Ciao Mr. T.,
nemmeno a me ha entusiasmato questo "inedito" dalla colonna sonora del
film Pat Garrett & Billy the Kid.
Rispondo a Carla, in merito alla tracklist, sono tutti brani scritti in
quel periodo e documentati (ma potrei sbagliare) in parte sul bootleg
"Pecos' Blues" che contiene le sessions della colonna sonora.
Oltre a questo, la maggior parte dei brani è confluita in Planet Waves
tranne Nobody cept you, che si trova sulla Bootleg Series volume 1-3. I
due "inediti" sono invece Goodbye Holly e Rock me Mama, che onestamente
non conoscevo come titoli.
Dario Twist
Allora la prossima volta posto la storia di
Rock Me Mama, ciao, Mr.Tambourine, :o)
Salve Mister,
interessante e nuova la lista delle canzoni scartate dal film "Pat
Garrett e Billy the kid"; "Goodbye Holly" non mi ha entusiasmato - mai
sentita prima della tuo post sul sito - ma certo, tra le canzoni
segnalate come "perle scartate" dalla colonna sonora del film, mi sento
di dire che sono bellissime quelle confluite in "Planet Waves" cioè "On
a night like this", "Going going gone" e "Dirge"; le altre dell'elenco
non mi pare di conoscerle, ma dovrei "spulciare" gli altri album per
rintracciarle. Quelle che ho riconosciuto subito sono in un album che
amo particolarmente e che riascolto spesso. Colgo questa occasione per
spezzare una lancia a favore di Patty Smith a Stoccolma. L'hai trattata
troppo male! Invece di sottolineare il primato assoluto della figura di
m... in mondo-visione, perchè non sottolineare il primato BUONO DELLA
PRIMA ROCKSTAR DONNA A STOCCOLMA? E per fortuna la grande Patti si è
presentata ai Reali e agli Accademici di Svezia vestita da Patti Smith e
non travestita da principessa! Intanto lei ha avuto il coraggio di
"metterci la faccia" al posto di Bob, e di sottolineare l'emozione sua e
di un'intera generazione con un pianto terribilmente femminile che ha
letteralmente "sgelato i pinguini svedesi". Scusa se, per una volta, non
sono in piena sintonia con le tue opinioni! Lunga vita! Carla.
Ciao Carla, rispetto la tua opinione
sull'argomento Patti Smith, ma ti prego di scusami se rimango della mia
idea. Il palco è una cosa seria, molto seria, quando un artista sale sul
palco si mette automaticamente nella condizione di essere giudicato da
chi lo sta ad ascoltare in platea, quindi se fai uno svarione del
genere, pur con la scusante della commozione, il giudizio è uno solo.
Poi scusa, essere vestita da Patti Smith e non da principessa non è una
nota di merito, o sbaglio? Credo che moltissimi artisti avrebbero voluto
"metterci la faccia" in diretta mondo-visione al suo posto, invece
Patti, pur avendo la fortuna di essere stata scelta per quell'onorevole
compito non è stata all'altezza. Mi spiace ma così sono andate le cose.
Con questo continuo a stimare anch'io Patti Smith per tutto quello che
ha fatto, e lo stesso per Bob Dylan anche se non si è presentato a
Stoccolma ad accettare il Premio di persona ma lo ha fatto di nascosto
da tutti sei mesi dopo, e questo non lo trovo giusto. E che mai di così
importante ha un artista da fare per non presentarsi ad accettare il
Premio Nobel? Non risulta fosse ricoverato in ospedale......ed anche
questa, a mio avviso, è stata una figura che sarebbe stato meglio
evitare. Ma giustamente ognuno ha il diritto di avere le proprie
opinioni ed i propri punti di vista, così son contento di rispettare i
tuoi anche se non li condivido al 100%, è solo una divergenza di
opinioni e basta, cosa che ci permette di continuare a stimarci ed
essere amici. Alla prossima, Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Imparando l’inglese ascoltando Bob
Dylan
clicca qui
(Nota di
Mr.Tambourine: L'autore dell'articolo Mauro Pecchenino scrive
testualmente: "Di
recente eravamo in platea al Beacon Theatre, sulla Broadway, durante un
concerto del vecchio Bob, ricco di gloria e di Premio Nobel, in pratica
un monumento vivente. In testa un cappellaccio, barba incolta,
espressione tra l’annoiato e l’incazzato, arriva sul palco e parte con
un pezzo non dei più noti. Poi attacca Hurricane, Blowin’ in the wind, e
Like a rolling stone e ancora una volta scatta l’esame di Inglese".
Io credo che l'autore dovrebbe gentilmente aggiungere la data e l'anno
nei quali era al Beacon Thatre di NYC dove avrebbe sentito Bob cantare
Hurricane. Sul sito di Dylan è riportato che Bob ha cantato in pubblico
Hurricane 33 volte, la prima volta il 30 Ottobre 1975 a Plymouth, MA, al
War Memorial Auditoriume e l'ultima il 25 Gennaio 1976 a Houston, TX ,
allo Houston Astrodrome, per controllare cliccate sul link sotto:
Goodbye Holly, Holly Goodbye
you're wife's a-gonna miss you
you're baby's gonna cry
Goodbye Holly, Holly so long
all your good time have passed now and gone Addio Holly, Holly addio
Tua moglie sentirà la tua mancanza,
il tuo bambino piangerà
Addio Holly, Holly arrivederci
Tutti i tuoi momenti felici son passati ora ed andati
Pat Garret he shot you with a Colt 44
he dropped you across the table
now you're gone forever more Pat Garrett ti ha sparato con una Colt 44
Ti ha steso sul tavolo,
ora sei andato per sempre
Goodbye Holly, Holly Goodbye
you're wife's a-gonna miss you
you're baby's gonna cry
Goodbye Holly, Holly so long
all your good time have passed now and gone
Goodbye Holly, Holly Goodbye Addio Holly, Holly addio
Tua moglie sentirà la tua mancanza,
il tuo bambino piangerà
Addio Holly, Holly arrivederci
Tutti i tuoi momenti felici ormai son passati ora ed andati
Addio Holly, Holly addio
Nel 2010 il Daily Telegraph di Londra, pubblicò l'articolo dal titolo"Le
gemme che Bob Dylan ha scartato". “Goodbye Holly”in una lista di 25
brani, era elencata al numero 9.
Il giudizio, dopo averla ascoltata, è soggettivo e non saprei dire se la
canzone, o meglio, quella che sembra essere un abbozzo di canzone,
meriti il 9°posto, o addirittura se meriti di entrare nell’elenco dei
"brani migliori mai ascoltati", ma siccome la lista comprende un numero
di canzoni che nessuno di noi ha mai sentito, penso che dobbiamo
prendere questo abbozzo con un pò di fantasia e pensare se, una volta
completata, avrebbe potuto diventare una buona canzone.
Quello che posso dire è che "Goodbye Holly" mi sembra scopiazzata da
“Only a Hobo” ma senza lo spessore di quella canzone, e comunque, in
queste condizioni, non potrebbe far parte dell’elenco delle "20 Sometimes
Forgotten Dylan Masters" che si possono ancora trovare online. Ma poi
ognuno di noi ha i suoi giudizi personali.
Questa canzone faceva parte di un'intera serie di songs che Bob scrisse
per il film “Pat Garrett & Billy The Kid” e doveva essere usata, in
versione allungata e con i nomi cambiati ogni strofa per piangere la
morte di ogni membro della banda, ma come molte altre canzoni fu messa
da parte una volta che Bob aveva composto “Knoockin’ on heavens door”, e
poi perchè sarebbe diventata un pezzo lunghissimo.
Le sessioni di registrazione delle canzoni per il film cominciarono il
20 gennaio a Città del Messico con Billy 7, registrato (insieme a molte
altre riprese di "Billy". In quella stessa sessione sono state
registrate anche "Under Turkey", "Billy Surrenders", “And He’s Killed Me
Too”, "Goodbye Holly" e "Pecos Blues".
Il resto delle canzoni per il film furono registrate a febbraio, e
questo segnò il ritorno ad una attività produttiva di alto livello.
Ecco la lista delle canzoni tratte dal 1973 come le abbiamo elencate
nell'indice Dylan Songs of the 70s.
1. Goodbye Holly (non usata per il film)
2. Rock me Mama (non usata per il film)
3. Knocking on heaven’s door
4. Never say goodbye (non usata per il film)
5. Nobody cept you (non usata per il film)
6. Going going gone (non usata per il film)
7. Hazel (non usata per il film)
8. Something there is about you (non usata per il film)
9. You Angel You (non usata per il film)
10. On a night like this (non usata per il film)
11. Tough Mama (non usata per il film)
12. Dirge (non usata per il film)
13. Wedding Song (non usata per il film)
Molte delle canzoni scartate per il film
verranno usate negli album successivi.
Caro Tamburino e Farm,
ho un biglietto in più per il concerto di Dylan a Mantova del giorno
8/4.
Si tratta di un posto nel blocco B, quarta fila, posto n. 37.
e qualcuno è interessato, chieda pure la mia mail a Mr. Tambourine e mi
scriva.
Grazie, Gianluca coocoo bird.
Ciao Gianluca, ho
postato il tuo avviso anche in "Vetrina". Live long and prosper,
Mr.Tambourine, :o)
"Eric Clapton: life in 12 bars", al
cinema la vita di Slowhand
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"Eric Clapton: life in 12 bars",
viaggio nella vita di "The man of blues"
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"Eric Clapton: life in 12 bars", la
recensione
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Sabato 24
Febbraio 2018
Ciao
Titti!
Oggi te ne sei andato, mi hai lasciato per sempre.
Fisso quel tuo volto sereno che a breve verrà coperto e non vedro più.
Fra i tanti amici tu sei stato l’”amico”, leale, vero, il fratello che
mio padre non potè darmi. Oggi ti ho perso per sempre, ma non è finita
qui, quando anch’io chiuderò gli occhi verrò a cercarti in tutti gli
angoli del paradiso, e quando ti avrò trovato ricominceremo a
chiacchierare, ridere, divertirci, come se niente fosse successo. Chissà
se in Paradiso ci sarà qualche buon bar dove andare bere un prosecchino
prima del calar delle tenebre. E se non c’è chiederemo al Falegname di
costruircene uno, vedrai che ce lo farà.
Venerdì 23
Febbraio 2018
Talkin'
10388 - lucaborrelli68
Ottimo Mr.tambourine !!
Missione compiuta grazie ad Alessandro e a te biglietto recuperato E
anche questa volta si va a vedere Dylan. Grazie, ciao, un abbraccio,
Luca.
Ciao Mr.Tambourine,
ho letto il tuo post di questa mattina - La piu' grande figura di merda
della storia della musica - e mi e' piaciuto. Complimenti. Mi è piaciuta
soprattutto la parte finale "l'operazione nobel" che condivido come
tutto l'intero tuo post. L'unico dubbio che ho quando dici - il regista
di Dylan - chi e'?
L'ufficio stampa di Dylan (chissà se ce l'ha),la Sony Legacy la sua casa
discografica o e' stato Dylan stesso artefice di tutto?
Un saluto, Stefano Catena.
Ciao Stefano,
grazie per le tue parole, è bello quando qualcuno apprezza e condivide
quello che scrivi e pensi. Purtroppo chi è stato il regista
dell'operazione Nobel per Dylan non lo sapremo mai, potremmo tentare di
chiamare in causa Jeff Rosen, manager di Bob Dylan e direttore generale
delle sue edizioni musicali attraverso la Special Rider Music, ma questa
è solo una supposizione perchè chissà quante altre persone hanno
lavorato o lavorano a chiamata per Bob Dylan. La cosa certa che è stata
un'operazione grandiosa, condotta con la sfacciataggine di chi si può
permettere qualunque cosa, anche di non dire una parola o non permettere
a nessuno di fargli una fotografia. Anche questa la ritengo una cosa
senza un grande senso logico, ma forse si è giunti a questo dopo le
centinaia di migliaia di videoclip scadentissimi postati dai fans su
Youtube, e allora l'artista passa dalla parte della ragione anche se la
cosa risulta antipatica. Purtroppo oggi i telefoni cellulari e le foto o
videocamere sono aggeggi infernali e un artista deve in qualche modo
proteggersi. Certo Dylan potrebbe usare gli schermi giganti per favorire
il pubblico come fanno la maggior parte dei grandi artisti, ma lui non è
"la maggior parte dei grandi artisti", lui è l'Artista totale, uno che
si può permettere di pubblicare cinque dischi di infelici cover di
Sinatra, e chi altri mai avrebbe potuto fare una cosa simile? L'idea di
rendersi introvabile dopo l'annuncio del Nobel potrebbe anche essere
stata sua, in fondo non è un cretino, altrimenti il Nobel non l'avrebbe
mai meritato! Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Mercoledì
21
Febbraio 2018
Talkin'
10386 - walking_antique
Ciao Tambourine,
puoi togliere dalla vetrina il mio annuncio, i tre biglietti per Milano
sono andati venduti.
Grazie, Alessandro.
Fatto! Son contento
che la Fattoria abbia potuto aiutare un vero Maggiesfarmer come te ed
altri tre che han potuto avere i biglietti essendo Milano sold-out da
tempo. Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
La più grande figura di merda della
storia della musica
Patti Smith sembrava un dinosauro in un negozio di cristalleria, è
davvero era difficile pensare che Dylan si vestisse, “pinguino fra i
pinguini”, mischiandosi alla nobiltà Reale ed Accademica di Stoccolma.
Il premio Nobel 2016 era iniziato ad Oslo con il conferimento
dell’ambito Nobel per la pace al presidente derlla Bolivia Juan Manuel
Santos, seguita poi dal resto delle premiazioni nella capitale svedese,
così la gloriosa giornata del Nobel è diventata la gloriosa giornata del
Grande Assente. Quasi si trattasse di un premio assegnato ad un
contumace, ad amplificare non tanto il motivo dell’assenza («impegni
pregressi») conseguenza della decisione del poeta laureato del rock n’
roll di non essere presente, quanto lo scompiglio generato nell’antico
mondo tradizionalista della letteratura con la decisione di premiarlo al
posto di «un vero poeta o di un vero scrittore», uno le cui parole siano
scritte in un libro serio e non in una «canzonetta» che si esaurisce in
tre minuti, per quanto possa essere considerata un’opera d'arte e per
quanto possa essere stata condivisa da milioni di persone in tutto il
pianeta.
Così al posto del “pinguino” Bob a Stoccolma si è presentata una
sostituta, una vecchia e spellacchiata leonessa del rock senza più
denti, senza artigli e senza memoria, una leonessa che si mette a
piangere nella sterminata savana del mondo perchè non si ricorda più
come si fa ad afferrare la preda. Che figura per cotanta artista,che si
è fermata, si è messa a piangere nascondendo il viso con le mani e poi
chiedere scusa di non aver ricordato bene le parole, e chiedere il
permesso per ricominciare dall'inizio il capolavoro di Bob «A hard
rain's a-gonna fall». Immagino l’incazzatura di Bob nell’assistere ad
una scena così pietosa!
E che caspita, bastava un fogliettino 10X7 fissato con un pezzetto di
scotch al leggio per evitare una figura di merda in mondovisione!
Possibile che nessuno in campo musicale, e quelle esibizioni non le
organizzano quelli dell’oratorio del mio paese, abbia pensato di
prevenire una cazzata del genere piazzando un monitor con le parole come
quelli del Karaoche o al limite il classico foglietto con le parole? Io
credo non esistano scuse per un errore così dilettantisctico, fatto poi
da un monumento del rock diviene ancor più straziante.
Horace Engdahl, membro permanente dell’accademia svedese di Stoccolma,
ha detto per presentare il Nobel al fantasma di Bob: «Bob Dylan è stato
uno shock. Il pubblico che si aspettava canzoni folk si è trovato
davanti un giovanotto con la chitarra che fondeva il linguaggio della
strada e della Bibbia in un nuovo elemento che avrebbe fatto sembrare la
fine del mondo un replay superfluo. All'improvviso tutta la poesia del
mondo è sembrata anemica, mentre le parole delle canzoni che i suoi
colleghi continuavano a scrivere sembravano come la vecchia polvere da
sparo dopo l'invenzione della dinamite» (che, per inciso, fu opera di
Alfred Nobel).
Ha continuato poi «La gente aveva smesso di paragonare Dylan a Woody
Guthrie e Hank Williams evocando invece Blake, Rimbaud, Whitman,
Shakespeare. Aver riconosciuto la rivoluzione attribuendo a
Dylanimmaginare di collegare le canzoni-poesie di Dylan con l'antica
poesia greca della quale però non abbiamo mai conosciuto la musica che
di sicuro c’era.. E poi di azzardare questa definizione: «È come
l'Oracolo di Delfi che legge il tg della sera».
“L’operazione Nobel” è stata gestita con una strategia da esempio per
CIA, FBI, KGB, MOSSAD, STASI e compagnia bella. Tutti sapevano che Bob
doveva essere in sala di registrazione a preparare l’inutile e noioso
“Triplicate”, quindi non avrebbe avuto nessuna difficoltà ad
interrompere le registrazioni per un paio di giorni e presentarsi a
ritirare il premio, ma non ci sarebbe stata tensione, i giornali ne
avrebbero parlato per tre o quattro giorni e poi basta. Invece il
regista di Bob Dylan è stato capace di tenere accesi i fari sulla
questione per sei mesi.
Poi con uno scolastico discorsetto tenuto in un albergo segreto il
Nostro ha incassato il quasi milione di dollari del premio e alla
leonessa del rock è rimasta la più grande figura di merda della storia
della musica. Come diceva Arbore “Meditate gente, meditate”, e se Patti
ci avesse pensato un pò prima avrebbe evitato la sua Waterloo.
Mr. Tambourine.
Martedì 20
Febbraio 2018
Talkin'
10385 - maurizio.longo1969
Ciao,
vendo biglietto per Mantova come da foto che allego.
Prezzo pagato, contattatemi su
maurizio.longo1969@gmail.com
Maurizio
l'idea dell'incontro tra amici della
Fattoria intorno al desco è simpatica; io, per adesso, mantengo
l'assetto da eremita e aspetto il mio primo concerto di Dylan e poi...
si vedrà. Con amicizia. Alla prossima e lunga vita! Carla.
Bene Carla, se
deciderai di partecipare sarai ben accetta! Live long and prosper,
Mr.Tambourine, :o)
Ciao Mr. Tambourine,
leggo di un possibile incontro davanti a una tavola imbandita e sento
che mi piacerebbe esserci. A parte che in qualche occasione ai concerti
del Nostro, è dai tempi di Hamster e Duck che non partecipo a una
reunion della Farm. Partecipare alle discussioni su Bob su Facebook è
una cosa. Parlarne dal vivo un'altra. Suppongo che sia un po' come la
differenza tra sentirlo su disco e sentirlo dal vivo.
Saluti, Alexan Wolf.
Benvenuto a bordo
Alex, spero che nei giorni futuri si aggiungano anche altri amici. Posso
anticipare a tutti che l'allegra brigata dylaniana siederà davanti ad
una bella tavola imbandita in quel di Brescia, quindi coloro che abitano
nel nord non avranno nessuna difficoltà a raggiungere "La leonessa". Più
avanti, quando sarà definito il numero dei partecipanti e quando il
tempo sarà più propizio, suggerirei fine primavera / inizio estate, vi
fornirò particolari più precisi. Live long and prosper, Mr.Tambourine
Per il momento i
probabili partecipanti al simposio dylaniano sono:
Sir Eglamore, ospite
premuroso e promotore del simposio che si svolgerà a casa sua o in luogo
adatto di sua scelta
Giuseppe Enrico Bianchi (gebianchi)
Dario Twist of fate (calabriaminimum)
Alexan Alexian (naxela56)
Mr.Tambourine (spettral@alice.it)
Spero che
qualcun'altro si voglia unire a questa dilettevole compagnia!
Quando i Pink Floyd non passarono più
a prendere Syd Barrett
26 gennaio 1968: La storia del giorno in cui Roger Waters, David
Gilmour, Richard Wright e Nick Mason smisero di andare a prendere Syd
prima dei concerti
Nel 1967 la fama dei Pink Floyd era in costante ascesa. Il gruppo aveva
pubblicato alcuni singoli che in pochi mesi scalarono le classifiche
come “Arnold Lane” e “See Emily Play”. Ma nonostante questi successi e
la grande accoglienza ricevuta col disco di debutto “The Piper at the
Gates of Dawn”, i rapporti all’interno della band non andavano
idillicamente. Syd Barrett, la mente geniale e lucente e ispirazione
delle prime canzoni della band, era diventato una persona
incontrollabile ed inaffidabile, e le sue esibizioni dal vivo erano
diventate un grandissimno punto di domanda. Chitarre scordate, canzoni
suonate in tonalità diversa rispetto al resto della band, e improvvisi
“blackout” dell’artista rendevano impossibile continuare.
Per aiutare la band a proseguire sulla giusta strada venne chiamato alla
chitarra David Gilmour, vecchio amico Barrett, dando vita ad una
formazione a cinque elementi: Barrett, Waters, Wright, Mason e Gilmour.
Un vero sogno, visto dal nostro punto di vista, ma che ad un certo punto
portò ad un’inevitabile rottura.
Gilmour era bravissimo, la band si amalgamò istantaneamente con il suo
stile dolce, preciso e profondo.
Brain Damage era inizialmente intitolata Lunatic e nel disco “The Dark
Side Of The Moon” viene cantata da Roger Waters. La canzone trae spunto
dall'instabilità mentale di Syd Barrett, a cui si riferisce il verso
"And if the band you're in starts playing different tunes" (Syd venne
infatti allontanato dal gruppo proprio perchè in concerto cominciava a
suonare tonalità diverse dal resto della band).
Il 26 gennaio 1968 nacquero i Pink Floyd per come li conosciamo oggi (o
almeno fino al 1983): durante il solito passaggio in macchina per
recuperare tutti i membri della band in occasione del concerto
all'Università di Southampton, un membro dei Floyd fece una telefonata
all’autista comunicando semplicemente di non passare a prendere Syd.
Gilmour in un'intervista rilasciata nel 1995 a Guitar World dichiarò:
"Una persona in macchina ha detto: "Andiamo a prendere Syd?" e un'altra
persona ha detto: "Non disturbiamoci". Tuttavia, hanno omesso di dire a
Syd che i suoi servizi non erano più necessari all’interno della band da
lui creata. Richard Wright, che con Barrett condivideva l’appartamento,
quel giorno del gennaio 1968 dovette mentire a Syd come dichiarato nel
documentario “A Very Irregular Head”: “Ho dovuto dire cose come "Syd,
vado a prendere un pacchetto di sigarette e poi esco". Ma alla fine ha
capito perfettamente cosa stava succedendo.
Inizialmente venne proposto a Barrett di rimanere a casa e assumere il
ruolo che Brian Wilson aveva fatto con i Beach Boys, concentrandosi
sulla scrittura di canzoni e sulle registrazioni. Ma questa idea non
venne neanche lontanamente presa in considerazione e non è ancora chiaro
quanto lunga, e quanto imbarazzante, sia stata la rottura definitiva dei
legami.
I Pink Floyd annunciarono ufficialmente che Barrett aveva lasciato la
band solo il 6 aprile 1968.
Il 6 gennaio del 1975, giorno del suo compleanno, si presentò
inaspettatamente agli Abbey Road Studios e non venne riconosciuto da
nessuno. Solo ore dopo i Floyd capirono.
Il 6 gennaio del 1975, I Pink Floyd cavalcando ancora sull’onda del
successo di Dark Side of the Moon, tornarono negli studi di Abbey Road
per iniziare a lavorare sul loro follow-up, Wish You Were Here. era un
“Syd barrettconcept album” che ha toccato temi come assenza, la
corruzione all’interno della musica, e il collasso mentale - farmaco
indotto dai troppi LSD - del loro fondatore e leader originale, Roger
Keith Barrett, meglio noto al mondo in generale come “Syd”. La canzone
di nove parti che inizia e finisce l’album, “Shine On, You Crazy
Diamond,” era stata scritta specificamente come un omaggio a Syd. Per
coincidenza, il giorno che sono cominciate le registrazioni era anche il
29° compleanno di Syd.
Verso la fine della giornata, la parte vocale di “Shine On” era ancora
in fase di completamento, la band aveva notato un uomo robusto con la
testa e le sopracciglia rasate che aveva vagato tutto il tempo per lo
studio, il suo stato mentale poi descritto dal batterista Nick Mason era
come ” saltuario e non del tutto ragionevole. ”
Roger Waters era lì, seduto alla consolle, e ho visto questo ragazzo
seduto dietro di lui, enorme, calvo, ciccione “, ha ricordato il
tastierista Richard Wright in un’intervista 1984. “Ho pensato, "Sembra
un po’. . . strano. . ." In ogni caso, mi sono seduto con Roger al banco
di regia e abbiamo lavorato per una decina di minuti, e questo ragazzo
ha continuato a alzarsi e lavarsi i denti e poi si sedeva a fare le cose
veramente strane, ma in silenzio.
E ho detto a Roger, ‘Chi è?’ E Roger ha detto "Non lo so", "Bene, ho
pensato che era un so amico" e mi ha detto "No, non lo so chi è". In
ogni caso, mi ci è voluto molto tempo ma improvvisamente ho capito che
era Syd. Quando gli altri si sono resi conto che l’uomo strano era
effettivamente il loro ex capo, ormai l’ombra di se stesso, erano
inorriditi. Waters si è anche ridotto alle lacrime. Syd timidamente ha
detto alla band che era felice di prestare i suoi servizi se volevano ma
era chiaro a tutti i presenti che non era in condizione di intendere e
volere.
Quindi i ragazzi gli chiesero del pezzo che avevano appena finito di
ascoltare e cosa ne pensasse e Syd rispose “ Mi sembra un po’ vecchia” e
uscì senza dire niente così com era entrato. Dopo quella sessione,
nessuno dei membri dei Pink Floyd l’avrebbe più rivisto. Si sarebbe
ritirato definitivamente nella sua città natale di Cambridge, in
Inghilterra, dove morì nel 2006 per complicazioni da diabete a 60 anni.
Venerdì 16
Febbraio 2018
Talkin'
10382 -
gebianchi
Se v'è posto al nobil desco/ pur con
animo farsesco/ tra salumi e tortelloni/ chioserei le mie ragioni.
Se sfidando poi Eglamore/ si farà ancor più clamor/ che cantando lo
stornello/ sorseggiando buon vinello
pace sia tra i commensali/ che non più da aspri rivali/ tra arrostini e
libagioni/ diverran grandi amiconi....
Saluti a tutti, e.... se le distanze geografiche lo consentiranno....io
arrivo dalle brumose e desolate terre Milanesi....o dai "deandreiani"
angiporti Genovesi (ho il dono dell'ubiquità).
Giuseppe Enrico Bianchi
Presa nota della sua
volontà di partecipare dear Mr. G.E. Whites, restiamo in attesa di news
da parte di Eglamore in merito. Live long and prosper, Mr.Tambourine,
:o)
Sister Rosetta Tharpe, la
religiosa che inventò il rock’n’roll
"Sister Rosetta Tharpe era tutto tranne che ordinaria
e insignificante. Era una grande, bella donna, e divina, per non dire
sublime e splendida. Era una potente forza della natura" - Bob Dylan
Rosetta Nubin, natain una piantagione di cotone dell'Arkansas a Cotton
Plant, uno scassato paesino lungo il Mississippi, cominciò da piccola, a
6 anni, a girare per le chiese d’America con la madre che era pastore
evangelico per la Church of God in Christ (COGIC). Da New Orleans a
Chicago, fino al famosissimo Cotton Club di Harlem, la sua voce e la sua
chitarra crearono ritmi nuovi. Ispirò Elvis e Dylan e tutti i musicisti
rock degli anni 50, 60 e 70, ma al suo funerale, nel 1973, non c’era
quasi nessuno.
Se sei nata nel 1915, in un paesino
che si chiama Cotton Plant, è quasi certo che i tuoi genitori
raccoglievano cotone, che erano ferventi cristiani e che in casa non c'edra mai un un soldo per poter fare qualcosa di diverso che
mangiare (a volte si saltava anche quello) e lavorare. Invece non è
normale dire addio a tutto a sei anni e partire per un lungo viaggio nel
quale farai nascere il rock’n’roll.
Questo è ciò che successe alla piccola Rosetta Rubin la notte nella
quale sua madre Katie decise di lasciare il tirannico marito e diventare
un pastore evangelico itinerante portandosi dietro sua figlia, suonando
il mandolino per le strade popolate da poveracci come lei, cercando di
convertire i passanti, accompagnata dalla piccola Rosetta che era già la
“piccola meraviglia che canta e suona la chitarra». Così Rosetta conosce
ed impara il blues del Delta e il jazz di New Orleans, infine le due si
stabiliscono a Chicago dove la piccola comincia a cantare in piedi su un
pianoforte perché i clienti del locale la possano vedere.
A dieci anni è già una discreta polistrumentista e a diciannove, su
consiglio della mamma, sposa un predicatore. L’idea era questa: la
musica di Rosetta attira le persone in chiesa ed il marito le converte
dal pulpito con i suoi sermoni. Ma il predicatore è un violento e la
sfrutta per arricchirsi invece che per la chiesa, così Rosetta e la
mamma scappano a New York, dove il suo talento viene subito intuito e
Sister Rosetta Tharpe (continuerà sempre a chiamarsi col cognome del
marito mutato da Thorpe a Tharpe per un errore di trascrizione) si
ritrova a cantare nei night più conosciuti, il Cotton Club, il Café
Society (quello sopra il quale abitava la famiglia Rotolo), luoghi certamente
diversissimi dalle chiese nelle quali era cresciuta, locali con clienti
poco timorati di Dio e ragazze poco vestite per attirare gli stessi. Ma
Rosetta non ha tempo di capire cosa sta succedendo perché il successo le
arriva addosso come una valanga. Nel 1938 la Decca pubblica i suoi primi
dischi, brani indefinibili musicalmente come “This Train” e “Rock Me”,
canzoni per Cristo sostenuti però da un ritmo aggressivo mai sentito
prima che sorprende anche chi non ha la minima inclinazione spirituale.
Questo scandalizzerà la comunità dei fedeli che non vorranno più che
Sorella Rosetta canti e suoni nella casa di Dio.
Nel 1944 viene pubblicato “Strange Things Happen Every Day”, da molti
critici ed artisti considerato il primo disco di rock’n’roll, che scala
la Harlem Hit Parade, la speciale classifica creata per tenere separate
la musica nera da quella dei bianchi. Rosetta è ormai una stella, canta
con Duke Ellington, Cab Calloway e Benny Goodman, ma non dimentica la
sua religiosità e con tutta la passione di cui è capace alla fine riesce
a vincere le diffidenze dei fedeli potendo di nuovo esibirsi nelle
chiese: Sister Rosetta canta per il Paradiso, e non ha nessuna
importanza se il suo canto sale da un night club o da una chiesa.
Comincia a girare per gli States a bordo di un autobus di seconda mano,
scarto della “Greyhound”, col suo nome scritto sulla fiancata, un vero
prototipo dei leggendari «Tour Bus» che nei decenni a seguire vedranno
eccessi e bagordi indescrivibili. Ma a Rosetta il bus non serve per fare
porcherie, il fatto è che nell’America del dopoguerra gli alberghi non
accettavano ancora clienti di colore, quindi era giocoforza per lei ed i
suoi musicisti viaggiare e dormire sul tour-bus.
Un giorno Rosetta incontra Marie Knight, una cantante di colore con una
formidabile voce da contralto, e Rosetta comincerà ad esibirsi duettando
con lei in giro per l’America. Due donne coraggiose che formeranno una
coppia non solo artistica ma anche nella vita, decise a viaggiare e cantare per sempre. Ma
in una tragica notte del 1950 la madre di Marie e due dei suoi
figlioletti muoiono nell’incendio della loro baracca. Maria, distrutta
dal dolore, non se la sentirà più di continuare quel lavoro e Rosetta si
trova di nuovo sola a gestire un successo sempre più grande.
Negli anni Quaranta e Cinquanta è diventata una Star di prima grandezza
e tra i suoi ammiratori, fulminati dal suo modo unico per allora di
suonare la chitarra, ci sono ragazzi come Elvis Presley, Jerry Lee
Lewis, Chuck Berry, Johnny Cash, Bob Dylan e Little Richard, che
citeranno sempre Sister Rosetta tra le loro maggiori influenze.
Ma Rosetta ha in serbo un colpo da maestro, e nel 1951 annuncia il suo
matrimonio che avverrà al gigantesco Griffith Stadium di Washington
D.C., e canterà in abito nuziale. I 25 mila biglietti vanno sold out in
poche ore, e la Decca publicherà un un disco-documento dell’evento.
Ma sarà proprio l’esplosione del rock’n’roll a far iniziare il declino
di Rosetta. I ragazzi adesso vogliono copiare ed assomigliare ai giovani
cantanti emergenti, belli e maledetti che si muovono con mosse erotiche
senza falsi pudori, non vogliono più una cinquantenne di colore che
canta di non bere e non fumare e di salire sul treno diretto alla
Gloria. E quindi la sua fama va di colpo in caduta libera, così come le
serate, e Rosetta si trasferisce a Philadelphia per quella che sembra
essere la fine della sua lunga avventura on the road.
Ma non sarà così. In Inghilterra scoppia la blues-mania e i giovani
amanti inglesi del blues come Eric Clapton, Jeff Beck, Jimmy Page,
Alexis Corner e John Matall vogliono celebrarre i maestri americani del
genere e Rosetta è così richiamata a suonare in Europa per influenzare
un’altra generazione di chitarristi. Rosetta stregherà Ginger Baker,
futuro batterista dei Cream, e nel 1964 gli inglesi rimangono sbalorditi
quando, sotto una pioggia incessante, questa signora sovrappeso con un
cappottone color panna ed i capelli bianchi sale sul palco, saluta con
educazione, imbraccia una Gibson Les Paul, la stessa chitarra che sarà
compagna fissa di musicisti come Tony Iommi, il primo chitarrista dei
Jethro Tull e futuro leader dei Black Sabbath, di Angus Young,
l’adolescente indemoniato solista degli Ac/Dc e di migliaia di altri
chitarristi rock. Rosetta aggredisce la chitarra, alza le mani al cielo
e comincia a strapazzare le corde come se fosse il giorno
dell’Armageddon. E Bob Dylan dirà: «Sublime, splendida, una grande forza
della Natura… Sono sicuro che tanti ragazzi inglesi hanno preso in mano
una chitarra dopo averla vista suonare quella sera».
Ma anche per Rosetta, come per tutti, gli anni passano, sua madre Katie
muore e Rosetta è vittima della depressione. I soldi pian piano
finiscono, e il diabete costringerà i medici a tagliarle una gamba. Lei
non si arrenderà e dichiarerà: «Tornerò a suonare. Non vi dico quando,
ma tornerò».
E invece purtroppo il destino aveva per lei deciso diversamente e nel
1973 Sister Rosetta muore. Al suo funerale ci saranno solo gli amici più
stretti, e la vecchia compagna Marie Knight, che prima di chiudere la
bara volle truccarla e pettinarla da Regina come effettivamenter Rosetta
era.
La sua tomba a Philadelphia rimase a lungo senza nome perché il marito
non voleva spendere soldi per far fare una lapide. La lapide in ricordo
di Rosetta verrà eretta solo nel 2008 con i soldi frutto di un concerto
appositamente organizzato. Sopra c’è scritto «Sister Rosetta, leggenda
della musica gospel. Cantava fino a farti piangere e poi cantava fino a
farti ballare di gioia, aiutò la chiesa a rimanere viva ed i santi
gioiscono».
Nel frattempo il rock conquistava il mondo, accompagnando la ribellione
giovanile e scandalizzando i bigotti ed i benpensanti, che lo tacciano
di inneggiare alle droghe, alla violenza e al satanismo. E allora sembra
incredibile che a fargli da madrina sia stata una gentile signora di
colore che visse per cantare le lodi di Gesù. Ma come dicono le parole
di uno dei suoi successi, “Strange Things Happen Every Day” (Ogni giorno
capitano cose strane) e questa storia strana, avvincente e favolosa è
stata la vita di Sister Rosetta Tharpe.
Giovedì 15
Febbraio 2018
Talkin'
10381 -
calabriaminimum
Caro Mr. T.,
Ancora una volta Sir Eglamore ha colpito e lo ha fatto con precisione e
dovizia di particolari, insomma nel suo tipico stile.
Egregio Sir, io nemmeno ricordo l'episodio, e comunque sia la goliardia
in stile Amici miei non solo da queste parti è tollerata, ma è perfino
consigliata. Ci mancherebbe altro! Anzi io credo ne servirebbe molta di
più in questo mondo.
Personalmente accetto l'invito, per questo banchetto. Fatemi sapere con
un po' di anticipo, visto che appartengo alle truppe
cammellate del Basso impero (che tradotto sarebbe Calabria, Cosenza).
Un abbraccio a tutti! Dario Twist of fate
Va bene Dario, abile
ed arruolato per la mangiata, se riusciremo ad organizzarla ti farò
sapere in anticipo i particolari. Live long and prosper, Mr.Tambourine,
:o)
Esattamente 54 anni fa i Beatles
“cambiarono l’America”
clicca qui
Mercoledì
14
Febbraio 2018
Talkin'
10380 -
paulclayton
Oggetto: Simposio dylaniano
Anziano - ma ancora pelosissimo - Tamburino,
rispondo in ritardo perché sono più lento e pigro di De André. Gli altri
mi scuseranno, se inizio con il vile Miscio.
Miscio! Cosa ti viene in mente… ma che schifo di battuta! Su certe cose
non si scherza, mi vien da vomitare, son tradizionalista anche in quello
io! Ma piuttosto un appuntamento al buio con la Carla, l’eremita
autodidatta. Magari è anziana anche lei, ma almeno è femmina. Anche con
Lassie al limite, ma con Tamburino no! Che poi, dopo l’amore, magari ti
legge pure venticinque pagine di wikipedia sull’eros paidico.
Però a parte queste sconcezze che il vile a volte dice, devo a
malincuore riconoscere che Miscio c’ha un cervellino notevole -
facciamolo contento una volta tanto -. Al di là della preparazione, la
capacità di comprendere con precisione ciò che gli altri dicono denota
intelligenza rara e sono boccate d’aria fresca le poche occasioni in cui
ti capita di avere un interlocutore in grado di capirti. A parte qualche
inevitabile sfocatura (Hiram Hubbard è proprio bellissima, anzi sarebbe
il caso di parlarne una volta), il vile coglie nel segno su tutta la
linea e mi sembra che sul mio conto abbia le idee più chiare di quanto
le abbia io. Quando sono confuso, Miscio, posso allora chiedere a te?
Tutto vero quindi, a partire dalla storia di Eliseo che era un
vecchiaccio balordo e brontolone e pertanto fecero benissimo i ragazzi a
sbeffeggiarlo. Come del resto fece bene Dio a massacrarli se gli andava
di farlo. Dio allora era consapevole che la società perfetta è una
boiata pazzesca, ma poi cominciò a frequentare la Boldrini e la Nanda
che lo convinsero a riprendersi in casa il figlio hippy e svalvolato
(che poi però Lui ha pensato bene di mandare a noi). Come era
immaginabile, ce lo hanno rimbambito completamente. Ora pare stia avendo
addirittura una sbandata vegana, figuriamoci a che livello è scaduto.
Bisognerebbe che qualcuno lo aiutasse a uscirne, ma ho seri dubbi che
rinsavisca. Dato che gli dei pagani purtroppo non ci sono più (ma
Guzzanti non è di questa idea:
https://www.youtube.com/watch?v=j1m61qeiaOg ), ci sarebbe quasi da
convertirsi all’Induismo, lì sì che ci sono ancora tantissimi dei
imperfetti che ci potrebbero spiegare il senso della nostra esistenza.
Certo che anche pitturarsi la faccia di verde e correre col dio elefante
seduto sulla portantina… mi sa che è più serio rimanere cattolico non
credente e praticante. Per fortuna che c’è ancora qualche prete
all’antica che parla male degli omosessuali e che poi va a puttane e in
osteria. Comunque è vero: (prima di rimbambirsi) Dio mi disse “Eglamore,
il mondo cambia: non si possono più fare gli scherzi telefonici. Io
però, su consiglio di quel satanasso di Lucifero, ti ho creato il web.
E’ una boiata pazzesca, un virus che distruggerà l’umanità, ma è anche
una grande festa in maschera in cui potrai prendere in giro tutti, amici
e nemici, perché sarà una risata l’unico sollievo nel mare di merda in
cui vi ho sprofondato”
Pertanto, con efficacia immediata, il vile Miscio da umile scudiero
viene innalzato al rango di addetto stampa. Anzi forse anche di
consigliere, al fianco di Galli Della Loggia, nel momento in cui il
Quando c’Eravamo Solo Noi (che è la perfetta antitesi di Liberi e
Uguali) prenderà in mano le redini del paese. Sarà un movimento
fortemente maschilista, ma ci potrebbe essere un posto anche per Carla,
dato che spesso dice cose sagge (anche se poi bestemmia la canzone
napoletana); al momento però è sotto osservazione perché c’è ancora
troppo mistero intorno alla sua età e alla sua avvenenza.
Il dibattito su De André è stato particolarmente stimolante e divertente
e ci ha dato la prova, se ancora dovesse servire, del brillante livello
intellettivo dei seguaci del mistero dylaniano. Immaginiamoci invece le
discussioni che possono nascere sul sito di Springsteen o quello dei
Queen! Tra l’altro io mi trovo un po’ d’accordo con tutti e anzi mi pare
che in fondo tutti siano d’accordo con tutti.
Il prof. Bianchi, che tra l’altro ci ha dato informazioni preziose, dice
tutte cose che come ha intuito Miscio io condivido pienamente,
oltretutto, gli invidio molto i suoi stornellanti. A suo modo si è
persino scusato con Dario, che mi pare una brava persona e che qui
ringrazio per i complimenti, facendogli i miei migliori auguri di
successo esistenziale. Colgo però l’occasione per svelargli che ero io
quello che gli rompeva le balle insistentemente per via del suo
pseudonimo inusuale; me ne scuso e sono pronto a beccarmi tutti gli
improperi del caso, ma la goliardia, si sa, prevede vittime innocenti.
Saluto e ringrazio anche Alessandro col quale pure concordo, purtroppo
non conosco i cantanti chitarrosi che cita, per argomentare dovrei
ascoltarli, ma non lo faccio perché, come dice Gaber, tanto so già che
non mi piacciono.
Di tutto questo e altro ancora, abbassate le maschere, sarebbe bello
parlare insieme davanti a un bel tavolo riccamente imbandito. Magari un
pranzo domenicale o anche una cena infrasettimanale. Qui da me. Magari
in primavera, o anche in estate, se le distanze non sono incolmabili.
Una decina o poco più, un banchetto sotto al portico, col Tamburino a
capotavola e io in cucina per farmi perdonare. Vediamo se il Tamburino è
capace di organizzare, lui la mia mail la conosce. Sarebbe bello avere
anche il prof. Carrera!
Sir Eglamore
Caro Eglamore, la tua
idea di ritrovarci in un gruppetto per una sana mangiatina non è male e
si può anche organizzare. Il problema più grosso da affrontare sarà
quello delle distanze, ma prima di ogni altra cosa ti prego di
scrivirmi una mail privata nella quale mi spieghi chi sei, dove abiti, il tuo
numero di cellulare per un eventuale contatatto, insomma le notizie che servono per poter
organizzare quanto da te
proposto. Una volta saputo il necessario si potrà compiere una piccola
indagine su chi sarebbe compiaciuto di partecipare, naturalmente nei
limiti del possibile, voglio dire che non mi sentirei di chiedere ad un
amico di fare un viaggio dalla Calabria fino in altitalia per mangiare
un bel piatto di polenta col cinghiale o altra roba, dipende da dove
abiti tu e da quale è la specialità gastronomica della tua zona. Per il
momento resto in attesa della tua mail, poi vedremo di cominciare
a vedere quello che si potrà fare. Questo per quanto riguarda il
simposio dylaniano da te proposto.
Invece riguardo alla
mail devo dire che mi ha fortemente e piacevolmente sorpreso il sapere
che il vile stalliere Miscio è stato per meriti letterari da te elevato al rango
di addetto stampa di un Baronetto quale tu sei, complimenti, gesto
nobile che ti fa onore. Lascerei che i citati ti rispondessero
personalmente nel caso si sentano di farlo. Per il momento resto in
attesa, Fa la, lanky down dilly, il pelosissimo Mr.Tambourine (tra
l'altro non ho capito il senso di pelosissimo...dovrai spiegarmelo un
giorno), :o))))))))))))))))))))))))))))
Salve Mister,
il tuo chiarimento sull'armoniosa polifonia a quattro voci dei "Poco" mi
ha fatto capire che, forse, la mia associazione con un complesso
italiano non è corretta, poichè pensavo ai "Pooh", sbagliando perchè non
ricordo che abbiano mai cantato a quattro voci ed inoltre la loro musica
è pop e non rock, almeno così mi pare di aver capito...mi piace la
musica ma non la conosco tecnicamente e ti ringrazio delle rettifiche e
dei suggerimenti.
Veniamo a Miscio. Ha scovato una perla, tu hai ampiamente chiarito chi
era Hodgson; io mi limito ad aggiungere che, nei primi ventitre capitoli
di "Tarantula" ricorrono numerose citazioni di Eliot. Espongo le
principali: "The Waste land", "Rhapsody on a wind night", "The
hippopotamus", "The ash wednwsday", "Sweeney among the nightingales",
"Gerontion", "The love song of J.Alfred Prufrock". La schedatura dei
primi 23 capitoli mi ha richiesto molto tempo e l'ho sospesa perchè ho
trascritto altro materiale dylaniano; intendo completarla con i restanti
24 episodi... ci vorrà un po' di pazienza, ma penso di farcela. Che
Dylan conoscesse Eliot è fuori discussione. E' più problematico
documentare la presenza di richiami ad Eliot nelle canzoni di Dylan. In
attesa di vederlo, il lavoro continua, insieme agli amici Farmers. Lunga
vita! Carla.
Ciao Carla, ti ringrazio per aver
compreso cosa intendevo dire sulla differenza tra i gruppi diciamo
"corali" americani e quelli nostrani. Io credo che il Presidente
Mattarella dovrebbe emettere un editto speciale con la proibizione di
cantare per Facchinetti. E' una cosa oscena sentirlo quando distorce le
parole "ci sono giorni in cui muaaariii dentro e non lo sai", "il mondo
che non cambia maieeeh", perfino suo figlio Francersco lo prende per
i fondelli. Fogli ha conservato la sua voce ed è sempre bello ascoltarlo. C'è
stato un uomo in America che ha fondato due grandi gruppi che hanno
fatto della vocalità la loro arma vincente, quest'uomo si chiama Randy
Meisner ed ha fondato prima i "Poco" che però non ebbero il successo che
meritavano, e poi gli Eagles che ebbero un successo stratosferico. La
sua voce era incantevole, ascoltalo in questo pezzo:
Qui sotto ti riporto
la storia di Randy che pochi conoscono:
Randy Herman
Meisner è nato nel 1946 a Scottsbluff, nel Nebraska. Di umili origini, i
genitori erano mezzadri e la sua famiglia non aveva molti soldi.
Tuttavia, all'età di 10 anni, scoprì il talento che sarebbe stato la sua
via d'uscita: la musica. Dopo aver visto Elvis Presley cantare all'Ed
Sullivan Show, prese una chitarra e cominciò a studiare per suonarla.
Dopo di questo, la musica divenne tutto per Meisner. Abbandonò la scuola
superiore e si concentrò nel perfezionare le sue abilità musicali. A 17
anni si sposò con Jennifer Lee Barton. A quell’epoca lavorava come
musicista professionista con una band chiamata The Driving Dynamics. I
loro concerti si svolgevano principalmente nelle scuole superiori ed in
eventi locali, ma Meisner voleva di più. Viaggiò per tutto il Midwest
come membro di varie band, ma Randy non poteva stare lontano dalla
California, il richiamo della West Coast era troppo forte.
Era il 1964 quando finalmente Meisner trovò un motivo valido per andare
in California. Si unì a un gruppo chiamato Soul Survivors che aveva
bisogno di un bassista cantante, e che erano fiduciosi nella loro
capacità di farcela.
Sfortunatamente, quella fiducia non li portò molto lontano. Lottavano
per sbarcare il lunario e, uno per uno, rinunciarono per tornare nel
Midwest, nonostante avevano ottenuto un contratto discografico con la
Loma Records. Ma non era abbastanza per fare soldi. Meisner fu l'unico a
perseverare, sostituendo ogni membro originale con qualcun altro che
sarebbe stato in grado di continuare. Rendendosi conto che con tutti i
nuovi membri era diventata una nuova band, Meisner li ribattezzò The
Poor - per ovvi motivi. Si spostarono in Colorado dove potevano fare più
concerti, riuscirono a guadagnare soldi per sopravvivere vivendo in
posti a basso costo come il Tropicana Hotel. Ma anche quello era oltre
le loro possibilità con il loro reddito musicale, così si diedero a
commerciare con la marijuana per guadagnare abbastanza. A peggiorare le
cose, venivano continuamente derubati. Erano così squattrinati che si
erano ridotti a mangiare cibo scartato dai supermercati. Continuarono
così per quattro anni.
Finalmente, nel 1968, Meisner trovò ancora una volta una via d'uscita.
Dopo aver suonato in un'audizione per i Buffalo Springfield, dove era
candidato in concorrenza con Timothy B. Schmit per il posto di bassista,
fu chiamato da Jim Messina per militare nei "Poco" appena formati da
Messina e Furay dopo lo scioglimento dei "Buffalo" perchè Stephen Stills
e Neil Young se ne erano andato per unirsi a Crosby e Nash e formare
CSN&Y. Nel novembre del 1968, la nuova band debuttò al Troubadour di Los
Angeles. Questa esibizione ebbe un ruolo importante nella formazione
della futura band di Meisner, gli Eagles, e fu anche il luogo dove Glenn
Frey incontrò Don Henley e i due divennero amici. Le prime esibizioni di
Poco fecero si che Ricky Nelson vide suonare Meisner e volle
ingaggiarlo.
Quando i Poco iniziarono a registrare il loro primo album, Pickin 'Up
the Pieces, Meisner capì che la band era guidata da Furay e Messina,
mentre lui era considerato un po' più di un session player,
permettendogli appena di entrare nella produzione delle canzoni.
Insoddisfatto, Meisner si lamentò ed i Poco lo licenziarono ed
ingaggiarono al suo posto l'eterno rivale Timothy B. Schmit.
Ancora una volta senza lavoro, Meisner era finalmente pronto a tornare
nel Midwest quando ricevette una telefonata da John Boylan, il manager
di Ricky Nelson. Boylan e Nelson erano stati impressionati da Randy ed
erano desiderosi di ingaggiarlo per il gruppo di supporto di Nelson. Nel
maggio 1969, il nuovo gruppo di Meisner fece ancora una volta il debutto
al Troubadour con Nelson. E fu un grande successo
Rimasta in Nebraska, la moglie di Meisner era comprensibilmente
infelice. Alla fine del 1970, Meisner decise di lasciare la Stone Canyon
Band di Nelson e di tornare in Nebraska e accettare un lavoro alla
concessionaria John Deere. Mentre era a Los Angeles per le sessions dei
Poco, Randy si era impegnato con la moglie a trascorrere la maggior
parte del suo tempo in Nebraska. Tuttavia, quando Linda Ronstadt e gli
altri membri della sua backin band - vale a dire Glenn Frey, Don Henley
e Bernie Leadon – Randy lo chiamarono per far parte della band non
riuscì a rinunciare. Nel luglio del 1971, suonarono per la prima volta
in un concerto a Disneyland... ed il resto è storia.
Lasciata Linda Ronstadt la band assunse il nome Eagles e firmarono un
contratto con la Asylum Records nel settembre 1971. Dopo aver suonato in
Colorado, la band iniziò ad andare in tour e presto furono a Londra in
contatto con il grande produttore Glyn Johns.
Mentre Glenn Frey, fondatore della band era il leader, inizialmente
Meisner ebbe l'impressione di essere un membro alla pari in termini di
quantità di crediti per album e per quantità di voci soliste. Per il
primo album “Eagles” fu così. Lui e Frey furono i principali membri
durante la realizzazione del primo album degli Eagles. Meisner, che
aveva la voce più bella degli altri, prestò la voce anche per la canzone
di Frey "Most of Us Are Sad". Henley e Leadon avevano scritto "Witchy
Woman" insieme, e Frey fu ricompensato sotto forma di tre hit: "Take It
Easy", "Witchy Woman" e "Peaceful Easy Feeling".
Le canzoni di Meisner non venivano solitamente selezionate per i
singoli, ma "Take It to the Limit" fu un successo strepitoso, diventando
il primo disco d'oro degli Eagles. Co-scritto con Frey e Henley, fu uno
dei pezzi più caratteristici degli Eagles. Anche la canzone di Meisner
"Too Many Hands", scritta da Randy col nuovo membro del gruppo, Don
Felder, fu considerata di alta qualità da Frey e Henley, e Frey dichiarò
che quello era il tipo di canzoni per le quali la voce di Meisner era
perfetta. Le cose stavano andando bene tranne che per la direzione della
band. Frey e Henley, produttori di canzoni di successo in coppia,
stavano iniziando a discutere tra di loro. Leadon si sentiva così
completamente emarginato che alla fine lasciò la band per la
frustrazione.
Quando gli Eagles registrarono "Hotel California" le relazioni si erano
notevolmente deteriorate. Mentre Frey e Henley continuavano a lavorare
insieme, crescevano anche i loro conflitti personali. Joe Walsh
(chitarrista e voce della James Gang) era stato scelto per sostituire
Leadon, cominciava a spostare la band in una direzione più orientata
verso il rock, Meisner si sentiva sempre più solo. "Try and Love Again"
fu il suo unico contributo nell'album, la canzone si presentava come
l'unica sull'album non allineata con la visione di Frey / Henley.
In mezzo alle baruffe della band, il matrimonio di Meisner stava
naufragando. Le feste, il bere e la droga lo avevano completamente
liberato dai sensi di colpa coniugali. Tutto questo cominciò a
interferire con le esibizioni, e non aiutava Meisner a sentirsi più
positivo nei riguardi della band. Questo gli tolse anche la sicurezza
nell'esecuzione. Detestava le tournèe, odiava essere sotto i riflettori
ed era nervoso per la sua ridotta capacità di prendere le note alte di
"Take It to the Limit" dal vivo. La canzone era comunque il clou dello
show; la gente amava la sua drammatica costruzione e il suo climax in
ascesa, e la richiedeva a gran voce in ogni spettacolo, era una parte
fondamentale del live set degli Eagles. Quando una sera a Knoxville, nel
Tennessee, Meisner si rifiutò di cantarla, Frey perse la pazienza.
Chiamò Meisner ciarlatano e gli gettò un asciugamano sudato in faccia,
scatenando una scazzottata che fu interrotta dai roadies. Meisner decise
allora di lasciare la band alla fine del tour, sperando che Walsh e
Felder si unissero a lui perchè avevano espresso la loro insoddisfazione
per la regola Frey / Henley che era stata ampliata per includere il
manager Irving Azoff. Walsh e Felder rifiutarono di unirsi a Meisner,
dimostrando che ogni precedente conversazione sulla formazione di un
trio con lui non erano altro che chiacchiere inutili. Prima che Meisner
avesse la possibilità di ripensarci, fu sostituito da Timothy B. Schmit
... proprio come quando era stato licenziato dai Poco.
Ora Meisner era rimasto da solo. In un certo senso fu un sollievo perchè
c'era meno pressione su di lui ora. Passare da una delle band più famose
al mondo ad artista solista fu una cosa molto difficile. Sotto la
continua gestione di Azoff, pubblicò un album solista nel 1978 e riuscì
a far inserire una canzone nella “FM soundtrack”, ironia della sorte,
era una cover della canzone di Frey/J.D. Souther "Bad Man".
Sconcertato dalla mancanza di concerti dal vivo, Meisner si recò dal suo
manager Azoff per chiedere il perchè. Azoff, la cui prima lealtà era
sempre per gli Eagles, ebbe poca pazienza con Meisner, artista molto
meno commerciabile. Azoff esplose contro di lui, spingendolo contro il
muro e urlando contro di lui "Vai via da qui e non tornare mai più".
Meisner si rese conto con sgomento che persino il suo manager era contro
di lui.
Ebbe più fortuna con l'album "One More Song" del 1980. Henley acconsentì
persino ad apparire su di esso, e il suo duetto "Deep Inside My Heart"
con Kim Carnes raggiunse la posizione # 22 su Billboard. "Hearts on
Fire" fece ancora meglio, andando a # 14. Sfortunatamente il disco era
di un artista solista. Nonostante l'uscita di un altro album omonimo nel
1982, non fu in grado di affermarsi come solista e scomparve dalle
preferenze del pubblico.
Meisner tornò poi con i Poco per il loro album “Legacy”, il loro album
di reunion. La loro canzone "Call It Love" fu un successo, e Meisner fu
la voce solista di tre brani, “The Nature of Love”, “Nothing to Hide" e
“Rough Edges”. I musicicsti coinvolti furono:
Richie Furay – voce, chitarra, chitarra a dodici corde
Jim Messina - chitarra, voce
Rusty Young – voce, chitarra steel, banjo, dobro, chitarra, pianoforte
Randy Meisner - basso, chitarra, voce
George Grantham - batteria, voce
Musicisti aggiunti
Timothy B. Schmit - basso
Paulinho Da Costa - percussioni
Leland Sklar - basso
Jeff Porcaro - batteria
Richard Marx - voce, produttore
Gary Mallaber - batteria
Billy Payne - tastiere
Frank Marocco - fisarmonica
Jeffrey Vanston - tastiere
Joe Chemay - voce
Dopo la ripartenza di Furay dalla band nel 1990 Meisner fece un breve
tour con Messina e Rusty Young, ma con poco successo.
Per tutto questo tempo inoltre Meisner era stato impegnato a lavorare
con una band di altri musicisti. Una di queste era la Meisner-Roberts
Band nel 1987 e con Ricky Roberts, membro dei Firefall. Un altra era The
Black Tie, formata nel 1992 con Charlie Rich, Billy Swan e Jimmy Griffin
(ex Bread). Nel 2001, Meisner registrò un album con Swan e Rich.
Quell'anno, apparve anche con il suo gruppo originale The Drivin
'Dynamics per il 40° Anniversary Reunion.
Meisner fu escluso dalla grande riunion degli Eagles. Lui sperava di far
parte dell’ evento ma gli fu detto senza mezzi termini che Timothy B.
Schmit era il bassista degli Eagles e non sarebbe stato rimosso per far
posto ad un ex-membro. Tuttavia, Meisner fu in grado di esibirsi ancora
con gli Eagles nel 1998 quando furono introdotti nella Rock' n' Roll
Hall of Fame. Schmit rese tributo a Meisner riconoscendo che Meisner
aveva contribuito al successo degli Eagles più di lui, quindi era molto
più meritevole del premio. In un momento storico, tutte e sette gli
Eagles, passati e presenti, si sono esibiti insieme. Il rapporto con gli
Eagles era così giunto alla fine.
Meisner è attualmente impegnata con i World Class Rockers, Nick St.
Nicholas e Michael Monarch (ex Steppenwolf), Fergie Frederiksen
(ex-Toto), Denny Laine (precedentemente Moody Blues), Spencer Davis (ex
Spencer Davis Group) e Alex Ligertwood (ex Santana). Mentre Meisner è
entrato a far parte della band come membro attivo nel 1996, ora è un
occasionale "ospite speciale" per motivi di salute.
Questi problemi di salute iniziarono il 6 agosto 2004, quando Meisner fu
ricoverato in ospedale per i dolori al torace. Ciò accadde di nuovo più
avanti nell'anno. Nessun limite è stato imposto da nessun ospedale per i
disturbi cardiaci, ma ciò è bastato Meisner per limitare le sue
apparizioni pubbliche a una manciata all'anno. Di conseguenza, sono
apparizioni molto preziose; se lo avete visto siete stati fortunati!
Nel 2016 subì la disgrazia della morte della seconda moglie Lana Ray che
si sparò accidentalmente un colpo di fucile in pieno volto mentre
cercava qualcosa in un armadio. Randy, sconvolto, dichiarò proposito di
suicidio e le autorità lo ricoverarono per un trattamento sanitario
obbligatorio. Oggi Meisner è un bisnonno e dovrebbe passare la maggior
parte del tempo nel suo studio in California collezionando oggetti d'
antiquariato come hobby.
Scusami se ti ho annoiato con questa
storia ma forse a qualcun'altro nei nostri Maggiesfarmers avrà fatto
piacere conoscerla. Alla prossima, live long and prosper, Mr.Tambourine,
:o)
Ciao, sono quella che non si intende di
Dylan, ma a cui lui piace sempre molto; ultimamente lo sto ascoltando in
Mississipi, l'ho già detto altre volte che la sua vecchia voce mi piace;
quella di quando era giovane è ovvio fosse magnifica e inconfondibile,
ma quella di oggi...non so a voi, ma a me porta sempre da qualche parte.
Il bello nell'ascoltarlo è che non importa proprio niente capire tutte
le parole, Bob ha il potere di fartele immaginare...
ciao Dianella.
Complimenti cara
Daniella, rare volte poche parole hanno detto così tanto! Per fortuna
non ti intendi di Dylan! :o)))))) Live long and prosper, Mr.Tambourine.
Lunedì 12
Febbraio 2018
Talkin'
10377 - nv.nico.villani
Un saluto a tutti gli amici della Fattoria!
Vi scrivo per annunciarvi che, dopo un anno di pausa, il mio progetto
"Don't Look Back - Un tributo a Bob Dylan" ripartirà da questa primavera
con più date in più location!
Lo spettacolo, diviso in quattro parti, ripercorre tutta la carriera del
nostro Bob, dagli inizi fino ai giorni nostri, per un totale di due ore
di concerto, con tanto di cambio d'abito a seconda del periodo.
Vi allego il clip promozionale sulle note della nostra versione di
"Tonight I'll Be Staying Here With You", su cui ho montato diverse
immagini dell'intero spettacolo:
P.S.: volevo scusarmi con il nostro amico Alessandro Sottoriva se non mi
sono più fatto sentire, ma da diverso tempo mi hanno cancellato
l'account di posta elettronica e non sapevo più come contattarlo...
Spero che queste notizie bastino per farmi perdonare!
Grazie per la
segnalazione, ottimo progetto e da quanto ho visto dai filmati dello
spettacolo ben eseguito. Complimenti! Live long and prosper,
Mr.Tambourine, :o)
Salve mi chiamo David Pucci sono il
cantante dei The Tribute omaggio a Bob Dylan & The Band.
Mi piacerebbe portare alla vostra attenzione il nostro progetto.
Quì sotto invio link del nostro trailer promo e alcune nostre
registrazioni per farsi un idea di quello che proponiamo; spero le
possa interessare al fine di avviare una collaborazione.
Grazie dell'attenzione. David
Bellissimo sound molto
simile a quello della Band, tantissimi complimenti. Queste pagine sono
sempre a vostra disposizione per segnalare i vostri concerti. Live long
and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Sabato 10
Febbraio 2018
Talkin'
10377 - dinve56
Salve Mister,
so che l'Italia ha grandi poeti. Hai citato Leopardi e Foscolo...
possono bastare per la loro gigantesca statura, ma non conoscevano la
musica e hanno solo scritto, senza accompagnamento musicale; a scuola si
cerca di attenuare il fatto che fossero inquieti, ribelli, girovaghi e,
lasciamelo dire, molto più sfortunati dei cantautori europei e americani
dell'età contemporanea. La musica è straordinaria nel suscitare i
sentimenti migliori della nostra anima, e perciò non so immaginare "Born
in the time", "Covenant woman", "If not for you", e tante altre liriche
dylaniane senza la musica. Ha ragione Dylan quando ci invita ad
ascoltarlo e non a leggerlo! L'ultimo intervento su De Andrè tocca un
tasto verissimo: l'anima della vecchia Europa è più raffinata dell'anima
americana. L'Europa, in particolare quella occidentale, ha macinato
secoli di letteratura greca e latina e le letterature romanze sono nate
già colte e raffinate; l'anima americana è ancora rude, solitaria, poco
addolcita. Forse chi ama Dylan ha un'anima più vicina a questa
sensibilità e chi ama De Andrè predilige toni e sonorità più caldi e
morbidi, più raffinati appunto. Ho ascoltato il video che hai postato,
mi è piaciuto molto, ma chiedo aiuto e spero di non dire una grossa
fesseria e, se la dico, accetto critiche e correzioni: i "Poco" non mi
sono sembrati molto diversi da certe "band" nostrane, solo meno
stucchevoli. Su San Remo taccio... è pericoloso parlarne male e me lo
impedisce un deformato spirito patriottico. Dico solo che è meno noioso
il festival della canzone napoletana. Alla prossima e lunga vita! Carla.
Cara Carla, concordo perfettamente con
ogni tua parola, c'è solo una piccola cosa che non condivido, cosa
intendi con: i "Poco"
non mi sono sembrati molto diversi da certe "band" nostrane, solo meno
stucchevoli. Vorresti farmi qualche nome di band nostrana che sappia
cantare a quattro con la stessa delicatezza dei Poco? Ti dico così
perchè avendo fatto il musicista per tanti anni conosco perfettamente la
difficoltà di cantare ed eseguire armonie vocali in quel modo, inoltre
ti ricordo che Randy Meisner è stato il frontman dei Poco e poi degli
Eagles, e scusa se è poco. Da noi l'unico gruppo o complesso (perchè
allora si chiamavano così prima di far entrare in uso il termine band)
all'altezza, ma meno delicati nelle armonie, sono stati i New Trolls con
la cover di "Poster" di Claudio Baglioni (
https://www.youtube.com/watch?v=H6VsF-qCsy4 ),
poi la straordinaria "Quella carezza della sera" con la voce unica di
Nico di Palo (
https://www.youtube.com/watch?v=JTue5LKOU5A) che prendeva note che nessun'altro era in grado di prendere, "Che
Idea" (
https://www.youtube.com/watch?v=b9X6TbiAICU) e molte altre "perle" dei folletti genevosi.
La RAI non ha voluto dircelo ma quest'anno è il Festival
personale delle canzoni di
Baglioni (stonate micidiali comprese) e quello non della canzone italiana, gli altri
cantantinon c'entrano un
tubo, sono lì per riempire gli spazi vuoti quando Claudio deve
riprendere fiato vista l'età, canta sempre lui, ormai ha fatto tutto il suo repertorio
abbondantemente farcito da stonate vergognose, e lo pagano pure, in che
mondo strano stiamo vivendo.....ai miei tempi quando col mio
"complessino" andavo a suonare nelle sale da ballo (le chiameranno
discoteche dopo gli anni '70) se facevo stonate del genere dopo cinque
minuti ero fuori dal locale a calci in culo, e avevano ragione di farlo.
Rimango senza parole quando vedo la faccia di tolla di questi artisti
che sono stati grandi perchè hanno scritto pezzi indimenticabili ma che
ora sono inesorabilmente sul viale del tramonto e la voce che non "tira"
più le tonalità dei vent'anni, che continuano imperterriti a far figure
di merda col sorriso sulle labbra. Si vede che oggi è di moda così! Live
long and prosper, Mr.Tamborine, :o)
Addio a Mickey Jones, batterista di
Bob Dylan, Kenny Rogers e altri
clicca qui
Venerdì 9
Febbraio 2018
Talkin'
10376 - miscio.tux
Oggetto: Ralph Hodgson
Caro Mr. Tambourine,
pensavi che le ricerchine fossero finite eh? Tié, eccotene
un'altra.Tempo fa (Talkin' 9457) io e te avevamo fatto varie ipotesi
sulla provenienza di “I got dogs could tear you limb from limb” che
compare in “Pay in Blood”.
Ne aggiungo un'altra.Negli “Esercizi perle cinque dita"
(
http://www.magyarulbabelben.net/works/en/Eliot,_T._S./Five-Finger_Exercises?interfaceLang=en )
di Eliot, è compresa questa breve e ironica poesia:
IV. Lines to Ralph Hodgson Esqre
How delightful to meet Mr. Hodgson!
(Everyone wants to know Him) --
With his musical sound
And his Baskerville Hound
Which, just at a word from his master
Will follow you faster and faster
And tear you limb from limb.
How delightful to meet Mr. Hodgson!
Who is worshipped by all waitresses
(They regard him as something apart)
While on his palate fine he presses
The juice of the gooseberry tart.
How delightful to meet Mr. Hodgson!
(Everyone wants to know Him).
He has 999 canaries
And round his head finches and fairies
In jubilant rapture skim.
How delightful to meet Mr. Hodgson!
(Everyone wants to meet Him).
IV. Versi per Ralph Hodgson Esqre
Che piacere incontrare il signor Hodgson!
(Tutti quanti lo vogliono conoscere) -
Con il suo eloquio musicale
e il suo levriero di razza regale
Che, a una sola parola immantinente
V' inseguirà sempre più rapidamente
e poi vi strapperà brano da brano.
Che piacere incontrare il signor Hodgson!
E' venerato da ogni cameriera
(Quasi considerato esemplare da fiera)
Quando sul suo palato delicato spreme
Il succo di una torta di ribes e di creme.
Che piacere incontrare il signor Hodgson!
(Tutti quanti lo vogliono conoscere).
Ha 999 canarini e attorno al capo in estasi esultante
Gli svolazzano fate e fringuellini.
Che piacere incontrare il signor Hodgson!
( Tutti quanti lo vogliono incontrare).
[Trad. di Roberto Sanesi]
La traduzione di Sanesi non è letterale, pertanto si lascia sfuggire che
il cane in questione non è un levriero qualunque ma il Mastino di
Baskerville della famosa avventura di Sherlok Holmes, nel racconto di
Arthur Conan Doyle. Tuttavia qui, più che il mastino, è misterioso il
poeta Ralph Hodgson ad incuriosirci, personaggio piuttosto sconosciuto a
noi contemporanei. La copertina di un libro recente che ne delinea la
figura (e manco a farlo apposta di un autore con nome spiccatamente
dylaniano), mostra che il cane ce l'aveva davvero:
Da questa pagina (
http://www.spectator.co.uk/2009/03/old-gipsyman/ ), si trae che
Hodghson era uno strano signore inglese, un autodidatta, che dall'età di
15 anni aveva vagabondato con zingari e gente dei circhi. Per lui
l'ispirazione poetica non poteva essere definita e quindi disprezzava la
teoria letteraria. Viene considerato un Georgiano,
(
https://it.wikipedia.org/wiki/Poeti_georgiani ) la scuola
letteraria affossata dall'avvento del modernismo di Pound e Eliot, e
“scriveva un'immutabile poesia del cuore, ispirata spesso da animali o
paesaggi, espressa in maniera semplice ma assorta in miti e fantasie”.
Dylan ha voluto riprendere il giochetto di Eliot? Ancora una volta
potrebbe essere una semplice coincidenza, ma in Tempest la tecnica è
ripetuta, e per fare solo un esempio (ma vale la pena perché richiama
una splendida poesia), quel “posso fasciare le tue ferite con stracci
sporchi di sangue rappreso”(I can dress up your wounds with a
blood-clotted rag”) da “Early Roman Kings”, è molto probabile che venga
dal “Wound Dresser” di Whitman (“Soon to be fill'd with clotted rags and
blood, emptied, and fill'd again.”)
(https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=47522). Che
siano Omero, Chaucer, Whitman o Eliot,sembra che tutti i poeti si siano
coalizzati nella testa di Dylan per esprimere il disagio del vivere in
questo mondo. Dylan naviga su onde più grandi di lui, spinto da parole
che sembrano ormai le uniche a poter dire qualcosa di sensato nel
marasma che viviamo.
Ciao, Miscio.
Caro vile (e
maledetto) Miscio, hai intenzione di farmi passare la terza età
compiendo ricerche in Internet? Sei proprio meschino ad approfittarti
così vigliaccamente di un vecchietto come me, ma è cosa risaputa che
coloro che scelgono di fare i servi nella vita sono persone
disprezzabili perchè la loro scelta li rende la tipologia più squallida
dell'umanità per un semplice motivo, lo schiavo è obbligato a servire il
padrone, il servo lo fa per sua scelta e quindi non ha nessuna scusante,
merità solo scudisciate se non esegue bene i suoi compiti e maleparole,
ma questo è un compito che lascio a Sir Eglamore o al Margravio di
Whiteman.
Precisato questo
(bisogna sempre dare a Cesare quel che è di Cesare ed a Miscio quel che
è di Miscio) lasciami riportare brevemente, dopo necessaria ricerca
perchè non conoscevo il poeta, alcuni cenni riguardanti Ralph Hodgson a
beneficio dei nostri lettori:
Ralph Hodgson (9
settembre 1871 - 3 novembre 1962), è stato un poeta inglese molto
popolare nel corso della sua vita grazie a un piccolo numero di pezzi di
antologia, come "The Bull". Era uno dei più "pastorali" dei poeti
georgiani Inoltre è stato insignito dal Giappone dell'ambito "Ordine del
Sol Levante", e nel 1954 fu insignito anche della medaglia d'oro
per la poesia dalla regina Elisabetta II d’Inghilterra.
Hodgson, essendo avverso ad ogni forma di pubblicità, cercò di mantenere
nascosta la sua vita e questo lo portò ad essere definito un reticente.
Lontano da questo fatto, il suo amico Walter De La Mare lo trovava un
parlatore quasi estenuante, ma Hodgson aveva fatto un punto
irrinunciabile della sua privacy personale. E’ stato all' altezza di
altri poeti e personaggi letterari, compresi quelli del suo tempo in
Giappone come Takeshi Saito.
La sua poesia "The Bells of Heaven" è classificata all' 85° posto
nell'elenco delle 100 poesie preferite di FM Classic. E’ stato uno dei
primi scrittori a occuparsi di ecologia, parlando contro il mondo e la
distruzione del mondo naturale.
Nel 1912 fondò una piccola rivista chiamata “At the Sign of the Flying
Fame” con la collaborazione dell' illustratore Claud Lovat Fraser e
dello scrittore e giornalista Holbrook Jackson. Ha pubblicato la sua
raccolta "The Mystery" nel 1913. Hodgson ha ricevuto il Premio Edmond de
Polignac nel 1914, ed è stato incluso nelle antologie di poesia
georgiana. La sua rivista durò fino al 1914 quando scoppiò la prima
guerra mondiale e Hodgson si unì alle forze armate nelle quali resterà
fino al 1923. Servì nella Royal Navy e poi nell'esercito britannico.
La sua prima moglie Janet Chatteris morì nel 1920. Poi sposò Muriel
Fraser dalla quale divorziò nel 1932. Poco dopo accettò un invito per
insegnare alla Tohoku University di Sendai, in Giappone. Nel 1933 sposò
Lydia Aurelia Bolliger, una missionaria e insegnante americana. Mentre
era in Giappone, Hodgson lavorava, quasi in modo anonimo come parte del
comitato che traduceva in inglese la grande raccolta della poesia
classica giapponese, il Man'yōshū. L'alta qualità delle traduzioni
pubblicate è quasi sicuramente il risultato della sua "revisione finale"
dei testi. Era un'impresa degna di Arthur Waley e poteva essere
considerato il maggior risultato di Hodgson come poeta.
Nel 1938 Hodgson lasciò il Giappone e si stabilì definitivamente a
Minerva, nell'Ohio dove morì nel 1962.
Certamente Hodgson
nelle sue poesie dedicate alla salvaguardia della natura può essere
stato fonte di ispirazione del primo Dylan, scontroso e visionario. Poi
il nostro Bob cominciò a leggere, forse consigliato in questo anche da
Suze, gli autori che andavano per la maggiore, i qui i nomi si sprecano,
Rimbaud, del quale cercherà di diventare la copia americana, poi
T.S.Eliot, Ezra Pound, Withman, Omero, la Bibbia, Dante e centinaia di
altri nomi altisonanti. Dylan era una spugna, assimilava tutto ciò con
cui veniva in contatto e da tutto traeva ispirazione per le sue liriche.
Nel suo lavoro sono state scoperte o supposte fonti non facilmente
individuabili, anche perchè questa cosa richiede la perfetta conoscenza
delle opere originali servite da ispirazione. Ma questa non è solo la
storia di Bob, è un pò la storia del mondo, anche la storia della
filosofia ci insegna che ogni filosofo prendeva le idee del suo
predecessore e le girava e rigirava nella mente fino ad estrarne una
versione più aggiornata alle necessità ed ai tempi. Stessa storia per
l'arte pittorica con le varie bottege dove i principali Maestri
insegnavano agli allievi i quali poi avrebbero continuato la strada con
gli insegnamenti dei Maestri ma con le proprie gambe. In tutti i campi
funziona così, qualcuno crea, qualcuno copia e migliora e qualcuno
perfezione. Un Maestro ti può prendere per mano, toccarti la mente ed
aprirti il cuore. Ciò che un Maestro ti scrive sulla lavagna della vita
non potrà mai essere cancellato, insomma è inutile cercare di correre
prima di aver imparato a camminare. Bob ha fatto la sua strada, con
l'aiuto di tutti e di nessuno, quando ha potuto a preso, quando non ha
potuto ci ha pensato da solo. Nella scala di valori umani Dylan è al
livello più alto, ci sono le persone normali che riescono a fare quello
che possono, ci sono quelle brave che riescono a fare quello che le
persone normali non sanno fare, e poi ci sono i Maestri che sanno fare
tutto quello che i bravi e le persone normali non sanno fare, Dylan è un
Maestro! Chissà quante cose sono ancora nascoste nei suoi scritti che
non sono ancora state scoperte, anche se il lavoro di Dylan è stato
voltato e rivoltato centinaia di volte come si fa coi pedalini. Forse il
marasma nel quale ci troviamo è solo il disagio di non essere ancora
riusciti pienamente ad adeguarci alle nuove tecnologie, a stare al passo
coi tempi e col progresso del mondo. L'evoluzione umana è sempre stata
caratterizzata dalle necessità belliche e le guerre hanno sempre
generato salti in avanti nella conoscenza umana. Ma fino alla Seconda
guerra mondiale l'evoluzione era lentissima, nel 1900 gli aerei si
rompevano solo a guardarli, cento anni dopo gli odierni caccia da
combattimento hanno un potenzialità distruttiva inimmaginabile 100 anni
fa. Andare sulla Luna è sempre stato un sogno, argomento romantico per
canzonettisti, ma nel 1969 la Nasa, con l'aiuto di 44 macchine della
Olivetti chiamate P101 (progetto 101), detta anche Perottina dal nome
dell'Ingegnere Pier Giorgio Perotto che la progettò, che fu il primo
personal computer al mondo, con circa 240 byte di memoria, la memoria
per scaricare una fotografia al giorno d'oggi, riuscì a realizzare quel
sogno. Da allora l'informatica ha fatto passi da gigante rendendo
obsolete le nostre certezze. Ti ricordi la bellezza dei vinili e delle
loro copertine, quasi opere da collezione, oggi invece ti danno un
insignificante CD dalla qualità tecnica eccezionale ma privo
completamente di anima e di calore. Io sinceramente non ce l'ho fatta a
stare al passo con l'evoluzione, ad un certo punto ho detto la fatidica
frase anni '60 "Fermate il mondo, voglio scendere". Il mio telefonino
non ha Internet, fa solo telefonate foto e SMS, il mio computer da
tavolo funziona ancora con Windows "Vista", il resto non è più roba che
desta la mia attenzione, non so come funzionano Facebook, Instagram o
Twitter, ma vivo lo stesso, mangio e dormo rilassato anche senza #! Alla
prossima caro Miscio, live long and prosper, Mr:Tambourine, :o)
Giovedì 8
Febbraio 2018
Talkin'
10375 - gebianchi
Oggetto: Ultima replica!
Si tranquillizzi caro Miscio,
nessuna congiura di palazzo messa in atto da Sir Eglamore e ordita dal
sottoscritto nei suoi confronti; al proposito è d’uopo, vistomi
pungolato o punzecchiato, che le fornisca qui di seguito qualche
ulteriore elemento a giustifica, o chiarimento della mia presunta
elitarietà. Innanzitutto, da altrettanto convinto assertore e praticante
di nobili discipline sportive, in particolar modo di quelle acquatiche,
non posso che condividere la proposta di deporre le armi avanzata da
Calabriaminimum. Credo potremmo fumare insieme il proverbiale kalumet
della pace, senza scomodare Alce nero e ricordando che, nonostante il
clangor delle spade e l'intensità della pugna, siamo probabilmente tutti
figli di una simile visione della realtà, seppur declinata in forme
diverse. Vedi caro Tambourine, ciò che a volte mi trova un po’ in
disaccordo con alcuni frequentatori di siti come quello da te
magistralmente gestito è l’abitudine da parte di quest’ultimi di fornire
giudizi trincianti e a volte carichi di disprezzo quando non di veleno
nei confronti dell’oggetto del contendere. Mi è capitato ad esempio di
intervenire su canali youtube che ospitano deliranti interventi di
filonazisti e filofascisti che se mi avessero avuto tra le mani credo mi
avrebbero incenerito e che citando l’epopea resistenziale mi facevano
notare con sarcasmo al vetriolo quanto la retorica filopartigiana avesse
ormai rotto le palle….. (lungi da me ovviamente accusare di simpatie
assolutistiche il più che intellettualmente libero sir Eglamore!!) Mi
complimento però col tuo aplomb e la tua capacità di mantenere comunque
una non comune equidistanza pur nella riaffermazione delle proprie
passioni, dei propri gusti ed interessi, probabilmente diversi dai miei,
credo, ugualmente rispettabili. È a mio parere altrettanto irritante
l'approccio di taluni frequentatori di siti deandreiani che, in maniera
del tutto analoga ai primi, se la ridono con cipiglio snob delle
presunte cadute commerciali o della voce da lupo castrato con cui il
nostro caro Mr. Zimmermann....si presenta ormai da tanti anni o dei
troppi testi in stile…. baby, I need you. È una mia opinione, forse
sbagliata e non pretendo che venga condivisa, ma certa ironia e certa
gravità nelle conclusioni proposte da parte di chi ha certamente tutti
gli strumenti necessari allo sviluppo di un utile dibattito, anziché
alleggerire i toni di un confronto che potrebbe essere costruttivo,
rischia di trasformarlo in una sterile lite fra comari di cortile.
Personalmente, mantengo nei confronti di Dylan e De Andrè il medesimo
rispetto e l'opinione che, pur nella loro diversità, assieme a pochi
altri cantautori italiani e non, rappresentino il modo migliore per
esprimere in versi accompagnati dalle 7 note, sensazioni, idee, opinioni
e quant'altro, delineando pur coi limiti imposti dai vincoli del
pentagramma, i contorni di una forma d'arte moderna del tutto
sconosciuta fino ad una cinquantina di anni fa. Io, bada bene, non ho
mai parlato di superiorità dell'uno o dell'altro ,contrariamente a
quanto ho letto in varie repliche qui ospitate, semmai di miei gusti
personali e al limite ho fornito risposte diciamo così di carattere
tecniche rispetto al tema delle fonti e delle vere attribuzioni
autoriali dei testi di De Andrè. In fondo poi gli estimatori di De
André, Dylan, Guccini, Cohen, De Gregori, Neil Young, Brassens, Brel,
etc etc appartengono tutti ad una medesima grande famiglia e sai bene
quanto snobistico distacco mostrino nei loro confronti i cultori di
presunte arti maggiori quali la letteratura, la poesia, la musica
classica, il jazz. Trovo interessanti gli spunti proposti da Miscio
soprattutto con riferimento alle diverse origini formative dei due
autori in esame. Porti pazienza chi ne ha le bocce frantumate, ma credo
utile ricordare come tutta la cultura americana, non solo quella
cantautorale, ma anche quella letteraria, cinematografica, filosofica
per non dire quella antropologica derivi dalla modernità post
illuminista; una vecchia teoria la considera addirittura figlia del
mancato affermarsi in quel paese dello stato feudale che avrebbe
imprintato l' Europa in forma indelebile e da cui sarebbero poi
scaturite tutte le forme di rappresentazione del reale e del simbolico
tipiche del vecchio continente. Un vecchio continente che, per chiosare
i riferimenti di Miscio , ci rimanda giocoforza al neoplatonismo
rinascimentale e alle reinterpretazioni trismegistriane di Ficino, Pico
della Mirandola e Niccolo' Cusano, più interessanti a mio avviso nelle
analisi della Yeats, di Eugenio Garin o di Michele Ciliberto che non in
quelle vagamente mistico-favolistiche del pur pregevole Elemire Zolla.
Consiglierei attenzione però nel proporre queste chiavi di lettura; la
perseveranza su queste divagazioni mal colse il povero nolano,
affumicato in Campo dei fiori nel febbraio del 1600 proprio per
pertinace eresia filo-trismegistriana. Comunque, al di là di questi
dilettevoli vaniloqui intellettualoidi, è vero a mio parere che la
scrittura dylaniana risente in maniera indelebile di quel retroterra
ancestrale che il nostro eroe fin da giovane ebbe il talento e
l'attitudine di far proprio e assimilare senza buttar sangue sulle
proverbiali sudate carte di leopardiana memoria, dote questa, che rende
unica e per molti versi insuperabile la sua poesia. In questo il De
Andrè è figlio e pure nipote come direbbe Totò, di un mare magnum
culturale che spazia della tradizione omerica allo sberleffo
aristofanesco (Le nuvole), quando non pulcinellesco (rimando al gioco di
maschere di un suo LP dal vivo) fino alla tradizione ceccoangioleriana a
sua volta imparentata con quella di Francoise Villon che tanto ha
rappresentato in chiave di spunto creativo anche per Georges Brassens
(Il testamento) e quella non meno nobile dei cantastorie medievali come
Folgore da San Geminiano o Cenne da la chitarra (saggiamente ricordati
da Guccini nella canzone dei dodici mesi), per non parlare
dell’esperienza coeva dei Cantacronache affermatasi verso la metà-fine
degli anni cinquanta. Probabilmente sono queste radici antiche e
strutturalmente (nel significato levistraussiano del termine)
imparentate con la tradizione culturale nostrana a cui sento di
appartenere che mi rendono de Andrè decisamente più vicino ed affine.
Insomma, per dirla franca, tra Jackson Pollock e Modigliani, tra la beat
generation e la boheme- esistenzialista montparnassiana, mi trovo più a
mio agio con la seconda via. Perdonatemi, se potete. Comunque, nel
rispetto di tutte le opinioni altrui, credo valga la pena da parte mia
chiuderla qui, ricordando a tutti le parole del buon Edoardo Bennato: in
fondo....sono solo canzonette... saluti a tutti. Giuseppe Enrico Bianchi.
E' vero Giuseppe, come
dici alla fine tu sono solo canzonette, ma però svolgono un grande
compito, ci riempiono la vita nei momenti di solitudine e ci fan gioire
nei momenti nei quali i problemi si allontanano da noi. Ci sono canzoni
che non ci si stanca mai di sentire, invece la sola poesia senza la
musica non riesce ad ottenere questo effetto. Sono convinto che sul
nostro sito la frase "ci ha fracassato le palle" sia stata espressa
simpaticamente e con il sorriso sulle labbra, senza il minimo sentore di
astio, è un modo simpatico di dire "mettiamo la parola fine ad uno
scambio di idee che ormai ha detto tutto quello che doveva dire". Io ho
molto apprezzato le diverse opinioni espresse in maniera accettabile
senza mai scadere nel banale o nel volgare, anzi, la ritengo una
discussione di livello certamente alto per i rimandi e le citazioni. E'
bello vedere che i nostri Maggiesfarmers sono molto al di sopra dei
social-dipendenti e che quando scrivono si guardano bele dall' esprimere
opinioni sotto il livello minimo di cultura, faccio un esempio banale,
non a tutti piace Sgarbi ed il suo modo di fare, ma quando parla di arte
ti incanta. Lo stesso potrei dire di te, quando parli dell'arte di De
Andrè ti illumini e riesci a comunicare il tuo grande apprezzamento per
la sua opera e a farti stimare ed apprezzare anche da chi la pensa
diversamente da te. Certo che se gli scambi fossero a base di insulti o
sgarberie sarei io il primo censore ad eliminare cose di questo genere,
ma questo non accade più da diversi anni e gli argomenti sono sempre
seri ed accattivanti. A volte ci si spinge anche un pò troppo in alto
nelle citazioni e questo crea difficoltà a chi legge e segue il
dibattito pur senza intervenire. E' anche vero che per spiegare certi
concetti bisogna "walk the line" come diceva Johnny Cash, però, passata
la riga, diventa tutto più difficile da capire ed assimilare. In fondo, dopo
tutte queste parole, potremmo dire che fare un paragone fra
Dylan e De Andrè non ha senso, i due hanno backgrounds
diversissimi, e l'America è letteralmente un altro mondo se paragonato
al nostro, le cose vengono viste da un altro punto di vista e valutate
con principi diversi dai nostri. In America se ti introduci abusivamente
o furtivamente in una proprietà altrui ti sparano e nessuno dice niente,
da noi se uno spara ad una persona che si è introdotta abusivamente
nella sua proprietà ha finito di vivere tranquillamente, per lui
comincieranno guai a non finire e processi interminabili. Non voglio
dire quale dei due mondi sia il migliore, constato solo che sono diversi
e che usano metri diversi per giudicare le stesse cose. E' per questo
che chi è nato in America vede e narra le cose nel modo che gli hanno
insegnato, da noi ci hanno dato basi diverse, noi abbiamo una storia
alle spalle alla quale aggrapparci, una storia fatta di nomi altisonanti
che tutto il mondo ci invidia, gli Americani hanno poco o niente da
mostrare al mondo, non hanno una storia artistica e culturale, la
nazione americana è nata da e nella violenza, un mondo dove per
sopravvivere dovevi essere abile col fucile e la pistola. Gli Stati
Uniti sono stati in guerra 222 anni su 242 che esistono come stato, dal
1776, anno della loro creazione, gli USA sono stati in pace solo 21
anni. Forse sarà per questo che hanno la tendenza a celebrare eroi anche
negativi del loro passato, purtroppo non hanno avuto gente come Leonardo
o Michelangelo, hanno avuto il poco lungimirante Custer che è andato con
150 uomini contro 5.000 indiani credendo di farne strage, i fratelli
James, Billy The Kid, tanto per fare qualche nome, entrati nel
collettivo immaginario con un alone di leggenda nonostante i loro
misfatti, e per continuare la tradizione hanno ammazzato i due
sesso-dipendenti fratelli Kennedy, il reverendo Martin Luther King,
Malcom X, freddato con sette colpi di arma da fuoco mentre stava tenendo
un discorso pubblico, "Crazy Joe" Gallo, killer di inaudita violenza è
stato oggetto di una canzone di Dylan nella quale sembra che il
brav'uomo fosse stato ammazzato mentre cercava di difendere la sua
famiglia da un agguato mafioso, in realtà avvenne proprio così, la
differenza era che lui non era un brav'uomo ma uno dei peggiori mafiosi
di Brooklin. Dylan celebrerà Billy The Kid in un'altra canzone,
intitolerà "John Wesley Harding" un suo album col nome di un volgare
assassino a sangue freddo, ha scritto "Ballad of Donald White, altro
assassino morto impiccato, dopo aver letto la storia su un giornale di
Seattle che diceva che era un assassino. Scriverà poi "George Jackson"
una canzone d'accusa verso i bianchi per l'omicidio di G.J durante una
rivolta nel carcere di San Quintino, che era uno dei militanti più
attivi e teoricamente preparati che il Black Panther Party (BPP),
principale movimento rivoluzionario afroamericano. Scrisse "Rambling
Gambling Willie", la storia di un giocatore d'azzardo, o meglio di un
baro che finì ammazzato a bordo di un battello fluviale dopo una partita
a poker, naturalmente Willie fu definito "povero ragazzo", come se
barare fosse un'azione lecita. Alla base delle storie americane c'è
sempre una manifesta miseria, povertà e fame che genera la piccola e la
grande criminalità. Non dobbiamo stupirci se a volte questi eroi
negativi vengono distorti ed esaltati, l'America è nata in maniera
rocambolesca e con regole spartane, non c'era posto per i deboli, ne per
l'indulgenza ne per la pietà, se ti beccavano che avevi rubato un
cavallo ti impiccavano al primo albero senza nemmeno chiederti come ti
chiamavi. E' anche una nazione a volte irriconoscente, Rambo è l'esempio
più esasperato anche se si tratta di un personaggio di fantasia
protagonista di un romanzo, ma in realtà fu un pò quello che accadde ai
reduci da Vietnam afflitti da disturbo post-traumatico da stress,
conseguenza di eventi traumatici, catastrofici e violenti. Noi possiamo
mostrare al mondo il genio ed i fasti dell' Impero Romano, quando tutto
il mondo conosciuto era Roma, gli Americani non hanno il Colosseo, non
hanno la Cappella Sistina, non hanno la Pietà, non hanno la Gioconda,
non hanno Pompei, non hanno i Sassi di Matera, gli Americani non hanno
niente da mostrare con orgoglio al mondo e perciò devono creare falsi
miti per cercare di fare fessi gli altri popoli, purtroppo non ci
riescono mai. In sostanza Dylan è un autodidatta che ha cercato di
raccontare a modo suo le cose che vedeva intorno a lui, giuste o
sbagliate che fossero, solo che le ha raccontate in maniera insuperabile
come solo un grandissimo artista poteva fare. Forse Dylan è l'artista
che personalmente più invidio agli Stati Uniti. Per finire, credo che
tutti abbiano apprezzato la tua educazione nel manifestare le tue
opinioni, e spero che sarai dei nostri anche nelle future discussioni.
Un salutone, live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Salve Mister,
grazie della divertentissima pagina sul "geronto rock 'n roll circus";
mi ha rifondato l'umore in una pessima giornata.
Non nobile di nascita, ma coatta seguace di Guido Guinizzelli, propugno
la nobiltà dello spirito alla quale mi richiamo per partecipare al
dibattito suscitato dalla citazione di un passo di Carrera, sperando di
evitare le bastonate, da qualunque parte provengano. Ho sempre
sostenuto, senza conoscere Carrera - colmerò la lacuna - che Dylan sia
colto e conosca molti testi letterari... il guaio è che li ha nascosti
così bene nella musica che è difficile rintracciarli con certezza o, per
meglio dire, trovare i riferimenti colti richiederebbe un lavoraccio
notevole, a partire dal non-romanzo scritto negli anni sessanta. La
poesia scritta ha avuto spesso, quasi sempre, un pubblico limitato, per
lo più scolastico. Chi ha letto una poesia dopo la maturità, a meno che
non abbia frequentato facoltà letterarie? Oggi la poesia più fruita è
quella accompagnata dalla musica; mi auguro che non finisca sulle
antologie scolastiche, sarebbe la sua fine. Tutto ciò che diventa
"scuola" è destinato a durare nel tempo, ma la sua fruizione non è più -
salvo poche eccezioni - spontanea, viva, partecipe, ma obbligata, spesso
faticosa ed impervia per le infinite glosse, note, codicilli,
spiegazioni, approfondimenti, e chi più ne ha più ne metta. Speriamo che
il nostro maschilista Bob Dylan - se non fosse maschilista, potrebbe mai
piacere alle donne? - viva ancora a lungo e che, post mortem, trovi dei
bravi coveristi che gli evitino i libri di scuola! Lunga vita e tanta
simpatia da una geronto-fan di recente acquisizione e, per questo,
paradossalmente, giovane-fan! Carla
Carissima Carla, son contento di averti
risollevato il morale con la storia del "gerontorock", avrei voluto
ampliarla con il cast del Festival di Sanremo 2018 ma dovevo vederlo
prima di esprimere il mio personalissimo giudizio su quello che a conti
fatti è senz'altro il più costoso spettacolo da oratorio mai allestito
nel mondo. Scusami la divagazione off-topic, ma la levatura di questo
funerale artistico è quanto di più basso si possa immaginare o vedere su
di un palco.
Claudio Baglioni,
grande negli anni 70/80, oggi sembra una delle statue di cera del museo
di Madame Tussaud, il più famoso museo delle cere del mondo situato a
Londra in Baker Street, (Madame Tussaud, nata Marie Grosholtz, di
origine alsaziana, arrivò spesso a faccia a faccia con la morte.
Infatti, a Parigi, come lavoratrice prestigiosa della cera e, prima,
come insegnante d'arte della sorella di Luigi XVI, i capi della
Rivoluzione Francese le ordinarono di ricavare le maschere mortuarie
dalle teste decapitate delle vittime della ghigliottina. Dopo aver
sposato un ingegnere civile, François Tussaud, Marie Tussaud arrivò a
Londra nei primi anni del secolo XIX e, all'epoca della sua morte nel
1850, all'età di 89 anni, le sue opere in cera erano famose in tutto il
mondo).
Annalisa, giovane
cantante di vecchio stile e stampo.
Recentemente nella
Valle dei Re, che è un'area geografica dell'Egitto di rilevante
importanza archeologica, situata nei pressi dell'antica Tebe (Waset, o
Uaset, per gli egizi), l'odierna Luxor, il cui accesso è a meno di 3 km
dalla riva occidentale del Nilo, è stata scoperta la tomba mai
depredata come quella di Tutankamon dei "Decibel" di Enrico Ruggeri.
Spariti gli antichi fasti è rimasta solo una insana curiosità per
qualcosa che non vale più come una volta.
Diodato e Roy Paci,
chiedo scusa se per me sono dei perfetti sconosciuti.
Elio e le storie tese,
una settimana si sciolgono e la settimana dopo si rifondano, andazzo
perlomeno strano e contraddittorio, l'unica cosa che non cambia mai è il
verso alle Mother of Invention di Frank Zappa che però erano 3.540
gradini più in alto come musicisti e strumentisti.
Enzo Avitabile e Peppe
Servillo, la solita "napoletana" , non ho niente
contro Napoli che è una bellissima città abitata da gente
simpaticissima, ma musicalmente, dopo O sole Mio e Torna a Surriento, la
musica napoletana non ha avuto evoluzione. Avitabile è un
abile sassofonista, compositore e cantautore. ha collaborato con nomi
illustri tipo James Brown, Tina Turner, Maceo Parker, Marcus Miller,
Richie Havens, Randy Crawford, Afrika Bambaataa, Pino Daniele, Goran
Bregovic, Khaled, Manu Dibango, Hugh Masekela, Amal Markus, Daby Toure',
Idir, Bassekou Kouyate', Toumani Diabate', Eliades Ochoa, Dijvan
Gasparyan, Hussein Alizadeh, Femi Kuti, Seun Kuti, Amina Annabi, Enrique
Morente, Simon Shaeen, Trilok Gurtu, Ashraf Sharif Khan, Naseer Shamma,
Gerardo Nunez, Carlos Pinana, Curro Pinana, Bob Geldof, David Crosby,
Marcus Millere, Francesco Guccini, Franco Battiato, Giorgia, Edoardo
Bennato, Mauro Pagani, 99 posse, Raiz, Francesco De Gregori, Marcus
Miller. Strano vederlo sul palco dell'Ariston con
Peppe Servillo ex front man degli Avion Travel, chissà che motivo li ha
affiancati.
Ermal Meta e Fabrizio Moro con una canzone "falsa", una polemica
studiata a tavolino che non "acchiappa" perchè è evidente che è fatta
per cercare di fare cassetta sui sentimenti della gente. Bisognerebbe
rispettare di più i morti e non usarli per fare una canzone. Inoltre
Ermal Meta e Fabrizio Moro rischiano la squalifica perchè il brano
presentato sul palco del Teatro Ariston "Non mi avete fatto niente"
soprattutto nella parte del ritornello, è davvero tanto simile alla
canzone "Silenzio" presentata da Ambra Calvani e Gabriele De Pascali
alle selezioni di Sanremo Giovani per il Festival del 2016.
Giovanni Caccamo, mi concilia il riposo tutte le volte che lo vedo,
ottimo sonnifero, costa meno del Tavor e fa lo stesso effetto.
Le Vibrazioni, ennesima reunion, ma ognuno fa quello che ritiene meglio
per lui.
Lo Stato Sociale, la cosa più bella è stata la vecchietta di 80 che
ballava il rock.
Luca Barbarossa, ex grande senza più ispirazione presenta una canzone
di piccolo calibro.
Mario Biondi, non mi è mai piaciuto, ricordo quando cantava in inglese
che la pronuncia
di mia zia Esterina.
Max Gazzè (“La leggenda di Cristalda e Pizzomunno”) Forse il pezzo più
garbato e gradevole anche se non brilla di originalità.
Nina Zilli, oltre il verstito dovrebbe esserci di più.
Noemi, lei può fare di meglio ma la canzone fa fatica a decollare.
Ornella Vanoni con Bungaro e Pacifico, vedere una venerabile icona sul palco è
sempre piacevole, ammiro lo spirito di Ornella, ma vestirsi alla sua
età come la Wandissima è fuori luogo.
Red Canzian, tanto datato quanto bravino.
Renzo Rubino, non conosco e niente mi ha detto.
Roby Facchinetti e Riccardo Fogli, cazzo ancora i Pooh! E se l'anno
venturo fosse in gara anche Ramsete II?
Ron, la canzone di Dalla è bella, lui l'ha cantata bene, gli unici tre
minuti apprezzabili.
Gianni Morandi,
l'unico in italia a non aver capito che Morandi ha quasi 70 anni e che
non è più il caso di andare a prendere il latte o mettersi in ginocchio
per qualcuna!
Quello che consegna la
pasta Barilla ha chiesto le ferie?
In Italia per trenta
anni sotto i Borgia ci sono stati guerra, terrore, criminalità e
spargimenti di sangue, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo, il
Rinascimento. In Svizzera vivevano in amore fraterno, hanno avuto
cinquecento anni di pace e democrazia. E cosa hanno prodotto? Michelle
Hunziker.
Chiusa questa
breve divagazione, riprendiamo l'argomento. Certo Dylan conosce di più di
quanto immaginiamo, ai tempi era un divoratore di libri, quindi deve
aver letto molto ed assimilato molto, ma per andare a scovare le
citazioni nelle sue canzoni bisogna avere una notevole base culturale,
conoscere Keats, Withman, Ovidio, Dante, la Bibbia e tutte le altre cose
dalle quali ha attinto per le sue liriche fa capire che His Bobness non
è il primo che passa per la strada, anche se io penso che nella sua
cosidetta "imbarazzante Nobel Lecture" abbia voluto essere semplice
apposta per non farsi dare del falso acculturato e del plagiatore come è
successo tante volte. Con quel discorso Bob ha chiuso la bocca a tutti,
e noi che conosciamo abbastanza bene il suo lavoro sappiamo che può fare
di molto ma molto meglio, se così ha fatto ha avuto di sicuro le sue
ragioni ed a mio avviso ha centrato il bersaglio. D'altronde tutta la
faccenda Nobel è stata gestita alla grande, tutto il mondo ha parlato di
Dylan, in bene ed in male, se questa è ignoranza.........Infine non vedo
che male ci sia se Bob finisse nei libri di scuola, in fin dei conti noi
non ci siamo mai lamentati se ci han fatto studiare Leopardi, Foscolo e
Dante, sarò stato duro però è stato bello e riuscire oggi a ripeterte a
memoria con naturalezza "L'Infinito" fa restare ancora tutti a bocca
aperta. In futuro questo potrebbe succedere con Blowin', Time, Lars,
Desolation e Tambourine. Io ne sarei felice.
Dylan lo adoro per il
modo di esprimere le cose, per la sua voce suggestiva, da quella nasale
degli inizi, quella strascicata fino a quella di oggi davvero
charismatica. Però musicalmente io sono schiavo di altre sonorità, amo
l'armonia ed il canto corale, gruppi come Poco, Eagles, Byrds, CS&N,
Beach Boys mi stendono con la bellezza delle loro canzoni e l'impasto
delle loro voci. Nessuno riesce a cantare come loro, in Italia ci hanno
provato i Pooh ed i NewTrolls ma non sono mai riusciti a raggiungere il
livello di questi gruppi. Noi non abbiamo gente come Randy Meisner
capaci unirsi a Richie Furey, Jim Messina, Rusty Young e George Grantham
per diventare il front man dei Poco, poi Randy vuole di più, lascia i
Poco e con Glenn Frey, Don Henley, Bernie Leadon (la backing band di
Linda Ronstadt) fonda gli Eagles diventandone il front man. Certo Randy
ha avuto i suoi eccessi come molte altre Star, droga e alcool che lo
obbligarono a lasciare gli Eagles nel 1977. Nel 1989 ritorna con la
formazione originale dei Poco. Nel 2016 ebbe la disgrazia con sua
moglie, mentre cercava un paio di scarpe da indossare per uscire, spostò
la custodia del fucile che si trovava in quell'armadio, nello spostarlo fece
accidentalmente partire un colpo che la prese in pieno
viso fulminandola. Meisner fu ricoverato dalle autoprità per un TSO
obbligatorio perchè minacciava il suicidio dopo la disgrazia della
moglie. Nel 1999, in qualità di ex componente degli Eagles, Randy è
entrato nella National Rock and Roll Hall Fame. Permettimi di posatarti
il video di " Nothing To Hide" dei Poco per farti capire cosa intendo per canto
a più voci, certamente capirai la differenza fra questi artisti ed i
nostri.
The original members of Poco perform "Nothin' to
Hide"
Live long and prosper, Mr.Tambourine,
:o)
Martedì 6
Febbraio 2018
Talkin'
10373 - miscio.tux
Caro Mr.Tambourine,
direi che argomentazioni come quelle di Gebianchi ritornano
periodicamente. Il Prof. Carrera aveva tempo fa risposto all'analogo
elitarismo di George Steiner con alcune note.
PS. Ma veramente Sir Eglamore mi ha
affibbiato tutte le sue bastonate senza neanche averne il diritto
feudale? Son proprio un povero scarpone! Salterà fuori che me le dava
per ordine del Duca Gebianchi.
Ciao, Miscio.
Prima di affrontare l'argomento Steiner voglio
dirti, caro vile Miscio, che non tutti hanno la fortuna di nascere nella
High Society come Sir Eglamour of Artois, invece quelli nati di default
devono accontentarsi delle bastonate o di qualunque altra angheria che
il suo Feudatario e padrone gli affibia. Sappiamo tutti che il vero
artefice della vittoria di un cavallo al Palio di Siena è il barbaresco
che vive, mangia e dorme col cavallo a lui affidato, ma che si prende
tutti gli onori della vittoria è il fantino. Detto questo passiamo
all'argomento da te proposto, riposto in copia-incolla lo scritto del
prof. Carrera riportante il suo punto di vista sull'argomento per non
sottoporre i nostri Maggiesfarmers a perdite di tempo:
4767) Dylan secondo George Steiner
Rispondo volentieri alla sollecitazione di Paolo Scotto, che mi chiede
che cosa ne penso della presa di posizione di George Steiner su Dylan.
La frase incriminata è questa: “Che Bach e Beethoven realizzino le
potenzialità delle imprese umane e superino il rap o l’heavy metal, o
che Keats provochi intuizioni di cui le liriche di Bob Dylan sono
ignare, è o dovrebbe essere lampante...” Il contesto è quello delle
“Charles Eliot Norton Lectures” di Harvard, una serie di conferenze che
ogni anno vengono affidate a una personalità culturale di fama
indiscussa. Nel 1985 doveva tenerle Calvino, ma morì improvvisamente
prima di partire. Gli altri due italiani a ricevere l’onore delle Norton
Lectures sono stati Umberto Eco e Luciano Berio. Le conferenze di
Steiner si sono svolte nel 2001 e 2002, sono state pubblicate in lingua
originale nel 2003 e in italiano l’anno dopo (George Steiner, “La
lezione dei maestri”, trad. di F. Santovetti e S. Velotti, Milano,
Garzanti, 2004).
Steiner critica duramente la vigliaccheria intellettuale dei professori
americani che per apparire più progressisti e politically correct hanno
distrutto lo studio dei classici rimpiazzandoli con curriculum
raffazzonati e pieni di autori minori, legittimati solo perché
appartenenti a varie minoranze etniche, religiose o razziali. La
stoccata a Dylan compare qui. Con tutto il rispetto per il magistero
critico di George Steiner (tra l’altro non dico che abbia completamente
torto; i programmi universitari americani
imposti dalla political correctedness di turno li conosco bene, ma
l’argomento è troppo complesso per essere affrontato in questa sede), il
riferimento a Dylan è veramente fuori luogo. Se Steiner intende dire che
Dylan ignora Keats, si sbaglia. Mi sembra di aver dimostrato a
sufficienza nelle note alla traduzione di “Lyrics 1962-2001” che Dylan
ha mimato l’andamento dell’“Ode a un usignolo” di Keats, senza
assolutamente plagiarla e nemmeno citandola direttamente, bensì usandola
in modo molto sottile, in “Mr. Tambourine Man” e in parte anche in “Not
Dark Yet”. Tra l’altro, riferimenti a Keats compaiono
anche in “You’re a Big Girl Now”, “Shelter from the Storm” e “Jokerman”.
Se invece Steiner intende dire che i versi di Keats raggiungono un
livello di complessità e di completezza espressiva molto superiore a
quelli di Dylan, questo è certamente vero, ma io gli chiederei allora
quale poeta contemporaneo, anche tra i grandi, reggerebbe il confronto
con Keats. Dire che Paolo Conte sarà pur bravo ma Foscolo era meglio non
è un argomento critico.
Se poi Steiner invece vuole dire che è assurdo studiare Dylan per
political correctedness e bisognerebbe invece studiare Keats, allora
sbaglia in un altro senso, perché i corsi universitari che si insegnano
su Dylan in America non nascono affatto da un inchino alla political
correctedness. Dylan è ebreo, ma negli Stati Uniti gli ebrei non sono
considerati una “minoranza” (solo gli afroamericani, i latinoamericani
emigrati o nati negli Stati Uniti, le donne e i gay sono “minoranze” in
senso legale). Agli effetti legali nonché universitari, Dylan e Keats
sono entrambi “anglos”, che dovrebbe voler dire “anglosaxon”, ma
ormai significa “bianco” in generale. Anche un italiano è un “anglo” (e
che questa definizione sia assolutamente imperialista – o almeno io la
vivo così quando mi sento definito “anglo” – è una cosa che ai
sostenitori della political correctedness non viene neanche in mente).
Oltretutto Dylan è un maschilista di vecchia scuola e in tempi passati
(1980, nel suo periodo “Christian”) aveva perfino trovato da obiettare
al fatto che i gay si stessero muovendo per ottenere obiettivi politici
(aveva
specificato di non essere contro i gay bensì contro una “politica gay”,
ma è appunto la politica gay che ha portato i gay a essere riconosciuti
come minoranza ufficiale). In effetti sono abbastanza stupito del fatto
che finora nessun gay e ben poche femministe abbiano messo Dylan sulla
graticola della political correctedness. Nel primo caso forse lo salva
la sua amicizia con Ginsberg; nel secondo caso, ultimamente gli ha fatto
bene cantare in duetto con Mavis Staples. Al convegno su Dylan al quale
ho assistito a Minneapolis nel marzo di quest’anno la relazione di due
studiose era appunto dedicata alla
cover femminili di Dylan, e la sua amicizia con Mavis Staples era il
centro del loro intervento (titolo: “Quello che Dylan ha imparato da
Mavis”).
Per l’accademia americana Dylan è un “white male” esattamente come Keats
e quando sarà morto, facendo gli scongiuri, sarà anche lui un “dead
white male” come lo sono Dante, Shakespeare e Goethe.
Avrà anche lui il suo posto in quello stesso “canone occidentale” che
Steiner vuole difendere. Il che mi porta all’ultima questione. Avrebbe
senso studiare Dylan invece di Keats? In linea di principio, no. Ma la
cultura non è fatta solo di grandi personaggi immobilizzati nel loro
canone. Quello che dobbiamo chiederci è quale funzione avevano, nella
loro società, i grandi poeti del passato. Intorno alle loro opere si
formava una comunità, una società, una conversazione comune e anche
molte illusioni comuni. Oggi come oggi, quanti poeti riescono ancora ad
esercitare questa funzione? Forse nemmeno i più grandi dei
contemporanei, forse neanche Derek Walcott, anche se probabilmente è il
più significativo poeta vivente. Le cause sono molte, e non le posso
discutere qui. Ma alcuni artisti popolari, “poeti comuni” come Dylan,
sono riusciti a occupare questo spazio, sono riusciti a creare comunità
e conversazione sociale. È perfettamente legittimo studiarli non invece
dei grandi del passato bensì insieme ai grandi del passato, perché la
continuità non deve andare perduta.
Pochi giorni fa sono stato ospite di un piccolo e bellissimo festival
letterario a Santulussurgiu, in provincia di Oristano, intitolato “A
libro aperto”. Mi avevano chiamato per parlare di Dylan e dividevo il
palco con i curatori degli atti di un convegno su De Andrè e con due
musicisti, pianoforte e voce, che eseguivano (molto bene) canzoni di De
Andrè. Dopo che Andrea Cannas, uno dei tre curatori di “Cantami di
questo tempo. Poesia e musica in Fabrizio De Andrè” (Cagliari, Aipsa
Edizioni, 2007) aveva messo in campo Dante e Leopardi per spiegare
perché De Andrè andava considerato un poeta,
io gli ho detto che mi aveva spiazzato e che a quel punto per introdurre
il discorso su Dylan potevo solo controbattere con Shakespeare e
Whitman. I paragoni si facevano assurdi, ma non era assurdo il fatto che
noi abbiamo bisogno di qualcuno, Dylan o De Andrè, che vogliamo imparare
a memoria, di cui vogliamo parlare e grazie al quale vogliamo formare
una comunità, così come generazioni hanno imparato a memoria Leopardi e
ne hanno fatto tesoro anche senza che la scuola li obbligasse. È così
che per molti si fa strada la comprensione di quello che Shakespeare o
Keats hanno fatto ai loro tempi.
I livelli possono cambiare, Dylan può essere più o meno grande di Keats,
ma non è questa la cosa più importante. Quello che conta è che la poesia
deve circolare, essere un circolo e in circolo, non solo uno scaffale di
libri in linea retta. A me hanno fatto molte domande sulla poesia, non
solo su Dylan, e mentre i due musicisti eseguivano De André ho visto
alcuni tra il pubblico che li seguivano parola per parola, sillabando il
testo insieme a loro. Se questa non è cultura viva, allora non so che
cos’è. Non so nemmeno se con questi argomenti riuscirei mai a convincere
George Steiner, ma se mi capita ci
provo.
Alessandro Carrera
Diciamo in modo molto succinto chi è George
Steiner, nato a Parigi il 23 aprile 1929, scrittore e saggista francese.
È stato docente di letteratura comparata in famose università quali
Princeton, Stanford, Oxford e altre. Il suo approccio alla letteratura è
in termini morali e religiosi (è stato allievo dello studioso di mistica
ebraica Gershom Scholem) e il suo interesse è rivolto al rapporto tra
potere, barbarie e cultura con particolare riferimento alle vicende e
questioni inerenti al popolo ebraico.
Di particolare interesse e piuttosto controverso è stato il suo romanzo
"Il processo di San Cristobal" ("The portage to San Cristobal of A.H.")
di ispirazione fantastica: Steiner infatti si immagina che Adolf Hitler
sia ancora vivo e si sia rifugiato in Brasile, dove un commando del
Mossad viene inviato per portarlo in Israele e processarlo. Al di là
della cornice fantastica, "Il processo di San Cristobal" presenta acute
pagine di riflessione filosofica sul linguaggio: in particolare, Steiner
cerca di illustrare la "potenza negativa del linguaggio" e accosta la
figura di Hitler alla figura del falso messia Shabbatai Tzevi (Tzevi fu
un mistico, cabalista, asceta e agitatore politico-religioso ebreo
ottomano. Nel XVII secolo fu considerato virtualmente dall'intera
popolazione ebraica di Europa, Nord Africa e Medio Oriente come il
Messia. Fu il protagonista, e, insieme a Nathan di Gaza, l'iniziatore
del più grande movimento messianico nella storia dell'ebraismo; dopo la
sua apostasia, il movimento si tramutò in una setta, condannata e
tacciata di eresia da molte autorità rabbiniche ortodosse. Morì esiliato
a Dulcigno, nell'attuale Montenegro, vicino al confine con l'Albania,
allora sotto l'Impero ottomano, nel 1676), giungendo addirittura
all'affermazione paradossale e provocatoria che il Führer sia stato il
"vero" messia ebraico, poiché ha portato alla fondazione dello Stato di
Israele. Secondo la filosofia del linguaggio di Steiner, l'affermazione
della "messianicità" di Hitler va compresa in modo del tutto ipotetico e
paradossale come lo spunto per una riflessione filosofica profonda sulla
natura del linguaggio: il linguaggio non è solo uno "strumento positivo"
di comunicazione, ma anche un mezzo di distruzione, di coercizione e di
propaganda.
Probabilmente il
romanzo di Steiner pubbblicato nel 1981 prende spunto dalla famosissima
operazione del Mossad organizzata con la regia di Simon Wiesenthal, il
famosissimo cacciatore di criminali nazisti fuggiti in Sud America, con
la quale Adolf Eichmann, colui che aveva pianificato la "soluzione
finale del problema ebraico, fu individuato in Argentina, prelevato a
forza e riportato in Israele dove, dopo regolare processo, venne
condannato a morte ed impiccato pochi minuti prima della mezzanotte di
giovedì 31 maggio 1962 in una prigione a Ramla, in Israele. Che il
comportamento di Hitler abbia avuto come conseguenza la fondazione dello
stato di Israele e che perciò Hitler potesse essere il tanto agognato
Messia è una assurdità, anche se bisogna osservare che "Messia" è il
termine che designa una figura e una nozione importante per l'ebraismo,
il cristianesimo e l'islamismo. In tali religioni si crede che a un
certo punto della storia debba comparire un inviato da Dio, che
permetterà loro di integrarsi nel mondo e nell'universo. Lo stato di
israele fu ufficialmente costituito il 29 novembre 1947 dall'Assemblea
generale delle Nazioni Unite con la risoluzione n. 181 che approvava il
piano di partizione della Palestina e la costituzione di due Stati
indipendenti, uno ebraico e l'altro arabo. Alla scadenza del mandato
britannico il moderno Stato d'Israele fu quindi proclamato da David Ben
Gurion il 14 maggio 1948. Ma dire che la nazione ebraica sia una
conseguenza della Shoa e darne il merito ad Hitler è un'affermazione
completamente demenziale per la sua assurdità, però l'intento di Steiner
era proprio quello di usare l'assurdo per far capire che le parole a
volte, se prese troppo sul serio, possono diventare causa di morte e
distruzione. Quindi appare giusto che ci sia un controllo sulle parole e
sul loro uso, non solo quelle delle poesie o delle prose liriche, ma
tutte le frasi che vengono dette in qualunque campo hanno una loro
possibile pericolosità, dipende da come si usano e da come si intendono.
Io non credo che facendo un paragone Steiner volesse dire che Keats
fosse più grande di Dylan, ma nelle sue parole c'è una verità
innegabile, certo Keats è più poeta nel senso tecnico della parola, ma
le sue liriche sono confinate nei libri, sugli scaffali, le parole di
Dylan continuano a risuonare per il mondo anche se meno altisonanti e
profonde, più umili forse nella forma, ma non di meno nella sostanza.
Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Egregio Mr.Tambourine,
mi saprebbe dire chi è la signora con la mascherina che compare sul
retro di “Shadows in The Night”? La ringrazio per l’eventuale risposta,
Gianfranco Armandola
Ciao Gianfranco, le
domande che tutti si fecero all'uscita di Shadows furono due, e cioè:
1. Quale singolo ha
Bob Dylan nella sua mano?
La risposta alla prima domanda è, secondo il sito web Searching For A
Gem , il singolo "Get Rhythm" / "I Walk The Line" di Johnny Cash. Non si
tratta del singolo originale, ma una ristampa fatta dalla Third Man
Records del maggio 2013.
La seconda domanda
era: Ma chi è la Signora mascherata è seduta accanto a Dylan?
E' necessario sapere che la Third Man Records è l'etichetta discografica
di proprietà di Jack White leader dei The White Stripes, e la signora
seduta accanto a Dylan è Meg White, la batterista del duo The White
Stripes. Probabilmente aveva regalato la ristampa del disco per il
compleanno di Bob nel 2013.
Live long and prosper,
Mr.Tambourine, :o)
Lunedì 5
Febbraio 2018
Talkin'
10371 - lucaborrelli68
Mr. Tambourine,
Sono interessato a un biglietto per il concerto di Milano.
Mi fai sapere ? Grazie
Un caro saluto, Luca.
Contatta
Alessandro Cavazzuti a questo indirizzo:
walking_antique@hotmail.com
Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
2018 sui palchi
italiani: "Geronto rock n' roll circus"
Sfogliare l’elenco dei maggiori concerti 2018 è una cosa stupefacente,
sembra che le porte delle case di riposo per anziani siano state aperte
all’improvviso, tutte assieme, o, per meglio dire e, forse più giusto,
nel rock non c’è stato ricambio generazionale, o se c’è stato si è
evoluto in qualcosa che con il rock non ha più niente a che fare.
Qualcuno potrebbe anche dire che il rock ormai è morto, e potrebbe avere
anche ragione, ma ci sono concerti come il Coachella Festival che ha
visto l'anno scorso sullo stesso palco I Rolling Stones, Bob Dylan, Paul
McCartney, The Who, Neil Young, Roger Waters andare avanti per 2
settimane con centinaia di migliaia di spettatori che smentiscono la
scomparsa di questa musica. I Rolling Stones hanno fatto numeri da
capogiro a Rio De Janeiro (1.300.000 spettatori) e nel concerto di Cuba
all’Avana (1.200.000 spettatori). Come sono ancora possibili cose del
genere dopo oltre 50 anni di attività? La domanda è semplice - chi ha
preso il posto dei Rolling Stones? Risposta: i Rolling Stones - chi ha
sostituito i Beatles? Paul McCartney e Ringo Starr - chi ha sostituito
Bob Dylan? Bob Dylan - chi ha sostituito i Pink Floyd? Roger Waters -
chi ha sostituito Rod Stewart? Rod Stewart - e così via. E’ chiaro che
questi sono nomi “timeless”, ma parlando di musica, di musica leggera (a
proposito qual’è la musica leggera? E quale sarebbe quella pesante? Poi
c’è la classica e forse la “casual”?) la cosa si ammanta di un velo di
tristezza gioiosa perchè per questi nomi non ci sono sostituti. Oggi
abbiamo centinaia di migliaia di persone che vengono fatte passare per
artisti ma che in realtà facilitano il rilascio degli escrementi, come
un lassativo megagalattico, sarà colpa dei talentshows come Amici,
XFactor, The Voice of Italy? Domanda interessante ma senza una risposta
certa, la verità è che in questi ultimi anni piuttosto che la creatività
si è voluto privilegiare la bella vocina specando in quantità
industriale epiteti altisonanti per gente che dopo un paio di settimane
di esibizione in una piccola arena piena di ragazzine Facebookers che
starnazzano a comando non sanno più cosa devono fare, perdono la loro
identità perchè cento esperti danno loro cento consigli diversi, ragazzi
che oltre che perdere quel poco o tanto talento che hanno diventano
“zombie” nel vero senso della parola, ragazzi che non riescono più a
capire quanto valgono in realtà, che piangnucolano in diretta o nei
“confessionali” come se la vita gli avesse tolto gli affetti più cari
invece che assegnato una canzone da cantare, ed anche questo è
raccapricciante, ma in fondo è un altro discorso che non vogliamo fare
qui.
Fatta questa doverosa premessa ho preso in esame l’elenco dei principali
concerti del 2108 programmati in Italia cominciando anche a considerare
le date di nascita degli artisti:
FIORELLA MANNOIA - 4 aprile 1954
GIANNI MORANDI - 11 dicembre 1944
ROBY FACCHINETTI - 1 maggio 1944 / RICCARDO FOGLI - 21 ottobre 1947
ELIO E LE STORIE TESE - fondati a Milano 1980
VASCO ROSSI - 7 febbraio 1952
DEPECHE MODE - fondati a Basildon 1980
SIR RODERICK DAVID “ROD” STEWART - 19 gennaio 1945
GORAN BREGOVIC - 22 marzo 1950
METALLICA - fondati a Los Angeles 1981
JOVANOTTI - 27 settembre 1966
ZUCCHERO - 25 settembre 1955
TOTO - fondati a Los Angeles 1976
BOB DYLAN - 24 maggio 1941
ROGER WATERS - 6 settembre 1943
GUNS N’ ROSES - fondati a Los Angeles 1985
IRON MAIDEN – fondati a Londra 1975
OZZY OSBOURNE - 3 dicembre 1948 (ex-cantante Black Sabbath, quello che
ha mangiato un pipistrello sul palco)
DEEP PURPLE – fondati ad Hertford 1968
RINGO STARR - 7 luglio 1940
KING CRIMSON – fondati a Londra 1969
JOE SATRIANI - 15 luglio 1956
Da notare che questo elenco comprende solamente artisti che si
esiberanno quest’anno nel nostro Paese, altrimenti l’elenco del “geronto
artists rock n’ roll circus” sarebbe interminabile, pur con le gravi
perdite subite in questi ultimi disgraziati anni.
Tutti questi artisti hanno una rispettabile età ed alcuni addirittura
venerabile, ed esibiscono i loro “oldies-but-goldies” o “greatest-hits”
che dir si voglia in spettacoli dal sapore affascinante e retrò allo
stesso tempo, un deja vù interminabile nella sua bellezza e tristezza.
Ho appena visto in TV lo show di quest’estate di Vasco al Modena Park,
ho apprezzato l’energia e l’impegno del Blasco nazionale, supportato da
una band dall’avvilente suono datato ed obsoleto (a mio parere),
scontato, sentiti e risentiti assoli di chitarra sul viale del tramonto
che fanno molto nostalgia e “sapore di sale”, una corista sola (ma costa
così tanto ingaggiare quattro coriste come si deve?), insomma un
“c’eravamo proprio tutti” dal sapore dolce/amaro, ma certamente i
“fedeli” blaschiani erano al settimo cielo partecipando gioiosi al mega
evento.
I nomi che verranno nel nostro Bel Paese sono altisonanti, ma oggi che
validità possono avere?
Ringo è il più anziano con i suoi 78 anni, si
esibisce onestamente da anni con la sua “All Star Band” che ha visto
nomi prestigiosi prestare il loro talento, gente come Joe Walsh (Eagles
e James Gang), Dr. John, Nils Lofgren (Crazy Horse ed E Street Band),
Garth Hudson (The Band), il Boss Springsteen ha partecipato ad uno show
suonando in quattro canzoni, Timothy B. Schmit (Poco ed Eagles), Bonnie
Raitt, Peter Cetera (Chicago), Ginger Baker (Cream), Gary Brooker
(Procol Harum), Edgar Winter , Rick Derringer (The McCoys, Johnny
Winter, the Edgar Winter Group), Jim Keltner, Paul Shaffer, Todd
Rundgren, Mark Farner (Grand Funk Railroad), Slash (Guns N' Roses),
Peter Frampton (Humble Pie), Simon Kirke (Free and Bad Company), Dave
Mason (Traffic and Fleetwood Mac), Ray Davies (The
Kinks), Ian Hunter (Mott The Hoople), e qui smetto l’elenco che potrebbe
continuare ancora per molto se andassimo a ripescare anche gli artisti
passati a miglior vita come Billy Preston, Rick Danko (The Band), Levon
Helm (The Band), Clarence Clemons (E Street Band), ), Harry Nilsson
(autore di "Everybody's Talkin'", song portante del film "Midnight
Cowboy", in Italia "Un uomo da marciapiede"), Jeff Healey, John
Entwistle (The Who), Jack Bruce (Cream), Greg Lake (Emerson, Lake &
Palmer e King Crimson), e scusate se sono pochi, credo che nessuno al
mondo possa vantare di aver avuto ed avere il supporto di musicisti
tanto prestigiosi.
Zucchero, come al solito indisponente e spocchioso, può però contare a
suo favore, oltre che sulla voce d’oro, su una backing band di altissimo
livello.
Su Gianni Morandi, Facchinetti e Fogli lasciatemi dire un generoso “no
comment”, idem per la Mannoia, Elio e le storie tese avevano annunciato
il ritiro dopo il concerto del 19 dicembre 2017 con la motivazione "Ci
vuole l'intelligenza di capire di essere fuori dal tempo", ma pare che
l’intelligenza li abbia abbandonati come i gatti in tangenziale.
Jovanotti mi piace sempre, mi piace anche che, per quanto ci abbiano
provato, ancora nessuno sia riuscito a prendere il suo posto.
Toto, what a band!!!, chissà se quelli di oggi assomigliano agli
originali....ma dubito molto!
Stesso discorso per King Crimson, insuperabili 50 anni fa con la loro
eterea e sacrale “21st Century Schizoid Man” del 1969, considerati come
gli antesignani dell'alternative rock e del grunge, ma dopo 18 musicisti
e due parolieri quelli che salgono oggi sul palco forse non si conoscono
nemmeno più.
Metallica, bravissimi ai
tempi, ma oggi, dopo innumerevoli cambi di
formazione saranno ancora loro o sembreranno una tribute band dei
Metallica?
Poi Iron Maiden, Joe Satriani, Ozzy Osborne più rincoglionito che mai, Roger
Waters che vive di rendita con le canzoni di “The Wall” sempre
intriganti ed affascinanti da ascoltare, Deep Purple che da quando se ne
è andato Ritchie Blackmore assomigliano ad un altro gruppo.
Guns n’ Roses, ho
appena visto una foto di Axl e Slash spaventosamente invecchiati e
devastati, non riesco ad immaginare con l’aspetto odierno che charisma
possano ancora avere sul palco.
Sir Rod Stewart è sempre un “over the top”, granderrima backing band,
granderrima voce ed anche intelligenza nel capire che alla sua età era
ridicolo continuare a sculettare ancora. Concerto assolutamente da non
perdere!
Bob Dylan rimane sempre il solito “mistero della sfinge”, molti sperano
che la smetta con le sinatrate e si inventi qualcos’altro meno monotono
e noioso, per altri va benissimo così com’è, e se si mettesse a fare
solo cover di Bob Dylan? Non sarebbe una cattiva idea!
Ma in fondo in fondo sono tutti artisti che in un modo o nell’altro ci
hanno dato molto nei loro anni migliori, quindi credo che andare e
rivederli ancora una volta non faccia male a nessuno, perciò live long
and prosper al gerontorock!!! Mr.Tambourine, :o)
Sabato 3
Febbraio 2018
Talkin'
10370 - Calabriaminimum
Caro Mr.T.,
essendo una persona tendenzialmente sportiva, (corsa, calcio, pallavolo,
capoeira) preferisco deporre le armi. Anche perché quello che dovevo
dire l'ho detto. Voglio solo aggiungere, arricchendo spero il nostro
confronto un appunto biografico, che custodisco gelosamente. Spero possa
quindi interessare anche a voi che mi state leggendo. Il mio appunto
riguarda l'adolescenza e in particolare l'ascolto di alcuni cantautori
italiani. Di come esso abbia contribuito a formare la mia coscienza e ad
affinare il mio punto di vista sul mondo, molto più del Grunge o della
"musica che girava intorno" per dirla alla Fossati.
De André per me è un bel ricordo di questa formazione musicale, sociale
ed etica. La conservo gelosamente e in modo abbastanza rigoroso. Non ho
difficoltà ad ammettere che quando scoprii lui, Guccini, De Gregori e
Bennato, non
sapevo nemmeno chi fossero i vari Leonard Cohen, Van Morrison, Paul
Simon e Bob Dylan.
Il mio percorso sonoro parte quindi da qui, o da lì. Successivamente e
in modo abbastanza fortuito, scoprii finalmente Dylan, tramite un
compagno del liceo, o meglio tramite i CD del padre. Iniziò tutto con
Sting/The Police, passando per Eric Clapton e Neil Young. Quando
finalmente arrivai a Bruce Springsteen, durante la fase di copia di una
musicassetta contenente
se non sbaglio il primo album di Springsteen, il mio amico Emilio mi
registrò anche qualche brano di Dylan. Poche cose, ma tra queste c'era
Like a rolling stone. Da quel momento in poi, e ti parlo del 1996-97,
cioè dei miei 17 anni, cambiò praticamente tutto. Ho ascoltato sempre di
meno i nostri cantautori, specialmente quelli più intimisti e acustici.
De Andrè, purtroppo o per fortuna vi rientra. Io dopo aver scoperto la
musica rock e cantautorale statunitense, non sono più
tornato all'ovile. Di base preferisco un sound basato su strumenti
elettrici o quantomeno semi-acustici. In macchina non ascolto mai De
André, nemmeno quando vado a correre o nei pochi momenti che trascorro
con gli amici. Mi capita invece di fare selezioni musicali qui nei
locali notturni della mia città, Cosenza, e di passare in rassegna un
po' di brani rock d'epoca o più contemporanei. Dylan è sicuramente
sempre presente nelle mie selezioni, con pezzi d'epoca o più
contemporanei. Mando molto anche Tom Petty. Ho fatto questo breve
racconto, per spiegare il motivo della mia scelta nei confronti di Bob
Dylan e del rock in generale. Stimo e rispetto molto De André e anche
chi continua ad ascoltarlo e a praticarlo. Musicalmente meno lo ascolto,
più lo apprezzo e lo valuto un grande. Questione di priorità.
Mi piacerebbe pensare che esiste un universo parallelo dove i due si
sono incontrati e hanno suonato qualcosa assieme, per poi tornare
ciascuno sulla propria "cattiva strada". Personalmente continuerò ad
ascoltare musica rock e autori nordamericani. E continuerò a stimare e a
rispettare chi preferisce invece i cantautori italiani. E' pur sempre il
mio bagaglio culturale, e lo sarà per sempre. Pace e amicizia,
Dario Twist of fate
Caro Dario,questo ti
fa onore e credo che anche Gebianchi ti stimerà per le tue parole.
Questo chiude un pò la lunga e bella discussione De Andrè/Dylan, credo
che ognuno sia rimasto legato al suo cantautore preferito come è giusto
che sia, però lo scambio è stato bello, grazie anche a te che vi hai
partecipato assieme ad altri stimati amici. Live long and prosper ,
Mr.Tambourine, :o)
Napoli: Stasera The Never Ending Dylan
Groove (ex Maggie's Farm Southern Band)
Questa sera alle 21,30 The
Neverending Dylan Groove si ripropone al PAVE-Palazzo Venezia (Via
Croce) attraverso un originale percorso storico-analitico unplugged sul
grande Bob Dylan.
The Never Ending Dylan Groove in un percorso storico-analitico sul
grande Bob Dylan attraverso le sue canzoni, l'arte della parola, la sua
arguta introspezione sulla societa'.
I componenti storici della Band, già Maggie's Farm Southern Band
vincitrice tra l'altro,nel 2009, del contest promosso da una radio
canadese tra le band indipendenti di Bob Dylan, ed i nuovi strumentisti
sono tutti napoletani doc:
Antonio Genovese, voce, chitarre, armonica
Carmine Crisci, chitarra
Emanuele Scavo, tastiere
Ciro de Santo, basso
Filippo Russo, batteria, percussioni
Gennaro Montanaro, voce narrante
Lo spettacolo rappresenta un excursus sul pianeta ‘Dylan’, dal punto di
vista musicale ed artistico.
Le canzoni, selezionate tra le centinaia del repertorio più poderoso e
dirompente della storia della musica popolare americana, comprendono
inni ‘generazionali’ folk come “Blowin’ In The wind, ballate di protesta
come “Hurricane”, brani che hanno fatto la storia del rock come “Like A
Rolling Stone”, ma anche gemme meno conosciute del cantautore come “One
More Cup Of Coffee”.
L’esecuzione dei brani sarà preceduta dalla narrazione di brevi passaggi
incentrati sulla figura di Bob Dylan ed allocati nel periodo storico di
riferimento, evidenziando alcuni aspetti significativi dei testi delle
canzoni.
Contributo organizzativo 10 €, per prenotazioni tel. 081 5528739
Edie Sedgwick, la più bella e chic degli anni 60
clicca qui
_________________________________________________________________________________________________________ Dopo la lunga dissertazione
che ha visto come protagonisti De Andrè, Dylan e Bubola ho trovato
questa intervista a Massimo dell'anno scorso, intervista nella quale
parla del suo rapporto con De Andrè, ed ho pensato fosse giusto
riproporla perchè penso sia giusto leggere anche le parole di Bubola in
person. Mr.Tambourine.
Ciao Tambourine,
per cambio di programma vendo tre biglietti per il concerto di Dylan a
Milano, Teatro degli Arcimboldi, lunedì 9 aprile, al costo sostenuto su
Ticketone.
Buongiorno Mister,
volevo, con il tuo placet, aggiungere brevi considerazioni al vivace
dibattito sull'arte di De Andrè e quella di Dylan. Condivido l'opinione
di chi dice che tra i due è difficile giudicare chi sia il migliore,
umanamente ed eticamente parlando, ed anche condivido l'idea che il
giudizio sulla "persona" non sempre possa essere allineato con il
giudizio sull'"artista", giudizi che, pertanto, vanno tenuti separati.
Esprimo ancora due motivi per cui, per me, la bilancia pende a favore di
Bob. La galleria dei suoi personaggi e più varia e divertente di quella
di Faber. Ricordo la varietà di personaggi e musica in album come, per
fare solo pochi esempi, "John Wesley Harding" o "Under the red sky". Il
secondo motivo per cui preferisco Dylan è che, di lui tutto si può dire,
ma non che sia uno snob. La sua provenienza sociale, etnica e geografica
spiegano ampiamente le difficoltà della sua vita prima del successo, e
tracce di questo dolore profondo sono in molte sue canzoni; inoltre ha
lavorato sodo e tutto questo me lo rende caro più di De Andrè che,
tuttavia, non mi è mai stato antipatico, anzi. Ultimissima
considerazione: con il poco intuito femminile che mi resta, mi sembra
che alcune donne siano rimaste legate a Dylan, ma anche che lui non
abbia voluto "mollarle" del tutto... Il libro di Suze, in questo senso,
"docet". Cambio argomento: che paura il "fentanyl"! Per combattere gli
acciacchi della vecchiaia, consigliamo anche alle star il sano, vecchio
stoicismo e qualche aspirina! Lunga vita! Carla.
Certamente molte donne
che hanno frequentato Bob non se ne sono mai staccate, sarà stato forse
il suo charisma, o forse chissà cosa, qualcosa che noi non sappiamo non
avendolo mai "vissuto" da vicino, ma anche coloro che hanno avuto la
fortuna di frequentarlo per i più disparati motivi non ci hanno saputo
dire più di tanto, e forse qualcosa hanno contribuito a pomparla, sai,
come quelle chiacchiere di paese che partono come un dito e arrivano
grandi come un braccio perchè ognuno nel ripeterle aggiunge qualche
particolare inventato per colorire di più la cosa o per far vedere che
ne sa più degli altri. Difficile giudicare le azioni di un altro,
intendo l'uomo, bisognerebbe essere nella sua mente per sapere tutti i
motivi del suo comportamento. L'artista, per quanto complicato, è sempre
più facile da giudicare, l'artista o ti piace o non ti piace e se ne può
dire il motivo, anche se sono motivi validi solo per noi. Poi può
succedere che un altro prenda il tuo giudizio, ci attacchi qualcosa per
sentirsi più importante e cominci a diffondere un giudizio pompato,
nascono così le bufale o i miti, o le leggende, sempre naturalmente
partendo da una base di alta qualità ed alto talento, scontato che un
somaro non potrà mai diventare una leggenda, un mito o vincere il premio
Nobel per la letteratura! N'est pas? Alla prossima, live long and
prosper, Mr.Tambourine, :o)
Tempus loquendi tempus tacendi, declinava
il grande Ezra Loomis Pound verso i suoi detrattori più accaniti; è un
invito che rivolgo sentitamente a Calbriaminimum il quale, è d'uopo, si
sforzi di motivare più diffusamente l' insopportabilita' delle mie
affermazioni; sarà mia cura accettarle tranquillamente se mi sembreranno
sensate o rispedirle al mittente qualora mi apparissero....altrettanto
insopportabili. Comunque, pensavo effettivamente di aver chiuso la
discussione sui meriti e demeriti di De André, ma vedo che la polemica
non si placa. Premesso che, vorrei chiarire a sir Eglamore che ha voluto
correttamente evidenziare la nostra differente formazione musicale e
forse la nostra differente...come dire.... weltanschauung, che i miei
riferimenti jazzistici più che nei postriboli di storyville, affondano
nelle ovattate ed aristocratiche atmosfere del Blue Note o del Vanguard
Village di New York. il mio Interesse per il folk nostrano origina
invece da una formazione istituzionale che tanti anni fa mi ha condotto
a ricerche sul campo tramite le quali mi accostai ai vari stornellanti
locali, ai cantamaggio, ai canti di lavoro degli scariolanti e ai canti
rituali tanto cari al buon Ernesto de Martino, ma non credo sia questa
la sede per approfondire il tutto. Tornando a De André, mi associo
totalmente al fastidio quasi epidermico che Sir Eglamore nutre per la
santificazione del personaggio, frutto direi di una speculazione
commerciale che ha scoperto in De Andrè la proverbiale gallina dalle
uova d'oro; una beatificazione postuma che a mio avviso avrebbe
stomacato lo stesso De André. La signora Ghezzi ha messo in piedi una
orrifica e oliatissima macchina da guerra che ha contribuito in maniera
financo esasperante alla costruzione di un ritratto agiografico inutile
e impreciso. De Andrè era un cazzone pigro e pieno di soldi, puttaniere
e snob, pessimo padre e lunatico narciso. Questo i vecchi estimatori lo
sanno bene, ma questo che c'entra col De Andrè cantautore? Lo sappiamo,
tutti questi eroi dell'epos contemporaneo non brillano per doti umane o
coerenza esistenziale e se questo è il metro di giudizio per valutare il
buon Faber, allora dovremmo gettare alle ortiche anche il caro Bob
Dylan, uomo mediocre e spesso disprezzato nel giudizio di chi lo conosce
bene. Io personalmente, del De Andè uomo e del Bob Dylan uomo, me ne
strafotto ampiamente. De Andrè ha cantato l'ingiustizia sociale
ribadendo in tutte le salse di non voler e non saper essere un parametro
di riferimento per nessuno, alla stregua del buon Dylan che si è sempre
schernito dal rappresentare un eventuale modello per i suoi cultori. Se
poi De André non era affetto o afflitto dalla sindrome dell'iperattività
dylaniana non mi pare poi il caso di fargliene una colpa, semmai ciò
dimostra quanto il nostro eroe fosse in realtà lontano dai canoni
istituzionali dello star system, a differenza di Dylan che in questi
meccanismi ci sguazza alla grande (non è un'accusa è una constatazione).
È poi vero che mentre Faber sorseggiava un bicchiere di vermentino
gallurese in compagnia di qualche radical-chic, o cercava ispirazione
bordesando diretto verso qualche isoletta greca, la povera Princesa
batteva la strada alla ricerca di clienti, ma faccio peraltro notare che
mentre il proletariato operaio si imbruttiva in opifici maleodoranti,
Marx ed Engels, dall'alto di salotti più che borghesi, teorizzavano la
lotta di classe e direi che questa non appartenenza alle classi
subalterne, ha poco influenzato sulla loro capacità di denuncia. De
André, in ottime incisioni di concerti 75-76, riconosceva
tranquillamente il proprio status sociale e la propria inadeguatezza
rispetto al proletariato, e imbottito di pessimo whiskey,
vaffanculeggiava chi tentava di eleggerlo a maitre a panser
generazionale. Ma non per questo il suo apporto alla ridefinizione di
una coscienza politica in molti giovani dell'epoca può definirsi scarso
o evanescente. Infine, su Rimini e Sand Creek, beh...le critiche credo
vadano rivolte al vero deus ex machina di quei dischi, che, come
qualcuno ha già osservato, non è De Andrè, ma il veronese Bubola. Però
qui entriamo nello specifico "de gustibus"; in fondo il giudizio sul
valore di quelle canzoni mi pare estremamente soggettivo e quello
espresso da Sir Eglamore, anche piuttosto ingeneroso alla stregua di
quello che potremmo fornire per un qualsivoglia Desire o Time out of
mind. Vogliamo sostenere che la caricatura degli indiani piumati
proposta da De André sia molto lontana da quella altrettanto agiografica
che Dylan ci propone del povero Robin Hood-Billy the kid ? Andiamo, se
il metro è quello dello snobismo ironico, blasfemo e iconoclasta,
consiglio di leggere Ceronetti ,Tomaso Kemeny o il compianto Valentino
Zeichen, con un sottofondo di Miles Davis che suona the birth of the
cool. Lo spazio di una canzone, l'ambito culturale che ad essa
appartengono, non consentono certo analisi complesse di carattere
storico o in chiave antropologica di tipo funzionalistico. Oltretutto il
valore artistico del canto di denuncia è sempre inferiore rispetto a
quello di una canzone dai toni esistenziali che, svincolata dai limiti
del messaggio può librarsi autonomamente alla ricerca della bella forma.
Da questo punto di vista del resto anche il confronto tra il film citato
in un precedente talkin', Soldato blu e un qualsiasi film di Bergman o
Dreyer, un Posto delle fragole o un Dies Irae per intenderci...è
impietoso, ma siamo su registri linguistici diversi. Io credo che Sand
Creek, che concordo non essere un capolavoro, sia però servito a svelare
a chi non lo conosceva, un episodio vergognoso della storia americana.
Se poi il problema è....letteratura alta vs letteratura bassa, direi che
la poesia di de Andrè non vale una virgola se paragonata a quella di un
Zanzotto, di un Balestrini, di un Sanguineti o di un Montale e quella
politica, è poca cosa rispetto alle belle bandiere pasoliniane. Ma se il
metro è questo, allora caro sir Eglamore, consiglierei caldamente di
disertare anche la poesia dylaniana. Che vale ad esempio l'apocalittico
Zimmerman della Hard rain o di I'm only bleedin rispetto a una Waste
land di Eliot? Per non parlare del discorso di investitura di Stoccolma,
davvero imbarazzante per usare un eufemismo. Non c'è bisogno di un
Harold Bloom e del suo canone occidentale per smontare verso per verso
una qualsiasi canzone del nostro menestrello. Ma qui entriamo in un
campo minato, quel campo per il quale De André ha sempre
precauzionalmente preferito definirsi cantautore, ben conscio della
differenza tra un testo pensato per essere al più declamato ed il
recitar cantando, nobile arte in cui eccellono i nostri due eroi. Quindi
caro sir Eglamore, se lei vuole buttiamo pure nel cesso De Andrè. Dylan,
Cohen and company gli faranno buona compagnia. Rispolvereremo invece il
pleistocenico Claudio Lolli, autore peraltro nel 2017 di un magnifico
disco ovviamente passato inosservato; Il grande freddo. Consiglio
vivamente l’acquisto. Mi creda, vale cento volte le micidiali
reinterpretazioni geriatrico- sinatriane di sua bobbità.
Giuseppe Enrico Bianchi
Cari Amici, per me è
tempus tacendi avendo detto tutto quel che avevo da dire. Non considero
"polemica" le diverse opinioni e le diverse posizioni dei partecipanti
alla discussione sulla questione De Andrè/Dylan. Per me è stata una cosa
oltre che divertente, istruttiva, intelligente, mai banale e mai
volgare, portata avanti dai diversi amici di parere diverso con grande
educazione e senso di civiltà. E' bello scontrarsi sul piano delle idee
ed è altrettanto bello duellare per sostenere le proprie ragioni
rispettando il punto di vista degli altri. E' evidente, da come
scrivete, che avete tutti una buona preparazione nel campo della vita in
generale, esponete bene le vostre opinioni in maniera riccamente
particolareggiata, e questo vi va riconosciuto. Io, come ho già detto,
considero chiusa la discussione perchè non riesco a trovare altre
argomentazioni a sostegno del mio punto di vista, ma questo non mi
impedisce di continuare ad apprezzare lo scambio di opinioni ancora in
atto e di seguirlo con vivo interesse. Sapete che queste pagine sono a
vostra disposizione per argomenti di natura dylaniana, e la vertenza De
Andrè/Dylan, se così la vogliamo simpaticamente chiamare, è un argomento
pertinente alle cose che si discutono in questo sito. Son contento che
continuate ancora animatamente a sotenere le vostre ragioni con tutti i
mezzi che avete a disposizione, sono certo che la cosa ha interessato
anche coloro che non sono intervenuti di persona nello scambio di
vedute. Sono state scritte cose intelligenti da ambo le posizioni in
campo e questo porta una nota di merito alla Fattoria che grazie a voi
si stacca dalle solite "storie di tutti i giorni". Continuate finchè non
avrete esaurito le virtuali cartucce a vostra disposizione, io ed altri
come me continueremo a leggervi con piacere. Live long and prosper,
Mr.Tambourine, :o)
Buongiorno Mister Tambourine,
l'ultima talkin' su De Andrè è pungente e divertente; condivido la
pacatezza della tua risposta, ma vorrei dire che, a parte le
considerazioni di contesto su questo grande cantautore nostrano, le sue
canzoni mi sono sempre parse un po' ripetitive e, oggi, anch'io guardo
con sospetto la sua postuma "beatificazione". Amo di più Guccini, De
Gregori e Battisti... disimpegnato, certo, ma unico nella resa di
impalpabili e fugaci emozioni giovanili. Non sapevo delle disavventure
economiche tra Dylan e Grossman, anche perchè Suze Rotolo, nel suo
libro, "glissa" sull'argomento. Nel documentario "Don't look back" la
Baez sembra un po' perplessa e, a un certo punto, dice a Bob :" è la
quinta volta che cambi il finale di questa canzone"; mi sono persa la
risposta perchè la traduzione, sullo schermo, è durata un attimo.
Poco dopo lei si allontana, dopo aver sfiorato i capelli di Bob con un
bacio lieve. Da questi pochi indizi, par di capire che il sodalizio tra
i due non funzionasse a meraviglia. La Baez è una bella figura femminile
e di lei mi piace assolutamente, aldilà della verità storica, la
rielaborazione artistico-musicale, in "Diamond and rust", della storia
che ha avuto con Dylan. Sto meditando sulle regole nell'uso dei cellulari
ai concerti. Alla prossima e lunga vita!. Carla.
Ciao Carla, sono
contento che anche tu abbia espresso la tua posizione e la tua
valutazione sul De Andrè artista. Certamente, e l'ho già detto, è stato
uno dei migliori cantautori di casa nostra, ma poi sappiamo che "de
gustibus non disputandum est" frase pronunciata, secondo le supposizioni
di Plutarco, da Giulio Cesare davanti a un piatto di asparagi al burro
serviti nella casa di Mediolanum di Valerio Leone. Ai generali Romani la
pietanza non piacque affatto; i Romani infatti erano abituati all'olio
mentre il burro era considerato un alimento "barbaro". Allora Cesare, di
fronte all'imbarazzante situazione, placò gli animi con la soprascritta
frase. Perciò, pur apprezzando le ragioni degli altri, in genere ognuno
mantiene le proprie convinzioni. Anch'io preferisco Guccini, Dalla, De
Gregori mi piace ma troppo scontato nella dipendenza dagli schemi dylaniani,
Battisti, quello con Mogol, era coppia che ha sfornato dei
veri masterpieces, ma, sempre naturalmente a mio avviso, allontanatosi
da Mogol Lucio ha perso quell'aurea magica che eravamo abituati a
riconoscergli.
Dylan con la Baez non
si è comportato in modo "mirabilis", ma nemmeno con Suze e Sara, dei
rapporti con le altre donne pochissimo si sa e quindi non si è in grado
di dire alcunchè, anche se è presumibile che il lupo perda il pelo ma
non il vizio. Don't Look Back evidenzia in modo più che palese che Joan
era perdutamente infatuata di Bob, ma che lui era già passato oltre,
consegnandola alle cattiverie di Newhirt. Purtroppo a volte così vanno
le cose del mondo, tutto passa e tutto se ne va velocemente. Finita con
grande delusione la storia con Bob, nel 1968 Joan sposa David Harris, un
esponente del movimento pacifista dal quale divorzierà nel 1973, non
molto tempo dopo il rilascio dalla prigione dove era stato condannato a
scontare una pena per renitenza alla chiamata di leva. Negli anni 80
frequentò Steve Jobs, fondatore della Apple, ma la storia non si tramutò
in matrimonio a causa dell'età di Joan che rendeva improbabile la
possibilità di mettere al mondo altri figli. Joan frequentò per un pò di
tempo Mickey Hart, il batterista dei Greatful Dead, ebbe una storia con
Stephen Stills (storia raccontata da Graham Nash nel suo libro "Wild
Tales"). Segretamente Joan rimase sempre stregata da Bob, al quale rimase
sempre legata con diversi ritorni di fiamma, storici i loro baci sul
palco durante la Rolling Thunder Revue. Si vede chiaramente nel
film-documentario che al tempo di Don't Look Back Dylan viveva in un
mondo tutto suo, perso nelle sue idee, quasi avulso dalla realtà se non
fosse stato per i concerti, ma si sà, i grandi successi possono portare
un artista a perdere momentaneamente il senso della realtà. Tristi le
immagini, della Baez che canta e di Bob che batte a macchina quasi
come se non la sentisse.
Suze ha spiegato
chiaramente e con onestà e fin troppa sincerità le ragioni della fine
del loro rapporto nel suo libro.
Sara, che oggi
abita al 727 North Bedford Drive, Beverly Hills, CA 90210:
con il divorzio,
ottenuto il 29 giugno 1973 (Dylan disse "Non sono stato un buon
marito....io non so cos'è un buon marito"), ottenne la proprietà della
casa dove abita tuttora, una lauta liquidazione in denaro ed il 50% di
tutte le royalties delle canzoni di Bob scritte fino a quella data.
Dylan ha fatto con le
donne un pò il bello ed il cattivo tempo, ma naturalmente la cosa gli è
costata qualce centinaio di milioni di dollari, però basta
averli...............! Live long and prosper, Mr.Tambourine, :o)
Buongiorno Mr.Tambourine,
vorrei sapere se è vera la storia di Dylan che ha cantato al
Folkstudio di Roma, quello vecchio di via Garibaldi e se ci son prove o
foto che trestimonio l'avvenimento.
Grazie, Giorgio Di Bona
Ciao Giorgio, la
storia di Dylan al Folkstudio non è dimostrabile con certezza. Si dice
che di passaggio a Roma, il giovane folksinger tenne quasi
clandestinamente il suo primissimo concerto italiano al Folkstudio nella
sua prima sede in via Garibaldi. Pare fosse il 5 gennaio del 1963. Era notte
fonda ed erano presenti una quindicina di persone per la maggior parte
sedute al bar, giunte per sentire un altro artista in cartellone. Il
folksinger cantò una manciata di brani, in modo informale, senza alcun
clamore. "È uno dei tanti - sentenziò un produttore discografico -
questo qui non andrà da nessuna parte. Farà una bella carriera da morto
di fame". Quel giovane folksinger era Bob Dylan.
Ezio Guaitamacchi, uno dei massimi giornalisti musicali e attivo nel
mondo della musica, ha scritto:
Atterrato a Fiumicino il 4 gennaio
proveniente da Londra (dopo una session negli studi della BBC), Dylan
vuole raggiungere l’apprezzatissima folksinger Odetta Holmes, ma anche
cercare di localizzare la sua fidanzata dell’epoca, Suze Rotolo, giunta
in giugno a Perugina con la madre per iscriversi all’università (e in
realtà già tornata negli Stati Uniti). Di passaggio a Roma, il
folksinger tiene quasi clandestinamente il suo primissimo concerto
italiano al Folkstudio nella sua prima sede in via Garibaldi. È notte
fonda ed è presente una quindicina di persone per la maggior parte
sedute al bar, giunte per sentire un altro artista in cartellone. Dylan
non è ancora Dylan, per così dire: canta una manciata di brani, in modo
informale, senza alcun clamore. È uno dei tanti.
Mentre è in città Bob Dylan scrive “Girl from the North Country” e
“Boots of Spanish Leather”, poi riparte.
Ezio Guaitamacchi
http://memoryssubmarine.blogspot.it/2011/01/5-gennaio-1963-bob-dylan-al-folkstudio.html
Se clicchi sul link
c'è anche una foto ma nessuno potrebbe testimoniare che sia stata
scattata al Folkstudio.
La leggenda forse è
vera, è solamente la questa storia non ha conferme ufficiali. A quanto
pare era la prima volta che Dylan attraversava l’Oceano Atlantico, tra
la fine del 1962 e gli inizi del ’63, e dopo un periodo trascorso in
Inghilterra, fa tappa in Italia, trascorrendo qualche giorno a Roma con
Odetta. E sempre secondo la leggenda, è in una ex cantina umida e
puzzolente di via Garibaldi, nel quartiere romano di Trastevere, a quel
tempo trasformato in circolo culturale e passato alla storia come
Folkstudio, che un giovanissimo Bob Dylan en passant, fa la sua prima
apparizione – peraltro non memorabile – davanti al pubblico romano.
Ubriaco, ovviamente non è ancora il santone che di lì a poco avrebbe
trasformato la musica pop in una nuova ed emozionante forma d’arte.
Purtroppo abbiamo solo
parole che lasciano il tempo che trovano perchè non supportate da
nessuna prova. Però, che c'è di male a convincersi che sia successo
veramente così? Con tutte le stupidate che si leggono su Facebook oggi
questa è una bazzecola. Spiacente di non poterti, o non saperti, dire di
più sulla questione. Comunque ripeto, crederci non costa niente! Live
long and prosper, Mr.Tambourine, :o)