Un “terribile senso di perdita” pervade le canzoni di
Dylan
di Sarah Payne
Il Professor Christopher Ricks della Boston University ha discusso il ruolo
dell’ amicizia nelle canzoni di Bob Dylan "Positively 4th Street" e "He Was
a Friend of Mine" allla Biblioteca Mugar Lunedi notte.
Una folla di circa 150 studenti, professori e amanti di Bob Dylan erano
seduti nella Mugar Memorial Library ascoltando la canzone di Dylan "He Was a
Friend of Mine".
Come l'armonica è sfumata, il rinomato studioso di Dylan e della Boston
University, il professor Christopher Ricks ha detto ai presenti che la
canzone era "di estrema semplicità, ma non ingenua, a causa del suo
significato a proposito di amicizia".
La sua conferenza, intitolata "Friendship: “Positively 4th Street” e '' He
Was a Friend of Mine '," è stata la prima di una serie di quattro presentate
dal Gotlieb Howard Archival Research Center quest' anno.
"La differenza tra amore e amicizia è la reciprocità", ha detto Ricks. "Non
posso essere un tuo amico se tu non sei un mio amico."
Ha fatto notare il "terribile senso di perdita" che definisce molte delle
canzoni di Dylan, in particolare le canzoni che ha analizzato nella
conferenza.
"La morte è una prova per tutto, soprattutto per l’ amicizia", ha detto
Ricks.
Ricks ha poi confrontato "He Was a Friend of Mine" con una nenia funebre,
anche se melodicamente potevano suonare diverse.
"Parte del genio di Dylan è che la musica sembra confortante, ma le parole
lo tirano fuori dall' autocompiacimento" ha detto.
Ricks ha detto che il concetto di amicizia può venire applicato anche al
rapporto tra la voce di Dylan e le parole della canzone.
Poi Ricks ha fatto ascoltare "Positively 4th Street", una canzone
considerata come una sorta di bacio d’addio ad un ex amico, ha detto.
Ricks ha detto che è un "sorprendentemente ed incessante canto di
ritorsione" e "terribilmente negativo".
La canzone ha suscitato molto dibattito fra i membri del pubblico.
I partecipanti hanno chiesto se ci fossero connotazioni positive nella
canzone, e tutti hanno discusso se la canzone esortava negli ascoltatori un
senso di empatia o rappresentasse - come uno spettatore ha detto - ". La
illuminazione della solitudine"
Per far luce sulle molte interpretazioni della canzone, Ricks ha suonato una
versione diversa, che è stata registrata dal vivo nel 1996. La canzone era
cantata molto più lentamente, ed ha quasi raddoppiato la sua lunghezza.
Ricks ha detto che così facendo, Dylan ha girato "Positively 4th Street" in
"una canzone di grande amore".
Anche se molti spettatori hanno convenuto che questa versione suonava più
intima, è seguito un altro dibattito sul significato delle parole: "No, I do
not feel that good/ When I see the heartbreaks you embrace/ If I was a
master thief/ Perhaps I'd rob them."
"No, non mi sento così bene / Quando vedo i dolori che abbracci / Se fossi
un ladro professionista / Forse te li ruberei".
Molti partecipanti hanno detto di apprezzare la spiegazione di Ricks dei
testi di Dylan.
Natalie De Biasi, uno studiosa in visita dalla Francia, ha detto che ha
appena scoperto la musica di Dylan e di recente ha trovato confusione in
alcuni dei suoi testi.
"Sono venuta stasera quì perché ho pensato che se qualcuno avesse spiegato
il significato del testo della canzone, forse l’avrei compresa meglio", ha
detto.
La De Biasi ha detto di aver letto alcuni dei libri di Ricks su Dylan e che
ha particolarmente apprezzato i suoi commenti sulla poesia.
Rachel Schowalter, una studentessa del collegio di comunicazione, ha detto
di leggere il libro di Ricks dal titolo "Dylan Visions of Sin" per la sua
tesi scritta su 100 su testi di Dylan.
La Schowalter ha detto che voleva partecipare ad almeno due eventi
concernenti Dylan per la sua classe.
"Non sono la più grande fan di Dylan, ma come artista e musicista, ha
fissato un sacco di pietre miliari e influenzato un sacco di artisti
moderni", ha detto.
Tuttavia, alcuni partecipanti, come il College of Arts and Sciences
sophomore Emily Bornhop, era venuto perché è veramente un grande fan di
Dylan.
"'Positively 4th Street' è una delle mie canzoni preferite, così sono stato
davvero entusiasta di venire", ha detto. "Non avevo mai pensato ai diversi
punti di vista coi quali Dylan tratta l’amicizia, quindi è stato davvero
interessante parlare e analizzare l’argomento con altre persone."
(Fonte: www.dailyfreepress.com)
a
Mercoledi 29 Settembre
2010
Don’t look back , il film del
disatro
Albert Grossman, manager di Bob, voleva che fosse girato un film sul
prossimo tour di Dylan del 1965.
Joan Baez aveva fatto di tutto per essere parte del tour, sperando in cuor
suo che l’ormai diventato Rock-Star, famosissimo almeno al pari dei Beatles,
la invitasse come negli anni scorsi ad esibirsi sul palco in duetto con lui.
Dylan sapeva benissimo di dover una buona parte del suo successo a Joan, che
lo aveva sempre voluro sul palco con lei facendogli cantare le sue canzoni e
cantando lei stessa le canzoni di Bob. Ma Dylan riteneva ormai di aver
pagato il suo debito con Joan dopo l’ultima serie di concerti fatti assieme.
Inoltre Dylan rifuggiva quell’immagine di guida e voce della gioventù in
lotta contro i diritti civili che la Baez gli aveva volontariamente
appiccicata addosso. Dylan non voleva essere il loro rappresentate, non
voleva essere la loro voce, non voleva avere niente a che fare con loro, e
questo generò la fine del rapporto fra lui e la Baez. Joan faceva fatica a
capire perchè Dylan rifiutava quella investitura, non capiva che loro
appartenevano a due mondi diversi, lei a quello idealizzato sociale e
politicizzato del Folk puro, lui veniva dal Rock and Roll ed al Rock stava
tornatndo. Dylan aveva usato il Folk esclusivamente per il proprio
tornaconto, per farsi conoscere, per conoscere quelli che contavano nel giro
artistico NewYorkese. Aveva scimmiottato Guthrie e molti altri solo per
convenienza, non aveva mai vissuto con profondità il movimento Folk come la
Baez e la Rotolo, aveva usato tutto quello che aveva a disposizione per
ottenere il successo e c’era riuscito, anche a spese di molti altri, ma c’è
da osservare che in quella New York tutta quella squattrinata categoria di
aspiranti poeti e musicisti sbarcavano il lunario alle spalle di
qualcun’altro, Dylan si adeguò al sistema e lo sfruttò per quanto meglio
fosse stato per lui.
Dylan era partito dal rock e dopo il periodo di frequentazione del movimento
folk sentiva che per lui era arrivato il momento di chiudere con il passato
ed il presente e dare un indirizzo nuovo alla sua carriera. Cominciò a
scrivere canzoni che con il folk avevano poco a che vedere, i testi
cominciavano a discostarsi dalle tematiche classiche delle canzoni folk, le
parole presero una direzione ed un senso diverso, Dylan quasi non parlava
più degli altri, aveva iniziato a mettere a nudo quello che c’era dentro di
lui, le sue rabbie personali, il suo sarcarmo, le sue osservazioni sulla
società, ma tutto questo a titolo personale e non più come rappresentate
della sua generazione. Dylan è sempre stato un pratico, mai un idealista, e
quel ruolo gli stava troppo stretto e lo infastidiva, ora finalmente
cominciava a liberarsi dalle pastoie del folk e di conseguenza cercava di
allontanare da se anche la fastidiosa presenza della Baez rimasta
“inchiodata” a tutte quelle cose, incapace di evolversi mentalmente, senza
una forza veramente sua, continuava a sfruttare la sua incredibile voce
senza accorgersi che stava sprecando quel grande dono che la natura le aveva
donato, per Dylan era come se Joan stesse dando le perle ai porci e per lui
questo non andava bene, era diventata una cosa insopportabile, non c’era più
posto per Joan nella sua musica, il mito Baez andava a stridere ed urtare
con la nuova direzione dylaniana, le cose non quadravano più, Dylan si
decise a chiudere la storia con Joan e visto che lei sembrava non capire e
gli rimaneva sempre attaccata come una gattina, lui cominciò ad ignorarla, a
non rivolgerle più la parola, ad offenderla ed insultarla in presenza di
altre persone, la esasperara sperando che lei, raggiunto il limite di
sopportazione, se ne andasse e lo lasciasse finalmente libero di vivere la
sua nuova vita. Nel frattempoDylan aveva cominciato una relazione segreta
con l’amica di Sally Grossman Shirley Marlin Noznisky, o Novoletsky, ex
coniglietta di Playboy, sposata e divorziata da Hans Lownds, conosciuta
anche come Sara Lownds.
Dylan aveva affittato una stanza al Chelsea Hotel, dove Sara viveva con la
figlia Maria avuta dal precedente matrimonio, per poter stare vicino a lei e
frequentarla, per Dylan Sara rappresentava un connubio delle migliori
qualità delle due persone che più aveva avuto a cuore negli anni appena
passati, Suze Rotolo e Joan Baez.
Fu Sara a consigliare a Grossman il regista Donn Alan Pennbacker , una sorta
di pioniere del cosiddetto Direct Cinema (o, alla francese, cinéma vérité).
La prima idea di Dylan diventa quello che sarà il famoso video di
“Subterranean home sick blues”, il video dove Bob fa passare i cartelli
scritti a mano dalla Baez e qualcun’altro, in un vicolo dietro al Savoy
Hotel. Un Dylan impassibile, alla Buster Keaton, fa scorrere i cartelli uno
alla volta, Allen Ginsberg in un angolo con Ringo Starr sembra voler
confermare il valore poetico del testo, quasi una conferma fatta di immagini
invece di parole.
Comunque questo è l’unico contributo di Dylan al film, Pennebaker si
limiterà in seguito a riprendere tutto quello che succedeva, fedele al
principio di cinema-verità ma di scarsissimo valore artistico. Eppure, non
ostante la sua buona volontà, non si accorse che in realtà stava facendo il
remake di un altro film, “A hard days night” di Richard Lester, anche quello
illusoria imitazione del cinema-verità.
Da quando era uscito, il film dei Beatles aveva cominciato a dettare le
regole comportamentali dei fans, e successivamente anche degli interpreti,
infatti, come disse Lennon "I Beatles stessi cominciarono a comportarsi e
scimmiottare i loro alter-ego cinematografici".
Il film che Pennebaker stava girando non era altro che una bobina in più
aggiunta ad “A hard days night”, con Dylan al posto dei Beatles. Quando
Dylan arrivà ad Heatrow trovò ad attenderlo una folla di teen-agers, cosa
che in patria non gli era mai successa, plotoni di giornalisti lo seguivano
ovunque, le ragazze si buttavano letteralmente sul cofano della sua
limousine, il Savoy era assediato notte e giorno da torme di fans che erano
lì solo per vedere Duylan passare, magari in compagnia di qualcuno dei
Beatles, o dei Rolling Stones. La gioventù che era andata in delirio per i
Beatles si era organizzata facendo le stesse cose con Dylan, se Bob fosse
arrivato qualche anno prima avrebbe ricevuto la solita e fredda accoglienza
inglese e niente di più, ma il mondo nel frattempo stava cambiando.
Negli otto concerti inglesi Dylan si esibì nel suo vecchio stile, da solo
con chitarra ed armonica, e assurdamente, mentre cantava ancora le sue
canzoni folk era diventato una rock-star. Dylan era uscito dal mondo del
folk per entrare a pieno diritto nel mondo degli idoli-pop, un percorso
nuovo irto di “pericoli”. L’adulazione ingigantiva, come già era successo e
stava succedendo per altri artisti del rock, l’ego di Dylan che si sentì di
colpo onnipossente, e questo distrusse il mondo che si era portato alle
spalle, creando un nuovo Dylan, lodato e maledetto, la Baez sotto i continui
colpi di Dylan e Neuwirth crollò definitivamente, prese il primo aereo per
Parigi andandosene dalla vita di Dylan. Joan ritornò a Londra dopo tre
settimane per tenere un concerto alla Halbert Hall, e saputo che Dylan era
stato ricoverato al St. Mary’s Hospital per disturbi allo stomaco, ignorò le
precedenti offese e si recò a fargli visita, trovandosi di fronte per la
prima volta Sara Lownds. “Fu così che scoprii l’esistenza di una certa Sara,
tutto sommato, l’intera faccenda era stata l’esperienza più demoralizzante
della mia vita, non ho mai capito come tutto era cambiato così
all’improvviso, come se tutto quello che c’era stato prima non fosse mai
accaduto”. dichiarò in seguito la Baez.
Per il titolo del film Dylan volle usare una frase di una sua canzone, “She
belong to me”: She’s got everything she needs she’s an artist, she DON’TLOOK
BACK”. La canzone scritta per la Baez era diventata l’autoritratto del nuovo
Dylan.
Il film, montato in tutta fretta da Dylan e Neuwirth, senza nessuna
esperienza, si rivelò un disastro, la TV che l’aveva commissionato si
rifiutò di mandarlo in onda, ma questo non turbò Dylan più di tanto,
sprofondato ormai nel suo nuovo mondo invaso dalla droga e da ogni altra
cosa disponibile per una vita all’eccesso, dal quale uscirà a fatica, con
l’escamotage del famoso incidente in motocicletta. Dylan riuscì a salvarsi
rifugiandosi nella famiglia, altri non ebbero la stessa fortuna, ma così il
destino aveva deciso, lo stesso destino che sette anni più tardi ci
consegnerà un nuovo Dylan, completamente diverso nel look, nella musica e
nella voce, uno dei tanti cambiamenti del camaleonte dylaniano, e chissà se
sono finiti o se il futuro ci riserverà altre sorprese....?
Mr.Tambourine
Citazioni e riferimenti tratte dal libro “Positively 4th street” di David
Hajdu – Ed. Arcana
Review: Monterey,
California - Monterey Fairgrounds - August 21, 2010
di Colin Selig
La mia Signora ed io siamo usciti di casa nel primo pomeriggio per il
viaggio di due ore a sud di Monterey, in tempo per vedere alcuni luoghi spettacolari della California prima dello
show. Vestiti leggeri e col cappello abbiamo camminato sulla spiaggia quasi
abbandonata di Marina State Beach a guardare i pellicani tuffarsi in
picchiata in mare alla ricerca di pesci. Poi siamo stati a Point Lobos per
osservare i leoni marini e le lontre sdraiate al sole sui pittoreschi scogli
rocciosi.
L'atto di apertura è stato fatto da un paio di ragazzi giovani che
fingevano di essere vecchi cantanti di blues, poi finalmente ecco arrivare
Bob e la band verso le 20:54. Charlie è ancora davanti e al centro, ma la
sua presenza è ora più sottomessa di quando era appena rientrato nella band
di Bob circa un anno fa. Sembra che egli lavori con Bob in modo da occupare
l'importante ruolo di primo piano musicale alla chitarra, ma non attrae
troppo l’ attenzione quando è lontano da Bob con i suoi movimenti fisici sul
palco, anche se si è messo in ginocchio un paio di volte con entusiasmo. La
band è ora decisamente più coesa
rispetto al passato mese di ottobre presso il Teatro Greco a Berkeley. Non
sono dinamici come la big band di un decennio fa, quando Larry Campbell
era con loro, ma sono in un buon groove ed è un piacere
ascoltarli. Diverse canzoni hanno avuto una intro piuttosto lunga prima che
Bob iniziasse a cantare.
Bob ha cantato molte canzoni questa sera al centro della scena a braccia
aperte - uno verso la folla e
l'altro verso il basso e leggermente a lato - come un banditore impegnato ad
far sentire il suo messaggio.
Era di buon umore, sorridente, ha accennato agli altri membri della band una
o due volte.
Lo show di questa sera ha avuto un grande set list, con meno enfasi sulle
canzoni da 'Together Through Life' ora che tale album è un pò che è uscito.
"To Ramona", uno dei miei preferiti, è stata cantata
con sincerità, anche se credo che gli mancava un verso.
"Honest With Me" aveva un nuovo arrangiamento che mi ha fatto felice. "Just
like a woman" è stato cantata con autentico interesse rinnovato, che è
sorprendente dato il numero di volte che l’ha già cantata nella sua
carriera. "Ballad Of Hollis Brown" è stato espresso con forza ed ha portato
una lacrima ai miei occhi, ancora un altro brano del suo repertorio, che è
tanto rilevante oggi, come quando l’aveva scritta decenni fa, perchè
purtroppo ci sono ancora molte persone che muoiono di fame su questo
pianeta.
Due dei miei preferiti "Every grain of sand”, una meditazione sulla
perfezione dell'universo, e "Shelter from the Storm ", un cenno alla potenza
di una brava donna nella propria vita, sono stati fantastici e fatti
bene. Bob è un potente e accattivante performer, e ancora una volta sono
stato affascinato e lasciato in uno stato di ansiosa
attesa per i prossimi show a Oakland e San Francisco.
Per coronare la serata, durante la presentazione della band all'inizio di
Lars, Tony e Charlie hanno finto di bruciare la chitarra di Stu con un
accendino, un omaggio alla famosa performance di Hendrix in questa canzone
fatta da Kimi 43 anni fa.
Dylan Thomas "Specialmente quando il vento d'Ottobre "
clicca qui
a
Martedi 28 Settembre
2010
La mail di Blind Boy Grunt -
(l’autodistruzione del mito)
ciao Mr. Tambourine,
continui a vivere di notte attaccato al server del sito? Ho visto il tuo
richiamo e ti mando qualche riflessione un abbraccio, bbg
Ciao a tutti,
ho visto la chiamata di Mr. Tamburine e ne approfitto per sanare una lunga
assenza dal sito.
Dei due temi su cui si sta discutendo mi sembra più stimolante il primo
(l’autodistruzione del mito) piuttosto che il secondo, relativo ai concerti,
che invece è una questione ormai periodicamente ricorrente. Però le due cose
inevitabilmente si intrecciano. Aggiungo quindi anch’io le mie opinioni,
ovviamente personali e assolutamente prive di polemica, anche quando possono
suonare un po’ ironiche.
1) Dylan e la normalità
Iniziamo da questo aspetto: stiamo parlando di una persona non “normale”;
anzi, proprio a questa a-normalità artistica dobbiamo la produzione di Dylan
dagli inizi fino ad oggi. Qualunque sia la definizione che volete dare al
termine “non normale”, intendo con questo dire che ad un simile personaggio
è difficile attribuire comportamenti razionali. In ogni caso, mi sembra che
la storia dimostri che non possano essergli attribuiti comportamenti
razionali continuativi, che consisterebbero nel fare deliberatamente le
stesse cose nell’ambito delle stesse situazioni, di compiere una lunga
sequenza di atti con una finalità ben precisa da raggiungere nel tempo. Se
siamo d’accordo su questo, non possiamo che concludere che Dylan ha basato
la sua carriera (e la sua vita) in base a ciò che riteneva più giusto “sul
momento”. Poi ha giustificato una scelta piuttosto che un’altra sulla base
delle motivazioni che gli sembravano migliori, ma aggiungerei “migliori nel
momento in cui gli sono state chieste”. Ha fatto self portrait perché gli
andava di farlo, punto e basta. Poi ha detto che era il tentativo di auto
eliminarsi dall’interesse morboso dei giovani americani. Tra tre mesi in
qualche improbabile intervista potrebbe benissimo dire che quel disco è il
vero antenato del suo sound attuale (intendo: non che lo sia, ma è possibile
che lui lo dica!!!). Darei poco peso a certe sue risposte e sottolineerei di
più gli atteggiamenti: chi vuole distruggere il suo mito smette
semplicemente di alimentarlo. Scatta allora una lunga sequenza di non: non
si fanno cento concerti l’anno, non si pubblicano dischi, non si suona per
il Papa o alla cerimonia degli oscar, non si fanno film (ecco, forse solo
quello cinematografico è un filone che in quanto a autodistruzione potrebbe
dargli belle soddisfazioni!!!!)
2) L’attenzione per la persona
Scrive Bruno Jackass che Dylan avrebbe avuto una fama di proporzioni
inimmaginabili se avesse favorito l’attenzione mediatica nei suoi confronti
come fanno tutti gli altri (madonna, springsteen, michael jackson, etc…).
Forse può essere così. Mi chiedo perché gli “altri” invece favoriscano
questa attenzione: forse perché è molto meglio mettere sotto i riflettori il
look, i pettegolezzi, le pazzie piuttosto che rischiare che l’attenzioni
viri sui contenuti, musicali e non. Dylan è diverso. Forse nella prima fase
della carriera ha trovato una chiave di rapporto con i media più facile:
bastava essere contro, dare risposte incomprensibili e talvolta sprezzanti
per avere la stessa (se non maggiore) attenzione, ed in più per figurare
ufficialmente come voce fuori dal coro. Più avanti, però l’attenzione per la
sua persona è diventata un fattore destabilizzante (si vedano gli
atteggiamenti degli scocomerati di turno che rovistavano nei suoi bidoni,
oppure le pagine di Chronicles dove racconta i terrori nella casa di
Woodstock). Da qui è nata sicuramente l’esigenza (divenuta a tratti quasi
paranoica) ad evitare qualsiasi coinvolgimento personale. Credo che tutti
gli artisti vivano in questa contraddizione: la ricerca della notorietà e il
mantenimento della privacy. Sono lo yin e lo yang della loro vita,
l’alternanza tra l’artista e l’uomo, tra il mito e la persona. Poi ognuno lo
vive come meglio crede: mi fanno sorridere le foto di Dylan in giro per le
città con la parrucca bionda, ma preferisco questo look improbabile agli
atteggiamenti di altri (ho visto il mitico bono cenare con 4 body guard neri
di dimensioni impressionanti che stazionavano spalle alla tavola e sguardo
truce verso il resto del mondo, e non si era in un locale pubblico, ma ad
una cena tra persone che si conoscevano... che dire?...). Quindi Dylan non
gradisce i riflettori puntati sulla sua vita, ma non per questo rinuncia al
suo lavoro, alle sue passioni, ad esporsi al pubblico, in una sintesi ad
“alimentare il suo mito”. E’ ben lungi dall’autodistruggerlo, altrimenti non
farebbe concerti, dischi e bootleg series. Gli basta edificare un muro di
confine tra l’artista e l’uomo. Così riesce ad alimentare il mito senza far
pagare il prezzo all’uomo.
3) I concerti di Dylan
Scartata l’ipotesi dell’autodistruzione, perché allora i concerti di Dylan
sono “così”? Direi che ci sono parecchie concause, tutte rilevanti. In primo
luogo non sottovaluterei l’età: a settanta anni, e dopo 50 sulla cresta
dell’onda, credo che si instauri un inevitabile senso di onnipotenza, o
quantomeno la radicata convinzione di essere nel giusto ogni volta (e forse
anche un pochino di sclerosi…). Nel tempo, tante volte ha deluso o, peggio,
è stato respinto e fischiato, ma la maggior parte delle volte ha avuto
ragione lui. Ma volete che un artista scampato alle reazioni del primo tour
elettrico si possa preoccupare oggi se l’audience “sente” la presenza di
Herron. Ma Herron chi?
Seconda cosa: la voce. Dylan ha anche le orecchie, e si sente cantare. Non a
caso le canzoni degli ultimi anni riesce a cantarle meglio dei vecchi inni:
perché nascono già costruite per qual poco di timbro che gli è rimasto. Il
che significa che molti dei brani del passato sono off limits: ma ve lo
vedete a intonare il grido (oooohhhhhh, and you are on dry land) di you’re a
big girl now? Soprattutto: ve lo sentite? E così per tante altre. Questo
riduce molto le possibilità di combinazione nelle scalette dei concerti.
Terza cosa: l’estetica quantomeno personale di Dylan. A lui piace quel
fondale, gli va a genio quell’introduzione ai concerti e soprattutto
stravede per i suoi abiti e per i suoi cappelli. Se rileggete qualche pagina
della biografia di Sounes nel capitolo in cui descrive l’arredamento della
casa di Malibu, non vi dovreste stupite più di nulla per quanto riguarda il
“gusto” personale di Dylan. Per inciso, non capisco a chi possa interessare
veramente come si veste: anzi, vestito da Armani sarebbe anche peggio. Anche
se il peggio del peggio lo tocchiamo quando scriviamo “Re Giorgio Armani”
(tambourine, passi per qualche zeta in più o qualche dà senza accento, ma
reintrodurre surrettiziamente nel sito la monarchia e per di più
assegnandola a un sarto mi pare un po’ troppo !!!!)
Conclusione: Dylan fa quello che vuole. Lo ha sempre fatto e lo farà sempre,
fregandosene altamente del pubblico e soprattutto dei giudizi della critica.
Questa è stata la sua forza nella storia, questo è il manifesto della sua
arte. Noi non comanderemo mai sul mito, sarà sempre lui che comanderà su di
noi! (E altrimenti che mito sarebbe, un juke box per il quale ci mettiamo
anche a scegliere i fondali e i musicisti, oltre che ai vestiti….?)
4) I consigli
Ho letto tante cose divertenti su cosa dovrebbe fare Dylan per migliorare i
concerti ed aumentare gli spettatori. Credo vadano intese in un altro senso:
ciò che “ci piacerebbe” avvenisse nei futuri concerti. In questo caso siamo
in una specie di “pozzo dei desideri”. Molte cose sono folkloristiche, come
il cambio del fondale, o l’introduzione del maxi schermo (e chi lo porta,
lui da casa? Oppure lo Lazzaretto di Bergamo e in altre sedi simili?....).
Per arrivare fino ai vestiti, come ricordavo prima. E ogni tanto qualcuno
scrive sul sito che dovrebbe dialogare un pò di più col pubblico !!! E una
sbiancatina ai denti no?
Al contrario, credo che sia giusto parlare della musica, e magari dei
musicisti. Molti ci sono piaciuti e qualcuno non lo abbiamo mai accettato.
Qualche scelta è irrazionale (di nuovo, eh!): ricordate quando Koella se ne
è andato e Kimball è stato chiamato al suo posto, quindi col ruolo di prima
chitarra, per poi finire invece a fare la ritmica sotto-amplificata in modo
da evitare danni?… Qualche defezione è naturale: chi può aspirare a suonare
per cento sere all’anno 17 canzoni scelta in una lista di 50 , e così via
per tutti gli anni della vita. A volte mi chiedo come sia messo Tony Garnier
(un beniamino di tutti noi, non fraintendetemi) in termini di salute
mentale? Ci sta, infine, anche che qualcuno (magari qualcuno dei più bravi)
manco accetti di fare parte di questa band… Insomma, l’insieme è questo e
tale rimarrà. Quando tornerà anche Campbell staremo meglio, se dovesse
tornare Freeman (terque quaterque testiculis tactis omnia mala fugant)
staremo peggio…
Non cambierà niente, per fortuna. E come saggiamente ha scritto qualcuno, un
giorno rimpiangeremo tutto questo!
Un grande abbraccio, Blind Boy Grunt
Caro Blind , ben tornato sulle pagine
della Fattoria !
Sono stato impressionato dalla lucidità e dalla coerenza delle tue opinioni,
analisi impeccabile ed incontestabile.
Sulla autodistruzione del mito sono totalmente d’accordo con le tue parole,
non c’è, non c’è mai stata e non ci sarà mai questa ipotesi nelle intenzioni
di Bob. Bob è un genio, non ha più bisogno di dimostrare niente a nessuno e
non credo abbia la minima intenzione di farlo. La tua definizione di persona
“a-normale” è perfetta, noi siamo le persone normali, lui fa parete di una
categoria di pochi eletti (penso a John Lennon, genio alter-ego, si potrebbe
definire anche “l’atro lato di Bob Dylan”, naturalmente senza offesa, solo
nel senso che rappresentava, a quel tempo, il lato umano che Dylan tenne
sempre nascosto e privato. Lennon mise in piazza la sua debolezza e la sua
fragilità senza vergogna, cosa che Dylan farà forse in modo un pò più
ermetico a cominciare da Blood on the Tracks) nella quale il mondo non può
assolutamente entrare. Le menti come Dylan sono obbligate a vivere in un
mondo tutto e solo loro, per noi sarebbe inutile entrare perchè molto
probabilmente rimarremmo sorpresi, sconcertati, vedremmo destabilizzate le
nostre certezze e forse il nostro stesso concetto della vita. Le persone
come Bob possono essere considerate degli anormali dal nostro metro di
giudizio delle cose, ma loro hanno il loro metro, completamente diverso dal
nostro, dicono tutto ed il contrario di tutto, prendono in giro il mondo per
difendere la propria personale stabilità mentale, per difendere la propria
vita dagli assalti forsennati della massa, sono costretti ad erigere un muro
fra l’uomo e l’artista come hai detto tu, e Dylan ha fatto esattamente
questo, altrimenti sarebbe probabilmente già morto e sepolto da molti anni.
Certo a volte questo tipo di vita e la venerazione della gente può portarti
a quel senso di "io non sbaglio mai", di invulnerabilità che Dylan ha tante
volte messo in campo, a volte con risultati disastrosi come nel campo
cinematografico, ma questa era solo la sovraesposizione di uno dei suoi due
lati, cioè quando l’uomo prendeva il sopravvento sull’artista e,
curiosamente, anche se potrebbe sembrare una contraddizione verbale,
viceversa, quando ti faceva vedere la sua “the other side of the moon” senza
spiegare quale lato era. Questo generava nelle porsone cosidette normali le
senzazioni più diverse, l’amore sviscerato, l’odio e la rabbia represse che
stanno in noi, la delusione più assoluta, l’ammirazione incondizionata, cose
che alla somma dei fatti ti costringevano e ti costringono ad accettare sia
l’uomo sia l’artista così come sono, senza poter dire una parola in
proposito.
Certo che sulla faccenda “concerti” ognuno dice la sua, la vede a modo suo e
fa le sue proposte, ed anche in questo hai ragione, sono solo i nostri
desideri che vorrebbero prendere corpo e vedersi realizzati. Non ci vedo
niente di male in questo, le critiche ci stanno come le lodi, anche se a
volte lo contestiamo anche abbastanza aspramente alla fine della fiera
ritorniamo a fare le sentinelle sulle torri di guardia della fortezza
dylaniana.
Il desiderio di vedere musicisti di spessore di fianco a Dylan è una
leggerezza umanamente comprensibile, forse sarà una cosa inutile agli occhi
di Bob, ma nemmeno lui può contestare che il ritorno di Charlie ha dato un
sapore diverso alla minestra che ci serviva Freeman, conseguentemente
l’appoggio di un valido tastierista, la sostituzione di Kimball, Herron e
Receli con strumentisti più validi e più raffinati potrebbe dare un altro
gusto allo show dylaniano. Io vedo i miei preferiti al suo fianco, avevo
citato Gadd, Stainton e G.E. Smith, ma ognuno potrebbe avere la sua lista di
musicisti personale, altrettanto valida o migliore della mia.
Eric Clapton sono anni che è vestito da Armani e non credo che abbia mai
fatto brutta figura per il suo look sul palco, come penso non stonerebbe
affato vedere Dylan portate un vestito di Giorgio, se poi l’ho definito Re è
perchè in tutto il mondo è così che è chiamato, non è un’invenzione mia.
Non mi piace vedere Bob vestito da Zorro, l’ho detto e continuerò a dirlo,
fermo restando che lui può fare quello che gli pare, ma sarei contento di
vederlo una volta vestito secondo i canoni estetici migliori del mondo, in
fondo lui è il migliore del mondo ancora oggi, a 70 anni e quasi senza voce,
perchè diavolo non dovrebbe potere anche vestirsi bene?
Ricordo inoltre che i musicisti cosidetti side-men vivono e prosperano solo
nei concerti, così non vedo perchè dovrebbero alienarsi la mente perchè
suonano sempre a giro le stesse 70/80 canzoni, non credo che nessun’altro
artista abbia mai portato in tour un numero tale di canzoni.
Molti artisti-top hanno finito la carriera costretti a suonare sempre i loro
15/20 successi, potrei farti un elenco infinito, ma è un pò anche la legge
del mercato, certi artisti si va proprio a vederli per sentirli suonare e
cantare i loro hits. Bob è uno dei pochi che produce ancora qualcosa di
nuovo, bootleg series a parte, l’anno scorso ci ha dato TTL e Christmas, che
possono piacere o meno, ma almeno hanno il pregio di essere cose nuove,
senza nulla togliere agli altri.
Per finire ti dico che sono stato contento di averti ancora su queste
pagine, le opinioni delle persone lucide come te trovano sempre il piacere
di farsi leggere. Spero che anche altri affezzionati trovino il tempo e la
voglia di scriverci le loro opinioni, io, tu, tanti altri troviamo sempre
bello ed interessante leggere idee diverse con le quali potersi confrontare
e rapportare. Mancano ancora parecchi amici all’appello, ma prima o poi si
faranno sentire.
Passo ancora le mie notti davanti al computer per riempire le pagine della
Fattoria, certo che con il vostro aiuto le cose sarebbero molto più facili e
troverei un pò più di tempo da dedicare a me stesso, ma va bene anche così,
quello che faccio lo faccio per passione, nessuno mi obbliga o mi costringe,
la Fattoria riempie le mie giornate e voi tutti mi fate una grande
compagnia, quindi grazie ancora a te e a tutti gli altri!
Rick wants me to go to the Caesar’s and find Bob Dylan.
That place is huge! But I don’t care what it takes, I’m gonna get him to
sign Rick’s album. Excuse me, have you seen Bob Dylan? Rick vuole che io vada al Caesar e trovi Bob Dylan. Quel posto è immenso!
Ma non m'importa quello che dovrò fare, riuscirò a fargli firmare l'album di
Rick.
Scusate, avete visto Bob Dylan?
No, man.
Do you know where he is at? Sapete dove si trova ora?
No.
All right, thank you. Va bene, grazie.
It’s not … Bob Dylan may be 'round here? I’ve got to get his signature.
There he is! Hey, Mr. Dylan. Non è che sapete se Bob Dylan è qui nei dintorni? Devo ottenere la sua
firma. Eccolo! Ehi, sig. Dylan.
Hi. Ciao.
How’re you doing? Come sta?
OK!
I was wondering if I could trouble you for a signature here. This is your
album, right? Mi chiedevo se potevo disturbarla per una firma. Questo è il suo album,
giusto?
Yeah, yeah. Yeah, yeah, I think I see that. I don’t have a pen. Sì, sì. Sì, sì, credo di riconoscerlo. Non ho una penna.
I brought one with me. Ne ho portata una con me.
Oh, oh. How did you find me here? Oh, oh. Come mi hai trovato?
I knew you were doing a show and I just figured I’d walk around till I found
you. Sapevo che stava per fare uno show e mi sono immaginato che se avessi
girato qui intorno l’avrei trovata.
Oh, well. That’s a …that a sounds good Oh, bene. Questa è … questa mi suona buona!
I got lucky! Sono stato fortunato!
I guess so, yeah.Oh, anything else you want me to say? Credo di sì, sì. Oh, vuoi che dica qualcos’altro?
Just make it out to Chum Lee. Whatever you want to do. Lo dedichi a Chum Lee. O come qualsiasi altra cosa voglia lei.
OK.
That’ll really mean a lot to my boss. Questo significherà molto per il mio capo.
OK, well. OK, bene.
Thank you, Mr. Dylan. Grazie, sig. Dylan.
Oh, good luck to ya. Oh, buona fortuna. Bene.
All right! Bene.
This is awesome! Rick is gonna be so happy! Questo è fantastico! Rick sarà così felice!
Joan Baez - Joan Baez 5 (1964, Vanguard)
clicca qui
Lunedi 27 Settembre
2010
La mail
di Alberto
Ciao Mr.Tambourine,sto leggendo il libro Positively fourth
street ed ho trovato in esso un riferimento agli 11 outlined Epithaphs,
sapresti dirmi di cosa si tratta ? Grazie e ciao
Alberto
Prima di fare un
sunto degli Epitaffi ho voluto sentire il parere del Proff. Alessandro
Carrera, eccolo:
Caro
Mr,Tambourine,
c'e' sempre stata poca attenzione critica verso la produzione strettamente
poetica di Bob Dylan, un po' perche' il suo valore e' oggettivamente
inferiore a quello delle canzoni e un po' per distrazione. Michael Gray,
nella sua enorme "Bob Dylan Encyclopedia" non dedica nemmeno una voce (o
almeno io non sono riuscito a trovarla) sulle poesie di Dylan. Gli "11
epitaffi abbozzati", che Dylan ha scritto nel 1963 a New York (alla casa di
Joan Baez in California non ci era ancora stato) sono un esempio di poesia
tardo-beat molto entusiasta, molto "giovanile", se si vuole, ma hanno una
certa vivacita' di situazioni e non sono affatto da disprezzare. Insieme a
"Some Other Kind of Songs" del 1964, che compaiono sulla copertina di
"Another Side of Bob Dylan", piu' alcune poesie del 1965, come "Advice to
Geraldine" e alcune parti di "Tarantula" (soprattutto l'epitaffio che Dylan
dedica a se stesso, e che potrebbe essere inteso come l'epitaffio n. 12)
sono il meglio, nel bene e nel male, che Dylan abbia scritto in poesia. E
poi e' negli "11 epitaffi" che leggiamo la dichiarazione di Dylan su se
stesso, in anticipazione di "Love and Theft" molti anni dopo: "Si', sono un
ladro di pensieri, ma per favore, di anime no".
Un caro saluto, Alessandro Carrera
Eccoti ora il
bigino:
11 Outlined
Epitaphs (Undici epitaffi abbozzati) è il titolo di un poema scritto nei
primi anni sessanta da Bob Dylan.
È stato pubblicato nei volumi Writings and Drawings e Lyrics 1962-1985. Una
versione ridotta del testo è stata pubblicata dalla Columbia Records - sotto
il titolo 4 Outlined Epitaphs - quali note di copertina per l'album The
Times They Are A-Changin', distribuito nel febbraio 1964.
Fra i testi non destinati ad essere musicati è, questo, uno dei maggiormente
elaborati all'interno della produzione dell' autore che in quest'opera
letteraria dà prova di una poeticità già bene definita nonostante la giovane
età, sebbene sospesa - e con esiti a volte contrastanti - fra la
visionarietà dei maudit francesi e il vigore radicalista dell'emergente - a
quel tempo - controcultura dettata dalla beat generation.
Contenuto
Ladro di pensieri (ma non ladro di anime, prego ) - come si definisce in
incipit di ottava sezione del testo - un Dylan poco più che ventenne compie
attraverso questo poema - mosaico di epitaffi (come vengono definiti nel
titolo) di diversa lunghezza - una sorta di viaggio esistenziale e una
visionaria e spesso onirica puntata nello scibile umano, con tanto di
citazioni colte, estemporanei aforismi e osservazioni sulla realtà del tempo
che lo circonda (anche sotto il profilo politico). Il cantante, qui
prettamente poeta, si interroga sul senso delle cose, alla ricerca
essenzialmente della propria identità.
La dichiarazione di intenti giunge all'incirca a tre quarti del poema:
« Sì, sono un ladro di pensieri / ma non un ladro d'anime, prego / ho
costruito e ricostruito / su ciò che è in attesa / perché la sabbia sulle
spiagge / scolpisce molti castelli / su quel che è stato aperto / prima
della mia epoca / una parola, un motivetto, una storia, un verso / chiavi al
vento per aprirmi la mente /e per garantire alle mie idee da armadio un'aria
da cortile »
Nelle undici stanze che compongono la riflessione, fra situazioni e
personaggi citabili per fornire una chiave di lettura del suo intento
poetico (Lenny Bruce dice che non esistono parole / sporche ... solo
cervelli sporchi e io dico che non ci / sono parole deprimenti ma cervelli
depressi) l'autore non scorda quelli che sono stati due punti cardine della
sua vita, almeno fino ai vent'anni: il centro minerario di Hibbing, nel
Minnesota, in cui si trasferì giovanissimo con la famiglia dalla natìa
Duluth, e Woody Guthrie, folk-singer ispiratore di numerosi suoi talking
blues, soprattutto attraverso la sua autobiografia Bound for Glory (da cui è
stato tratto il film premio Oscar "Questa terra è la mia terra").
11 Outlined Epitaphs
Argomento Incipit Personaggi e luoghi citati
1. L'apertura del poema contiene alcune considerazioni in chiave poetica
riguardo il lavoro a cui l'autore si accinge: dove andare? Cos'è che non va
di preciso?. "E allora finisco / di sera presto / menando pugni alla cieca
contro la persiana"
2. La seconda
parte del poema è dedicata a Hibbing, in cui Dylan è cresciuto, poco
distante dal Lago Superiore, una città moribonda (ripetuto due volte nel
testo) ma nella quale l'autore sogna di poter camminare nuovamente per
incontrare gli amici di un tempo. La città dell'incipit è la natìa Duluth.
"La città in cui sono nato non mi ricorda niente / tranne il fischio delle
sirene da nebbia. - Personaggi e luoghi citati: Duluth, Hibbing (Minnesota)
3. Woody Guthrie e New York fanno da sfondo a questo lungo verso nel quale
emerge l'ammirazione che Dylan nutre per gli hobos, i vagabondi che negli
anni della Grande depressione attraversavano gli Stati Uniti salendo in
corsa sui treni merci. "Anni fa anch'io / avrei desiderato vivere / nei
famelici anni '30 / e filarmela come Woody". - Personaggi e luoghi citati:
Woody Guthrie, la metropolitana di New York City, Los Angeles, San Juan,
Toronto
4. Anticipando i mutamenti dell'ormai prossimo Sessantotto, il brano mette
sotto accusa le ipocrisie di una società adagiata su pigre convenzioni e di
un'educazione scolastica che ha valore solo di facciata. "Jim Jim / dov'è il
nostro partito? / dov'è il partito quello / in cui tutti gli iscritti sono
uguali". - Personaggi e luoghi citati: Casa Bianca, Congresso degli Stati
Uniti, Boston Tea Party, Massachussets
5. È uno dei componenti interni più brevi. Strutturato in forma di ballata,
esprime riflessioni sul rapporto fra musica e poesia e il senso
dell'infinito e dell'infelicità (o della felicità, che fa star bene in
mancanza di parole migliori). "La moglie di Al sosteneva che non posso
essere felice / mentre la notte del New Jersey correva all'indietro". -
Personaggi e luoghi citati: Lenny Bruce, New Jersey
6. Breve poesia sulla figura artistica che ha maggiormente influenzato in
gioventù Bob Dylan insegnandogli che gli uomini sono uomini facendo a pezzi
anche se stesso come idolo. "Woody Guthrie fu il mio ultimo idolo / fu il
mio ultimo idolo". - Personaggi e luoghi citati: Woody Guthrie
7. Componimento onirico che mescola politica e costume, con riferimenti alla
contemporaneità espressi in chiave simbolista. Contiene un riferimento alla
John Birch Society. "Un russo ha tre occhi e mezzo rossi / cinque antenne
fiammeggianti / trascina ceppi e catene color barbabietola e vuol far
scivolare dei germi / dentro la mia macchina della Coca-Cola ...". -
Personaggi e luoghi citati: John Birch Society - Bobby Lee - Adolf Hitler -
Germania - Robert E. Lee - Harlem - Canada
8. L'ottavo componimento è una poesia sull'uso delle parole e dei pensieri,
e di come questi vengono espressi, poiché ogni canzone risale al mare ed una
volta non c'era una lingua capace di imitarlo col suo canto. "Sì sono un
ladro di pensieri / ma non un ladro d'anime, prego"
9. Il testo costituisce un'invettiva essenzialmente contro la stampa che
inizia a contribuire a fare di lui un oggetto di culto. Dylan avverte la
crescente notorietà che lo avvolge e se ne sente intrappolato. "Oh, ma
dov'erano queste riviste / quando vagabondavo avanti e indietro / avanti e
indietro per strada?"
10. Scorci di vita newyorkese sotto forma di un ritmico blues sulla poesia.
"La notte passa in fretta per me adesso / e dopo aver completato la sua
danza / si spoglia / senza lasciar niente tranne la sua alba nuda". -
Personaggi e luoghi citati: (6) Eric e Geno, Sue, Dave e Terri.
11. Il poema si
chiude con una serie di riflessioni intorno ai mutamenti e ai riflessi che
musica e letteratura e, in senso più generale, l'arte e lo spettacolo hanno
sul nuovo modo di comunicare delle giovani generazioni. Con una citazione
finale riferita (probabilmente) ad un film del 1960 di François Truffaut
Tirate sul pianista. "Così alla fine almeno / il cielo per me / è di un
grigio piacevole /significa pioggia o significa neve / significa sempre
mutamento" - Personaggi e luoghi citati: François Villon - Bertolt Brecht -
A.L. Lloyd - Paul Clayton - Edith Piaf - Marlene Dietrich - Eddie Freeman -
Allen Ginsberg - Ray Bremser - Amedeo Modigliani - Harry Jackson - Charles
Aznavour - Evgenij Aleksandrovič Evtušenko - Miles Davis - William Blake -
Johnny Cash - Pete Seeger
Ciao Tambourine, ti ringrazio pubblicamente, dopo averlo fatto peraltro
sulla mia pagina Facebook, per il tuo apprezzamento e per i video
pubblicati.
Recentemente ti avevo mandato il link dell'ultimo pubblicato, ovvero la
versione di "Masters of war" registrata live al St. Eugene Hall a Moville
(Irlanda) in occasione del "Dylan Fest" di luglio; non mi ricordo se era già
stato pubblicato su MF, in ogni caso ti rimando il video
Un abbraccio a te e a tutti i dylaniati !
Al Diesan
Il pubblico del jazz e del rock, nella loro essenza, spesso si aspettano
due cose molto diverse quando vanno ad assistere ad una performance dal
vivo. Il pubblico Jazz prosperare nell viaggio e nella magia nel momento
stesso che è creato come un evento di una volta sola, in parte attraverso
l’arte ddell’improvvisazione. Il pubblico del rock pubblico, in generale,
preferisce sentire l’artista come suona sul disco. Gli artisti jazz giocano
sul sicuro in tutte le performance che di solito non fanno guadagnare loro
il rispetto da parte della critica, dei fans e dei loro coetanei, mentre gli
artisti rock che escono dal limbo finiscono spesso in alienante segmento
dello zoccolo duro dei loro fans. Bob Dylan è un artista del genere.
Il Jazz e Bob Dylan sono strani compagni di letto, per non dire altro. Nella
produzione registrata di Dylan non prospera nessun impressionante assolo
strumentale, essa si basa su sane dosi di The Great American Songbook, non
dispone di cambi di accordi ed estensioni folli, e dubito seriamente
qualcuno vuole davvero ascoltarlo fare queste cose. Tuttavia, l'arte
dell'improvvisazione fa entrare in gioco il disappunto di alcuni membri del
pubblico durante le sue performances dal vivo. Dylan sembra sempre includere
nelle sue set list almeno un paio di classici che i membri del pubblico non
sempre riescono a riconoscere. Nel tempo, il profeta di Hibbing, Minnesota,
ha ritenuto di prendere le sue melodie e piegarle alla sua volontà,
cambiarne la struttura, il sound ed il fraseggio della musica, spingendosi
di tanto in tanto a irriconoscibile lunghezze. E' jazz? No. E' solo
improvvisazione sulla base di un contesto strutturale? Sì.
Quando Dylan esce con cose come queste, notte dopo notte, può anche non
piacere a tutti, e lui non sempre riesce, ma lo fa per dimostrare di essere
un artista supremo disposto a rischiare ... proprio come i musicisti che
ammiro di più nel jazz. Ho partecipato a due delle sue performance in cui
faceva queste improvvisazioni, ed unmio amico e collaboratore ha
ironicamente affermato che "Dylan suonava come Jimmy Durante quando era
fatto di crack". Ma devo dire che ho anche partecipato ad una mezza dozzina
di shows dove la sua maestria impeccabile ha incondizionatamente vinto la
ritrosia dei fans per queste variazioni. Mentre il suo catalogo non è stato
sfruttato a fondo, tante canzoni sue si sono insinuate nel
repertorio-jazz-amichevole di Joni Mitchell. La musica di Dylan si è
insinuata nel repertorio e alcuni artisti di rilievo che hanno affrontato le
sue melodie nel corso degli anni. Con questa cosa in mente, questa
riedizione di Old, New, Borrowed and Blue mi concentrerò in futuro sulle
covers delle canzoni di Dylan e tenterò di affrontare la questione di Bob
Dylan come cantante ed interprete di jazz.
Reviews: Ontario,
California - Citizens Business Bank - August 19, 2010
di Bob Edwards
In Ontario, ho visto un avvio lento dello show. E' stato divertente dopo il
riscaldamento, il concerto ha preso la giusta via con Tangled. Le prime
canzoni erano molto da prestazioni rivoluzionarie, ma la maggior parte del
pubblico sembrava eccitato solo dal fatto essere in presenza di un uomo che
ha scritto canzoni così grandi come RDW, Love Minus Zero e Stuck Inside Of
Mobile With The Memphis Blues Again. C’è stata la partecipazione del
pubblico in Just like a woman, che l’ha cantata assieme a Bob come non ho
mai sentito da una folla US-americana. Tangled era intensamente eseguito con
un nuovo (per me) arrangiamento e la maggior parte dei versi cambiati, la
disposizione e l'energia è stata fresca, il testo della canzone modificato
invece non lo era. Lo show è continuato con High water e Love sick, poi con
Ballad of a Thin Man, e così si è conclusa la parte principale dello show.
Mi sono spostato sul retro e ha dato il mio posto ad un amico per il bis che
non è stato niente di speciale, ma ancora una volta molto apprezzato dalla
maggior parte del pubblico. La folla ha gradito tutto lo spettacolo, per
quanto posso dire. Ho parlato con
tre persone al primo concerto di Dylan che hanno detto che gli è piaciuto
molto e volevano vederne altri in futuro. Non c’è stato molto in questo show
per i fans hardcore che volevano una insolita setlist, ma pur sempre uno
spettacolo divertente per me. Immagino di essere facilmente soddisfatto.
Dove sono stato in piedi (4° fila, un pubblico di pochi posti a destra di
Zimmy) il suono è stato grande.
La tastiera era alta nel mix, con un suono tipo Jimmy Smith, Dylan è più
buono con la tastiera rispetto al passato. Lui sorrideva molto, si rivolgeva
alla folla con un ampio gesto del braccio alla Pavarotti, soprattutto quando
era al centro del palco con l’armonica. Per quanto riguarda gli acts di
apertura, credo che John Mellencamp si sia rivolto principalmente a persone
di una certa età che hanno visto un sacco di MTV negli anni '80. Per loro i
suoi classici sono stati la colonna sonora e la nostalgia che realmente è
piaciuta. I Doughboys sono stati interessanti. Due uomini molto giovani,
vestiti in stile anni 30, suonando con una vecchia
scuola di chitarra ed il canto sullo stile di un country blues alla Howlin
'Wolf / Tom Waits / Johnny
Rotten. Credo che ogni generazione di giovani debba sentire il revival del
blues. Bello da vedere. Tutto sommato, sono contento di essere andato a
vedere questo spettacolo.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Parole da Dylan? Non è da lui, babe
Di David Allen, Redazione
`HELLOOOO, ONTARIOOOOO!" Bob Dylan ha urlato dopo un giro del palco. "Voi
siete il migliore pubblico, lasciatemi dire questo. Datemi una mano voi. Ora
siete pronti al folk-rock and roll?! "
Sto scherzando. Bob Dylan non fa cose del genere. Lui non cerca di eccitare
il pubblico. Ha appena sfiorato la città, suonando per circa 90 minuti.
Pensavo che la sua performance di giovedi alla Citizens Business Bank Arena
era stata molto buonoa, ma come dire? Sono un fan. La persona media
probabilmente non saprebbe cosa farsene di un cantante che ringhia testi di
canzoni come "In ceremonies of the horseman/Even the pawn must hold a
grudge", vestito come un aristocratico messicano.
Dylan è ben noto, ma, come ha ammesso in un'intervista del 2009, "Io non
sono un artista del mainstream." Alla domanda su quale tipo di artista lui
sia, ha risposto: "Non sono sicuro, Byronesco forse."
Questo potrebbe spiegare perché c'erano tante sedie vuote, anche con John
Mellencamp in cartellone.
Uno dei miei colleghi mi ha detto che ha visto Dylan sola volta e non andrà
mai più ad un suo concerto. "E' un esecutore terribile. Non parla, lui non
vuole contatto con la gente e non è possibile capirlo. Probabilmente non sapeva
nemmeno dove fosse," ha detto.
La mia sensazione è, chi se ne frega se Bob Dylan sa dove si trova? Si
tratta di un concerto, non di una lezione di geografia.
Dylan non ha parlato fino all’ultima canzone, quando ha detto: "Grazie,
amici," il suo primo riconoscimento a noi che eravamo lì, e poi ha
presentato la sua band. Noi fans hanno imparato ad accettarlo così.
A volte il comportamento in concerto di Dylan frustra anche me che
l’apprezzo molto.
Se Herman Melville dovesse prendere prendere il palco della Citizens Arena e
leggere i più grandi successi da "Moby Dick", non mi lamenterei se non
avesse fatto neanche una battuta sul traffico sulla Hw.10.
Io sono felice solo vedendolo, e credo che sia uno che fa semplicemente le
sue cose, che in questo caso è stato un insieme di 14 canzoni che si
appoggiavano pesantemente sul repertorio degli anni 60.
Dylan era accompagnato dalla sua touring band di cinque elementi,
evidenziata dal chitarrista Charlie Sexton che ha effettuato un sacco di
liks rock, folk, blues e country.
Dylan ha suonato l'organo - è stato un gas sentirlo fare la parte di Al
Kooper in "Like a Rolling Stone" - con un paio di incursioni alla chitarra e
un altro paio all’armonica. Per essere un 69enne è piuttosto arzillo.
Per quanto riguarda le prestazioni, Dylan cambia la sua set list ogni show
(sei delle 14 canzoni erano diverse dalla set list di Las Vegas della notte
precedente) e non fa alcun tentativo di riprodurre il suono dei suoi dischi.
La canzone può essere difficile da capire, soprattutto in quelli veloci, ma
un sacco di piaceri sono musicali. Devi solo lasciarti rotolare con esse.
Ho avuto un grande posto in terza fila - ho comprato il biglietto il primo
giorno - ed ero a circa 30 metri da lui. Ha sorriso molto. Ha riso anche
durante la cupa "Love Sick".
C'erano un sacco di facce felici tra il pubblico. Molte persone erano in
piedi, e ballavano anche. In realtà, erano più animati di Dylan.
Sono sicuro che alcuni del pubblico erano lì per Mellencamp e non si
curavano molto di Dylan, così come per lo stesso motivo io potevo vedere
Mellencamp o andarmene. Ma ha cantato "Small Town", che mi è sempre
piaciuto.
Parlando del pubblico, era più multigenerazionale di quello che in genere si
vede a un concerto. Sembra che ogni epoca sia stata rappresentata, dagli
anziani agli adolescenti.
Seduto accanto a me c’era un 18enne e la sua mamma. Erano venuti da Ventura.
"Bob Dylan è il mio idolo", mi ha detto serio.
Per me, vedere Dylan così vicino a casa è stata una festa. L'ultima volta
che lo vidi fu al Teatro Pantages a Hollywood nel 2006. Pioggia battente, e
col traffico delle ore di punta abbiamo fatto più di due ore di un
viaggio miserabile.
Questa volta, ho lasciato l' ufficio presto, ho cenato vicino a Ontario
Mills, ma ero nell' arena in cinque minuti. E il cielo era sereno.
Ma torniamo alla show. A differenza di Mellencamp, Dylan non sollecita la
folla, anche se tenta di rendere felici le persone. Ha suonato "Like a
Rolling Stone" e "All Along the Watchtower" come lui di solito fa, fermo
restando che questi sono due brani che quasi tutti conoscono.
Ha anche trovato un modo per incoraggiare il pubblico discretamente a
cantare il ritornello di "Just Like a Woman", semplicemente ritardando la
sua parte vocale nel ritornello.
In un insolito tocco di charme, Dylan ha punteggiato molte strofe con un
gesto di un braccio, come se fosse Maurice Chevalier.
I grandi gesti non sono nel suo stile e probabilmente non strambano con la
sua personalità in ogni caso, o con i suoi densi, testi allusivi.
Immaginate Bob Dylan che guida il coro del pubblico in "Like a Rolling
Stone":
"Ok, tutti. Stiamo per fare un piccolo concorso! Questo lato della platea,
voglio che cantiate, ora guida il tuo cavallo cromato con il tuo
diplomatico. Capito?”
"Ora, l’altro lato della platea, canteremo,« Chi porta sulla sua spalla un
gatto siamese.”
(Il pubblico grida le parole a sua volta.)
"Datemi una mano!"
(Cosa che fanno.)
"Ora chiedo alle Signore di cantare la riga successiva."
Ma che cazzo! Prendete Dylan come arriva, grazie.
http://www.dailybulletin.com/ci_15855874
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di Mirowitz Howard
L'arena, che ha una capacità di circa 10-12.000, era piena solo per l’ 85% .
C'è stato un atto di apertura supplementare, un duetto Delta blues
chiamato, credo, Doughboys , che sembravano cercare di impersonare i
fantasmi di Son House e Charley Patton, anche se erano sia bianchi che
giovani. Hanno suonato roba come Stack-O-Lee e High Water Everywhere con una
sorta di prestazione emotiva piacevole da vedere. Non avrebbero potuto avere
più di circa 20-25 anni.
Io non conosco molto Mellencamp, ma ha tenuto la folla presentando con un mix di
cose nuove dal suo album che ha appena pubblicato (prodotto da
T-Bone Burnett) e dai suoi hits, dove il pubblico cantava insieme i cori.
Poi Bob ha aperto il suo show, dopo una intro stranamente borbottata ("Il
poeta laureato del
rock-n-roll ", ecc.) con Rainy Day Women che è stata la solita accozzaglia
di improvvisazione sul testo della canzone, suonando verso la fine la
chitarra.
Poi ha suonato una versione molto bella di Love Minus Zero, ancora alla
chitarra. Ha continuato ancora alla chitarra per Memphis Blues Again e poi
è tornato alla tastiera per Just Like A Woman, durante la quale, seguendo
l’esempio di Mellencamp, ha smesso di cantare nel coro, affinché il pubblico
potesse cantare "proprio come una donna", come fa lui in Europa.
Rollin'and Tumblin' è stata di fuoco, con Charlie in un paio di grandi
assoli mentre Bob ringhiava. Poi Bob è uscito uscì di nuovo da dietro
la tastiera al centro della scena con la sua armonica per cantare una
versione molto sinistra, lasciando fuori tutte le strofe di mezzo.
High water è stata interessante da confrontare con la versione dei Doughboys
e con la versione originale di Charley Patton.
Love Sick è stata ben presentata, se ben più stridente rispetto :-) alla
versione fatta per lo spot di Victoria's Secret.
Highway 61 è iniziata molto rock, fino a quando Bob ha cercato di fare un
duetto di chiamata e risposta chitarra-organo
con Charlie, ma ha perso la sua strada.
Bob ha fatto un lavoro d'arte su Workingman's Blues # 2, poi, in Thunder On
The Mountaun, ancora una volta ha tentato un duetto chitarra-organo con
Charlie. Questo ha funzionato un pò meglio, anche se Charlie non è riuscito
quasi mai ad entrare a pieno titolo nello spirito della cosa. E in Ballad of
a Thin Man Bob di nuovo è venuto fuori da dietro la tastiera per andare al
centro della scena, con l’armonica, con la quale per tutta la sera ha fatto
interventi molto semplici, quasi primitivi.
Dopo la pausa , Bob ha iniziato con Like A Rolling Stone e All Along
The watchtower, e lo show è finito.
Il contrasto tra Mellencamp e Bob non avrebbe potuto essere più istruttivo.
Mellencamp interagisce con il pubblico, ondeggiando e scuotendo la folla coi
pugni, porgendo loro il microfono per incoraggiarlo a cantare insieme a lui i cori, racconta storie, ha anche portato il figlio sul palco a
suonare l’ultima canzone del suo set principale. E il pubblico ha risposto.
Per Bob, d'altra parte, è stato interessante il confronto con questi
due giovani ragazzi che hanno aperto lo show. Il fatto che
hanno scelto di suonare High water di Charley Patton, e poi Bob abbia suonato la sua versione di High water, mi ha fatto chiedere se Bob l’ha
suonata perchè voleva confrontarsi o se l’ha suonata solo perché era già
nella sua set list, o ... ?
Charlie ha sicuramente fatto la differenza nel suono della band. Ma
stranamente pareva essere un pò fuori sincrono con Bob in questo show.
La voce di Bob è sempre la stessa, per quanto mi riguarda, ma lui
sembra più energico e concentrato nel suo fraseggio con Charlie, e
questo ha avuto l' effetto di innalzare il livello delle prestazioni. Tutto
considerato, è stato uno spettacolo molto meglio dell’ultima volta che
avevo visto Bob dal vivo al Santa Monica Civic Auditorium Center nel 2008.
Ciao, scusate se vi disturbo e complimenti per i contenuti
di Maggie's farm una vera e propria babele. Complimenti, sopratutto, per la
costanza con cui continuate ad aggiornare.
Guardando alla descrizione di UncleDylan credo che la categoria a cui più
appartengo siano i "DylanFricchettone standard".
Volevo chiedervi se esistono dei sottotitoli, traduzioni, trascrizioni di
Eat the document?
Grazie Riccardo
Eat the document, girato sotto la
supervisione di Dylan - che ha firmato regia cinematografica e sceneggiatura
- dal regista, sceneggiatore e produttore D. A. Pennebaker, al pari del
precedente Dont Look Back , prodotto dal manager Albert Grossman e documento
visivo del tour britannico dell'anno precedente (sebbene la sua
distribuzione sia avvenuta solo successivamente), è stato ripreso in presa
diretta con il criterio del cinema verità utilizzando una semplice cinepresa
portatile.
Raramente il film è stato proiettato in pubblico ed una sorta di
distribuzione ufficiale si è avuta soltanto nel 2007 quando del materiale
del video è stato allegato come 65 Revisited alla commercializzazione del
DVD con la versione rimasterizzata e digitalizzata di Dont Look Back.
Originariamente il film - definito da Pennebaker un non-documentario - fu
commissionato e finanziato dalla ABC television per la serie televisiva
Stage '66. L'emittente televisiva, in considerazione rimaneggiamento
apportati durante il montaggio del documentario, decise di ricusare il
progetto.
Non credo che ci siano versioni sottotitolate o trascrizioni, ma se qualcuno
dei nostri lettori può essere più informato sull'argomento sono certo che ce
lo farà sapere, per il momento è quanto posso dirti, ciao :o)
Scusa per la laconicità del messaggio precedente, e grazie
per la pubblicazione del video e soprattutto per i complimenti, che fatti da
te acquistano valore e fanno davvero piacere. Seguo il vostro sito quasi
come fosse un sito di servizio, sia per le tablature che per le traduzioni
siete sempre stati un punto di riferimento, in un percorso che ha portato ai
Tambourines, che come avrai capito dal nome sono una cover band di Dylan.
Purtroppo siamo tutti troppo impegnati con altre cose, musicali e non, per
poter dare al gruppo la continuità che meriterebbe, e facciamo pochissime
date qua a Cagliari, la città di quello che anch'io ritengo il miglior
interprete italiano di Dylan, ossia Al Diesan. Proprio sentendo lui è venuta
l'idea del gruppo, che si propone una rivisitazione in chiave a volte
perfino punk del periodo elettrico.
Non ho molto materiale online, trovi il gruppo su facebook se hai un profilo
privato, e qualche altro video su youtube.
Ci si sente, e ancora grazie! Riccardo
The Tambourines - Obliouvsly Five Believers
Caro Riccardo, devo di nuovo rinnovarti
i miei complimenti per questa 5 believers davvero alla Blonde on Blonde,
sound eccezzionale e vocal davvero dylaniano. Tienici informati della vostra
attività e quando pubblicate altri video della band segnalamelo, sono
davvero una "Right rendition" ! :o)
Reviews: Las Vegas, Nevada -
Colosseum at Ceasars - August 18, 2010
di Phil Levine
Sulla scia dello show di Bob di ieri sera al Caesar's Palace qui a Sin City,
non ero venuto per seppellire Bob, ma per lodarlo.
Era il secondo show di His Bobness a Las Vegas in soli 10 mesi, questa volta
in collaborazione per l’apertura della serata da parte del figlio
prediletto dell' Indiana, John Mellencamp. E proprio ad essere onesti, l' ex
'Johnny Cougar', ha fatto una bella performance con una serie pepata di
brani vecchi e nuovi. Una performance molto audience-friendly da un
sottovalutato live performer di notevole pregio.
Per quanto riguarda l'headliner ...
Anche se la band era pronta per l'azione dal momento in cui il
presentatore ha dettp "Columbia recording artist Bob Dylan" (come se
potesse essere un rivale di Justin Bieber, invece del più grande cantautore
vivente del mondo ...) la selezione dei brani d’apertura dello show è stata
deludente. Leopard skin pill box hat non è stata un divertimento, anche se
sembrava che Bob si stesse sicuramente divertendo, sogghignando e facendo la
faccia giubilante a tutta la band in tutte le canzoni ..) E poi c'è poco di
buono da dire, diverse liks di chitarra eseguiti dal sempre grande Charlie
Sexton, passando per la decimazione della sua bella Lay Lady
Lay ... sembrava la foto di Howlin 'Wolf con una infezione alla gola.
Difficilmente il tono giusto per una ballata d'amore.
Ah, ma voi di poca fede, anche se le prossime due canzoni sono state tratte
dal Dylan degli anni '60, si avvertiva che l'intensità cominciava a salire
con una scintillante 'Stuck Inside of Mobile'. E lo spettacolo ufficialmente
(beh, magari non ufficialmente ma di certo ...) decollava con una fumante Rollin '& Tumblin'. E' da tempo che, mentre lui è
abile in ogni genere di musica americana, Bob considera se stesso come un
girovagante musicista blues. Una vivace Spirit on the Water che è sgfociata
in una profonda Cold Irons Bound veramente funky.
E poi ... posso affermare che in tre decenni di presenza agli show di Bob,
non ho mai avuto un momento più commovente come durante la sua
interpretazione del suo più recente capolavoro "Forgetful Heart". E mentre
confesso che la recente fine del mio matrimonio è stata certamente dovuta ad
un fattore simile a questo, vorrei anche sostenere (a gran voce) che questo
esecuzione è l’ incarnazione del perché di 5 decadi di carriera, His Bobness
non solo c’è ancora, ma quando lo desidera, può trafiggere anche un
ascoltatore occasionale. Nessun uomo o donna, vivo o morto, avrebbero potuto
scrivere o cantare un verso più potente "la porta è chiusa per sempre, se
effettivamente ci sia mai stata una porta ..." La definitiva ultima parola
su un amore trovato e perduto ....
C'è così tanto altro che si potrebbe dire sul resto dello spettacolo ... una
rivisitazione di Highway 61 che poteva mettere la vergogna a Robert Johnson, una bella versione di Workingman's Blues (forse un cenno alla
città con il più alto tasso di disoccupazione americano?)
poi un back to back sandwich blues di Thunder on the mountain e una più
appropriata Ballad of a thin man (ahimè povero Mr. Jones, sei ancora così
incompetente ...)
Le tre canzoni del bis partono da una Jolene come un pugno (ancora non è
sicuro il perché, ma da questo momento l'adrenalina dentro e fuori dal palco
è tanta, e la
selezione delle canzoni diventa quasi irrilevante), seguita dagli auguri di
compleanno in musica per Tony con un
wop bam boo versione di Happy Birthday, e poi la meccanica Like A Rolling
Stone, con una pletora di urli e sorrisi dentro e fuori dal palco.
Il Maestro e i suoi menestrelli poi stanno davanti palco per la "stare down"
e poi, ho bisogno di dirlo? – se ne vanno verso un’altra città.
Per coloro abbastanza arroganti da pensano che il Never Ending Tour è
proprio questo, una nota di cautela: niente e nessuno
è eterno (come spesso ci ricorda lui stesso nella canzone), e quindi si
farebbe bene a non considerare il tour infinito.
Come dimostrato ancora una volta ieri sera, presso il Vaesar’s Palace, His
Bobness è questo.
************************
di Sergio Zurita
Sapevo chi era Muhammad Ali prima di sapere chi era Bob Dylan. La prima volta
che ho Ali è stato visto in televisione, quella volta per KO tecnico da Larry
Holmes. L'anno: 1980. Il luogo: il Caesar’s Palace di Las Vegas, Nevada.
Guardando il manager di Ali gettare la spugna all’undicesima ripresa, quella
sera mi ha fatto male come l'inferno, anche se avessi saputo dell'esistenza
di Ali solo da alcune ore. Vent'anni dopo, lo scorso
Mercoledì, Bob Dylan è salito sul palco dell Coliseum, dentro al Caesar’s
Palace, per suonare uno dei concerti più drammatici che ho visto da lui
negli ultimi dieci anni.
Ogni singolo aspetto della sera sembrava essere in combutta per far fallire
il concerto: il Coliseum ha una crisi di identità e non ne vuole sapere di
assomigliare ad una sala da concerti o un teatro. E il pubblico, beh, è la
metà di agosto e c'è un record di caldo, per cui quasi tutti sono ubriachi.
E questa ebbrezza ha raggiunto il suo punto di euforia quando John
Mellencamp era sul palco. Oggi, dopo tre drink, quel pubblico
non vuole ascoltare nulla che non sia esplosivo.
Vogliono sbaaaallaaaareeee!. E Dylan, beh, lui è in vena di amore. La
canzone, è "Lay, Lady, Lay", Bob prende il centro del palco per cantare e
suonare un bell’assolo di armonica, ma non accade nulla. Sta cercando di
fare una serenata ad una donna che non è minimamente interessata a lui. Poi
suona superbamente la chitarra in "Stuck Inside Of Mobile With The Memphis
Blues Again ", ma il pubblico rimane in coma.
Poi si decide a suonare la sua canzone d'amore più irresistibile: una
cattedrale denominata "Just Like A Woman".
Lui fa l’intro con il fantasmagorico suono dell'organo. C'è fumo che viene
dall’incenso che viene sempre bruciato durante i suoi spettacoli, e questo
conferisce alla canzone un effetto da tomba dell’aldilà. Dylan si presenta
come un personaggio di un racconto di Edgar Allan Poe: come Vincent Price
che canta il suo amore a Legia.
La band prosegue con la sorprendente, ma altrettanto ignorata, esecuzione di
"Rollin' and Tumblin' “. E forse la frase “Some young lazy slut has charmed
away my brains” (Qualche giovane pigra sgualdrina ha incantato la mia mente)
aveva qualcosa a che fare con quello che è successo dopo.
Nella corrida, quando un matador affronta un toro che non è disposto a fare
una buona corrida, la peggiore cosa che può fare è lasciare che la bestia
prosegua sulla sua strada. Egli non può costringerla a fare quello che vuole
lui, non può neppure lasciare che la bestia prenda il controllo. In una
situazione del genere si deve sopportare pazientemente incitando l'animale
ad attaccare.
“You think I’m over the hill/ You think I’m past my prime”, (Credi che io
non abbia più l'età, pensi che abbia passato la mia primavera), il nostro
matador ha cantato in "Spirit On The Water ". ”Let me see what you got/ We
Can have a whoopin’ good time”, (Fammi vedere che hai,
possiamo spassarcela un pò), ha osato. Poi prende il centro della scena
ancora una volta, si tocca i capelli, ed esegue una potente, furiosa "Cold
Irons Bound". La folla ha applaudito in estasi. Dylan per non lasciarsela
sfuggire l’ha stesa con un uno-due con "Forgetful Heart".
Era come guardare Muhammad Ali alle corde nel leggendario Rumble in the
Jungle. In quel combattimento , Ali non "volava come una farfalla", come era
solito fare. Invece è andato alle corde e ha lasciato che George Foreman lo
colpisse fino a stancarsi , e poi Ali ha contrattaccato e vinto per KO.
Dylan ha fatto uso della strategia delle corde al Coliseum Mercoledì scorso?
Non lo so.
Quello che so è che quel concerto lo sentivo come una bella vittoria, un
esempio di grazia sotto pressione. Dopo una sorprendente “Faena” con alcune
canzoni, è partito per uccidere con la migliore, spaventosa live-versions di
"Ballad Of A Thin Man" che ho mai sentito nei 48 concerti di Dylan che ho
visto.
Se questa fosse stata una corrida, Bob Dylan sarebbe finito sulle spalle
della folla adorante che finalmente aveva avuto ciò che voleva: una festa.
Era il compleanno del bassista Tony Garnier, sideman più fedele di Dylan
(più di 2.000 concerti insieme) così la band e il pubblico hanno cantato
"Happy Birthday" per lui.
Poi, dopo "Like A Rolling Stone", la serata si è conclusa. Al di fuori del
Colosseo , dentro il Casino, la gente giocava, ignara di quanto era appena
successo: venti anni dopo, in un luogo pieno di macerie, il più grande
cantautore di tutti i tempi ha dipinto il suo capolavoro per vendicare il
più grande pugile di tutti i tempi.
Comprendere Dylan vuol dire capire noi stessi - di Ernesto
De Pascale
clicca qui
a
Venerdi 24 Settembre
2010
La Mail di Riccardo
Salve, avete qualche pagina su facebook?
The Tambourines - Pledging mt time
No Riccardo, niente pagine su Facebook,
non avrei materialmente il tempo di tenerla aggiornata. Ti faccio i miei più
sinceri complimenti per il video che suppongo sia la vostra band, anche se
non mi hai fornito alcuna notizia al riguardo :o(((( Il suond è davvero
bello e il tutto si avvicina in modo interessante all'originale. Ciao :o)
Reviews: Park City, Utah - Deer Valley Resort - August
17, 2010
La leggenda del rock Bob Dylan fa stare i fans dell’
Utah sulle punte dei piedi
Non credo di aver mai visto la folla stare in piedi per un intero concerto a
Deer Valley.
Martedì, però, la maggior parte delle diverse migliaia di tifosi
all’anfiteatro di Deer Valley anfiteatro è stato in piedi tutta la notte
mentre erano davanti ad una delle vere e proprie icone della musica.
Bob Dylan, riconosciuto da molti come uno dei più grandi cantautori della
storia del rock, si è esibito per diverse migliaia di tifosi entusiasti a
Deer Valley. Tutto il pubblico si è alzato in piedi come Dylan è arrivato
sul palco, e ricorda i giorni del concerto di Old Park West, quando la
maggior parte del pubblico è rimasta in piedi per tutta la sua intera
durata.
L'esecutore di 69 anni, suona quasi due ore di canzoni dalla sua carriera.
Ha attaccato con brani più upbeat rock 'n' roll "This Wheel's on Fire", una
canzone che Dylan ha originariamente registrato nel 1967 con la band e poi
da The Byrds, seguito da una bluesy "I'll Be Your Baby Tonight" del 1968.
Dylan si è alternato a tre strumenti nel corso della serata, usando
principalmente la tastiera , diverse volte l’armonica e quindi solo
occasionalmente la chitarra.
I critici hanno notato la mancanza di interazione di Dylan con il suo
pubblico durante i suoi concerti, e la sua interazione con la folla era fra
l’estremamente minimale ed il niente. Ma questo non sembrava disturbare il
pubblico, visto che per ogni mossa di Dylan e il suo sorriso occasionale sul
palco lo divertiva.
La domanda più frequente che mi è stata chiesta da amici prima e dopo lo
spettacolo è stata: "Potevi capirlo?" La mia risposta: per la maggior parte.
La profondità unica di Dylan, la voce sporca e il suo stile di canto sono
stati un argomento di conversazione per decenni. Con il modo in cui usa la
sua voce oggi, alcune delle sue canzoni suonano molto diverse da quello
delle registrazioni originali, e rende alcuni dei suoi testi di difficile
comprensione per coloro che non hanno familiarità con essi.
Ma quando si parla di alcune delle canzoni più note nella storia del rock,
durante il bis il pubblico cantava col cuore insieme a lui ogni parola di
"All Along the Watchtower" e "Like a Rolling Stone".
I dibattiti sul fatto che Dylan può "cantare", o essere capito nelle parole
che canta probabilmente continuerà. Ma la cosa importante sono i testi delle
canzoni e la loro origine più che l’esecuzione materiale, e il fatto che
Dylan sia ancora on the road eseguendole.
Martedì siamo stati intrattenuti da una leggenda del rock.
(Fonte: www.deseretnews.com)
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PARK CITY - Non comprare i biglietti per un concerto di Bob Dylan nella
speranza di vedere uno spettacolo pirotecnico e stage-diving dall' icona del
rock.
Si va per il suono blues, il ritmo dondolante, che atmosfera leggendaria
Dylan. E Martedì notte all'anfiteatro della Deer Valley Snow Park, Dylan
ci ha consegnato i suoi 69 anni.
Dylan, vestito di un abito bianco e nero, cappello Cordobés , sostenuto dalla
sua band di cinque uomini, hanno suonato 17 canzoni in poco meno di due
ore. Ha aperto con il blues-pesante "Leopard-Skin Pill-Box Hat", poi
ha ringhiato "This Wheel's On Fire", uscendo da dietro la tastiera
per fare
l'assolo di armonica.
A differenza dello show del 2008 ricordato più per la tempesta di pioggia,
questa performance è stata consegnata sotto un cielo sereno e temperature
miti - aggettivi più usato per descrivere la folla "eclettico" , tie-dye, camicie hawaiane e
capelli color sale-e- pepe.
Anche se alcuni erano presenti per tutta la durata, molti si sono stati reclinati
sotto le loro coperte dal terzo brano - "I'll Be Your Baby Tonight" - e la
maggior parte ha fatto poco più che ondeggiare la testa al ritmo di Bob per tutto il set.
Alcuni discepoli hard-core-Dyl nella parte anteriore del palco hanno mostrato
un pò di vita dopo "Honest with me" e "Tangled Up in Blue", poi
sono tornati nella loro riservatezza fino a quando il bis, che conteneva una
versione un pò riconoscibile del trascendente "Like A Rolling Stone" e
"Jolene", prima di chiudere con "All Along The Watchtower".
Da parte sua, Dylan ha fatto poco per coinvolgere il pubblico. Era quasi
come se fossero concessi una visione fly-on-the-wall di una sessione di
registrazione. Dylan ha rimbalzato dalla tastiera alla chitarra e armonica
facendo gesti alla folla. Eppure, pochi sembravani essere stati delusi alla
fine dello show.
Jon Clifford
(Fonte: www.sltrib.com)
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di Staker Ryan C. -
Springville, Utah
Bob Dylan e la sua band sono saliti sul palco di Park City proprio mentre il
sole stava tramontando. La band era vestita in beige
con abiti di taglio occidentale e Dylan che è il leader col suo costume da
cowboy nero, con una cravatta con un fermaglio con l'aquila e, naturalmente, il
suoi famosi stivali da cowboy neroii. La folla è stata lenta a impegnarsi pienamente con Dylan e la sua
band, ma è stata la canzone # 9 in scaletta "Cold Irons Bound" che ha
destato la nostra
attenzione.
Questo è stato il primo numero in cui Charlie Sexton (chitarra guida, con i
suoi virtuosismi mentre Bob accarezzava la tastiera alla perfezione) che
Dylan e Charlie si sono scambiati alcuni fraseggi. E' stato un vero
piacere vederli
sorridere e mostrare il rispetto che hanno l'uno per l'altro. Highway 61 è
stata la canzone # 11 e inoltre sembrava essere una vera e propria crow-pleaser. Lo show
è
finito nel tempo di un bang, ma Dylan ed i ragazzi lo hanno più che compensato con
un bis di 3 canzoni. Le luci sono tornate all'inizio di
Like A Rolling Stone e Dylan ha scelto questo momento per fare una lunga
presentazione
della band, bello!
Poi ha fatto una versione vescicante di Jolene, con
Charlie che faceva ululati rock con la chitarra, proprio come il il
pubblico. Hanno chiuso
lo show con una bella versione di All Along the Watchtower. Le luci si sono
spente e Dylan e la sua band in fila per scendere dal palco facendo il
famoso saluto fdi Dylan che punta la pistola, e proprio così, lo spettacolo era
finito. Mentre
stavamo camminando verso il parcheggio, il bus di Dylan era già on the road
again
diretto a Las Vegas, pistolero a bordo, lasciando alle sue spalle nient'altro che fumo e una memoria
della sua presenza.
Review: Boise, Idaho -
Idaho Botanical Gardens August 15, 2010
di Richard Arndt
Dylan ha cominciato il concerto al Botanical Gardens ( grande sede
all'aperto) con una sciatta ma divertente Rainy Day Woman, poi ha messo la
folla ai suoi piedi con una versione crackerjack di Love Minus Zero / No
Limit e Most Likely You Go Your Way. Un ottimo intro di organo ha quindi
avviato una grande, sing-a-long Just Like A Woman. Poi lui e la band
sembrano perdere la concentrazione della folla con le versioni un pò fiacche
di Rollin' and Tumblin' e Tryin' To Get To Heaven, ma che è cambiata
rapidamente quando Dylan e la band hanno infilato un sorprendente filotto di
otto canzoni di fila con la voce forte, con la guida della pedal steel e la
folla che ballava, cantava ed applaudiva con tutto il cuore. Sarebbe
difficile scegliere la miglior canzone dal set, perchè ogni canzone sembrava
migliorare dell'altra.
High Water ha visto la folla rimettersi in piedi, Forgetful Heart e The
Levee's Gonna Break la tenevano inchiodata lì, Blind Willie McTell è stata
la migliore interpretazione di questa canzone che io abbia mai sentito,
Highway 61 Revisited un vero tuono per l’oratore, Workingman’s Blues (uno
dei miei preferiti), è stato tenero e dolce, poi una emozionante Thunder On
The Mountain e quindi la versione veramente grande di Ballad Of A Thin Man.
Bob ha sorriso più di una volta durante tutto il concerto in modo un pò
sorprendente per avere avuto solo una canzone di encore con una dignitosa
versione di Like A Rolling Stone, che la folla ha cantato insieme. Accidenti
che bel concerto!
Review: Jackson, Wyoming - Snow King
Resort - August 14, 2010
di Steven King
Bob & la sua band ha fatto ritorno a Jackson, Wyoming, dopo 7 anni. Egli ci
ha dato quello che volevamo, bei momenti, una serata Rock in una calda
nottata estiva. Questo è stato un piacere dal momento che terminato il ciclo
della pioggia alla sera eravamo con la neve alta nel paese caduta la
notte prima (in realtà non volevamo un altro spettacolo sotto la pioggia
come a Deer Valley in '08).
Noi siamo arrivati prima perchè non volevamo fare la fila, e la musica di
sottofondo era fatta di vecchi classici del blues. Poi Bob e Company hanno
preso possesso del palco al tramonto con Leopard Skin Pill Box Hat come
opener, Bob alla tastiera, col suo cappello bianco a tesa larga con piume
rosse e una cravatta di cuoio con l'aquila d'oro in volo su di essa, (forse
un nuovo acquisto), un abito nero con bottoni in ottone con le strisce
bianche sulle gambe. Poi prende la chitarra e si mette accanto a Charlie per
“To Ramona”, piacevole sorpresa questa canzone. Rimane con la chitarra e c'è
una bella intro di Stuck Inside of Mobile e un sorriso da Bob. Torna
all'organo per Just like a woman, con fraseggi distribuiti in modo che la folla
poteva fare il coro poi Bob avrebbe seguito con le strofe. Non l’avevo mai
sentita prima e lui l' ha fatta per far partecipare la folla.
Poi è arrivata Rollin' and Tumblin', Charlie suonava la sua chitarra
scambiando liks con Donnie al mandolino elettrico. Era la prima volta che
sentivo questo pezzo dal vivo e aveva un suono dolce! Questo è seguito da I
Don't Believe You (She Acts like We
Never Had Met), con Bob al centro del palco con l’armonica. Io guardavo Bob
stagliato contro la falce della luna mentre stava cantando. Abbiamo avuto un
sacco di armonica per tutta la notte ed io ho amato tutto. Poi la sorpresa
della notte, per me, con Hollis Brown, seguita da
The Lonesome death of Hattie Carroll. Donnie era al banjo in Hollis ed al
mandolino elettrico per Hattie, Tony al basso standup per entrambi. Molto
lente, solide e molto ben eseguite, Bob potente in queste due canzoni.
Hattie aveva quelle pause di riflessione che in realtà si aggiungono alla
sensazioni. Poi è passato a Cold Iron Bound, Bob di nuovo all’armonica. E' stato piacevole ascoltare Charlie tornato sul palco insieme a Bob, io non
l' avevo più sentito dal 2002 ad Aspen. Charlie anima davvero le cose,
meraviglioso il suo lavoro di chitarra. Un vero divertimento per chi lo
guardava interagire e provocare Bob.
Poi è seguita una dolce When The Deal Goes Down con Bob all’organo e con
l’armonica, L’organo di Bob era già alto nel mix e questa aveva uno dei
tanti riff di organo davvero solidi. Ora siamo di nuovo sul rock per Highway
61 Revisited, uno degli amici che stavano con me sperava di sentirla e
Charlie l’ha iniziata. "Abe ha detto cosa?!"
Poi una buona Spirit On The Water con una più dolce armonica. La canzone è
durata molto tempo, fino all’inizio di Thunder On The Mountain, con Bob che
cantava alla grande, sorridendo e ridendo con Charlie e Donnie, roba buona. Dopo
di che, Ballad Of A Thin Man con Bob al centro per 2 interventi con
l’armonica , WOW, chiara e pulita come il canto! Questo ci ha portato verso
la fine dello show. Bob ci ha regalato tre grandi rock, che hanno ottenuto
l’approvazione della folla. Like A Rolling Stone aveva le pause per il coro,
Charlie suonava la sua Telecaster metallica. Bob aveva un sorriso divertito
ed un anello di diamanti su ogni mano. Jolene è stata un’altra che non
avevo mai sentito dal vivo e ci ha fatto ballare. Poi Bob ha presentato la band
ed iniziato All Along the Watchtower, ci dà il segno di avviare applausi e
veramente si libra sull'organo. Tutti cantano, ondeggiando e ballano, che
spettacolo ... ... ... ... Che piacere trascorrere la serata con questo uomo
e la sua band. Grazie per essere venuto Bob, ci sei piaciuto moltissimo! Se
avete l'occasione di andare a vederlo, non osate perderla!
Dylan's back pages - Dylan inizia le
sessioni di “Blood On The Tracks”' il 16 Settembre 1974
Original cover of "Blood On The Tracks", courtesy of Searching For A Gem.
Photo: Sony/BMG
Il 16 settembre 1974, Bob Dylan ha cominciato a registrare uno dei suoi
migliori album, Blood On The Tracks. Ha anche segnato il ritorno di Dylan
alla Columbia Records, dopo due uscite con la “Asilum”.
La sessione ha avuto luogo ai New York & R Studios. Larry Sloman ha scritto
su ciò il 21 nov 1974 sulla rivista Rolling Stone:
(John) Hammond aveva sentito parlare della sessione quando era già iniziato
"e non riuscivo a crederci", ha detto. "Così sono andato lì. Ho detto a Bob,
'Questo è un giorno strano per avviare la registrazione," perché era Rosh
Hoshanah ed era difficile trovare. E Bob ha detto: "Beh, perché non oggi? E'
il nuovo anno, non è vero?"
Ecco le informazioni di registrazione da quel giorno, per gentile
concessione di Olof:
A & R Studios, New York City, New York: 16 September 1974
1st Blood On The Tracks recording session, produced by Bob Dylan.
1-2. If You See Her, Say Hello
3-4. You're A Big Girl Now
5-6. Simple Twist Of Fate
7. You're A Big Girl Now
8. Up To Me
9. Lily, Rosemary And The Jack Of Hearts
10-12. Simple Twist Of Fate
13. Call Letter Blues
14. Meet Me In The Morning
15. Call Letter Blues
16-21. Idiot Wind
22-29. You're Gonna Make Me Lonesome When You Go
30. Tangled Up In Blue
Bob Dylan (guitar, vocal), Charles Brown III (guitar), Barry Kornfeld
(guitar), Eric Weissberg (guitar), Thomas McFaul (keyboards), Tony Brown
(bass), Richard Crooks (drums).
Notes.
• 11, 17, 18, 20, 22-25, 27, 28, and 30 are interrupted.
• 3, 4 Your A Big Girl Now on recording sheet.
• 5, 10 Simple Twist A'Fate on recording sheet.
• 9 Jack Of Hearts on recording sheet.
• 21 overdubbed October 8, 1974
• No unreleased tracks are in circulation.
• Recorded 6 pm - midnight.
9, 14 and 21 in overdubbed version released on the test pressing of BLOOD ON
THE TRACKS, COLUMBIA PC-33235, November, 1974. 14 released on BLOOD ON THE
TRACKS, COLUMBIA PC-33235, January 17, 1975. 14 released on BLUES,
Columbia/Legacy 88697009172, 19 December 2006.
15, 30 released on THE BOOTLEG SERIES (RARE & UNRELEASED) 1961-1991, VOLUME
2, COLUMBIA 468 086 2, March 26, 1991. 2 released on THE BOOTLEG SERIES
(RARE & UNRELEASED) 1961-1991, VOLUME 3, COLUMBIA 468 086 2, March 26, 1991.
Le sessioni per l'originale Blood On The Tracks continuarono fino al 19.
L'album aveva raggiunto la fase del test di stampaggio, quando Dylan ebbe
qualche ripensamento dopo aver parlato con suo fratello David. Andò ai Sound
Studio 80 a Minneapolis, Minnesota, con musicisti locali dopo Natale per due
sessioni di più, e ri-registrò la metà dell’album.
Interi libri sono stati scritti sul disco, quindi non entrerò nei dettagli,
ma qui ci sono alcuni fatti interessanti:
Ci sono state segnalazioni che un funzionario della Columbia Records sta
lavorando alla versione 2 CD di Blood On The Tracks.
Quando Dylan stava con Suze Rotolo all'inizio degli anni 1960, Eric Weisberg
stava con la sorella, Carla.
Secondo la rivista ICE del 17 settembre: La seconda take di "Shelter From
The Storm", uscito nella colonna sonora di Jerry Maguire, aveva sia il basso
e le tracce di organo rimosse, a causa della mancanza di familiarità del
bassista Tony Brown con la canzone.
Il tastierista Paul Griffin, ha suonato nella sessione del 16 settembre,
aveva inoltre suonato con BJ Thomas ("Raindrops Keep Fallin 'On My Head"),
The Isley Brothers ("Twist and Shout"), Don McLean ("American Pie"), Paul
Simon ("Tenerezza"), e The Shirelles ("Will You Still Love Me Tomorrow"),
King Curtis, Steely Dan, e Van Morrison, e nelle sessioni per l’album
elettrico di Dylan nella metà degli anni ’60..
Ci sono molte versioni dei vari brani secondo “Searching for a Gem”,
Perché Michael Krogsgaard data la sessione di sovraincisione di Griffin il
10 OTTOBRE 1974, c'è stata la speculazione che la prima take sia una
versione attualmente non in circolazione di “Idiot Wind”, senza la
spvraincisione di Paul Griffin. Tuttavia, Tony Brown, il bassista delle
sessioni di Blood On The Tracks, diceche l'organo è presente in Idiot Wind
sull’acetato del "9/25/74". Tony Brown dice che lui e Paul Griffin hanno
suonato con Bob su tutte le takes di Idiot Wind, e lui non ricorda che Paul
Griffin abbia fatto sovraincisioni. Tony, invece, ricordare le
sovraincisioni del chitarrista Buddy Cage con la steel guitar - queste cose
sono indicate in quell’ articolo di Krogsgaard. La questione delle
sovraincisioni sulle sessioni dell’ 8 ottobre 1974 rimane irrisolta, ma
sembra che tutte le ristampe di prova di Blood On The Tracks, nonostante la
sequenza diversa delle tracce, abbiano tutte lo stesso materiale musicale.
Forse il brano più interessante registrato nella prima sessione era la
canzone "Call Letter Blues". Dylan riscrisse completamente il testo che
divenne poi "Meet Me In The Morning". "Call Blues Letter" è uno dei testi
più scarni di Dylan. La potete vedere qui sotto.
Harold Lepidus, "Bob Dylan Examiner"
http://www.examiner.com/bob-dylan-in-national/dylan-s-back-pages-bob-dylan-starts-recording-blood-on-the-tracks-september-16-1974?cid=examiner-email
Yeah, where is he going? How many times have I asked myself this question
since the very first time that I heard him!
I must confess, I sometimes think back and reflect over his long career, but
I never come up with the answer. How did it all begin? Where and Why?
How many million gallons of ink have been used to somehow explain the
incredible story of Robert Allen Zimmerman, aka Elston Gunn, aka Bob Dillon,
aka Blind Boy Grunt, aka Bob Landy, aka Porterhouse Tedham aka Robert
Milkwood Thomas, aka Lucky Wilbury, aka Boo Wilbury, aka Justin Case, aka
Bob Dylan, aka Jack Frost, aka Sergei Petrof, aka Alias, alias Elmer
Johnson, alias alias alias ... and the next one? Did it all begin in Duluth
or was it Hibbing or New York?
It probably began with his love of music or could it be it was just his need
to impersonate James Dean, Marlon Brando or Elvis Presley? Was it the piano
that first caught his attention? Or the guitar? Or maybe it was the
harmonica? Folk music? Or Rock & Roll?
We know that in the beginning of his career he would thump the notes of the
keyboard much like today, but soon it would be all about Elvis and the
guitar became the “in” thing.
Fads change fast and along came the folk music mania. Dylan feels sure that
he can make his statement there, that he has something different to say,
after listening hours upon hours to Woody, Cisco and Leadbelly as well as to
all the traditional folk pieces. He will copy, change lyrics and tunes and
do all what is needed to become the King, the Maestro, the Prophet, the
"voice of his generation”, the voice of America, but another America, not
the one of that time but the one that is yet to come.
Of all this, Dylan is soon to tire. The role of prophet always made him feel
uncomfortable and he never asked to be crowned political spokesman of the
young. The voice of the generation is tired of folk and starts to look for
something more, something that could stimulate and push him on to better
things. There is only one way to go now: Rock & Roll and the electric
guitar.
Out, pleasure-cruising with friends on a car trip, drinking beer and wasting
time, as was the norm, and with money in his pocket to spend, they turn on
the radio and hear "The House of the Rising Sun" by The Animals. They
instantly stop the car and start to jump about laughing and screaming. He
had just found the new road he was looking for.
In New York he notices that seven songs in the Billboard Top 10 are by The
Beatles, four long-haired ass shaking lads from Liverpool, with their
“yeah-yeah’s” and good looks they had monopolized the charts.
“Oh what the hell, if you can’t beat them-join them. I’ll do a show, but
this time with a difference, I want an electric band behind me, lot’s of
power, lot’s of noise.”
July 25th, 1965, Newport, a massive crossroad in Dylan’s career. Bob goes on
stage with the Paul Butterfield Band and all hell breaks loose, as it will
for the next 18 months. He is insulted, booed and cat whistled but fights
on. He knows there’s no turning back. Kooper and Bloomfield are discouraged
and want to throw in the towel, but Bob knows he’s on to a winner and win he
soon will.
Along comes "Highway 61 Revisited" and many can’t believe their ears,
opinions start to change and among them are many of the so called experts
that had praised so highly the Beatlemania and all things British. Lennon
tells the world “We are more famous than Jesus Christ” Yeah, that maybe, but
a small Jewish man from Duluth is now on the scene and with "Blonde on
Blonde" is ready to sweep away everything and rewrite the rules of Rock &
Roll and soon they all follow suit. The Beatles, Rolling Stones, Beach Boys,
all the biggest groups of the day, with no exception they all want an album
with that scary thin-wild-mercury-sound, they want to better it and beat it.
But they won’t! Not “Sergeant Pepper” and not “Pet Sounds” and not even the
coarse Rolling Stones who were playing with the anvil and hammer. Blonde on
Blonde was the top, remains the top and is still on top. This album is
driving, is painful but at the same time soul searching. With its cutting
lyrics it hits you hard, right between the eyes, an album to touch, caress,
to look at, to admire, to envy and has still to be beaten, a land-mark in
music history! When the explosion hit the snare drum in “Like a Rolling
Stone” it was to blow the minds of rock musicians all around the world,
nothing will ever be the same after that shot. Many would try to do better,
many musicians would later present their public with a shiny-clean and
perfectly produced album. Even with the exasperated, acid feed and mystical
albums that were born in the evening and destined to die at first light,
none would surpass it, it was as if that snare drum-roll was laid down to
mark the dividing line between the past music and future music.
The strange thing is that this thin wild mercury-sound was not created by
rock musicians, but was the result of musicians from Nashville, shift
workers who lived on ballads and waltzes, who clocked in from 9 a.m. to 5
p.m. like any other job. In Nashville the art of music is not undervalued,
but treated the same way as any other work, the musicians' work is
considered as that of state employees, clock-in, play what is put in front
of you, and off home. Dylan takes Nashville on board, he uses its rules and
plays when he feels like it. Without a word to the musicians, he plays and
they follow, they must invent everything and this is his trump card, they
give all they can and Bob, driven by the Nashville-anarchy, creates "the
masterpiece". Dylan can afford to break the rules and replace them with his
own, and history would prove him right. The tour continues between booes and
insults, but he weathers the storm and when Kooper and Bloomfield abandon
him, Robertson says: "Let's try the other guys of my band”. And so be it,
the beginning of a golden age. Dylan and the Hawks are on a roll, the more
the success the more enjoyable it becomes, day after day, writing with it
some of the most fascinating pages in rock history. To support the infernal
pace of the tour, Dylan & Co. take everything to breaking point and all sort
of rumours start to spread. Dylan always seems on the verge of death, thin,
emaciated, out of mind, a zombie that would surely struggle to make it to
the end of the year.
So we come to the legend of the motorcycle accident, some say true, some say
invented but certainly never explained clearly in detail, which then lead
many to believe the reports as just excuses to somehow stop the collision
course of break-neck touring he was on. Laid up in hospital or just at home
recharging his batteries, Dylan takes time to re-examine his life as a
superstar and to rediscover his “human dimension”.
He sits back in his house
in Woodstock and puts his life on hold. The Hawks, now called The Band,
follow suit taking a small rented farm house nearby, coloured pink. In a
short time Dylan is spending all his afternoons there, fitted out with
recording equipment, they play and record whatever comes to mind, so is born
"The Basement Tapes and the “Big Pink”.
Dylan discovers what it’s like to be a father and a husband full-time. He
works on the house, buys bread every morning and plays for hours with his
children. But as we know, all of this would soon end. The press won’t let
him out of the spotlight, even if his self-imposed exile keeps him away from
his public Dylan is too big a name to just disappear. In what seems to be a
calculated choice to destroy his image, he releases “Self Portrait”. The
critics ask "What's that shit?" and they’re not far wrong! Badly recorded
and with poor songs, some no-more than demo’s, with little original material
the album never the less sells well and Bob is once again front page news.
Dylan has always been a restless soul in search of new worlds to explore and
to boldly go where no man has gone before, as Captain Kirk would say.
Life in the countryside starts to bore him and soon Dylan, being the
restless soul he is, decides to set up house in New York. The man around
town again soon starts to meet up with old friends and there the seeds of a
tour that would take place in ‘75-76 and was to be known as “Rolling Thunder
Revue”, was born. It was the apotheosis of the artist and the end of the
family man and husband.
Too many people and especially too many women were
to hang around him in the “RTR”. McGuinn, Neuwirth, Baez, Mansfield, Rivera,
Ronson, Stoner T-Bone Burnett, Wyeth, Blakey, Soles, Mitchell, Jack Elliot,
Havens all climb on the rolling bandwagon, creating one of the most exciting
tours in rock history.
For Sara, “The Sad Eyed Lady of The Lowlands”, it was to be the start of the
end, a fact that was to leave a deep wound in the heart and soul of Dylan,
leading him to create what is considered the masterpiece “Blood on the
Tracks”, so different and intimate, almost humble and devastating for his
poetry and his pathos, almost the polar opposite of “Blonde on Blonde”, so
different in motivation and inspiration, not the Dylan we had come to know
and love. You could even be fooled into believing that the album had come
from another artist, but there was no mistake, Dylan’s presence is
everywhere and unmistakable. He’s sarcastic, he’s thoughtful, he’s hurt, but
he also knows he’s responsible for the situation he’s in. An artist crying
his eyes out and showing his pain in public, a pain that cut like the blade
of a Bowie-knife.
Dylan is increasingly alone, even for someone like him the family is
important, this is a marked turning point for him as a composer. His
song-writing moves further away from the protest of his younger years and
talks increasingly more about emotions and love. His world, that orbits
around the real world, has been badly scarred it seems. Dylan is by now a
mature man, long gone are the turbulent years of the 60’s and the horrors of
’68: Viet Nam, the uprising of the poor black man against the white man, the
Black Panther movement, Laos, Cambodia, the assassination of J.F.K., Martin
Luther King and Bobby Kennedy, not to mention the disastrous Bay of Pigs
landing. It’s the start of the end, the murder of Meredith Hunter at
Altamont, as well as the deaths of rock stars like Jim Morrison, Janis
Joplin, Brian Jones and Jimi Hendrix, a “Sign on the Window” that the
"Summer of Love" had slowly turned to winter and would remain just a
documentary, a film, as the establishment starts to regain its control, as
fathers slowly but surely took control over their children. America is back
in charge, with the help of rifles, cannons, mysterious overdoses and
mid-night manoeuvres by the F.B.I and C.I.A. Unions that hold tightly on to
their powers with lies and lies and State secrets never to see the light of
day. The counterculture was mercilessly crushed by the American bulldozers.
And what then remains of those years? Only Bob Dylan, different but always
Dylan, celebrated, contested, but always Dylan. All the others, in one way
or another, have all disappear, whilst Bob, appointed by some supreme deity,
is still there, standing tall like a “Solid Rock”.
Towards the end of the 70’s, another change, Bob becomes a “born again
Christian”. All his songs from this period are gospel-inspired. On stage he
would often give a sermon between songs, as he would purposely leave out all
his old classics from the set list. He had become the “high priest of rock”.
Once again he is booed and laughed at but his popularity never weans, not
even during the late 80’s, as he tours with the monsters of 60’s Rock and
Blues “The Grateful Dead”. To many, and perhaps indeed to himself, it seemed
that he was on a down-wood spiral, that he had lost the plot, but again the
turning point is just around the corner. The idea of a never-ending-tour is
born and Bob takes to the road like never before, playing gigs anywhere and
everywhere. As Dylan said “any place that wants me” the stage becomes his
new home, it seems to many that he had decided, if possible, to die on
stage. 100/150 concerts a year, good shows and sometimes bad shows, it makes
no difference to him. The band members and roadies are his new family as the
myth and legend of Bob Dylan marches on, the artist that chose the stage and
spotlights to survive.
Now in 2010, after more than 22 years of the “Never Ending Tour”, it’s yet
another Dylan that we’re observing, the voice has become very hoarse, the
drink, hard-living and cigarettes have obviously left their mark but Bob, at
almost 70, shows no sign of quitting. On stage he sometimes mumbles,
sometimes grunts and sometimes talks his way through the show. Critics can
slate him or praise him, fans will sometimes attack him, but more often than
not cheer him and accept everything he does. Voice or no voice, good band or
poor band, it does not matter, the Dylan of “Blonde on Blonde”, “Blood on
the Tracks”, and that of “RTRevue” was the Dylan of yesterday, This is the
Dylan of today, whether we like it or not. He looks out over the keyboards
with eyes half-closed, but the master knows how to manipulate his audience,
he may just go through the motions, as if on automatic-pilot, for ten songs
or so, but then, when you’ll least expect it, he’ll unleash a one-two, like
an ageing boxer that knocks us all out cold à la Dylan, still the hurricane
we know.
Take it or leave it, this is Bob today, giving us still immense joy but
leaving us sometimes with much regret. Either way, we’ll take it and as to
where is he going from here, only our “blue eyed son” knows, but he will
never tell us for sure!!!
Dean “The Minstrel” Spencer
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Dove stai andando Bob, figlio mio dagli occhi azzurri?
Già, dove sta andando? Quante volte mi sono posto questa domanda fin dalla
prima volta che l’ho sentito!
Devo confessare, a volte ripenso e riflettetto sulla sua lunga carriera, ma
non sono mai riuscito a darmi una risposta. Com'è cominciato tutto? Dove e
perché?
Quanti milioni di litri di inchiostro sono stati utilizzati per spiegare in
qualche modo l'incredibile storia di Robert Allen Zimmerman, alias Elston
Gunn, aka Bob Dillon, aka Blind Boy Grunt, alias Bob Landy, aka Porterhouse
Tedham Milkwood aka Robert Thomas, alias Lucky Wilbury, alias Boo Wilbury,
alias Justin Case, alias Bob Dylan (pseudonimo di Jack Frost), alias Sergei
Petrof,aka Alias, alias Elmer Johnson, alias alias alias ... e il prossimo?
E’cominciato tutto a Duluth, oppure a Hibbing o a New York?
E' iniziato probabilmente con il suo amore per la musica o forse è stato
solo il suo bisogno di impersonare figure come James Dean, Marlon Brando o
Elvis Presley? E’ stato il pianoforte che per primo attirò la sua
attenzione? O la chitarra? O forse è stata l’'armonica? La musica popolare?
Oppure il Rock & Roll?
Sappiamo che agli inizi della sua carriera picchiava le note della tastiera
come oggi, ma ben presto sarebbe stato “preso” da Elvis e la chitarra
sarebbe diventata “lo strumento”.
Le mode cambiavano velocemente e arrivò la mania per la musica folk. Dylan
si sente sicuro di poter dire la sua in quel campo, sà di avere qualcosa di
diverso da dire, dopo aver ascoltato per ore e ore Woody, Cisco e Leadbelly,
nonché a tutti i pezzi folk tradizionali. Egli copia, modifica testi e
melodie e fa tutto quello che serve per diventare il Re, il Maestro, il
Profeta, la "voce della sua generazione", la voce d'America, ma di un' altra
America, non quella di quel tempo, ma quella che ha ancora da venire.
Di tutto questo, Dylan finisce per stancarsi persto. Il ruolo di Profeta lo
ha sempre fatto sentire a disagio e non ha mai chiesto di essere incoronato
come portavoce politico dei giovani. La voce della sua generazione è stanca
di quella gente e inizia a cercare qualcosa di più, qualcosa che può
stimolarlo e spingreloa cercare cose nuove, più interessanti per lui. C'è
solo un modo per andare ora: il Rock & Roll e la chitarra elettrica.
Allora via, un viaggio di piacere in auto con gli amici, bere birra e
perdere tempo, come era la norma, e con tanti soldi in tasca da spendere,
accende la radio e ascolta "The house of the rising sun" degli Animals . Fa
immediatamente fermare la macchina e comincia a saltare, a ridere e urlare.
Aveva appena trovato la nuova strada che stava cercando.
A New York si accorge che sette canzoni nella Billboard Top 10 sono dei
Beatles, quattro sculettanti ragazzini di Liverpool con i capelli lunghi,
con i loro "yeah-yeah" avevano monopolizzato le classifiche di tutto il
mondo.
"Oh che cazzo, se non puoi batterli, unisciti a loro. Farò uno spettacolo,
ma questa volta con una differenza, voglio una band elettrica alle mie
spalle, un casino di volume, un casino di rumore ".
25 luglio 1965, Newport, un crocevia fondamentale nella carriera di Dylan.
Bob va in scena con la Paul Butterfield Band e al diavolo tutto per i
successivi 18 mesi. Egli è insultato, fischiato e deriso, ma combatte i
fischi e gli insulti senza mollare. Lui sa non può più tornare indietro.
Kooper e Bloomfield si sono scoraggiati e vugliono gettare la spugna, ma Bob
sa che c’è in gioco la vittoria e che alla fine vincerà.
Arriva "Highway 61 Revisited" e molti non possono credere alle loro
orecchie, le opinioni su di lui cominciano a cambiare, e tra queste ci sono
quelle di molti dei cosiddetti esperti che avevano così altamente lodato la
Beatlemania e tutta la British invasion. Lennon dice al mondo: "Siamo più
famosi di Gesù Cristo" Sì, forse, ma il piccolo sporco ebreo di Duluth è
ormai sulla scena, e con "Blonde on Blonde" è pronto per spazzare via tutto
e riscrivere le regole del Rock & Roll, e presto tutti lo seguiranno.
Beatles, Rolling Stones, Beach Boys, tutti i più grandi gruppi dell’ epoca,
senza alcuna eccezione, vogliono tutti un album con quel pauroso
wild-thin-mercury-sound, vogliono fare meglio e battere Dylan. Ma non
riuscirano mai a farlo! Non ci riuscirà "Sergeant Pepper" e nemmeno "Pet
Sounds" e neppure i grossolani Rolling Stones, che suonavano il rock
pestando mazzate sull’incudine con i loro martelli. Blonde on Blonde è stato
il top, resta il top ed è ancora il Top. Questo album è la guida, una cosa
dolorosa ma allo stesso tempo alla ricerca dell’ anima umana. Con i suoi
testi taglienti ti colpisce duro, proprio come un pugno tra gli occhi, è un
album da toccare, da accarezzare, da guardare, da ammirare, da invidiare, ed
ancora oggi non è stato superato da nessun’altro, un marchio indelebile e
profondo nella storia della musica! Quando esplode il colpo di rullante di
"Like a Rolling Stone" fa saltare le menti dei musicisti rock di tutto il
mondo, nulla sarà più lo stesso dopo che quel colpo è stato dato. Molti
cercano di fare meglio, molti musicisti si presenteranno in seguito al loro
pubblico con un album brillante, pulito e perfettamente prodotto. Roba senza
speranza, come gli album mistici prodotti dagli “acidi”, nati alla sera e
destinati a morire alle prime luci dell’alba, nessuno avrebbe superato
Blonde on Blonde, era come se quel colpo di rullante avesse scavato un solco
di confine per definire la linea di demarcazione tra la musica del passato e
la musica del futuro.
La cosa strana è che questo sottile e selvaggio suono di mercurio non fu
creato da musicisti rock, ma era il risultato dei musicisti di Nashville, di
quei turnisti che vivevano di ballate e di valzeroni, che timbravano il
cartellino dalle 09:00 alle 17:00 come se il loro fosse un qualsiasi altro
lavoro. A Nashville l' arte della musica non è sottovalutato, ma è trattata
allo stesso modo di qualsiasi altro lavoro, il lavoro dei musicisti è
considerato come quello dei dipendenti statali, timbra il cartellino, suona
quello che ti mettono davanti e poi a casa, così funziona la vita a
Nashville. Dylan prende a bordo i Nashvilliani, utilizza le sue regole e
suona quando ne ha voglia. Senza dire una parola ai musicisti, lui suona e
loro lo seguono, devono inventarsi tutto al momento, e questa è la carta
vincente, danno tutto quello che possono e Bob, sfruttando l’anarchia di
Nashville, crea il "capolavoro". Dylan poteva permettersi di infrangere le
regole e sostituirle con le proprie, e la storia gli avrebbe dato ragione.
Il tour continua tra urla ed insulti, ma lui resiste alla tempesta, e quando
Kooper e Bloomfield lo abbandonano, Robertson gli dice: "Proviamo con i
ragazzi della mia band". E così sia, è l'inizio di un periodo d' oro. Dylan
e gli Hawks sono su un rullo in discesa, la cosa diventa divertente, giorno
dopo giorno, scrivono alcune delle pagine più affascinanti nella storia del
rock. Per sostenere il ritmo infernale del tour, Dylan & Co. Ingoiano di
tutto e di più, fino al punto di rottura, e ogni tipo di voci cominciano a
diffondersi. Dylan sembra essere sul punto di schiattare, magro, emaciato,
lontano dalle emozioni terrene, uno zombie che avrebbe dovuto sicuramente
lottare per arrivare alla fine dell’anno.
Si arriva così alla leggenda dell “incidente motociclistico”, alcuni dicono
vero, altri dicono inventato, ma di certo Bob non lo ha mai spiegato
chiaramente nel dettaglio dando versioni contrastanti della cosa, ragione
questa che portò molti a ritenere il suo ritiro una scusa per fermare in
qualche modo quel gioco al massacro personale. Ricoverato in ospedale o
semplicemente a casa sua, ricarica le sue batterie. Dylan vuole del tempo
per riesaminare la sua vita da Rock-Superstar e per riscoprire la sua
"dimensione umana". Si siede nella sua casa di Woodstock e si mette in
stand-by. Gli Hawks, ora chiamati "The Band, seguono il suo esempio e
prendeno in affitto una casa piccola casetta rurale di colore rosa nelle
vicinanze. In breve tempo Dylan passerà tutti i suoi pomeriggi in quelluogo,
attrezzati di tutto punto, Bob e The Band suonano e registrano tutto ciò che
viene loro in mente, facendo nascere i “Basement Tapes” e il mito di “Big
Pink”.
Dylan scopre cosa vuol dire essere un padre e un marito a tempo pieno.
Lavora alla sua casa, compra il pane tutte le mattine e gioca per ore con i
suoi figli. Ma come sappiamo, tutto questo finirà. La stampa non gli
permetterà di star lontano dai riflettori, anche se il suo esilio
auto-imposto lo tiene lontano dal suo pubblico Dylan è troppo un grande nome
per scomparire nella solitudine della campagna. In quello che sembra essere
una scelta calcolata per distruggere la sua immagine, incide e fa uscire
"Self Portrait". I critici si chiedono "Che merda è ‘sta roba?" e non sono
lontani dal vero! Male registrato e con canzoni povere, alcuni pezzi sono
solo niente di più che dei demo, ma anche con il poco materiale originale
l’album vende bene e Bob è ancora una volta una notizia da prima pagina.
Dylan è sempre stato un animo inquieto, alla ricerca e all’esplorazione di
nuovi mondi, andando là dove nessun uomo è mai giunto prima, come avrebbe
detto il capitano Kirk.
La vita in campagna inizia a pesargli e Dylan, essendo l' anima inquieta che
è, decide di mettere su casa a New York. L' uomo torna nella città dei suoi
inizi e comincia ad incontrarsi con vecchi amici, gettando i semi di un tour
che avrà luogo nel '75-76 e dovrà essere conosciuto come "The Rolling
Thunder Revue". La RTR fu l'apoteosi dell'artista e la fine del padre di
famiglia e del marito. Troppe persone e soprattutto troppe donne giravano
intorno a lui in quella baraonda ambulante. McGuinn, Neuwirth, Baez,
Mansfield, Rivera, Ronson, Stoner T-Bone Burnett, Wyeth, Blakey, , Mitchell,
Jack Elliot, Havens, tutti salirono su quel carrozzone, creando uno dei tour
più eccitanti della storia del rock.
Per Sara, "The Sad Eyed Lady of The Lowlands", diventerà l'inizio della
fine, un fatto che avrebbe lasciato una profonda ferita nel cuore e l'anima
di Dylan, portandolo a creare quello che è considerato il capolavoro " Blood
on the Tracks”, così diverso e intimo, quasi umile e devastante per la sua
poesia e il suo pathos, quasi agli antipodi di" Blonde on Blonde ", così
diverso per motivazioni ed ispirazione, un Dylan diverso da quello che
avevamo imparato a conoscere e amare . Si poteva anche essere ingannati e
credere che l'album era venuto da un altro artista, ma non c' era nessun
errore, la presenza di Dylan è ovunque ed inconfondibile. Lui è sarcastico,
è pensieroso, è ferito, ma è anche consapevole di essere lui il responsabile
di quella situazione. Un artista che piangere con gli occhi di fuori e
mostra il suo dolore in pubblico, un dolore che taglia come la lama di un
coltello Bowie.
Dylan è sempre più solo, anche per uno come lui la famiglia è importante,
questo è anche un punto di svolta come compositore. Il suo song-writing si
allontana sempre di più dalla protesta dei suoi primi anni e comincia a
parlare sempre di più di emozionalità e di amore. Il suo mondo, che orbita
attorno al mondo reale, è stato duramente segnato dalla fine del suo
matrimonio. Dylan è ormai un uomo maturo, sono ormai lontani i tempi
turbolenti degli anni '60 e gli orrori del '68: Vietnam, la rivolta del
povero nero contro il bianco, il movimento delle Black Panther, il Laos, la
Cambogia, l'assassinio di JFK, Martin Luther King e Bobby Kennedy, per non
parlare del disastroso sbarco nella Baia dei porci. E' l'inizio della fine
di un’epoca, l'omicidio di Meredith Hunter ad Altamont, così come le morti
di rock star come Jim Morrison, Janis Joplin, Brian Jones, Jimi Hendrix, un
"Sign on the window" che la "Summer of Love" si stava lentamente avviando
verso l’ inverno, rimanendo solo un documentario, un film, le Istituziono
cominceranno a riprendere il controllo, come i padri, lentamente ma
inesorabilmente, stavano riprendendo il controllo sui figli. L'America è di
nuovo sulla sua strada, con l'aiuto di fucili, cannoni, misteriose overdose
di menzogne ,manovre oscure firmate FBI e CIA, i sindacati che si tengono
strettamente legati i loro poteri con menzogne e bugie, e segreti di Stato
che mai vedranno la luce del giorno. La controcultura è stato schiacciata
senza pietà dal bulldozer Americano. E allora cosa rimane di quegli anni?
Solo Bob Dylan, diverso ma sempre Dylan, celebre, controverso, ma sempre
Dylan. Tutti gli altri, in un modo o nell'altro, sono scomparsi, mentre Bob,
protetto da qualche divinità suprema, è ancora lì, in piedi come una "Solid
Rock".
Verso la fine degli anni 70, un altro cambiamento, Bob diventa un "cristiano
rinato". Tutte le sue canzoni di questo periodo sono di ispirazione gospel.
Sul palco avrebbe spesso fatto un sermone tra un brano e l’altro, come
avrebbe volutamente lasciato fuori tutti i suoi vecchi classici dall' elenco
della set list. Era diventato il "sommo sacerdote del rock". Ancora una
volta è fischiato e deriso, ma la sua popolarità svetta più che mai, neanche
durante la fine degli anni '80, con il terribile e disastroso tour con i
mostri del rock-blues degli anni 60 "The Grateful Dead". Per molti, e forse
in realtà anche a lui, sembrava che Bob fosse in fase calante, che aveva
perso la trama, ma ancora una volta il punto di svolta è dietro l'angolo.
Nasce l' idea di un tour infinito e Bob torna “on the road” come mai aveva
fatto prima, suonando concerti ovunque. Come disse Dylan "qualsiasi posto mi
voglia", gli stadi diventano la sua nuova casa, molti hanno l’impressione
che abbia deciso, se possibile, di morire sul palco. 100/150 concerti all'
anno, shows a volte buoni ed a volte cattivi, non fa alcuna differenza per
lui. I membri della band ed i roadies sono la sua nuova famiglia, come il
mito e la leggenda di Bob Dylan vogliono che sia, l'artista che ha scelto il
palco e riflettori per sopravvivere.
Ora, nel 2010, dopo più di 22 anni di "Never Ending Tour", è ancora un altro
Dylan che stiamo vedendo, la voce è diventata molto roca, il bere, la vita
pesante e le sigarette hanno ovviamente lasciato il segno, ma Bob, a quasi
70, non mostra alcun segno di voler smettere. Sul palco borbotta a volte, a
volte grugnisce e parla, ma è il suo modo di far spettacolo. I critici lo
abbattono o lo lodano, i fans a volte lo attaccano, più spesso di quanto non
accettino con allegria tutto ciò che fa. Voce o non voce, buona band band
povera, non importa, il Dylan di "Blonde on Blonde", "Blood on the" Tracks,
e della "RTRevue" era il Dylan di ieri, questo è il Dylan di oggi , che ci
piaccia o no. Egli sbircia da dietro la tastiera con gli occhi socchiusi, ma
il maestro sa ancora come manipolare il suo pubblico, egli può ancora
cantare e suonare come se avesse il pilota automatico, per una decina di
canzoni, ma poi, quando meno te lo aspetti, ti mollerà un uno-due come un
vecchio pugile esperto, scatenando l’uragano alla maniera Dylan, l'uragano
che ben conosciamo.
Prendere o lasciare, questo è il Bob di oggi, che ci da ancora momenti di
gioia immensa, ma lasciandoci a volte molto rammarico. Ad ogni modo, noi
continueremo ad andare dove stai andando tu, dolce "figlio dagli occhi
azzurri", ma lui non ci sarà, di sicuro sarà già andato oltre!
Di qualunque nazionalità essi siano, Americani, Giapponesi, Portoghesi,
Francesi, Italiani, Inglesi, Tedeschi, Australiani e chi più ne ha più ne
metta, ognuna di queste persone vedono, sentono ed assimilano Dylan a modo
loro. In qualunque spettacolo di Dylan si può vedere gente di tutte le
nazionalità e le lingue nel pubblico, ed ognuna di loro ha il suo specifico
motivo per essere prensente al concerto. Molti vanno per ballare del Rock,
altri per sentire i pezzi blues, altri le vecchie ballate folk, altri per
rivivere momenti e ricordi della loro gioventù, altri semplicemente per
“esserci”, per rinnovare un “Rito” come se fosse il raduno di una setta
religiosa, altri per continuare a studiare Dylan con la speranza di accedere
a nuove conoscenze, altri perchè la musica di Dylan fa loro superare
l’angoscia del futuro e della morte terrena, tutti ugualmente immersi in
questo mare di canzoni senza tempo. C’è una cosa però che accumuna tutta
questa gente in un filo comune, l’apprezzamento per la musica di Bob Dylan.
Vediamo di tracciare l’identikit di qualche tipo di fan:
Americano standard
Gli apparteneti a questa classe dicono di solito - “Ho tutti I dischi di
Bob”, conosco ogni parola di tutte le sue canzoni più importanti ( Blowin’
in the wind, Mr.Tambourine Man, All along the Watchtower, Rainy day women #
12 & 35” , Subterranean Homesick Blues).
Di certo hanno una copia in vinile di Bob Dylan's Greatest Hits che profuma
di muffa nello scatolone dove ci sono tutti i dischi. Parlano spesso della
nostalgia degli anni 80’, quando i concerti costavano ancora 15 dollari.
Quando parlano dei dischi si esprimono come esperti “sommellier”, non ci
sono buchi nella loro coltura dylaniana, rispondono a qualunque domanda e
c’è sempre qualcosa che sanno solo loro o hanno visto solo loro.
Il Totale
E’ un’enciclopedia vivente di Dylan, possiede l’intero catalogo di Bob ( più
un migliaio di Bootleg che non ha mai avuto il tempo di sentire, ma che
importa, che conta è averli) in un mix immenso di vinili, cassette e CD
disposti in ordine perfetto nella sala-Dylan della sua casa, santuario
inviolabile senza il suo permesso, quello che lui distrattamente chiama il
“salotto per gli ospiti” con un ammiccamento da intellettuale. Mentre parla
agli ospiti in sottofondo suonano rigorosamente a rotazione le canzoni meno
conosciute e le più rare ( come Just like Tom Thumb Blues”, 1913 Massacre,
Accidentally like a Martyr, Adelita, Alberta, Arthur McBride, Belchezaar e
cose del genere). Lui tiene tutti inchidati alle sedie con parole che sono
come fucilate, racconti avvincenti ed oscuri, quasi mai verificabili, recita
la set list del 14 aprile 1975, il vero motivo dell’esclusione di Blind
Willie McTell da quel famoso disco. Questo fan ha visto esibirsi Dylan dal
vivo 187 volte e ha tutti i biglietti dei concerti inseriti in cornici d’oro
in stile barocco.
Il Romantico
Questo è il classico fan che puoi sentire urlare ai concerti:" Gente, la
prima volta che ho visto Dylan è stato nel 1965! " A casa sua c’è sempre la
musica rilassante di Aaron Copland in sottofondo sul suo impianto stereo. Ai
concerti aspetta di vedere la reazione quando Dylan e la sua band arrivano
sul palco e appena comincia "Highway 61", con la grazia di un migliaio di
tornado, strappa tutto quello che ha in mano e cerca con i piedi di scavare
un canyon nel pavimento della platea. E poi di colpo dice : "Wow, Dylan ha
cambiato arrangiamento! Forte per la la sua età, però, Dio quanto è grande!
Oppure urla a suo nipote che è ormai 30/40enne afferrandolo per un braccio:"
Questo non è Bob Dylan! Non ne posso più di questo rumore, cazzo, andiamo
fuori di qui!”, sicuro che il nipote rifiuterà!
Il Sufficiente
Potrebbe essere chiunque. Si appoggia dietro al fronte del palco, tiene la
fotocamera a distanza di braccia dal viso, e ga in autoscatto di lui con
Dylan in sottofondo come se fosse davanti al Monte Rushmore. Conosce
(malamente) solo Blowing in the wind, non riconosce nessuna delle altre
songs della set list (ma che importanza ha? Basta non darlo avedere!)
Applaude se il pubblico applaude entusiasta, altrimenti rimane di una
passività neutrale, come uno stato di coma controllato, in attesa che
succeda qualcosa che valga la pena di raccontare il giorno dopo a quelli che
di Dylan non gli frega un cazzo, ma lui si sente cool, e questo gli basta, è
una persona che si sente realizzata così, si accontenmta di poco, poco ha
per sua cultura e poco da agli altri, in fondo la sua Porsche è più
importante di Dylan, è lui ha tute e due le cose, l’auto ed i concerti (che
noia a volte questo Dylan , che mi tocca fare per essere a la page)!
Il Fan dei fans
Questo fan si avvicina Dylan con lo zelo famelico come per il Superbowl, un
l’evento più importante della stagione di Footbaal. La differenza è che Bob
Dylan è sempre buono per tutta la stagione. Festeggia il compleanno di Bob
come se fosse il suo. Si veste da Dylan la notte di Halloween. Fa il conto
alla rovescia per i giorni che mancano all’uscita del nuovo album di Dylan,
e la mattina fatale lui è già li, in attesa che si aprano le porte (è lì
dalla mezzanotte del giorno prima) impaziente di essere il primo a poter
tenere in mano il nuovo disco. Se siete suoi amici, al suo compleanno dovete
regalargli un libro che parli di Bob Dylan, un disco, unaT-shirt, o il
portachiavi dell’auto con l’effige di Bob, pena la scomunica a vita e la
radiazione dall’elenco dei suoi amici. L’unica sua passione nella vita è
senz’altro quella di amare incondizionatamente la musica del suo idolo. Vi
guarderà sempre come uno scarafaggio se dite che Dylan non vi piace, o
qualunque altro tipo di critica possiate fare su Bob.
Il musicologo
I doppi sensi e le metafora nelle canzoni di Bob sono sempre stati il suo
punto di forza, queste cose di Dylan fan parte del suo bagaglio standard. Vi
dirà che quando è uscito "Rainy Day Women", con il suo testo lapidatorio,
non solo ha spaventato un sacco di genitori, ma ha inaugurato un nuovo
approccio alla musica. Nel frattempo, canzoni come "Like a Rolling Stone" e
"Positively 4th Street", pur non citando nomi, con i loro testi diffamatori
erano il riflesso della vita reale delle persone che vivevano nell’orbita
dylaniana. Conosce tutti i nomi e cognomi di chiunque abbia avuto un
qualsiai tipo di rapporto con Bob, una specie di Dylan who is who umano, che
nelle discussioni ama sempre prendere in mano il pallino e non permettere a
nessun’altro di parlare. Lui ha capito tutti i significati delle canzoni di
Dylan, e se non lo fermate comincerà dal primo enigma e continuerà ad
oltranza. Per lui Dylan è un eterno puzzle da completare giorno dopo giorno.
Inoltre compatirà sempre tutti gli altri fan di altri artisti, che non
potranno mai godere appieno di una canzone di Dylan, se non dopo anni ed
anni di lettura di ogni cosa possibile come ha fatto lui.
L’analitico
Deve sempre parlare di LSD quando ascolta "Chimes of Freedom", la sua
ragazza gli dice “ Non puoi solo parlare, pirla!
DylanFricchettone standard
Negli anni '70, con l'istruzione diventata liberale, molti pericolosi e
sovversivi insegnanti delle scuole elementari hanno fatto cantare nelle
scuole, al posto dei cori dell'infanzia, brani come "This Land Is Your Land"
e "Blowin 'in the Wind". Così indottrinati con la musica di Dylan alla
tenera età di cinque anni, questa razza è cresciua e ha iniziato ad
abbracciare la musica di Dylan intorno al Dylan dell’epoca con i Greatful
Dead. Debitamente ispirato dalla lettura di Allen Ginsberg "Howl" più "Paura
e delirio a Las Vegas" e "On the Road", questo tipo di fan ha trascorso la
maggior parte dei suoi anni nei college ad andare in giro con la sua Honda,
mostrando una forbita educazione civica, perdendo un sacco di tempo alla
ricerca dell’America perduta ascoltando "Tangled Up in Blue", come inno del
“viaggio” e Blonde on Blonde come colonna sonora di base. Neo-bohémien di
prim'ordine, con un piede radicato nella rimbombante cultura che si andava
dissolvendo e il girovagare per le autostrade dell'informazione, questo tipo
di fan ha fatto con successo il salto con Dylan nell'era digitale, anche se
con qualche leggero disagio dovuto al rinnovamento imposto da Internet.
Ho sempre ragione io
Non c’è discussione con questo tipo, lasciate perdere immediatamente. Per
natura di qualunque argomento si discuta lui è quello che sa di più degli
altri, quando si parla di Dylan è una guerra persa. Lui è un depositario
della verità. Quando parlate voi potrebbe guardarsi intorno con l’
espressione del volto smarrita ed esclamare: “What's the buzz? Tell me
what's a-happening!”
E’ dotato di molta fantasia, sa quasi tutti gli aneddoti della vita di Dylan
a memoria e a volte, se scopre di non saper qualcosa se lo inventa.
Non è mai molto ferrato in materia di Dylan, a volte commette errori
pacchiani che supplisce con la prepotenza e l’arroganza. Vi umilia dicendo:
“Non vorrai metterti a discutere di Dylan con me per caso!”
No certamente, ciao ed a mai più rivederci.
L’integralista
Per questo fan Dylan è “la religione”, la verità assoluta che mai deve
essere messa in discussione. Può diventare violento se contrariato su
quest’argomento. Tutto quello che fa Dylan è oro colato, da tesorizzare e
venerare per l’eternità.
Il Minimalista
La sua infarinatura dylaniana è il minimo indispensabile, riconosce blowin’
in the wind se la sente alla radio o alla televisione, è convinto che
Knockin’ on heaven’s door sia una canzone dei Gun’s n’ Roses coverizzata da
Dylan, va qualche volta ai concerti di Bob perchè è “fico” esserci, non si
sa mai, potrebbe anche capitare di cuccare.
L’idea di oggi: Potrebbe Bob Dylan fare da ponte fra l’ amaro divario
politico tra L’America della "classe dirigente" e quella “Rurale” di
individualisti avversi al governo? Forse, dice uno scrittore.
Pochi hanno risuonato con conservatori quest'anno il più saggio di Angelo M.
Codevilla s ', "America's classe dirigente - ed i pericoli della
Rivoluzione", pubblicato questa estate nello spettatore americano e appena
pubblicato in forma di libro. Si dice che l'America è divisa tra una élite,
le imprese che dipendono dal governo "classe dirigente" - repubblicani e
democratici simili - e una maggioranza "classe paese": famiglie, e le
istituzioni non dipendente dai sussidi e privilegi.
Ora, in Pajamas Media, Brendan Bernhard applica la dicotomia di Codevilla a
Bob Dylan, ma tutti sostengono il suo ruolo di trovatore dell’America per la
classe rurale:
Nei giornali del Mainstream, l'immagine di Dylan è ancora rigidamente
ancorata agli sconvolgimenti sociali degli anni 1960, anche se lui stesso ha
fatto di tutto per liberarsi di quelle catene quando aveva solo 26. Per
essere precisi, si è allontanato sempre più dalla sinistra, dalla politica
anti-americana della sua generazione, quando, nel 1967, si trasferì in una
casa nel nord dello stato di New York per registrare i"Basement Tapes"
inzuppati di Americana sound, con la band. Poco dopo, mentre il libero amore
degenerava nell'amore con sostanze psichedeliche che crearono molti
disordini scoppiando in un milione di cervelli, lui si sposò, mise su
famiglia, e scrisse le canzoni più belle, alcune delle quali avevano idee
rivoluzionarie, anche se "Dear Landlord" avrà sicuramente sempre un posto
nei cuori degli abitanti delle città ', ossessionati dalla necissità di
avere un “padrone” per gli affitti.
Così, mentre Dylan non può essere conservatore nel senso convenzionale della
parola - è sui generis, se qualcuno lo è - lui non è certo un membro della
"classe dirigente", come scritto da Codevilla, anche se amcora molti
guardano a lui con un misto di meraviglia e di stupore.
Ma data la sua ambiguità e l'ammirazione che suscita, Mr. Dylan potrebbe
essere un "ponte sopra le acque sempre più agitate" che dividono la classe
dirigente da quella operaia, ha detto il Sig. Bernhard - un operatore di
pace nelle guerre di cultura. "Solo, non aspettatevi che lui lo ammetta"
aggiunge, "o per qualsiasi altra cosa o per questo." [Pajamas Media]
Ciao Tamburain
rispondo molto volentieri al tuo invito. Ecco le mie considerazioni al
riguardo.
Alla prossima, Stefano C.
Be’ non credo che Dylan volontariamente o involontariamente stia cercando o
abbia cercato di distruggere il proprio mito. Quel che è certo è che negli
anni 60 si è trovato a gestire un affare più grande e al di sopra di ogni
portata.
Essere considerato una sorta di Gesù Cristo e cioè di colui che aveva in
tasca delle verità pronte e assolute per il mondo è qualche cosa che fa
uscire di testa qualsiasi persona.
Buon per Dylan che è caduto dalla moto. Vera o non vera la faccenda l’ha
protetto da una ascesa mitica che poteva superare i Beatles stessi. Qualcuno
disse che Dylan era più grande dei Beatles perchè lui era uno solo mentre i
Beatles erano in 4 assieme, e io di questo ne sono convinto.
Come si fa a dire a tavolino ora faccio Selfportrait cosi taglio con il
passato? Secondo me Dylan suonò ciò che in quel momento sentiva di suonare o
aveva voglia di suonare. Penso che magari era incuriosito da un tipo di
sound e lo provò, cercando con la sua abilità di musicista di fare proprie
certe sonorità.
Mi viene in mente il periodo religioso, quando si mise a suonare il gospel.
Anche lì ci fu una causa che lo portò verso quel tipo di musica.
Ad esempio si sà con certezza che Dylan si ritirò in campagna a Woodstock
perchè si era stufato di tutto, del troppo clamore, del troppo successo. C’è
da ricordare che Dylan arrivò al successo in modo inaspettato. Questa fu la
causa che lo portò appunto a Selfportrait. Fino a quando la calma musicale
finì o fino a quando sentì bruciare dentro la musica e rimettersi in strada.
Così penso anche per altri dischi tipo Desire, Street Legal o Empire
Burlesque, penso che non ci sia una pianificazione del o per il mito, ma una
causa umana e viscerale.
Non lo vedo come un programmatore di scelte musicali, magari di affari si.
Anche l’uscita a breve dei Withmark Demos secondo me non è una sua scelta.
Non credo che Dylan si alzi al mattino e chiami gli addetti della Sony e
dica “…Ehi Jeff che ne dici se facciamo uscire un pò di cose dei primi
anni?”.
La vedo più come un qualche cosa dettata dall’alto dalla Sony-Columbia dove
un Dylan sonnecchiante in un pullman durante una notte dopo un concerto
senza pensarci molto sopra, prende e firma.
La stessa cosa la vedo per la faccenda di Youtube. Non sono d’accordo su
quanto è stato fatto, ma siamo sicuri che sia stato Dylan l’artefice di
tutto?
Non si può decifrare quello che fa Dylan all’ombra, quando nemmeno lui
stesso, magari durante un intervista, a delle domande perchè hai fatto
uscire questo o quello, ti risponde sempre su un altro piano. E poi non c’è
mai nessun giornalista che gli fa questo tipo di domande in modo diretto.
Ci vorrebbe qualcuno che all’uscita dei WD ad esempio gli chiedsse “ Perchè
ora e non 30 anni fa?”.
Quello che mi sarebbe piaciuto , invece che la scelta dei WD, sarebbe stato
avere un ricordo in video del Tour appena trascorso.
Perchè secondo me questo era un Tour da far uscire in DVD, per la qualità
musicale che ha offerto e anche per Dylan stesso.
Un bel dvd come li fa’ uscire The Boss.
Se lo avesse ripreso e fatto uscire che diremmo ora? Ha agito per calcolo,
per ingrandire il suo mito o per soldi o chissà cos’altro.
Qualcuno della Sony ha mai detto a Dylan “Ehi Bob che ne dici se riprendiamo
questo Tour del 2010 e ci facciamo un bel dvd, magari doppio”.
Qualcuno sà per caso la risposta vera? Sempre che ci sia stata la domanda.
Non sò, queste sono delle mie considerazioni, in realtà chi lo sà cosa giri
nella mente di Dylan.
Un'altra cosa. Ho letto di Dylan vestito così e cosà in scena. Bè, secondo
me Dylan in scena si è sempre vestito alla Dylan. Inoltre da come si veste
in scena, dalle foto si riesce anche a capire il periodo storico di un tour.
Grosso modo pero!!:-))
Ciao Mr. Tambourine,
Mi chiamo Max e sono un musicista dilettante, suono il basso in un gruppo
rock-blues di amici, vorrei sapere, a tuo parere, chi consideri il miglior
bassista, diciamo da quando il basso elettrico è diventato strumento di uso
indispensabile in un gruppo musicale, parlo dell’era post jazz, cioà blues e
rock con tutte le varianti del caso.
Sono anche un fan di Bob anche se la domanda non ha niente a che fare con
lui.
Grazie e ciao,
Max
Caro Max , la mia risposta potrebbe sembrarti anche
un pò datata (visto la mia età che è ormai entrata in "the fourth part of the
day" come ha detto Dylan nella bellissima “I feel a change comin’ on”), ma
hai chiesto il mio giudizio e te lo scrivo volentieri, sempre tenendo
presente che è solo il mio parere e non la verità. Senz’altro il bassista
più raffinato in senso armonico-ritmico per la bellezza delle sue legature
ed i suoi passaggi di raccordo, che molte volte si adattavano in modo
stupefacente alla linea vocale facendole diventare un tuttuno è stato Paul
McCartney a cominciare da “Revolver”. Detto questo però, lo strumentista che
più mi esaltò per i suoi giri e per il suo gusto ritmico fu senz’altro Andy
Fraser, il bassista dei Free, che furono uno dei gruppi rock-blues più bravi
e graditi nel decennio 60/70.
Per farti capire meglio ho inserito sotto alcuni video per illustrare, oltre
le
parole il lavoro di questo straordinario bassista.
Mr.Tambourine