufficiale' (Bootleg
Series) pubblicato dalla Columbia. Forse non tutti sanno che il primo
bootleg della storia è The Great White Wonder, una collezione di
registrazioni rare di Bob Dylan (rif.:
http://en.wikipedia.org/wiki/Bootleg_recording)
Molto criticata è stata la scelta di pubblicarlo in varie versioni, tra le
quali spicca il cofanetto Expanded Edition, l'unico contenente tutti e tre i
CD al modico prezzo di 150 Euro... Tantopiù che è proprio il terzo CD quello
che offre le maggiori sorprese.
Anche Tell Tale Signs, come Great White Wonder, è una collezione di
outtakes, versioni alternative e live di grandissimo interesse non tanto per
il pubblico occasionale, quanto per chi segue il lavoro di Dylan da molti
anni. A mio parere è un disco fondamentale per capire due cose: 1) la
rapidità con cui le canzoni nascono e si trasformano tra le mani di Dylan;
2) il fatto che negli ultimi anni egli è riuscito a personalizzare
ulteriormente il suo modo di cantare, portandolo alle estreme conseguenze
dei suoi concerti attuali (al limite dell'ascoltabile per i gusti odierni).
Mi sembrano da segnalare in particolare, quasi tutte dal terzo CD:
una splendida e movimentata Duncan and Brady, da ascoltare anche soltanto
per come Dylan pronuncia le parole 'job' e 'too long';
una devastante versione live di Cold Irons Bound per la quale trovo
appropriata la recente osservazione di Francesco De Gregori secondo il quale
Dylan ha ormai raggiunto dimensioni 'omeriche' nel modo di concepire e
proporre le canzoni. E' evidente qui come il modo di cantare di Dylan, da
solo, trascina tutta la band su territori alieni e spaventosi;
tre interessanti versioni preliminari di Mississippi, una canzone epica
nella sua versione definitiva ('Love & Theft' 2001). Qui è molto chiaro il
percorso che porta dal semplice abbozzo di un'idea al capolavoro assoluto.
Dylan allo stato puro.
una versione alternativa di Most of the Time che dimostra quanto superflua o
forse dannosa sia stata talvolta la superproduzione di Daniel Lanois;
una emozionante versione alternativa di Ring Them Bells, voce e piano, che
mette i brividi, anche se era già conosciuta a chi colleziona le ormai
innumerevoli registrazioni pirata. Sembra di tornare ai tempi e
all'intensità di When He Returns, semplicemente fantastica;
Things have changed, piuttosto asettica nella versione pulitina che ha vinto
l'Oscar, è qui presentata in una pregnante versione live, dove Dylan sfoggia
capacità espressive e fraseggio, ogni verso è un film, altro che un Oscar...
ne poteva vincere almeno una dozzina;
Red River Shore è invece un vero e proprio inedito. Commuove fino alle
lacrime anche chi, non madrelingua, stenta a capire completamente il testo.
Il segreto di Dylan è al 90% nella sua voce, aspra e dolce fino
all'inverosimile;
Born in Time è presentata in una versione dove il canto di Dylan viene
esaltato rispetto all'arrangiamento. E in questo modo l'esperienza è sempre
migliore;
un discorso a parte merita l'arrangiamento live di Trying To Get To Heaven
utilizzato da Dylan tra il 2000 e il 2001. Qui secondo me siamo di fronte ad
un nuovo genere musicale, non ci sono parole per definire la bellezza di
questo brano, che su 'Time Out Of Mind' appariva piuttosto scialbo. Quando
vidi Dylan ad Anzio (Luglio 2001) per me fu l'apice del concerto. Ne
conservo una registrazione sul campo che, se possibile, è anche migliore
(come esecuzione) di questa suonata a Londra. Qui è anche chiaro l'omaggio
ai bootleggers: si tratta infatti di una versione registrata da un 'taper',
cioè da un fan dotato di microfoni stereo collegati al DAT (oggi si usano
registratori a memoria solida).
Cross the Green Mountain viene riproposta (era stata già pubblicata come
colonna sonora) forse perché passata un po' troppo in sordina. Si tratta
invece di un capolavoro assoluto. Il testo (pura letteratura),
l'arrangiamento in lenta marcia e un cantato sommesso e formidabile formano
una canzone che sembra senza tempo e osserva la tragedia della guerra
attraverso il commento ormai lucidamente distaccato dell'anima in volo di un
soldato appena 'addormentatosi' sulla riva del fiume. Non esistono, a mio
modo di vedere, altre voci che possano cantare questa canzone. E'
appannaggio unico di Dylan. Inoltre è un'altra grandissima prova come autore
di canzoni per film.
Insomma segni che raccontano la storia di alcune sue canzoni e di come Dylan
manipola e piega in modo magistrale la forma canzone per il nostro diletto.
Unico difetto di questo cofanetto: partendo dal 1989 avrebbe potuto e dovuto
includere la versione live di 'Hard Rain's A Gonna Fall' cantata da Dylan a
Nara in Giappone con l'orchestra nel 1994. Una roba trascendentale che forse
però avrebbe oscurato troppo le parti meno brillanti di quest'album, che
pure ci sono.
Tell Tale Signs - Rare and Unreleased 1989-2006 by BOB
DYLAN
by Greil Marcus
Si può trovare una mappa delle trasformazioni che Bob Dylan ha apportato
nella musica Americana negli ultimi 20 anni - una trasformazione nel modo di
fare, certo, ma forse anche nel modo in cui molte persone l’ascoltano oggi –
nelle prime due tracce del terzo cd di Tell Tale Signs: un disco disponibile
solo nella costosissima edizione "Expanded Deluxe Edition”.
Qui c’è Bob Dylan a Chicago nel 1992, che riprende la canzone folk "Duncan
and Brady," solo pochi mesi prima di passare alle canzoni senza troppi
fronzoli dei suoi viaggi nella tradizione musicale Americana, con Good as I
Been to You e che continuano nel 1993 con World Gone Wrong.
Per quegli album Dylan ha lavorato nel suo studio di casa, senza altri
musicisti, senza un produttore, con canzoni che nel suo repertorio spesso
era più vecchie del suo primo album, il Bob Dylan del 1962; dando più
importanza alle melodie che alle parole. Ma in Chicago, col concetto non
ancora chiaro – con le canzoni che ancora dovevano dirgli come volevano
essere suonate - Dylan si è lasciato aiutare dal produttore David Bromberg,
un musicista che, come si dice di un “pomposo rabbino” in The Plot Against
America di Philip Roth, “knows everything. Too bad he doesn't know anything
else" (= Sa tutto. Peccato che non sappia nient’altro).
Una delle cose che Bromberg non sa però, è che cosa bisognava lasciar fuori:
la storia di un pistolero e un barista che non ha mai richiesto di essere
eseguita con basso, percussioni, tre chitarre, due violini, due parti a
mandolino, tastiera, tromba, sassofono, clarinetto e trombone! La canzone
non sa che farsene di tutto questo bagaglio – e Dylan nemmeno. Il problema
risale alla sua stessa insicurezza riguardo a cos’è la sua musica e a che
cosa serve; stava uscendo da un periodo di intensa scrittura, dubbiosi
arrangiamenti, più di 10 anni di costante ricerca di una canzone che non
solo poteva essere messa sul mercato ma domandava di venire al mondo!
Le vecchie canzoni che sono fiorite in Good as I Been to You e World Gone
Wrong presero nuova forma nel 1997 con Time Out of Mind. Lì le canzoni come
Blind Willie McTell, "Ragged and Dirty" e la vecchia ballata britannica
"Love Henry" si trasformarono in canzoni come "Dirt Road Blues," "Standing
in the Doorway," "Not Dark Yet," "Tryin' to Get to Heaven," "Cold Irons
Bound."
Sul palco le canzoni cambiarono ancora forma, come se fossero state trovate
quasi per caso, sfidando il compositore a tenergli testa! In numerosi
bootlegs –opposti a quelli “ufficiali” di Dylan - era chiaro che "Cold Irons
Bound" è cresciuto più in fretta di qualsiasi altra cosa, ma non avevo mai
sentito la performance Tell Tale Signs del Bonnaroo Festival a Manchester,
Tennessee, nel 2004.
La banda è formata da Tony Garnier, al basso; Larry Campbell, alla chitarra,
Stu Kimble, alla chitarra, George Recile, percussioni. Garnier e Campbell,
dopo molti anni sul palco con Dylan, l’hanno probabilmente accompagnato con
maggior affinità di chiunque altro e il risultato è che Dylan esegue la
canzone con una maestria tale che sembra stia suonando lui tutti gli
strumenti e non solo la sua tastiera e armonica. Come potrebbero altre mani
sapere cosa fare?
Il pezzo ha il flash rockabilly di “Mistery train” di Elvis Presley, il
sincopato di "How Many More Years” di Howlin' Wolf, la furbesca minacciadi
"Mannish Boy” di Muddy Waters, l’inferno scatenato di "Every Picture Tells a
Story" di Rod Stewart.
Nei suoi acuti, sembra che il cantante voglia superare se stesso, ringhio
dopo ringhio, verso dopo verso, ghigno dopo ghigno… sembra quasi una scena
tratta da “Reservoir Dogs” di Tarantino (Le Iene).
Sia la versione standard che quella “expanded” di Tell Tale Signs includono
delle note illuminanti di Larry "Ratso" Sloman, che scrisse un libro sul
Rolling Thunder tour di Dylan del 1975. L’edizione deluxe contiene anche i
commenti di Sloman in un libro illustrato, aggiunto ad un libro che
raccoglie tutte le copertine dei 45 giri dei singoli di Dylan con la
Columbia. E anche se sembra più completa ascoltando tutti e tre i cd, la
storia risulta un’unità.
La musica che Dylan ha creato dal 1992 è sempre stata basata sull’idea che
c’è uno corpus di canzoni americane o modi d’esprimersi, che è costante. E’
una forma varia, che in parole e metafore, riff di chitarra e lamenti,
esitazioni e grida, può sempre essere riscoperta e può riscoprire e
rinnovare chiunque se ne ricordi, come se uno potesse non solo parlare, ma
ascoltare in molte lingue.
Collezionando versioni studio e live di materiale già pubblicati -"Ring Them
Bells" e "Most of the Time" da Oh Mercy, 1989, "Ain't Talkin'" da Modern
Times, 2006; composizioni soundtrack ("Huck's Tune" da Lucky You, “Cross the
Green Mountains" da Gods and Generals); e canzoni abbandonate ora ascoltate
per la prima volta ("Marchin' to the City," "Dreamin' of You," "Red River
Shore," tutte tagliate fuori da Time Out of Mind) – le 27 tracce della
versione standard di Tell Tale Signs e le 12 aggiuntive del terzo cd,
tracciano l’espolorazione di Bob Dylan di questo territorio.
Ci sono vicoli ciechi ("Dignity," la canzone di protesta "Everything Is
Broken") e strade pericolose come "Tryin' to Get to You”; possono somigliare
a musiche che sarebbero più in linea con le canzoni dei Carter Family, ma
poi si trasformano sul palco di Londra del 2000 in musiche suonate da
qualcuno che si, somiglia a Bob Dylan, ma pare un crooner degli anni ’50– ed
è un tour de force.
Ci sono variazioni che non espandono le possibilità di una canzone, ma le
diminuiscono (tre volte la versione di "Mississippi” da Time Out of Mind,
che fu registrata per "Love and Theft" del 2001).
A primo impatto Tell Tale Signs può sembrare come una mera raccolta di
pagine finali, una pila di note a piè di pagina e appendici. Ma, come si
capisce dall’opinione dei fan che han dato giudizi sul compendio di 31
performance del 1993 della canzone "Jim Jones" (da Good as I Been to You),
non c’è fine a ciò che Dylan può fare con una canzone: durante i 9 mesi, la
melodia della canzone ha ingoiato le proprie parole e il ritmo si è
trasformato in un’astrazione.
Una performance che a primo impatto può sembrare piatta, poi rivela altri
strati; un cantante che sbaglia le entate delle proprie canzoni… finisce per
sembrare qualcosa che non è. La musica qui non sarà compresa al primo
ascolto.
Per questa ragione, non c'è motivo di dire che "Red River Shore”, nonostante
la tragicità della sua storia, è vasta come un deserto. Dopo alcuni ascolti
potrebbe sembrare troppo sdolcinata, non la tragedia che si propone di
essere. Man mano che la si ascolta potrebbe essere rimpiazzata alla cima
delle classifiche da "Most of the Time," una canzone composta così
attentamente che puoi immaginare che se Dean Martin o Fred Astaire avessero
avuto l’opportunità di registrare la loro versione sarebbe stata meglio di
quella di Dylan -e come la fa Dylan, solo, sul primo cd, o con con un lento
accompagnamento sul terzo, può farti perdere la cognizione del tempo, al
punto che il fatto che Tell Tale Signs ha lasciato un percorso in circa due
decadi di tempo potrebbe non significare pressoché nulla.
HO RIASCOLTATO IL "GENIALE PASTICCIONE"
di Mr.Tambourine
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Tell Tale Signs : Dicono tutti le stesse cose
Ho letto soltanto poche recensioni dell’ultimo lavoro di
Bob Dylan “Bootleg Series 8 : Tell Tale Signs” prima di essermi stancato e
anche un pò irritato. Dicono tutti le stesse cose , questi giornalisti
musicali, e continuano a ripetersi all’infinito.
Dylan è descritto come un bisbetico con l’ossessione della propria mortalità
che esplora in continuazione temi sempre più profondi nella sua musica , e
avanti di questo passo..
Che cosa ha fatto Dylan per meritarsi simili critiche ?
Ho sempre pensato che “Time out of mind” del 1997 e “Oh mercy” del 1989
contenevano testi dei quali si poteva dire che contenevano una certa
amarezza e cinismo , ma avrei potuto pensare le stesse cose per “Highway 61
Revisited” o per una dozzina di altri album di Dylan.
Se mai , nei due ultimi album più recenti – Modern Times e Love and Theft –
c’erano veramente pezzi “a ruota libera” e perfino i più divertenti della
sua carriera . Questo è , dopo tutto , l’uomo che canta in Modern Times :
“Io avevo dei pezzi di maiale , lei la torta
Lei non è un angelo e nemmeno io”
C’era più eros che sentimenti profondi in quello , per continuare soltanto i
temi che piacciono a molti giornalisti .
“Tell Tale Signs” non suona , a mio parere , come il lavoro di un uomo con
poco tempo da restare in questo mondo , come del resto faceva “Dylan” , il
primo album con il suo nome , un album che conteneva canzoni spiritate come
“In my time of dying” , “Fixing to die” e “See that my grave is kept clean”.
Canzoni di questo tipo sono continuamente presenti nella carriera di Dylan ,
e sono una parte vitale del catalogo delle folk-songs che lui continua a
prendere in prestito fino ad oggi.
Così trascureremo quello che dice la maggior parte dei giornalisti ,
comunque io li leggo di rado.
Che posso dire allora di “Tell tale signs” ?
Posso cominciare dicendo che c’è un box di tre CD da collezzione di versioni
alternative e materiale non pubblicato che provengono dal 1989 fino al
presente.
Potrebbe anche valere la pena di dire che si tratta di un altro rimarchevole
lavoro di Dylan , che continua a sorprendere critici ed ammiratori con la
qualità del materiale che ha scelto di non inserire nei suoi album.
Forse il pezzo migliore di questo set è una canzone mai pubblicata , e senza
dubbio un classico , “Red river shore”. Il sentimento di questa canzone è di
quelli senza tempo , evidentemente il cantante aspetta sempre il ritorno
della ragazza che aveva conosciuto molto tempo prima , e che deve avergli
fatto una grande impressione.
“Well I sat by her side and for a while I tried
To make that girl my wife
She gave me her best advice and she said
Go home and lead a quiet life
Well I been to the East and I been to the West
And I been out where the black winds roar
Somehow though I never did get that far
With the girl from the Red River shore”
Questo pezzo non è una grande rielaborazione di “Red river shore” ne
musicalmente ne liricamnte ,
parole e musica sono in perfetta sintonia con la tradizione folk , benchè la
cosa possa sembrare anacronistica.
Ma di certo Dylan non cercava di fare qualcosa particolarmente di nuovo ,
semplicemente cercava di perfezionare l’arte che ha usato in tutta la sua
vita. Noi ci aspettiamo novità , sempre richieste al nostro artista , ma in
“Red river shore” , Dylan ha creato una folk song proprio come ha fatto con
altre canzoni di quel genere , più di quelle , ha creato una sommativa di
tutte le precedenti canzoni folk.
La novità è qualcosa , evidentemente , alla quale Dylan non è più
interessato . In “Tell tale Signs” Dylan fa esattamente quello che ha sempre
fatto , e ci sta ancora riuscendo , brillantemente.
by georgemorison on October 26, 2008.
Tell Tale Signs : i commenti della stampa specializzata
Entertainment Weekly
Emozionante . Tell tale Signs salta le decadi per offirire una storia
alternativa dopo un periodo di stanca . La rinascita creativa che è
cominciata alla fine degli anni 80’ e che continua a dare frutti.
Uncut
Tell Tale Signs è inondato con evidenza di zig-zag mercuriali , la sua
evidente determinazione anche in studio di ripetersi il meno possibile ,
canzoni riprese non solo per il perfezionamento , limare una canzone statica
non per renderla definitiva , l’immaginazione sempre in movimento.
The Onion (A.V. Club)
Da quando Bob Dylan ha inaugurato le Bootleeg Series questo è una dei
migliori
Rolling Stone
Tell tale Signs dinmostra che Dylan conosce i capricci del mondo dove vive ,
ora più che mai.
All Music Guide
Tell Tale Signs suona come un nuovo disco di Bob Dylan , non solo per la
stucchevole freschezza del materiale , ma anche per l’incredibile qualità
del sound e per il feeling che contiene.
Paste Magazine
Tell tale Signs dimostra che il lavoro di Dylan è più ricco di quanto
previsto.
Boston Globe
Con un musicista così importante come Dylan , il nostro appetito di
materiale fresco e nuovo trova nuovi tesori nel lavoro dell’artista. Tell
Tale Signs , l’ottavo delle Bootleg Series , è una festa per i fans
occasionali ma anche per i Dylanologisti.
Hartford Courant
Il risultato è una ricchezza di immagini musicali diverse , che da una luce
affascinante al suo processo creativo in Tell tale Signs.
Observer Music Monthly
Non tutto è perfetto in Tell Tale Signs , I cinque pezzi live , in
particolare , scelte non particolarmente ispirate , ma potreste perdervi in
queste registrazioni.
The Guardian
L’Ottavo tesoro della Dylan Bootleg series di materiale non pubblicato e
versioni alternative dimostra ulteriormente che non c’è mai niente di
definitivo nel lavoro di Dylan, una grande istantanea dell’umore di un
grande uomo.
Billboard
Il materiale dal 97’ offre molte sorprese , particolarmente la sognante
versione di “Someday Babe” da Modern Times e la stridente “Dreaming of you”
che non erano adatte a Time out of mind. Meno essenziali le versioni dal
vivo , che dimostrano come l'imprevedibile fraseggio di Dylan può rendere
trascendantale una canzone in quel momento (Lonesome day Blues che suona
come un vero bootleg ) , irriconoscibili (“Things have changed”) o ordinarie
( “Cocaine Blues”).
Slant Magazine
Indubbiamente l’album offre più di qualche grande momento , quello che crea
più disappunto è la insita celebrazione delle ultime due decadi della
carriera di Dylan , c’è dentro questa idea di una qualche celebrazione.
Dylan’s Secret Histories
Di Absolutely Queen Lucinda
Bene , non risolveremo mai il mistero del perchè Bob
Dylan esclude qualcuna delle canzoni migliori che ha scritto dai suoi album
ufficiali. Può essere che sia una specie di incurabile esistenzialista al
quale non importa di preservare il suo lavoro nei termini di un catalogo
definitivo delle sue registrazioni.
Forse immagina se stesso come l’archetipo dell’uomo sempre in movimento (
Ain’t talkin’”/Just walkin’” che sono alcuni dei “tagli” ( se così
vogliamo chiamarli ) più belli in questo album , palpitanti outtakes da
"Modern Times" che suonano come se avessero 2.000 anni , più attinenti con
la vita vissuta nel momento transfigurativo che si fossilizza dietro il
vetro macchiato della posterità.
In uno o nell’altro senso , queste Bootleg Series albums salvano il senso di
frustrazione di non aver mai udito le “Series of Dream” coninciate con “Oh
Mercy” per la prima volta , o “Blind Willie McTell” e che si dissolvono
infine con “Infidels”.
Per quanto riguarda oggi può essere un punto discutibile : potete mettere in
sequenza le canzoni sul vostro Ipood , ma questo non cambia il fatto che
Dylan ha costantemente ingannato tutte le notizie su ogni nuovo album , come
fece con il trittico della metà degli anni 60’ , rimuovendo le canzoni
principali . Può essere la sua una perversa versione del difetto
internazionale di far sembrare oro l’ottone , oppure solo la crepa di Choen
che lascia filtrare solamente un raggio di luce..
Non tutti i pezzi di "Tell tall Signs" sono indispensabili , ma la
maggioranza è capace di zittire una sala affollata ( incluso il lento blues
in “Mississippi” e la revisione ispirata di quel capolavoro di angustia e
rammarico che è “ Most of the time”, reso qui in un modo più robusto con il
lavoro di armonica e di chitarra ). Infatti , più della metà di questo
materiale può reggere il confronto con il lavoro più fine di Dylan. Molto è
stato raccolto a partire dalla sua stagione meno prolifica ( la maggior
parte del 90') , così come il periodo millenario del revivalismo , da più
elasticità a quella pausa.
L’aggancio dell’album ( Good as i been to you e World gone wrong ) si rifà
ai sacri testi dei gospel ante-guerra , il blues e le standard folks non
solo gli hanno permesso di ritrovare la sua scrittura , ma anche un nuovo (o
forse antico) vocabilario e nuovi temi.
Non solo canzoni come “Red river shore” ( una gloriosa outtake dalle session
di Time out of mind ) , ma anche la versione cruda e semplice della brutale
“30-20 Blues” di Robert Johnson , o una non realizzata bellezza del dicembre
2005 chiamata “Can’t escape from you”.
Ci sono inoltre versioni live abbastanza spellate di “High water” e
“Lonesome day blues” , più le superlative canzoni da colonna sonora di
vecchia data “Huck’s tune” , “Tell ol’ Bill e l' inno della guerra civile
“Cross the green mountain”.
La differenza fra “Born in time” , “Somebody baby” e “Can’t wait” e le
precedenti versioni realizzate è così marcata , potrebbero essere canzoni
diverse ( l’ultimo è il rivelatore ritratto di un Dylan come comunicatore di
blues grezzi ). Tali ricalibrature apparentemente ad-hoc ci fanno pensare
che le Dylan takes differiscono così radicalmente dalle prime , ma era una
strizzatina d’occhio ai tempi prima di realizzare “Like a rolling stone” ,
oppure come se fosse un suonatore di piano da saloon waltz ?
Così qui c’è un’altra pagina dell’affascinante storia segreta di Bob Dylan ,
questo ci aiuterà ad avvicinarci ad un tranquillo Natale.
BS8 : TELL TALE SIGNS
di Gianni Sibilla
Le “Bootleg series” sono state una delle mosse più astute di Bob Dylan:
colui che fu di fatto il primo artista pop-rock ad essere oggetto di un
album illegale – il mitico “Great white wonder” - è stato anche il primo a
legalizzare la diffusione di materiale d'archivio in maniera seriale, ben
prima che il digitale rendesse tutto più semplice. E prima che altri
colleghi (Springsteen, Young...) ci provassero seriamente.
A dire la verià, dopo i primi tre volumi, raccolti in un box nel 1991, la
serie si è un po' persa per strada: i 4 volumi successivi erano concerti,
tra cui certo alcuni memorabili, ma tant'è. Questo nuovo volume riporta
tutto a casa, per usare una frase di Dylan. Due CD (tre, se siete fortunati
a recuperare l'edizione deluxe) di inediti, versioni alternative, brani
live. Tutti provengono dall'89 in poi, andando idealmente a completare
quanto fornito dai primi tre volumi. La confezione, almeno quella standard -
è meno sontuosa del box primigenio, ma per fortuna il contenuto no: un
libretto assai dettagliato soddisferà le voglie dei fan più accaniti.
Come sempre, in questi casi, c'è una doppia chiave di lettura: quella dei
fan, appunto, e quella dell'ascoltatore comune. Il fan si divertirà a
confrontare il materiale con le proprie conoscenze e con le versioni
originali. A farla da padrone, in questa raccolta, sono le versioni
alternate del periodo “Oh mercy”, il disco che nel 1989 ha rilanciato Dylan
grazie alla tormentata collaborazione di Daniel Lanois (e a cui venne
dedicato anche diverso spazio nelle “Cronicles”, l'autobiografia pubblicata
in Italia da Feltrinelli). Tanto per citare un esempio, canzoni come “Most
of the time” dimostrano la tensione creativa di quelle sessioni, con i suoni
diversi da quelli poi pubblicati ufficialmente. Inutile entrare nei
dettagli: questo è uno di quei dischi da leggere, spulciando tra le note del
booklet.
Il secondo livello è quello dell'ascoltatore non specializzato: qua dentro
troverà ottima musica, che dimostra come Dylan, dal suo “ritorno” con “Oh
mercy”, abbia mantenuto un grande livello non solo dal vivo con il
famigerato “Never ending tour”, ma anche in studio. I dischi del cantautore
sono usciti un po' a sprazzi, e il libretto ne spiega bene i motivi, senza
ricorrere ai soliti stereotipi sull'artista bizzoso. Ma, a parte questo, ciò
che dimostra questo box è la grandezza di Dylan anche in questo periodo.
Alla faccia del declino: consigliatissimo, a tutti.
Tell Tale Signs : la voce dei Maggiesfarmers
Ho subito registrato i due cd disponibili in
streaming e li ho ascoltati per bene.
(Nota a latere: io ho imparato (circa a.d. 1972) ad amare Dylan su un
mangiacassette monofonico,
dalle audiocassette prestatemi da un amico, piene di fruscii, click e pops,
tramite
un altoparlante da 5 centimetri di diametro... per me un mp3 scaricato e
registrato
tramite scheda audio ha una qualità eccelsa, superiore ad ogni
immaginazione... :-)
ben vengano quindi queste stupende preview a costo zero)
Come tutti i "Bootleg Series" si tratta di roba per fan(atici) come noi,
su questo non c'è dubbio, e capisco quindi la scelta di creare il
cofanetto dorato a 160,00 euro. Se li avessi ce li spenderei, ma di questi
tempi...
Per me si tratta di un disco molto interessante. E' bello vedere/sentire
come le canzoni si trasformano nelle mani di Dylan (una per tutte
Mississippi!!!).
E' bello poter capire come nasce un capolavoro simile. Non si scaverà mai
abbastanza
nel patrimonio di registrazioni dylaniane perché si troveranno sempre
delle perle, o quantomeno dei segni che rivelano il suo modo di lavorare
da artigiano delle emozioni.
Pensavo di trovare una Mississippi più simile a quella registrata da Sheryl
Crow e invece tutt'altro... anche allo stato embrionale lascia stupefatti
per la sua
semplicità, come anche Red River Shore che è stupendissima. E Highwater con
l'ormai mitico Freddy Koella alla chitarra, completamente stravolta...
E' un disco pensato per noi che adoriamo Dylan, certo poco digeribile e
troppo monotono per essere apprezzato da un pubblico distratto.
Non sono per una condanna, e mi pare di capire che il terzo Cd (quello che
costa
160,00 euro) forse è il migliore dei tre... vedremo se e quando
riuscirò a sentirlo... Sono curioso in particolare per Trying To Get To
Heaven, che ad Anzio (2001) fu strepitosa. Spero si tratti dello stesso
arrangiamento con quell'atmosfera jazzy così magica ed inusuale per Dylan.
Comunque, pur essendo sempre stato scettico sulla bontà dei concerti di
Dylan, ora non concordo con l'eccesso di critiche che sto leggendo, mi
sembra che si stia esagerando, specialmente ora che Lui ha raggiunto un'età
ragguardevole, che meriterebbe maggior rispetto "a prescindere!", come
diceva il Principe De Curtis.
Alla prossima
Bruno "Jackass"
Tell Tale Signs : la voce dei Maggiesfarmers
Sono entrato in possesso del nuovo doppio dello Zio.
Che dire: F.A.V.O.L.O.S.O, inediti e versioni alternate da svenire.
Ciao a tutti e buon ascolto
Enrico
Cos’è Tell Tale signs ?
di Mr.Tambourine
E’ uscito , l’abbiamo ascoltato , abbiamo detto la nostra
opinione.
Leggendo le recensioni ho l’impressione che qualcuno si sia lasciato
prendere un pò la mano , giudicando gli scarti di studio a volte superiori
alle versioni degli album.
Allora mi viene spontaneo chiedermi perchè queste outtakes siano state
scartate a suo tempo , forse chi doveva scegliere era al momento incapace di
intendere e di volere ?
Io cerco di stare il più possibile con i piedi per terra , scarti erano e
scarti rimangono , al di là della curiosità che possono suscitare , al di là
della bellezza intrinsica delle takes , al di là di tutto , furono scartati
allora perchè le takes erano inferiori musicalmente ( intendo arrangiamenti
non ben definiti ) , le atmosfere non erano quelle giuste ma ben al di sotto
degli standard di un disco ufficiale , le parole non erano ancora nella loro
forma giusta , il cantato a volte mancava del pathos necessario (
l’esecuzione di una take a volte si prende alla leggera perchè lo scopo
magari è quello di collaudare il giro di basso, l’assolo della chitarra , il
suono ed i passaggi del piano , la prova dell’armonica , così la voce , in
quel preciso momento diventa meno importante , e si canta tanto perchè ci
sia , sapendo che al momento della take finale verrà certamente cambiata ,
il suono a volte è sporco , impreciso , gracchiante , i volumi non sono
calibrati come da manuale , il basso in certe parti è invademte , troppo
forte , quasi distorto , idem per batteria e persussioni , ma giustamente è
una prova , e lo scopo di una prova è completamente diverso da quello di una
take definitiva. Per questi motivi queste takes vennero scartate , naquero
come takes e non come lavori definitivi , e giustamente vennero tagliate e
riposte nei cassetti.
Ora le hanno ritirate fuori dai loro polverosi ripostigli , qualche grafico
pubblicitario gli ha creato intorno una bella confezione , le takes sono
state messe a casaccio sui dischi ed il tutto è stato messo in vendita per
la gioia del Dylan-fans che in questi ultimi anni stanno imparando ad
accettare di tutto , cose belle e cose oscene , soprattutto oscene ( dal
punto di vista musicale e vocale ) stanno applaudendo e magnificando una
voce che purtroppo non c’è più , canzoni che non ci sono più , rese
irriconoscibili dalla mancanza delle loro caratteritiche vocali e
strumentali , concerti deboli e deludenti , musicisti ancora più deboli e
più deludenti , un Dylan ai minimi storici delle sue prestazioni , fra un
paio d’anni avremo solo la sua persona sul palco ma non la sua voce se si
continua su questa strada.
Detto questo , e la cosa non mi rallegra perchè anch’io come tanti altri
fans vorrei fermare Dylan nel suo tempo migliore , ora si comincia a
borbottare che qualche pezzo di Tell Tale Signs sia migliore delle versioni
da album ! La cosa mi fa sorridere , va bene essere fedeli a Bob ,
stravedere per lui , ringraziarlo per tutta la vita per le emozioni che ci
ha saputo dare in tutti questi anni , ma le esagerazioni hanno sempre
stonato , in tutti i campi della vita. Giudicare migliori queste takes mi
sembra fuori dalla realtà , capisco l’entusiasmo e la voglia di avere
qualcosa di diverso da Bob , il desiderio che lui sia eterno e sempre
all’altezza , ma non è così , così non funziona. Bob è BoB , i suoi album
sono i suoi album , i suoi scarti sono e rimangono i suoi scarti. Mi
aspettavo un nuovo album , so che c’è , da qualche parte è pronto , andrà
rivistato e limato , migliorato , ci sarà qualcosa da rifare , da
puntualizzare , e questo richiede tempo , ma il mercato non ha tempo di
aspettare , Dylan ha vinto il Pulitzer , il suo mercato tira di brutto , la
richiesta è grande , Modern Times ha compiuto il miracolo di arrivare ai
primi posti nelle classifiche in tutto il mondo : Ecco allora la necessità
impellente di far uscire qualcosa. Si aprono i cassetti e si tira fuori
quanto di meno peggio ci possa essere , si fa una confezione all’altezza di
un album e si mette il tutto sul mercato , si scrivono fiumi di parole
sfruttando la debolezza sentimentale dei fans ed un nuovo album di scarti ,
col nome di Tell Tale Signs , viene immesso sul mercato. Operazione
commercialmente brillante ( prezzi a parte ) , ma poi tutta questa
operazione deve superare la prova delle orecchie , e questo Tell Tale Signs
non ce la fa , alle orecchie non si può mentire , le versioni sono quelle
che sono , imperfette , grezze , superficiali , a volte inutili come i pezzi
dal vivo.
Questo Tell tale Signs mi sembra uno specchietto per le allodole , e di
allodole ce ne sono ancora tante , me compreso. Non voglio offendere nessuno
, ho solo cercato di mettermi dall’altra parte , dalla parte dei non fans
dylaniani , che sentendo i dischi si guardano in faccia stupiti e si
chiedono come sia possibile che un artista del nome e del calibro di Bob
Dylan permetta di mettere in vendita tanta scarsezza a suo nome. Non
dimentichiamo che questo è ancora il Dylan di quasi vent’anni fa , quando la
sua voce era ancora intatta , Dylan non è più quello che ci stanno
proponendo con questo BS8 , quel Dylan è stato mangiato dal tempo , rimane
qualcosa che gli assomiglia dal punto di vista fisico , come sfogliare
l’album delle foto dei ricordi . Il Dylan attuale è un patetico Bob Dylan ,
non si capisce più quello che mugugna e che suona , sempre distante e
distaccato dal pubblico come allora , ma almeno ai tempi c’erano le
prestazioni , oggi mi chiedo cosa possa giuistificare l’andare a vedere un
concerto di Bob. Certo Dylan sta invecchiando come tutti noi , è alla soglia
dei settanta ed il suo impegno e la sua partecipazione , il suo entusiasmo ,
la sua verve , la sua pungente satira , la sua capacità di osservazione e di
narrazione non sono più quelle dei venti , dei trenta o dei quaranta , o
forse non gliene frega più di tanto , sta sul palco perchè probabilmente è
una cosa che gli piace fare e non ha molte altre alternative di vita. Persi
moglie e figli , avanzato nell’età , un uomo perde la sua voglia di essere
se stesso anche se si chiama Bob Dylan , allora il desiderio di Robert
Zimmerman viene schiantato dalla esigenza di Bob Dylan , purtroppo il nostro
idolo ha dimenticato come si fa ad essere Robert Allen e si ricorda solo
come si fa ad essere Bob Dylan , quel Dylan che tutto ha ribaltato , ha
preso e rivoltato come un calzino , che ha piegato le idee del mondo al suo
modo di vedere , che ha saputo far nascere il sole , ma che non potrà mai
fermare il tramonto.
Tell Tale Signs : il geniale pasticcione
di Riccardo Bertoncelli
Il Geniale Pasticcione ha preparato un'altra antologia
delle sue, non cronologica, non lineare, con allegra confusione tra live,
studio e cameretta. Questa volta però almeno ha delimitato il campo,
raccogliendo solo pezzi degli ultimi vent'anni; alla faccia di chi ritiene
che la vena si sia esaurita dalle parti di Blood On The Tracks (pochi, a
dire il vero), si comincia con Oh Mercy e si arriva a Modern Times,
attraversando i controversi affascinanti anni della maturità e della
vecchiaia. Due dischi per i comuni acquirenti, tre nella tiratura limitata
per eletti; con molte scoperte preziose che neanche i bootleggers
conoscevano (negli ultimi vent'anni Bobby D ha imparato a blindare gli
archivi un po' meglio) e la conferma che il nostro uomo si esprime meglio in
solitudine o poca compagnia, senza troppi addobbi.
Si comincia con una meraviglia, Mississippi, una outtake di Time Out Of Mind
proposta in tre lezioni. Il brano vedrà la luce nel 2001 su Love And Theft,
in una versione suggestiva ma così lontana dalla carne straziata e dal
disagio dell'originale. Succede spesso, in DylanLandia. Le canzoni nascono,
crescono, si sviluppano, non è facile coglierle in perfetto stato di grazia,
nella migliore esposizione, e Dylan oltretutto è noto per essere un pessimo
giudice di sé. Anche una volta che hanno debuttato in società, subiscono
continue limature o lifting radicali, e più per estro inquieto che per
smania di perfezionismo. Tell Tale Signs è pieno di abbozzi o riletture del
genere, una manna per gli studiosi e i fans più attenti: una eccentrica Born
In Time provata ai tempi di Oh Mercy ma pubblicata solo su Under The Red
Sky, una Ain't Talkin' troppo in carne per valere quella già nota, una Most
Of The Time cui ancora manca l'aura luminosa che la renderà irresistibile e
Everything Is Broken in una esecuzione pelle/ossa da far male,"basic R&B
mix". Varie registrazioni live ci danno un'idea, ma giusto un'idea, del
gusto dylaniano che si evolve e muta i lineamenti delle creature già note:
Cold Iron Bounds è una fenice che continua a morire e risorgere, Ring Them
Bells una dolcezza anche se mugugnata scontrosamente e High Water fa
impressione per quanto è forte e indocile, più fuoco che acqua, pur con quel
testo e nello scenario suggestivo delle cascate del Niagara.
Non sono un grande fan degli ultimi album, quindi prendo come un regalo il
fatto che l'antologia sia sbilanciata dalle parti di Oh Mercy e Time Out Of
Mind, dischi che invece adoro; il meglio di Tell Tale Signs viene da lì, dal
lavoro di cesello con Daniel Lanois, e peccato che i due soci non abbiano
capito subito la grandezza di brani come Series Of Dreams e Dignity (ma le
conoscevamo già) e poi Red River Shore, Dreamin' Of You, God Knows. Da non
dimenticare una 32-20 del periodo World Gone Wrong, omaggio a un Robert
Johnson sempre citato e mai eseguito. Il cuore di Dylan batte sempre lì, at
the crossroads, in quegli avventurati anni depressi e anche prima. Non lo ha
mai nascosto, e una volta lo ha raccontato bene a un giornalista di Der
Spiegel che gli chiedeva quali fossero le sue influenze. "Canzoni base degli
anni 20 e 30, più qualcosina dei 50. Poche cose circoscritte: folk
americano, blues, un po' di rockabilly".
(fonte : delrock.it)
Tell Tale Signs : How does it feels ?
di Dario Twist of Fate
Ciao Mr.Tambourine !
non ho potuto evitare di notare la tua vena caustica nei confronti di questo
Bootleg Series 8 , gli hai dato giù davvero pesante...
non che io lo consideri un capolavoro o un disco inscindibile nella
discografia del nostro...
però ci sono per me cose di indubbio interesse, questa davvero grande
versione di Most of the time ad esempio, che riporta alla mente le New York
session del 74, e quella Tangled con quella chitarra sporca e irrequieta...
boh, ci sono cose notevoli secondo me, però capisco anche il tuo punto di
vista...
diciamo cmq che la mia febbre dylaniana nasce nel dopo "Love and Theft" e
che pur avendo molti ricordi, il tempo è ancora breve, non sono un fan di
vecchia data, non conosco i grandi momenti, ne ho solo sentito parlare, ma
di seconda mano...
immagino che essere un fan di dylan nei '70 fosse davvero differente...coi
vinili, non so...
mi si stringe il petto a pensare a ciò che è stato...adesso restano solo le
briciole e sarà sempre peggio...
Born in time, come direbbe il Nostro...
ecco forse io sono uno che non è nato in time...
e sono alla rincorso di un sogno che non mi appartiene...
nonostante quella potente versione di High Water, era davvero bello il suo
show con quei due formidabili chitarristi, che erano Koella e Campbell(?)
non ricordo...
ricordo un giovanissimo Davide (Te Saint) che tornò deluso dal concerto di
Roma 2003 e sono passati già 5 anni
e io a consolarlo :- cosa ti aspettavi?
Forse di vedere BOB DYLAN invece di bob dylan ?
ma da un pò di tempo abbiamo solo questo piccolo bob ormai...
ce lo faremo bastare visto che non si vedono altri giganti in giro...
e che forse la musica e il rock non sono più quelli di una volta...
e forse questo Bootleg Series 8 è davvero un disco inutile, ma risveglia in
me una passione dylaniana che non sentivo più da molti mesi...
forse al prossimo tour tornerò ai suoi concerti, forse no...
forse è davvero passata quella frenesia, quel feeling...
poi però arriva questa preziosa e imperfetta Dreamin' of you e qualcosa
prende calore dentro di me o forse no...
Ma Dylan era ancora DYLAN in quella sala d'incisione, aveva davvero qualcosa
un fuoco sacro del rock che Lanois cercava di catturare e di raffreddare per
meglio produrre un disco che non era possibile realizzare, io capisco la
frustrazione di questo produttore che cercava in ogni modo di realizzare il
suo personale Blonde on Blonde, ma i tempi erano davvero cambiati e così
l'Uomo e il genio che però di tanto in tanto tornava, e chissà quante volte
sarebbe stato così ancora...
e questo Bootleg Series, sembra quasi una risposta a Lanois, vedi amico si
poteva fare anche così, poteva funzionare lo stesso, oppure?
e questa storia degli oppure che con Dylan dobbiamo tollerare da sempre,
sprazzi di genio, come ha detto giustamente Bertoncelli , Dylan è un geniale
pasticcione...
personalmente ho smesso di difendere il Nostro a spada tratta, dato che
neppure lui ci prova più a farlo...
megluio stare dalla parte dei detrattori forse, meglio criticare e stroncare
gli ultimi due lavori in studio...
caro Mr.Tambourine , considera questo mio sfogo da dylaniato frustrato, che
si aspetava a breve un disco nuovo che ormai non arriverà più...almeno non
per questo inverno 2008-09
e allora How does it feel?
che Dio abbia pietà di noi , in fede , Dario
BOB DYLAN "Tell Tale Signs" - The Bootleg Series Vol.8
di Gabriele Benzing
“Il mondo non ha bisogno di nuove canzoni”, aveva affermato Bob Dylan alle
porte degli anni Novanta. “A meno che non spunti fuori qualcuno con un cuore
puro e qualcosa da dire. Allora è tutta un’altra storia”.
Per anni, Dylan ha cercato invano di inseguire un tempo con cui ormai non
aveva ormai più nulla a che vedere. Poi, un giorno, tutto è divenuto chiaro:
il suo destino è sempre stato quello di appartenere ad un altro mondo, il
“time out of mind”, il tempo immemorabile della tradizione, di quella che
Greil Marcus ha definito la “repubblica invisibile”. E da allora tutto è
cambiato.
L’ottavo volume delle “Bootleg Series” dylaniane si propone fin dal titolo
di esplorare i segni rivelatori dell’immersione in quel pozzo ancestrale,
raccogliendo inediti e rarità disseminati tra il 1989 ed il 2006. Ma
nonostante il fascino degli intenti, il rischio è quello che tutto si
risolva semplicemente in uno svuotamento non troppo ponderato degli archivi.
Due album dominano il periodo affrontato da “Tell Tale Signs”: “Oh Mercy” e
“Time Out Of Mind”, gli unici dischi realizzati da Dylan negli ultimi
vent’anni a poter sostenere il paragone con i capolavori degli anni Sessanta
e Settanta. Merito anche del decisivo apporto di Daniel Lanois, l’ultimo
grande produttore capace di tenere testa a Mr. Zimmerman e di condurlo a
trarre il meglio dalla propria volubile musa. “Lanois era un concetto che
cammina”, ricorda Dylan nella propria autobiografia. “Non si accontentava di
galleggiare in superficie. Non gli bastava nemmeno nuotare. Voleva tuffarsi
e scendere in profondità. Voleva sposare una sirena”.
Le rivelazioni più attese provengono allora dalle session di “Time Out Of
Mind”, a cominciare dalla nostalgica elegia di “Red River Shore”, che cresce
di fascino con il progressivo entrare in scena degli strumenti, dall’organo
al dobro, dalle percussioni alla fisarmonica. Le acque del fiume sono le
stesse che vennero cantate dal Kingston Trio, ma la storia che raccontano è
un’altra: il profilo della fanciulla che si staglia in controluce sulla riva
sembra impalpabile come quello di uno spettro, un’irraggiungibile memoria di
Euridice, quasi un contraltare femminile dell’oscuro amante tornato dall’Ade
di “Man In The Long Black Coat”. È possibile fare esperienza del mistero in
terra? “Ho sentito di un tizio che è vissuto molto tempo fa”, mormora Dylan,
“Un uomo pieno di tristezza e di contrasti / Se qualcuno intorno a lui
moriva / Lui sapeva come riportarlo alla vita / Non so che tipo di
linguaggio usasse / O se accadono ancora cose di questo tipo / A volte penso
che nessuno mi abbia mai visto / Eccetto la ragazza della riva del Red
River”.
La scrittura di Dylan, a partire da “Time Out Of Mind”, si basa
sull’accostamento di brevi epigrammi, dotati ciascuno di vita propria,
secondo una tecnica tipica della cultura orale del blues. Ecco allora
affiorare negli inediti di “Tell Tale Signs” versi poi confluiti nei brani
pubblicati sugli album ufficiali del songwriter di Duluth, in un gioco di
rimandi che introduce al cuore stesso del suo processo creativo.
È il caso di “Marchin’ To The City”, sorta di basement tape apocrifo che si
dipana intorno al tema del pellegrinaggio, la cui eco si può facilmente
ritrovare in “‘Til I Fell In Love With You”: “Signore abbi pietà / Mi sento
pesante come piombo / Sono stato colpito troppo duramente / Ho visto troppe
cose / Niente più mi può guarire / Tranne il tuo tocco”. Dylan sfodera il
suo tono più magnetico e notturno in “Dreamin’ Of You”, che si muove sinuosa
tra organo e pianoforte: “Per anni mi hanno tenuto chiuso in una gabbia /
Poi mi hanno buttato su un palcoscenico / Alcune cose durano più a lungo di
quanto pensi / E non hanno mai spiegazione”. E “Mississippi”, regalata a
Sheryl Crow e quindi recuperata in “Love And Theft”, viene proposta in ben
due versioni, la prima delle quali, affidata alla limpida chitarra di
Lanois, avvince con la sua perfetta semplicità.
Dagli anfratti segreti della lavorazione di “Oh Mercy” giunge una “Most Of
The Time” per chitarra acustica e armonica che sembra provenire dalle pagine
di “Blood On The Tracks”. “Dignity” oscilla tra la nudità di un demo
pianistico ed un inatteso andamento rockabilly, mentre “Born In Time” e “God
Knows” (escluse da “Oh Mercy” per poi essere riprese in “Under The Red Sky”)
mostrano un più profondo spessore rispetto alle interpretazioni già note.
Quello delle alternate take, tuttavia, rimane in sostanza un gioco per
cultori della materia, che finisce per mostrare facilmente la corda di
fronte a versioni tutto sommato superflue come quelle di “Everything Is
Broken” e “Series Of Dreams” incluse in “Tell Tale Signs”.
A rendere più accattivante la confezione, vengono ripresi anche alcuni brani
inclusi negli ultimi anni in varie colonne sonore, da “Tell Ol’ Bill”,
scandita con vibrante efficacia dal pianoforte e dal basso del fido Tony
Garnier, fino al passo marziale di “‘Cross The Green Mountain”, in cui Dylan
dipinge la Guerra di Secessione con voce degna di un antico cantore. Non
potevano mancare, poi, le incursioni nelle radici folk del passato,
dall’omaggio a Robert Johnson di “32-20 Blues” al traditional “The Girl On
The Greenbriar Shore”: “quelle vecchie canzoni sono il mio vocabolario e il
mio libro delle preghiere”, confessa Dylan in un’intervista riportata nelle
liner notes dell’album.
Difficile comprendere, invece, quale sia il senso dell’inclusione piuttosto
casuale, tra le tracce del disco, di alcuni episodi live più o meno recenti,
tra cui si distingue una “High Water (For Charley Patton)” dalla sulfurea
elettricità. Piuttosto che estrarre un unico brano (“Ring Them Bells”) dalle
celebri performance del 1993 al Supper Club di New York, sarebbe stato
probabilmente più lungimirante lasciare spazio ad una pubblicazione
integrale di quello che rappresenta una vera e propria pietra miliare del
“Neverending tour”. Lo stesso vale per le cosiddette “Bromberg session”, un
intero disco di classici folk precedente a “Good As I Been To You” rimasto
tuttora inedito, da cui viene pescata a sorte solo l’incantevole “Miss The
Mississippi”, condotta da un’orchestrina country a base di armonica, fiddle,
mandolino e fiati.
Insomma, nonostante tra le ventisette tracce di “Tell Tale Signs” si
nascondano vere e proprie gemme, a lasciare perplessi è l’operazione
discografica nel suo complesso: un’impressione rafforzata ancor più dalla
deluxe edition dell’album (venduta in esclusiva sul sito ufficiale
dell’artista), che per il modico prezzo di 129,99 dollari aggiunge
un’ulteriore disco di versioni alternative, brani dal vivo e scarti
assortiti…
Inutile negarlo, “Tell Tale Sign” è un prodotto per fan. Ma i fan, si sa,
per una “Red River Shore” sono pronti a perdonare a Dylan questo ed altro.
06/10/2008 (fonte :
ondarock.it)
Tell Tale Signs: Tell It Like It Is
Pre-Release Review by Sadi Ranson-Polizzotti
Così volete sapere , se vale la pena di comperare il cofanetto di Tell tale
signs ? Vale ogni penny , e non semplicemente per lo zoccolo duro dei fans ,
ma se non conoscete i bootlegs o come il resto di noi , conoscete le diverse
takes di molte canzoni ( in particolare di Oh Mercy ) , allora siete pronti
per un ossequio regale. Prendetelo .
Ne vale la pena perchè Dylan è al suo meglio dagli anni 90’ fino al 2006.
Quello che chiarisce questo set , e che gli altri dischi non hanno fatto , è
di mostrarci in quanti diversi modi può cantare le sue canzoni. Potremmo
sentirle ancora diverse nei concerti , questo è vero , così conosciamo le
varianti . ma quello che è interessante in questo disco è proprio come una
canzone come “Most of the time” può suonare in una take scartata (
particolarmente nel disco One ). É così totalmente diversa , così
assolutamente amabile , come dire , così assulutamente ogni cosa che può
battere la versione dell’album , questo per me vuol dire tanto , perchè sono
affezzionata alla versione dell’album : allora ho ascoltato la take scartata
del disco uno e c’è una dolce armonica che fa la parte del leone. Come si
sposa bene con la semplicità della chitarra . Il ritmo non posso definirlo
perchè è variabile ( almeno questo sembra al mio orecchio poco addestrato ).
Per la maggior parte rimane come in sospeso , ma è difficile seguire
l’armonica nei diversi cambiamenti che attraversa , almeno finchè non si
capisce il ritmo che non è così “evidente”. Quasi con noncuranza la canzone
funziona molto bene . Al momento è la canzone che ascolto di più , e lo sarà
probabilmente anche per voi , almeno fino al momento che avrete trovato
un’altra preferita , cosa che io non sono ancora riuscita a fare perchè
tutto è così mutevole , forse dipende dalla mia mentalità , dalla mia età ,
o da tante altre cose , tutto è così mutevole in quello che c’è nel disco.
“Dignity” è un’altra da sottolineare , compare nei dichi in diverse versioni
( come alcune altre ) io preferisco quella con l’introduzione di piano
perchè mi è sempre piaciuto Dylan al piano perchè è molto dotato su quello
strumento .
Quando avrò avuto il tempo di ascoltare tutti e tre i dischi nei prossimi
giorni o settimane , sarò più precisa , allora forse sarà una recensione
diversa , più di questa pre-recensione sommaria di come gli album stanno
assieme , e l’esperienza completa dell’ascolto. Oggi è un non-sequitor
totale , qualcuno ascolta più un album intero ?
Con l’avvento degli iPod , iTunes , Windows Media Player , spesso si fa un
mix , raramente un album intero , ma questo è un’altro argomento.
La confezione del box con i tre album è bella ed è accompagnata da un
brochure eccellente con le liner notes ( che non ho ancora letto per farmi
la mia valutazione delle tracce , posso essere d’accordo o non con quelle ,
ma avere due opinioni è sempre meglio.
Inoltre è disponibile un CD singolo in vinile di “Dreamin’ of you” con una
tremenda foto di copertina di Randee St. Nicholas. C’è una donna sulla
copertina con Dylan , chi sarà ? Potrebbe essere una modella o forse un
amore di Dylan , questo è quello che ho pensato. La musica su vinile suona
sempre differente ( almeno al mio orecchio : i CD sono molto più puliti ,
come un amico che ha appena fatto il bagno.
I tre CD sono accompagnati con un’eccellente riproduzione di lusso delle
copertine dei singoli (45s) , alcuni dei quali sono stati pubblicati , altri
sono sconosciuti , altri realizzati apposta per quest’evento.
Da quando è con la Columbia , Dylan ha realizzato oltre 1.200 singoli ed
extended-play in tutto il mondo. La serie comincia nel 1963 con un promo di
“Blowin’ in the wind”. Prendo nota che le copertine sono molto belle in
questo libro deluxe del Cd , ma io non posso pensare come un produttore
pubblicitario che pensa allo stile del marchio. Dylan stesso è ovviamente il
marchio , a questo punto , ma ho notato che le canzoni sono elencate in
questo modo , solamente “Most of the time” invece delle abbinate “Most of
the time” come ho visto su bobdylan.com come scritte da lui.
Qualcuno sta parlando da solo qui , senza comunicare , perchè dovrebbe
esserci una continuità in come le canzoni sono elencate , invece che alla
rinfusa , e questo creerà piccoli problemi in futuro per le scolaresche che
non le conosceranno correttamente ed esattamente come Dylan avrebbe
desiderato .
La gamma delle songs proviene un pò da tutto , dal buon vecchio rock del
portico ad alcune vere ballate di couble-dancing , dal rock&roll al country
al folk , le ballate gospel e le ballate traditionals. Non tutti i musicisti
potrebbero permettersi un pasticcio del genere , ma Dylan lo fa , potrebbe
andar bene per una o due cose , ma mischiare tutti i generi non si mai
visto. Dylan ha chiamato se stesso uno “spedizioniere musicale” e questa
raccolta lo dimostra , forse un viaggiatore che passa diversi luoghi con
musiche diverse e assorbe tutto , questo è quello che è Dylan in “Tell Tale
Signs” , ma come ha detto Suze Rotolo nel suo libro “A freewheelin time” ,
tutto il lavoro di Dylan viene analizzato al microscopio , e questo è vero.
Disc I
Mississippi (Unreleased, Time Out Of Mind)
Questo è il primo pezzo del 1° Cd e la chitarra è eccellente , così come lo
è Dylan nella sua durezza. Questa canzone potreste averla cantata con gli
amici sotto il portico ( non ho dubbi che l’aggiungerete al vostro
repertorio ). Una storia in una canzone , certi fraseggi così familiari e
così “dylan”. La canzone appare tre volte nella confezione col cofanetto , e
sono tutte diverse , a dimostrare che Dylan può prendere una cosa e voltarla
in un’altra con assoluta facilità nel modo migliore.
Most of the Time (Alternate Version, Oh Mercy)
Una versione acustica velocizzata – totalmente differente dalle altre
versioni che hanno un grande sound. Ora mi piace di più questa versione , ma
solo perchè ho ascoltato le altre versioni molte volte. Ci sono delle gemme
in questo set , e sicuramente questa canzone è una di quelle.
Dignity (Demo Version No. 1, Oh Mercy)
Anche questa dalle sessions di Oh Mercy , è solo un demo col piano e Dylan
canta una versione dignitosa di Dignity. É accreditata come un demo-take , e
come mi piacevano le altre versioni che avevo sentito , devo dire che questa
è la migliore perchè il piano crea la miglior atmosfera. É giusta in tutto ,
sia metaforicamente che letteralmente.
Someday Baby (Alternate Version, Modern Times)
Le altrrer versioni che conosciamo di questa canzone , hanno troppo
un’impronta pop-jazz , sembra di vedere le ragazze della squola ballare con
i loro iPood , e questo è bello. Questa versione è buona , ma non decolla ,
si percepoisce meno divertimento , un piccolo presentimento per il
futuro....sameday baby.
Red River Shore (Unreleased, Time Out Of Mind)
Apparentemente il Dylan camaleonte nel modo di cantare. Qui c’è il nostro
uomo con un semi country accento del sud , appropriato perchè la canzone è
molto simile ad una country-ballad : la breve storia di un uomo pieno di
dubbi ( Era fuori in mezzo al nero ruggito dei venti , ma non riesce mai ad
avere un appuntamento con “la ragazza del fiume rosso”).
Tell Ol’ Bill (Alternate Version, North Country Soundtrack)
Mi ricorda Things Have Changed. Forse non tanto le parole ( non ho avuto
ancora l’occasione di leggerle ) ma il suono di questa canzone è molto
simile , buona cosa.
La canzone non è ben definita , ma và seguita a lungo , forse mentre state
guidando.
Alla lunga ti prende e ti porta con essa , come la marea che sta salendo.
Born in Time (Unreleased, Oh Mercy)
Mi è piaciuta fin dalla prima battuta , ed è un peccato che sia rimasta
esclusa da Oh Mercy , ma allora , ogni artista deve fare una scelta perchè
non è possibile inserire tutto. I testi sono pura poesia , una melanconica
canzone sull’amicizia che va e viene , e inerente a questi , i problemi
delle relazioni complicate. C’è rammarico , molto rammarico in questa
canzone , è una canzone “nuda” e forse per questo era stata scartata , chi
può dirlo ? E’ stata pubblicata ora ed io sono contenta , qualche volta
aiuta lasciar fuori qualcosa e certamente , se c’è qualcosa che può metterci
in relazione con questa , la cosa ci aiuta.
Can’t Wait (Alternate Take, Time Out Of Mind)
“In si bemolle” come dice la voce all’inizio del nastro. Ha un suono scuro ,
da tarda notte. Così tutto diventa afoso , con una punta di rugosità nei
particolari , una combinazione di Dylan per dimostrare lo strazio e
l’angustia che ci sono nelle canzoni che suonano umili , sembra dire “ State
con me , seguitemi “.
Everything is Broken (Alternate Take, Oh Mercy)
Sono content che dica ancora “broken meear”. In dylanesco non si pronuncia
“mirror”. Non c’è nel dizionario. E’ stato detto abbastanza su questa
canzone , così adesso l’avete anche qui.
Dreamin’ of You (Unreleased, Time Out of Mind)
Ho scritto un articolo intero su questo pezzo , una canzone eccellente , con
un testo molto familiare , ma troppo lungo per inserirlo in un pezzo solo ,
leggete il mio articolo in proposito.
Huck’s Tune (from “Lucky You” soundtrack)
“When I kiss your lips, the honey drips, I’m gonna have to put you down for
a while.” Non è una cosa sexy , tuttavia la differenza è sottile , però
sembra più vicina al romantico , come in tante altre canzoni di Dylan ,
questa linea sottile balza agli occhi immediatamente . La canzone ha un
sound country e sembra una canzone d’amore per una ragazza irlandese ,
lirica. “I tried you twice, you can’t be nice, I’m gonna have to put you
down for a while.” Cosa voglia dire con “put you down” è quello che la rende
interessante , è un gioco di parole , un doppio senso che potrebbe voler
dire qualcosa di diverso da quello che si capisce al primo momento.
Marchin’ To The City (Unreleased, Time Out Of Mind)
Un inno che comincia in una chiesa per tornare qui di nuovo , lui “ non
cerca niente negli occhi di chiunque altro”. E’ un lento molto bluesy , che
combina di nuovo le diverse situazioni della vita. Suona bluesy , con
influenze religiose , ma a me non sembra una gospel-song .
High Water (For Charlie Patton) (Live, 2003, no location given)
Rock n’ Roll sicuramente. Non la mia preferita , ma certamente buona per far
ballare la gente e non mi sorprende che sia stata presa da un’esibizione
live , questo rende la canzone più “ooomph” . E’ buona , ma a mio parere ,
manca della grazia di altre canzoni incluse nel cofanetto.
Disc II
Mississippi (Unreleased Version, Time Out Of Mind) *note a different cut of
this exists on disc no. 1 as the first cut of the boxed set.
Un’altra canzone sul tempo che si accumula , una canzone “dilla com’è” dal
punto di vista di un uomo , effetivamente uno specchio dei tempi.
32-20 Blues (Unreleased, World Gone Wrong)
Ovviamente, Blues e Blues vero , tempo battuto coi piedi , quello che voglio
suonare o sentire qiando sono con i miei amici sotto il portico in estate.
Come ogni canzone blues , anche questa è la storia che coinvolge una donna ,
problemi affettivi , e un pò di violenza ( c’è anche di mezzo una pistola )
. Una canzone classica nella tradizione blues , una storia divertente da
seguire , la donna , naturalmente , è quella che vince.
Series of Dreams (Unreleased, Oh Mercy)
C’è più parlato che cantato , ma c’è qualcosa di simile in ogni Dylan’s
song.
La monotonia ripetitiva mi ha reso difficile entrare in questa canzone ,
avrei voluto più variazioni di quelle che ci sono qui . I testi , di nuovo ,
sono eccezzionali ( nessuna sorpresa in questo ) ma la musica non rende loro
giustizia. Posso immaginare cosa dovrebbe succedere , ma le cose sono
disunite , non succedono assieme , non ci sono abbastanza variazioni per
suscitare il mio interesse.
God Knows (Unreleased, Oh Mercy)
Non quello che sembra all’inizio. La canzone in se non parla di Dio , ma
piuttosto più una canzone su qualcuno che non può essere rimpiazzato. La
religione poterbbe anche starci , ma è un misto fra le due cose. C’è qualche
relazione e dell’ottimismo , e questo mi rende ottimista.
Can’t Escape From You (Unreleased, December 2005)
Una balata che assomiglia a qualcuna delle vecchie ballate anni 50’. Nel
testo , è ricorrente il tema delle campane e del treno che appare in molte
canzoni di Dylan. Uno potrebbe facilmente vedere una coppia che balla
romanticamente.
Dignity (Unreleased, Oh Mercy)
Altra versione più movimentata di quella del disco 1 , ma la prima è
superiore dal mio punto di vista. Il Be-Bop non sembra essere adatto alla
tematica della canzone , senza dubbio un momento di divertimento nelle
sedute di registrazione , ma in definitica sembra essere un pastrocchio di
musica e parole.
Ring Them Bells (Live at The Supper Club, 1993)
Ancora campane – il bello di questo pezzo è l’immediatezza , le chitarre
hanno un bel suono , chiaro , sembrano il suono delle campane . Dylan stesso
sembra cantare con la voce squillante , non ancora tranquilla e cavernosa
come sembra essere oggi ( lui , per scelta o per necessità è sempre stato
uno stilista nel cantare ) . C’è qualche urlo nel sottofondo , ma il suono è
eccellente , solo un pò gracchiante nel backgruond a mio modo di vedere . La
canzone si spiega da sola.
Cocaine Blues (Live, 1997)
Come si capisce dal titolo , una canzone blues . Tuuti conosciamo il suono ,
molto bene . In definitiva un blues sulla cocaina , e come ho detto prima
per l’altra canzone blues , anche qui c’è una donna e una pistola.
Ain’t Talkin’ (Alternate version, Modern Times)
Una buona take , sia una che l’altra sarebbero state bene nell’album ,
adesso le abbiamo tutte e due. Questa ha un buon marchio , e il suono
commovente da il senso giusto al testo. Vera magia.
The Girl On The Greenbriar Shore (Live, 1992)
Una bella canzone acustica , col suono cristallino. Un’altra storia , ma
cosa sono le canzoni se non storie ? Quello che rende Dylan più di un poeta
è che non tutte le canzoni degli altri artisti sono “storie” , questo è un
vero regalo di Dylan che sembra avere la spada in mano , come ha dimostrato
centinaia di volte . Questa potrebbe facilmente essere una storia per un
libro o una poesia diretta.
Lonesome Day Blues (Live, 2002, no location given)
Questo è il Dylan che sentiamo nei concerti attuali. E’ vitale e canta con
verve. La band è eccellente e c’è una bella qualità sonora.
Miss The Mississippi (Unreleased, 1992)
Oh , l’armonica…..Questa è realmente una magnifica canzone se vi piace il
delicato e struggente suono dell’armonica , che è perfetta per il titolo del
pezzo. Una canzone lenta , prima che cominci a cantare del ritorno alla casa
sul Mississippi dalla grande città . I testi suonano come una cartolina....”
Mi manchi tu ed il Mississippi...” Veramente amabile.
The Lonesome River (with Ralph Stanley)
Country con violino in sottofondo , è divertente e se vi piace il country vi
piacerà anche questa. E’ come una canzone da cantare in duetto davanti al
fuoco dell’accampamento , e qui Dylan lo fa con Ralph Stanley . Funziona
bene e ci sono alcuni eccellenti assoli per ogni strumento.
Cross The Green Mountain (From “Gods and Generals” soundtrack)
Probabilmente la canzone più intense di questo CD in termini di liriche .
Bella , tranquilla , melanconica , che si può dire , dolceamaro addio in
qualche modo , rassegnazione ed osservazione.
Disc III
Duncan & Brady (Unreleased, 1992)
Publicata in origine da Carl Sandburg nel 1927 col titolo di “Brady” nella
sua collezzione di canzoni folk. Questa canzone , dicono le note di
copertina , viene dalle “Bromberg Session”, procede come una clip dicono le
note , “attiva”.
Cold Irons Bound (Live, Bonnaroo, 2004)
Questa ha un grande potenziale , e Dylan sposa le parole con la musica in
perfetta sincronia.
Mississippi (Unreleased, Version No. 3, Time Out Of Mind)
Bella e probabilmente la più bella versione che ho sentito da molto tempo ,
Più morbida e più ritmata . Un pò più triste delle altre , questo è quello
che comunica , una calma bellezza.
Most Of The Time (Alternate Version No. 2, Time Out Of Mind)
Qui mi ripeto : questa è una delle mie canzoni preferite , ed è difficile
per me non amare anche le altre versioni , per essere onesta. Questa
versione è simile a quella pubblicta e diversa da quella acustica nel
precedente disco. E’ difficile stabilire quale sia la migliore perchè sono
così diverse. Questa include una meravigliosa linea di basso.
Ring Them Bells (Alternate Version, Oh Mercy)
Il piano eccellente mostra qui quello che era stato tagliato da Bob . Le
liriche si alzano in piedi in questa versione e per questa ragione , la
chiarezza del piano e la semplicità del suond , devo inserirla fra le mie
favorite.
Things Have Changed (Live, June 15, 2000, Portland, OR)
Una vera live version , più lenta , ma questo aggiunge qualcosa di diverso.
Le note di copetina precisano che l’oscar che si vede sull’amplificatore di
Bob (che tutti abbiamo visto nelle fotografie) , non è l’originale ma una
copia . Conosciamo questa canzone da “Wonder boyd” dove si adatta
meravigliosamente al video
Formidabile con Tobey McGuire.
Ci sono volte che è difficoltoso , qualcuno ha detto , riconoscere le
canzoni di Dylan perchè per la maggior parte hanno lo stesso suono , io non
ho trovato questo problema ( specialmente se ascoltate tanti bootlegs , si
prende l’abutudine a questo tipo di mix e le canzoni si riconoscono
abbastanza velocemente ) . Comunque questa take è troppo “leggera” , non da
inserire fra le preferite.
Red River Shore (Unreleased, Version No. 2, Time Out Of Mind)
Il suono del Sud. Dylan è qui , come nell’altra out-take , e la storia è
sempre quella , entrambe le versioni sono buone. Questa è leggermente
diversa e suona più “New Orleans” in sottofondo . La prima versione del
precedente disco mi piace di più , ma è solo una differenza estetica.
Born In Time (Unreleased, Version No. 2, from Oh Mercy)
Diversa dalla precedente versione , questa è la migliore delle due. La
chitarra segue il testo e la voce di Dylan qui è migliore. Le liner notes
dicono che tuttavia la miglior versione non è ancora stata realizzata ,
questo può essere vero , ma questa va nella direzione giusta , se non la
finale. Amen.
Tryin’ To Get To Heaven (Live, October 5th, London, England)
Una lentissima versione , con una tranquilla e contemplativa chitarra. Dylan
suona più pieno qui , forse per la lentezza del tempo , il testo è chiaro (
il souno di questo boolleg è cristallino per me ). Una grande take , davvero
, che io considero uno dei “nuovi” classici.
Marchin’ To The City (Unreleased Version No. 2, Time Out Of Mind)
In contrasto all’altra versione , questa è più gospel-sound , e procede con
un Be.Bop gradevole che la rende più scattante. La musica da alla canzone un
significato diverso , così sembra , la discussione è aperta.
Can’t Wait (Alternate Take Version No. 2, Time Out Of Mind)
Come dicono le note , “questa canzone va ascoltata alle 3 di notte , lo
capisco. L’altra versione è come il sole che nasce. “Maybe for you it’s not
that late…” canta Dylan , “But as for me, I don’t know how much longer, I
can wait…” . La canzone è lenta e come appesantita , e quando dice “It’s got
to end” si capisce chiaramente il perchè di questa aggiunta di peso alla
canzone . Il testo si sviluppa in un pesante arrangiamento strumentale , e
si adatta come in una perfetta suite.
Mary And The Soldier (Unreleased, World Gone Wrong)
Questo viene dallo studio di registrazione casalingo di Bob Dylan , questa
canzone prende lo spunto dalle ballate folk tradizionali ( pensate a “Ballan
in D plain” ). Quando ho sentito le prime note ho pensato a Donovan
(Donovan!) , perchè lo stile della chitarra suona proprio così , ma quando
la canzone continua diventa una Dylan-song , con il dylan-style. Il picking
della chitarra è eccellente ( meglio di Donovan ). É un bel modo di
chiudere....restiamo ancora in dubbio dopotutto....comunque , se non tutti ,
molti di noi.
Thanks for reading,
Dal cilindro del poeta rock anche inediti sul vecchio
West
di Antonio Lodetti
Bob Dylan è il più impenetrabile fra i grandi cantori del nostro tempo ma,
come dice il suo manager Jeff Rosen, «è maniacale nel prendere iniziative
straordinarie per tutelare la sua immagine che così cresce costantemente di
valore». L’ultimo ventennio è stato davvero aureo per Bob; lasciando perdere
il premio Pulitzer e tutti gli avvenimenti extramusicali, l’ultimo album
Modern Times è volato in vetta alle classifiche e i precedenti, come Time
Out Of Mind, hanno riscosso un unanime succeso di critica. Così Mr Dylan -
senza rallentare il «tour senza fine» - pubblica in questi giorni Tell Tale
Signs. Rare adn Unreleased. 1989 - 2006, doppio cd ricco di rarità e
inediti. La settimana prossima uscirà la versione «de luxe», con un terzo cd
di cammei, più la versione in quattro lp, visto che Bob sostiene da tempo
che «i suoni dei cd cono atroci».
Inediti. Parola magica ma spesso segno di fregatura nel mondo rock. Qui si
può andare tranquilli; ce n’è davvero un bel campionario. «Molti di noi
hanno paura di morire nel buio e non essere dove gli angeli volano», canta
in Red River Shore, storia di cowboy dall’arrangiamento vivace scartata da
Time Out of Mind ma definita da Dylan e dai suoi musicisti «una delle
canzoni migliori del cd». Misteri del marketing, ora il brano, un
traditional, esce inedito in una versione smagliante. Da ragazzo Dylan
idolatrava Woody Guthrie ma non dimenticava le radici nere del blues. Qui
per la prima volta s’avvicina al «satanico» Robert Johnson rileggendo la sua
32 - 20, che con la sua voce odierna, a metà strada tra il rutto e il
ringhio roco, non fa rimpiangere l’asprezza dell’originale. E poi si butta
sul pianoforte gospel, da ebreo «che bussa alle porte del Paradiso», per
pennellare l’enfatica Marchin’ to the City, gran ballata che si trasformerà
nella nota Till I Fell In Love With You. E se non basta c’è il Dylan
romantico, tra Hank Williams il walzer e i Platters, che ondeggia tra i
ricordi in Can’t Escape For You, composta per un film mai realizzato.
Gran musica; un nuovo piccolo-grande squarcio a rinnovare la leggenda di un
personaggio che è aedo rock e cantore bucolico, anticlericale e giullare di
Dio, poeta maledetto e del sociale, cronista e visionario. Tutto e il
contrario di tutto, spiazzare sempre e comunque ora con parole chiare ora
con metafore oscure. Già nei primi anni Sessanta aveva descritto
beffardamente le bizzarrie della sua poesia: «Sono un ladro di pensieri/non
un sottrattore di anime/ho costruito e ricostruito sopra ciò che è in
attesa/una parola una melodia una storia un verso/chiavi nel vento per
disserrarmi la mente». Così si spiega il legame con la tradizione; come
trasformo un’antica melodia popolare nell’inno Masters Of War ora rilegge
Tell ’Ol Bill della Carter Family, propone versioni alternative - e sempre
diverse - di pezzi già noti come Can’t Wait, racconta il suo genio e la sua
umoralità in brani dal vivo dalle tinte bluegrass come The Lonesome River
con Ralph Stanley, o architetta la cavalcata rock Ring Them Bells, tratta da
uno special del ’93 per Mtv mai andato in onda.
(fonte : http://www.ilgiornale.it)
L'ultimo Dylan, "Tell Tale Signs"
di Marinella Venegoni
Le Bootleg Series sono nate anni fa per togliere pane ai
denti dei bootleg, le registrazioni clandestine che in epoca pre-internet
molto sottrassero a Bob Dylan e alla sua casa discografica in termini di
royalties. Poi, dopo internet, nessuno ci fece più caso:-))).
Il 3 ottobre è uscito il n.8, che ricopre il periodo fra il 1989 e il 2006:
quello del Dylan della piena maturità e oltre, dei dischi che appartengono
al presente di quest'uomo che per tutta la vita ha tentato di sfuggire al
proprio mito. Senza riuscirci.
Il doppio album "Tell Tale Signs" va ascoltato, credo, senza guardare i
titoli, le note, senza cogliere le indicazioni degli inediti. E' un flusso
travolgente eppure quieto, una magistrale dimostrazione di misura e di
abilità; si coglie la fattura squisita della musica e anche il pregio del
Dylan interprete,accorato e dedicato, con una passione che sembra più accesa
che dal vivo; a volte fa sorridere quando sembra cantare con il naso,
dev'essere un suo segno di disagio.
Il Vate di Duluth si avventura pure in pezzi d'epoca non suoi, come la
dolcissima "Miss the Mississippi " di Doc Watson, per lui inedita, che
raccomando caldamente di ascoltare. Degli ultimi brani che ha scritto, ho
riapprezzato "Ain't Talking", il pezzo che chiude "Modern Times", l'ultimo
album del 2006 che secondo me è il più bello di questo lungo periodo
affrontato nell'album.
In generale, "Tell Tale Signs" raccoglie 27 brani con registrazioni del
tutto inedite e versioni "esclusive" di brani contenuti nei dischi degli
ultimi due decenni. Ci sono anche performances live, e un libretto con
storie e testi di canzoni. C'è pure una versione in vinile, di 4 lp in
edizione limitata. Buon Dylan a tutti.
(fonte : lastampa.it)
Il tesoro nascosto del profeta rock
di Stefano Mannucci
Non sappiamo ancora come andò davvero quel mattino. Dylan giura che la ruota
posteriore della Triumph si era bloccata mentre lui cercava di evitare una
macchia d'olio sulla Striebel Road, non lontano dalla sua casa di Woodstock.
E poi non dormiva da tre giorni: tutti volevano un pezzo della sua anima,
magari per sbranarla, dopo averlo fischiato per aver rinunciato alla
«purezza» da folksinger in nome di un vertiginoso approccio al rock. In poco
meno di due anni aveva realizzato tre album "elettrici" ("Bringing it all
back home", "Highway 61 revisited", "Blonde on blonde") che qualcuno ha
definito «una delle più alte espressioni culturali del Ventesimo secolo».
Insomma, era dannatamente sotto pressione, quel 29 luglio 1966. Di certo,
volò sopra il manubrio della sua moto: all'ospedale gli diagnosticarono la
frattura delle vertebre del collo. Circolarono voci che lo volevano in punto
di morte, tutti i concerti furono annullati e la convalescenza si protrasse,
in un alone di mistero, per mesi e poi per anni. Dylan ne approfittò per
immergersi nella vita di famiglia, nella quiete bucolica che poi generò il
suo controverso ritorno in chiave country, lontano dalla cannibalizzazione
dello show business. Più di quarant'anni dopo, nessuno sa se quel ritiro
dalle scene fu forzato o volontario. In quei giorni, il "Chicago Tribune"
scrisse: "Un tipico gesto del profeta è la sparizione e la ricomparsa, con
un nuovo messaggio". Il profeta. Quante volte era già apparso e svanito nel
nulla, Dylan? Nel '63 lo avevano visto e ascoltato, a Washington, il
pomeriggio glorioso della Marcia, quando Martin Luther King urlò al milione
di persone che lo circondavano: "Ho fatto un sogno!". Ed era solo, Bob, in
quella notte del '78 quando - sostenne - la sua stanza cominciò a roteare
davanti ai suoi occhi, e lui, l'ebreo che aveva nelle vene sangue turco,
lituano, russo e americano, lui che non ha mai smesso di cercare la Risposta
davanti al Muro del Pianto, intuì che quello era Gesù venuto a offrirgli la
Fede.
Il profeta. Agli inizi degli anni Settanta l'ambiguo A.J. Weberman, leader
del Fronte di Liberazione Dylan rovistava nella sua immondizia per capire da
un dentifricio spremuto o da una zuppa in scatola quanto Bob si fosse
«venduto al sistema». E trent'anni dopo, ci sono volute sei o sette maschere
d'attore (compresa quella femminile di Cate Blanchett) per raccontarne
l'inafferrabilità nel film "Io non sono qui". Lui, intanto, canta da quasi
mezzo secolo, e da vent'anni strapazza le sue canzoni nel "tour che non
finisce mai". Si mostra, si offre, ma tu capisci che non lo conoscerai mai.
È la perfetta incarnazione dell'insondabile mistero dell'America moderna:
puoi attraversarla in lungo e in largo, studiarla a fondo nelle sue
tradizioni e nelle sue spinte incongrue, ma non la capirai davvero. A Dylan
hanno assegnato il Premio Pulitzer alla carriera, e anche quest'anno è in
lizza per il Nobel: ma della sua parola c'è ancora sete, così come della sua
musica, che attraversa come un bolide luminoso i territori mistici del folk,
del blues, del gospel, del rock disincarnato, dove ogni personaggio è uno
spettro e un simbolo, ma disegnato con una vividezza tale che potresti quasi
toccarlo.
Dai suoi archivi, dallo scavo di una discografia nascosta e apparentemente
inaccessibile, continuano a spuntare tesori. Come l'ottavo "volume" della
"Bootleg series", un doppio (e triplo in edizione limitata) cofanetto
intitolato "Tell tale Signs", ricco di inediti (due su tutti: lo stregato
"Red river shore" e le due letture impalpabili e magnetiche di
"Mississippi") e di versioni alternative di brani datati fra il 1989 e il
2006. In quel periodo Dylan è stato di nuovo sfiorato dalla morte fisica
(nel 1997 gli fu diagnosticata una pericardite) e da una continua rinascita
artistica. Così descrive, lui stesso, il rapporto fra i tre dischi (qui
ampiamente rappresentati) che rappresentano la sua più recente trilogia di
capolavori. «In "Time out of mind" indietreggiavo e combattevo per uscire
dall'angolo. Poi, quando incisi "Love and Theft", ero già in salvo. E non mi
trovi già più nei solchi di "Modern Times". Sono sceso dal ring, ho lasciato
l'edificio». Il profeta condannato a boxare in eterno con l'ispirazione, con
la cifra nascosta del messaggio.
Poi lo ascolti cantare - per la prima volta nella sua carriera - uno dei
testi sacri del padre fondatore del blues, Robert Johnson, e rabbrividisci:
perché "32/20" è la storia di un uomo che chiede alla sua donna dove abbia
trascorso la notte. E quando capisci che di lì a un attimo impugnerà la sua
Colt per lavare l'affronto, la voce di Dylan ti accompagna sull'orlo
dell'inferno. Su Johnson circola la leggenda che avesse venduto l'anima al
diavolo in cambio del talento chitarristico: il profeta invece canta con la
nonchalance di chi non è mai sceso a patti. Ti dice come stanno le cose: ma
pare che ti guardi insolente. E taccia.
(fonte : iltempo.ilsole24ore.com)
Ho ascoltato Tell Tale signs
di Mr.Tambourine
Ogni album di Dylan in uscita è sempre un’evento a livello
mondiale , questo mi e ci rallegra perchè Bob è sempre il # 1 of all the
time. Tell tale signs non fa parte della categoria dei dischi ufficiali , è
l’ottavo della serie parallela Bootlegs , e pur essendo un disco ufficiale
suona come un vero bootleg. La qualità è scarsa rispetto ai dischi titolati
, ma devo dire che spunta dalle tracce una vera spontaneità , la spontaneità
delle prove , quando si cerca la soluzione musicale migliore.
Si tratta di scarti di studio , registrazioni grezze , ma ripeto ,
possiedono una spontaneità incredibile , questo oltre il fatto se le tracce
possano piacere o meno. Non tutto il contenuto di questo Tell Tale Signs
brilla di luce propria , troppe tracce sono davvero scarse , troppo al di
sotto degli standard , eppure il disco prende , forse perchè le
registrazioni risalgono al tempo quando la voce di Dylan era ancora
estremamente suggestiva , possideva ancora quella magia indefinibile che ti
penetra e ti fa vibrare le budella . Sicuramente Tell Tale Signs richiede
diversi ascolti per essere apprezzato , al primo ascolto l’ho trovato ,
escluse alcuni eccezzioni , un disco monotono , ma avanzando nel numero di
ascolti l’opinione comincia a cambiare , si comincia ad apprezzare anche
quello che al primo ascolto “suona male”. Non si può certo gridare al
capolavoro , in fin dei conti è sempre una raccolta di scarti , ma il disco
riesce a dimostrare la grandezza di Dylan , la sua versatilità come
songwriter e come performer , la sua straordinaria ricchezza di idee , la
sua umanità in netto contrasto con l’atteggiamento del Dylan-personaggio che
sembra voler evitare ogni tipo di contatto col suo pubblico.
Dunque possiamo dire che Robert Zimmermann continua ad interpretare la parte
di Bob Dylan , il personaggio che lui ha creato e si è cucito adosso come
una seconda pelle , facendola diventare la pelle principale , la pelle
pubblica , nella quale ha imprigionato per l’eternità il povero Zimmermann ,
colpevole soltanto di aver Inventato Bob Dylan , il classico topolino che
mangia l’elefante.
Tell Tale Signs scatena emozioni contrastanti , di piacere e di disappunto ,
Tell Tale Signs sconcerta ancora una volta l’ascoltatore , ma forse è Dylan
che ci sconcerta ancora una volta , e chissà quante cose ci sono ancora nei
suoi cassetti per sconcertarci per altri cento anni !
E banale ripetere che Dylan è unico , ma nel panorama artistico degli ultimi
50 anni non riesco a trovare un artista che possa essere paragonato a lui ,
intendo paragonato nei contenuti , nella potenza del messaggio lanciato e ,
diciamolo pure , nella bellezza delle sue canzoni che troppa gente afflitta
dalla easy-listening mania non conoscono e non apprezzano , diciamo peggio
per loro e passiamo oltre. Ho ascoltato e seguito molti artisti , grandi
nomi che resteranno nel firmamento della musica , penso ai Beatles con la
loro unica ed irraggiungibile popolarità a livello potremmo dire planetario
, penso ai Rolling Stones che a 70 anni hanno ancora la forza e la potenza
di fare gli stadi da 100.000 persone , fenomeno unico , irripetibile ed
irraggiungibile , penso alla bellezza di certi brani dei Beach Boys , penso
alla totalita dello spettacolo dei Pink Floyd , ricordo di averli visti allo
Stadio delle Alpi a Torino , credevo di andare a vedere un concerto e invece
ho visto un film in diretta , incredibile !. Potrei parlare di un centinaio
di altri artisti altrettanto validi e creativi , ma nessuno può stare sul
gradino dove da anni si trova solo Dylan.
Ho ascoltato tutti i pezzi di Tell Tale Signs nell’anteprima della NPR messa
a disposizione su internet :
http://www.npr.org/templates/story/story.php?storyId=95047293
, ho registrato i brani e mi sono fatto i due CD , non avrò la confezione ma
di quella non me ne importa , di Dylan conta la musica e non le
illustrazioni o le confezioni.
Queste sono le mie prime , e sottolineo personali , impresioni ricevute da
un ascolto molto superficiale , affidato per il momento solo alle orecchie e
non ancora alla mente :
1) Mississippi : Accattivante versione casereccia , gli manca la maestosità
della versione dell’album.
2) Most of the time : Grezza e bruttina , proprio uno scarto , idea
apprezabile che andava rielaborata.
3) Dignity : questa take merita dal 5 al 6 , non di più , la voce di Dylan 9
, il brano è scarno che più non si poteva ma Dylan lo rialza con le sue doti
interpretative.
4) Somebody baby : Simpatica , ci può stare , un Dylan molto rilassante e
rilassato , non paragonabile a quella di Modern Times.
5) Red River shore : Buona , specialmente il suono delle chitarre addolcisce
e rende convincente la take , il basso è appena abbozzato e non all’altezza
del resto, più curato nei particolari musicali sarebbe stato un brano da
album.
6) Tell ol’ Bill : Inutile , un vero scarto , la canzone vale ma la take no.
7) Born in time : Bella , mi ricorda un’altra canzone , uno dei pochi
Highligth di BS8.
8) Can’t wait : Bel blues ingiustamente scartato da Lanois , mi piacerebbe
ascoltare una versione di Clapton.
9) Everything is broken : Costruzione musicale fine anni 50 , forse meglio
della versione di Oh Mercy.
10) Dreamin’ of you : Ottimo progetto di canzone ,
purtroppo questa è solo un primo abbozzo di quello che avrebbe potuto essere
un grande pezzo.
11) Huk’s tune : Bella e completa , richiama troppo altre canzoni dylaniane
.
12) Marchin’ to the city : Proprio una blues-take da lavorarci sopra ancora
tanto, potenzialmente un gran brano ancora allo stato brado.
13) High Water : Versione live , una delle tante , con
cose così si può fare un bootleg di ogni concerto.
14) Mississippi #2 : E solo una prova , niente a che vedere con la versione
del disco.
15) 32-20 blues : La canzone è di Robert Johnson , sembra di ascoltare una
traccia del primo album di Johhny Winter quando Johhny imitava
spudoratemente Bob , cover accattivante.
16) Series of dreams : Peccato quelle fastidiose batterie e percussioni , il
pezzo ha una sua personalità , direi ottimo pezzo , all’altezza del Dylan
inspirato e creativo , con un arrangiamento più appropriato sarebbe stata
degna dell'album.
17) God Knows : Torniamo ancora al primo disco di Johhy Winter , senza la
fantastica chitarra di Johnny.
18) Can’t escape from you : Potenzialmente una buona canzone , suoni
sregolati , una vera take vicina alla realizzazione.
19) Dignity : Versione superflua , non dice proprio niente , take senza
personalità.
20) Ring them bells : Brano live , stesso discorso già fatto , solo una
discreta testimonianza tratta da un concerto.
21) Cocaine blues : Altro brano live , come sopra.
22) Ain’t talking : Proprio una versione alternativa come dice il titolo
della track , con quei fastidiosi bassi pompati come era di moda negli anni
90’.
23) Girl on the greenbriar shore : sembra il primo Dylan delle talking-blues
ballads , bella ma fuori tempo.
24) Lonesome days blues : Altro brano dal vivo , niente aggiunge e niente
toglie , manca un vero chitarrista di delta-blues per dare al brano una
caratteristica personale più evidente.
25) Miss the Mississippi : Il gioiello dell ‘album composto da Doc Watson ,
potrebbe stare tranquillamente su Love and Theft , ma non era una Dylan's
song.
26) Lonesome river : In ogni locale di Nashville si cantano canzonette come
queste senza dover scomodare Bob Dylan.
27) Cross the green mountain : La canzone è bella e merita , la take è resa
inascoltabile dai soliti bassi fuori luogo , una bella take in tutti i
sensi.
Bene , queste sono le mie impressioni dopo il primo ascolto , in seguito
molti di questi giudizi probabilmente cambieranno ma al momento "hic est" .
In sostanza una compilation di cose già sentite , curata meglio nelle scelte
avrebbe potuto anche meritare la sufficenza , in questo modo fa fatica a
decollare e convincere.
"Tell Tale signs"
di Michele "Napoleon in rags" Murino
Ottava uscita per "The Bootleg Series", la collana che
raccoglie materiale raro o inedito di Bob Dylan inaugurata nel lontano 1991.
Tell Tale Signs, questo il titolo di questa compilation di due CD, presenta
essenzialmente inediti e versioni alternative da Oh Mercy, Time Out Of Mind
e Modern times, con l'aggiunta di qualche brano live e qualche inutile
traccia già pubblicata ufficialmente, e copre dunque un periodo che va dal
1989 al 2006.
Il primo disco si apre con una Mississippi solo voce e chitarre. Versione
inferiore rispetto a quella ufficiale di "Love and Theft" che è decisamente
più ricca e suggestiva. Per quanto anche questa sia, come è ovvio,
estremamente bella, dal momento che ci troviamo comunque di fronte ad uno
dei grandi
capolavori di Dylan, un brano talmente sublime che sarebbe davvero difficile
rendere in maniera meno che eccellente.
L'arrangiamento di "Love and Theft", però, rende maggiormente giustizia al
brano con quel senso di ineluttabilità che qui l'andamento più nervoso ed
eccessivamente scarno poco valorizza.
Anche la coloritura vocale della versione ufficiale è superiore e la melodia
ne risulta più accentuata. Qui, infatti, Dylan tende un po' al "monocorde",
un difetto che, a posteriori, dopo aver ascoltato "Love and Theft" e Modern
Times, sembra affliggere in generale tutti i brani di Time out of mind (e da
imputare anche al sound voluto da Lanois, compatto ed unitario al limite
della ripetitività).
Decisamente curiosa la versione velocizzata di Most of the time,
caratterizzata da una bella armonica che ricorda il primissimo Dylan.
La versione ufficiale dall'album Oh Mercy resta, è vero, uno dei capolavori
assoluti di Dylan ma questa versione alternativa è decisamente (più che)
piacevole. Bob fa tutto da solo, chitarra, voce e armonica e conferisce al
brano un ritmo incalzante decisamente trascinante grazie anche ad un
fraseggio nettamente più accattivante, che "più dylaniano non si può".
Ripetiamo, le due versioni sono molto differenti ma chissà che col tempo
questa cavalcata meno d'atmosfera ma più da ballata in stile Blood on the
tracks possa risultare preferibile.
Si prosegue con una versione demo di Dignity con Bob Dylan da solo al piano
e voce.
La si ascolta e ci si rende conto che, sì, Dylan è davvero il più grande, e
di gran lunga.
Un semplice ed essenziale demo eppure da quella voce e quello scarno
accompagnamento pianistico viene fuori un quasi gospel da brividi che non
avrebbe sfigurato accanto ad una Pressing On nelle scalette "cristiane" con
tanto di "regale" coro delle Queens.
Una di quelle versioni del tipo "vale da sola il prezzo del disco, etc."
Interessante anche qualche modifica nel testo come il verso "Soul of a
nation is under the knife / Death is standing in the doorway of life / In
the next room a man is fighting with is wife / Over dignity..."
Someday Baby, qui in una versione alternativa, non si fa invece preferire
alla splendida e scatenata take finita su Modern Times. Appare meno
trascinante, con uno strano ritmo da marcia che alla lunga ci sembra un po'
stucchevole e monotono.
Red River Shore è un inedito da Time out of mind.
Non ci sono parole per descrivere la bellezza di questo brano. Sicuramente
il migliore delle sessions di Time out of mind. Segno che aveva ragione
Dylan a lamentarsi alla serata dei Grammy per l'esclusione di gemme come
queste dall'album (in polemica con Lanois e la sua cocciutaggine).
Il testo è di una bellezza struggente. La capacità narrativa di Dylan qui è
a livelli Blood on the tracks. Giustamente il musicista Jim Dickinson (qui
all'organo) si era lamentato all'uscita dell'album che la migliore canzone
era stata lasciata fuori dal disco.
Tell Ol' Bill, qui in una versione alternativa, è sempre bella in qualsiasi
incarnazione la si ascolti.
Si prosegue con la versione originale di Born in time esclusa da Oh Mercy
(il brano fu rielaborato da Dylan per il successivo Under the red sky).
Questo pezzo è così bello che risulterebbe piacevole anche se Dylan lo
cantasse a cappella. Molti sostengono che questa versione sia superiore a
quella ufficiale. Personalmente la trovo, semplicemente, altrettanto bella.
Invece la canzone successiva, Can't wait, non lascia dubbio alcuno.
Come sia saltato in mente a Lanois di preferire la versione di Time out of
mind a questa resta per noi un vero e proprio mistero. Personalmente dopo
aver ascoltato questa primitiva versione abbiamo completamente dimenticato,
o meglio rimosso, il pezzo di Time out of mind, oscurato completamente da
questa versione annichilente. Una delle cose migliori di questo Bootleg
series vol. 8.
Si prosegue con un'altra versione alternativa. Questa volta tocca ad un
brano di Oh Mercy, Everything is broken, che sembra lasciarsi preferire alla
versione ufficiale, per un cantato di Dylan più tirato, più veloce e
convinto e con alcune invenzioni vocali decisamente accattivanti.
Dreamin' of you, il singolo tratto da questo doppio, è un brano scartato da
Time out of mind. Per quanto il fraseggio di Dylan sia estremamente
affascinante e molti versi siano stati sfruttati per altre canzoni, il brano
nel complesso non convince a pieno e forse in questo caso è stato meglio
lasciarlo fuori.
Segue la già nota Huck's tune dalla colonna sonora di Lucky you, su cui
naturalmente c'è poco da dire essendo una versione già edita.
Marchin' to the city è un'altra delle gemme inedite di questo disco. Sembra
una versione gospel di Pledging my time ed avrebbe conferito a Time out of
mind, insieme con Red river shore, un tono decisamente più vario e
piacevole. Insomma, alla luce di questo materiale scarato, risulta chiaro
che Time out of mind, sarebbe stato un album decisamente migliore se fossero
state operate scelte diverse.
Il primo CD si chiude con una bella versione live di High Water (For Charley
Patton), molto tirata e convinta, con una prova vocale di Bob davvero
entusiasmante e che non può che far rimpiangere quei tempi in cui dal vivo
ancora "cantava" (e, cosa da non trascurare, era supportato da musicisti del
calibro di Larry Campbell e Freddy Koella che fanno letteralmente scomparire
gli attuali "bandmates" di Dylan).
Il secondo CD si apre con una nuova versione alternativa di Mississippi che
si fa preferire alla prima ma che è anch'essa lontana dalla bellezza della
versione ufficiale di "Love and Theft". Ma, come scrive giustamente Larry
"Ratso" Sloman nelle note, si potrebbe ascoltare un intero album di versioni
alternative di questo brano senza stancarsi.
Per 32-20 Blues vale il discorso fatto sopra a proposito della versione demo
di Dignity (ricordate quella cosa del "vale da sola il prezzo etc."? :o) ).
Che meraviglia! Dylan potrebbe cantare altre centinaia di traditional sul
tipo di quelli di Good as I been to you e World gone wrong e non venire mai
a noia (il
brano è appunto uno "scarto" di World gone wrong).
Dopo altre due superbe alternate takes di Series of dreams e God Knows
(escluse da Oh Mercy) e sulle quali si è in passato discusso a profusione
(soprattutto sulla prima, la cui esclusione fu un delitto pari quasi a
quello di Blind Willie McTell da Infidels) arriva un inedito scritto da
Dylan per la colonna sonora di un film poi non realizzato, Can't escape from
you, piacevole ma non particolarmente memorabile, per quanto Sloman la
definisca "una delle più strane ed irresistibili canzoni di Dylan".
Dopo una strana versione rockabilly di Dignity ed una toccante resa live di
Ring Them Bells (dal vivo al Supper Club nel '93) arriva un'altra delle
gemme assolute di questo ottavo volume, Cocaine Blues dal vivo nel '97, in
quel magico periodo in cui la pedal steel di Bucky Baxter colorava i brani
di Bob (e senza dimenticare il mai troppo rimpianto Larry Campbell alla
chitarra).
Segue una versione che sembra ancora abbozzata del capolavoro (o meglio uno
dei capolavori) di Modern Times, Ain't talkin'.
Si nota che qualcosa manca per quanto le liriche presentino alcune
differenze interessanti, come quando Dylan parla di una "Regina dell'Amore"
che si muove sull'erba del mistico giardino.
Seguono due nuove rese live: il traditional dal titolo The girl on the
greenbriar shore dallo show del 30 giugno '92 a Dunquerque, Francia
(splendida) e Lonesome day blues (1 febbraio 2002, Sunrise, Florida).
Lascia invece l'amaro in bocca la successiva Miss the Mississippi, una delle
perle delle cosiddette Bromberg Sessions. Perchè, viene da chiedersi,
inserire uno solo di quei brani ormai mitici, visto che un intero album
venne registrato in quell'occasione e mai pubblicato? Non sarebbe stato
meglio evitare in questo ottavo bootleg materiale già noto, come le canzoni
per le soundtrack, a vantaggio di altri brani delle Bromberg Sessions?
Autentici capolavori come Polly Vaughn e Catskill Serenade avrebbero reso
questa uscita decisamente più appetibile.
Il disco si chiude con due tracce ufficiali, The lonesome river eseguita con
Ralph Stanley (e tratta dal disco di quest'ultimo, Clinch Mountain Country)
e la celebre 'Cross the green mountain dalla colonna sonora del film Gods
and generals.
In definitiva si tratta di una compilation che poteva sicuramente essere
curata meglio, con l'esclusione di inutili ripetizioni di materiale già
edito e qualche out-take non essenziale a vantaggio di almeno altre tre o
quattro tracce davvero "nuove", ma che in fondo vale decisamente l'acquisto.
Michele Murino
La tracks lList :
Disc One
1. Mississippi 6:04 (Unreleased, Time Out of Mind)
2. Most of the Time 3:46 (Alternate version, Oh Mercy)
3. Dignity 2:09 (Piano demo, Oh Mercy)
4. Someday Baby 5:56 (Alternate version, Modern Times)
5. Red River Shore 7:36 (Unreleased, Time Out of Mind)
6. Tell Ol’ Bill 5:31 (Alternate version, North Country soundtrack)
7. Born in Time 4:10 (Unreleased, Oh Mercy)
8. Can’t Wait 5:45 (Alternate version, Time Out of Mind)
9. Everything is Broken 3:27 (Alternate version, Oh Mercy)
10. Dreamin’ of You 6:23 (Unreleased, Time Out Of Mind) — Free download at
Bobdylan.com
11. Huck’s Tune 4:09 (From Lucky You soundtrack)
12. Marchin’ to the City 6:36 (Unreleased, Time Out of Mind)
13. High Water (For Charley Patton) 6:40 (Live, August 23, 2003, Niagara
Falls, Ontario, Canada)
Disc Two
1. Mississippi 6:24 (Unreleased version #2, Time Out of Mind)
2. 32-20 Blues 4:22 (Unreleased, World Gone Wrong)
3. Series of Dreams 6:27 (Unreleased, Oh Mercy)
4. God Knows 3:12 (Unreleased, Oh Mercy)
5. Can’t Escape from You 5:22 (Unreleased, December 2005)
6. Dignity 5:25 (Unreleased, Oh Mercy)
7. Ring Them Bells 4:59 (Live at The Supper Club, November 17, 1993, New
York, NY
8. Cocaine Blues 5:30 (Live, August 24, 1997, Vienna, VA)
9. Ain’t Talkin’ 6:13 (Alternate version, Modern Times)
10. The Girl on the Greenbriar Shore 2:51 (Live, June 30, 1992, Dunkerque,
France)
11. Lonesome Day Blues 7:37 (Live, February 1, 2002, Sunrise, FL)
12. Miss the Mississippi 3:20 (Unreleased, 1992)
13. The Lonesome River 3:04 (With Ralph Stanley, from the album Clinch
Mountain Country)
14. ‘Cross the Green Mountain 8:15 (From Gods and Generals Soundtrack)
Bob Dylan: in uscita il nuovo "Tell Tale Signs"
di Paolo Vites
Da anni, quello che è unanimemente considerato il più significativo fra gli
autori di musica rock di tutti i tempi, Bob Dylan, ha dato il via a una
serie di pubblicazioni che permettono di intrufolarsi nei suoi archivi
personali e ascoltare una vasta collezione di brani scartati per vari motivi
dai suoi tanti dischi ufficiali.
Si chiama Bootleg Series, facendo riferimento ai tanti dischi pirata (i
bootleg, appunto) che negli anni, senza autorizzazione sua o della casa
discografica, hanno invaso il mercato dei cultori e dei collezionisti.
Il nuovo episodio (il Volume 8, che uscirà in Italia il 3 ottobre in
versione doppio cd e deluxe - tre cd più due libri allegati, al prezzo
alquanto esagerato di circa 160 dollari) volge lo sguardo, dopo una lunga
serie di episodi dedicati al suo periodo più fecondo e cioè gli anni
Sessanta, agli ultimi vent'anni di carriera.
Si tratta di versioni alternative o brani totalmente inediti scartati da
dischi come Oh Mercy (1989), Time Out Of Mind (1997, prodotto da Daniel
Lanois e vincitore di due premi Grammy), Love And Theft (2001) e il recente
Modern Times (2006).
Quello che ne emerge è un ritratto ricco di fascino e di sorprese: alla fine
degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta, infatti, Dylan aveva
pubblicamente annunciato di non scrivere più canzoni nuove (“Al mondo ce ne
sono già abbastanza” aveva dichiarato) limitandosi a produrre due dischi di
vecchi traditional folk e blues in solitaria chiave acustica. Era stato uno
shock per tutti, fans e colleghi musicisti. In fondo Dylan, come avevano
detto i Beatles, era sempre stato quello che “indicava la strada”.
Quello che invece questo Bootleg Series racconta è il drammatico riemergere
della sua incomparabile abilità di autore, troppo forte per tenerla celata:
ecco capolavori che sembrano uscire da una vecchia raccolta di musica folk
degli inizi del secolo come Mississippi (in ben tre versioni diverse; Dylan,
ai tempi, l’aveva regalata a Sheryl Crow che ne fece una versione), Red
River Shore, una lunga ballata dal delicatissimo sapore tex-mex con tanto di
fisarmonica o ancora il blues dolente e maestoso di Marchin’ To The City.
Per arricchire il menu, sono state incluse alcune esibizioni dal vivo degli
ultimi anni, che francamente suonano un po’ fuori posto e non sono neanche
fra le migliori del nostro, più un paio di brani apparsi su colonne sonore,
la bellissima Cross The Green Mountain (dal film Gods And Generals) e Huck’s
Tune (da Lucky Town).
Una raccolta, questa, che non è solo per fan, ma diventa essenziale per
tutti coloro che hanno amato la grande musica d’autore.
( fonte : ilsussidiario.net )
Il segno del tempo
di Renato Tortarolo
UN UOMO con i capelli lunghi, il volto incorniciato dalla barba, stretto in
abiti scuri, si aggira sulla scena di battaglia. Osserva i feriti, ascolta i
lamenti, sembra impassibile davanti al al macello, in realtà è lo sguardo di
chi ha già visto la stessa mattanza e sa che altro dolore scenderà sulle
divise e sui cannoni. Il filmato si può vedere su You Tube, il cavaliere
solitario e silenzioso è Bob Dylan, l’epopea in bianco e nero è quella della
Guerra Civile americana, il set invece è il kolossal tv “Gods and Generals”,
concepito nel 2003 per celebrare l’ascesa e la caduta del generale ed eroe
confederato Thomas “Stonewall” Jackson.
“Muro di pietra” era il soprannome meritato resistendo il 21 luglio 1861
all’avanzata unionista, nella prima battaglia di Bull Run. L’eroismo fu
indiscusso. Altra cosa, invece, la carneficina che si sarebbe ripetuta
durante quella guerra fratricida. Dylan, come racconta nelle sue
“Chronicles”, ha fatto ricerche minuziose nella New York Public Library per
scrivere la colonna sonora del kolossal. Ma c’è il fondato sospetto che
quelle lunghe sedute siano state l’ennesimo passo nel grande ventre storico
e letterario del Paese, che in altri termini, molto più fisici, il poeta e
cantautore ha attraversato per tutta la vita. E non solo per raggiungere un
altro posto in cui suonare. Esistono pochi artisti, nel senso più ampio, che
abbiano dell’America un senso geografico, inteso come distanze fra gli
uomini e da Dio, e allo stesso tempo una conoscenza che va al di là di
qualsiasi sondaggio, reportage, inchiesta televisiva o tributo
folcloristico.
Mai come in questi giorni di assoluto disorientamento per gli americani, la
prospettiva che offre da sempre Bob Dylan nelle sue canzoni e nel suo rock
popolare risulta quasi profetica, aggettivo che si ripete per l’intera
carriera. A 67 anni, Dylan pubblica oggi il doppio album “Tell Tale Signs”
con 27 brani, praticamente tutti inediti anche se si tratta di versioni di
motivi già noti. Non tutti, ma in gran parte. C’è infatti nel songbook del
poeta americano, già entrato più volte nei rumors per il Nobel, toccato da
numerose onorificenze accademiche e premiato quest’anno con il Pulitzer, un
senso di immanenza che lo rende straordinariamente attuale.
E ancora più singolare che si tratti di un repertorio che l’assoluta
devozione dei suoi ammiratori, una distesa piuttosto ampia di letterati,
docenti universitari, colleghi, scienziati, uomini di legge e di scienza, ha
ormai pelustrato in ogni latitudine, mentre il web, come nel video su
YouTube, copre per le nuove generazioni. Dylan, però, non può limitare la
sua voce a una semplice raccolta discografica, anche se nella versione
deluxe “Tell tale Signs” conterrà un terzo cd con altri 12 inediti più un
libro in edizione rilegata con i progetti grafici dei singoli.
Come si concilia tanta prodigalità con i fulmini e i tempi grami che si sono
abbattuti sugli americani in questi ultimi tempi? E perché Dylan ha questa
prodigiosa vocazione divinatoria? Su quest’ultima curiosità si può dire
facilmente che l’osservazione dei propri simili e un certo grado di
conoscenza dello scontro fra bene e male fanno parte della sua cultura:
«Molti sostengono che io sappia abbastanza di religione, ma il mio sistema
di valori morali si rifà più ai vecchi spiritual che a qualsiasi invettiva
contro il diavolo». Sul fatto invece che Dylan avverta il senso del tempo e
racconti scenari che poi si avverano, soprattutto sul piano emotivo, è
probailmente il mistero più affascinante che lega ormai tre generazioni a
questo artista sfuggente, che pure riappare regolarmente in concerti nei
posti più disparati del mondo.
Canzoni come “Dignity”, “Most of the Time”, “Born in Time”, “Can’t wait”, o
“Series of Dreams”, tutte in versioni che non si conoscevano e che
confermano le doti di semplicità musicale unite a una notevole forza visiva,
sono soltanto delle tappe, tutte con una loro angolatura stilistica precisa,
dal rock al blues al folk meno contaminato, di un viaggio maestoso come solo
Herman Melville ha saputo immaginare e non solo per distese sempre più
vaste, nel suo caso il mare, ma nel dubbio che accompagna qualsiasi persona
di buon senso.
Ci sono due canzoni, sulle quali si potrebbe discutere all’infinito in sede
accademica: “Mississippi” e “’Cross the Green Mountain”, scritta per il
kolossal sulla Guerra Civile. La prima espone Dylan a quel processo di fuga
che è prima di tutto la riaffermazione della libertà individuale, cardine di
qualsiasi rapporto sociale, «ad ogni passo tracciamo una linea, i vostri
giorni sono segnati e così i miei...». Nella seconda, la pietà per la madre
che apprende per lettera la morte del figlio soldato è ombreggiata dal fumo
che si alza lontano, dal respiro e dai gesti lenti e ruvidi che si scambiano
i combattenti. Tutto è avvolto nella tragedia, ma tutto sembra naturale.
( fonte : ilsecoloxix.ilsole24ore.com )
Tell Tale Sign: dacci oggi il nostro bootleg quotidiano
Di: “Gypsy Flag”
(…) Plenty of places to hide things
If you want to hide them bad enough.
(Bob Dylan, Sugar baby)
Il bootleg è un oggetto onirico. Una caratteristica dei sogni è quella di
aprire dimensioni sconosciute negli spazi quotidiani: stanze mai scoperte
nella nostra casa, soffitte misteriose, strade del nostro quartiere che
svelano vicoli mai visti, nuovi elementi in una serie di oggetti che si
pensava completa, esaurita.
Nella serie delle opere di Dylan, nell’arco ormai di mezzo secolo, il
bootleg è una continua fonte di meraviglie. A partire da quella prima,
mitica, Grande Meraviglia Bianca che si presentò, nell’estate del 1969, come
un doppio disco artigianale, dalla copertina tutta bianca, siglata G.W.W.
(Great White Wonder). In assoluto fu questo il primo bootleg, il primo disco
pirata della storia. Conteneva preziosi inediti del Dylan dei primissimi
anni sessanta, assieme ad alcuni brani degli allora sconosciuti Basement
Tapes, i “nastri della cantina” registrati da Dylan con la Band nella sua
casa di Woodstock, durante il ritiro dalle scene nel 1967. Da questa prima
meraviglia, oggi quotata a cifre vertiginose nel mercato dei collezionisti,
ne seguirono diverse versioni successive e poi, via via, lungo i decenni
settanta e ottanta, si moltiplicarono decine e decine di altri bootlegs:
registrazioni abusive di concerti dal vivo, nastri rubati dagli studi di
registrazione. Divennero centinaia con l’avvento del digitale e migliaia
nell’era di internet. Difficile fare una stima: il materiale “non ufficiale”
di Dylan prodotto illegalmente fino a oggi potrebbe superare i tremila
titoli.
La quantità di roba che circola oggi su internet è sbalorditiva. Se fino
agli anni novanta l’oggetto bootleg era appannaggio di negozietti di dischi
alternativi e di fiere dell’usato - e veniva pagato a prezzi anche molto
alti - oggi il contenuto di queste produzioni si trova completamente
disponibile in rete. Dal 2000 hanno cominciato a proliferare siti che
mettono a disposizione downloads gratuiti di bootlegs e poi, negli ultimi
anni, attraverso il peer-to-peer, una mole impressionante di concerti dal
vivo di Dylan sono messi in condivisione, seguendo passo passo le esibizioni
del cosiddetto Never Ending Tour. Dall’esecuzione di un concerto in qualche
remota località americana europea o asiatica, alla produzione di un
“bootleg” – con proprio titolo e copertina - e alla sua diffusione in rete
possono passare pochi giorni, se non poche ore. Vi sono siti di peer-to-peer
che avvisano via e-mail delle novità messe a disposizione … si rischia
letteralmente di avere la vita invasa da bootlegs di Bob Dylan!
A tutto questo vanno ad aggiungersi i bootlegs “ufficiali”: gli “zingari in
condominio” come un mio amico ed estimatore di Dylan li ha efficacemente
definiti. Con Tell Tale Sign la serie degli “zingari” sedentarizzati dalla
Columbia ha raggiunto l’ottavo numero, a circa quindici anni dall’ inizio
della produzione.
Il discorso sui bootlegs ufficiali parte però da molto più lontano. A pochi
mesi dall’uscita di Great White Wonder, Dylan se ne uscì con quello che fu
definito “il suo bootleg personale”, il disco doppio intitolato “Self
Portrait”. Come bootleg fu un bidone (come peraltro tanti bootlegs “veri”),
perché la gran parte dei pezzi erano cover, eseguite in modo molto
discutibile e anche male incise. Si salvano pochissimi brani, assieme ad
alcune inedite registrazioni “live” dal concerto all’isola di Wight.
Molto si è scritto sulle brutture di Self Portrait, forse poco si è
riflettuto sulla scelta del titolo “autoritratto”, che apparve beffarda. La
copertina rinforza il concetto, mostrando un autentico (e apprezzabile)
autoritratto dipinto da Dylan. L’aspetto che semplicemente vorrei
sottolineare è che spesso per gli artisti figurativi l’autoritratto è
vissuto come qualcosa di beffardo: rappresentando una visione tormentata e
insostenibile di se stessi, sofferta e piena di spigoli.
A complicare la questione “autoritratto”, la deliberata volontà di Dylan di
distruggere quella sua stessa icona mediatica che lo stava soffocando. Per
questo, come racconta in Chronicles, gettò i brani di Self Portrait sul
muro, per vedere “quali vi restavano apiccicati”… per poi raccogliere però
anche quelli “caduti”, e sbatterli tutti dentro al famigerato doppio album.
Altro bootleg “ufficiale” fu sicuramente “Dylan” l’album “omonimo” uscito
tre anni dopo il criticato “autoritratto” e sempre in epoca di ritiro dalle
scene. Questo disco rappresentò, come è noto, un vero e proprio ricatto
discografico della Columbia, che dimostrava di poter disporre come voleva
dei brani di Dylan, e pubblicò scarti di registrazione proprio da Self
Portrait. Ironia della sorte, alcuni brani di questi scarti sembrano
funzionare meglio di molti di quelli ammessi nel precedente doppio…
Un’aria da bootleg ha anche il grande Planet Waves, registrato alla fine
del ’73 e pubblicato all’inizio dell’anno successivo per l’etichetta
indipendente Asylum. Il titolo originale per quest’album doveva essere
Ceremonies of the Horseman, utilizzando un verso da Love Minus Zero, secondo
un espediente poi migliaia di volte usato dai bootleggers.
Nel 1975 l’uscita del doppio The Basement Tapes segna la definitiva (e
opportuna) ufficializzazione di parte del materiale inedito del ’67, che
continuava a uscire clandestinamente.
Una riflessione a parte va fatta per New Morning, l’album del 1970 che
segnava la “rinascita” di Dylan dopo il pasticciaccio di Self Portrait.
Paolo Vites, nel libro Bob Dylan 1962-2002: quarant’anni di canzoni (Ed.
Riuniti, 2003) ne fa oggetto di aspra critica, definendolo “ancora più
irritante” di Self Portrait, in continuità con quest’ultimo e parimenti
malriuscito. Non mi ritrovo in queste critiche - ho sempre ascoltato New
Morning con piacere e, per inciso, ho notato che risulta gradito anche ai
bambini – ma è ovviamente un’opinione personale. Proviamo però a immaginare
New Morning come un bootleg … immaginiamo che le sue canzoni fossero rimaste
nel cassetto, per poi essere rinvenute a posteriori, come tante altre volte
è successo, e rese pubbliche da un’etichetta pirata, magari con un titolo
più accattivante. Forse qualcuno avrebbe gridato al miracolo! Al
rinvenimento del più grande tesoro nascosto. La meraviglia di scoprire che
Dylan aveva tenuto celate – in canzoni come Went to See the Gipsy, Time
Passes Slowly, Sign on the Window, The Man in Me, Father of Night – le
chiavi interpretative della sua personalità umana e artistica… Sono sicuro
che New Morning avrebbe ricevuto, come bootleg, un successo esorbitante.
Quelle canzoni, singolarmente, continuerebbero a pulsare e vivere di luce
propria, come è accaduto per Blind Willie McTell, e per i capolavori omessi
da Oh Mercy e Time Out of Mind, che trovano oggi asilo in questa nuova
imminente raccolta.
Nell’attesa di Tell Tale Sign - “Segni rivelatori” traduce brillantemente
Alessandro Carrera - possiamo osservare la bolla dell’aspettativa
commerciale che si gonfia fino a lacerarsi e a lasciar uscire anticipazioni,
“rivelazioni” (una specie di corto circuito). Già dall’inizio dell’estate
abbiamo potuto ascoltare la bella e sorprendente Dreaming of You. Ora sta
circolando questa versione blues, strascicata e allucinata, di Mississippi,
nella quale Dylan sembra completamente immedesimato nell’autenticità umana e
artistica dei bluesmen del passato...
Dreaming of You scorre tra le immagini suggestive di un videoclip con
protagonista Harry Dean Stanton. Il quale, nei panni di un curioso
bootlegger, vagabonda per le strade secondarie d’America, segna sul
calendario tutte le esibizioni live di Dylan, per poi rinchiudersi nel
garage di una scalcinata pompa di benzina. In questo laboratorio si mette ad
assemblare, ritagliare, incollare, e produrre piccole meraviglie
clandestine… “pretty good stuff”. Poi strimpella una chitarra, si ferma a
fissare la foto di una donna, esce dalla porta e riprende il cammino… Si ha
l’impressione di vedere un cortometraggio perduto di “Paris, Texas”, di
scoprire altri vagabondaggi segreti del protagonista. Il volto
inconfondibile di Harry Dean Stanton rimarrà credo per sempre legato al
personaggio Travis e alle vicende del film prodotto da Wenders nel 1984, da
un soggetto di Sam Shepard. “Paris, Texas”, nelle sue scene cruciali, mi è
sempre sembrata la trasposizione cinematografica di Tangled Up in Blue. Un
riferimento non esplicitato, obliquo, che forse ritorna oggi,
misteriosamente, nel video di questa Dreaming of You. “The silent sun has
got me on the run/ Burning a hole in my brain” sono versi che potrebbero
benissimo risuonare dentro Tangled Up in Blue…
Perdonatemi questa bastarda “recensione” dei segni rivelatori di un bootleg
che ancora deve arrivare…
28 settembre 2008
Bob Dylan : "Tell
Tale Signs"
di John Mulvey
Tempo fa , quando è uscito il suo album “Eureka” , ho intervistato Jim
O’Rourke. L’album era molto convenzionale , canzoni adatte all’album , ma a
guardarlo aveva l’aspetto di un musicista che
improvvisa. Non voleva portare l’album in tour , mi ha detto , perchè non
voleva suonare le sue cose più di una volta. Persino un radicale riarrangiamento
di una canzone potrebbe essere in qualche modo una cosa disonesta , così la
pensa lui.
Il miglior modo per una creatività insaziabile come quella di O’Rourke nello
scrivere musica , è evidente , è quello di partire con un foglio
completamente bianco ogni volta che suona uno strumento.
Ho ricordato questo l’altro giorno , mentre ascoltavo “Tell tale signs” ,
ripensando alla incomparabile intransigenza di Bob Dylan. O’Rourke e Dylan
sono una coppia perfetta per misurarsi uno con l’altro , per molte ragioni.
Ma , per cominciare , penso che O’Rourke viene da un background di
avant-garde dove le performances sono totalmente libere dall’idea della
canzone , mentre l’approccio di Dylan privilegia la canzone come un
documento sacro che può essere girato in nuove forme , ma mantiene sempre la
propria integrità.
Questa è , ovviamente la sostanza di “Tell tale signs”. Nei tre CD ( e sono
spaventato al pensiero che probabilmente avrete il desiderio di comperare e
sborsare l’esorbitante prezzo per il cofanetto a tre Cd ) ci sono due tracce
di “Most of the time”, “Dignity”, “Red river shore”, “Born in time”, “Can’t
wait” e “Marchin’ to the city” , e ben tre di “Mississippi”. Quello che
emerge è l’impressione che Dylan , più che mai , sia uno che considere gli
album come delle foto istantanee che fissano dei momenti. Le versioni delle
canzoni dicono “ Oh Misericordia , non siamo necessariamente le migliori ,
siamo solo qualcosa che ha dato un senso a quei momenti del giorno”.
“Tell tale signs” , alloro , è il documento di canzoni in flusso costante ,
uno sguardo al modo ossessivo di Dylan di guardare il suo lavoro e al modo
di migliorarlo per i suoi live show.
Le canzoni “dal vivo” , come succede , sono qulcosa che raggiungono il
minimo dal punto di vista dell’interesse in questa collezzione , con
l’eccezzione di “High water” , una delle mie canzoni favorite dell’ultimo
periodo di Dylan , completamente rivoltata in full-rock.
“Love and theft” e , il per me sopravvalutato “Modern times”, non offrono
molto da ascoltare , a parte quella “High water” e una versione alternativa
di “Ain’t talkin’” e una superba elegiaca versione di “Somebody Baby”, dove
la familiare allegria è sostituita da momenti di riflessione. L’ultimo colpo
di una sequenza fantastica di tutto il disco uno.
Si prosegue con “Red river shore” ( il grande unrealeased di tutto il set )
, benchè sia diviso tra questa versione e quella del disco tre come mia
preferita. Dal mondo di Dylan , pensateci , non dovremmo avere qualcosa di
così riduttivo come versione favorita, “Tell ol’ Bill”, una incantevole
versione di “Born in time” e “Can’t wait”,
Può essere che Dylan veda le sue canzoni sempre in lotta con le canzoni
dell’antologia di Harry Smith “ Anthology of american folk music “ – e forse
viene da questa la sua brillantezza come cantante folk - , antologia vecchia
ma sempre viva che non dovrebbe essere conservata sotto sale , ma
costantemente rimescolate , ripetutamente adattate , fosse solo per
dimostrare che la innata qualità delle canzoni può sostenere ogni tipo di
confronto con i capricci e le mode del momento.
Dylan potrebbe cambiare il modo in cui le canzoni funzionano , sicuramente,
ma lui lavori all’interno di parametri ancora abbastanza rigorosi: soltanto
il ritmo raggae di “Mississippi” nel disco 3 si allontana molto dalla
venerabile tradizione americana.
Non è che vogliamo un Dylan ridotto ad un animale domestico , ovviamente ,
ma un remix di Mark Ronson nel suo catalogo è abbastanza. Comunque , il
disco 2 è la parte più debole del pacchetto , non privo di alcune gemme come
“Mississippi”, una versione disinvolta di “Dignity e un risonante duetto con
Ralph Stanley in “Lonesome River”.
Questo è il tutto per chiunque abbia un interesse per Dylan , come vi
sareste aspettati. Ma c’è inoltre la frustrante implicazione che noi non
vedremo mai l’intera pellicola. Se gli 2Archivi” di Neil young verranno
eventualmente resi noti , come promesso, documenteranno meticolosamente il
lavoro di Young negli ultimi 40 anni. “Tell tall signes” ci ricorda che
Dylan ha un approccio più capriccioso ai suoi lavori. Come in “Chronicles” ,
l’immagine che ne esce è spesso frammentaria ed enigmatica , fornendo solo
qualche momento di chiarezza sulle cose di Dylan.
Le canzoni saltano indietro nel tempo , cambiano radicalmente , ma spesso
vivono di passaggi occasionali anzichè di un progetto razionale. Niente è
determinato , risolto , rifinito a distanza.
Inizialmente sembra dare una risposta sul modo di Dylan di lavorare , ma poi
ci si accorge che si è solo aggiunto un pezzo al gigantesco puzzle
dylaniano, di essere finiti nel vicolo cieco del mito.
E naturalmente , aggiunge un altro gruppo di grandi registrazioni al mazzo ,
ed anche al prezzo.
Pop
review: Bob Dylan, Tell Tale Signs: the Bootleg Series Vol 8(Sony BMG)
Caspar Llewellyn Smith - The
Observer - Sunday September 14 2008 scrive un articolo nel quale si chiede
:
Bob Dylan è quello che andrà oltre il suo tempo?
L’anno scorso , il film di Todd Haynes “I’m not there”, presentava sette
interpretazioni del cantante – il giovane Dylan che voleva essere Guthrie (
interpretato da un ragazzino di colore ) , il Dylan rinato , il Dylan che
suonava quel thin-wild-mercury sound ( interpretato da Cate Blanchette ), e
via così, ma nel corso dei passati cinque anni , si è rivelato a noi sotto
molte altre spoglie. Il Dylan star della TV , il Dylan del programma radio ,
il Dylan pittore, il Dylan autore , e naturalmente il Dylan cantante-artista
del “neverendingtour”.Possono tutti questi personaggi assieme riconciliare
Dylan al Dylan sul palco? Perchè il potenziale commerciale del 67enne Bob è
più alto ora di quanto non lo sia mai stato negli ultimi 30 anni.
E’ una cosa che comprende anche i rumorosi e
numerosi reclami riportati su diversi websites concernenti questa ultima
rata della serie Bootleg : due dischi a prezzo normale , ma c’è anche una
edizione in cofanetto con un terzo CD in aggiunta venduto al prezzo di 101
sterline. Assurdo Bob.
Per contro viene da chiedersi , è questo il Bob
Dylan che tutti conosciamo attraverso le sue canzoni rappresentato da questa
ultima realizzazione? “Tell tale signs” mette insieme materiale mai
pubblicato dalla metà del 1989 al 2006. Questo periodo deve comprendere
materiale scartato da sette album, Oh Mercy 1989,Under the red sky 1990 , i
due di covers e di vecchie canzoni folk , Good as i been to you 1992 e Wolrd
gone wrong 1993 , Time out of mind 1997, Love and Theft 2001 e Modern times
2006. Ma Under the red sky e Love and Theft rappresentavano la sua immagine
, ma perchè vi chiederete , mischiarla ora con i ritagli e gli avanzi di
altri tre album ? Considerato come trilogia , queste registrazioni danno una
singolare visione dell’artista : qui c’è The man in the long black cloak (
pretesto) che mormora che non è ancora scuro ( not dark yet) ma che sta
arrivando , sempre ai limiti periferici della vostra visione.
Come può questo tesoro ritrovato riconciliarci con
Dylan? Fra le 27 tracce ci sono due versioni di “Mississippi” dalle sessions
di Time out of mind con la produzione di Daniel Lanois , la prima in
particolare è meravigliosa , suonata in acustico , vede Dylan cantare
magnificamente , che trova la chiave dei sentimenti: “Ma il mio cuore non è
stanco , è rilucente e libero!”. E capite che non è stato tagliato
dall’album ( ma riemerge rigenerato in Love and Theft ). C’è inoltre “Red
river shore”, la canzone più attesa da tutti i Dylanogisti fra quelle di
Tell tale signs. La narrazione dura più di sette minuti e copisce
deliziosamente , misteriosamente , su argomenti teologici ( Ho sentito di un
ragazzo vissuto molto tempo fa , se qualcuno moriva attorno a lui , lui
sapeva come ridargli la vita ) e alla fine , Dylan , grande narratore di
storie , trova una nota di ottimismo: qualche volta penso che in realtà
nessuno l’abbia mai veduto , tranne la ragazza del fiume rosso.
Ma che vuol dire ? Non tutto è quello che sembra ,
con Dylan stesso che vuole essere un’altro poeta : “Io sono un’altro”. Ma al
di là di quello che potrebbe essere, rimane intoccabile come scrittore di
canzoni e qualche volta come interprete. Non tutto è perfetto nel nuovo BS8,
gli ultimi cinque pezzi specialmente, scelta non particolarmente ispirata.
Ma sicuramente potreste lasciarci l’anima in queste registrazioni.
Dreamin' of you
L’8° volume della Bob Dylan’s Bootleg Series uscirà in ottobre ,
comprenderà le outtakes del suo lavoro col produttore Daniel Lanois come
novità. Intitolato “Tell Tale signs” , una delle canzoni , “Dreamin’ of you”
, è stata realizzata come singolo. Dopo averla sentita qualche minuto , sono
pronto a scrivere la mia analisi.
“Dreamin’ of you” è una outtake dell’album del 1997 “Time out of mind”.
Ancorata ad un blues-riff , la canzone ricalca tanto le profonde liriche di
“Time”. Tuttavia , si capisce subito perchè non ha avuto il tocco finale.
C'è un distintivo alt.rock vibrato che la separa musicalmente dalle altre
canzoni dell’album , che hanno una profonda svolta nel blues . In aggiunta ,
il suo contenuto lirico è largamente ripetuto nelle altre canzoni . Ma per
quanto sia dispari sentire cantare Dylan con un background di alt.rock (
ascoltate il fraseggio del piano ) , la canzone è di “routine” e la voce di
Dylan è , come sempre , bella ed espressiva.
In conclusione : Ai fans non accaniti di Dylan non interesserà più di tanto
una cosa così , non è un’aggiunta essenziale al loro “catalogo”, ma tutti
quelli che hanno un interesse molto più che passeggero del lavoro di Dylan ,
saranno invogliati ad ascoltarla. Per fare il download del pezzo ,
semplicemente si va su bobdylan.com – vedrete immediatamente dove cliccare.
Per quanto mi riguarda , penso sia abbastanza buona e aspetto di sentire
tutto l’album in Ottobre , sono sicuro che sarà grande .
http://ominick.livejournal.com/21283.html
Dylan, canzone dell’amore perduto
di Roberto Brunelli
Il desiderio è un blues che non muore mai. Ti dà la caccia, anche quando gli
anni ti scavano sulla faccia rughe profonde come la terra. «Forse c’eri,
forse no, forse hai toccato qualcuno e ti sei bruciata»: parole e musica di
Bob Dylan. Una canzone struggente, ombrosa, strana, dimenticata, lasciata in
fondo a un cassetto. Registrata nel ‘97 per le sessions di Time out of mind,
ma tenuta fuori - per qualche motivo misterioso - dalla «tracklist» finale
di quel disco: Dreamin’ of you oggi riemerge d’improvviso imponendosi come
una delle ballate d’amore più struggenti che il vecchio cantore abbia mai
scritto.
Non un grammo di quel lirico cinismo cui Dylan ci ha abituato nei decenni,
appena un soffio di quel wild, thin mercury sound (il «sottile selvaggio
suono di mercurio») di quando Bobby stava in cima all’onda più alta della
tempesta perfetta degli anni sessanta. Forse una confessione, fin troppo
limpida per poter essere accettata dallo stesso Dylan: Dreamin’ of you fa
parte di una manciata di inediti raccolti in un triplo cofanetto che uscirà
il 6 ottobre nelle «Bootleg series», che raccolgono oramai da un bel po’ di
anni le rarità, le chicche, le stranezze e gli inediti di quattro decenni di
opera dylaniana. Tell Tale Signs: rare and unrealeased 1989 - 2006 comprende
versioni finora sconosciute, alternative, demotape oppure pezzi registrati
dal vivo pescati dal mare magnum degli anni che vanno dalla «rinascita»
creativa di Oh Mercy (1989) all’ultimo Modern Times (2006). Ci sono cose che
ai tanti dylaniati suonano come promesse di delizie proibite: versioni
sconosciute di Born in Time e di Ring Them Bells, vari pezzi live (tra
questi Cold Irons Bound e Cocaine Blues), gemme come lo standard Mary and
the soldier, e una versione finora ignota di Ain’t talking, considerato la
«Divina commedia» dell’ultimo Dylan. Tra gli inediti veri e propri, Duncan &
Brady, 32-20 Blues, God knows, Miss the Mississippi, Red River Shore.
Ma la sorpresa nelle sorprese è, appunto, Dreamin’ of You: un dolente eppur
accattivante viaggio nel desiderio di un uomo alle prese col buio,
narrazione (forse) di un amore perduto, racconto musicalmente contagioso e
maliosamente obliquo che può oggi legittimamente entrare nell’empireo
dylaniano. Probabilmente sarebbe stato un successo, se il vecchio Bob non
avesse fatto uno di quegli strani scherzi - musicali, esistenziali,
concettuali, finanche spirituali - con cui ha disseminato la sua vita. Non a
caso, la canzone è stata scelta per rappresentare l’intero cofanetto, ed è
disponibile (ma pochi sembrano esserse accorti) in download sul sito
www.bobdylan.com, mentre il testo sta già circolando sulle dozzine di siti
dedicati al «menestrello di Duluth» sparsi su tutto il globo terracqueo. La
canzone impazza nei blog, e non sono pochi quelli che si chiedono -
stupefatti - come mai sia stata esclusa, undici anni fa, da un album
considerato tra i migliori di sempre. Il fatto è che quella degli inediti di
Dylan è una storia nella storia: i precedenti di pezzi esclusi dalla
discografia ufficiale sono spesso clamorosi. Sempre oscuri i motivi, e quasi
sempre sorprendenti gli esiti. Il caso più straordinario è quello di Blind
Willie McTell: registrata per l’album Infidels, del 1983, non vide la luce
fino al primo cofanetto delle «Bootleg series», edito nel 1991. La canzone,
però, circolava da anni in copie pirata, e col tempo ha assunto un’aura
mitica al pari di un classico come Masters of War e Tangled up in blue. A
Series of dreams è capitato lo stesso destino. Un pezzo portentoso, che fu
escluso da Oh Mercy, proprio come Dignity, oggi probabilmente più noto di
altri pezzi di quell’album, che pure fu considerato il grande «comeback»
alla fine di un decennio considerato il più debole della lunga carriera di
Bob.
L’altro totem è quello, oramai leggendario, dei Basement Tapes: immaginatevi
Dylan, nel ‘67, appena uscito da un incidente di motocicletta («mi salvò la
vita», come ebbe a dichiarare anni dopo), che si chiude in una cantina a
Woodstock insieme ai vecchi amici della Band a tirar fuori dal cilindro
pezzi che parevano uscire direttamente dalle viscere della tradizione
americana. Ebbene, l’album circolò per anni illegalmente, per esser
finalmente messo sul mercato, con grande successo, nel 1975. È invece di
pochi giorni fa la notizia di 23 poesie inedite scritte per il fotografo
Barry Feinstein: il quale, lo racconta lui medesimo, nei primi anni sessanta
aveva fatto un lavoro «sul lato oscuro del glamour» (Hollywood e affini),
chiedendo a Bob di scrivere delle liriche in tema. Il manoscritto è
ricomparso d’incanto, pochi mesi fa, nelle cantine dello stesso Feinstein.
Nemmeno Dylan, dicono le cronache, si ricordava di averle scritte, quelle
poesie.
Indecifrabile Bob. Chissà perché, nel ‘97, decise di lasciar fuori Dreamin’
of you: forse perché il posto della ruvida canzone d’amore era già presa da
Love Sick, o forse perché alcuni passaggi sembrano usciti da Standing in the
doorway... «Spirali di pulviscolo dorato, qui e là, in una fiammata, come
raggi di luci in una stella», cantava ieri/oggi mister tamburino. Dylan, si
sa, è uno scrigno di misteri. Ma basta saperlo: la chiave per aprire quello
scrigno è - ed è sempre stato - il desiderio.
fonte : http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=78369
Paolo Vites
Tratto da gamblin-ramblin
Stamattina mi sento come se Natale fosse
arrivato in una calda afosa giornata di fine luglio. Cioè, devo ancora
aspettare fino al 7 di ottobre quando finalmente sarà disponbile Tell Tale
Signs, il volume 8 della Bootleg Series. Su bobdylan.com tutte le
informazioni del caso. Direi che è una manna, data un po’ un’occhiata alla
track list qua sotto. Ben due versioni della incisione originale di
Mississippi, quelle effettuate ai tempi di Time Out Of Mind, tanto per dirne
una.
A questo link un video di una strepitosa versione di Ring Them Bells, live a
New York, Supper Club, 1993, brano che appare anche nel cd:
http://www.usatoday.com/life/music/news/2008-07-28-dylan-telltale-signs_N.htm?csp=34
A questo altro link si può scaricare Dreamin’ of You, disponibile anche da
bobdylan.com. Cavolo, dopo il disastro degli ultimi anni, avevo dimenticato
quanto Bob Dylan fosse uno dei più grandi vocalist di tutti i tempi…
http://www.sendspace.com/file/ocp9n5
( fonte :
http://gamblin--ramblin.blogspot.com/
)
Shooting Star
“Mississippi Bootleg Stories”
Dreamin’ of you – Considerazioni (non) sarcastiche sul Dylan dell’ultimo
ventennio
(…E a cavallo fra due millenni)
È un Dylan brillante e “competitivo” quello di Dreamin’of you. Dinamico,
anche se c’è da chiedersi come sarebbe stato il brano se la batteria fosse
rimasta “alta” come sull’attacco, dando quasi quell’idea trip-hop o cmq di
musica contemporanea, ed è cmq il Dylan più contemporaneo di sempre quello
che stiamo ascoltando. Con una bella performance vocale e un mood che sembra
affine a quello di Series of dreams e Things have changed, e più in generale
alle sonorità di Oh Mercy. Certo una simile perla non avrebbe sfigurato su
Time out of mind; che a mio avviso resta un grande capolavoro, ma che magari
con l’innesto di quest’inedito e della prima stesura di Mississippi (molti
dicono che la versione scartata sia superiore a quella di Love and theft).
Andiamo ai fatti, l’Artista che abbiamo di fronte, non è più quello degli
anni sessanta e settanta, ma nemmeno il prolifico autore degli anni 80,
bistrattati certo, ma capaci di regalare grandi perle e lavori assolutamente
al di sopra della media del decennio. Il tanto vituperato Empire Burlesque,
oggi resiste al tempo molto più di tutta quella musica che imperversava
nelle radio, sui giradischi e nelle tv dell’Epoca. Per non parlare di alcuni
dischi d’alta classe come Infidels, Oh Mercy, Shot of love, e il progetto
Travelin’ Wilburys. Senza dimenticare brani sparsi qua e là che hanno
molteplici qualità ed atipiche atmosfere sonore, cito i masterpiece
“Brownsville Girl” “Foot of pride” “Blind Willie Mc Tell” “Someone’s got a
hold my heart” e la mai troppo celebrata, (a mio avviso) “Series of dreams”.
Tornando a Dreamin’ of you, è un brano immediato e di sicura presa, ma
conserva delle qualità di grande fascino, una certa inquietudine, un lato
oscuro della forza che gia pervadeva tutto il disco, e che forse in qualche
modo si era attenuato in Love and Theft e che invece appare sfocato in
Modern Times; disco che però viaggiava sulle ali di una strepitosa
interpretazione vocale e sapeva proporsi con vigore come un classico
contemporaneo, grazie alle eteree esecuzioni di Nettie Moore, Ain’t talkin’
e Working man blues #2
Insomma questo Tell Tale Signs - Bootleg Series VIII, (1989-2006) (a cavallo
fra due millenni, mica male, eh!) si poteva anche intitolare “Mississippi
Bootleg Stories” a mio avviso; parte con qualche polemica di troppo, ma
anche con delle certezze. Finalmente tutti potremo ascoltare Mississippi
nella sua versione originale, ci potremo rituffare nelle atmosfere d’amore e
guerra di ‘Cross the green mountain e dei disillusi biscazzieri di Huck’s
Tune, contestualizzandole in una cornice finalmente dylaniana. Gia pronti a
leccarci i baffi per le versioni alternative di Most of the time, Dignity e
Ain’ t Talkin’, e per le esecuzioni live di Trying to get to heaven, High
water, Ring them bells e Things have changed!
Insomma dopo quell’inutile cofanetto antologico, Dylan 07, che non aveva
nulla di dylaniano e che quasi sminuiva una carriera (non si può mettere sul
banco a mò di Macelleria i grandi classici privandoli di un contesto
adeguato, è un po’ come allestire una mostra di Francis Bacon, in un piccolo
e polveroso oratorio di provincia…)
Abbiamo adesso tra le mani qualcosa di ghiotto, e stavolta non mi va di
polemizzare troppo con le scelte di un’etichetta che, appare chiaro, non ha
criterio e forse conosce troppo poco i gusti e gli appetiti del Cliente, che
è un acquirente esigente, sì, ma anche provvisto di un gran cuore che non
merita queste inutili sfuriate!
Nell’attesa del nuovo disco, (davvero nuovo, intendo) del secondo capitolo
di Chronicles, e di un insperato seguito a quello che solo io, Michele
Murino e Davide Imbrogno consideriamo un grande film: Masked and Anonymous,
proveremo ad amare e a conoscere meglio questo Bootleg series VIII, che poi
sintetizzato contiene session inedite di Oh Mercy, World gone wrong e Time
out of mind e Modern times, arricchito con qualche live, che magari si
poteva anche scegliere con maggior criterio.
Certo a bene vedere, dispiace che né Love and theft né Modern times hanno
rilasciato brani inediti, almeno così in apparenza, la mia è una semplice
illazione. Anche se la cosa più sconvolgente, al negativo, stavolta è che
non abbiamo la possibilità di ascoltare il Lost album del 92, quello delle
famose session con David Bromberg, o meglio ascolteremo soltanto due dei
quindici brani; (Miss the Mississippi e Duncan And Brady)
Mr.Tambourine
“Deamin' of you” è una outtake dell’album “Time
out of mind” , una delle sessioni prodotte da Daniel Lanois nei tardi anni
90’ . Ho ascoltato diverse volte questo pezzo diverse volte per farmene
un’idea più dettagliata , ho letto e riletto il testo e ho avuto
l’impressione che questa canzone sia , in qualche modo , una compilation di
idee che eventualmente avrebbero potuto diventare delle buone canzoni , ma
queste idee , mischiate assieme in una
canzone creano qualcosa di indefinito , che funziona solo a tratti , qualcosa ancora da
rifinire , insomma , la classica take , una delle tante , sulla quale
lavorare , limare , cambiare , migliorare , tagliare , modificare per
ottenere la cosa giusta . Non tutte le canzoni nascono perfette alla prima
take , ci sono quelle che hanno bisogno di essere registrate , riascoltate ,
rielaborate diverse volte per ottenere un risultato soddisfacente . Dylan
stesso sembra essere un partecipante quasi estraneo a questa outtake , Dylan sembra essere esageratamente sdolcinato ,
questo non toglie che la outtake , anche se suona falsa e melensa ,
liricamente dia già un buon risultato , abbastanza profondo . Ma il suond
sembra quello di una cover band senza tante idee , con l’organo fuori
posto , la chitarra che si annoda su se stessa con lo stesso riff , stuccoso e
noioso ripetuto per tutta la canzone . La canzone viene così snaturata da tutti questi
elementi estranei fra loro e fini a se stessi , e , di conseguenza , collassa su se stessa ,
implode causando un nulla di fatto , è un tentativo , e un tentativo rimane
, ma vendere dei tentativi non è un’operazione commerciale clean . Ricordo
anche che questa take risale alla fine degli anni 90 , e che la voce
di Dylan non è più quella , così come prendendo le outtake di anni
precedenti troveremmo ancora stupenda la sua voce , ma purtroppo , ora come
ora , non è più così . "Dreamin' of you" mi piace , è una buona idea , uno
spunto ottimo per tirar fuori una bella canzone , ma una outtake è
sempre una cosa sperimentale , temporanea , soggetta a cambiamenti , invece
una canzone è una canzone , c'è una notevole e sostanziale differenza ,
senza togliere nulla al valore e al potenziale di "Dreamin' of you" .
La Sony ha pensato di permettere il download
gratuito di questa canzone , come via promozionale , sul sito di Bob e anche
su Youtube , spero solo che il meglio dell’album non sia proprio questo
tentativo spacciato per canzone , è solo una decente outtake , niente di più
, capisco i fini della Sony per questa che io ritengo solamente una
discutibile operazione
commerciale , non trovo scuse invece per Bob , a quando un
disco veramente nuovo come "Modern Times"?
Michele "Napoleon in rags"
Per rispondere alla domanda direi che un nuovo
disco
con inediti di Bob è sempre una bella cosa ma va detto che questo
poteva essere decisamente fatto meglio visto che mi sembra un po'
un'accozzaglia.
Io avrei preferito tutte le canzoni delle bromberg sessions piuttosto che
questo centellinare le cose...
l'anteprima di dreamin' of you non mi ha esaltato devo dire ma non vedo
l'ora di
ascoltare Mississippi o gli inediti e le versioni alternative di Modern
Times e "Love and theft" che ormai sono tra i miei dischi preferiti in
assoluto di Bob.
Mi aspetto grandi cose però anche da Red River Shore e Marchin' to the City.
Non capisco cosa c'entrino le cose già edite come
Huck's Tune, The Lonesome River e 'Cross the Green Mountain.
E le canzoni live? Mah! Misteri della fede. Comunque visto che molti pro
dicono che Bob non si discute ma sia ama allora amiamolo. Io lo amo, e
qualche notte fa me lo sono pure sognato... parlavamo del più e del
meno, giuro... mi diceva che arriverà presto un nuovo album...
Michele "Napoleon in rags"
ps : ah mi aspetto mirabilia anche da 32-20 Blues (Unreleased, World Gone
Wrong)
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