MAGGIE'S FARM

SITO ITALIANO DI BOB DYLAN

Dylan - Interviste dal 1961 al 2007

PARTE NONA

L'INTERVISTA DI BONO VOX
8 LUGLIO 1984

Bono: Sei già stato in Irlanda in passato?
Dylan: Sì, sono stato a Belfast e a Dublino, e ho viaggiato un po' qua e là...

Bono: Hai mai passato del tempo qui? Sei mai stato qui in vacanza?

Dylan: Sì, beh, quando sono stato qui siamo andati in giro in auto, perciò siamo stati in diversi posti - ma la musica Irlandese è sempre stata una grande parte della mia vita perchè una volta suonavo con i Clancy Brothers. Mi hanno influenzato moltissimo.

Bono: Sì, hanno un suono che è grande, sai, quando cantano, è come fosse punk rock.

Dylan: Già, suonavano in posti non più grandi di questa stanza e quei posti... non ci potevi fare entrare più nemmeno uno spillo... tanto erano stipati di gente.

Bono: Riuscivi a sentire il loro fiato?

Dylan: Esatto!

Bono: Ci credo. Ti spazzavano via con il fiato dei loro polmoni! Dio, come mi piacerebbe saper cantare così...

Dylan: Già, ho trascorso anni insieme a loro, andando in giro, nel '61, '62 e '63.

Bono: Al Greenwich Village?

Dylan: Dappertutto, ho anche condiviso il cartellone con loro una volta.

Bono: Ti sei fatto dare i loro autografi? (risate)

Dylan: No, non mi sono fatto fare l'autografo. Ma sai, una delle cose che mi ricordo di quei tempi è quanto fossero grandi - Voglio dire che non c'era storia, erano davvero grandi. Ma Liam Clancy è sempre stato il mio cantante preferito, come cantante di ballate. Non ho mai sentito qualcuno cantare meglio, e includo anche Barbara Streisand e Pearl Bailey.

Bono: Devi stare attento qui!

Dylan: Liam è un fenomenale cantante di ballate.

Bono: Già, sai, quel che io ti invidio è che la mia musica, e la musica degli U2, è come, è come nello spazio da qualche parte. Non esistono delle particolari radici musicali o un retaggio al quale noi possiamo aggrapparci. In Irlanda c'è una tradizione, ma io non mi ci sono mai innestato sopra...

Dylan: Beh, devi guardare al passato.

Bono: Non abbiamo mai suonato un brano in 12 battute.

Dylan: Devi farlo! C'è un altro gruppo che ascoltavo una volta e che si chiamava The McPeake Family. Non so se ne hai mai sentito parlare...

Bono: The McPeake Family! Mi piacerebbe averne sentito parlare, con un nome del genere...

Dylan: Sono grandi. Paddy Clancy li ha registrati. Aveva un'etichetta chiamata Tradition Records, e aveva questo tipo di registrazioni; hanno registrato per la Prestige all'epoca, e poi per la Tradition Records, la sua compagnia. Si chiamavano The McPeake family. Erano persino più rustici dei Clancy Brothers. I Clancy Brothers avevano sempre quel tocco di commerciale nei loro brani - non ti dava problemi però c'era sempre, mentre la McPeake Family cantava con le arpe. Quello vecchio del gruppo suonava l'arpa - ed era grande - ed anche le percussioni.

Bono: Erano davvero una famiglia?

Dylan: Sì, erano una vera famiglia; se vai in un negozio di dischi e chiedi un disco della McPeake Family, sono sicuro che li puoi trovare in un sacco di posti.

Bono: Hai mai sentito parlare di un gruppo Irlandese che sta lavorando in un campo che è a metà tra la musica tradizionale e la musica contemporanea, e che si chiama Clannad? Clannad è una parola che in Gaelico sta per "famiglia", ed hanno fatto dei potentissimi pezzi musicali, tra cui una canzone chiamata "Theme From Harry's Game", che fa parte di un film, ed ha steso tutti qui in Europa. Non ha mai suonato negli Stati Uniti. Sono una famiglia, vengono dal Donegal, ed hanno lavorato dalla stessa base della musica tradizionale.

Dylan: Esiste un gruppo che voi avete qui, che si chiama... Plankston?

Bono: Planxty.

Dylan: Sono grandi!

Bono: E' un'altra band di rock'n'roll!

Dylan: Già, ma quando penso a quel che sta succedendo - penso che siano grandi.

Bono: C'è un altro gruppo che si chiama De Dannan. Il nome De Dannan ha qualcosa a che fare con le tribù scomparse di Dan. Hai mai sentito parlare della scomparsa della tibù di Dan? Dicono che venivano dall'Irlanda.

Dylan: Sì, ne ho sentito parlare, ne ho sentito parlare.

Bono: Io non sono un musicologo o un esperto di questo campo ma sembra che sia vera questa cosa. E dicono anche, sai, che la scala musicale Irlandese non ha radici in Europa, per niente. Piuttosto viene dall'Africa e dall'India. I popoli Cartesiani, i popoli Egiziani, quello che ha dato loro la supremazia nel Medio Oriente è stata la vela che hanno sviluppato. Non mi ricordo come si chiama, ho dimenticato il nome di quella vela, ma essa gli ha permesso di diventare dei grandi navigatori e commercianti, e quello stesso tipo divela che usavano sulle loro navi è utilizzata anche nell'Ovest dell'Irlanda.

Dylan: Davvero?

Bono: Bob Quinn ha realizzato un film che si intitola "Atlanteans" nel quale viene elaborata questa teoria. Egli avanza l'ipotesi che il libro di Kells, che è un manoscritto, o almeno parte di esso abbia le proprie radici nella scrittura Copta, non radici Europee. Non è per niente una cosa Europea - è collegata all'Africa, alla Spagna, alla Britannia ed all'Irlanda, perchè quella era una via marittima. Io non sono un esperto e non dovrei parlare di queste cose ma è interessante quando ci pensi.

Dylan: Sicuro.

Bono: Ti farò avere qualche nastro...
.
Dylan: Mi piacerebbe. Conosci i Planxty? Mi piace anche un sacco Paul Brady.

Bono: Sì, è grande. E' un vero songwriter. Dimmi - ti sei mai avvicinato ad un microfono, non con delle parole, ma solo per cantare? Io una volta l'ho dovuto fare per necessità perchè mi avevano rubato un testo che avevo scritto - ed ho imparato a cantare al microfono solo per cantare e rielaborando poi le parole in un secondo tempo. A te vengono prima le parole?

Dylan: Alcune volte sì.

Bono: A Portland, in Oregon, un po' di anni fa, un paio di graziose ragazze entrarono nel mio camerino sorridendo e quando se ne andarono si portarono via alcune delle nostre canzoni..

Dylan: Succede tutte le volte anche a me, solo che a me rubano i vestiti!

Bono: Davvero?

Dylan: Rubano i miei vestiti migliori, mai le canzoni.

Bono: Dopo quell'episodio siamo entrati in studio per registrare il nostro secondo LP, October, senza i testi delle canzoni - ci fu un sacco di pressione. Fu uno stress dover cantare senza le parole, scoprii un sacco di cose di me stesso che non sapevo nemmeno. Sei mai rimasto sorpreso di qualcosa che è venuto fuori da te?

Dylan: In genere questo mi succede durante i concerti o gli spettacoli che faccio, più che durante le registrazioni in studio. Inoltre io non me ne sto seduto a scrivere, in genere suono... Per esprimermi suono la mia chitarra, piuttosto che avere semplicemente qualcosa da dire. Posso esprimere meglio quello che ho da dire con la mia chitarra.

Bono: Mi chiedevo se in qualche maniera ti sei spaventato per qualcosa che hai scritto?

Dylan: Oh sì, ho scritto alcune canzoni che mi hanno fatto quell'effetto. Le canzoni che ho scritto per l'album 'Slow Train' mi spaventarono. Ho scritto quelle canzoni ma non avevo progettato di scriverle. Tuttavia le scrissi. Non mi piacque scriverle, non volevo scriverle. Non pensavo... proprio non volevo scrivere quelle canzoni in quel periodo. Ma mi ritrovai a scriverle... quando ne ebbi pronte un certo numero, pensai che non le volevo cantare, perciò avevo una ragazza cui farle cantare per me a quell'epoca, e quel che volevo fare era... si tratta di una grande cantante...

Bono: Chi era?

Dylan: Era una ragazze che cantava con me in quel periodo. Si chiamava Carolyn Dennis. Diedi a lei tutte quelle canzoni e gli dissi di registrarle, e decisi di non mettere nemmeno il mio nome su quelle canzoni. Ma volevo che le canzoni uscissero. Volevo che uscissero ma allo stesso tempo non volevo, perchè sapevo che sarebbero state percepite in un certo modo. E questo avrebbe significato solo più pressione su di me. E proprio non ne avevo bisogno all'epoca.

Bono: Ma tu sei uno che crea problemi? C'è qualcosa in te che vuole che si creino problemi con un album come 'Slow Train'? Vuoi combattere? Vuoi fare a pugni!?

Dylan: Non so! Voglio dire, ogni tanto voglio far incazzare la gente, ma fare a pugni o combattere - ci vuole esercizio per farlo.

Bono: Scacchi, tu giochi a scacchi?

Dylan: Sì, gioco a scacchi. Tu sei un giocatore di scacchi?

Bono: Sì.

Dylan: In realtà non sono molto bravo.

Bono: Ti sfiderò ad una partita a scacchi.

Dylan: Ora non ne ho dietro, ma la prossima volta che ci vediamo!...

Bono: Oh, puoi portare quelli piccolini, sai... quelli che uno si può portare dietro.

Dylan: Sì, me li porto dietro sempre quando sono in tour, ma nessuno nella band vuole giocare con me.

Bono: Davvero?

Dylan: Già, dicono che è un modo per dare sfogo al mio ego. Dicono che voglio sempre vincere. Ma non voglio vincere, voglio solo giocare perchè mi piace.

Bono: Quando fai uscire un album che provoca guai, fa parte di un piano o no?

Dylan: No, io non faccio mai uscire un album per causare guai - se un mio album causa guai, li causa al di là della mia intenzione. Se causa guai è un problema della gente. Non è un mio problema. Se io sento di avere qualcosa da dire lo dico ma quello che avviene dopo non mi interessa..

Bono: Qual è il tuo gioco di apertura?

Dylan: Il mio gioco di apertura, intendi il pedone del Re - e tutto il resto? Non saprei.

Bono: Fai come ti viene.

Dylan: Sì, non gioco davvero in maniera professionale.

Bono: Beh, io pensavo di farlo finchè non ho giocato con il fratello di Adam, Sebastian... Ha solo 13 anni e mi ha battuto!

Dylan: Forse qualcuno ha degli scacchi qui.

Bono: Mi piacerebbe giocare.

Mentre stanno cercando una scacchiera entra Van Morrison

Bono: Hai mai usato sintetizzatori nei tuoi dischi?

Dylan: No, non ho mai usato quelle macchine.

Bono: Il Fairlight Music Computer - ne hai mai sentito parlare?

Dylan: Fairlight?

Bono: Van, che ne pensi della musica elettronica?

Morrison: Mi piace la musica che suona Brian Eno.

Bono: Parla molto bene di te. Ora sta producendo il nostro album.

Morrison: Salutamelo.

Bono: (rivolto a Bob) Conosci Brian Eno?

Dylan: Brian Eno? Non conosco Brian Eno, ma conosco alcuni dei suoi lavori.

Bono: Quando stai lavorando con un produttore, gli dai la libertà di sfidarti?

Dylan: Sì, se sente di dover fare così. Ma in genere andiamo semplicemente in studio e cantiamo una canzone e suoniamo la musica...

Bono: Negli ultimi cinque anni hai avuto qualcuno che ti ha detto "Questa roba è una stronzata, Bob"?

Dylan: Oh, me lo dicono continuamente!

Bono: Mark Knopfler te lo ha detto?

Dylan: Non so, loro passano un sacco di tempo cercando di realizzare bene le loro canzoni, ma con me... io porto semplicemente una canzone in studio, cerco di provarla e poi la registro. Oggi è un po' più difficile fare un buon disco - anche se hai una buona canzone ed una buona band. Anche se vai dentro e la registri dal vivo, non suonerà come in genere suonava una volta, perchè oggi gli studi di registrazione sono così moderni e troppo sofisticati che tu puoi prendere qualsiasi cosa buona e puoi pressarla e strizzarla e schiacciarla e costiparla e soffocarla. Fai una grande performance in studio e poi la riascolti e non c'è più!

Bono: Tutta la tecnologia è così - tu vai in uno spazio morto con strumenti morti e usi la tecnologia per dargli vita, quella vita che non ha. Quello che sto cercando di fare è di trovare uno spazio che abbia vita.

Dylan: Già.

Bono: Uno spazio "vivente".

Dylan: Però le macchine possono togliere la vita persino da quello spazio. Puoi anche registrare nella Basilica di San Pietro, sai, e le macchine ancora farebbero sembrare il suono come, eh ...

Bono: Il cortile di qualcuno.

Dylan: Già. Questa è una buona idea. Mi piacerebbe registrare in una chiesa. Sai, gli studi dei vecchi tempi erano molto meglio, e i macchinari erano molto migliori, non c'è proprio confronto secondo me. Entravi semplicemente in uno studio, erano solo grandi stanze, cantavi soltanto, facevi solo dei dischi, e suonavano nello stesso modo in cui suonavano lì. Tutto questo è finito alla fine degli anni Sessanta, almeno per me. Ho notato un grande cambiamento. Ora vai in uno studio e ci sono tappeti sul pavimento, flipper, video, sandwiches che arrivano ogni dieci minuti. E' un grande e costoso party e sei fortunato se ne viene fuori qualcosa che suoni decentemente. Oggi tu hai un produttore, un ingegnere del suono, un assistente dell'ingegnere del suono, in genere hai un assistente del produttore, hai un tizio che porta i nastri avanti e indietro. Voglio dire, sai, c'è un milione di persone solo per registrare una canzone acustica con la tua chitarra.

Bono: C'è un sistema chiamato Effanel che Mick Fleetwood dei Fleetwood Mac ha portato in Africa. E' stato costruito per lui perchè voleva registrare un vero suono di tamburi Africani, per "Tusk". Abbiamo usato quel sistema. E' contenuto in una piccola valigetta. C'è un tipo che si chiama Conny Plank, che vive in Germania. E' un produttore, credo. Ha prodotto Makem e Clancy e alcuni gruppi tradizionali Irlandesi, anche gruppi orchestrali e gruppi elettronici, DAF, Ultravox, e così via. Questo tipo registra le orchestre semplicemente trovando una posizione nella stanza dove i musicisti sono bilanciati. Ed applica lo stesso sistema registrando la musica moderna.

Morrison: Non so, quando ho iniziato non pensavamo a tutto questo! Nemmeno pensavamo di registrare... (risate)

Bono: Nemmeno pensavate!

Morrison: Un giorno ti ritrovavi in una stanza, accendevano il registratore e dopo circa otto ore dicevano "Ok, pausa per il tè... Abbiamo finito!".

Dylan: Già, la prossima canzone, la prossima canzone!

Morrison: E così l'album era finito.

Dylan: Già, potevi completare un album in tre o quattro giorni. Ora è così lunga... ci vogliono quattro giorni solo per il sound della batteria.



Bono: Bob conosci i Monty Python? Sono attori. Sono dei comici Inglesi, 'Monty Python and the Holy Grail'. Fanno una scenetta che mi riporta alla mente voialtri tipi, seduti a parlare dei giorni passati: "Racconta queste cose ai giovani di oggi e non ti crederebbero". Ma non potete tornare nel passato, dovete andare avanti. Voi cercate di portare i valori di una volta nel mondo di oggi, sapete, la forza che c'era un tempo, e se vedete che qualcosa è andata persa, dovete trovare un nuovo modo per ricatturare quella stessa forza che c'era un tempo. Avete qualche idea su come realizzare ciò? Ad ogni modo penso che lo abbiate fatto... Ad esempio penso che 'Shot Of Love', quella traccia in apertura, possegga quella forza.

Dylan: Anche io la penso così. Tu sei una delle poche persone che mi dicono questo a proposito di quel disco, una delle poche persone che mi abbia menzionato quel disco.

Bono: Quel disco ha quel feeling.

Dylan: E' un grande disco, si adatta quasi a tutti.

Bono: Il suono di quel disco mi fa sentire come se fossi nella stessa stanza insieme agli altri musicisti. Non ho la sensazione che i musicisti siano da un'altra parte. Alcuni dei nostri dischi, invece, li sento in questa maniera perchè c'è quel certo sound tipo cinema, non così blando come quel suono in FM, ma un sound molto "ampio". Ora noi stiamo cercando di concentrarci di più su un sound che abbia un senso di intimità... (dopo una pausa) Non ho mai intervistato qualcuno prima. Odio essere intervistato.

Morrison: Stai facendo un buon lavoro!

Bono: Davvero? Bene! (a Dylan) Quali dischi ascolti?

Dylan: Quali dischi ascolto? Nuovi dischi, intendi? Non saprei, ascolto solo quelli vecchi in effetti. Robert Johnson. Ascolto ancora quei dischi che ascoltavo quando ero un ragazzo - e che mi hanno davvero cambiato la vita. E ancora oggi mi cambiano la vita. Ancora oggi reggono il confronto, sai. The Louvain Brothers, Hank Williams, Muddy Waters, Howlin' Wolf, Charlie Patton, mi è sempre piaciuto ascoltarlo.

Bono: Ho appena comprato l'autobiografia di Woody Guthrie, 'Bound For Glory'. Mi ha cambiato. Quando uno che viene da questo paese, l'Irlanda, va negli Stati Uniti, è molto più che un altro continente...

Morrison: E' un vero e proprio trauma.

Bono: Già, per chi viene dalla travagliata Irlanda è un vero shock! Sto cominciando a fare conoscenza con la musica e la letteratura Americana. Ti vedi ancora con Allen Ginsberg, Bob?

Dylan: Di tanto in tanto incontro Allen, sì, ora è tornato anche Gregory Corso, sta tenendo alcuni reading, penso che abbia appena pubblicato un nuovo libro.

Bono: Ho appena letto questo libro, 'Howl'.

Dylan: Oh, quello è davvero potente. Quello è un altro libro che mi ha cambiato. 'Howl', 'On the Road', 'Dharma Bums'.

Morrison: (a Bono) Hai letto 'On the Road'?

Bono: Ho appena iniziato a leggerlo. Tu fai riferimento in una delle tue canzoni a John Donne, 'Rave On John Donne'. Hai letto le sue poesie?

Morrison: Le leggevo in continuazione.

Dylan: (a Bono) Hai sentito le canzoni di Brendan Behan?

Bono: Certo.

Dylan: 'Royal Canal', conosci 'Royal Canal'?

Morrison: L'ha scritta suo fratello. Si chiamar Dominic.

Dylan: Oh, Dominic ha scritto 'Royal Canal'?

Bono: Sai che il figlio di Brendan vive nei pressi di Dublino...? E' un bel tipo, credo.

Dylan: Conosco le parole di 'Royal Canal'. Una volta la cantavo di continuo.

Bono: Come fa?

Dylan: (cantando) 'The hungry feeling came over me stealing, as the mice were squalling in my prison cell'.

Bono: Sì è questa, già!

Dylan: (continuando a cantare) 'That old triangle went jingle jangle, all along the banks of the Royal Canal'.

Bono: Esatto, quando l'hai letta la prima volta?

Dylan: (ignora la domanda e continua a cantare presissimo) 'In the female prison there's seventy women. It's all over there that I want to dwell. And that old triangle goes jingle jangle, all along the banks of the Royal Canal'.

Bono: Sei mai stato al Royal Canal?

Dylan: No, però cantavo quella canzone. Tutte le notti.

Bono: La nostra musica - come dicevo prima - non ha quelle radici.

Morrison: Già, c'è stata una sorta di interruzione nel tramandare la musica di un tempo. L'ho notato quando sono andato a vedere Thin Lizzy anni fa, la prima sera a Los Angeles, e mi accorsi che nella musica c'era un taglio netto tra la fine degli anni Sessanta e la metà degli anni Settanta.

Bono: Mi piacerebbe saperne di più sulla musica delle radici. Sono affamato di passato.

Morrison: Dovresti ascoltare un po' di quel materiale.

Bono: Lo farò. Sto ascoltando della musica gospel, sai, come the Swan Silvertones, e cose del genere.

Dylan: Che però è roba statunitense.

Morrison: Roba statunitense, ma dovresti ascoltare roba Inglese, sai, come il vecchio materiale di gruppi come gli Yardbirds.

Bono: Sì, ho preso dei loro nastri di recente, davvero buoni.

Dylan: Però devi ascoltare the McPeakes. La prossima generazione potrebbe non avere questa possibilità. Chissà? Odio pensarci. Ascolta, dobbiamo prepararci per suonare. Ti trattieni per lo show?

Bono: Certo, in realtà sono qui per quello.

Dylan: Per registrarlo, HA!

Intervista condotta da Bono allo Slane Castle di Dublino, Irlanda, prima del concerto di Dylan. Sia Bono che Van Morrison furono ospiti dello show. Van Morrison eseguì It's All Over Now, Baby Blue e Bono accompagnò Dylan in Blowin' In The Wind.

traduzione di Michele Murino


°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

Sunday Times, 1 luglio 1984

DYLAN "Dio, chi ha il tempo per stare al passo coi tempi?"

Questa settimana Bob Dylan arriva in Gran Bretagna. Il folksinger, eroe del folk negli anni '60, non ha sempre ricevuto una buona accoglienza da queste parti. Nel 1965 i puristi del folk lo attaccarono per essere "diventato elettrico". Nel 1981 il suo nuovo evangelismo, al quale si era da poco convertito, ha lasciato interdetti molti dei suoi ammiratori. Cosa dovremo aspettarci questa volta? La scorsa settimana Mick Brown ha ottenuto un'intervista esclusiva.

Bob Dylan dà un tiro alla sigaretta, si accarezza le prime avvisaglie di una barba trascurata e osserva pensoso la corrente del traffico che passa sulla strada di Madrid. "Quello che devi capire," mi dice alla fine, "è che io faccio qualcosa perchè sento di doverla fare. Se la gente non riesce a relazionarvisi, va bene; se non possono, va bene uguale. Ma io penso che non sarò compreso davvero se non forse fra cento anni a partire da oggi. Quel che io ho fatto, quel che sto facendo, nessun altro lo fa o lo ha mai fatto."

Il tono messianico si fa più intenso. "Quando sarò morto e sepolto forse la gente lo capirà, e allora riuscirà a comprendere. Credo che niente di quello che io ho fatto sia stato inteso in maniera imparziale. Ci sono in giro tutte queste persone intente ad interpretare, ma in realtà non interpretano altro che le loro idee. Nessuno ci va neanche vicino alla realtà."

Ma un sacco di gente, a quanto sembra, ancora lo vuole. Forse Bob Dylan non venderà più dischi nella maniera consistententemente enorme in cui li vendeva un tempo - una cosa che gli procura una punta di rimpianto - ma la sua capacità di tenere fedele il suo pubblico sembra intatta.

Al momento in cui Bob Dylan arriverà in Gran Bretagna questa settimana per le esibizioni al St. James Park di Newcastle, Martedì, ed al Wembley Stadium, Sabato, si sarà già esibito davanti a quasi mezzo milione di persone in Europa - mezzo milione di persone che avranno cantato il ritornello di Blowing In The Wind, un esperanto che è una dichiarazione di fede per la durevole influenza e per il carisma di Dylan, tanto quanto lo è l'insaziabile interesse della stampa mondiale per le sue attività.

Questo interesse è eguagliato solo dalla determinazione di Dylan nel tenere segrete le proprie opinioni ogniqualvolta sia possibile. Come Bill Graham, il garrulo promoter Americano e più vicino consigliere di Dylan, continua a ricordarci, Bob "non è il vostro folksinger di tutti i giorni."

Tutto quello che la rivista Tedesca 'Stern' voleva fare era intervistarlo per cinque minuti in cambio di una copertina. Dylan ha declinato l'invito. La conferenza stampa che alla fine lo hanno convinto a tenere a Verona, e alla quale hanno presenziato 150 emotivi giornalisti Europei, è stata un fiasco: è stato impedito ai fotografi di scattare foto, e la prima domanda che è stata rivolta a Bob - "Quali sono le tue opinioni religiose oggi?" - è stata accolta da Dylan con irritazione mentre sgombrava la tavola che aveva di fronte, quasi a voler spazzar via quella e tutte le altre domande a seguire.

"Voglio dire, a nessuno importa quali sono le opinioni religiose di Billy Joel, giusto?" mi dice con un sorriso che più che altro è una smorfia. "Che importa alla gente sapere quali sono quelle di Bob Dylan? Ma sembra che sia così, giusto? Onestamente mi piacerebbe sapere perchè è così importante per la gente."

Uno si aspetta molte cose da Bob Dylan, ma una tale gioiosa ingenuità non è una di queste.

Dylan protegge bene se stesso, non con le guardie del corpo ma con una cortina di fumo di privacy ed elusività del tipo che incoraggia speculazioni ed alimenta il mito. Incontrare Dylan comporta un frustrante labirinto di "forse" e di "può darsi", di cautele e di mezze frasi - sembra di avere a che fare con la fine porcellana - e la cosa culmina con una telefonata che ti dà appuntamento in una cafeteria anonima piena di famiglie Spagnole che nemmeno danno una seconda occhiata alla figura vestita con una camicia hawaiana ed un cappello di paglia che alla fine arriva, entrando lemme lemme attraverso la porta.

Dylan è sorprendentemente geniale, giovane per i suoi 43 anni, magro, interessato ed attento, e tratta l'affare di essere Bob Dylan con un attraente sorta di divertita noia.

La cosa è in sorprendente contrasto con il look che Dylan ha presentato l'altra sera, sul palco di fronte a 25.000 persone nello stadio di calcio di Madrid, con la sua giacca nera, stivali alti e profilo di falco che lo faceva sembrare un vendicativo predicatore delle foreste vergini.

L'enfasi nella sua esibizione è mutata rispetto alle canzoni apertamente evangeliche ascoltate in occasione dell'ultima visita di Dylan in Gran Bretagna, tre anni fa. Adesso il concerto copre ogni fase della sua carriera che dura ormai da 21 anni. I temi della protesta sociale, l'amore personale e la fede religiosa non sono stati mai più che un pezzo dell'intero quadro. Dylan rimane quel che è sempre stato, un moralista che non accetta compromessi. Ed ascoltare canzoni come "Masters Of War", "A Hard Rain's A-Gonna Fall" (che parla della guerra nucleare), e "Maggie's Farm" (che parla di lavoratori che si ribellano) e che vengono oggi investite di nuove sfumature di significato, per non parlare di vetriolo, significa capire che, se i sentimenti possono forse essere diventati fuori moda nella musica popolare, non per questo sono meno pertinenti. Nessun altro scrive canzoni come Bob Dylan. Nessuno lo ha mai fatto.

"Per me, nessuna delle canzoni che ho scritto è veramente datata," dice. "Esse catturano qualcosa che non sono stato mai capace di migliorare, qualsiasi sia il loro argomento. Una canzone come "Maggie's Farm" - potrei essermi sentito così proprio l'altro giorno e potrei sentirmi così domani. La gente dice che ha "nostaglia", ma io nemmeno lo so cosa significa nostalgia. 'A Tale of Two Cities' è stato scritto 100 anni fa; è nostalgia? Questo termine, 'nostalgia', è solo un altro modo che le persone hanno di metterti in un posto che esse possano comprendere. E' solo un'altra etichetta."

Le etichette tormentano enormemente Bob Dylan. La gente ha cercato di appiccicargliele addosso fin dal primo momento, dice, "e nessuna di quelle etichette ha mai avuto alcun senso."

Il furore per il suo credo religioso ha reso perplesso soprattutto lui, "come se stessi concorrendo per essere eletto Papa o qualcosa del genere." Quando si sparse la voce per la prima volta che aveva abbandonato l'Ebraismo ed aveva abbracciato la fede Cristiana, e quando cominciò ad andare in tour in America nel 1979 cantando canzoni apertamente religiose, l'accoglienza più ostile non venne dal pubblico dei concerti rock, bensì quando Dylan suonò nei campus universitari, "ed i cosiddetti studenti intellettuali mostrarono il loro vero mostruoso se stesso."

"Cristiani rinati" è solo un'altra etichetta, dice. Dylan ha frequentato per tre mesi una scuola in California, in cui si studiava la Bibbia, ed il libro non è mai stato da lui lontano, ma l'idea che la fede sia una questione di passare attraverso una porta ed aprirne un'altra lo fa sentire ridicolo. "Vivo secondo un rigido codice di disciplina, sai, ma non so quanto sia morale o persino da dove venga realmente. Queste cose diventano semplicemente parte della tua pelle dopo un po'; ottieni il risultato di conoscere quale linea non oltrepassare - in genere perchè l'hai oltrepassata in precedenza e sei stato tanto fortunato da riuscire a tornare indietro."

E' un asceta? Dylan si accende un'altra sigaretta e chiede cosa significa la parola. "Penso di no. Ho ancora desideri, sai, che mi muovono ogni tanto. Non faccio cose all'eccesso, ma tutti ci passano attraverso queste cose. O ti uccidono o ti rendono una persona migliore."

A questo punto della conversazione, non sembra inopportuno chiedere: crede nel male?

"Certo che ci credo. Ci credo fin dalla cacciata di Adamo ed Eva dall'Eden, credo che l'intera natura del pianeta abbia cominciato ad andare in una sola direzione, verso l'Apocalisse. E' tutto scritto nel libro dell'Apocalisse, ma è difficile parlare di queste cose alla gran parte delle persone perchè la maggioranza della gente non sa di cosa stai parlando, oppure non vuole ascoltare".

"Quel che ne consegue è che ci sono un sacco di differenti dei nel mondo in contrasto con Dio - tutto qui. Ci sono un sacco di differenti dei ai quali la gente è soggetta. C'è il dio di mammona (1). Le corporazioni sono dei. I governi? No, i governi non hanno più molto a che fare con questo, non credo. La politica è un'imbroglio. I politici non hanno alcun potere reale. Riempiono i giornali di tutta questa roba che ti fanno credere, parlando a proposito di quello che sta succedendo, ma che in realtà non è quello che sta realmente succedendo.

"Ma d'altra parte non credo che ciò mi renda una persona pessimista. Sono realistico. O forse sono surrealistico. Ma non puoi battere la tua testa nel muro per sempre."

Non sono mai stato, dice, un utopista: quello è sempre stato un termine straniero per lui, qualcosa a che fare con il muoversi per il Paese, vivere in comunità, e far crescere riso e fagioli. "Voglio dire, ho sempre voluto far crescere il riso e i fagioli da me - e ancora lo faccio - ma non mi sono mai sentito parte di quel movimento."

Ma Dylan può ancora guardare indietro agli anni '60 con un qualche approccio affettivo "Voglio dire, i Kennedy erano persone che sembravano grandi, amico, avevano stile," sorride.
"L'America non è più quella. Ma quel che è accaduto, è accaduto così velocemente che la gente sta ancora cercando di capire cos'è successo. I mezzi di comunicazione non erano così grandi all'epoca. E' come se a quei tempi la sola cosa che la gente sapeva era quello che sapeva, poi improvvisamente alla gente è stato detto cosa pensare, come comportarsi... C'è troppa informazione."

"E' soffocante. Come Woodstock - non è stato un evento che significasse qualcosa. E' stato soltanto un intero nuovo mercato per le magliette con disegni colorati. Era una cosa che riguardava i vestiti. Tutta quella gente ora è nei computer."

Questa è una cosa che è oltre la sua comprensione. Non è mai stato bravo con i numeri, e non ha desiderio di fissare uno schermo. "Non mi sento obbligato a tenere il passo dei tempi. E ad ogni modo non starò qui a lungo. Perciò dovrei stare al passo con questi tempi, poi stare al passo con gli anni '90... Dio, chi ha il tempo di stare al passo con i tempi?"

E' in momenti come questi che Dylan - il quale un tempo, forse erroneamente, è stato dipinto come un radicale - rivela di essere un tradizionalista; una persona che aderisce alle verità bibliche; una persona che crede fermamente nella famiglia e nell'istituzione del matrimonio, nonostante il suo divorzio dalla moglie Sara; un uomo che è disilluso nei confronti dei molti totem e valori della vita moderna, le comunicazioni di massa, la volgarità della cultura popolare, la "monotonia" di ogni cosa. Ha letto Cicerone, Machiavelli e John Stuart Mill. Letteratura contemporanea? "Oh, certo, ho letto un giallo, ma non mi ricordo come si intitolava."

"Almeno, negli anni '60 sembrava che ci fosse spazio per essere diversi. Per me, per la mia scena particolare, sono arrivato al momento giusto, ed ho capito i tempi in cui stavo vivendo. Se iniziassi a cantare oggi non so da dove prenderei ispirazione, perchè hai bisogno di respirare la giusta aria per far sì che il processo creativo funzioni. Ma non mi preoccupo molto di questo; l'ho fatto; non posso lamentarmi. Ma la gente che viene fuori oggi, gli artisti e gli scrittori, cosa faranno? Perchè queste sono le persone che cambiano il mondo."

Oggigiorno, ammette, scopre che scrivere è più difficile che mai. Una canzone come "Masters of War" gli prese 15 minuti ed un secondo dopo era passato alla canzone successiva. "Invece se scrivessi una canzone come quella oggi non mi sentirei di scriverne un'altra per almeno due settimane. Ci sono ancora delle cose a proposito della quali mi piacerebbe scrivere, ma il processo è più difficile. I vecchi dischi che ero solito fare... beh nel momento in cui uscivano già non li avrei voluti più pubblicare perchè ero già molto oltre rispetto a quelle canzoni."

Molto del suo tempo oggi lo spende viaggiando. Lo scorso autunno era a Gerusalemme per il bar-mitzvah (2) di suo figlio Jesse - "E' stata un'idea di sua nonna", dice sorridendo. Israele è per lui un interesse da un "punto di vista biblico", ma non ha mai sentito quell'atavistica sensazione Ebrea di ritorno a casa. Infatti egli vive principalmente nella sua fattoria del Minnesota, non lontano dalla città di Hibbing, dove ha trascorso la sua adolescenza.
Poi c'è la casa a forma di cupola di Malibu, California, originariamente costruita per i suoi cinque figli - ci sono buone scuole nei dintorni, dice - ma che ha utilizzato raramente dal suo divorzio in avanti, e poi c'è una barca di 63 piedi con la quale naviga nei Caraibi "quando non riesco a pensare a niente altro da fare."

Non ha mai pensato al ritiro: il bisogno di fare soldi non è stato un fattore determinante - Dylan è un uomo ricco - ma la molla è stato l'impulso di continuare a scrivere. "Non c'è mai stata alcuna gloria in questo lavoro per me in realtà," dice. "Essere visto in tanti posti ed avere le braccia di tutti intorno a te, non mi è mai importato di questo. Non mi importa quello che pensa la gente. Per me, la soddisfazione è sempre stata soltanto semplicemente nel farlo. E' tutto quel che davvero conta."

Mentre la conversazione proseguiva, molta gente ha capito chi sia l'uomo con in testa il cappello di paglia. Una corrente continua di persone ha iniziato a fluire verso il suo tavolo, tutte con in mano foglietti di carta. Dylan li autografa tutti, con una cura sorprendente - quasi come se fosse la sua professione - ma il suo disagio nell'essere in vista diventa più evidente.
Così, perentoriamente come è arrivato, Bob Dylan si scusa e se ne va.


traduzione e note di Michele Murino
(1) Mammona è un termine aramaico con il quale si indicano i "beni", non intesi solamente come beni in denaro. Gesù utilizza il termine "Mammona" per indicare la personificazione della ricchezza mal guadagnata. Questa parola appare nei Vangeli per quattro volte, di cui tre nel vangelo di Luca.
"Nessun servo può seguire due padroni, o odierà uno e amerà l'altro; oppure si affezionerà ad uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e Mammona." (Luca, 16:13)

(2) Il 'bar-mitzvah' è una cerimonia di iniziazione religiosa alla quale ogni ragazzo di religione ebraica si sottopone all'età di tredici anni; con essa l'iniziato viene ammesso al culto e da quel giorno è tenuto ad osservare i precetti della propria religione.


°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

L'INTERVISTA DI BERT KLEINMAN
30 LUGLIO 1984

B.K.: E' vero che hai imparato da solo a suonare la chitarra e l'armonica?

Dylan: Beh, nessuno in realtà impara da solo a suonare la chitarra e l'armonica, sai, quando non conosci niente del tutto di questi strumenti inizi a leggere qualche libro o qualcosa del genere. Quel che ricordo è che imparai un paio di accordi da un libro e poi andai in strada a guardare i musicisti, sai, per vedere come suonavano. Non vai tanto per ascoltarli ma proprio per vedere come riescono a fare quel che fanno, gli vai quanto più vicino possibile e osservi le loro dita per vedere come si muovono. In quella prima fase è una cosa che serve ad imparare ed a volte puoi aver bisogno di molti, molti anni. Ma io ho imparato alla veloce perchè in realtà non suonavo con molta tecnica. Invece conosco persone che hanno passato la loro intera vita ad imparare gli accordi di John Lee Hooker, semplicemente sulla corda sol sai, e quello era tutto. Ma erano in grado di suonarla in un modo bellissimo tanto che sembrava una sorta di ballerino. Ognuno aveva il proprio stile, il proprio stile e le proprie tecniche, specialmente nella musica folk... sai... c'era il banjo di montagna del sud, poi il flat picking, poi le tecniche del finger picking, e tutti gli altri differenti tipi, i differenti stili di ballate. Quello della musica folk era un mondo molto frammentato e c'era anche un lato purista. Alcuni non volevano ascoltarti se non eri in grado di suonare una canzone esattamente nella maniera originaria, nel modo in cui la suonava Aunt Molly Jackson. Ed io in un certo senso mi sono aperto una strada in mezzo a tutta quella roba (risate). Stavo alzato giorno e notte cercando il mio modo di suonare in mezzo a tutti quei generi, poi ho ascoltato Woody Guthrie e tutto e andato a posto per me...

B.K.: Ricordi il primo disco di Woody Guthrie che hai ascoltato?

Dylan: Sì, penso che la prima canzone di Woody Guthrie che ho ascoltato è stata "Pastures Of Plenty". E anche "Pretty Boy Floyd"... e poi un'altra canzone - Woody era solito scrivere un sacco delle sue canzoni da melodie preesistenti - sai... "Grand Coulee Dam". Mi hanno davvero impressionato perchè erano originali, avevano proprio un marchio di originalità, le liriche intendo. Ascoltai tutte quelle canzoni e le imparai tutte ascoltando i dischi. Ascoltavo tutte le canzoni di Woody Guthrie che riuscivo a trovare... o cercavo tutti quelli che avevano un disco di Woody Guthrie... oppure tutti quelli che conoscevano una canzone di Woody Guthrie, e a quei tempi a St. Paul, la città in cui vivevo, c'erano alcune persone che non solo avevano i suoi dischi ma conoscevano molte sue canzoni, così le imparai tutte. Alcuni dei migliori dischi che abbia mai ascoltato erano quelli che erano stati incisi da Woody per l'etichetta Stinson, insieme a Cisco Houston e Sonny Terry. Non so se anche Leadbelly fosse presente su quei dischi... imparai un sacco di materiale di Leadbelly ed imparai come suonarlo. Ma una delle emozioni più grandi la ebbi quando raggiunsi New York, qualunque fosse il posto, e andai a suonare con Cisco Houston, mi sembra di ricordare che suonai con lui ad una festa da qualche parte a New York. Ero solito andare a vederlo, lui in genere suonava al Folk City. Era un tipo fantastico, somigliava a Clark Gable, sembrava una stella del cinema.

Mogull: Mi ricordava un po' Tennessee Ernie.

Dylan: Già.

Mogull: Era anche molto sottovalutato.

Dylan: Oh, assolutamente. Era uno dei grandi eroi di cui nessuno cantava le gesta. Una delle più grandi figure Americane di tutti i tempi e nessuno... sai... puoi chiedere alla gente di lui... e nessuno ne sa niente.

B.K.: Quando pensi che iniziasti a sviluppare qualcosa che fosse unicamente tuo? Parlavi di suonare Woody Guthrie ...

Dylan: Beh, quando arrivai a New York tutto quello che suonavo erano le canzoni di Woody Guthrie. Poi circa sei mesi dopo smisi di suonare tutte le canzoni di Guthrie. In genere suonavo in un posto che si chiamava Cafe Wha?, ed era sempre aperto fin dal pomeriggio... e chiudeva alle sei del mattino. C'era un flusso continuo di gente, in genere turisti che cercavano i beatniks del Village. Forse c'erano cinque gruppi che suonavano lì. In genere suonavo con un tipo che si chiamava Fred Neil, e che poi scrisse "Everybody's Talking", una canzone del film "Midnight Cowboy". Fred veniva dalla Florida penso, da Coconut Grove, Florida. Aveva una voce potente, quasi una voce da basso. Ed un potente senso del ritmo. Era solito suonare il tipo di canzoni che poteva cantare Josh White. Suonavo l'armonica per lui e poi di tanto in tanto cantavo anche qualche canzone. Sai, quando lui si prendeva una pausa o qualcosa del genere. Era il suo show, suonava per circa mezz'ora, poi saliva sul palco un gruppo di congas, si chiamavano Los Congeros, con venti suonatori di congas, bonghi e steel drums. E suonavano per mezz'ora. Poi c'era questa ragazza, penso si chiamasse Judy Rainey, che era solita suonare dolci ballate Appalachiane del Sud con una chitarra elettrica ed un piccolo amplificatore. E poi c'era un'altro tipo di nome Hal Waters che era una specie di cantante confidenziale. Poi c'era un comico, un imitatore... e questo era tutto lo show... e andava avanti non stop. E potevi mangiare lì, il che era la cosa migliore.

Mogull: Quanto durava un tuo set?

Dylan: Oh circa mezz'ora. Se non piacevi al pubblico allora non eri in grado di suonare, venivi cacciato via a furia di urla e schiamazzi. Se invece piacevi allora suonavi più tempo e se non piacevi del tutto a volte non suonavi affatto. Potevi suonare una o due canzoni e la gente cominciava a fischiare e a strepitare...

B.K.: Non era roba tua quella che suonavi?

Dylan: No, non ho iniziato a suonare roba mia fino a... molto tempo dopo...

B.K.: Beh, quando hai iniziato a suonare le tue canzoni?

Dylan: Beh, quando iniziai a scrivere... In realtà avevo sempre scritto canzoni mie ma non le avevo mai suonate. Nessuno suonava le proprie canzoni allora. L'unica persona che lo faceva era Woody Guthrie. Poi un giorno scrissi una canzone... La prima canzone che scrissi ed eseguii in pubblico fu la canzone che avevo scritto per Woody Guthrie. E una sera ebbi voglia di suonarla e lo feci...

B.K.: Era una canzone che avevi sempre voluto scrivere?

Dylan: No, no in realtà. Non era una cosa che volevo fare da sempre. Volevo solo una canzone da cantare e arrivò un momento che non avevo più niente da cantare. Così dovevo scrivere quel che volevo cantare, perchè nessuno stava scrivendo le canzoni che volevo cantare. Non riuscivo a trovarne da nessuna parte. Se ne avessi trovato altre, probabilmente non avrei mai iniziato a scrivere.

B.K.: Scrivere canzoni era qualcosa che ti veniva facile? Perchè si tratta di una cosa che tu fai davvero bene e invece ne parli invece in maniera così casuale.

Dylan: Beh, sì, viene facile... ma sai... dopo tutti questi dischi non so più se sto facendo quel che faccio perchè voglio farlo o perchè è quello che ci si aspetta da me. Capisci cosa intendo? Dici... è tempo di scrivere una canzone... scriverò una canzone. E provi a fare qualcosa... ma a volte non viene bene... In quel caso è meglio se canti le canzoni di qualcun altro.

B.K.: All'epoca per te era un lavoro scrivere?

Dylan: No... era solo qualcosa che facevo. Stavo in piedi tutta la notte e scrivevo una canzone oppure... in quei giorni ero solito scrivere un sacco di canzoni nei cafè. O anche a casa di qualche amico con la macchina da scrivere. "A Hard Rain's A-Gonna Fall" l'ho scritta nello scantinato del Village Gate. Da Chip Monck... c'era un posto giù nella stanza del boiler... un appartamento in cui dormiva, vicino al Greenwich Hotel. Scrissi "A Hard Rain's A-Gonna Fall" lì. Scrivevo canzoni a casa della gente, negli appartamenti della gente, dovunque capitava.

B.K.: Le scrivevi già in maniera definitiva oppure le abbozzavi e poi le perfezionavi?

Dylan: Per lo più le lasciavo come erano venute...

- interruzione -

Dylan: Beh non so perchè me ne andai via da quello show [Ed Sullivan 1963]. Avrei potuto cantare qualcos'altro ma avevo provato la canzone, Talkin' John Birch Blues, così tante volte e tutti l'avevano ascoltata. Aveva sempre avuto una risposta favorevole da chi l'aveva ascoltata e non vedevo l'ora di cantarla. Anche Ed Sullivan sembrò apprezzarla. Non so cosa non andasse ma poco prima che la cantassi vennero nel camerino... ed era già quasi tempo di andare in scena. Entrarono e ci fu questo grande caos, vedevo gente che parlava di qualcosa. Ero pronto a suonare e poi qualcuno venne da me e mi disse che non avrei potuto cantare quella canzone. Volevano che cantassi al suo posto un brano dei Clancy Brothers e per me non aveva davvero senso fare una canzone dei Clancy Brothers in TV davanti all'intera nazione a quell'epoca... Così me ne andai...

Mogull: Ti ricordi quella volta che eri a San Juan, Puerto Rico, alla convention della CBS e... era tenuta al San Juan Hilton mi sembra ... quella grossa convention discografica e il presidente della CBS all'epoca era un uomo favoloso che si chiamava Goddard Lieberson. E non permisero a Bob di entrare nell'hotel perchè non era vestito con giacca e cravatta...

Dylan: Già, o una camicia.

Mogull: E Lieberson disse al tizio dell'albergo che o Bob entrava oppure avrebbe portato l'intera convention fuori di lì. Ho raccontato la storia in maniera esatta?

Dylan: Sì, Goddard era un mio grande fan. Goddard Lieberson, così come lo era John Hammond. Senza quelle persone non penso che avrei fatto molta strada. Se avessi esordito in questi tempi, con il tipo di persone che guidano le compagnie discografiche ora, avrebbero... sai... sbarrato le porte per non farmi entrare, immagino. Ma a quei tempi invece c'erano persone che erano più trincerate nell'individualismo.

Mogull: E che inoltre non erano così insicure del loro lavoro.

Dylan: No, dirigevano le cose, sai, prendevano decisioni. Ora invece sembra che tutti debbano prima parlare con qualcuno, sai... è una roba tipo... te lo dirò domani... chiamami più tardi... cose del genere...

B.K.: Andavi d'accordo con Lieberson...?

Dylan: Oh, certo, era grande ... Veniva persino a vedere qualche mia seduta di registrazione, si fermava per salutare sai ...

B.K.: C'era pressione su di te? Intendo dire che alcune persone consideravano la tua musica quasi sovversiva. Sebbene io abbia sempre pensato che fosse invece molto Americana.

Dylan: Penso di sì... non so. Ma come ho detto sembravano dirigere le cose. Sai, altre persone potevano parlare tra i denti o qualcosa del genere, ti parlavano alle spalle. Ma all'epoca i loro pezzi grossi erano Mitch Miller, Andy Williams, Johnny Matthis. In realtà io non iniziai a vendere molti dischi fino al secondo album e fino a "Subterranean Homesick Blues" che scalò le classifiche.

B.K.: Quello era un singolo fantastico se pensi a quelli che circolavano all'epoca.

Dylan: Facevano dei bei dischi allora, che - sai - erano ottimi dischi pop. Non alla Columbia però. Phil Spector faceva un sacco di roba all'epoca, così come Jerry Lieber e Mike Stoller ...

B.K.: Ascoltavi molto pop all'epoca?

Dylan: Sì. Ascoltavo molte canzoni pop ma non influenzarono mai quello che scrivevo. Almeno non ad un certo livello. Era avvenuto in passato, come con la prima roba che circolava, quando arrivò il rock'n'roll dopo Elvis, Carl Perkins, Buddy Holly, e altri del genere. Chuck Berry, Little Richard, quelle canzoni sì che mi influenzarono ... Sai, la nostalgia in realtà per me non è il rock 'n' roll. Perchè quando io ero giovane la musica che ascoltavo era Frankie Laine, Rosemary Clooney, Denis ... come si chiamava? Denis Day? E poi sai cantanti come Dorothy Collins ... the Mills Brothers, tutte cose del genere. Johnny Ray mi colpì davvero. Johnny Ray è stata la prima persona che mi ha davvero colpito.

B.K.: Perchè proprio lui?

Dylan: Beh, era così commovente, non è vero? L'ho incontrato in un ascensore in Australia ... era uno dei miei idoli sai. Voglio dire, ero senza parole, ero in un ascensore con Johnny Ray!

B.K.: Quando hai iniziato a spostarti dal folk puro ad uno stile più elettrico... fu una cosa difficile?

Dylan: Stai toccando un argomento spinoso... (risate)

B.K.: Beh, voglio dire, oggi vai sul palco e fai entrambe le cose, e coesistono. Nessuno se ne preoccupa.

Dylan: Sì, in realtà hanno sempre coesistito...

B.K.: Almeno stando a quello che sembra dal di fuori ho come l'impressione che la gente all'epoca cercava di dirti come fare la tua musica.

Dylan: Oh ... c'è sempre gente che prova a dirti tutto quel che devi fare nella tua vita. Se davvero non sai cosa fare e non ti importa cosa fare allora chiedi semplicemente l'opinione di qualcuno. Avrai un milione di opinioni differenti. Se non vuoi fare qualcosa, chiedi a qualcuno un'opinione e verificheranno per te. La maniera più facile per fare qualcosa e semplicemente non chiedere l'opinione di nessuno. Voglio dire... se davvero credi in quel che stai facendo ... Ho chiesto l'opinione della gente ed è stato un grande errore, in differenti campi. Nella mia vita personale ho chiesto alla gente cosa ne pensava sul fare una determinata cosa e mi dicevano ... Oh Wow! ...! Sai, finivi per non usare quel parere o di usarlo male.

Mogull: In realtà penso che l'artista debba prendere da solo le sue decisioni, secondo il proprio istinto...

Dylan: Già, sai quel che è giusto. Quando arrivano delle cose tu sai che sono giuste. Se sai quel che è giusto allora in genere puoi usare il tuo istinto ed avere successo.

B.K.: Registrare è una cosa completamente differente rispetto ad esibirti su un palco. E tu, da quel che ho sentito, provi a registrare nella maniera più spontanea possibile... ?

Dylan: Sì, lo facevo, ma non è più così, non avviene più così spesso. Ma ero solito farlo, perchè registrare una canzone mi annoia, sai, è come lavorare in una miniera di carbone... Beh, voglio dire, non è davvero così, non è che tu sia completamente sotto terra! Forse non in un senso letterale, ma... puoi restare chiuso in una stanza per mesi. E allora quel che tu pensi sia vero non lo è più, ascolti suoni e il tuo intero mondo diventa lavorare con i nastri e cose del genere... Non mi è mai piaciuto quell'aspetto del mio lavoro... Inoltre non sono mai arrivato a quel livello... quando registravo all'inizio andavo semplicemente in sala di registrazione e incidevo le canzoni che avevo... Era così che funzionava all'epoca. Ma ora la gente non registra più in quel modo... La tecnologia ha incasinato tutto... E' tutto un imbroglio...

B.K.: Un imbroglio?

Dylan: Sì, è tutto un imbroglio. La tecnologia sta offrendo un falso quadro delle cose. Se ascolti molti dei dischi che vengono realizzati oggi, sono tutti in qualche modo fatti grazie alla tecnologia. Il che è una specie di connivenza col crimine... puoi sognare qualsiasi cosa tu voglia realizzare e poi andare in studio ed esaudirla! Poi vai a sentire alcune di quelle canzoni eseguite dal vivo e resti molto deluso, perchè... ehm... voglio dire... ammesso che tu voglia davvero sentirle dal vivo... Potresti non volerlo sapere... Beh, io penso che tutto sia diventato un imbroglio... ma è il progresso, sai... Non puoi tornare al metodo che si usava una volta. Perchè un sacco di gente ha imbrogliato le cose, ma un sacco di altra gente ne riceve un grande vantaggio. In altre parole ora tu puoi ottenere qualcosa che va bene anche se è sbagliata... ma puoi far sì che vada bene... sai, potrebbe essere totalmente sbagliata ma puoi far sì che vada bene! E può essere fatto tutto quanto solo con il suono e con la tecnologia e... stavamo registrando una canzone l'altra sera e dovevamo mettere un battimani... e il tizio che era seduto dietro il mixer ci ha detto "Beh... non vorrete davvero mettervi a battere le mani...? Ho un macchinario qui che può farlo al posto vostro..." Ed il nome di questo affare era Roland o qualcosa del genere (risate). E invece siamo andati al microfono e abbiamo semplicemente battuto le mani. Non era un gran problema ma potevamo avere un macchinario con cui farlo... Ma questo è solo un piccolo esempio di come ogni cosa al giorno d'oggi è condizionata dalle macchine...

B.K.: Parli quasi come se... non so davvero come dirlo... come se il mondo fosse andato avanti e tu fossi rimasto all'antica...

Dylan: Beh, io mi sento all'antica, ma non credo di essere all'antica nel senso che non sono moderno... Sai, ad un certo livello non esiste una cosa all'antica e una cosa moderna... in realtà niente è cambiato. Io non credo di essere all'antica nel senso che mi sento una persona obsoleta che se ne sta seduta da qualche parte... sai, nel Montana... e che se ne sta soltanto lì a guardare la neve che cade. Ma anche se così fosse, sono sicuro che andrebbe comunque bene.

Mogull: Sì, Bob, ma tu non puoi andare ad un concerto come Wembley e ottenere quel tipo di...

Dylan: Sì, okay ... ma la vita è così, non hai molti anni da vivere, giusto? Perciò per quanto tempo sei in grado di riuscire a stare al passo con le cose ...? E quando tieni il passo con le cose con che cosa stai tenendo il passo? Chi compra la maggioranza dei dischi oggigiorno? Ragazzini di 12 anni? Chi compra i dischi di Michael Jackson? Ragazzini di 12 anni. Di 14, 16, 20 ... Non so chi compra cinquanta milioni di dischi di qualcuno. Sai, non puoi competere con un mercato che è rivolto a ragazzini di 12 anni. Sai... hai dei critici di oltre 40 anni che scrivono a proposito di dischi che sono rivolti a ragazzini di 10 anni! E ricavano da questi dischi una filosofia intellettuale.

B.K.: Ma tu non ascolti queste cose?

Dylan: No, non ascolto queste cose e non ascolto quei critici. Io sono venuto su con un sacco di persone che dovrebbero conoscere molto meglio tutto quanto, che hanno fatto carriera scrivendo di rock 'n' roll. Scrivere di rock 'n' roll ...! Voglio dire... sai... quanto puoi essere indecente? Beh, non sto dicendo che sia tutto da buttare, la gente deve esprimere se stessa... Così il rock 'n' roll gli dà un brivido, o gli ha dato un brivido in passato. Beh, molte delle persone alle quali io penso come autorità del rock 'n' roll sono persone che hanno documentato su carta tutto quello con cui io ricordo di essere cresciuto quando è iniziato... giusto? Perciò tutti sanno dove sono le radici del rock 'n' roll. Tutti sanno chi ha fatto cosa, ma farne un giochetto intellettuale è qualcosa che esula dalla questione, sai... non aggiunge davvero niente alla storia della musica popolare... E' soltanto un voler alimentare un sacco di persone ciniche e che si considerano più giuste e migliori e che pensano di avere un diritto sulla miniera d'oro del rock 'n' roll... o quel che è. Trovo tutto questo molto disgustoso.

B.K.: Ci sono delle cose alle quali tu riguardi oggi pensando al passato e per cui dici: "Dio, quella era davvero buona"?...

Dylan: Oh, sì. Ma alcune delle canzoni di cui parli, sai... non sono in grado di scriverle oggi. In alcun modo. Ma guardo quelle canzoni, perchè le canto in continuazione, e mi chiedo da dove sono venute fuori e come sono nate... come sono state costruite. Anche le canzoni più semplici, le guardo in quel modo. Non potrei rifarle oggi, e nemmeno ci provo. Sarei uno stupido a provarci. Penso che ci siano un sacco di bravi autori di canzoni però... quel che io ho fatto l'ho fatto da solo... ma ci sono un sacco di altri bravi autori di canzoni... della mia epoca.

Mogull: Chi ad esempio, Bob?

Dylan: Randy Newman scrive buone canzoni, Paul Simon ha scritto alcune buone canzoni... Penso che "America" sia una buona canzone, penso che "The Boxer" sia una buona canzone. Penso che "Bridge Over Troubled Water" sia una buona canzone. Paul ha scritto anche un sacco di canzoni brutte ma tutti quanti l'hanno fatto. Vediamo... alcuni scrittori di Nashville... Shel Silverstein scrive grandi canzoni. E' una delle persone che scrivono canzoni che io preferisco. Sai, qualsiasi cosa tu esprima viene fuori dalla somma delle conoscenze e dalla luce e dall'ispirazione che tu le dai... Se gliene dai solo un po', sai... beh, devi farne il meglio che puoi...

B.K.: Hai mai provato a dedicarti ad altre arti?

Dylan: Sì, alla pittura.

B.K.: Davvero? Dipingi molto?

Dylan: Sì, beh non molto in anni recenti... ma è qualcosa che vorrei fare se ne avrò la possibilità... devo essere nel posto giusto per poterlo fare, devo dedicargli un sacco di tempo... perchè una cosa porta ad un'altra e tendi a scoprire nuove cose mentre vai avanti. Perciò ci vuole tempo per svilupparle, ma io so come farlo, fondamentalmente... perciò una volta che ho preso il ritmo...

B.K.: Tieni del tempo per te stesso?

Dylan: Oh, sì, tengo del tempo per me stesso. Non ho tempo pubblico. La gente pensa di sì ma quello è il mio tempo.

B.K.: E' un grande posto in cui trovarsi.

Dylan: Beh, quello è il posto in cui ti trovavi quando sei nato. Quello è il posto in cui dovresti essere. Voglio dire... cosa c'è che non ti fa stare in quel posto? Devi essere parte della macchina... perciò cosa succederebbe se non facessi parte della macchina?...

Interruzione

Dylan: Non so se sono mai stato felice... Non so... voglio dire... felice? Non mi considero felice e non mi considero infelice, non ho mai pensato alla vita in termini di felicità ed infelicità. Non mi è mai capitato.

B.K.: Pensi alla vita in termini di crescita?

Dylan: No! Non penso mai alla vita in termini di crescita... ti dico cosa penso... che non puoi mai fermarti da nessuna parte... non c'è posto in cui fermarsi... Sai... quei posti al lato della strada dove puoi fermarti... sono solo un'illusione.

B.K.: La strada va avanti...

Dylan: Già, tu puoi andare per quella strada... e puoi volerti fermare... ma non sei in grado di restare fermo in quel posto.

B.K.: Quando parli di andare per quella strada, non è in un certo senso una crescita? O almeno un movimento. Dal punto A al punto B...

Dylan: Sì, è una crescita. Ma cos'è una crescita? Voglio dire che ogni cosa cresce, è semplicemente il modo in cui va la vita, la vita cresce. Sai, la vita cresce e muore, vive e muore. Ogni volta che arrivi in un posto, non è quello, devi andare a quello successivo. Non puoi restare da nessuna parte, non esiste posto in cui stare, non c'è posto che ti tratterrà.

B.K.: A causa della noia o perchè è così che va?

Dylan: No, perchè è semplicemente nella natura delle cose...

B.K.: Dunque ti vedi sempre in movimento? Ti vedi sempre mentre prosegui costantemente in avanti?

Dylan: Vedo tutti in questa maniera, vedo il mondo intero in questa maniera. Quel che non va così è semplicemente qualcosa di morto.

B.K.: Ah... com'è quel verso? Quelli che non sono impegnati a nascere sono...

Dylan: ...impegnati a morire? Che grande verso!

B.K.: Non l'ha scritto qualcuno?

Dylan: Un verso classico che... Sai... la gente dice "Beh, non è grande avere la possibilità di fare quel che fai?"... Beh... Ad un certo livello lo è... ma la gente dimentica che un artista... un artista che fa concerti... chiunque vada in tour... chiunque suoni dal vivo di città in città sera dopo sera... beh... la gente pensa che sia facile... Ma non è facile. La gente pensa che tu vada ad una festa... e ti chiede: "Come ti va?" e io dico: "Sono a Schenectady!" (risate). E loro rispondono "Oh bene, ti stai divertendo e io invece sono qui bloccato ad Orlando"...
Ma non è... sai... devi semplicemente alzarti, prepararti e fare quel che si suppone tu debba fare. So che quando vado via dalla strada... oh Dio! Per le prime due o tre settimane... Voglio dire... Posso alzarmi a qualsiasi ora io voglia! Non devo andare a dormire ad una certa ora ed alzarmi ad un'altra determinata ora, e programmare il mio tempo per fare questo ed essere in un certo posto e fare questo e fare quest'altro, e tornare e fare un certo numero di ore di sonno. Sai... mangiare bene... nel caso tu abbia paura di ammalarti o abbia paura di farti del male da qualche parte lungo il percorso... Tutte queste cose... semplicemente spariscono quando arriva l'ultimo show del tour... e allora puoi fare tutto quel che vuoi... E' una sensazione euforica.

B.K.: Navighi?

lunga pausa (probabilmente Dylan dice all'intervistatore che non vuole parlarne...)

B.K.: Sì?

Dylan: Sì.

B.K.: Cioè vuoi parlare di qualsiasi cosa ti piaccia fare tranne che...

Dylan: Mi piace fare un sacco di cose ma non voglio parlare delle cose che mi piace fare...

B.K.: Okay.

Dylan: Parlerò delle cose che non mi piace fare!

B.K.: Hai dichiarato che ti consideri una persona abbastanza regolare... Vuoi dire che sei come chiunque altro?

Dylan: Beh, certo, sai respiro la stessa aria di tutti. Devo fare le stesse cose che fa la maggior parte della gente...

B.K.: Beh... in molte delle tue prime canzoni però c'è una sensazione come di separazione...

Dylan: Oh, beh... c'è sempre una sensazione come di separazione, anche nelle canzoni successive voglio dire... Non ci sarebbe alcun senso se non ci fosse una sensazione di separazione. Voglio dire che se non avessi qualcosa di differente da dire alla gente, allora che senso avrebbe fare quello che faccio? Voglio dire... potrei fare un album delle Ronnettes!

Mogull: Io penso che la cosa più interessante che hai detto finora, Bob ...

Dylan: Ho detto qualcosa di interessante?...

Mogull: Una cosa che è stata estremamente interessante per me è quando hai detto che hai iniziato a scrivere perchè nessuno scriveva le canzoni che tu volevi cantare.

Dylan: Sì, è stato allora che ho iniziato a scrivere... ed è il motivo per cui ancora sto scrivendo... Vorrei che arrivasse qualcuno e mi desse qualche canzone che io possa cantare. Sarebbe come un peso che mi toglierei dalle spalle... Voglio dire... E' un grosso peso! (risate)

B.K.: C'è ancora un sacco di aspettative da parte della gente nei tuoi confronti. Sei stato capace di andare al di là di questo, di smettere di preoccuparti di quello che la gente si aspetta da te?

Dylan: Chi si aspetta cosa? Voglio dire che chiunque si aspetti qualsiasi cosa da me è un caso borderline. Nessuno che abbia almeno un briciolo di senso della realtà si deve aspettare qualcosa da me. Ho già dato abbastanza, sai, che vogliono ancora da me? Non puoi continuare a dipendere da una persona perchè ti dia tutto.
Quel che in genere io faccio è dire, okay, scriverò una canzone, sia che si tratti di un testo che di un ritmo... ma lo faccio per me, poi esco e la suono e... ehm... Non sono un grande ammiratore di roba come i videoclip. Voglio dire che non mi interessa fare dei video, ma per me è una cosa da niente provare e tentare di farne uno... perchè è una cosa falsa, sai... è tutto quanto basato su quanto bello e piacevole il video possa sembrare... chiunque può fare un video. Chiunque. Purchè tu abbia una telecamera... quale tipo vuoi? 16mm, videocamera, chiunque può farlo. E chiunque può fare un buon video, e... ehm... alla gente piacerà. Ogni cosa viene realizzata in maniera tecnologica... lo puoi mettere in ghingheri in molte e differenti maniere. Così la gente non saprà cosa pensare. Nessuno si siederà lì e dirà 'oh questa è una porcheria', oppure 'questo è fantastico'... è una cosa che non ha alcun senso... E' passato un sacco di tempo dall'ultima volta che ho visto una di quelle robe, ma l'ultima volta che ne ho visto uno, voglio dire... ero sgomento. E poi... quando vai a vedere dal vivo alcuni di questi gruppi... e io ne ho visti alcuni... non sono niente, sai... non sono proprio niente. E' questo il motivo per cui ricorrono così tanto alla finzione... in un'altra arena invece devi farlo dal vivo oppure non devi farlo per niente. Io ho sempre suonato dal vivo fin da quando ho iniziato, ed è quello che è sempre contato per me. Non conta un video o un filmato, non mi interessa diventare una star dei film o una star dei video o qualsiasi altra di quelle robe, sai...

Interruzione

Dylan: In genere io sono in uno stato di intorpidimento mentale prima dei miei spettacoli e devo scuotermi ad un certo punto... in genere mi ci vogliono una o due canzoni... altre volte ci vuole molto più tempo... A volte mi ci vuole il tempo di arrivare ai bis! (risate)

B.K.: Immagino che la band abbia un ruolo in questo discorso...

Dylan: Oh, assolutamente. Ho suonato con alcune band che mi sono state così d'intralcio che era uno sforzo incredibile riuscire ad arrivare alla fine dello show... Oh sì... alle volte diventava ridicolo, sai.

B.K.: Immagino anche il rovescio della medaglia... cioè che ci sono state band che davvero ti hanno entusiasmato...

Dylan: Sì... l'ultima band che ho avuto... pensavo che fosse molto buona.

B.K.: Quello della Rolling Thunder è stato un tour interessante, non solo dal punto di vista dell'esibizione... era l'intera idea del progetto... C'era molta spontaneità.

Dylan: Già... c'era decisamente un sacco di spontanetià...

B.K.: Era una cosa che faceva paura oppure era eccitante?

Dylan: Un po' entrambe le cose. Facevamo doppio spettacolo durante gli show della Rolling Thunder. Restavamo nella sala diciamo per... 14 ore. Sai, gli show della Rolling Thunder erano lunghi 6 ore! (sic)

B.K.: Quella doveva essere gente che amava davvero far musica.

Dylan: Beh... (ridendo) ... c'era così tanta gente... sai, la gente del pubblico andava e veniva... si portavano dietro il pranzo o la cena etc..

Mogull: Come ad un concerto dei Grateful Dead?

Dylan: Gia, già.

B.K.: Era una tua idea? E' venuta a te?

Dylan: No, è semplicemente successo. Abbiamo iniziato con un piccolo show e poi si è evoluto in...

B.K.: Quella è una cosa fantastica secondo me, che tu sia stato capace di mantenere insieme tutta quella gente...

Dylan: Penso che gli show della Rolling Thunder fossero grandi... penso che un giorno qualcuno dovrebbe farne un film!

B.K.: E chiamarlo...

Dylan: Rolling Thunder!

B.K.: Stai sorridendo e ridendo un sacco qui, mentre parliamo, ma non lo fai molto quando sei sul palco... Dici di divertirti un sacco ma sembri così serio...

Dylan: Beh, quelle canzoni ti portano attraverso differenti stati d'animo, sai... Voglio dire... cosa c'è da sorridere a cantare "A Hard Rain's A-Gonna Fall", o "Tangled Up In Blue", o "With God On Our Side"... o "Mr. Tambourine Man", o "Like A Rolling Stone", o "License To Kill", o "Shot Of Love", o "Poisoned Love" ... una qualsiasi di queste. Come puoi riuscire a cantare una di queste canzoni con un sorriso sulla faccia? Voglio dire... è una cosa ipocrita.

Certe sere faccio delle cose, cose che so che sono grandi, sono proprio grandi, so che lo sono, ma non ho alcuna risposta da parte del pubblico. Poi vado in qualche altro posto e succede il contrario... Ma quella sera proprio non ho risposta, affatto, per una serie di motivi. Non ne ho affatto... e allora provo solo a portare a termine lo show... ma davvero deve sempre essere qualcosa di coerente, devo far sì che sia qualcosa di coerente. Allora regge... su quel piano... può diventare qualcosa di grande, sai, una cosa che è davvero molto coerente... Sai... Ho fatto cose in certe sere in cui avevo 39 di febbre, oppure... sai... magari era come se avessi ricevuto un calcio nel fianco quel giorno e a stento stavo in piedi.... Ho fatto dei concerti in cui riuscivo a malapena a stare in piedi, sai... Voglio dire... Quando è davvero doloroso stare in piedi... Ed è una cosa umiliante per certi versi perchè sai che non c'è alcun modo che tu possa fare quel che vorresti fare... Prima ancora che cominci il concerto sai già che non potrai essere come vorresti essere... E nemmeno come potresti essere...
C'è stata una sola volta in cui avrei voluto ripetere uno show... E' stato a Montreal. Abbiamo suonato in un concerto a Montreal nel 1978... Io avevo la febbre a 39 e non riuscivo nemmeno a stare in piedi... Ma l'organizzatore mi disse che dovevo per forza suonare... E allora abbiamo fatto il concerto e io non avevo niente, niente! E la risposta del pubblico... beh... sembrava che fosse arrivato il Papa! Poi abbiamo suonato in altri concerti in cui ero al top, e invece niente... Nessuna risposta.

Quando faccio qualcosa, qualsiasi cosa sia, qualsiasi canzone, è il ritmo ad essere importante... E' il fraseggio ad essere importante... E' lì che tutto trova un bilanciamento, nel ritmo e nel fraseggio... Non è nelle liriche... La gente creda che sia nelle liriche ma non è così... Forse sui dischi lo è ma in un concerto dal vivo non è tutto nelle liriche... bensì nel fraseggio e nella dinamica del ritmo... E' qualcosa che non ha niente ma proprio niente a che fare con le liriche... Voglio dire, certo le liriche devono esserci, senza dubbio... Ma... Sai... C'era questa cantante Egiziana che si chiamava Om Kalsoum... Ne hai mai sentito parlare? Era una delle mie cantanti preferite di tutti i tempi... e non capivo nemmeno una parola di quello che cantava! Cantava una canzone, forse durava 40 minuti... la stessa canzone... e cantava la stessa frase in continuazione. Ma ogni volta in una maniera differente. Non credo che esista qualche cantante americano o anche occidentale che possa rientrare in quella categoria... tranne me forse! (risate). Ma su un altro livello... capisci cosa voglio dire?

Interruzione

Dylan: Per me la musica non ha niente a che fare con gli affari... e lo stesso vale per quelli che nel tempo sono sopravvissuti insieme a me. Proprio non lo ha. Non è mai stato un business per me e mai lo sarà. E' solo un modo di sopravvivere, sai... è solo quello che fai, capisci?... E' come qualcuno che è cresciuto per essere un falegname... E' quel che fa... è quel che fa meglio... Ed è così che si guadagna da vivere...

B.K.: Sarebbe potuto accadere che tu diventassi qualcosa di diverso... un assicuratore?

Dylan: Non sarei potuto diventare niente di diverso, mai. Suonavo quando avevo 12 anni ed era tutto quello che volevo fare, suonare la mia chitarra. Andavo sempre a queste feste dove c'erano tutte queste persone più grandi di me... sai... era un modo per attirare l'attenzione... E' iniziato tutto in quel modo ma in realtà non ho mai saputo quando è diventata la cosa principale, quella che ha guidato la mia vita...

B.K.: Mi sembra che... beh... ovviamente sei più vecchio rispetto agli anni sessanta, ma mi sembra anche che tu abbia un maggior grado di consapevoelzza e di certezza di dove stai andando come persona...

Dylan: Io non lo so dove sto andando come persona...

Mogull: Sento soddisfazione...

Dylan: Beh, in certi campi sì... lo spero. Non so cosa succederà quando non sarò più in giro a cantare. Spero che qualcun altro arrivi a raccogliere quel che sto facendo ed impari esattamente quel che lo rende del tutto differente... Aspetto che arrivi questo qualcuno... non qualcuno che necessariamente canti le mie canzoni, ma che faccia un passo ulteriore. Io sono già andato fin dove potevo arrivare... Forse non vedrò mai questa persona... non so... Ma qualcuno, un giorno, arriverà e andrà ancora più avanti... Ma non ho ancora visto nessuno...

B.K.: Ma c'è qualcosa... che ti spinge ancora sul palco...

Dylan: Sì... Beh io sono davvero riconoscente per il fatto di poter salire su un palco e suonare e che la gente venga a vedermi... Perchè non potrei fare altrimenti... Voglio dire... se andassi su un palco e nessuno venisse a vedermi allora sarebbe la fine per me. Non farei più altri dischi, sinceramente... Faccio dischi solo perchè la gente mi viene a vedere dal vivo. Finchè verranno ancora a vedermi farò altri dischi.

traduzione di Michele Murino
Intervista condotta da Bert Kleinman al Ritz-Carlton Hotel di New York. Era presente anche l'amico di vecchia data Artie Mogull che nel 1962 mise sotto contratto Dylan con la Witmark & Sons.


°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

"Tutti noi stiamo dalla parte sbagliata..."
Bill Flanagan ha intervistato Bob Dylan a New York nel Marzo del 1985 per il suo libro di quello stesso anno, "Written In My Soul."

Nel Novembre del 1985 la Columbia Records ha tenuto una festa per Bob Dylan al Whitney Museum di New York. Schermi alle pareti sono stati illuminati con immagini provenienti dalla varie età di Dylan. C'era sia il magro poeta di protesta che scrisse "Blowin' in the Wind" e "The Times They Are a Changin'," sia la leggenda con i capelli selvaggi che gridava "How does it *feel*?" e "Everybody must get stoned," e così via tutti gli altri Dylan: il bucolico papà di "Lay Lady Lay" e "Knockin' on Heaven's Door," l'angosciato zingaro di "Blood on the Tracks" e della Rolling Thunder Revue, il retto e virtuoso evangelista di "Slow Train Coming" e "Neighborhood Bully." Quella settimana i giornali avevano in prima pagina articoli che parlavano della scarcerazione di Rubin "Hurricane" Carter, il pugile la cui causa Dylan aveva abbracciato dieci anni prima, ed il cui verdetto di colpevolezza per omicidio finalmente era stato cancellato. La fama di Carter secondo la maggioranza degli articoli dei giornali era dovuta al fatto che egli a suo tempo era stato il soggetto di una canzone di Bob Dylan.

Giù dabbasso, in circolo intorno a Dylan c'erano vecchi amici (Judy Collins, Arlo Guthrie, Roger McGuinn), la prima onda punk (Lou Reed, John Cale, Iggy Pop), letterati rockers inglesi (Pete Townshend, David Bowie, Ian Hunter), gruppi viaggianti Americani (la Band, la E Street Band), e tutti i tipi di newyorkesi - Martin Scorsese, Robert De Niro, Harvey Keitel, Yoko Ono, i Talking Heads - l'arte dei quali è cresciuta dalla bohemia della lower Manhattan, che Dylan portò al centro della consapevolezza americana. C'erano anche leggende più vecchie, come Roy Orbison e John Hammond, Sr., e Jerry Wexler. "Tutti quanti noi che ci troviamo qui," ha detto Ian Hunter, "dobbiamo ringraziare Dylan per qualcosa."

Un branco schiamazzante come oche composto dai giornalisti della televisione attaccavano bottone con gli ospiti alla porta e chiedevano a tutti loro di dire qualcosa a proposito del significato di Bob Dylan, di quello che Dylan aveva significato per loro. Nessuno degli intervistati ha avuto una risposta adeguata. Io ho detto che Dylan ha rifiutato di accettare qualsiasi limite per il rock & roll e questo ha dimostrato a tutti quanti che quella forma di espressione si può espandere ed includere ogni specie di idea e di concetto. Billy Joel ha detto che Dylan era come minimo il più grande autore di canzoni Americano.
Il pomeriggio successivo ero con Pete Townshend. Pete scherzava a proposito della inutilità di cercare di offrire una concisa spiegazione del significato di Dylan. "Mi hanno chiesto che effetto ha avuto Bob Dylan su di me," ha detto. "E' come chiedermi che influenza ha avuto su di me il fatto di essere nato."

Joni Mitchell la vede così: "Quando ho ascoltato Bob Dylan cantare "You got a lotta nerve," ho pensato "Hallelujah, Dio, la canzone popolare Americana è cresciuta. Ora è completamente spalancata. Ora puoi scrivere a proposito di tutto quello di cui si può scrivere in letteratura." Fino ad allora le canzoni rock & roll erano quasi sempre limitate a: 'Sono pazzo di te, bambina".

Sarebbe un errore affermare che Dylan ha completamente vinto il pregiudizio che qualcuno patrocina e secondo cui esiste una separazione di "alto" da "basso", una separazione che si fa ancora quando si giudica qualsiasi espressione artistica che arrivi in città cavalcando il dorso del rock & roll. Ci sono ancora alcuni critici ed accademici che affermano che i testi scritti da Dylan non posseggano poi quel talento lirico così straordinario che è stato loro conferito; persone che sostengono che i suoi più grandi doni sono stati la auto-promozione e la buona sorte. Questi bastian contrari stanno però combattendo una battaglia perduta in partenza. Mentre questi critici ruotano i loro occhi e brontolano che Dylan è, dopo tutto, soltanto un cantante rock, le lodi di Dylan sono cantate e celebrate da coloro i quali sono stati ispirati da Dylan e che hanno ottenuto grandi trionfi nelle arti accettate dalla vecchia guardia. Se Dylan non è un grande artista allora significa che commediografi del calibro di Sam Shephard, registi del calibro di Martin Scorsese, grandi poeti come Allen Ginsberg, attori del livello di Robert De Niro non sono capaci di riconoscere la grande arte. Un giorno o l'altro, tra la citazione da parte del Presidente Jimmy Carter che ha definito Dylan il "grande poeta Americano" alla convention Democratica del 1976 ed il viaggio di Dylan a Mosca in occasione del Festival Internazionale di Poesia nel 1985 (in cui Dylan ha rappresentato gli Stati Uniti d'America su invito del poeta Sovietico Yevgeny Yevtushenko), gran parte di quelli che *proprio non lo sopportano* si zittiranno e si siederanno.

Mentre parlavamo, Dylan, il cui stile musicale deve molto ai cantanti country e folk come Hank Williams, Woody Guthrie e gli Stanley Brothers, ha tracciato le sue radici poetiche facendole risalire ai cantanti neri di blues che hanno incrociato il sentiero con Willie Dixon ed hanno ispirato Chuck Berry. "Quei musicisti blues degli anni trenta e quaranta," ha dichiarato Dylan, "usavano solo distici. Tu non sei in grado di dire le cose meglio che in quel modo, con due versi, davvero. Forse puoi dirle in una maniera differente, puoi dirle con più parole, ma non sarai mai in grado di dirle meglio rispetto al modo in cui le dicevano loro. E coprivano ogni argomento, ogni genere di cosa al mondo."

Ricordando i suoi primi giorni a New York, Dylan ha dichiarato, "Tutti quei neri venivano su dal sud del confine e recitavano poesia nei parchi. Oggi li chiamerebbero rappers. Il migliore di tutti loro era un tizio chiamato Big Brown che recitava lunghe poesie. Ognuna durava circa quindici minuti. Erano lunghe storie che andavano avanti per tanto tempo e che parlavano di uomini malvagi. Amore, politica, proprio tutto quel che puoi immaginare veniva preso e scagliato nelle sue composizioni. Veniva dal Texas, credo, ed era stato per un certo periodo in prigione. Ho sempre pensato che fosse la migliore poesia che avessi mai sentito. Poesia da saggi di strada. Ce n'erano un po' di questi tizi in giro negli anni sessanta. Li ho sentiti anche al Mardi Gras. Erano davvero brillanti oratori.

La seguente intervista ha avuto luogo a New York nel Marzo del 1985. Dopo aver appreso che Dylan stava effttuando il lavoro di missaggio per quello che sarebbe poi diventato il suo album dal titolo "Empire Burlesque" a Manhattan, ho lasciato una lettera per lui spiegandogli di questo mio libro. Ho ricevuto un messaggio un paio di giorni più tardi con il quale Dylan mi diceva che sarebbe stato felice di parlare con me. Mi aspettavo forse un'ora del suo tempo ed ero preparato alla storica riluttanza di Dylan a spiegare il proprio lavoro. Per la mia felicità ho trovato invece Dylan cordiale ed affettuoso, cooperativo, e voglioso di parlare come tutti gli altri che ho intervistato. Dylan ha espresso entusiasmo per l'idea di un libro di interviste con i songwriters e stupore per il fatto che nessuno lo avesse mai fatto prima.
Mi chiede dei vari autori di canzoni che ho intervistato, e quando gli menziono Lou Reed, Dylan mi parla della canzone di Reed "Doin' the Things That We Want To" e del fatto che essa fa riferimento al lavoro teatrale di Sam Shepard "Fool For Love." Mi dice che la canzone di Reed ha ispirato lui e Shepard a scrivere una sorta di risposta - che è uscita nel 1986 con il titolo di "Brownsville Girl." Dylan dice che proprio come la canzone di Reed si apriva con il narratore che assiste ad una piece teatrale, così la canzone di Shepard/Dylan si apre con il narratore al cinema menre guarda un film. Forse la cosa che è più sorprendente a proposito di Bob Dylan è che una volta che sei riuscito a connetterti con la sua visione, tutto quello che dice ha senso.

Dopo un paio d'ore di intensa conversazione ho esaurito le mie domande. Fermo il nastro del registratore e ringrazio il mio ospite per la sua generosità. Ma Dylan continua a parlare e ben presto devo riaccendere il registratore per catturare le sue dichiarazioni.
In "Tangled Up In Blue" Dylan ha scritto, "She opened up a book of poems and handed it to me / Written by an Italian poet in the fifteenth [sic] century / And every one of them words rang true and glowed like burnin' coal / Pourin' off of every page like it was written in my soul."

La posterità è una vecchia e cattiva puttana, ma se si ricorderà anche di un solo rocker la cui opera è degna di essere tramandata alle future generazioni, probabilmente quel rocker sarà Bob Dylan.

BILL FLANAGAN: In "Don't Fall Apart On Me Tonight" (Infidels) scrivi, "It's like I'm stuck inside a painting that's hanging in the Louvre." In "I And I" (Infidels) dici, "If she wakes up now she'll just want me to talk / And I got nothin' to say, 'specially about whatever was." La gente si avvicina a te con tali aspettative...? Hai difficoltà a trovare persone che siano in grado di entrare in relazione con te in maniera normale?

BOB DYLAN: No, no, davvero. Non so come fa altra gente a scrivere le proprie canzoni. Io le scrivo in un sacco di differenti modi. Ma una volta che le metti in prospettiva, ricadono tutte nella stessa dimensione. Ma in realtà vengono fuori da differenti dimensioni. A volte scriverai una canzone dove tu persisti finchè non è finita. Senti che non viene da nessuna parte, ma senti che è quella la cosa giusta per te da fare. Non c'è niente su cui basarla. Entri in una certa area dove non c'è nessuno e nessuno mai c'è stato. Perciò devi essere davvero sensibile ed attento a dove stai camminando. Non devi cercare di andare in una direzione o in un'altra, devi solo restare fermo e bilanciato e terminare la canzone. "Every Grain of Sand" è una canzone del genere. Scrivere quella canzone è stato qualcosa come dire: "Questo è qualcosa con cui devo riuscire a mantenere una certa fermezza." In caso contrario potrebbe sfuggirti di mano. Devi riuscire a tenerla bilanciata. E non ci sono note a piè di pagina in giro. E' quel genere di area in cui non ci sono dei precedenti per potersi regolare.

Un sacco di volte tu senti delle cose e sai che sono le cose che vuoi mettere nella tua canzone. Sia che tu le dica sia che non le dica. Non devono essere in particolare pensieri tuoi. Semplicemente sono pensieri che suonano bene, e c'è stato *qualcuno* che li ha pensati o che li pensa. Metà di quello che scrivo nelle mie canzoni ricade in questo ambito. *Qualcuno* pensa a quelle cose. Sono sicuro che, quando canto qualcosa, non sto cantando tanto per cantare. So di aver letto quelle cose. Qualcuno le ha dette. Ho sentito una voce che le ha dette. Una canzone come "Don't Fall Apart on Me Tonight" in qualche modo rientra in questa categoria: "I'll take you to a mountaintop and build you a house out of stainless steel." Quel tipo di roba... semplicemente capita che ti passi accanto. Un tizio che si alza dal letto e dice... non parlare; è ora di andare. Non sono io che ho originato quel tipo di pensieri. Io li ho sentiti, ma non sono io che li ho originati. Sono già lì fuori, perciò io mi limito ad utilizzarli.

BILL FLANAGAN: Ci sono pensieri che ti passano accanto ed ai quali tu resisti e non li scrivi?

BOB DYLAN: Tutto quello che io scrivo è qualcosa con cui posso mettermi in relazione. C'è un sacco di roba che sento e che non voglio scrivere perchè non significa niente per me. Senti la gente parlare ogni giorno, e gran parte di quello che senti ti entra in un orecchio e non va via. Oppure entra in un oreccho ed esce dall'altro. Bill Monroe una volta ha detto che i suoi pensieri migliori li aveva quando la gente gli parlava. Mi è sempre piaciuto.

Non è che tutti i pensieri reali vadano dentro questo tipo di materiale. E' più o meno una questione di ricordarsi le cose e di metterle giù sulla carta. A volte capita che tu riesci a prendere nota e poi metti tutti i pezzi insieme. A volte capita esattamente l'opposto. Un sacco di gente mi chiede: "Cosa viene prima, le parole o la melodia?" Ci ho pensato a proposito di questa cosa. E' davvero molto raro che le due cose non arrivino insieme. Delle volte può capitare che le parole vengano prima, altre volte che venga prima la melodia, ma quella è l'eccezione che conferma la regola. Il più delle volte le parole e la melodia vengono allo stesso tempo, in genere con il primo verso. Per quello che riguarda me almeno avviene in genere con il primo verso. So che Bob Seger scrive partendo dagli agganci e dai titoli. Un sacco di gente fa così. Gli viene in mente un verso che riassume tutto quanto e allora vanno all'indietro e pensano a come riempire il resto dei versi. Per quello che riguarda me, io in genere inizio a scrivere dal primo verso e poi mi chiedo dove va la canzone. Può capitare che riempia i versi centrali e finali in un secondo momento ma in genere non lavoro *all'indietro*.

BILL FLANAGAN: Cosa intendi quando dici che, con qualcosa del genere di "Every Grain of Sand," devi fare attenzione a non lasciare che ti sfugga di mano?

BOB DYLAN: Tu non sei *conscio* della cosa. In una canzone come quella, non c'è la consapevolezza di nessuna cosa che è stata detta prima. "A cosa somiglia?" Beh, non somiglia a niente. "Che cosa rappresenta?" Beh, non lo sai nemmeno tu. Tutto quel che sai è che è un pezzo relativo ad uno stato d'animo, e allora tu provi solo a rimanere in quel particolare stato d'animo e a terminare il brano. O forse nemmeno a terminarlo, ma solo a portarlo ad un punto in cui poi puoi lasciarlo. Perchè questo genere di cose non le porterai mai a termine se non le scrivi tutte in una volta. Ho scritto un sacco di canzoni per le quali mi dicevo: "Beh... La finirò la settimana prossima." Beh, la settimana prossima non viene mai. E allora tempo dopo ritorni indietro e riguardi quello che hai scritto e dici: "Wow, grande." ma non sei più in grado di riconnetterti di nuovo con quel che hai scritto.

La cosa più triste a proposito dello scrivere canzoni è quando sai di avere qualcosa che è decisamente buona e la metti per un istante da parte e dai per scontato che avrai la capacità di ritornare a riprendere in mano questa cosa con la stessa ispirazione che te l'ha fatta scrivere la prima volta - beh, qualsiasi cosa ti abbia ispirato a scrivere quella cosa la prima volta... non c'è più. E allora devi cercare consciamente di stimolare l'ispirazione e cercare di immaginare di cosa si parlasse. E in genere otterrai una parte buona ed una non tanto buona, e quella non tanto buona cancellerà quella buona.

BILL FLANAGAN: Ti sei mai seduto a pensare a qualcosa per mesi o per anni in attesa di riuscire a riconnetterti di nuovo con quel materiale?

BOB DYLAN: No, non ho alcuna aspettativa in questo senso; se scrivo qualcosa, sarà qualcosa di grande se solo io sono in grado di ritornarci. La tengo per un po' davanti a me, e se non l'ho terminata entro un certo periodo... ci ritornerò sopra ma non sarò più capace di entrare in relazione con quella cosa.

BILL FLANAGAN: "Mr. Tambourine Man" può essere interpretata in centinaia di modi, ma potrebbe riguardare una specifica cosa reale: come quando sei stato fuori tutta la notte e tutti gli altri sono andati a casa, e l'unica persona che è rimasta sveglia è un tizio che se ne sta in piedi in un angolo e picchia su un tamburello. Tutte le tue canzoni posseggono una realtà letterale per te?

BOB DYLAN: Beh, le canzoni sono solo pensieri. Per un momento fermano il tempo. Si suppone che le canzoni siano abbastanza eroiche da dare l'illusione di fermare il tempo. Soltanto con quell'unico pensiero. Ascoltare una canzone significa ascoltare il pensiero di qualcuno, non importa quel che si sta descrivendo. Se tu vedi qualcosa e pensi che sia abbastanza importante da descriverla, allora quello è un tuo pensiero. Pensi un solo pensiero alla volta, perciò quello che ne viene fuori è davvero quello che ti è stato trasmesso. Quando ti siedi ed *immagini* delle cose da fare o da scrivere o da pensare - quella è fantasia. E io non mi ci sono mai ritrovato molto. Tutti quanti sono in grado di fantasticare. I bambini, i vecchi, tutti hanno il diritto alle proprie fantasie. Ma è tutto quel che sono. Fantasie.
Non sono *sogni*. Un sogno ha più sostanza che una fantasia. Perchè generalmente le fantasie sono basate sul niente, sono basate su quel che appare alla tua immaginazione. Ma in genere io devo avere la prova che qualcosa esiste prima che io voglia preoccuparmi di averci a che fare. Deve esistere, deve essere successa, o quanto meno la possibilità che quella cosa avvenga deve avere un significato per me.

Non scrivo canzoni di fantasia. Anche una canzone come "Mr. Tambourine Man" in realtà non è una fantasia. I sogni hanno una sostanza. Perchè tu li hai visti, capisci? Affinchè avvenga un sogno vuol dire che davanti a te hai avuto qualcosa. Devi aver visto qualcosa oppure devi aver sentito qualcosa perchè tu lo possa sognare. Allora quello diventa il *tuo* sogno. Mentre una fantasia è solo la tua immaginazione che vaga in giro. Io davvero non considero in quel modo le mie canzoni. E' accaduto, è stato detto, l'ho sentito: ho la prova. Io sono un messaggero. L'ho ricevuto, perciò lo riporto nel mio stile particolare.

BILL FLANAGAN: E' questo che intendo a proposito di canzoni che hanno una realtà letterale: le immagini non sono solo casuali.

BOB DYLAN: Esatto. Hanno una realtà letterale. Non credo che una canzone potrebbe stare in piedi se non l'avesse. Perchè l'altra gente ci si può identificare, e sanno se è vera o se non lo è.

BILL FLANAGAN: Hai modificato le parole di "Tangled Up in Blue" rispetto alla prima volta in cui l'hai registrata su "Blood on the Tracks".

BOB DYLAN: Quella era una canzone speciale. Avrei sempre voluto che quella canzone fosse come è stata registrata sull'album "Real Live", ma ovviamente non c'era nessun motivo particolare perchè lo fosse, dal momento che avevo già inciso il disco.
Quella è stata un'altra di quelle cose dove stavo cercando di fare qualcosa che penso non fosse mai stata fatta prima. Cioè provare a raccontare una storia ed essere un personaggio in essa presente senza che in qualche modo la cosa suonasse falsa, sciocca o strappalacrime. Cercavo di essere qualcuno nel presente mentre evocavo un sacco di immagini del passato. Cercavo di farlo in una maniera consapevole. In passato ero solito farlo in una maniera inconscia, ma ora non ero più in grado di farlo in quel modo. Quella particolare canzone è stata costruita così, ed è sempre stata aperta ad essere riscritta meglio. Ma non avevo una ragione particolare per farlo perchè avevo già fatto il disco.

Comunque, esiste una versione che eravamo soliti fare sul palco con solo la chitarra elettrica ed il sassofono - mantenendo le stesse liriche, pensando che così facendo la canzone sarebbe venuta fuori in una maniera più emozionante. Ma non resse granchè bene in quella maniera. Così ho deciso di modificare le parole. Ma non l'ho modificata semplicemente perchè una sera la stavo cantando ed ho pensato "Oh, sono stanco delle vecchie parole." Le vecchie parole non sono mai state davvero giuste. L'ho riscritta in una stanza d'albergo da qualche parte. Penso fossi ad Amsterdam. Volevo cantare quella canzone così le diedi un'occhiata e la cambiai. Quando cantai quel brano la sera dopo seppi che era giusto così. Era abbastanza giusta così l'ho scritta ed ho cancellato la vecchia versione.

Quella era un'altra di quelle canzoni che tu scrivi e le hai in pugno e sai quel che vuoi dire, ma la metà delle quali non viene fuori nel modo che tu volevi. Allora l'ho aggiustata ed ora so che è come doveva essere. Penso che ci sia una grande differenza.

BILL FLANAGAN: Una differenza immediata è quella per cui non è più chiaro se è un solo personaggio che sta narrando la storia. Ora la canzone inizia in terza persona, e poi prosegue in prima persona quando il personaggio di cui si parla incontra la donna nel bar. La sezione iniziale è ora isolata, e gli eventi che descrive possono essere accaduti a qualcun altro.

BOB DYLAN: Già, esatto. Vedi, quel che stavo provando a fare non aveva niente a che vedere con i personaggi o con quello che succedeva. Stavo cercando di fare qualcosa che non so se ero preparato a fare. Volevo sfidare il tempo, perciò la storia ha luogo nel presente e nel passato allo stesso tempo. Quando tu guardi un dipinto, sei in grado di vedere ogni singola parte oppure puoi vederlo nel suo insieme. Volevo che quella canzone fosse come un dipinto.


BILL FLANAGAN: Hai mai messo in una tua canzone qualcosa di troppo personale? E' mai successo che hai detto: "Mmm, ho dato troppo di me stesso in quella canzone"?
BOB DYLAN: Ci sono andato abbastanza vicino con quella canzone, "Idiot Wind." Quella era un'altra canzone che volevo scrivere come se fosse un dipinto. Un sacco di gente pensava che quella canzone, che quell'album, "Blood on the Tracks", si riferisse a me. Perchè così sembrava all'epoca. Ma non riguardava me. Era solo il concetto di mettere in immagini quella sfida al tempo - ieri, oggi e domani. Volevo che fossero tutti connessi in una qualche strana maniera. Ho letto che quell'album avrebbe a che fare con il mio divorzio. Beh, ho divorziato solo quattro anni dopo quella canzone. Pensavo che forse ero andato un po' troppo lontano con "Idiot Wind." Forse avrei dovuto cambiare una parte di quella canzone. In realtà non pensai che stessi rivelando troppo di me stesso; pensai che *sembrava* così personale che la gente avrebbe pensato che la canzone riguardava all'incirca chi mi era vicino. Ma così non era. Ma puoi mettere insieme tutte queste parole ed è lì che cade. Non puoi farci niente per impedirlo. In realtà non pensai che fosse troppo personale ma sentii che *sarebbe sembrata" troppo personale. Che poi potrebbe essere la stessa cosa, non lo so. Ma non è mai stata *dolorosa*. Perchè in genere con quel tipo di cose, se pensi di essere troppo vicino a qualcosa, se stai concedendo troppo dei tuoi sentimenti, beh, i tuoi sentimenti cambieranno il mese dopo e tu riguarderai quello che hai scritto e dirai: "Che l'ho scritto a fare?"

BILL FLANAGAN: Ma nonostante tutto il potere di "Idiot Wind," c'è una parte di quel brano che mi ha sempre fatto impazzire. Ad un certo punto parli di essere accusato di aver sparato ad un uomo, di essere scappato con sua moglie, lei riceve in eredità un milione di dollari, muore, e il denaro passa a te. Poi dici: "Che ci posso fare se sono fortunato?" (Risate)

BOB DYLAN: Sì, giusto. Con quel particolare verso pensai che avrei potuto dire *qualsiasi cosa* dopo. Se sembra una cosa personale probabilmente mi sono spinto troppo oltre - perchè ho detto troppo ed ancora l'ho fatta venir fuori come: "Beh, e allora che vuol dire?" Davvero non pensai che fosse troppo personale. In realtà non ho mai detto niente che pensassi stesse concedendo troppo di me stesso. Intendo dire, ho scritto tutto quanto ma in realtà non ho rivelato alcun segreto. Non ho molti segreti. Non mi trovo in quella posizione.

BILL FLANAGAN: Che mi dici a proposito di "Ballad in Plain D" [una delle prime canzoni di Dylan nella quale descrive, con dolorosi dettagli, la sua fine del rapporto con la sua ragazza Susan Rotolo]?

BOB DYLAN: Oh! Sì. Quella... Per quanto riguarda quella io guardo indietro e dico "Devo essere stato un vero stronzo a scriverla." Guardo indietro, ripenso a quel brano particolare e mi dico, di tutte le canzoni che ho scritto, forse quella dovevo lasciarla perdere. Ma anche se quella è la sola a cui riguardo pensando che forse non l'avrei dovuta scrivere, penso che sia una canzone abbastanza buona.

BILL FLANAGAN: Ora, tu *avevi* temporaneamente lasciato tua moglie prima di "Blood on the Tracks". Quell'album deve almeno in qualche modo riguardare quella separazione...

BOB DYLAN: Sì. In qualche modo. Ma non è che io faccio un album e rendo pubblica una relazione matrimoniale. Non esiste che farei mai una cosa del genere, non più della possibilità che io scriva un album che parla delle mie battaglie legali. Ci sono degli argomenti che proprio non mi interessano. E certo non sfrutterei mai davvero una relazione con qualcuno. Mentre in "Ballad in Plain D," l'ho fatto. Senza sapere che l'avevo fatto. In quel periodo il mio pubblico era molto piccolo. E' una cosa che sopraffece la mia mente così l'ho scritta. Forse non avrei dovuto usarla. Avevo altre canzoni all'epoca. Quella era basata su una vecchia canzone folk. Ma so quel che intendi dire. Se tu vivi una relazione e questa non funziona ed è quello il modo in cui ti senti a causa di ciò, non importa cos'altro tu veda o cos'altro tu faccia, continuerai a ritornare con la mente a quella situazione e penserai: "Oh, mi sento nauseato." Così provi a farla pagare cara a qualcuno ed a scrivere una canzone su quella sensazione che stai vivendo. Un sacco di persone non è in grado di farlo. Non hanno niente da cantare. Perciò una persona nella mia posizione dice, "Beh, ho questa informazione a disposizione, questo è il modo in cui davvero mi sento; penso che lo scriverò e dirò come mi sento."

Io in genere non faccio così. Non mi piace provare quel genere di sensazioni. Devo pensare che posso fare di meglio. Non sarà di aiuto a nessuno ascoltare la mia tristezza. Solo un'altra storia sfortunata (nota del traduttore: nell'originale Dylan dice: "Just another hard luck story..." come in Black Diamond Bay).

BILL FLANAGAN: Nel libro di Nikos Kazantzakis "Report to Greco", egli scrive che, come ogni uomo, mentre la sua vita si avvicinava alla fine, egli ha dovuto trascinarsi dietro la croce del suo Calvario personale - e che il lavoro che un uomo lascia dietro di sè durante quell'ascensione è solo sangue sui sentieri (in originale "blood on the tracks"). L'avevi letto o è stata solo una congiunzione cosmica?

BOB DYLAN: Può darsi... Non l'avevo letto. Tutte le parole sono già state usate; è solo come le mettiamo insieme. Ed anche allora, anche se pensiamo di aver realizzato qualcosa di speciale, di fantastico, penso che se guardiamo nel posto giusto scopriamo che qualcun altro l'ha già fatto.

BILL FLANAGAN: L'album "Blood on the Tracks" è stato un lavoro di una tale forza che è stupefacente che tu gli abbia fatto seguire un disco come "Desire", nel quale hai collaborato con un altro scrittore, Jacques Levy.
Perchè non hai provato a proseguire quello che avevi iniziato con "Blood on the Tracks?" Perchè non hai provato a continuare?

BOB DYLAN: Immagino che non avessi mai avuto l'intenzione di continuare su quella strada. E' stato un esperimento. Ci furono un po' di settimane in estate, durante le quali scrissi quelle canzoni. Scrissi tutte le canzoni di "Blood on the tracks" nel giro di un mese e poi le registrai. Poi andai via dal luogo in cui mi trovavo quando le avevo scritte e ritornai a fare qualsiasi cosa stessi facendo prima. A volte puoi riuscire ad ottenere tutto quel che puoi da queste cose, ma poi non puoi restare lì.

Co-autore. Probabilmente quello era un album in cui non avevo qualcosa e nemmeno pensavo di registrare un disco. Penso che mi imbattei in Jacques in centro, ce ne andammo da un'altra parte e scrivemmo alcune canzoni. La gente del movimento per la scarcerazione di Hurricane Carter continuava a chiamarmi e a scrivermi. E Hurricane mi mandò il suo libro (nota del traduttore: la biografia di Rubin Carter "The 16th round"). Lo lessi e mi commosse davvero. Sentii che quell'uomo era innocente, da quello che aveva scritto e anche conoscendo bene quella parte del Paese. Così andai a fargli visita e mi diedi da fare davvero per lui, cercando di ottenere un nuovo processo. Così quella fu una delle cose che portai a Jacques. Gli dissi: "Perchè non mi aiuti a scrivere questa canzone e vediamo se possiamo fare qualcosa?" Così scrivemmo "Hurricane," e poi scrivemmo un po' di altre canzoni. Ne venne fuori un album.

BILL FLANAGAN: Hai avuto contatti con Hurricane Carter recentemente?

BOB DYLAN: No, non l'ho più visto fin dagli anni settanta. E' stato incriminato di nuovo o qualcosa del genere. Ho sentito un sacco di storie, belle e brutte, a proposito di quel che è davvero successo. La cosa è un po' sfuggita di mano, è diventata un po' troppo complicata. Ma da quel che ho capito, Carter è stato di nuovo incastrato. Sanno quali bottoni premere [nota: poco dopo questa conversazione, l'imputazione per omicidio di Hurricane Carter è stata annullata.]

BILL FLANAGAN: C'è qualche argomento a proposito del quale hai provato a scrivere e non sei stato capace?

BOB DYLAN: Sì. *Qualsiasi cosa* a proposito della quale io provi a scrivere, non ci riesco. Se provo a scrivere qualcosa *a proposito* di qualcosa - "Voglio scrivere qualcosa sui cavalli" oppure "Voglio scrivere qualcosa su Central Park" o "Voglio scrivere qualcosa sull'industria della cocaina" - non riesco ad andare da nessuna parte in quel modo. E' come quella canzone, "Hurricane". Io volevo scrivere una canzone su Hurricane Carter, volevo diffondere il messaggio. In realtà non venne fuori una cosa che parlasse di Hurricane. In realtà l'essenza non è quella. In realtà parla di te stesso. A meno che tu non ti metta nei panni di qualcun altro non saprai mai come ci si sente. Non saprai di che si tratta.

Puoi andare a vedere un film e dire: "Di che parla?" Un film è qualcosa che dà l'illusione di fermare il tempo. Vai da qualche parte e ti siedi lì per un po'. Stai guardando qualcosa. Sei intrappolato. Succede tutto nel tuo cervello e sembra che niente altro succeda nel mondo. Il tempo si è fermato. Il mondo potrebbe finire di fuori, ma per te il tempo si è fermato. Poi qualcuno dice: "Di che si trattava?" "Beh, non lo so. Parlava di due tizi che andavano dietro alla stessa ragazza." Oppure: "Parlava della Rivoluzione Russa." Beh, sì, parlava di quello, ma non parlava di *quello*.
Quello non è ciò che ti fa stare lì a fissare lo schermo, a fissare una luce su un muro. In un'altra maniera potresti dire: "Di che parla la vita?" E' proprio come un film. Non importa se tu resti qui per cento anni, continua ad andare avanti. Non puoi fermarla.

Perciò tu non sei in grado di dire di cosa parla. Ma quel che puoi provare a fare è dare l'illusione del suo momento. E anche quello non è ciò di cui parla. Quella è solo la prova che tu sei esistito.

Di cos'è che parla ogni cosa? Di niente. Ecco di cosa.


BILL FLANAGAN: Jackson Browne ha detto che pensava che "Every Breath You Take" fosse alquanto ingiusta nei confronti della donna alla quale la canzone era diretta, perchè il brano è raccontato in maniera così potente dal punto di vista di Sting ed è così inevitabile.
BOB DYLAN: Oh, non la penso così. Quella era una bella canzone. Qualcosa che mi ricorda "Stand By Me." Puoi prendere qualsiasi lato tu voglia. Non devi raccontare il punto di vista dell'altra persona. Non c'è alcuna legge che dice che devi farlo. Penso che Sting abbia detto qualsiasi cosa volesse dire in quella canzone in maniera molto schietta colpendo dritto il bersaglio. Non ha provato a renderla graziosa o furba o altro. L'ha fatta e se n'è andato. Penso che fosse davvero una bella canzone.

BILL FLANAGAN: Pensi che sia appropriato scrivere qualcosa dal punto di vista di un assassino, come ha fatto Bruce Springsteen in "Nebraska?"

BOB DYLAN: Non conosco molto bene quella particolare canzone di Bruce. Ma non è inappropriato mettersi al posto di qualcun altro. E' una cosa piuttosto comune da fare. I cantanti folk erano soliti farlo in continuazione, e anche io l'ho fatto. "House of the Rising Sun" è scritta dal punto di vista di una donna, e fino a che non l'ha fatta Eric Burdon, gli uomini erano soliti cantarla dal punto di vista di una donna. Era qualcosa che si era soliti fare. Se torni indietro ed ascolti gli Stanley Brothers o i Country Gentlemen o Jim and Jesse, tutti quei gruppi di bluegrass, ci sono ben poche canzoni in cui parlano di se stessi in prima persona. Anche io l'ho fatto. Ho scritto molte canzoni simili. Come se parlassi in prima persona parlando però dal punto di vista di un'altra persona. Non ne ho registrate tante, ma le ho scritte. E' legittimo.

BILL FLANAGAN: Certo. Quel che io mi chiedo è, una volta che tu parli in prima persona al posto di un'altra persona, una volta che dai a quella persona una voce, hai una responsabilità morale di non dar voce al male, di non dire cose del tipo: "Perchè ho ucciso tutta quella gente? Suppongo che ci sia solo meschinità in questo mondo..."?

BOB DYLAN: E' quello di cui parla "Nebraska"?

BILL FLANAGAN: Sì.

BOB DYLAN: Non so. Non so perchè dai la voce ad una persona e non ad un'altra. Ma tutti hanno una voce e c'è *qualcuno* che può entrare dentro ognuno di noi ed esserne l'avvocato difensore.
Perchè non scrivere una canzone dedicata al tizio che ha ucciso tutte quelle persone in quel McDonald fuori San Diego? Sono sicuro che ha una voce anche lui. E se parlasse dalla tomba sono sicuro che potrebbe convincere un sacco di gente ad essere dispiaciuta per lui, a simpatizzare con lui. Dipende da qual è la tua *causa*. La tua causa è solo andare fuori di casa e sparare alla gente a casaccio? Kinky Friedman, mi sembra, ha scritto una canzone dedicata al tizio che è salito sulla Texas tower e l'ha fatto. Ma è difficile da raccontare.

In genere lo fai se qualcuno ti ha dato un brutto colpo e tu in qualche modo lo sai. Ma non so quali fossero le intenzioni di Bruce. Quella canzone parlava di Charlie Starkweather? Beh, io sono cresciuto nella stessa area di Charlie Starkweather e ricordo quell'episodio. Fu un avvenimento che commosse tutti laggiù. E tutti in genere tenevano le bocche cucite su quell'accaduto. Perchè lui aveva una sorta di carattere alla James Dean. E' stato un sacco sui giornali. Dovevo avere circa diciassette o diciotto anni quando è successo. Non ricordo come la pensasse la maggior parte della gente al riguardo. Nessuno lo glorificò, comunque.

BILL FLANAGAN: Hai visto "Badlands", il film di Terence Malick che parla di quell'episodio?

BOB DYLAN: Sì, amo Martin Sheen, penso che sia un attore fantastico. Ma quello non mi ricorda in realtà Charlie Starkweather. Non penso che avesse qualcosa a che vedere con Charlie Starkweather. Io ci sono passato in quel periodo di tempo e lo ricordo di prima mano. Ricordo l'impatto che ebbe. Non credo che ci sia alcun modo in cui si possa elevare Charlie al di sopra di quel che ha fatto o di quel che è successo.

BILL FLANAGAN: Mark Knopfler mi ha detto che hai scritto una canzone intitolata "Prison Guard" che parlava di un completo farabutto, e Mark pensava che quella canzone fosse una sorta di reazione a "Nebraska."

BOB DYLAN: Oh, sì, Mark ha sentito quella canzone. (Sorride.) Ho scritto una canzone del genere ma non l'ho mai registrata. Non pensavo che avessi bisogno di registrarla. Era una canzone che parlava di una guardia carceraria che è una sorta di personaggio duro. Non gli importa di gettare la gente in prigione. E poi va avanti a descrivere la sua famiglia e la sua città. Poi quando ho finito la canzone pensai che fosse patetica. L'intero quadro era troppo patetico. Non so cosa avessi in mente quando l'ho scritta.

BILL FLANAGAN: Ma non è stata ispirata da "Nebraska?" O magari era una sua parodia?

BOB DYLAN: Uhhh. Non so da cosa sia stata ispirata. No. E' stata più o meno una di quelle cose dove c'è qualcuno che indossa un'uniforme il quale può farla franca mentre qualcun altro che non indossa un'uniforme non può.

BILL FLANAGAN: "Masters of War" è una canzone molto dura e violenta: "I'll stand o'er your grave 'til I'm sure that you're dead." "Neighborhood Bully" è parimenti dura, eppure un sacco di critici hanno espresso sorpresa per il suo attivismo (nota del traduttore: nell'originale "militancy", che potrebbe essere tradotto anche solo con "aggressività, tendenza alla lotta"). Non capisco perchè così tante persone credano che tu sia un pacifista. Il critico Mark Rowland ha detto che tu sei sempre stato più interessato alla giustizia che alla politica.

BOB DYLAN: (Ride.) Già. Non so perchè la gente sceglie di pensare qualsiasi cosa pensi. Il pacifismo è una filosofia? Non sono molto sicuro di cosa sia il pacifismo.

BILL FLANAGAN: Se qualcuno ti colpisce tu porgi l'altra guancia.

BOB DYLAN: Quello non è pacifismo. Porgere l'altra guancia è una mossa aggressiva, in realtà. C'è una strategia per cui se qualcuno ti spinge tu puoi assecondare la spinta e fare in modo che la sua forza si ritorca contro di lui.

Pacifismo. So di non essere a mio agio con queste parole e mi chiedo se altre persone siano a proprio agio con queste terminologie così assolute e generali come *pacifismo*, *destra*, *sinistra*, *militarismo*, *repubblicanesimo*. In questo paese un Repubblicano è una cosa: puoi andare in Irlanda e dire che sei un Republicano ed ottenere una reazione differente. Puoi usare tutte queste parole *qui*. E' molto sicuro dire tutto quel che vuoi dire. Ma se ci sia o meno un significato, non lo so. Non comprendo quei termini semplicemente perchè non penso che altra gente lo faccia. Parlano di umanitarismo e di laicismo, tutto quello che termina con *ismo*. Non che io sia così stupido da non capire quel che vogliono dire quelle parole, ma non credo che chiunque altro sappia cosa vogliano dire. Ad essere veramente onesti io non credo che la gente sappia di cosa sta parlando quando usano tutte quelle parole. Non hanno alcuna idea di quel che stanno dicendo. E' come dire: "Ho visto una casa ieri." Oh sì, anche io ne ho vista una. Ma probabilmente non è la stessa che hai visto tu.

Ma ne ho sentito parlare un sacco. Sembra che la gente pensi di sapere tutto di me. Forse non è così. Forse ogni cosa che ho fatto nella mia vita è stata solo un lato o qualcosa del genere. Una parte. Certamente niente di quello che ho scritto mi definisce come persona nella sua totalità. Non esiste una canzone che lo faccia. Niente di quel che faccio dovrebbe davvero sorprendere qualcuno. Sembra come se io lo stessi facendo da così tanto tempo che non mi ricordo quando non lo stessi facendo. Non c'è nulla che potrei dire che non sia documentato da qualche parte nel passato così tu potresti pensare: "Certo, Dylan voleva dire una cosa del genere".

BILL FLANAGAN: E' strano. Quando era ragazzo sentivo un sacco di gente che diceva sempre: "Bob Dylan, oh, scrive un sacco di canzoni contro la guerra del Viet Nam" ed io avevo tutti gli album e dicevo sempre...

BOB DYLAN: Quali? (Ride.)

BILL FLANAGAN: Esatto, perchè tutte le canzoni che loro citavano - canzoni come "Hard Rain" e "Blowin? in the Wind" - erano tutte datate prima del Viet Nam.
"I Dreamed I Saw St. Augustine" ha quella immagine molto potente: "I dreamed I was amongst the ones that put him out to death." E' nella natura umana indicare altra gente dando agli altri la colpa. E' raro che un artista prenda una posizione tale per cui dice "Siamo tutti capaci di diventare malvagi."

BOB DYLAN: Beh, non mi importa di prendere quella posizione. Perchè è semplicemente un'affermazione vera. Siamo tutti peccatori. Sembra che la gente pensi che dal momento che i loro peccati sono differenti da quelli delle altre persone, allora non sono peccatori. Alle persone non piace pensare a se stesse come peccatori. Le fa sentire a disagio. "Cosa intendi con peccatore?" Le mette in una situazione di svantaggio. Un sacco di gente se ne va in giro con questo strano concetto in testa per cui loro sono nati buoni, che sono davvero gente buona - ma il *mondo* ha reso un caos le loro vite. Io avevo un altro punto di vista. Ma non è difficile per me identificarmi con chiunque sia dal lato sbagliato. In realtà tutti noi siamo dalla parte sbagliata.

BILL FLANAGAN: Tu oggi integri la tua fede nelle canzoni in maniera più sottile rispetto all'epoca di "Slow Train Coming."

BOB DYLAN: Adesso scrivo d'istinto. O comunque lo faccio il più delle volte. Scrivo d'istinto e in qualsiasi modo venga fuori una cosa va bene così. Altra gente può fare quel che meglio crede. Ma per me... io non posso mettermi ad interpretare troppo quello che sto facendo perchè davvero non ho alcuna idea di quel che sto facendo. Ma ti dirò una cosa, se tu stai parlando solo a proposito di un tipo di cosa basata sulla Sacra Scrittura, non c'è modo che io possa scrivere qualcosa che sia non corretta dal punto di vista della Sacra Scrittura. Voglio dire, non metto in giro idee che non siano vere dal punto di vista della Bibbia. Posso invertirle, oppure farle venir fuori in una maniera differente, ma non dirò qualcosa che è proprio totalmente *sbagliata*, per cui non ci sia una legge.

BILL FLANAGAN: Una delle cose più belle di "Sweetheart Like You" è che tutti quelli che conoscono la Bibbia ascolteranno quella canzone in un modo, ma il brano funziona su un livello differente per altre persone.

BOB DYLAN: Oh, penso che sia così, sì. Perchè la Bibbia attraversa tutta la vita degli Stati Uniti, che la gente lo sappia o meno. E' il libro su cui si fonda tutto. O comunque è il libro dei padri fondatori. La gente non può sfuggire alla Bibbia. Non te ne puoi allontanare, dovunque tu vada. Quelle idee erano vere allora e sono vere oggi. Sono basate sulla Sacra Scrittura, sono leggi spirituali. Credo che la gente ci possa leggere quel che vuole. Ma se hai familiarità con quei concetti probabilmente ne troverai parecchi nelle mie canzoni. Perchè io ritorno sempre a quei concetti.

BILL FLANAGAN: C'è gente che tu conosci e che si riconosce nelle tue canzoni?

BOB DYLAN: Oh, certo, un sacco di gente lo fa. Almeno così mi dicono. E comunque ci si sono riconosciuti in passato. "Einstein disguised as Robin Hood" magari è nel corridoio. Un sacco di persone mi dicono che sono questa o quella persona. Non più tanto spesso però. Mi succedeva più spesso prima che oggi.

BILL FLANAGAN: E a volte queste persone hanno ragione?

BOB DYLAN: No. Non davvero. Ma molte persone si possono identificare con i sentimenti che io provo e con il modo in cui descrivo qualcosa. Penso che sia niente di più di questo.

BILL FLANAGAN: Un giornalista della rivista "Time" di nome Jones andò in giro dicendo che era lui che ti aveva ispirato la canzone "Ballad of a Thin Man." Ci sono stati degli articoli di giornale che hanno scritto di lui. Io pensai, "Gesù, che cosa incredibile di cui vantarsi!"

BOB DYLAN: Sì, c'erano un sacco di Mister Jones all'epoca. Ovviamente dovevano essercene davvero un gran numero per farmi scrivere *quella* particolare canzone. Non era solo una canzone incentrata su un'unica persona. Era qualcosa del tipo: "Oh, Dio, ci sono migliaia di Mister Jones."

BILL FLANAGAN: Parliamo dei meccanismi della scrittura. Scrivi alla chitarra o al piano? La musica ti viene in mente prima di metter mano allo strumento?


BOB DYLAN: Sì, un sacco di volte i motivi mi vengono in mente. E li metto giù alla chitarra o al pianoforte. Un sacco di volte mi sveglio con un certo motivo in testa, oppure mi viene in mente durante il giorno. Cerco di metterlo giù e poi i versi vengono di conseguenza. O può succedere che mi vengano mentre suono un qualsiasi strumento. La chitarra elettrica è diversa dalla chitarra acustica. Lo stile del banjo è davvero buono, puoi scrivere ottime canzoni con il banjo. Questi sono tutti strumenti reali. Poi ci sono tutti quegli strumenti tecnologici, queste cosine come le tastiere. Ti danno tutti i tipi di suono. In qualche modo vanno bene.
BILL FLANAGAN: Non ne sei completamente convinto?

BOB DYLAN: Suonano davvero bene, ma io non ho mai avuto molto successo ad usare quel genere di strumenti. Ma io scrivo con una combinazione di strumenti. Le mie melodie in genere sono molto semplici. Devono essere semplici. Altrimenti non me le ricordo. Se fossero troppo complicate non riuscirei a ricordarmele. Perciò devono essere semplici. Tutto qui.

E poi butto giù i versi. Ho degli appunti scribacchiati dappertutto. A volte capita che mi dico: "Qualsiasi altra cosa io faccia oggi, devo scrivere tutti i versi che mi sembrano interessanti. Sia che li penso sia che li senta per caso." Cerco di rimanere impegnato con quel lavoro per un certo periodo di tempo. Perchè per la maggior parte del tempo capita che tu non lo fai. La roba che ti passa vicino, ci pensi e dici: "Okay, ci ho pensato. Grande affare. Ma che m'importa?" Oppure ti capita di sentire qualcosa di divertente e poi te lo dimentichi. Alle volte capita che io faccia uno sforzo solo per riuscire a prendere quella roba e vedere se significa qualcosa. E a volte è così. Allora la scrivo da qualche parte e poi ci ritorno. In genere se ha un qualche significato per me, allora è importante. Ci sono un sacco di grandi cose che ti capita di sentire e che non sono davvero così rilevanti. Si tratta davvero di questo. Non è che ci voglia poi una vera e propria complicata e profonda qualità di genio per questa cosa.

BILL FLANAGAN: E' facile dirlo per te, hai scritto tutte quelle grandi canzoni.

BOB DYLAN: Beh, penso che abbia più a che fare con l'istinto. Non c'è niente di studiato. Credo che tu debba solo fidarti del tuo istinto.

BILL FLANAGAN: Hai cantato alla marcia su Washington di Martin Luther King, Jr. Lo hai mai incontrato?

BOB DYLAN: No. L'ho sentito parlare ma non l'ho mai incontrato.

BILL FLANAGAN: Conosci John Coltrane?

BOB DYLAN: L'ho *visto*, John Coltrane. Sì. L'ho visto suonare. Ho visto lui, ho visto Monk,
Miles molte volte, Horace Silver. Una volta ho fatto delle sessions con Don Cherry e Billy Higgins. Non so davvero che fine hanno fatto quelle canzoni. C'erano un sacco di musicisti jazz in giro nella scena delle coffehouse nel Greenwich Village. All'epoca i club di musica folk e quelli di jazz e quelli di poesia erano in un certo senso tutti la stessa cosa. Ero solito andare a vedere questi musicisti un sacco di volte. Quel che questi musicisti avevano e che io ho preso per il mio canto - anche se riesco a stento a definirmi un *cantante* - è stato il senso del fraseggio e la dinamica.

BILL FLANAGAN: Ho sentito Bill Cosby dire una sera che quando era agli inizi della sua carriera di comico nel Village se ne andava avanti e indietro per strada e ti sentiva suonare in un club e poi sentiva suonare John Coltrane in un altro. Eri consapevole di quanto terreno si stava coltivando? Di quanti semi si stavano gettando?

BOB DYLAN: No. Nessuno era realmente conscio di quello che stava succedendo. Ma c'erano un sacco di differenti persone sulle strade. Mi ricordo quando Bill Cosby arrivò in città. Era solito lavorare allo stesso club in cui lavoravo io. Allora era solo uno dei tanti tipi che lavoravano lì, un altro entertainer. Ho spesso mangiato con Bill all'epoca.

BILL FLANAGAN: Sei famoso per andare in uno studio e registrare le canzoni molto velocemente per catturare il momento. Ma un paio dei tuoi album recenti, "Slow Train" e "Infidels", sono stati più elaborati.

BOB DYLAN: Vedi, quando io ho iniziato ad incidere dischi, semplicemente accendevano i microfoni e si registrava. Era così che funzionava negli anni sessanta. Qualsiasi cosa tu ottenessi da una parte del vetro era quello che giungeva alla sala controllo dall'altra parte del vetro. Non c'era mai nessun problema. Quello che facevi lì in sala era quello che ti ritrovavi sul nastro. Ed è sempre successo in quella maniera. Sia che suonavi da solo sia che suonavi con una band non importava in realtà, eri per lo più garantito sul fatto che qualsiasi cosa tu facessi da quella parte del vetro sarebbe stata percepita nella stessa maniera dall'altra parte del vetro. Non è mai stato un problema di qualche sorta. Perciò quello che è successo a me è stato che ho continuato a lavorare in quel modo anche negli anni settanta. Non avevo capito che le cose erano cambiate! (ride). Davvero non l'avevo capito. Penso che non mi sono reso conto che si potesse fare una sovraincisione, fino al 1978. Proprio non ci pensavo nemmeno a una cosa del genere. Forse ero *talmente* al di fuori di quel concetto che nemmeno lo avevo mai capito. Il problema è che oggi non puoi più registrare in quel modo. Se ora vai in uno studio di registrazione, la tecnologia è così differente che magari riesci ad ottenere un suono live, il suono live che tu vuoi, ma non arriverà in quella stessa maniera dall'altra parte del vetro. Perciò devi sforzarti per escogitare un modo per ottenere un suono e far sì che esso suoni nella maniera che tu davvero desideri. In altre parole, se vuoi ottenere un sound in una certa maniera, qualsiasi sia questa maniera, non succederà mai nello studio.

C'è una sorta di cosa datata chiamata "eccitazione dal vivo in studio." Non succede più, perchè la gente non registra più in quella maniera. Un sacco di gente fa i dischi una canzone alla volta. Le cose oggi sono così avanzate che verrà il momento in cui sarai capace di *telefonare* le tue parti. Ad ogni modo, il problema è che non importa quel che tu fai, non risulterà mai in quel modo, comunque. La gente ci prova. Alcuni usano un certo studio perchè in genere ottenevano un certo sound lì. Ma magari nel frattempo hanno cambiato tutta l'attrezzatura lì dentro così che non riuscirai più ad ottenere quel suono. Mi piace il suono antico ma è andato ormai, è morto. Non tornerà mai più. Perciò devi avere a che fare con quello che è il modo moderno di incidere.

Un sacco dei miei dischi sono stati fatti perchè era "tempo di fare un disco". "Quando esce il tuo nuovo disco?" - "Oh, il mese prossimo." E' tempo per me di andare in studio e fare un disco. Non sono mai stato solito pensarci durante l'anno al fatto di dover fare un disco. Avevo altre cose da fare. Alcuni degli album degli anni settanta sono stati fatti in un colpo solo. "Questo mese scriverò le canzoni, le registrerò, le mixerò, le stamperò, farò una copertina e tutto in un mese o due." Mi ci è voluto molto tempo per scappar via da quel particolare stile. In realtà non mi è mai piaciuto.

Molte volte non ho nemmeno le canzoni pronte prima di entrare in studio. Scrivo solo dei versi e li metto da qualche parte. Poi quando sto per fare un disco e ho bisogno di alcune canzoni inizio a scavare nelle mie tasche e nei miei cassetti cercando di trovare queste canzoni. Allora ne tiro fuori una che non ho mai neanche cantato prima, a volte nemmeno mi ricordo la melodia. A volte succedono cose grandi, altre volte ne vengono fuori cose così così. Ma senza contare quel che poi succederà, quando la eseguo in studio è la prima volta che la faccio in assoluto e ho pochissima familiarità con essa.


In passato quel che veniva fuori era quel che io solitamente ne tiravo fuori continuando a lavorarci, sia che mi colpisse davvero o no. Per nessun motivo apparente. Persistevo con quel sistema, solo per mancanza di impegno, per non prendermi il fastidio di realizzare le cose davvero bene. Non voglio più registrare in quel modo. Ora registro più materiale di quanto ero solito registrarne. Circa due anni fa ho deciso di fare le cose seriamente. Perchè ho bisogno di registrare ed ho scadenze ed impegni. E' stata una grande lotta venirne a capo alcune volte. Perciò piuttosto che fare così, quel che faccio ora è registrare in continuazione. A volte non ne viene fuori niente ed altre volte ottengo un sacco di roba che conservo. Ho registrato questo album ["Empire Burlesque"] durante un lungo periodo. Registravo le canzoni che sentivo di voler registrare. Poi le ascoltavo e decidevo se mi piacevano. E, se non mi piacevano, o le registravo di nuovo oppure le modificavo. Volevo essere il primo a giudicarle piuttosto che farle uscire e far decidere alla gente.
BILL FLANAGAN: Il produttore fa una grande differenza?

BOB DYLAN: In realtà io mi produco i dischi da solo. Nemmeno so cosa fa un produttore. In genere i produttori sono di ostacolo. Vanno bene per prenderti all'aeroporto e per assicurarsi che il conto dell'albergo venga pagato. Se sono davvero dei bravi produttori troveranno delle canzoni che abbiano davvero un senso per te. Ma i produttori che io ho avuto in realtà non sono nemmeno dei veri produttori. Fanno suonare bene un disco ma non mi sono mai imbattuto in nessun produttore che ne sapesse di più a proposito di quel che stavo facendo rispetto a quanto ne sapessi io.

BILL FLANAGAN: Hai menzionato un paio di volte quanto tu apprezzi la concisione, ma tu sei più responsabile di altri per essere scappato via dalle forme di canzoni più rigide e strutturate.

BOB DYLAN: Sì, beh... Io vengo fuori da quella struttura di musica folk/rock & roll. Perciò quello è il solo tipo di struttura con cui ho dimestichezza veramente. Non mi considero un autore di canzoni pop come Burt Bacharach/Hal David, o persino Lionel Richie. Penso che tu debba essere una persona troppo rilassata, devi avere troppo pazienza (ride) per fare quel genere di cose. Ma io non so quel che ho fatto. In genere penso a me stesso come all'ultimo. Quando penso ai songwriters non penso veramente a me stesso. Penso ad altra gente. Anche se so che anche io faccio il songwriter. Ma mi dà più piacere vedere che qualcun altro lo fa. Io *ho bisogno* di farlo. Come quel Jonathan Richman. Mi piace. Preferisco ascoltare quel tipo di canzoni. Mentre le mie canzoni, ho bisogno di farle, devo farle, ci sono dentro in continuazione. Quando ascolto le mie vecchie canzoni penso solo a quanto sono state registrate male.

BILL FLANAGAN: C'è mai stato un momento in cui non volevi più scrivere o esibirti? Ci sono stati periodi in cui non abbiamo più sentito nulla di te.

BOB DYLAN: Ho provato ad allontarmi da tutto, ma non ci sono mai riuscito. E' tutto quello che ho sempre fatto, davvero. Io ascolto ancora roba che è stata fatta negli anni cinquanta e sessanta che forse ho ascoltato una sola volta e me ne sono dimenticato oppure che forse non ho mai sentito.

BILL FLANAGAN: Pensi mai che forse ti piacerebbe non essere sempre sintonizzato in continuazione, che ti piacerebbe non ricevere? Forse la musa potrebbe darti una pausa?

BOB DYLAN: No. La cosa mi terrorizzerebbe. Non saprei che altro fare. Sarei perduto.

traduzione di Michele Murino


°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

Non chiedetemi niente su niente, potrei dirvi la verità...
Dicembre 1985
di Scott Cohen

Bob Dylan, poeta laureato, profeta in giacca da motociclista. Vagabondo misterioso. Napoleone in stracci. Un ebreo. Un Cristiano. Un milione di contraddizioni. Un completo sconosciuto, come una pietra che rotola. E' stato analizzato, classificato, categorizzato, crocifisso, definito, dissezionato, ispezionato e rifiutato, ma mai capito. E' entrato nel mito nel 1961 con una chitarra, un'armonica e un berretto di velluto a coste, come un incrocio tra Woody Guthrie e Little Richard. E' stato il primo folksinger punk. Ha introdotto le canzoni di protesta nel rock. Ha reso le parole più importanti della musica, più importanti della melodia e del ritmo. La sua voce nasale e roca per il fumo ed il suo fraseggio sexy sono unici. Può scrivere con eguale facilità canzoni surreali con una logica tutta loro, come un dipinto di James Rosenquist o una poesia di Rimbaud, e ballate semplici e che vengono dal cuore. Può prendere l'oscurità della notte e dipingere il giorno di nero. Probabilmente poteva diventare il più grande sex symbol dai tempi di Elvis, se avesse voluto. Dopo sono arrivati Mick Jagger. Gli Stones, i Beatles, Jim Morrison, Janis Joplin, Jimi Hendrix, tutti hanno pagato un debito a Dylan. I radicali Weathermen hanno preso il loro nome da lui. Ha provocato una sommossa nel 1965 al Newport Folk Festival quando salì su un palco e suonò rock elettrico. La fazione folk pensò che si fosse venduto. Poi, durante il momento di apice del flower power, quando tutti si interessavano alle religioni Orientali, Dylan andò a Gerusalemme, al Muro del Pianto, con indosso uno yarmulke. Dieci anni dopo è diventato un Cristiano Rinato, o così sembrò, pubblicando dischi gospel. La gente scoprì che in realtà non era quel che sembrava. Non è che improvvisamente Dylan sia diventato meno politico o più spirituale. Riferimenti alla Bibbia ci sono sempre stati nelle sue canzoni. La gente per anni lo ha definito un visionario. Chissà? Supponiamo che stia per arrivare una rivoluzione spirituale e che il rock 'n' roll sia solo il preludio a qualcosa di diverso. Chi potrebbe essere miglior profeta di Dylan? A volte quel che sembra grande da lontano, da vicino non è poi così grande. Dylan è come uno dei suoi versi. Vive in maniera abbastanza semplice, in una bella casa in una proprietà isolata della costa della California, con un mucchio di galline, cavalli e cani. Il fatto che oggi sia più visibile e faccia cose ordinarie, come partecipare ai Grammy, o persino questa intervista, non lo rende meno misterioso. Aumenta il mistero.

Vuoi parlarmi, avanti parla...

Un sacco di gente che lavora per i giornali vuole parlarmi, ma non lo fa mai, e per qualche ragione c'è questo grande mistero su di me, se vogliamo chiamarlo così. Me lo appiccicano addosso. Fa vendere giornali, immagino. I giornali sono un business. In realtà è una cosa che non ha niente a che fare con me personalmente, quindi in realtà io non posso starci dietro. Quando penso al mistero, non penso certo a me stesso. Penso all'universo, penso a cose tipo... perchè la luna sorge quando il sole tramonta? Perchè i bruchi si trasformano in farfalle? In realtà non sono mai stato un recluso. Semplicemente non ho parlato per anni con la stampa perchè dovevo badare a cose personali ed in genere queste ultime hanno la priorità sul parlare di me stesso. Se posso me ne sto un po' fuori vista. Occuparmi della mia vita ha la priorità sulla gente che vuole occuparsi della mia vita. Voglio dire, ad esempio, se devo andare dal padrone di casa a chiedergli di aggiustare l'impianto idraulico, oppure se sento di essere stato trattato male, allora devo occuparmi di questa cosa in prima persona e non andarla a spifferare ai giornali dappertutto. Se altre persone vengono a conoscenza delle cose, ciò rende confusa la situazione e io non sono preparato per questo. Non mi piace parlare di me stesso. Ai giornali non piace stampare le cose di cui vorrei parlare, i boss dei ghetti, salvezza e peccato, assassini messi in libertà, bambini senza speranza, regno del Messia, e cose del genere. In genere non ho nessuna risposta alle domande che vorrebbero pubblicare.

Chi vorresti intervistare?

Un sacco di persone morte: Hank Williams, Apollinaire, Giuseppe, Marilyn Monroe, John F. Kennedy, Maometto, l'Apostolo Paolo, forse John Wilkes Booth, o forse Gogol. Mi piacerebbe intervistare persone che sono morte lasciando una situazione irrisolta, e che hanno lasciato alla gente per anni e anni solo la possibilità di fare speculazioni su di loro. Per quanto riguarda quelli ancora in vita chi c'è da intervistare? Castro? Gorbaciov? Reagan? Lo Strangolatore delle Colline (1)? Che cos'hanno da dirti? Il destino dell'uomo più ricco del mondo non mi interessa. So quale sarà la sua ricompensa. Alle persone che hanno fatto qualcosa che ammiro non chiederei mai qualcosa sulla loro vita di tutti i giorni. Voglio dire, cose come "Come mai non mangi pesce?" Quello non mi darebbe delle risposte su quello di cui mi interrogo.

Occhiali da sole scuri

Ho iniziato con gli occhiali da sole in stile Batman e Robin. Ho sempre pensato che gli occhiali da sole migliori sono quelli da motociclista con la mascherina di plastica. In quel modo nessuno può riconoscerti nemmeno guardandoti la nuca. Con gli occhiali da sole... beh... te li compri tirandoli fuori dalla rastrelliera, vedi se ti vanno bene e te li metti. Con le scarpe invece è più difficile. Devi entrare in un negozio, devi provarne un paio, poi un altro paio... Io sento che devo comprare qualcosa se l'ho indossata. Quel che sto cercando è un paio di occhiali che siano in grado di vedere attraverso i muri, sia che siano occhiali da sole o meno.

Non è dura indossare occhiali scuri per così tanti anni?

La notte tardi sì. Quando guido. Ma non li indosso sempre. Ci sono stati periodi in cui li ho indossati ma non sapevo perchè. Sono miope, perciò li porto per quella ragione...

Highway 61 Revisited

La gente mi chiede in continuazione a proposito degli anni '60. E' la prima cosa che vogliono sapere. Voglio dire, se vuoi sapere qualcosa degli anni sessanta leggiti Armies of the Night di Norman Mailer, oppure leggiti Marshall McLuhan o Abraham Maslow. Un sacco di gente ha scritto cose sugli anni '60 in una maniera eccitante e hanno raccontato la verità. I cantanti erano solo una parte di tutto quel che c'era negli anni sessanta. Non è che ne possa dire molto, personalmente. Certe cose me le ricordo con molta chiarezza. Altre cose sono un po' offuscate, ma dov'ero e cosa succedeva... mi ci posso focalizzare se sono costretto. Naturalmente ci sono persone che sono in grado di ricordare ogni cosa con vividi dettagli. Ginsberg ha questo talento e anche Kerouac lo aveva ad un livello molto alto. Kerouac non si dimenticava mai niente, così poteva scrivere di tutto perchè semplicemente se lo ricordava.

My Back Pages

Miles Davis è la mia definizione di figo. Amavo vederlo nei piccoli club dove suonava il suo assolo, voltava le spalle al pubblico, metteva giù la sua tromba e scendeva dal palco, lasciava la band da sola a suonare, poi ritornava e suonava un po' di note nel finale. Io l'ho fatto in un paio di show. Il pubblico ha pensato che fossi malato o qualcosa del genere. Lily St. Cyr (la spogliarellista), Dorothy Dandridge, Maria Maddalena, questa è la mia definizione di "hot".

Il mio primo eroe pop è stato Johnny Ray. L'ho incontrato nel '78. Penso che stesse suonando in club lounge. Non ha più avuto canzoni di successo per un po'. Forse ha bisogno di una nuova etichetta discografica. Spero che sia ancora vivo. La gente ha dimenticato quanto fosse bravo.

L'unica persona che penso non abbia risposto ad una mia telefonata è stata Walter Yetnikoff (presidente della CBS) due estati fa. L'ho fatta io personalmente, alle 3 del mattino. L'ultimo disco che ho comprato è stato quello di Lucille Bogan. Era una cantante blues di cui avevo sentito, ma non avevo mai ascoltato i suoi dischi. Non compro molti dischi contemporanei. Non è che vado nel negozio e li compro personalmente. Conosco uno che lavora in un negozio di dischi giù in città e allora gli telefono e gli dico se me li mette da parte. No, non vado di persona a prenderli, c'è qualcuno che lo fa per me.

La prima cosa costosa che mi sono comprato con il mio primo grosso assegno è stata una Mustang baby-blue decappottabile del '65. Ma un tizio che lavorava per me è rotolato giù da una collina a Woodstock e l'ha distrutta scontrandosi con un camion. Ci ho preso 25 dollari. Il nome sulla mia patente di guida è Bob Dylan. E' stato cambiato legalmente quando ho iniziato a lavorare per il Folk City qualche migliaio di anni fa. Dovevano avere il mio nome per via dei sindacati. Non guardo mai sport in TV, anche se ho guardato John McEnroe battere Jimmy Connors a Wimbledon quando ero in Inghilterra l'anno scorso. C'era un apparecchio televisivo nel backstage del concerto e io son dovuto andare lì prima e allora ho visto tutto l'incontro. In genere non resto impegnato con qualcosa così a lungo. Una volta giocavo ad hockey, quando ero ragazzino. Tutti quanti noi imparavamo a pattinare o a giocare ad hockey tanti anni fa in Minnesota. In genere giocavo in attacco. Altre volte a centrocampo. Mio cugino era portiere della squadra della University of Colorado. Non ho mai giocato molto a baseball, a causa dei miei occhi... la palla poteva colpirmi quando non vedevo. Non ho mai giocato molto neanche a pallacanestro, a meno che non giocassi con i miei bambini. A football non ci ho mai giocato, non ho mai nemmeno toccato una palla da football. In realtà non mi piace farmi male. Ho un'ottima intesa con tutte le donne che hanno fatto parte della mia vita, sia che le incontri di tanto in tanto sia che le veda spesso. Siamo ancora grandissimi amici.

Tangled Up in Blue

Una volta ho letto un libro di Nathaniel Hawthorne. Erano lettere che aveva scritto ad una ragazza, ed erano estremamente private e personali, e non sentivo che c'era qualcosa di me stesso in quelle lettere... però mi ci potevo identificare, con quello che Hawthorne diceva. Un sacco di me stesso si riversa nelle mie canzoni. Scrivo qualcosa e poi dico a me stesso che posso cambiarla... che posso fare in modo che non sia troppo personale. Altre volte invece mi dico che lascerò tutto su un livello personale e se poi qualcuno raccoglierà quel che ho scritto e ne trarrà un'opinione su che tipo di carattere sono, beh... è affar loro. Altre volte magari mi dico... beh, è troppo personale, penso che svolterò l'angolo... perchè per quale motivo dovrei volere che qualcuno pensi quel che penso io, specialmente se poi non è una cosa che possa andare a suo vantaggio?

Note
(1) Qui Dylan si riferisce ad Angelo Buono, un serial killer che negli anni '70 terrorizzò l'intera zona di Los Angeles. Tra il 1977 e il 1978 uccise nove ragazze, strangolandole e poi abbandonando i loro cadaveri denudati sulle colline di Los Angeles, da cui il soprannome di 'Hillside Strangler' (letteralmente: lo strangolatore dei pendii collinari) che i giornali dell'epoca gli diedero.

Tales of Yankee Power

Le canzoni migliori sono le canzoni che scrivo e di cui non so niente al riguardo. Sono una fuga, un'evasione. Non è che io ne faccia molte di quel tipo di canzoni perchè forse è più importante aver a che fare con qualcosa che succede realmente piuttosto che metterti in un posto in cui tutto quello che puoi fare è immaginare qualcosa. Se puoi immaginare qualcosa e in realtà non l'hai mai sperimentata realmente, in genere è vero che qualcun altro è passato davvero attraverso quella situazione e dunque ci si potrà identificare. In realtà penso alle storie di Poe, "Il cuore rivelatore," "Il pozzo e il pendolo". Stai certo, se guardi la sua vita, che in realtà Poe non ha mai avuto un'esperienza reale di quel genere di cose. Ma dalla sua immaginazione sono nate storie fantastiche. Come a dire, "Ecco, sono bloccato con questo lavoro e non riesco a venirne fuori. Sono un impiegato statale, cosa farò adesso? Odio questa vita." E allora cosa fa? Si siede nella sua soffitta e scrive una storia e tutti quanti pensano che sia un personaggio davvero strano. Ora, non è che io pensi che sia un modo illegittimo... ma poi hai qualcuno come Herman Melville che invece scrive sulla base delle esperienze, "Moby Dick" o "L'uomo di fiducia". Anche se penso che ci sia una certa dose di fantasia anche nelle sue opere. Te lo vedi a cavalcare sul dorso di una balena? Non so. Non sono mai stato in un college a frequentare un corso di letteratura. Posso solo provare a rispondere a questo tipo di domande perchè si suppone che io sia qualcuno che ne sa qualcosa a proposito della scrittura, ma la realtà è che non ne so molto al riguardo. E comunque non so cosa ci sia da sapere a proposito. Io ho iniziato a scrivere perchè cantavo. Penso che sia una cosa importante. Ho iniziato a scrivere perchè le cose cambiavano in continuazione e c'era bisogno che una certa canzone venisse scritta. Ho iniziato a scriverle perchè le volevo cantare. Se fossero state già scritte allora io non avrei mai iniziato a scriverle. Ad ogni modo, una cosa portò ad un'altra e iniziai a scrivere le mie canzoni, ma in realtà fu un caso, non è che mi fossi preparato a farlo, ma va detto che avevo cantato un mucchio di canzoni di altri autori prima di scrivere le mie. Anche questa è una cosa importante, penso.

Edgar Allan Poe

Hai mai inviato le tue poesie a riviste specializzate nel genere?

No, non ho iniziato a scrivere vere e proprie poesie fino alla fine del liceo. Avevo 18 anni circa quando ho scoperto Ginsberg, Gary Snyder, Phillip Whalen, Frank O'Hara, e altri di quel tipo. Poi sono andato a ritroso e ho letto quelli Francesi, Rimbaud e Francois Villon; ho iniziato a mettere delle melodie alle loro poesie. Una volta c'era una scena di musica folk ed un'altra di club di jazz praticamente dovunque. Le due scene erano davvero molto collegate, posti in cui i poeti leggevano accompagnati da un piccolo gruppo jazz, per cui per un certo periodo io fui molto vicino a questa scena. Le mie canzoni non erano influenzate tanto dalla poesia sulla pagina stampata ma piuttosto dalla poesia recitata dai poeti che leggevano le loro composizioni accompagnati da gruppi jazz.

The Real You at Last

A volte il "tu" che è presente nelle mie canzoni si riferisce a me stesso, sono io che parlo a me stesso. Altre volte magari parlo a qualcun altro. Ma se sto parlando a me stesso in una canzone, non è che lascio tutto e dico, bene, ora sto parlando con te. Sta agli altri capire chi è chi. Un sacco di volte sei "tu" che parli con "te". E anche l' "io", come in "I and I", cambia di volta in volta. Potrei essere io, oppure potrebbe essere l' "io" che mi ha creato. Ma potrebbe anche essere un'altra persona che sta dicendo "io". Anche in questo stesso istante in cui dico "io" non so di chi sto parlando...

All I Really Want to Do

Finchè continuerò a fare dischi e a suonare, cosa che non ho ancora finito di fare, devo proseguire con la scena che al momento c'è intorno. Non sono Pete Seeger, non sono in grado di fare quel che fa lui. In realtà una volta l'ho fatto, quando ho guidato duemila, tremila persone grazie alle canzoni, ma non l'ho fatto proprio come Pete Seeger. In questo lui è un maestro, a guidare una massa di persone con una melodia di una canzone che non è nemmeno scritta nella loro lingua. Penso che Pete possa piacere alla gente tanto quanto Sting perchè è in grado di far sentire la gente importante, fa loro sentire di avere un senso e di star contribuendo a qualcosa. Andare a vedere i Tears for Fears è come essere spettatori di una partita di football. Pete è quasi come una sorta di uomo della medicina tribale, nel vero senso della parola. I performer di rock 'n' roll no. In un certo senso elaborano quelle che sono le fantasie della gente.

Bob Dylan's 115th Dream

Firmai un contratto discografico con John Hammond, Senior, della Columbia Records, nel 1961. Fu un grande momento. Ero stato bocciato da un sacco di etichette discografiche folk, la Folkways, la Tradition, la Prestige, la Vanguard. Non era destinato ad accadere, in realtà. Ad ogni modo molte di quelle compagnie discografiche sono fuori dal giro ora. 116mo sogno: l'album "The Freewheelin'". La ragazza che c'è insieme a me sulla copertina è quella con cui vivevo all'epoca.

Newport, 1965

La prima volta che ho suonato con strumenti elettrici davanti ad un grande gruppo di persone è stato al Newport Folk Festival, ma avevo pubblicato già un disco di successo accompagnato da una band (Bringing It All Back Home), dunque non so perchè la gente si aspettasse che facessi qualcosa di differente. Mi resi conto che la gente tra il pubblico stava contestando, ma non capivo perchè. Ero un po' imbarazzato dal trambusto, perchè stava accadendo per le ragioni sbagliate. Voglio dire, puoi fare le cose più disgustose nella tua vita e alla gente nemmeno importa. Poi fai qualcosa che credi non sia null'altro di più che una cosa normale e la gente reagisce in quella maniera così rissosa... ma in realtà non ci presto molta attenzione.

Motorpsycho Nitemare

Nel 1966 ho avuto un incidente con la mia motocicletta. Mi sono rotto diverse vertebre e ho subito una commozione cerebrale. Così per un certo periodo sono stato fuori gioco. Non potei più continuare a fare quel che facevo. Ero parecchio stressato prima che avvenisse l'incidente. Mi bloccò, così che potei vedere le cose da una prospettiva migliore. Prima non stavo guardando alcunchè da alcun tipo di prospettiva. Probabilmente sarei morto presto se avessi continuato a fare quel che facevo.

Gospel Plow

Nel 1979 andai in tour e non suonai nessuna canzone che già avessi suonato in precedenza dal vivo. Si trattò di uno spettacolo completamente differente e io pensai che fosse una cosa davvero sorprendente da fare. Non mi risulta che altri artisti abbiano mai fatto qualcosa di simile, che non abbiano cioè mai suonato quello per cui sono conosciuti. Il disco con Slow Train era stato pubblicato e io avevo già pronte le canzoni per il disco successivo (Saved, ndt) e avevo anche alcune canzoni che non avevo mai registrato. Avevo circa 20 canzoni che non avevo mai cantato dal vivo prima. Venivano a vedermi come in qualche club in cui io suonavo ed erano testimoni di qualcosa che davvero non aveva intenti pubblicitari. E invece ricevetti tutti i tipi di pubblicità negativa. L'unica cosa che mi dava fastidio era il fatto che la pubblicità negativa era così piena di odio che impedì ad un sacco di persone di prendere da sole una decisione e farsi una propria idea venendo a vedere lo show, e da un punto di vista finanziario questa cosa ti può danneggiare se hai uno spettacolo on the road. La prima volta che andammo in giro con quello spettacolo avevamo qualcosa come otto settimane già fissate. Due di queste settimane erano fissate a San Francisco. In una recensione su un giornale, il tizio che l'aveva scritto non aveva capito nemmeno uno dei concetti che c'erano dietro ogni parte dello show, e allora scrisse una cosa anti-Bob Dylan. Probabilmente non gli ero mai piaciuto, comunque. Un sacco di persone dissero: "Beh, ha cambiato le nostre vite in passato, com'è che ora non ci riesce?" Solo una scusa, in realtà. Le loro aspettative sono così alte che nessuno è in grado di soddisfarle. Queste persone non sono in grado di soddisfare le proprie aspettative e allora si aspettano che altri le soddisfino per loro. A me non importa di essere criticato, ma un intenso odio personale è un'altra cosa. Era come un critico specializzato in prime teatrali che stroncava uno show di Broadway. Quella particolare recensione fu ripresa da altri e stampata in tutti i giornali delle varie città in cui andavamo a suonare, anche prima che i biglietti venissero messi in vendita, così la gente leggeva questa recensione e decideva di non venire a vedere il concerto. La cosa ci danneggiò molto a livello di incassi e ci volle un po' di tempo per tornare a lavorare dopo quello. Pensavo che quel tipo di concerto fosse molto pertinente con quello che succedeva all'epoca.

Positively 4th Street

All'infuori di una canzone come "Positively 4th Street," che è estremamente unidimensionale, e che mi piace, in genere non mi purifico scrivendo qualcosa a proposito di qualche tipo di, diciamo così, relazione. Non ho il genere di relazioni che sono costruite su un qualche tipo di falso pretesto. Non voglio dire che non abbia relazioni. Ne ho avute come chiunque altro, ma non ne ho avute per molto tempo. In genere ogni cosa che avviene tra me e chiunque altro è schietta ed onesta. La mia vita è una sorta di libro aperto. E sono io che scelgo di avere a che fare con le persone. Non sono gli altri che scelgono me.

Heart of Gold

La sola volta in cui mi ha dato fastidio che qualcuno somigliasse a me è stato quando vivevo a Phoenix, Arizona. Era il '72 e la canzone che più andava di moda era "Heart of Gold." La odiavo quando la sentivo alla radio. Mi è sempre piaciuto Neil Young ma mi dava fastidio ogni volta sentire "Heart of Gold." Penso sia stata un numero uno per un lungo periodo e io dicevo: "Merda, sono io. Se sembro io allora dovrei anche essere io." Ero lì, bloccato nel deserto da qualche parte, cercando di stare tranquillo per un po'. New York era un posto triste e Woodstock era anche peggio, con la gente che viveva sugli alberi fuori da casa mia, fans che cercavano di buttarmi giù la porta, auto che mi inseguivano sulle più cupe strade di montagna. Avevo bisogno di riposarmi per un po', di dimenticarmi di tutto, me compreso, ed ero così lontano, ma accendevo la radio e c'ero io, ma non ero io. Mi sembrava come se qualcun'altro avesse preso la mia roba e fosse scappato via, sai, è una cosa che non ho mai superato. Magari domani.

Has Anybody Seen My Love?

"Tight Connection to My Heart" è una canzone molto visuale. Voglio farci un film. Di tutte le canzoni che ho scritto quella è la più visuale. Di tutte le canzoni che ho scritto quella è l'unica che ha personaggi con cui ci si può identificare. Qualsiasi cazzo di cosa questo significhi. Non so, forse la sto rendendo più importante di quel che è, ma io riesco a vedere le persone che sono dentro quella canzone. Hai mai sentito quella canzone, "I'm a Rambler, I'm a Gambler," quella che fa "I once had a sweetheart, age was 16, she was the Flower of Belton and the Rose of Saline"? ("Una volta avevo una ragazza, aveva 16 anni, era il Fiore di Belton e la Rosa di Saline") Stessa ragazza, forse più vecchia. Non so, forse in realtà dovrebbe restare una canzone. In gran parte delle mie canzoni io so di chi sto parlando, e a chi. Recentemente, fin dal 1978, questa è stata una cosa vera, e non è cambiata da allora. La roba che ho scritto prima del '78... quelle persone sono come sparite... '76, '75, '74. Se mi vieni a vedere dal vivo non mi sentirai cantare molte di quelle canzoni. C'è una certa area delle mie canzoni, un certo periodo, a cui non mi sento molto vicino. Come le canzoni dell'album Desire, sono una specie di nebbia per me. Ma a partire dal '78 i personaggi sono stati tutti estremamente reali e sono ancora presenti. Quelli a proposito dei quali ho scelto di parlare e con cui rapportarmi sono gli unici in cui trovo un certo tipo di grandezza.

Million Dollar Bash

So che andare ai Grammy non è il mio genere di cosa, ma con Stevie (Wonder, ndt) mi sembrava un'idea interessatne. Non

Idiot Wind

I video sono estranei alla mia indole. Gli ultimi che ho fatto insieme a Dave Stewart andavano bene. Gli altri, non saprei... mi hanno ordinato di farli. Ma non presto molta attenzione a quei video. Però devi farli se fai dei dischi. Semplicemente devi farli. Ma in realtà devi suonare dal vivo. Non puoi nasconderti dietro i video. Personalmente credo che una volta che questa cosa dei video comincerà a scemare allora la gente tornerà a vedere che si esibisce dal vivo e chi non lo fa.

X-Rated

Non penso che la censura riguardi me. Penso che riguardi più che altro gli artisti che vanno nella classifica dei 40 dischi più venduti. E' la gente che ha album che sono dei grandi successi quella che potrebbe essere toccata dalla censura, ma io non ho quel tipo di dischi tanto da dover essere valutati dai censori per quello che dico. Io scrivo soltanto qualsiasi canzone dal sapore antico che mi venga voglia di scrivere. Comunque, per come sento io la cosa, non compro nessuno di quei dischi che possono subire la censura. Nemmeno mi piace la maggior parte di quella musica. Non mi interessa affatto se i dischi che sento in radio sono "X-rated" o "R-rated" (sigle con cui la censura negli Stati Uniti vieta la vendita di determinati prodotti ad alcune fasce di pubblico, ndt). Comunque non penso che sia giusto. Sono contro questa cosa. Penso che ogni singola canzone che si ascolta possa essere vista da un altro punto di vista rispetto a quel che è. La gente ha continuato a leggere un sacco di cose nelle mie canzoni per anni e anni. Probabilmente io dovrei essere il primo ad avere una lettera sui suoi dischi.

Quale lettera?

F e B, "Fire" e "Brimstone" ("Fuoco" e "Zolfo", ndt). Ma non sono sicuro a proposito della lettera B. Magari potrebbe stare per "Boring" ("Noioso", ndt). Di certo un sacco di roba che esce oggi dovrebbe essere inserita in quest'ultima categoria.

Rainy Day Women

Sono sempre stato attirato da un certo tipo di donna. E' qualcosa che riguarda la voce, più che qualsiasi altro aspetto. Per prima cosa io ascolto la voce. E' quel suono che ascoltavo quando ero ragazzino. Quello che mi chiamava a voce alta. Quando tutto quanto era vuoto ed inutile, ascoltavo per ore ed ore The Staple Singers. E' quella sorta di sound gospel. Oppure quella voce sui dischi Crystal, "Then He Kissed Me," Clydie King, Memphis Minnie, quel tipo di cose. C'è qualcosa in quel tipo di voce, che ogni volta che la sento mollo tutto, qualsiasi cosa io stia facendo in quel momento

E cosa accade quando il corpo non è all'altezza della voce?

Un corpo è un corpo. Una donna può essere sorda, muta, storpia, cieca, e tuttavia può avere anima e compassione. E' tutto quel che ha importanza per me. Le puoi sentire nella voce.

I forgot More Than You'll Ever Know

Non ho mai avuto molto a che fare con Edie Sedgwick. Non ricordo molto bene Edie. Ricordo che era in giro nei posti che frequentavo io, ma conosco altre persone che, per quanto ne so, la frequentavano assiduamente. Uh, era una grande ragazza. Una ragazza eccitante, molto entusiastica. Era una che frequentava la scena di Andy Warhol e io ogni tanto frequentavo quella scena, ma poi me ne sono andato via dal Chelsea Hotel. Noi, io e mia moglie Sara, vivevamo al Chelsea Hotel, al terzo piano, nel 1965, o era il '66 non ricordo, quando è nato il nostro primo bambino. Ce ne siamo andati via da quell'albergo forse un anno prima di Chelsea Girls, e quando è uscito Chelsea Girls, fu la fine per il Chelsea Hotel. Sarebbe stato meglio se l'avessero raso al suolo con un incendio. La notorietà che acquisì grazie a quel film lo ha distrutto. Mi sembra che ci fosse anche Edie in Chelsea Girls. Ma in quel periodo io avevo perduto qualsiasi contatto con lei. C'era stato un periodo in cui succedevano un sacco di cose. Ondine (1), The Scene di Steve Paul (2), Cheetah (3). E' stato allora che devo aver conosciuto Edie... se l'ho conosciuta... e l'ho conosciuta... ma non ricordo di aver avuto alcun tipo di relazione con lei. O se l'ho avuta non me la ricordo.

I Threw It All Away

Una volta ho barattato un dipinto di Andy Warhol che raffigurava Elvis Presley e ne ho avuto in cambio un divano, il che era una cosa stupida da fare, lo ammetto. Ho sempre voluto dire ad Andy che era una cosa stupida quella che avevo fatto, e dirgli che se mi avesse regalato un altro quadro non lo avrei fatto di nuovo.

Another Side of Bob Dylan

Non ho mai letto Freud. Non sono mai stato attratto da nessuna delle cose che ha detto, e penso che abbia dato inizio ad un sacco di cose senza significato... con la psichiatria e tutto il resto. Non credo che la psichiatria possa aiutare o abbia mai aiutato qualcuno. Credo che sia una grossa frode, e non per fare un gioco di parole, nei confronti del pubblico. Miliardi di dollari che cambiano di mano e che potevano essere utilizzati per scopi migliori. Un sacco di persone hanno problemi con i loro genitori fino ai 50, 60 e 70 anni. Io non ho mai avuto quel tipo di problemi con i miei genitori. Come John Lennon, e la sua canzone "Mother": "Mother, you had me, I never had you." ("Madre, tu mi hai avuto, io non ho mai avuto te"). Non riesco ad immaginare una cosa del genere. Conosco un sacco di persone che hanno problemi simili. Ci sono un sacco di orfani al mondo, questo è certo. Ma quella non è stata la mia esperienza. Ho una forte identificazione con gli orfani, ma sono stato allevato da persone che sentono che i padri, che siano sposati o meno, dovrebbero essere responsabili per i loro bambini, che a tutti i figli dovrebbe essere insegnato un mestiere, e che i genitori dovrebbero essere puniti per i crimini dei loro figli. In realtà io sono stato allevato soprattutto da mia nonna. Era una donna fantastica. L'amavo moltissimo e mi manca tanto. Non ho mai avuto alcuna barriera da superare. Era tutto così chiaro per me. Se mai ho avuto un vantaggio rispetto agli altri, tale vantaggio è stato il fatto che ero solo e potevo pensare e fare quel che volevo. Guardando indietro alla mia infanzia, questa cosa ha molto a che fare con il fatto che sono cresciuto nel nord del Minnesota. Non so che cosa sarei diventato se fossi cresciuto nel Bronx o in Etiopia o in Sud America o persino in California. Penso che l'ambiente in cui si cresce ci condiziona. I luoghi in cui sono cresciuto io... è passato tanto di quel tempo... me ne sono dimenticato una volta che mi son trasferito ad Est. In realtà non me ne ricordavo molto nemmeno all'epoca e ora me ne ricordo ancor meno. Non ho grandi o lunghe storie da raccontare di quando ero un bambino, niente che possa far capire a qualcuno com'è che sono diventato quel che sono.

Patti Smith dice che tu eri Rimbaud in una vita precedente.

Non so se ha ragione o meno ma Patti Smith naturalmente conosce un sacco di dettagli in profondità, dettagli di cui io posso non essere consapevole. Forse ha qualche indizio a proposito di qualcosa che va oltre le mie capacità. Io conosco almeno una dozzina di donne che mi dicono di essere state un tempo la Regina di Saba. E conosco anche alcuni Napoleone ed un paio di Giovanna d'Arco. E un Einstein.

All Along the Watchtower

Non c'erano molti Ebrei ad Hibbing, Minnesota. Molti di loro erano miei parenti. La città non aveva un rabbino e arrivò il tempo del mio bar mitzvah (4). Improvvisamente apparve un rabbino, in strane circostanze, e rimase solo per un anno. Lui e sua moglie scesero dall'autobus nel bel mezzo dell'inverno. Apparve giusto in tempo per insegnarmi quello che dovevo apprendere. Era un vecchio che veniva da Brooklyn. Aveva la barba bianca e un cappello nero, e anche abiti neri. Si sistemò al piano superiore di un cafe, che era il ritrovo locale. Era un rock 'n' roll cafe dove spesso io mi recavo. Andavo su da lui ogni giorno ad imparare la lezione, o dopo la scuola o dopo pranzo. Dopo aver studiato insieme a lui per circa un'ora, andavo dabbasso a fare del boogie. Il rabbino mi insegnò quel che dovevo conoscere e poi dopo la cerimonia del mio bar mitzvah, sparì.
La gente non lo voleva. Non aveva affatto l'aspetto di un rabbino. Era imbarazzante. Tutti gli Ebrei del posto si tagliavano i capelli e, credo, lavoravano il Sabato. Non lo vidi più. Arrivò e se ne andò come uno spettro. In seguito scoprii che era Ortodosso. Gli Ebrei si dividono in quel modo. Ortodossi, Conservatori, Riformisti, come se Dio li chiamasse in quel modo. Anche Cristiani. Battisti, Assembly of God (5), Metodisti, Calvinisti. Dio non ha rispetto per il titolo di una persona. A Dio non importa che nome dai a te stesso.

A Puff of Smoke

Non sono mai stato capace di capire la superbia. La gente parla, agisce, vive come se non dovesse mai morire. E poi che lasciano dietro di loro? Niente. Niente tranne una maschera.

Knockin' on Heaven's Door

Ogni volta che qualcuno fa qualcosa di grande viene sempre rifiutato a casa sua e accettato da qualche altra parte. Per esempio Budda. Chi era Budda? Un Indiano. Chi sono i Buddisti? Cinesi, Giapponesi, Asiatici. Sono loro la maggioranza dei Buddisti. E' lo stesso anche con Gesù. A chi piace Gesù? Alle persone che vogliono andare in paradiso. Ma un giorno la vera storia si rivelerà per quel che è, e quel giorno la gente sarà pronta perchè quella è la direzione in cui si sta andando. Puoi anche uscire e dirla tutta ora ma che importa? Accadrà comunque. Tutto è vanità di vanità.


They're Not Showing Any Lights Tonight

Frequentai una scuola in cui insegnavano la Bibbia, presso una Chiesa che si trova nella Valle di Reseda, in California. Era una scuola che era affiliata a questa Chiesa, ma io non credo a quella definizione di "born-again" ("rinato", ndt). Gesù disse a Nicodemo: "Un uomo deve nascere di nuovo." E Nicodemo rispose: "Come posso tornare di nuovo nel ventre di mia madre?". E Gesù disse: "Devi rinascere dallo spirito." (6) Ed ecco da dove arriva quella definizione di "born-again". La gente può definirti in qualsiasi maniera voglia. I media imbastiscono un sacco di queste parole per definire le persone. Voglio dire, chi è più una persona? Ogni cosa è fatta per i media. Se i media non ne sanno nulla allora quella cosa non è successa. Prendono la cosa più insignificante e la rendono spettacolare. E' un business fare queste cose. I media rendono tutto un business. L'amore, la verità, la bellezza. La conversazione è un business. La spiritualità non è un business, perciò va contro le tendenze naturali di persone che cercano di sfruttare altre persone. Dio non guarda la gente e dice: "Quello è un banchiere, quello è un dentista, quello è un operaio di un pozzo petrolifero."

Qual è il complesso messianico?

Tutto quel che esiste è spirito. Prima, adesso e per sempre. Il discorso messianico ha a che fare con questo mondo, il mondo della carne, e bisogna passare attraverso questo mondo per raggiungere quell'altro. Il complesso messianico ha a che fare con il mondo del genere umano, così come esso è. Questo mondo attuale durerà 7.000 anni. Seimila di questi anni sono quelli in cui governerà l'uomo e gli ultimi mille anni sarà invece Dio a governare. E' proprio come una settimana. Sei giorni di lavoro e un giorno di riposo. L'ultimo millennio sarà chiamato l'Età Messianica. Il Messia governerà. Egli è, era e sarà per Dio, e agirà per conto di Dio. Siccità, carestia, guerra, omicidi, furti, terremoti, e tutti gli altri mali non esisteranno più. Non ci saranno più malattie. Così sarà questo mondo. Quel che succederà è questo: tu saprai quando cambieranno le cose, in genere la gente lo sa, come quando c'è una rivoluzione, la gente lo sa prima che accada, e conosce chi andrà via e chi arriverà. Tutti i Somoza e i Batista se ne andranno via afferrando la loro roba e qualsiasi altra, ma tu puoi dimenticarti di loro. Non fuggiranno da nessuna parte. E' la gente che vive sotto la tirannia e l'oppressione, la gente semplice, la gente comune, quella che conta, come la moltitudine del gregge. Sapranno che Dio sta arrivando. Qualcuno che Lo rappresenterà arriverà sulla scena. Non un avvocato svitato o un politico che ha addosso il marchio della bestia, ma qualcuno che li farà sentire santi. La gente non sa come sentirsi santa. Non sanno di che si tratta o cosa sia giusto. Non sanno quel che Dio vuole da loro. Vogliono sapere cosa fare e come comportarsi. Proprio come tu vuoi sapere come compiacere un sovrano. Ma quelle cose non si insegnano come si insegna la matematica o la medicina o la carpenteria, ma presto ci sarà uno straordinario richiamo verso quelle cose. Ci sarà una corsa verso la religiosità, proprio come ora c'è una corsa ai frigoriferi, alle cuffie e agli arnesi da pesca. Diventerà una questione di sopravvivenza. La gente correrà dappertutto per cercare di scoprire Dio, e da chi correrà? Correrà dagli Ebrei, perchè sono stati gli Ebrei a scrivere il Libro, e sai cosa? Gli Ebrei non lo sapranno. Sono troppo impegnati nel commercio delle pellicce o nei banchi dei pegni o a mandare i loro bambini in scuole di atei. Sono troppo impegnati a fare tutta quella roba per saperlo. Le persone che credono nell'avvento del Messia vivono le proprie vite ora come se Egli fosse già qui. Questa è la mia idea, comunque. So che la gente dirà: "Ma che cazzo sta dicendo questo qui?". Ma è tutto lì scritto nero su bianco, la parola scritta e quella non scritta. Non c'è bisogno che io la difenda. Le Scritture mi sostengono. Non sono io che ho chiesto di conoscere queste cose. Semplicemente mi sono arrivate in differenti momenti da varie esperienze nel corso della mia vita. Ma del resto io sono solo un cantante di rock 'n' roll, un poeta folk, un chitarrista di protesta gospel e blues. L'ho detto bene?

Blowin' in the Wind

La politica è cambiata. E' cambiato il soggetto della materia. Negli anni '60 c'era un sacco di gente che usciva da scuole nelle quali aveva appreso la politica da professori che erano pensatori politici, e quella gente si riversava nelle strade. La politica che io ho imparato l'ho imparata nelle strade, perchè era parte dell'ambiente circostante. Non so dove si potrebbe apprendere ora. Oggi tutti vogliono le loro cose. Non c'è unità. C'è la parata del Giorno Portoricano, del Giorno Polacco, la settimana Tedesca, le Parate Messicane. Hai tutti questi differenti tipi di persone che agitano le loro bandiere e non c'è unità tra tutte queste persone. Negli anni '60 non c'era alcun tipo di separazione. Questa è la differenza che vedo tra oggi e allora. Oggi ognuno va in strada per la propria gente o per se stesso.

The Times They Are a-Changing

I tempi stanno ancora cambiando ogni giorno. Sto cercando di rallentare di giorno in giorno perchè i tempi possono star cambiando ma passano spaventosamente veloci. "Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino. Quando sono diventato uomo ho messo via le cose da bambino". (1)


traduzione e note di Michele Murino
Nota:
(1) Qui Dylan usa le parole quasi esatte della prima lettera di San Paolo ai Corinti: "Quando sarà venuta la cognizione di Dio perfetta, sparirà ciò ch'è parziale. Come anch'io, quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino e ragionavo da bambino, ma quando sono diventato uomo ho smesso le cose proprie del bambino" (Corinti 13:10, 11)


 

parte decima