PARTE NONA
L'INTERVISTA DI BONO VOX
8 LUGLIO 1984
Bono: Sei già stato in Irlanda in passato?
Dylan: Sì, sono stato a Belfast e a Dublino, e ho viaggiato un po' qua e
là...
Bono: Hai mai passato del tempo qui? Sei mai stato qui in vacanza?
Dylan: Sì, beh, quando sono stato qui siamo andati in giro in auto, perciò
siamo stati in diversi posti - ma la musica Irlandese è sempre stata una
grande parte della mia vita perchè una volta suonavo con i Clancy Brothers.
Mi hanno influenzato moltissimo.
Bono: Sì, hanno un suono che è grande, sai, quando cantano, è come fosse
punk rock.
Dylan: Già, suonavano in posti non più grandi di questa stanza e quei
posti... non ci potevi fare entrare più nemmeno uno spillo... tanto erano
stipati di gente.
Bono: Riuscivi a sentire il loro fiato?
Dylan: Esatto!
Bono: Ci credo. Ti spazzavano via con il fiato dei loro polmoni! Dio, come
mi piacerebbe saper cantare così...
Dylan: Già, ho trascorso anni insieme a loro, andando in giro, nel '61, '62
e '63.
Bono: Al Greenwich Village?
Dylan: Dappertutto, ho anche condiviso il cartellone con loro una volta.
Bono: Ti sei fatto dare i loro autografi? (risate)
Dylan: No, non mi sono fatto fare l'autografo. Ma sai, una delle cose che mi
ricordo di quei tempi è quanto fossero grandi - Voglio dire che non c'era
storia, erano davvero grandi. Ma Liam Clancy è sempre stato il mio cantante
preferito, come cantante di ballate. Non ho mai sentito qualcuno cantare
meglio, e includo anche Barbara Streisand e Pearl Bailey.
Bono: Devi stare attento qui!
Dylan: Liam è un fenomenale cantante di ballate.
Bono: Già, sai, quel che io ti invidio è che la mia musica, e la musica
degli U2, è come, è come nello spazio da qualche parte. Non esistono delle
particolari radici musicali o un retaggio al quale noi possiamo aggrapparci.
In Irlanda c'è una tradizione, ma io non mi ci sono mai innestato sopra...
Dylan: Beh, devi guardare al passato.
Bono: Non abbiamo mai suonato un brano in 12 battute.
Dylan: Devi farlo! C'è un altro gruppo che ascoltavo una volta e che si
chiamava The McPeake Family. Non so se ne hai mai sentito parlare...
Bono: The McPeake Family! Mi piacerebbe averne sentito parlare, con un nome
del genere...
Dylan: Sono grandi. Paddy Clancy li ha registrati. Aveva un'etichetta
chiamata Tradition Records, e aveva questo tipo di registrazioni; hanno
registrato per la Prestige all'epoca, e poi per la Tradition Records, la sua
compagnia. Si chiamavano The McPeake family. Erano persino più rustici dei
Clancy Brothers. I Clancy Brothers avevano sempre quel tocco di commerciale
nei loro brani - non ti dava problemi però c'era sempre, mentre la McPeake
Family cantava con le arpe. Quello vecchio del gruppo suonava l'arpa - ed
era grande - ed anche le percussioni.
Bono: Erano davvero una famiglia?
Dylan: Sì, erano una vera famiglia; se vai in un negozio di dischi e chiedi
un disco della McPeake Family, sono sicuro che li puoi trovare in un sacco
di posti.
Bono: Hai mai sentito parlare di un gruppo Irlandese che sta lavorando in un
campo che è a metà tra la musica tradizionale e la musica contemporanea, e
che si chiama Clannad? Clannad è una parola che in Gaelico sta per
"famiglia", ed hanno fatto dei potentissimi pezzi musicali, tra cui una
canzone chiamata "Theme From Harry's Game", che fa parte di un film, ed ha
steso tutti qui in Europa. Non ha mai suonato negli Stati Uniti. Sono una
famiglia, vengono dal Donegal, ed hanno lavorato dalla stessa base della
musica tradizionale.
Dylan: Esiste un gruppo che voi avete qui, che si chiama... Plankston?
Bono: Planxty.
Dylan: Sono grandi!
Bono: E' un'altra band di rock'n'roll!
Dylan: Già, ma quando penso a quel che sta succedendo - penso che siano
grandi.
Bono: C'è un altro gruppo che si chiama De Dannan. Il nome De Dannan ha
qualcosa a che fare con le tribù scomparse di Dan. Hai mai sentito parlare
della scomparsa della tibù di Dan? Dicono che venivano dall'Irlanda.
Dylan: Sì, ne ho sentito parlare, ne ho sentito parlare.
Bono: Io non sono un musicologo o un esperto di questo campo ma sembra che
sia vera questa cosa. E dicono anche, sai, che la scala musicale Irlandese
non ha radici in Europa, per niente. Piuttosto viene dall'Africa e
dall'India. I popoli Cartesiani, i popoli Egiziani, quello che ha dato loro
la supremazia nel Medio Oriente è stata la vela che hanno sviluppato. Non mi
ricordo come si chiama, ho dimenticato il nome di quella vela, ma essa gli
ha permesso di diventare dei grandi navigatori e commercianti, e quello
stesso tipo divela che usavano sulle loro navi è utilizzata anche nell'Ovest
dell'Irlanda.
Dylan: Davvero?
Bono: Bob Quinn ha realizzato un film che si intitola "Atlanteans" nel quale
viene elaborata questa teoria. Egli avanza l'ipotesi che il libro di Kells,
che è un manoscritto, o almeno parte di esso abbia le proprie radici nella
scrittura Copta, non radici Europee. Non è per niente una cosa Europea - è
collegata all'Africa, alla Spagna, alla Britannia ed all'Irlanda, perchè
quella era una via marittima. Io non sono un esperto e non dovrei parlare di
queste cose ma è interessante quando ci pensi.
Dylan: Sicuro.
Bono: Ti farò avere qualche nastro...
.
Dylan: Mi piacerebbe. Conosci i Planxty? Mi piace anche un sacco Paul Brady.
Bono: Sì, è grande. E' un vero songwriter. Dimmi - ti sei mai avvicinato ad
un microfono, non con delle parole, ma solo per cantare? Io una volta l'ho
dovuto fare per necessità perchè mi avevano rubato un testo che avevo
scritto - ed ho imparato a cantare al microfono solo per cantare e
rielaborando poi le parole in un secondo tempo. A te vengono prima le
parole?
Dylan: Alcune volte sì.
Bono: A Portland, in Oregon, un po' di anni fa, un paio di graziose ragazze
entrarono nel mio camerino sorridendo e quando se ne andarono si portarono
via alcune delle nostre canzoni..
Dylan: Succede tutte le volte anche a me, solo che a me rubano i vestiti!
Bono: Davvero?
Dylan: Rubano i miei vestiti migliori, mai le canzoni.
Bono: Dopo quell'episodio siamo entrati in studio per registrare il nostro
secondo LP, October, senza i testi delle canzoni - ci fu un sacco di
pressione. Fu uno stress dover cantare senza le parole, scoprii un sacco di
cose di me stesso che non sapevo nemmeno. Sei mai rimasto sorpreso di
qualcosa che è venuto fuori da te?
Dylan: In genere questo mi succede durante i concerti o gli spettacoli che
faccio, più che durante le registrazioni in studio. Inoltre io non me ne sto
seduto a scrivere, in genere suono... Per esprimermi suono la mia chitarra,
piuttosto che avere semplicemente qualcosa da dire. Posso esprimere meglio
quello che ho da dire con la mia chitarra.
Bono: Mi chiedevo se in qualche maniera ti sei spaventato per qualcosa che
hai scritto?
Dylan: Oh sì, ho scritto alcune canzoni che mi hanno fatto quell'effetto. Le
canzoni che ho scritto per l'album 'Slow Train' mi spaventarono. Ho scritto
quelle canzoni ma non avevo progettato di scriverle. Tuttavia le scrissi.
Non mi piacque scriverle, non volevo scriverle. Non pensavo... proprio non
volevo scrivere quelle canzoni in quel periodo. Ma mi ritrovai a
scriverle... quando ne ebbi pronte un certo numero, pensai che non le volevo
cantare, perciò avevo una ragazza cui farle cantare per me a quell'epoca, e
quel che volevo fare era... si tratta di una grande cantante...
Bono: Chi era?
Dylan: Era una ragazze che cantava con me in quel periodo. Si chiamava
Carolyn Dennis. Diedi a lei tutte quelle canzoni e gli dissi di registrarle,
e decisi di non mettere nemmeno il mio nome su quelle canzoni. Ma volevo che
le canzoni uscissero. Volevo che uscissero ma allo stesso tempo non volevo,
perchè sapevo che sarebbero state percepite in un certo modo. E questo
avrebbe significato solo più pressione su di me. E proprio non ne avevo
bisogno all'epoca.
Bono: Ma tu sei uno che crea problemi? C'è qualcosa in te che vuole che si
creino problemi con un album come 'Slow Train'? Vuoi combattere? Vuoi fare a
pugni!?
Dylan: Non so! Voglio dire, ogni tanto voglio far incazzare la gente, ma
fare a pugni o combattere - ci vuole esercizio per farlo.
Bono: Scacchi, tu giochi a scacchi?
Dylan: Sì, gioco a scacchi. Tu sei un giocatore di scacchi?
Bono: Sì.
Dylan: In realtà non sono molto bravo.
Bono: Ti sfiderò ad una partita a scacchi.
Dylan: Ora non ne ho dietro, ma la prossima volta che ci vediamo!...
Bono: Oh, puoi portare quelli piccolini, sai... quelli che uno si può
portare dietro.
Dylan: Sì, me li porto dietro sempre quando sono in tour, ma nessuno nella
band vuole giocare con me.
Bono: Davvero?
Dylan: Già, dicono che è un modo per dare sfogo al mio ego. Dicono che
voglio sempre vincere. Ma non voglio vincere, voglio solo giocare perchè mi
piace.
Bono: Quando fai uscire un album che provoca guai, fa parte di un piano o
no?
Dylan: No, io non faccio mai uscire un album per causare guai - se un mio
album causa guai, li causa al di là della mia intenzione. Se causa guai è un
problema della gente. Non è un mio problema. Se io sento di avere qualcosa
da dire lo dico ma quello che avviene dopo non mi interessa..
Bono: Qual è il tuo gioco di apertura?
Dylan: Il mio gioco di apertura, intendi il pedone del Re - e tutto il
resto? Non saprei.
Bono: Fai come ti viene.
Dylan: Sì, non gioco davvero in maniera professionale.
Bono: Beh, io pensavo di farlo finchè non ho giocato con il fratello di
Adam, Sebastian... Ha solo 13 anni e mi ha battuto!
Dylan: Forse qualcuno ha degli scacchi qui.
Bono: Mi piacerebbe giocare.
Mentre stanno cercando una scacchiera entra Van Morrison
Bono: Hai mai usato sintetizzatori nei tuoi dischi?
Dylan: No, non ho mai usato quelle macchine.
Bono: Il Fairlight Music Computer - ne hai mai sentito parlare?
Dylan: Fairlight?
Bono: Van, che ne pensi della musica elettronica?
Morrison: Mi piace la musica che suona Brian Eno.
Bono: Parla molto bene di te. Ora sta producendo il nostro album.
Morrison: Salutamelo.
Bono: (rivolto a Bob) Conosci Brian Eno?
Dylan: Brian Eno? Non conosco Brian Eno, ma conosco alcuni dei suoi lavori.
Bono: Quando stai lavorando con un produttore, gli dai la libertà di
sfidarti?
Dylan: Sì, se sente di dover fare così. Ma in genere andiamo semplicemente
in studio e cantiamo una canzone e suoniamo la musica...
Bono: Negli ultimi cinque anni hai avuto qualcuno che ti ha detto "Questa
roba è una stronzata, Bob"?
Dylan: Oh, me lo dicono continuamente!
Bono: Mark Knopfler te lo ha detto?
Dylan: Non so, loro passano un sacco di tempo cercando di realizzare bene le
loro canzoni, ma con me... io porto semplicemente una canzone in studio,
cerco di provarla e poi la registro. Oggi è un po' più difficile fare un
buon disco - anche se hai una buona canzone ed una buona band. Anche se vai
dentro e la registri dal vivo, non suonerà come in genere suonava una volta,
perchè oggi gli studi di registrazione sono così moderni e troppo
sofisticati che tu puoi prendere qualsiasi cosa buona e puoi pressarla e
strizzarla e schiacciarla e costiparla e soffocarla. Fai una grande
performance in studio e poi la riascolti e non c'è più!
Bono: Tutta la tecnologia è così - tu vai in uno spazio morto con strumenti
morti e usi la tecnologia per dargli vita, quella vita che non ha. Quello
che sto cercando di fare è di trovare uno spazio che abbia vita.
Dylan: Già.
Bono: Uno spazio "vivente".
Dylan: Però le macchine possono togliere la vita persino da quello spazio.
Puoi anche registrare nella Basilica di San Pietro, sai, e le macchine
ancora farebbero sembrare il suono come, eh ...
Bono: Il cortile di qualcuno.
Dylan: Già. Questa è una buona idea. Mi piacerebbe registrare in una chiesa.
Sai, gli studi dei vecchi tempi erano molto meglio, e i macchinari erano
molto migliori, non c'è proprio confronto secondo me. Entravi semplicemente
in uno studio, erano solo grandi stanze, cantavi soltanto, facevi solo dei
dischi, e suonavano nello stesso modo in cui suonavano lì. Tutto questo è
finito alla fine degli anni Sessanta, almeno per me. Ho notato un grande
cambiamento. Ora vai in uno studio e ci sono tappeti sul pavimento, flipper,
video, sandwiches che arrivano ogni dieci minuti. E' un grande e costoso
party e sei fortunato se ne viene fuori qualcosa che suoni decentemente.
Oggi tu hai un produttore, un ingegnere del suono, un assistente
dell'ingegnere del suono, in genere hai un assistente del produttore, hai un
tizio che porta i nastri avanti e indietro. Voglio dire, sai, c'è un milione
di persone solo per registrare una canzone acustica con la tua chitarra.
Bono: C'è un sistema chiamato Effanel che Mick Fleetwood dei Fleetwood Mac
ha portato in Africa. E' stato costruito per lui perchè voleva registrare un
vero suono di tamburi Africani, per "Tusk". Abbiamo usato quel sistema. E'
contenuto in una piccola valigetta. C'è un tipo che si chiama Conny Plank,
che vive in Germania. E' un produttore, credo. Ha prodotto Makem e Clancy e
alcuni gruppi tradizionali Irlandesi, anche gruppi orchestrali e gruppi
elettronici, DAF, Ultravox, e così via. Questo tipo registra le orchestre
semplicemente trovando una posizione nella stanza dove i musicisti sono
bilanciati. Ed applica lo stesso sistema registrando la musica moderna.
Morrison: Non so, quando ho iniziato non pensavamo a tutto questo! Nemmeno
pensavamo di registrare... (risate)
Bono: Nemmeno pensavate!
Morrison: Un giorno ti ritrovavi in una stanza, accendevano il registratore
e dopo circa otto ore dicevano "Ok, pausa per il tè... Abbiamo finito!".
Dylan: Già, la prossima canzone, la prossima canzone!
Morrison: E così l'album era finito.
Dylan: Già, potevi completare un album in tre o quattro giorni. Ora è così
lunga... ci vogliono quattro giorni solo per il sound della batteria.
Bono: Bob conosci i Monty Python? Sono attori. Sono dei comici Inglesi,
'Monty Python and the Holy Grail'. Fanno una scenetta che mi riporta alla
mente voialtri tipi, seduti a parlare dei giorni passati: "Racconta queste
cose ai giovani di oggi e non ti crederebbero". Ma non potete tornare nel
passato, dovete andare avanti. Voi cercate di portare i valori di una volta
nel mondo di oggi, sapete, la forza che c'era un tempo, e se vedete che
qualcosa è andata persa, dovete trovare un nuovo modo per ricatturare quella
stessa forza che c'era un tempo. Avete qualche idea su come realizzare ciò?
Ad ogni modo penso che lo abbiate fatto... Ad esempio penso che 'Shot Of
Love', quella traccia in apertura, possegga quella forza.
Dylan: Anche io la penso così. Tu sei una delle poche persone che mi dicono
questo a proposito di quel disco, una delle poche persone che mi abbia
menzionato quel disco.
Bono: Quel disco ha quel feeling.
Dylan: E' un grande disco, si adatta quasi a tutti.
Bono: Il suono di quel disco mi fa sentire come se fossi nella stessa stanza
insieme agli altri musicisti. Non ho la sensazione che i musicisti siano da
un'altra parte. Alcuni dei nostri dischi, invece, li sento in questa maniera
perchè c'è quel certo sound tipo cinema, non così blando come quel suono in
FM, ma un sound molto "ampio". Ora noi stiamo cercando di concentrarci di
più su un sound che abbia un senso di intimità... (dopo una pausa) Non ho
mai intervistato qualcuno prima. Odio essere intervistato.
Morrison: Stai facendo un buon lavoro!
Bono: Davvero? Bene! (a Dylan) Quali dischi ascolti?
Dylan: Quali dischi ascolto? Nuovi dischi, intendi? Non saprei, ascolto solo
quelli vecchi in effetti. Robert Johnson. Ascolto ancora quei dischi che
ascoltavo quando ero un ragazzo - e che mi hanno davvero cambiato la vita. E
ancora oggi mi cambiano la vita. Ancora oggi reggono il confronto, sai. The
Louvain Brothers, Hank Williams, Muddy Waters, Howlin' Wolf, Charlie Patton,
mi è sempre piaciuto ascoltarlo.
Bono: Ho appena comprato l'autobiografia di Woody Guthrie, 'Bound For
Glory'. Mi ha cambiato. Quando uno che viene da questo paese, l'Irlanda, va
negli Stati Uniti, è molto più che un altro continente...
Morrison: E' un vero e proprio trauma.
Bono: Già, per chi viene dalla travagliata Irlanda è un vero shock! Sto
cominciando a fare conoscenza con la musica e la letteratura Americana. Ti
vedi ancora con Allen Ginsberg, Bob?
Dylan: Di tanto in tanto incontro Allen, sì, ora è tornato anche Gregory
Corso, sta tenendo alcuni reading, penso che abbia appena pubblicato un
nuovo libro.
Bono: Ho appena letto questo libro, 'Howl'.
Dylan: Oh, quello è davvero potente. Quello è un altro libro che mi ha
cambiato. 'Howl', 'On the Road', 'Dharma Bums'.
Morrison: (a Bono) Hai letto 'On the Road'?
Bono: Ho appena iniziato a leggerlo. Tu fai riferimento in una delle tue
canzoni a John Donne, 'Rave On John Donne'. Hai letto le sue poesie?
Morrison: Le leggevo in continuazione.
Dylan: (a Bono) Hai sentito le canzoni di Brendan Behan?
Bono: Certo.
Dylan: 'Royal Canal', conosci 'Royal Canal'?
Morrison: L'ha scritta suo fratello. Si chiamar Dominic.
Dylan: Oh, Dominic ha scritto 'Royal Canal'?
Bono: Sai che il figlio di Brendan vive nei pressi di Dublino...? E' un bel
tipo, credo.
Dylan: Conosco le parole di 'Royal Canal'. Una volta la cantavo di continuo.
Bono: Come fa?
Dylan: (cantando) 'The hungry feeling came over me stealing, as the mice
were squalling in my prison cell'.
Bono: Sì è questa, già!
Dylan: (continuando a cantare) 'That old triangle went jingle jangle, all
along the banks of the Royal Canal'.
Bono: Esatto, quando l'hai letta la prima volta?
Dylan: (ignora la domanda e continua a cantare presissimo) 'In the female
prison there's seventy women. It's all over there that I want to dwell. And
that old triangle goes jingle jangle, all along the banks of the Royal
Canal'.
Bono: Sei mai stato al Royal Canal?
Dylan: No, però cantavo quella canzone. Tutte le notti.
Bono: La nostra musica - come dicevo prima - non ha quelle radici.
Morrison: Già, c'è stata una sorta di interruzione nel tramandare la musica
di un tempo. L'ho notato quando sono andato a vedere Thin Lizzy anni fa, la
prima sera a Los Angeles, e mi accorsi che nella musica c'era un taglio
netto tra la fine degli anni Sessanta e la metà degli anni Settanta.
Bono: Mi piacerebbe saperne di più sulla musica delle radici. Sono affamato
di passato.
Morrison: Dovresti ascoltare un po' di quel materiale.
Bono: Lo farò. Sto ascoltando della musica gospel, sai, come the Swan
Silvertones, e cose del genere.
Dylan: Che però è roba statunitense.
Morrison: Roba statunitense, ma dovresti ascoltare roba Inglese, sai, come
il vecchio materiale di gruppi come gli Yardbirds.
Bono: Sì, ho preso dei loro nastri di recente, davvero buoni.
Dylan: Però devi ascoltare the McPeakes. La prossima generazione potrebbe
non avere questa possibilità. Chissà? Odio pensarci. Ascolta, dobbiamo
prepararci per suonare. Ti trattieni per lo show?
Bono: Certo, in realtà sono qui per quello.
Dylan: Per registrarlo, HA!
Intervista condotta da Bono allo Slane Castle di Dublino, Irlanda, prima del
concerto di Dylan. Sia Bono che Van Morrison furono ospiti dello show. Van
Morrison eseguì It's All Over Now, Baby Blue e Bono accompagnò Dylan in
Blowin' In The Wind.
traduzione di Michele Murino
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Sunday Times, 1 luglio 1984
DYLAN "Dio, chi ha il tempo per stare al passo coi tempi?"
Questa settimana Bob Dylan arriva in Gran Bretagna. Il folksinger, eroe del
folk negli anni '60, non ha sempre ricevuto una buona accoglienza da queste
parti. Nel 1965 i puristi del folk lo attaccarono per essere "diventato
elettrico". Nel 1981 il suo nuovo evangelismo, al quale si era da poco
convertito, ha lasciato interdetti molti dei suoi ammiratori. Cosa dovremo
aspettarci questa volta? La scorsa settimana Mick Brown ha ottenuto
un'intervista esclusiva.
Bob Dylan dà un tiro alla sigaretta, si accarezza le prime avvisaglie di una
barba trascurata e osserva pensoso la corrente del traffico che passa sulla
strada di Madrid. "Quello che devi capire," mi dice alla fine, "è che io
faccio qualcosa perchè sento di doverla fare. Se la gente non riesce a
relazionarvisi, va bene; se non possono, va bene uguale. Ma io penso che non
sarò compreso davvero se non forse fra cento anni a partire da oggi. Quel
che io ho fatto, quel che sto facendo, nessun altro lo fa o lo ha mai
fatto."
Il tono messianico si fa più intenso. "Quando sarò morto e sepolto forse la
gente lo capirà, e allora riuscirà a comprendere. Credo che niente di quello
che io ho fatto sia stato inteso in maniera imparziale. Ci sono in giro
tutte queste persone intente ad interpretare, ma in realtà non interpretano
altro che le loro idee. Nessuno ci va neanche vicino alla realtà."
Ma un sacco di gente, a quanto sembra, ancora lo vuole. Forse Bob Dylan non
venderà più dischi nella maniera consistententemente enorme in cui li
vendeva un tempo - una cosa che gli procura una punta di rimpianto - ma la
sua capacità di tenere fedele il suo pubblico sembra intatta.
Al momento in cui Bob Dylan arriverà in Gran Bretagna questa settimana per
le esibizioni al St. James Park di Newcastle, Martedì, ed al Wembley
Stadium, Sabato, si sarà già esibito davanti a quasi mezzo milione di
persone in Europa - mezzo milione di persone che avranno cantato il
ritornello di Blowing In The Wind, un esperanto che è una dichiarazione di
fede per la durevole influenza e per il carisma di Dylan, tanto quanto lo è
l'insaziabile interesse della stampa mondiale per le sue attività.
Questo interesse è eguagliato solo dalla determinazione di Dylan nel tenere
segrete le proprie opinioni ogniqualvolta sia possibile. Come Bill Graham,
il garrulo promoter Americano e più vicino consigliere di Dylan, continua a
ricordarci, Bob "non è il vostro folksinger di tutti i giorni."
Tutto quello che la rivista Tedesca 'Stern' voleva fare era intervistarlo
per cinque minuti in cambio di una copertina. Dylan ha declinato l'invito.
La conferenza stampa che alla fine lo hanno convinto a tenere a Verona, e
alla quale hanno presenziato 150 emotivi giornalisti Europei, è stata un
fiasco: è stato impedito ai fotografi di scattare foto, e la prima domanda
che è stata rivolta a Bob - "Quali sono le tue opinioni religiose oggi?" - è
stata accolta da Dylan con irritazione mentre sgombrava la tavola che aveva
di fronte, quasi a voler spazzar via quella e tutte le altre domande a
seguire.
"Voglio dire, a nessuno importa quali sono le opinioni religiose di Billy
Joel, giusto?" mi dice con un sorriso che più che altro è una smorfia. "Che
importa alla gente sapere quali sono quelle di Bob Dylan? Ma sembra che sia
così, giusto? Onestamente mi piacerebbe sapere perchè è così importante per
la gente."
Uno si aspetta molte cose da Bob Dylan, ma una tale gioiosa ingenuità non è
una di queste.
Dylan protegge bene se stesso, non con le guardie del corpo ma con una
cortina di fumo di privacy ed elusività del tipo che incoraggia speculazioni
ed alimenta il mito. Incontrare Dylan comporta un frustrante labirinto di
"forse" e di "può darsi", di cautele e di mezze frasi - sembra di avere a
che fare con la fine porcellana - e la cosa culmina con una telefonata che
ti dà appuntamento in una cafeteria anonima piena di famiglie Spagnole che
nemmeno danno una seconda occhiata alla figura vestita con una camicia
hawaiana ed un cappello di paglia che alla fine arriva, entrando lemme lemme
attraverso la porta.
Dylan è sorprendentemente geniale, giovane per i suoi 43 anni, magro,
interessato ed attento, e tratta l'affare di essere Bob Dylan con un
attraente sorta di divertita noia.
La cosa è in sorprendente contrasto con il look che Dylan ha presentato
l'altra sera, sul palco di fronte a 25.000 persone nello stadio di calcio di
Madrid, con la sua giacca nera, stivali alti e profilo di falco che lo
faceva sembrare un vendicativo predicatore delle foreste vergini.
L'enfasi nella sua esibizione è mutata rispetto alle canzoni apertamente
evangeliche ascoltate in occasione dell'ultima visita di Dylan in Gran
Bretagna, tre anni fa. Adesso il concerto copre ogni fase della sua carriera
che dura ormai da 21 anni. I temi della protesta sociale, l'amore personale
e la fede religiosa non sono stati mai più che un pezzo dell'intero quadro.
Dylan rimane quel che è sempre stato, un moralista che non accetta
compromessi. Ed ascoltare canzoni come "Masters Of War", "A Hard Rain's
A-Gonna Fall" (che parla della guerra nucleare), e "Maggie's Farm" (che
parla di lavoratori che si ribellano) e che vengono oggi investite di nuove
sfumature di significato, per non parlare di vetriolo, significa capire che,
se i sentimenti possono forse essere diventati fuori moda nella musica
popolare, non per questo sono meno pertinenti. Nessun altro scrive canzoni
come Bob Dylan. Nessuno lo ha mai fatto.
"Per me, nessuna delle canzoni che ho scritto è veramente datata," dice.
"Esse catturano qualcosa che non sono stato mai capace di migliorare,
qualsiasi sia il loro argomento. Una canzone come "Maggie's Farm" - potrei
essermi sentito così proprio l'altro giorno e potrei sentirmi così domani.
La gente dice che ha "nostaglia", ma io nemmeno lo so cosa significa
nostalgia. 'A Tale of Two Cities' è stato scritto 100 anni fa; è nostalgia?
Questo termine, 'nostalgia', è solo un altro modo che le persone hanno di
metterti in un posto che esse possano comprendere. E' solo un'altra
etichetta."
Le etichette tormentano enormemente Bob Dylan. La gente ha cercato di
appiccicargliele addosso fin dal primo momento, dice, "e nessuna di quelle
etichette ha mai avuto alcun senso."
Il furore per il suo credo religioso ha reso perplesso soprattutto lui,
"come se stessi concorrendo per essere eletto Papa o qualcosa del genere."
Quando si sparse la voce per la prima volta che aveva abbandonato l'Ebraismo
ed aveva abbracciato la fede Cristiana, e quando cominciò ad andare in tour
in America nel 1979 cantando canzoni apertamente religiose, l'accoglienza
più ostile non venne dal pubblico dei concerti rock, bensì quando Dylan
suonò nei campus universitari, "ed i cosiddetti studenti intellettuali
mostrarono il loro vero mostruoso se stesso."
"Cristiani rinati" è solo un'altra etichetta, dice. Dylan ha frequentato per
tre mesi una scuola in California, in cui si studiava la Bibbia, ed il libro
non è mai stato da lui lontano, ma l'idea che la fede sia una questione di
passare attraverso una porta ed aprirne un'altra lo fa sentire ridicolo.
"Vivo secondo un rigido codice di disciplina, sai, ma non so quanto sia
morale o persino da dove venga realmente. Queste cose diventano
semplicemente parte della tua pelle dopo un po'; ottieni il risultato di
conoscere quale linea non oltrepassare - in genere perchè l'hai oltrepassata
in precedenza e sei stato tanto fortunato da riuscire a tornare indietro."
E' un asceta? Dylan si accende un'altra sigaretta e chiede cosa significa la
parola. "Penso di no. Ho ancora desideri, sai, che mi muovono ogni tanto.
Non faccio cose all'eccesso, ma tutti ci passano attraverso queste cose. O
ti uccidono o ti rendono una persona migliore."
A questo punto della conversazione, non sembra inopportuno chiedere: crede
nel male?
"Certo che ci credo. Ci credo fin dalla cacciata di Adamo ed Eva dall'Eden,
credo che l'intera natura del pianeta abbia cominciato ad andare in una sola
direzione, verso l'Apocalisse. E' tutto scritto nel libro dell'Apocalisse,
ma è difficile parlare di queste cose alla gran parte delle persone perchè
la maggioranza della gente non sa di cosa stai parlando, oppure non vuole
ascoltare".
"Quel che ne consegue è che ci sono un sacco di differenti dei nel mondo in
contrasto con Dio - tutto qui. Ci sono un sacco di differenti dei ai quali
la gente è soggetta. C'è il dio di mammona (1). Le corporazioni sono dei. I
governi? No, i governi non hanno più molto a che fare con questo, non credo.
La politica è un'imbroglio. I politici non hanno alcun potere reale.
Riempiono i giornali di tutta questa roba che ti fanno credere, parlando a
proposito di quello che sta succedendo, ma che in realtà non è quello che
sta realmente succedendo.
"Ma d'altra parte non credo che ciò mi renda una persona pessimista. Sono
realistico. O forse sono surrealistico. Ma non puoi battere la tua testa nel
muro per sempre."
Non sono mai stato, dice, un utopista: quello è sempre stato un termine
straniero per lui, qualcosa a che fare con il muoversi per il Paese, vivere
in comunità, e far crescere riso e fagioli. "Voglio dire, ho sempre voluto
far crescere il riso e i fagioli da me - e ancora lo faccio - ma non mi sono
mai sentito parte di quel movimento."
Ma Dylan può ancora guardare indietro agli anni '60 con un qualche approccio
affettivo "Voglio dire, i Kennedy erano persone che sembravano grandi,
amico, avevano stile," sorride.
"L'America non è più quella. Ma quel che è accaduto, è accaduto così
velocemente che la gente sta ancora cercando di capire cos'è successo. I
mezzi di comunicazione non erano così grandi all'epoca. E' come se a quei
tempi la sola cosa che la gente sapeva era quello che sapeva, poi
improvvisamente alla gente è stato detto cosa pensare, come comportarsi...
C'è troppa informazione."
"E' soffocante. Come Woodstock - non è stato un evento che significasse
qualcosa. E' stato soltanto un intero nuovo mercato per le magliette con
disegni colorati. Era una cosa che riguardava i vestiti. Tutta quella gente
ora è nei computer."
Questa è una cosa che è oltre la sua comprensione. Non è mai stato bravo con
i numeri, e non ha desiderio di fissare uno schermo. "Non mi sento obbligato
a tenere il passo dei tempi. E ad ogni modo non starò qui a lungo. Perciò
dovrei stare al passo con questi tempi, poi stare al passo con gli anni
'90... Dio, chi ha il tempo di stare al passo con i tempi?"
E' in momenti come questi che Dylan - il quale un tempo, forse erroneamente,
è stato dipinto come un radicale - rivela di essere un tradizionalista; una
persona che aderisce alle verità bibliche; una persona che crede fermamente
nella famiglia e nell'istituzione del matrimonio, nonostante il suo divorzio
dalla moglie Sara; un uomo che è disilluso nei confronti dei molti totem e
valori della vita moderna, le comunicazioni di massa, la volgarità della
cultura popolare, la "monotonia" di ogni cosa. Ha letto Cicerone,
Machiavelli e John Stuart Mill. Letteratura contemporanea? "Oh, certo, ho
letto un giallo, ma non mi ricordo come si intitolava."
"Almeno, negli anni '60 sembrava che ci fosse spazio per essere diversi. Per
me, per la mia scena particolare, sono arrivato al momento giusto, ed ho
capito i tempi in cui stavo vivendo. Se iniziassi a cantare oggi non so da
dove prenderei ispirazione, perchè hai bisogno di respirare la giusta aria
per far sì che il processo creativo funzioni. Ma non mi preoccupo molto di
questo; l'ho fatto; non posso lamentarmi. Ma la gente che viene fuori oggi,
gli artisti e gli scrittori, cosa faranno? Perchè queste sono le persone che
cambiano il mondo."
Oggigiorno, ammette, scopre che scrivere è più difficile che mai. Una
canzone come "Masters of War" gli prese 15 minuti ed un secondo dopo era
passato alla canzone successiva. "Invece se scrivessi una canzone come
quella oggi non mi sentirei di scriverne un'altra per almeno due settimane.
Ci sono ancora delle cose a proposito della quali mi piacerebbe scrivere, ma
il processo è più difficile. I vecchi dischi che ero solito fare... beh nel
momento in cui uscivano già non li avrei voluti più pubblicare perchè ero
già molto oltre rispetto a quelle canzoni."
Molto del suo tempo oggi lo spende viaggiando. Lo scorso autunno era a
Gerusalemme per il bar-mitzvah (2) di suo figlio Jesse - "E' stata un'idea
di sua nonna", dice sorridendo. Israele è per lui un interesse da un "punto
di vista biblico", ma non ha mai sentito quell'atavistica sensazione Ebrea
di ritorno a casa. Infatti egli vive principalmente nella sua fattoria del
Minnesota, non lontano dalla città di Hibbing, dove ha trascorso la sua
adolescenza.
Poi c'è la casa a forma di cupola di Malibu, California, originariamente
costruita per i suoi cinque figli - ci sono buone scuole nei dintorni, dice
- ma che ha utilizzato raramente dal suo divorzio in avanti, e poi c'è una
barca di 63 piedi con la quale naviga nei Caraibi "quando non riesco a
pensare a niente altro da fare."
Non ha mai pensato al ritiro: il bisogno di fare soldi non è stato un
fattore determinante - Dylan è un uomo ricco - ma la molla è stato l'impulso
di continuare a scrivere. "Non c'è mai stata alcuna gloria in questo lavoro
per me in realtà," dice. "Essere visto in tanti posti ed avere le braccia di
tutti intorno a te, non mi è mai importato di questo. Non mi importa quello
che pensa la gente. Per me, la soddisfazione è sempre stata soltanto
semplicemente nel farlo. E' tutto quel che davvero conta."
Mentre la conversazione proseguiva, molta gente ha capito chi sia l'uomo con
in testa il cappello di paglia. Una corrente continua di persone ha iniziato
a fluire verso il suo tavolo, tutte con in mano foglietti di carta. Dylan li
autografa tutti, con una cura sorprendente - quasi come se fosse la sua
professione - ma il suo disagio nell'essere in vista diventa più evidente.
Così, perentoriamente come è arrivato, Bob Dylan si scusa e se ne va.
traduzione e note di Michele Murino
(1) Mammona è un termine aramaico con il quale si indicano i "beni", non
intesi solamente come beni in denaro. Gesù utilizza il termine "Mammona" per
indicare la personificazione della ricchezza mal guadagnata. Questa parola
appare nei Vangeli per quattro volte, di cui tre nel vangelo di Luca.
"Nessun servo può seguire due padroni, o odierà uno e amerà l'altro; oppure
si affezionerà ad uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e
Mammona." (Luca, 16:13)
(2) Il 'bar-mitzvah' è una cerimonia di iniziazione religiosa alla quale
ogni ragazzo di religione ebraica si sottopone all'età di tredici anni; con
essa l'iniziato viene ammesso al culto e da quel giorno è tenuto ad
osservare i precetti della propria religione.
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L'INTERVISTA DI BERT KLEINMAN
30 LUGLIO 1984
B.K.: E' vero che hai imparato da solo a suonare la chitarra e l'armonica?
Dylan: Beh, nessuno in realtà impara da solo a suonare la chitarra e
l'armonica, sai, quando non conosci niente del tutto di questi strumenti
inizi a leggere qualche libro o qualcosa del genere. Quel che ricordo è che
imparai un paio di accordi da un libro e poi andai in strada a guardare i
musicisti, sai, per vedere come suonavano. Non vai tanto per ascoltarli ma
proprio per vedere come riescono a fare quel che fanno, gli vai quanto più
vicino possibile e osservi le loro dita per vedere come si muovono. In
quella prima fase è una cosa che serve ad imparare ed a volte puoi aver
bisogno di molti, molti anni. Ma io ho imparato alla veloce perchè in realtà
non suonavo con molta tecnica. Invece conosco persone che hanno passato la
loro intera vita ad imparare gli accordi di John Lee Hooker, semplicemente
sulla corda sol sai, e quello era tutto. Ma erano in grado di suonarla in un
modo bellissimo tanto che sembrava una sorta di ballerino. Ognuno aveva il
proprio stile, il proprio stile e le proprie tecniche, specialmente nella
musica folk... sai... c'era il banjo di montagna del sud, poi il flat
picking, poi le tecniche del finger picking, e tutti gli altri differenti
tipi, i differenti stili di ballate. Quello della musica folk era un mondo
molto frammentato e c'era anche un lato purista. Alcuni non volevano
ascoltarti se non eri in grado di suonare una canzone esattamente nella
maniera originaria, nel modo in cui la suonava Aunt Molly Jackson. Ed io in
un certo senso mi sono aperto una strada in mezzo a tutta quella roba
(risate). Stavo alzato giorno e notte cercando il mio modo di suonare in
mezzo a tutti quei generi, poi ho ascoltato Woody Guthrie e tutto e andato a
posto per me...
B.K.: Ricordi il primo disco di Woody Guthrie che hai ascoltato?
Dylan: Sì, penso che la prima canzone di Woody Guthrie che ho ascoltato è
stata "Pastures Of Plenty". E anche "Pretty Boy Floyd"... e poi un'altra
canzone - Woody era solito scrivere un sacco delle sue canzoni da melodie
preesistenti - sai... "Grand Coulee Dam". Mi hanno davvero impressionato
perchè erano originali, avevano proprio un marchio di originalità, le
liriche intendo. Ascoltai tutte quelle canzoni e le imparai tutte ascoltando
i dischi. Ascoltavo tutte le canzoni di Woody Guthrie che riuscivo a
trovare... o cercavo tutti quelli che avevano un disco di Woody Guthrie...
oppure tutti quelli che conoscevano una canzone di Woody Guthrie, e a quei
tempi a St. Paul, la città in cui vivevo, c'erano alcune persone che non
solo avevano i suoi dischi ma conoscevano molte sue canzoni, così le imparai
tutte. Alcuni dei migliori dischi che abbia mai ascoltato erano quelli che
erano stati incisi da Woody per l'etichetta Stinson, insieme a Cisco Houston
e Sonny Terry. Non so se anche Leadbelly fosse presente su quei dischi...
imparai un sacco di materiale di Leadbelly ed imparai come suonarlo. Ma una
delle emozioni più grandi la ebbi quando raggiunsi New York, qualunque fosse
il posto, e andai a suonare con Cisco Houston, mi sembra di ricordare che
suonai con lui ad una festa da qualche parte a New York. Ero solito andare a
vederlo, lui in genere suonava al Folk City. Era un tipo fantastico,
somigliava a Clark Gable, sembrava una stella del cinema.
Mogull: Mi ricordava un po' Tennessee Ernie.
Dylan: Già.
Mogull: Era anche molto sottovalutato.
Dylan: Oh, assolutamente. Era uno dei grandi eroi di cui nessuno cantava le
gesta. Una delle più grandi figure Americane di tutti i tempi e nessuno...
sai... puoi chiedere alla gente di lui... e nessuno ne sa niente.
B.K.: Quando pensi che iniziasti a sviluppare qualcosa che fosse unicamente
tuo? Parlavi di suonare Woody Guthrie ...
Dylan: Beh, quando arrivai a New York tutto quello che suonavo erano le
canzoni di Woody Guthrie. Poi circa sei mesi dopo smisi di suonare tutte le
canzoni di Guthrie. In genere suonavo in un posto che si chiamava Cafe Wha?,
ed era sempre aperto fin dal pomeriggio... e chiudeva alle sei del mattino.
C'era un flusso continuo di gente, in genere turisti che cercavano i
beatniks del Village. Forse c'erano cinque gruppi che suonavano lì. In
genere suonavo con un tipo che si chiamava Fred Neil, e che poi scrisse
"Everybody's Talking", una canzone del film "Midnight Cowboy". Fred veniva
dalla Florida penso, da Coconut Grove, Florida. Aveva una voce potente,
quasi una voce da basso. Ed un potente senso del ritmo. Era solito suonare
il tipo di canzoni che poteva cantare Josh White. Suonavo l'armonica per lui
e poi di tanto in tanto cantavo anche qualche canzone. Sai, quando lui si
prendeva una pausa o qualcosa del genere. Era il suo show, suonava per circa
mezz'ora, poi saliva sul palco un gruppo di congas, si chiamavano Los
Congeros, con venti suonatori di congas, bonghi e steel drums. E suonavano
per mezz'ora. Poi c'era questa ragazza, penso si chiamasse Judy Rainey, che
era solita suonare dolci ballate Appalachiane del Sud con una chitarra
elettrica ed un piccolo amplificatore. E poi c'era un'altro tipo di nome Hal
Waters che era una specie di cantante confidenziale. Poi c'era un comico, un
imitatore... e questo era tutto lo show... e andava avanti non stop. E
potevi mangiare lì, il che era la cosa migliore.
Mogull: Quanto durava un tuo set?
Dylan: Oh circa mezz'ora. Se non piacevi al pubblico allora non eri in grado
di suonare, venivi cacciato via a furia di urla e schiamazzi. Se invece
piacevi allora suonavi più tempo e se non piacevi del tutto a volte non
suonavi affatto. Potevi suonare una o due canzoni e la gente cominciava a
fischiare e a strepitare...
B.K.: Non era roba tua quella che suonavi?
Dylan: No, non ho iniziato a suonare roba mia fino a... molto tempo dopo...
B.K.: Beh, quando hai iniziato a suonare le tue canzoni?
Dylan: Beh, quando iniziai a scrivere... In realtà avevo sempre scritto
canzoni mie ma non le avevo mai suonate. Nessuno suonava le proprie canzoni
allora. L'unica persona che lo faceva era Woody Guthrie. Poi un giorno
scrissi una canzone... La prima canzone che scrissi ed eseguii in pubblico
fu la canzone che avevo scritto per Woody Guthrie. E una sera ebbi voglia di
suonarla e lo feci...
B.K.: Era una canzone che avevi sempre voluto scrivere?
Dylan: No, no in realtà. Non era una cosa che volevo fare da sempre. Volevo
solo una canzone da cantare e arrivò un momento che non avevo più niente da
cantare. Così dovevo scrivere quel che volevo cantare, perchè nessuno stava
scrivendo le canzoni che volevo cantare. Non riuscivo a trovarne da nessuna
parte. Se ne avessi trovato altre, probabilmente non avrei mai iniziato a
scrivere.
B.K.: Scrivere canzoni era qualcosa che ti veniva facile? Perchè si tratta
di una cosa che tu fai davvero bene e invece ne parli invece in maniera così
casuale.
Dylan: Beh, sì, viene facile... ma sai... dopo tutti questi dischi non so
più se sto facendo quel che faccio perchè voglio farlo o perchè è quello che
ci si aspetta da me. Capisci cosa intendo? Dici... è tempo di scrivere una
canzone... scriverò una canzone. E provi a fare qualcosa... ma a volte non
viene bene... In quel caso è meglio se canti le canzoni di qualcun altro.
B.K.: All'epoca per te era un lavoro scrivere?
Dylan: No... era solo qualcosa che facevo. Stavo in piedi tutta la notte e
scrivevo una canzone oppure... in quei giorni ero solito scrivere un sacco
di canzoni nei cafè. O anche a casa di qualche amico con la macchina da
scrivere. "A Hard Rain's A-Gonna Fall" l'ho scritta nello scantinato del
Village Gate. Da Chip Monck... c'era un posto giù nella stanza del boiler...
un appartamento in cui dormiva, vicino al Greenwich Hotel. Scrissi "A Hard
Rain's A-Gonna Fall" lì. Scrivevo canzoni a casa della gente, negli
appartamenti della gente, dovunque capitava.
B.K.: Le scrivevi già in maniera definitiva oppure le abbozzavi e poi le
perfezionavi?
Dylan: Per lo più le lasciavo come erano venute...
- interruzione -
Dylan: Beh non so perchè me ne andai via da quello show [Ed Sullivan 1963].
Avrei potuto cantare qualcos'altro ma avevo provato la canzone, Talkin' John
Birch Blues, così tante volte e tutti l'avevano ascoltata. Aveva sempre
avuto una risposta favorevole da chi l'aveva ascoltata e non vedevo l'ora di
cantarla. Anche Ed Sullivan sembrò apprezzarla. Non so cosa non andasse ma
poco prima che la cantassi vennero nel camerino... ed era già quasi tempo di
andare in scena. Entrarono e ci fu questo grande caos, vedevo gente che
parlava di qualcosa. Ero pronto a suonare e poi qualcuno venne da me e mi
disse che non avrei potuto cantare quella canzone. Volevano che cantassi al
suo posto un brano dei Clancy Brothers e per me non aveva davvero senso fare
una canzone dei Clancy Brothers in TV davanti all'intera nazione a
quell'epoca... Così me ne andai...
Mogull: Ti ricordi quella volta che eri a San Juan, Puerto Rico, alla
convention della CBS e... era tenuta al San Juan Hilton mi sembra ... quella
grossa convention discografica e il presidente della CBS all'epoca era un
uomo favoloso che si chiamava Goddard Lieberson. E non permisero a Bob di
entrare nell'hotel perchè non era vestito con giacca e cravatta...
Dylan: Già, o una camicia.
Mogull: E Lieberson disse al tizio dell'albergo che o Bob entrava oppure
avrebbe portato l'intera convention fuori di lì. Ho raccontato la storia in
maniera esatta?
Dylan: Sì, Goddard era un mio grande fan. Goddard Lieberson, così come lo
era John Hammond. Senza quelle persone non penso che avrei fatto molta
strada. Se avessi esordito in questi tempi, con il tipo di persone che
guidano le compagnie discografiche ora, avrebbero... sai... sbarrato le
porte per non farmi entrare, immagino. Ma a quei tempi invece c'erano
persone che erano più trincerate nell'individualismo.
Mogull: E che inoltre non erano così insicure del loro lavoro.
Dylan: No, dirigevano le cose, sai, prendevano decisioni. Ora invece sembra
che tutti debbano prima parlare con qualcuno, sai... è una roba tipo... te
lo dirò domani... chiamami più tardi... cose del genere...
B.K.: Andavi d'accordo con Lieberson...?
Dylan: Oh, certo, era grande ... Veniva persino a vedere qualche mia seduta
di registrazione, si fermava per salutare sai ...
B.K.: C'era pressione su di te? Intendo dire che alcune persone
consideravano la tua musica quasi sovversiva. Sebbene io abbia sempre
pensato che fosse invece molto Americana.
Dylan: Penso di sì... non so. Ma come ho detto sembravano dirigere le cose.
Sai, altre persone potevano parlare tra i denti o qualcosa del genere, ti
parlavano alle spalle. Ma all'epoca i loro pezzi grossi erano Mitch Miller,
Andy Williams, Johnny Matthis. In realtà io non iniziai a vendere molti
dischi fino al secondo album e fino a "Subterranean Homesick Blues" che
scalò le classifiche.
B.K.: Quello era un singolo fantastico se pensi a quelli che circolavano
all'epoca.
Dylan: Facevano dei bei dischi allora, che - sai - erano ottimi dischi pop.
Non alla Columbia però. Phil Spector faceva un sacco di roba all'epoca, così
come Jerry Lieber e Mike Stoller ...
B.K.: Ascoltavi molto pop all'epoca?
Dylan: Sì. Ascoltavo molte canzoni pop ma non influenzarono mai quello che
scrivevo. Almeno non ad un certo livello. Era avvenuto in passato, come con
la prima roba che circolava, quando arrivò il rock'n'roll dopo Elvis, Carl
Perkins, Buddy Holly, e altri del genere. Chuck Berry, Little Richard,
quelle canzoni sì che mi influenzarono ... Sai, la nostalgia in realtà per
me non è il rock 'n' roll. Perchè quando io ero giovane la musica che
ascoltavo era Frankie Laine, Rosemary Clooney, Denis ... come si chiamava?
Denis Day? E poi sai cantanti come Dorothy Collins ... the Mills Brothers,
tutte cose del genere. Johnny Ray mi colpì davvero. Johnny Ray è stata la
prima persona che mi ha davvero colpito.
B.K.: Perchè proprio lui?
Dylan: Beh, era così commovente, non è vero? L'ho incontrato in un ascensore
in Australia ... era uno dei miei idoli sai. Voglio dire, ero senza parole,
ero in un ascensore con Johnny Ray!
B.K.: Quando hai iniziato a spostarti dal folk puro ad uno stile più
elettrico... fu una cosa difficile?
Dylan: Stai toccando un argomento spinoso... (risate)
B.K.: Beh, voglio dire, oggi vai sul palco e fai entrambe le cose, e
coesistono. Nessuno se ne preoccupa.
Dylan: Sì, in realtà hanno sempre coesistito...
B.K.: Almeno stando a quello che sembra dal di fuori ho come l'impressione
che la gente all'epoca cercava di dirti come fare la tua musica.
Dylan: Oh ... c'è sempre gente che prova a dirti tutto quel che devi fare
nella tua vita. Se davvero non sai cosa fare e non ti importa cosa fare
allora chiedi semplicemente l'opinione di qualcuno. Avrai un milione di
opinioni differenti. Se non vuoi fare qualcosa, chiedi a qualcuno
un'opinione e verificheranno per te. La maniera più facile per fare qualcosa
e semplicemente non chiedere l'opinione di nessuno. Voglio dire... se
davvero credi in quel che stai facendo ... Ho chiesto l'opinione della gente
ed è stato un grande errore, in differenti campi. Nella mia vita personale
ho chiesto alla gente cosa ne pensava sul fare una determinata cosa e mi
dicevano ... Oh Wow! ...! Sai, finivi per non usare quel parere o di usarlo
male.
Mogull: In realtà penso che l'artista debba prendere da solo le sue
decisioni, secondo il proprio istinto...
Dylan: Già, sai quel che è giusto. Quando arrivano delle cose tu sai che
sono giuste. Se sai quel che è giusto allora in genere puoi usare il tuo
istinto ed avere successo.
B.K.: Registrare è una cosa completamente differente rispetto ad esibirti su
un palco. E tu, da quel che ho sentito, provi a registrare nella maniera più
spontanea possibile... ?
Dylan: Sì, lo facevo, ma non è più così, non avviene più così spesso. Ma ero
solito farlo, perchè registrare una canzone mi annoia, sai, è come lavorare
in una miniera di carbone... Beh, voglio dire, non è davvero così, non è che
tu sia completamente sotto terra! Forse non in un senso letterale, ma...
puoi restare chiuso in una stanza per mesi. E allora quel che tu pensi sia
vero non lo è più, ascolti suoni e il tuo intero mondo diventa lavorare con
i nastri e cose del genere... Non mi è mai piaciuto quell'aspetto del mio
lavoro... Inoltre non sono mai arrivato a quel livello... quando registravo
all'inizio andavo semplicemente in sala di registrazione e incidevo le
canzoni che avevo... Era così che funzionava all'epoca. Ma ora la gente non
registra più in quel modo... La tecnologia ha incasinato tutto... E' tutto
un imbroglio...
B.K.: Un imbroglio?
Dylan: Sì, è tutto un imbroglio. La tecnologia sta offrendo un falso quadro
delle cose. Se ascolti molti dei dischi che vengono realizzati oggi, sono
tutti in qualche modo fatti grazie alla tecnologia. Il che è una specie di
connivenza col crimine... puoi sognare qualsiasi cosa tu voglia realizzare e
poi andare in studio ed esaudirla! Poi vai a sentire alcune di quelle
canzoni eseguite dal vivo e resti molto deluso, perchè... ehm... voglio
dire... ammesso che tu voglia davvero sentirle dal vivo... Potresti non
volerlo sapere... Beh, io penso che tutto sia diventato un imbroglio... ma è
il progresso, sai... Non puoi tornare al metodo che si usava una volta.
Perchè un sacco di gente ha imbrogliato le cose, ma un sacco di altra gente
ne riceve un grande vantaggio. In altre parole ora tu puoi ottenere qualcosa
che va bene anche se è sbagliata... ma puoi far sì che vada bene... sai,
potrebbe essere totalmente sbagliata ma puoi far sì che vada bene! E può
essere fatto tutto quanto solo con il suono e con la tecnologia e... stavamo
registrando una canzone l'altra sera e dovevamo mettere un battimani... e il
tizio che era seduto dietro il mixer ci ha detto "Beh... non vorrete davvero
mettervi a battere le mani...? Ho un macchinario qui che può farlo al posto
vostro..." Ed il nome di questo affare era Roland o qualcosa del genere
(risate). E invece siamo andati al microfono e abbiamo semplicemente battuto
le mani. Non era un gran problema ma potevamo avere un macchinario con cui
farlo... Ma questo è solo un piccolo esempio di come ogni cosa al giorno
d'oggi è condizionata dalle macchine...
B.K.: Parli quasi come se... non so davvero come dirlo... come se il mondo
fosse andato avanti e tu fossi rimasto all'antica...
Dylan: Beh, io mi sento all'antica, ma non credo di essere all'antica nel
senso che non sono moderno... Sai, ad un certo livello non esiste una cosa
all'antica e una cosa moderna... in realtà niente è cambiato. Io non credo
di essere all'antica nel senso che mi sento una persona obsoleta che se ne
sta seduta da qualche parte... sai, nel Montana... e che se ne sta soltanto
lì a guardare la neve che cade. Ma anche se così fosse, sono sicuro che
andrebbe comunque bene.
Mogull: Sì, Bob, ma tu non puoi andare ad un concerto come Wembley e
ottenere quel tipo di...
Dylan: Sì, okay ... ma la vita è così, non hai molti anni da vivere, giusto?
Perciò per quanto tempo sei in grado di riuscire a stare al passo con le
cose ...? E quando tieni il passo con le cose con che cosa stai tenendo il
passo? Chi compra la maggioranza dei dischi oggigiorno? Ragazzini di 12
anni? Chi compra i dischi di Michael Jackson? Ragazzini di 12 anni. Di 14,
16, 20 ... Non so chi compra cinquanta milioni di dischi di qualcuno. Sai,
non puoi competere con un mercato che è rivolto a ragazzini di 12 anni.
Sai... hai dei critici di oltre 40 anni che scrivono a proposito di dischi
che sono rivolti a ragazzini di 10 anni! E ricavano da questi dischi una
filosofia intellettuale.
B.K.: Ma tu non ascolti queste cose?
Dylan: No, non ascolto queste cose e non ascolto quei critici. Io sono
venuto su con un sacco di persone che dovrebbero conoscere molto meglio
tutto quanto, che hanno fatto carriera scrivendo di rock 'n' roll. Scrivere
di rock 'n' roll ...! Voglio dire... sai... quanto puoi essere indecente?
Beh, non sto dicendo che sia tutto da buttare, la gente deve esprimere se
stessa... Così il rock 'n' roll gli dà un brivido, o gli ha dato un brivido
in passato. Beh, molte delle persone alle quali io penso come autorità del
rock 'n' roll sono persone che hanno documentato su carta tutto quello con
cui io ricordo di essere cresciuto quando è iniziato... giusto? Perciò tutti
sanno dove sono le radici del rock 'n' roll. Tutti sanno chi ha fatto cosa,
ma farne un giochetto intellettuale è qualcosa che esula dalla questione,
sai... non aggiunge davvero niente alla storia della musica popolare... E'
soltanto un voler alimentare un sacco di persone ciniche e che si
considerano più giuste e migliori e che pensano di avere un diritto sulla
miniera d'oro del rock 'n' roll... o quel che è. Trovo tutto questo molto
disgustoso.
B.K.: Ci sono delle cose alle quali tu riguardi oggi pensando al passato e
per cui dici: "Dio, quella era davvero buona"?...
Dylan: Oh, sì. Ma alcune delle canzoni di cui parli, sai... non sono in
grado di scriverle oggi. In alcun modo. Ma guardo quelle canzoni, perchè le
canto in continuazione, e mi chiedo da dove sono venute fuori e come sono
nate... come sono state costruite. Anche le canzoni più semplici, le guardo
in quel modo. Non potrei rifarle oggi, e nemmeno ci provo. Sarei uno stupido
a provarci. Penso che ci siano un sacco di bravi autori di canzoni però...
quel che io ho fatto l'ho fatto da solo... ma ci sono un sacco di altri
bravi autori di canzoni... della mia epoca.
Mogull: Chi ad esempio, Bob?
Dylan: Randy Newman scrive buone canzoni, Paul Simon ha scritto alcune buone
canzoni... Penso che "America" sia una buona canzone, penso che "The Boxer"
sia una buona canzone. Penso che "Bridge Over Troubled Water" sia una buona
canzone. Paul ha scritto anche un sacco di canzoni brutte ma tutti quanti
l'hanno fatto. Vediamo... alcuni scrittori di Nashville... Shel Silverstein
scrive grandi canzoni. E' una delle persone che scrivono canzoni che io
preferisco. Sai, qualsiasi cosa tu esprima viene fuori dalla somma delle
conoscenze e dalla luce e dall'ispirazione che tu le dai... Se gliene dai
solo un po', sai... beh, devi farne il meglio che puoi...
B.K.: Hai mai provato a dedicarti ad altre arti?
Dylan: Sì, alla pittura.
B.K.: Davvero? Dipingi molto?
Dylan: Sì, beh non molto in anni recenti... ma è qualcosa che vorrei fare se
ne avrò la possibilità... devo essere nel posto giusto per poterlo fare,
devo dedicargli un sacco di tempo... perchè una cosa porta ad un'altra e
tendi a scoprire nuove cose mentre vai avanti. Perciò ci vuole tempo per
svilupparle, ma io so come farlo, fondamentalmente... perciò una volta che
ho preso il ritmo...
B.K.: Tieni del tempo per te stesso?
Dylan: Oh, sì, tengo del tempo per me stesso. Non ho tempo pubblico. La
gente pensa di sì ma quello è il mio tempo.
B.K.: E' un grande posto in cui trovarsi.
Dylan: Beh, quello è il posto in cui ti trovavi quando sei nato. Quello è il
posto in cui dovresti essere. Voglio dire... cosa c'è che non ti fa stare in
quel posto? Devi essere parte della macchina... perciò cosa succederebbe se
non facessi parte della macchina?...
Interruzione
Dylan: Non so se sono mai stato felice... Non so... voglio dire... felice?
Non mi considero felice e non mi considero infelice, non ho mai pensato alla
vita in termini di felicità ed infelicità. Non mi è mai capitato.
B.K.: Pensi alla vita in termini di crescita?
Dylan: No! Non penso mai alla vita in termini di crescita... ti dico cosa
penso... che non puoi mai fermarti da nessuna parte... non c'è posto in cui
fermarsi... Sai... quei posti al lato della strada dove puoi fermarti...
sono solo un'illusione.
B.K.: La strada va avanti...
Dylan: Già, tu puoi andare per quella strada... e puoi volerti fermare... ma
non sei in grado di restare fermo in quel posto.
B.K.: Quando parli di andare per quella strada, non è in un certo senso una
crescita? O almeno un movimento. Dal punto A al punto B...
Dylan: Sì, è una crescita. Ma cos'è una crescita? Voglio dire che ogni cosa
cresce, è semplicemente il modo in cui va la vita, la vita cresce. Sai, la
vita cresce e muore, vive e muore. Ogni volta che arrivi in un posto, non è
quello, devi andare a quello successivo. Non puoi restare da nessuna parte,
non esiste posto in cui stare, non c'è posto che ti tratterrà.
B.K.: A causa della noia o perchè è così che va?
Dylan: No, perchè è semplicemente nella natura delle cose...
B.K.: Dunque ti vedi sempre in movimento? Ti vedi sempre mentre prosegui
costantemente in avanti?
Dylan: Vedo tutti in questa maniera, vedo il mondo intero in questa maniera.
Quel che non va così è semplicemente qualcosa di morto.
B.K.: Ah... com'è quel verso? Quelli che non sono impegnati a nascere
sono...
Dylan: ...impegnati a morire? Che grande verso!
B.K.: Non l'ha scritto qualcuno?
Dylan: Un verso classico che... Sai... la gente dice "Beh, non è grande
avere la possibilità di fare quel che fai?"... Beh... Ad un certo livello lo
è... ma la gente dimentica che un artista... un artista che fa concerti...
chiunque vada in tour... chiunque suoni dal vivo di città in città sera dopo
sera... beh... la gente pensa che sia facile... Ma non è facile. La gente
pensa che tu vada ad una festa... e ti chiede: "Come ti va?" e io dico:
"Sono a Schenectady!" (risate). E loro rispondono "Oh bene, ti stai
divertendo e io invece sono qui bloccato ad Orlando"...
Ma non è... sai... devi semplicemente alzarti, prepararti e fare quel che si
suppone tu debba fare. So che quando vado via dalla strada... oh Dio! Per le
prime due o tre settimane... Voglio dire... Posso alzarmi a qualsiasi ora io
voglia! Non devo andare a dormire ad una certa ora ed alzarmi ad un'altra
determinata ora, e programmare il mio tempo per fare questo ed essere in un
certo posto e fare questo e fare quest'altro, e tornare e fare un certo
numero di ore di sonno. Sai... mangiare bene... nel caso tu abbia paura di
ammalarti o abbia paura di farti del male da qualche parte lungo il
percorso... Tutte queste cose... semplicemente spariscono quando arriva
l'ultimo show del tour... e allora puoi fare tutto quel che vuoi... E' una
sensazione euforica.
B.K.: Navighi?
lunga pausa (probabilmente Dylan dice all'intervistatore che non vuole
parlarne...)
B.K.: Sì?
Dylan: Sì.
B.K.: Cioè vuoi parlare di qualsiasi cosa ti piaccia fare tranne che...
Dylan: Mi piace fare un sacco di cose ma non voglio parlare delle cose che
mi piace fare...
B.K.: Okay.
Dylan: Parlerò delle cose che non mi piace fare!
B.K.: Hai dichiarato che ti consideri una persona abbastanza regolare...
Vuoi dire che sei come chiunque altro?
Dylan: Beh, certo, sai respiro la stessa aria di tutti. Devo fare le stesse
cose che fa la maggior parte della gente...
B.K.: Beh... in molte delle tue prime canzoni però c'è una sensazione come
di separazione...
Dylan: Oh, beh... c'è sempre una sensazione come di separazione, anche nelle
canzoni successive voglio dire... Non ci sarebbe alcun senso se non ci fosse
una sensazione di separazione. Voglio dire che se non avessi qualcosa di
differente da dire alla gente, allora che senso avrebbe fare quello che
faccio? Voglio dire... potrei fare un album delle Ronnettes!
Mogull: Io penso che la cosa più interessante che hai detto finora, Bob ...
Dylan: Ho detto qualcosa di interessante?...
Mogull: Una cosa che è stata estremamente interessante per me è quando hai
detto che hai iniziato a scrivere perchè nessuno scriveva le canzoni che tu
volevi cantare.
Dylan: Sì, è stato allora che ho iniziato a scrivere... ed è il motivo per
cui ancora sto scrivendo... Vorrei che arrivasse qualcuno e mi desse qualche
canzone che io possa cantare. Sarebbe come un peso che mi toglierei dalle
spalle... Voglio dire... E' un grosso peso! (risate)
B.K.: C'è ancora un sacco di aspettative da parte della gente nei tuoi
confronti. Sei stato capace di andare al di là di questo, di smettere di
preoccuparti di quello che la gente si aspetta da te?
Dylan: Chi si aspetta cosa? Voglio dire che chiunque si aspetti qualsiasi
cosa da me è un caso borderline. Nessuno che abbia almeno un briciolo di
senso della realtà si deve aspettare qualcosa da me. Ho già dato abbastanza,
sai, che vogliono ancora da me? Non puoi continuare a dipendere da una
persona perchè ti dia tutto.
Quel che in genere io faccio è dire, okay, scriverò una canzone, sia che si
tratti di un testo che di un ritmo... ma lo faccio per me, poi esco e la
suono e... ehm... Non sono un grande ammiratore di roba come i videoclip.
Voglio dire che non mi interessa fare dei video, ma per me è una cosa da
niente provare e tentare di farne uno... perchè è una cosa falsa, sai... è
tutto quanto basato su quanto bello e piacevole il video possa sembrare...
chiunque può fare un video. Chiunque. Purchè tu abbia una telecamera...
quale tipo vuoi? 16mm, videocamera, chiunque può farlo. E chiunque può fare
un buon video, e... ehm... alla gente piacerà. Ogni cosa viene realizzata in
maniera tecnologica... lo puoi mettere in ghingheri in molte e differenti
maniere. Così la gente non saprà cosa pensare. Nessuno si siederà lì e dirà
'oh questa è una porcheria', oppure 'questo è fantastico'... è una cosa che
non ha alcun senso... E' passato un sacco di tempo dall'ultima volta che ho
visto una di quelle robe, ma l'ultima volta che ne ho visto uno, voglio
dire... ero sgomento. E poi... quando vai a vedere dal vivo alcuni di questi
gruppi... e io ne ho visti alcuni... non sono niente, sai... non sono
proprio niente. E' questo il motivo per cui ricorrono così tanto alla
finzione... in un'altra arena invece devi farlo dal vivo oppure non devi
farlo per niente. Io ho sempre suonato dal vivo fin da quando ho iniziato,
ed è quello che è sempre contato per me. Non conta un video o un filmato,
non mi interessa diventare una star dei film o una star dei video o
qualsiasi altra di quelle robe, sai...
Interruzione
Dylan: In genere io sono in uno stato di intorpidimento mentale prima dei
miei spettacoli e devo scuotermi ad un certo punto... in genere mi ci
vogliono una o due canzoni... altre volte ci vuole molto più tempo... A
volte mi ci vuole il tempo di arrivare ai bis! (risate)
B.K.: Immagino che la band abbia un ruolo in questo discorso...
Dylan: Oh, assolutamente. Ho suonato con alcune band che mi sono state così
d'intralcio che era uno sforzo incredibile riuscire ad arrivare alla fine
dello show... Oh sì... alle volte diventava ridicolo, sai.
B.K.: Immagino anche il rovescio della medaglia... cioè che ci sono state
band che davvero ti hanno entusiasmato...
Dylan: Sì... l'ultima band che ho avuto... pensavo che fosse molto buona.
B.K.: Quello della Rolling Thunder è stato un tour interessante, non solo
dal punto di vista dell'esibizione... era l'intera idea del progetto...
C'era molta spontaneità.
Dylan: Già... c'era decisamente un sacco di spontanetià...
B.K.: Era una cosa che faceva paura oppure era eccitante?
Dylan: Un po' entrambe le cose. Facevamo doppio spettacolo durante gli show
della Rolling Thunder. Restavamo nella sala diciamo per... 14 ore. Sai, gli
show della Rolling Thunder erano lunghi 6 ore! (sic)
B.K.: Quella doveva essere gente che amava davvero far musica.
Dylan: Beh... (ridendo) ... c'era così tanta gente... sai, la gente del
pubblico andava e veniva... si portavano dietro il pranzo o la cena etc..
Mogull: Come ad un concerto dei Grateful Dead?
Dylan: Gia, già.
B.K.: Era una tua idea? E' venuta a te?
Dylan: No, è semplicemente successo. Abbiamo iniziato con un piccolo show e
poi si è evoluto in...
B.K.: Quella è una cosa fantastica secondo me, che tu sia stato capace di
mantenere insieme tutta quella gente...
Dylan: Penso che gli show della Rolling Thunder fossero grandi... penso che
un giorno qualcuno dovrebbe farne un film!
B.K.: E chiamarlo...
Dylan: Rolling Thunder!
B.K.: Stai sorridendo e ridendo un sacco qui, mentre parliamo, ma non lo fai
molto quando sei sul palco... Dici di divertirti un sacco ma sembri così
serio...
Dylan: Beh, quelle canzoni ti portano attraverso differenti stati d'animo,
sai... Voglio dire... cosa c'è da sorridere a cantare "A Hard Rain's A-Gonna
Fall", o "Tangled Up In Blue", o "With God On Our Side"... o "Mr. Tambourine
Man", o "Like A Rolling Stone", o "License To Kill", o "Shot Of Love", o
"Poisoned Love" ... una qualsiasi di queste. Come puoi riuscire a cantare
una di queste canzoni con un sorriso sulla faccia? Voglio dire... è una cosa
ipocrita.
Certe sere faccio delle cose, cose che so che sono grandi, sono proprio
grandi, so che lo sono, ma non ho alcuna risposta da parte del pubblico. Poi
vado in qualche altro posto e succede il contrario... Ma quella sera proprio
non ho risposta, affatto, per una serie di motivi. Non ne ho affatto... e
allora provo solo a portare a termine lo show... ma davvero deve sempre
essere qualcosa di coerente, devo far sì che sia qualcosa di coerente.
Allora regge... su quel piano... può diventare qualcosa di grande, sai, una
cosa che è davvero molto coerente... Sai... Ho fatto cose in certe sere in
cui avevo 39 di febbre, oppure... sai... magari era come se avessi ricevuto
un calcio nel fianco quel giorno e a stento stavo in piedi.... Ho fatto dei
concerti in cui riuscivo a malapena a stare in piedi, sai... Voglio dire...
Quando è davvero doloroso stare in piedi... Ed è una cosa umiliante per
certi versi perchè sai che non c'è alcun modo che tu possa fare quel che
vorresti fare... Prima ancora che cominci il concerto sai già che non potrai
essere come vorresti essere... E nemmeno come potresti essere...
C'è stata una sola volta in cui avrei voluto ripetere uno show... E' stato a
Montreal. Abbiamo suonato in un concerto a Montreal nel 1978... Io avevo la
febbre a 39 e non riuscivo nemmeno a stare in piedi... Ma l'organizzatore mi
disse che dovevo per forza suonare... E allora abbiamo fatto il concerto e
io non avevo niente, niente! E la risposta del pubblico... beh... sembrava
che fosse arrivato il Papa! Poi abbiamo suonato in altri concerti in cui ero
al top, e invece niente... Nessuna risposta.
Quando faccio qualcosa, qualsiasi cosa sia, qualsiasi canzone, è il ritmo ad
essere importante... E' il fraseggio ad essere importante... E' lì che tutto
trova un bilanciamento, nel ritmo e nel fraseggio... Non è nelle liriche...
La gente creda che sia nelle liriche ma non è così... Forse sui dischi lo è
ma in un concerto dal vivo non è tutto nelle liriche... bensì nel fraseggio
e nella dinamica del ritmo... E' qualcosa che non ha niente ma proprio
niente a che fare con le liriche... Voglio dire, certo le liriche devono
esserci, senza dubbio... Ma... Sai... C'era questa cantante Egiziana che si
chiamava Om Kalsoum... Ne hai mai sentito parlare? Era una delle mie
cantanti preferite di tutti i tempi... e non capivo nemmeno una parola di
quello che cantava! Cantava una canzone, forse durava 40 minuti... la stessa
canzone... e cantava la stessa frase in continuazione. Ma ogni volta in una
maniera differente. Non credo che esista qualche cantante americano o anche
occidentale che possa rientrare in quella categoria... tranne me forse!
(risate). Ma su un altro livello... capisci cosa voglio dire?
Interruzione
Dylan: Per me la musica non ha niente a che fare con gli affari... e lo
stesso vale per quelli che nel tempo sono sopravvissuti insieme a me.
Proprio non lo ha. Non è mai stato un business per me e mai lo sarà. E' solo
un modo di sopravvivere, sai... è solo quello che fai, capisci?... E' come
qualcuno che è cresciuto per essere un falegname... E' quel che fa... è quel
che fa meglio... Ed è così che si guadagna da vivere...
B.K.: Sarebbe potuto accadere che tu diventassi qualcosa di diverso... un
assicuratore?
Dylan: Non sarei potuto diventare niente di diverso, mai. Suonavo quando
avevo 12 anni ed era tutto quello che volevo fare, suonare la mia chitarra.
Andavo sempre a queste feste dove c'erano tutte queste persone più grandi di
me... sai... era un modo per attirare l'attenzione... E' iniziato tutto in
quel modo ma in realtà non ho mai saputo quando è diventata la cosa
principale, quella che ha guidato la mia vita...
B.K.: Mi sembra che... beh... ovviamente sei più vecchio rispetto agli anni
sessanta, ma mi sembra anche che tu abbia un maggior grado di consapevoelzza
e di certezza di dove stai andando come persona...
Dylan: Io non lo so dove sto andando come persona...
Mogull: Sento soddisfazione...
Dylan: Beh, in certi campi sì... lo spero. Non so cosa succederà quando non
sarò più in giro a cantare. Spero che qualcun altro arrivi a raccogliere
quel che sto facendo ed impari esattamente quel che lo rende del tutto
differente... Aspetto che arrivi questo qualcuno... non qualcuno che
necessariamente canti le mie canzoni, ma che faccia un passo ulteriore. Io
sono già andato fin dove potevo arrivare... Forse non vedrò mai questa
persona... non so... Ma qualcuno, un giorno, arriverà e andrà ancora più
avanti... Ma non ho ancora visto nessuno...
B.K.: Ma c'è qualcosa... che ti spinge ancora sul palco...
Dylan: Sì... Beh io sono davvero riconoscente per il fatto di poter salire
su un palco e suonare e che la gente venga a vedermi... Perchè non potrei
fare altrimenti... Voglio dire... se andassi su un palco e nessuno venisse a
vedermi allora sarebbe la fine per me. Non farei più altri dischi,
sinceramente... Faccio dischi solo perchè la gente mi viene a vedere dal
vivo. Finchè verranno ancora a vedermi farò altri dischi.
traduzione di Michele Murino
Intervista condotta da Bert Kleinman al Ritz-Carlton Hotel di New York. Era
presente anche l'amico di vecchia data Artie Mogull che nel 1962 mise sotto
contratto Dylan con la Witmark & Sons.
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"Tutti noi stiamo dalla parte sbagliata..."
Bill Flanagan ha intervistato Bob Dylan a New York nel Marzo del 1985 per il
suo libro di quello stesso anno, "Written In My Soul."
Nel Novembre del 1985 la Columbia Records ha tenuto una festa per Bob Dylan
al Whitney Museum di New York. Schermi alle pareti sono stati illuminati con
immagini provenienti dalla varie età di Dylan. C'era sia il magro poeta di
protesta che scrisse "Blowin' in the Wind" e "The Times They Are a
Changin'," sia la leggenda con i capelli selvaggi che gridava "How does it
*feel*?" e "Everybody must get stoned," e così via tutti gli altri Dylan: il
bucolico papà di "Lay Lady Lay" e "Knockin' on Heaven's Door," l'angosciato
zingaro di "Blood on the Tracks" e della Rolling Thunder Revue, il retto e
virtuoso evangelista di "Slow Train Coming" e "Neighborhood Bully." Quella
settimana i giornali avevano in prima pagina articoli che parlavano della
scarcerazione di Rubin "Hurricane" Carter, il pugile la cui causa Dylan
aveva abbracciato dieci anni prima, ed il cui verdetto di colpevolezza per
omicidio finalmente era stato cancellato. La fama di Carter secondo la
maggioranza degli articoli dei giornali era dovuta al fatto che egli a suo
tempo era stato il soggetto di una canzone di Bob Dylan.
Giù dabbasso, in circolo intorno a Dylan c'erano vecchi amici (Judy Collins,
Arlo Guthrie, Roger McGuinn), la prima onda punk (Lou Reed, John Cale, Iggy
Pop), letterati rockers inglesi (Pete Townshend, David Bowie, Ian Hunter),
gruppi viaggianti Americani (la Band, la E Street Band), e tutti i tipi di
newyorkesi - Martin Scorsese, Robert De Niro, Harvey Keitel, Yoko Ono, i
Talking Heads - l'arte dei quali è cresciuta dalla bohemia della lower
Manhattan, che Dylan portò al centro della consapevolezza americana. C'erano
anche leggende più vecchie, come Roy Orbison e John Hammond, Sr., e Jerry
Wexler. "Tutti quanti noi che ci troviamo qui," ha detto Ian Hunter,
"dobbiamo ringraziare Dylan per qualcosa."
Un branco schiamazzante come oche composto dai giornalisti della televisione
attaccavano bottone con gli ospiti alla porta e chiedevano a tutti loro di
dire qualcosa a proposito del significato di Bob Dylan, di quello che Dylan
aveva significato per loro. Nessuno degli intervistati ha avuto una risposta
adeguata. Io ho detto che Dylan ha rifiutato di accettare qualsiasi limite
per il rock & roll e questo ha dimostrato a tutti quanti che quella forma di
espressione si può espandere ed includere ogni specie di idea e di concetto.
Billy Joel ha detto che Dylan era come minimo il più grande autore di
canzoni Americano.
Il pomeriggio successivo ero con Pete Townshend. Pete scherzava a proposito
della inutilità di cercare di offrire una concisa spiegazione del
significato di Dylan. "Mi hanno chiesto che effetto ha avuto Bob Dylan su di
me," ha detto. "E' come chiedermi che influenza ha avuto su di me il fatto
di essere nato."
Joni Mitchell la vede così: "Quando ho ascoltato Bob Dylan cantare "You got
a lotta nerve," ho pensato "Hallelujah, Dio, la canzone popolare Americana è
cresciuta. Ora è completamente spalancata. Ora puoi scrivere a proposito di
tutto quello di cui si può scrivere in letteratura." Fino ad allora le
canzoni rock & roll erano quasi sempre limitate a: 'Sono pazzo di te,
bambina".
Sarebbe un errore affermare che Dylan ha completamente vinto il pregiudizio
che qualcuno patrocina e secondo cui esiste una separazione di "alto" da
"basso", una separazione che si fa ancora quando si giudica qualsiasi
espressione artistica che arrivi in città cavalcando il dorso del rock &
roll. Ci sono ancora alcuni critici ed accademici che affermano che i testi
scritti da Dylan non posseggano poi quel talento lirico così straordinario
che è stato loro conferito; persone che sostengono che i suoi più grandi
doni sono stati la auto-promozione e la buona sorte. Questi bastian contrari
stanno però combattendo una battaglia perduta in partenza. Mentre questi
critici ruotano i loro occhi e brontolano che Dylan è, dopo tutto, soltanto
un cantante rock, le lodi di Dylan sono cantate e celebrate da coloro i
quali sono stati ispirati da Dylan e che hanno ottenuto grandi trionfi nelle
arti accettate dalla vecchia guardia. Se Dylan non è un grande artista
allora significa che commediografi del calibro di Sam Shephard, registi del
calibro di Martin Scorsese, grandi poeti come Allen Ginsberg, attori del
livello di Robert De Niro non sono capaci di riconoscere la grande arte. Un
giorno o l'altro, tra la citazione da parte del Presidente Jimmy Carter che
ha definito Dylan il "grande poeta Americano" alla convention Democratica
del 1976 ed il viaggio di Dylan a Mosca in occasione del Festival
Internazionale di Poesia nel 1985 (in cui Dylan ha rappresentato gli Stati
Uniti d'America su invito del poeta Sovietico Yevgeny Yevtushenko), gran
parte di quelli che *proprio non lo sopportano* si zittiranno e si
siederanno.
Mentre parlavamo, Dylan, il cui stile musicale deve molto ai cantanti
country e folk come Hank Williams, Woody Guthrie e gli Stanley Brothers, ha
tracciato le sue radici poetiche facendole risalire ai cantanti neri di
blues che hanno incrociato il sentiero con Willie Dixon ed hanno ispirato
Chuck Berry. "Quei musicisti blues degli anni trenta e quaranta," ha
dichiarato Dylan, "usavano solo distici. Tu non sei in grado di dire le cose
meglio che in quel modo, con due versi, davvero. Forse puoi dirle in una
maniera differente, puoi dirle con più parole, ma non sarai mai in grado di
dirle meglio rispetto al modo in cui le dicevano loro. E coprivano ogni
argomento, ogni genere di cosa al mondo."
Ricordando i suoi primi giorni a New York, Dylan ha dichiarato, "Tutti quei
neri venivano su dal sud del confine e recitavano poesia nei parchi. Oggi li
chiamerebbero rappers. Il migliore di tutti loro era un tizio chiamato Big
Brown che recitava lunghe poesie. Ognuna durava circa quindici minuti. Erano
lunghe storie che andavano avanti per tanto tempo e che parlavano di uomini
malvagi. Amore, politica, proprio tutto quel che puoi immaginare veniva
preso e scagliato nelle sue composizioni. Veniva dal Texas, credo, ed era
stato per un certo periodo in prigione. Ho sempre pensato che fosse la
migliore poesia che avessi mai sentito. Poesia da saggi di strada. Ce
n'erano un po' di questi tizi in giro negli anni sessanta. Li ho sentiti
anche al Mardi Gras. Erano davvero brillanti oratori.
La seguente intervista ha avuto luogo a New York nel Marzo del 1985. Dopo
aver appreso che Dylan stava effttuando il lavoro di missaggio per quello
che sarebbe poi diventato il suo album dal titolo "Empire Burlesque" a
Manhattan, ho lasciato una lettera per lui spiegandogli di questo mio libro.
Ho ricevuto un messaggio un paio di giorni più tardi con il quale Dylan mi
diceva che sarebbe stato felice di parlare con me. Mi aspettavo forse un'ora
del suo tempo ed ero preparato alla storica riluttanza di Dylan a spiegare
il proprio lavoro. Per la mia felicità ho trovato invece Dylan cordiale ed
affettuoso, cooperativo, e voglioso di parlare come tutti gli altri che ho
intervistato. Dylan ha espresso entusiasmo per l'idea di un libro di
interviste con i songwriters e stupore per il fatto che nessuno lo avesse
mai fatto prima.
Mi chiede dei vari autori di canzoni che ho intervistato, e quando gli
menziono Lou Reed, Dylan mi parla della canzone di Reed "Doin' the Things
That We Want To" e del fatto che essa fa riferimento al lavoro teatrale di
Sam Shepard "Fool For Love." Mi dice che la canzone di Reed ha ispirato lui
e Shepard a scrivere una sorta di risposta - che è uscita nel 1986 con il
titolo di "Brownsville Girl." Dylan dice che proprio come la canzone di Reed
si apriva con il narratore che assiste ad una piece teatrale, così la
canzone di Shepard/Dylan si apre con il narratore al cinema menre guarda un
film. Forse la cosa che è più sorprendente a proposito di Bob Dylan è che
una volta che sei riuscito a connetterti con la sua visione, tutto quello
che dice ha senso.
Dopo un paio d'ore di intensa conversazione ho esaurito le mie domande.
Fermo il nastro del registratore e ringrazio il mio ospite per la sua
generosità. Ma Dylan continua a parlare e ben presto devo riaccendere il
registratore per catturare le sue dichiarazioni.
In "Tangled Up In Blue" Dylan ha scritto, "She opened up a book of poems and
handed it to me / Written by an Italian poet in the fifteenth [sic] century
/ And every one of them words rang true and glowed like burnin' coal /
Pourin' off of every page like it was written in my soul."
La posterità è una vecchia e cattiva puttana, ma se si ricorderà anche di un
solo rocker la cui opera è degna di essere tramandata alle future
generazioni, probabilmente quel rocker sarà Bob Dylan.
BILL FLANAGAN: In "Don't Fall Apart On Me Tonight" (Infidels) scrivi, "It's
like I'm stuck inside a painting that's hanging in the Louvre." In "I And I"
(Infidels) dici, "If she wakes up now she'll just want me to talk / And I
got nothin' to say, 'specially about whatever was." La gente si avvicina a
te con tali aspettative...? Hai difficoltà a trovare persone che siano in
grado di entrare in relazione con te in maniera normale?
BOB DYLAN: No, no, davvero. Non so come fa altra gente a scrivere le proprie
canzoni. Io le scrivo in un sacco di differenti modi. Ma una volta che le
metti in prospettiva, ricadono tutte nella stessa dimensione. Ma in realtà
vengono fuori da differenti dimensioni. A volte scriverai una canzone dove
tu persisti finchè non è finita. Senti che non viene da nessuna parte, ma
senti che è quella la cosa giusta per te da fare. Non c'è niente su cui
basarla. Entri in una certa area dove non c'è nessuno e nessuno mai c'è
stato. Perciò devi essere davvero sensibile ed attento a dove stai
camminando. Non devi cercare di andare in una direzione o in un'altra, devi
solo restare fermo e bilanciato e terminare la canzone. "Every Grain of
Sand" è una canzone del genere. Scrivere quella canzone è stato qualcosa
come dire: "Questo è qualcosa con cui devo riuscire a mantenere una certa
fermezza." In caso contrario potrebbe sfuggirti di mano. Devi riuscire a
tenerla bilanciata. E non ci sono note a piè di pagina in giro. E' quel
genere di area in cui non ci sono dei precedenti per potersi regolare.
Un sacco di volte tu senti delle cose e sai che sono le cose che vuoi
mettere nella tua canzone. Sia che tu le dica sia che non le dica. Non
devono essere in particolare pensieri tuoi. Semplicemente sono pensieri che
suonano bene, e c'è stato *qualcuno* che li ha pensati o che li pensa. Metà
di quello che scrivo nelle mie canzoni ricade in questo ambito. *Qualcuno*
pensa a quelle cose. Sono sicuro che, quando canto qualcosa, non sto
cantando tanto per cantare. So di aver letto quelle cose. Qualcuno le ha
dette. Ho sentito una voce che le ha dette. Una canzone come "Don't Fall
Apart on Me Tonight" in qualche modo rientra in questa categoria: "I'll take
you to a mountaintop and build you a house out of stainless steel." Quel
tipo di roba... semplicemente capita che ti passi accanto. Un tizio che si
alza dal letto e dice... non parlare; è ora di andare. Non sono io che ho
originato quel tipo di pensieri. Io li ho sentiti, ma non sono io che li ho
originati. Sono già lì fuori, perciò io mi limito ad utilizzarli.
BILL FLANAGAN: Ci sono pensieri che ti passano accanto ed ai quali tu
resisti e non li scrivi?
BOB DYLAN: Tutto quello che io scrivo è qualcosa con cui posso mettermi in
relazione. C'è un sacco di roba che sento e che non voglio scrivere perchè
non significa niente per me. Senti la gente parlare ogni giorno, e gran
parte di quello che senti ti entra in un orecchio e non va via. Oppure entra
in un oreccho ed esce dall'altro. Bill Monroe una volta ha detto che i suoi
pensieri migliori li aveva quando la gente gli parlava. Mi è sempre
piaciuto.
Non è che tutti i pensieri reali vadano dentro questo tipo di materiale. E'
più o meno una questione di ricordarsi le cose e di metterle giù sulla
carta. A volte capita che tu riesci a prendere nota e poi metti tutti i
pezzi insieme. A volte capita esattamente l'opposto. Un sacco di gente mi
chiede: "Cosa viene prima, le parole o la melodia?" Ci ho pensato a
proposito di questa cosa. E' davvero molto raro che le due cose non arrivino
insieme. Delle volte può capitare che le parole vengano prima, altre volte
che venga prima la melodia, ma quella è l'eccezione che conferma la regola.
Il più delle volte le parole e la melodia vengono allo stesso tempo, in
genere con il primo verso. Per quello che riguarda me almeno avviene in
genere con il primo verso. So che Bob Seger scrive partendo dagli agganci e
dai titoli. Un sacco di gente fa così. Gli viene in mente un verso che
riassume tutto quanto e allora vanno all'indietro e pensano a come riempire
il resto dei versi. Per quello che riguarda me, io in genere inizio a
scrivere dal primo verso e poi mi chiedo dove va la canzone. Può capitare
che riempia i versi centrali e finali in un secondo momento ma in genere non
lavoro *all'indietro*.
BILL FLANAGAN: Cosa intendi quando dici che, con qualcosa del genere di
"Every Grain of Sand," devi fare attenzione a non lasciare che ti sfugga di
mano?
BOB DYLAN: Tu non sei *conscio* della cosa. In una canzone come quella, non
c'è la consapevolezza di nessuna cosa che è stata detta prima. "A cosa
somiglia?" Beh, non somiglia a niente. "Che cosa rappresenta?" Beh, non lo
sai nemmeno tu. Tutto quel che sai è che è un pezzo relativo ad uno stato
d'animo, e allora tu provi solo a rimanere in quel particolare stato d'animo
e a terminare il brano. O forse nemmeno a terminarlo, ma solo a portarlo ad
un punto in cui poi puoi lasciarlo. Perchè questo genere di cose non le
porterai mai a termine se non le scrivi tutte in una volta. Ho scritto un
sacco di canzoni per le quali mi dicevo: "Beh... La finirò la settimana
prossima." Beh, la settimana prossima non viene mai. E allora tempo dopo
ritorni indietro e riguardi quello che hai scritto e dici: "Wow, grande." ma
non sei più in grado di riconnetterti di nuovo con quel che hai scritto.
La cosa più triste a proposito dello scrivere canzoni è quando sai di avere
qualcosa che è decisamente buona e la metti per un istante da parte e dai
per scontato che avrai la capacità di ritornare a riprendere in mano questa
cosa con la stessa ispirazione che te l'ha fatta scrivere la prima volta -
beh, qualsiasi cosa ti abbia ispirato a scrivere quella cosa la prima
volta... non c'è più. E allora devi cercare consciamente di stimolare
l'ispirazione e cercare di immaginare di cosa si parlasse. E in genere
otterrai una parte buona ed una non tanto buona, e quella non tanto buona
cancellerà quella buona.
BILL FLANAGAN: Ti sei mai seduto a pensare a qualcosa per mesi o per anni in
attesa di riuscire a riconnetterti di nuovo con quel materiale?
BOB DYLAN: No, non ho alcuna aspettativa in questo senso; se scrivo
qualcosa, sarà qualcosa di grande se solo io sono in grado di ritornarci. La
tengo per un po' davanti a me, e se non l'ho terminata entro un certo
periodo... ci ritornerò sopra ma non sarò più capace di entrare in relazione
con quella cosa.
BILL FLANAGAN: "Mr. Tambourine Man" può essere interpretata in centinaia di
modi, ma potrebbe riguardare una specifica cosa reale: come quando sei stato
fuori tutta la notte e tutti gli altri sono andati a casa, e l'unica persona
che è rimasta sveglia è un tizio che se ne sta in piedi in un angolo e
picchia su un tamburello. Tutte le tue canzoni posseggono una realtà
letterale per te?
BOB DYLAN: Beh, le canzoni sono solo pensieri. Per un momento fermano il
tempo. Si suppone che le canzoni siano abbastanza eroiche da dare
l'illusione di fermare il tempo. Soltanto con quell'unico pensiero.
Ascoltare una canzone significa ascoltare il pensiero di qualcuno, non
importa quel che si sta descrivendo. Se tu vedi qualcosa e pensi che sia
abbastanza importante da descriverla, allora quello è un tuo pensiero. Pensi
un solo pensiero alla volta, perciò quello che ne viene fuori è davvero
quello che ti è stato trasmesso. Quando ti siedi ed *immagini* delle cose da
fare o da scrivere o da pensare - quella è fantasia. E io non mi ci sono mai
ritrovato molto. Tutti quanti sono in grado di fantasticare. I bambini, i
vecchi, tutti hanno il diritto alle proprie fantasie. Ma è tutto quel che
sono. Fantasie.
Non sono *sogni*. Un sogno ha più sostanza che una fantasia. Perchè
generalmente le fantasie sono basate sul niente, sono basate su quel che
appare alla tua immaginazione. Ma in genere io devo avere la prova che
qualcosa esiste prima che io voglia preoccuparmi di averci a che fare. Deve
esistere, deve essere successa, o quanto meno la possibilità che quella cosa
avvenga deve avere un significato per me.
Non scrivo canzoni di fantasia. Anche una canzone come "Mr. Tambourine Man"
in realtà non è una fantasia. I sogni hanno una sostanza. Perchè tu li hai
visti, capisci? Affinchè avvenga un sogno vuol dire che davanti a te hai
avuto qualcosa. Devi aver visto qualcosa oppure devi aver sentito qualcosa
perchè tu lo possa sognare. Allora quello diventa il *tuo* sogno. Mentre una
fantasia è solo la tua immaginazione che vaga in giro. Io davvero non
considero in quel modo le mie canzoni. E' accaduto, è stato detto, l'ho
sentito: ho la prova. Io sono un messaggero. L'ho ricevuto, perciò lo
riporto nel mio stile particolare.
BILL FLANAGAN: E' questo che intendo a proposito di canzoni che hanno una
realtà letterale: le immagini non sono solo casuali.
BOB DYLAN: Esatto. Hanno una realtà letterale. Non credo che una canzone
potrebbe stare in piedi se non l'avesse. Perchè l'altra gente ci si può
identificare, e sanno se è vera o se non lo è.
BILL FLANAGAN: Hai modificato le parole di "Tangled Up in Blue" rispetto
alla prima volta in cui l'hai registrata su "Blood on the Tracks".
BOB DYLAN: Quella era una canzone speciale. Avrei sempre voluto che quella
canzone fosse come è stata registrata sull'album "Real Live", ma ovviamente
non c'era nessun motivo particolare perchè lo fosse, dal momento che avevo
già inciso il disco.
Quella è stata un'altra di quelle cose dove stavo cercando di fare qualcosa
che penso non fosse mai stata fatta prima. Cioè provare a raccontare una
storia ed essere un personaggio in essa presente senza che in qualche modo
la cosa suonasse falsa, sciocca o strappalacrime. Cercavo di essere qualcuno
nel presente mentre evocavo un sacco di immagini del passato. Cercavo di
farlo in una maniera consapevole. In passato ero solito farlo in una maniera
inconscia, ma ora non ero più in grado di farlo in quel modo. Quella
particolare canzone è stata costruita così, ed è sempre stata aperta ad
essere riscritta meglio. Ma non avevo una ragione particolare per farlo
perchè avevo già fatto il disco.
Comunque, esiste una versione che eravamo soliti fare sul palco con solo la
chitarra elettrica ed il sassofono - mantenendo le stesse liriche, pensando
che così facendo la canzone sarebbe venuta fuori in una maniera più
emozionante. Ma non resse granchè bene in quella maniera. Così ho deciso di
modificare le parole. Ma non l'ho modificata semplicemente perchè una sera
la stavo cantando ed ho pensato "Oh, sono stanco delle vecchie parole." Le
vecchie parole non sono mai state davvero giuste. L'ho riscritta in una
stanza d'albergo da qualche parte. Penso fossi ad Amsterdam. Volevo cantare
quella canzone così le diedi un'occhiata e la cambiai. Quando cantai quel
brano la sera dopo seppi che era giusto così. Era abbastanza giusta così
l'ho scritta ed ho cancellato la vecchia versione.
Quella era un'altra di quelle canzoni che tu scrivi e le hai in pugno e sai
quel che vuoi dire, ma la metà delle quali non viene fuori nel modo che tu
volevi. Allora l'ho aggiustata ed ora so che è come doveva essere. Penso che
ci sia una grande differenza.
BILL FLANAGAN: Una differenza immediata è quella per cui non è più chiaro se
è un solo personaggio che sta narrando la storia. Ora la canzone inizia in
terza persona, e poi prosegue in prima persona quando il personaggio di cui
si parla incontra la donna nel bar. La sezione iniziale è ora isolata, e gli
eventi che descrive possono essere accaduti a qualcun altro.
BOB DYLAN: Già, esatto. Vedi, quel che stavo provando a fare non aveva
niente a che vedere con i personaggi o con quello che succedeva. Stavo
cercando di fare qualcosa che non so se ero preparato a fare. Volevo sfidare
il tempo, perciò la storia ha luogo nel presente e nel passato allo stesso
tempo. Quando tu guardi un dipinto, sei in grado di vedere ogni singola
parte oppure puoi vederlo nel suo insieme. Volevo che quella canzone fosse
come un dipinto.
BILL FLANAGAN: Hai mai messo in una tua canzone qualcosa di troppo
personale? E' mai successo che hai detto: "Mmm, ho dato troppo di me stesso
in quella canzone"?
BOB DYLAN: Ci sono andato abbastanza vicino con quella canzone, "Idiot
Wind." Quella era un'altra canzone che volevo scrivere come se fosse un
dipinto. Un sacco di gente pensava che quella canzone, che quell'album,
"Blood on the Tracks", si riferisse a me. Perchè così sembrava all'epoca. Ma
non riguardava me. Era solo il concetto di mettere in immagini quella sfida
al tempo - ieri, oggi e domani. Volevo che fossero tutti connessi in una
qualche strana maniera. Ho letto che quell'album avrebbe a che fare con il
mio divorzio. Beh, ho divorziato solo quattro anni dopo quella canzone.
Pensavo che forse ero andato un po' troppo lontano con "Idiot Wind." Forse
avrei dovuto cambiare una parte di quella canzone. In realtà non pensai che
stessi rivelando troppo di me stesso; pensai che *sembrava* così personale
che la gente avrebbe pensato che la canzone riguardava all'incirca chi mi
era vicino. Ma così non era. Ma puoi mettere insieme tutte queste parole ed
è lì che cade. Non puoi farci niente per impedirlo. In realtà non pensai che
fosse troppo personale ma sentii che *sarebbe sembrata" troppo personale.
Che poi potrebbe essere la stessa cosa, non lo so. Ma non è mai stata
*dolorosa*. Perchè in genere con quel tipo di cose, se pensi di essere
troppo vicino a qualcosa, se stai concedendo troppo dei tuoi sentimenti,
beh, i tuoi sentimenti cambieranno il mese dopo e tu riguarderai quello che
hai scritto e dirai: "Che l'ho scritto a fare?"
BILL FLANAGAN: Ma nonostante tutto il potere di "Idiot Wind," c'è una parte
di quel brano che mi ha sempre fatto impazzire. Ad un certo punto parli di
essere accusato di aver sparato ad un uomo, di essere scappato con sua
moglie, lei riceve in eredità un milione di dollari, muore, e il denaro
passa a te. Poi dici: "Che ci posso fare se sono fortunato?" (Risate)
BOB DYLAN: Sì, giusto. Con quel particolare verso pensai che avrei potuto
dire *qualsiasi cosa* dopo. Se sembra una cosa personale probabilmente mi
sono spinto troppo oltre - perchè ho detto troppo ed ancora l'ho fatta venir
fuori come: "Beh, e allora che vuol dire?" Davvero non pensai che fosse
troppo personale. In realtà non ho mai detto niente che pensassi stesse
concedendo troppo di me stesso. Intendo dire, ho scritto tutto quanto ma in
realtà non ho rivelato alcun segreto. Non ho molti segreti. Non mi trovo in
quella posizione.
BILL FLANAGAN: Che mi dici a proposito di "Ballad in Plain D" [una delle
prime canzoni di Dylan nella quale descrive, con dolorosi dettagli, la sua
fine del rapporto con la sua ragazza Susan Rotolo]?
BOB DYLAN: Oh! Sì. Quella... Per quanto riguarda quella io guardo indietro e
dico "Devo essere stato un vero stronzo a scriverla." Guardo indietro,
ripenso a quel brano particolare e mi dico, di tutte le canzoni che ho
scritto, forse quella dovevo lasciarla perdere. Ma anche se quella è la sola
a cui riguardo pensando che forse non l'avrei dovuta scrivere, penso che sia
una canzone abbastanza buona.
BILL FLANAGAN: Ora, tu *avevi* temporaneamente lasciato tua moglie prima di
"Blood on the Tracks". Quell'album deve almeno in qualche modo riguardare
quella separazione...
BOB DYLAN: Sì. In qualche modo. Ma non è che io faccio un album e rendo
pubblica una relazione matrimoniale. Non esiste che farei mai una cosa del
genere, non più della possibilità che io scriva un album che parla delle mie
battaglie legali. Ci sono degli argomenti che proprio non mi interessano. E
certo non sfrutterei mai davvero una relazione con qualcuno. Mentre in
"Ballad in Plain D," l'ho fatto. Senza sapere che l'avevo fatto. In quel
periodo il mio pubblico era molto piccolo. E' una cosa che sopraffece la mia
mente così l'ho scritta. Forse non avrei dovuto usarla. Avevo altre canzoni
all'epoca. Quella era basata su una vecchia canzone folk. Ma so quel che
intendi dire. Se tu vivi una relazione e questa non funziona ed è quello il
modo in cui ti senti a causa di ciò, non importa cos'altro tu veda o
cos'altro tu faccia, continuerai a ritornare con la mente a quella
situazione e penserai: "Oh, mi sento nauseato." Così provi a farla pagare
cara a qualcuno ed a scrivere una canzone su quella sensazione che stai
vivendo. Un sacco di persone non è in grado di farlo. Non hanno niente da
cantare. Perciò una persona nella mia posizione dice, "Beh, ho questa
informazione a disposizione, questo è il modo in cui davvero mi sento; penso
che lo scriverò e dirò come mi sento."
Io in genere non faccio così. Non mi piace provare quel genere di
sensazioni. Devo pensare che posso fare di meglio. Non sarà di aiuto a
nessuno ascoltare la mia tristezza. Solo un'altra storia sfortunata (nota
del traduttore: nell'originale Dylan dice: "Just another hard luck story..."
come in Black Diamond Bay).
BILL FLANAGAN: Nel libro di Nikos Kazantzakis "Report to Greco", egli scrive
che, come ogni uomo, mentre la sua vita si avvicinava alla fine, egli ha
dovuto trascinarsi dietro la croce del suo Calvario personale - e che il
lavoro che un uomo lascia dietro di sè durante quell'ascensione è solo
sangue sui sentieri (in originale "blood on the tracks"). L'avevi letto o è
stata solo una congiunzione cosmica?
BOB DYLAN: Può darsi... Non l'avevo letto. Tutte le parole sono già state
usate; è solo come le mettiamo insieme. Ed anche allora, anche se pensiamo
di aver realizzato qualcosa di speciale, di fantastico, penso che se
guardiamo nel posto giusto scopriamo che qualcun altro l'ha già fatto.
BILL FLANAGAN: L'album "Blood on the Tracks" è stato un lavoro di una tale
forza che è stupefacente che tu gli abbia fatto seguire un disco come
"Desire", nel quale hai collaborato con un altro scrittore, Jacques Levy.
Perchè non hai provato a proseguire quello che avevi iniziato con "Blood on
the Tracks?" Perchè non hai provato a continuare?
BOB DYLAN: Immagino che non avessi mai avuto l'intenzione di continuare su
quella strada. E' stato un esperimento. Ci furono un po' di settimane in
estate, durante le quali scrissi quelle canzoni. Scrissi tutte le canzoni di
"Blood on the tracks" nel giro di un mese e poi le registrai. Poi andai via
dal luogo in cui mi trovavo quando le avevo scritte e ritornai a fare
qualsiasi cosa stessi facendo prima. A volte puoi riuscire ad ottenere tutto
quel che puoi da queste cose, ma poi non puoi restare lì.
Co-autore. Probabilmente quello era un album in cui non avevo qualcosa e
nemmeno pensavo di registrare un disco. Penso che mi imbattei in Jacques in
centro, ce ne andammo da un'altra parte e scrivemmo alcune canzoni. La gente
del movimento per la scarcerazione di Hurricane Carter continuava a
chiamarmi e a scrivermi. E Hurricane mi mandò il suo libro (nota del
traduttore: la biografia di Rubin Carter "The 16th round"). Lo lessi e mi
commosse davvero. Sentii che quell'uomo era innocente, da quello che aveva
scritto e anche conoscendo bene quella parte del Paese. Così andai a fargli
visita e mi diedi da fare davvero per lui, cercando di ottenere un nuovo
processo. Così quella fu una delle cose che portai a Jacques. Gli dissi:
"Perchè non mi aiuti a scrivere questa canzone e vediamo se possiamo fare
qualcosa?" Così scrivemmo "Hurricane," e poi scrivemmo un po' di altre
canzoni. Ne venne fuori un album.
BILL FLANAGAN: Hai avuto contatti con Hurricane Carter recentemente?
BOB DYLAN: No, non l'ho più visto fin dagli anni settanta. E' stato
incriminato di nuovo o qualcosa del genere. Ho sentito un sacco di storie,
belle e brutte, a proposito di quel che è davvero successo. La cosa è un po'
sfuggita di mano, è diventata un po' troppo complicata. Ma da quel che ho
capito, Carter è stato di nuovo incastrato. Sanno quali bottoni premere
[nota: poco dopo questa conversazione, l'imputazione per omicidio di
Hurricane Carter è stata annullata.]
BILL FLANAGAN: C'è qualche argomento a proposito del quale hai provato a
scrivere e non sei stato capace?
BOB DYLAN: Sì. *Qualsiasi cosa* a proposito della quale io provi a scrivere,
non ci riesco. Se provo a scrivere qualcosa *a proposito* di qualcosa -
"Voglio scrivere qualcosa sui cavalli" oppure "Voglio scrivere qualcosa su
Central Park" o "Voglio scrivere qualcosa sull'industria della cocaina" -
non riesco ad andare da nessuna parte in quel modo. E' come quella canzone,
"Hurricane". Io volevo scrivere una canzone su Hurricane Carter, volevo
diffondere il messaggio. In realtà non venne fuori una cosa che parlasse di
Hurricane. In realtà l'essenza non è quella. In realtà parla di te stesso. A
meno che tu non ti metta nei panni di qualcun altro non saprai mai come ci
si sente. Non saprai di che si tratta.
Puoi andare a vedere un film e dire: "Di che parla?" Un film è qualcosa che
dà l'illusione di fermare il tempo. Vai da qualche parte e ti siedi lì per
un po'. Stai guardando qualcosa. Sei intrappolato. Succede tutto nel tuo
cervello e sembra che niente altro succeda nel mondo. Il tempo si è fermato.
Il mondo potrebbe finire di fuori, ma per te il tempo si è fermato. Poi
qualcuno dice: "Di che si trattava?" "Beh, non lo so. Parlava di due tizi
che andavano dietro alla stessa ragazza." Oppure: "Parlava della Rivoluzione
Russa." Beh, sì, parlava di quello, ma non parlava di *quello*.
Quello non è ciò che ti fa stare lì a fissare lo schermo, a fissare una luce
su un muro. In un'altra maniera potresti dire: "Di che parla la vita?" E'
proprio come un film. Non importa se tu resti qui per cento anni, continua
ad andare avanti. Non puoi fermarla.
Perciò tu non sei in grado di dire di cosa parla. Ma quel che puoi provare a
fare è dare l'illusione del suo momento. E anche quello non è ciò di cui
parla. Quella è solo la prova che tu sei esistito.
Di cos'è che parla ogni cosa? Di niente. Ecco di cosa.
BILL FLANAGAN: Jackson Browne ha detto che pensava che "Every Breath You
Take" fosse alquanto ingiusta nei confronti della donna alla quale la
canzone era diretta, perchè il brano è raccontato in maniera così potente
dal punto di vista di Sting ed è così inevitabile.
BOB DYLAN: Oh, non la penso così. Quella era una bella canzone. Qualcosa che
mi ricorda "Stand By Me." Puoi prendere qualsiasi lato tu voglia. Non devi
raccontare il punto di vista dell'altra persona. Non c'è alcuna legge che
dice che devi farlo. Penso che Sting abbia detto qualsiasi cosa volesse dire
in quella canzone in maniera molto schietta colpendo dritto il bersaglio.
Non ha provato a renderla graziosa o furba o altro. L'ha fatta e se n'è
andato. Penso che fosse davvero una bella canzone.
BILL FLANAGAN: Pensi che sia appropriato scrivere qualcosa dal punto di
vista di un assassino, come ha fatto Bruce Springsteen in "Nebraska?"
BOB DYLAN: Non conosco molto bene quella particolare canzone di Bruce. Ma
non è inappropriato mettersi al posto di qualcun altro. E' una cosa
piuttosto comune da fare. I cantanti folk erano soliti farlo in
continuazione, e anche io l'ho fatto. "House of the Rising Sun" è scritta
dal punto di vista di una donna, e fino a che non l'ha fatta Eric Burdon,
gli uomini erano soliti cantarla dal punto di vista di una donna. Era
qualcosa che si era soliti fare. Se torni indietro ed ascolti gli Stanley
Brothers o i Country Gentlemen o Jim and Jesse, tutti quei gruppi di
bluegrass, ci sono ben poche canzoni in cui parlano di se stessi in prima
persona. Anche io l'ho fatto. Ho scritto molte canzoni simili. Come se
parlassi in prima persona parlando però dal punto di vista di un'altra
persona. Non ne ho registrate tante, ma le ho scritte. E' legittimo.
BILL FLANAGAN: Certo. Quel che io mi chiedo è, una volta che tu parli in
prima persona al posto di un'altra persona, una volta che dai a quella
persona una voce, hai una responsabilità morale di non dar voce al male, di
non dire cose del tipo: "Perchè ho ucciso tutta quella gente? Suppongo che
ci sia solo meschinità in questo mondo..."?
BOB DYLAN: E' quello di cui parla "Nebraska"?
BILL FLANAGAN: Sì.
BOB DYLAN: Non so. Non so perchè dai la voce ad una persona e non ad
un'altra. Ma tutti hanno una voce e c'è *qualcuno* che può entrare dentro
ognuno di noi ed esserne l'avvocato difensore.
Perchè non scrivere una canzone dedicata al tizio che ha ucciso tutte quelle
persone in quel McDonald fuori San Diego? Sono sicuro che ha una voce anche
lui. E se parlasse dalla tomba sono sicuro che potrebbe convincere un sacco
di gente ad essere dispiaciuta per lui, a simpatizzare con lui. Dipende da
qual è la tua *causa*. La tua causa è solo andare fuori di casa e sparare
alla gente a casaccio? Kinky Friedman, mi sembra, ha scritto una canzone
dedicata al tizio che è salito sulla Texas tower e l'ha fatto. Ma è
difficile da raccontare.
In genere lo fai se qualcuno ti ha dato un brutto colpo e tu in qualche modo
lo sai. Ma non so quali fossero le intenzioni di Bruce. Quella canzone
parlava di Charlie Starkweather? Beh, io sono cresciuto nella stessa area di
Charlie Starkweather e ricordo quell'episodio. Fu un avvenimento che
commosse tutti laggiù. E tutti in genere tenevano le bocche cucite su
quell'accaduto. Perchè lui aveva una sorta di carattere alla James Dean. E'
stato un sacco sui giornali. Dovevo avere circa diciassette o diciotto anni
quando è successo. Non ricordo come la pensasse la maggior parte della gente
al riguardo. Nessuno lo glorificò, comunque.
BILL FLANAGAN: Hai visto "Badlands", il film di Terence Malick che parla di
quell'episodio?
BOB DYLAN: Sì, amo Martin Sheen, penso che sia un attore fantastico. Ma
quello non mi ricorda in realtà Charlie Starkweather. Non penso che avesse
qualcosa a che vedere con Charlie Starkweather. Io ci sono passato in quel
periodo di tempo e lo ricordo di prima mano. Ricordo l'impatto che ebbe. Non
credo che ci sia alcun modo in cui si possa elevare Charlie al di sopra di
quel che ha fatto o di quel che è successo.
BILL FLANAGAN: Mark Knopfler mi ha detto che hai scritto una canzone
intitolata "Prison Guard" che parlava di un completo farabutto, e Mark
pensava che quella canzone fosse una sorta di reazione a "Nebraska."
BOB DYLAN: Oh, sì, Mark ha sentito quella canzone. (Sorride.) Ho scritto una
canzone del genere ma non l'ho mai registrata. Non pensavo che avessi
bisogno di registrarla. Era una canzone che parlava di una guardia
carceraria che è una sorta di personaggio duro. Non gli importa di gettare
la gente in prigione. E poi va avanti a descrivere la sua famiglia e la sua
città. Poi quando ho finito la canzone pensai che fosse patetica. L'intero
quadro era troppo patetico. Non so cosa avessi in mente quando l'ho scritta.
BILL FLANAGAN: Ma non è stata ispirata da "Nebraska?" O magari era una sua
parodia?
BOB DYLAN: Uhhh. Non so da cosa sia stata ispirata. No. E' stata più o meno
una di quelle cose dove c'è qualcuno che indossa un'uniforme il quale può
farla franca mentre qualcun altro che non indossa un'uniforme non può.
BILL FLANAGAN: "Masters of War" è una canzone molto dura e violenta: "I'll
stand o'er your grave 'til I'm sure that you're dead." "Neighborhood Bully"
è parimenti dura, eppure un sacco di critici hanno espresso sorpresa per il
suo attivismo (nota del traduttore: nell'originale "militancy", che potrebbe
essere tradotto anche solo con "aggressività, tendenza alla lotta"). Non
capisco perchè così tante persone credano che tu sia un pacifista. Il
critico Mark Rowland ha detto che tu sei sempre stato più interessato alla
giustizia che alla politica.
BOB DYLAN: (Ride.) Già. Non so perchè la gente sceglie di pensare qualsiasi
cosa pensi. Il pacifismo è una filosofia? Non sono molto sicuro di cosa sia
il pacifismo.
BILL FLANAGAN: Se qualcuno ti colpisce tu porgi l'altra guancia.
BOB DYLAN: Quello non è pacifismo. Porgere l'altra guancia è una mossa
aggressiva, in realtà. C'è una strategia per cui se qualcuno ti spinge tu
puoi assecondare la spinta e fare in modo che la sua forza si ritorca contro
di lui.
Pacifismo. So di non essere a mio agio con queste parole e mi chiedo se
altre persone siano a proprio agio con queste terminologie così assolute e
generali come *pacifismo*, *destra*, *sinistra*, *militarismo*,
*repubblicanesimo*. In questo paese un Repubblicano è una cosa: puoi andare
in Irlanda e dire che sei un Republicano ed ottenere una reazione
differente. Puoi usare tutte queste parole *qui*. E' molto sicuro dire tutto
quel che vuoi dire. Ma se ci sia o meno un significato, non lo so. Non
comprendo quei termini semplicemente perchè non penso che altra gente lo
faccia. Parlano di umanitarismo e di laicismo, tutto quello che termina con
*ismo*. Non che io sia così stupido da non capire quel che vogliono dire
quelle parole, ma non credo che chiunque altro sappia cosa vogliano dire. Ad
essere veramente onesti io non credo che la gente sappia di cosa sta
parlando quando usano tutte quelle parole. Non hanno alcuna idea di quel che
stanno dicendo. E' come dire: "Ho visto una casa ieri." Oh sì, anche io ne
ho vista una. Ma probabilmente non è la stessa che hai visto tu.
Ma ne ho sentito parlare un sacco. Sembra che la gente pensi di sapere tutto
di me. Forse non è così. Forse ogni cosa che ho fatto nella mia vita è stata
solo un lato o qualcosa del genere. Una parte. Certamente niente di quello
che ho scritto mi definisce come persona nella sua totalità. Non esiste una
canzone che lo faccia. Niente di quel che faccio dovrebbe davvero
sorprendere qualcuno. Sembra come se io lo stessi facendo da così tanto
tempo che non mi ricordo quando non lo stessi facendo. Non c'è nulla che
potrei dire che non sia documentato da qualche parte nel passato così tu
potresti pensare: "Certo, Dylan voleva dire una cosa del genere".
BILL FLANAGAN: E' strano. Quando era ragazzo sentivo un sacco di gente che
diceva sempre: "Bob Dylan, oh, scrive un sacco di canzoni contro la guerra
del Viet Nam" ed io avevo tutti gli album e dicevo sempre...
BOB DYLAN: Quali? (Ride.)
BILL FLANAGAN: Esatto, perchè tutte le canzoni che loro citavano - canzoni
come "Hard Rain" e "Blowin? in the Wind" - erano tutte datate prima del Viet
Nam.
"I Dreamed I Saw St. Augustine" ha quella immagine molto potente: "I dreamed
I was amongst the ones that put him out to death." E' nella natura umana
indicare altra gente dando agli altri la colpa. E' raro che un artista
prenda una posizione tale per cui dice "Siamo tutti capaci di diventare
malvagi."
BOB DYLAN: Beh, non mi importa di prendere quella posizione. Perchè è
semplicemente un'affermazione vera. Siamo tutti peccatori. Sembra che la
gente pensi che dal momento che i loro peccati sono differenti da quelli
delle altre persone, allora non sono peccatori. Alle persone non piace
pensare a se stesse come peccatori. Le fa sentire a disagio. "Cosa intendi
con peccatore?" Le mette in una situazione di svantaggio. Un sacco di gente
se ne va in giro con questo strano concetto in testa per cui loro sono nati
buoni, che sono davvero gente buona - ma il *mondo* ha reso un caos le loro
vite. Io avevo un altro punto di vista. Ma non è difficile per me
identificarmi con chiunque sia dal lato sbagliato. In realtà tutti noi siamo
dalla parte sbagliata.
BILL FLANAGAN: Tu oggi integri la tua fede nelle canzoni in maniera più
sottile rispetto all'epoca di "Slow Train Coming."
BOB DYLAN: Adesso scrivo d'istinto. O comunque lo faccio il più delle volte.
Scrivo d'istinto e in qualsiasi modo venga fuori una cosa va bene così.
Altra gente può fare quel che meglio crede. Ma per me... io non posso
mettermi ad interpretare troppo quello che sto facendo perchè davvero non ho
alcuna idea di quel che sto facendo. Ma ti dirò una cosa, se tu stai
parlando solo a proposito di un tipo di cosa basata sulla Sacra Scrittura,
non c'è modo che io possa scrivere qualcosa che sia non corretta dal punto
di vista della Sacra Scrittura. Voglio dire, non metto in giro idee che non
siano vere dal punto di vista della Bibbia. Posso invertirle, oppure farle
venir fuori in una maniera differente, ma non dirò qualcosa che è proprio
totalmente *sbagliata*, per cui non ci sia una legge.
BILL FLANAGAN: Una delle cose più belle di "Sweetheart Like You" è che tutti
quelli che conoscono la Bibbia ascolteranno quella canzone in un modo, ma il
brano funziona su un livello differente per altre persone.
BOB DYLAN: Oh, penso che sia così, sì. Perchè la Bibbia attraversa tutta la
vita degli Stati Uniti, che la gente lo sappia o meno. E' il libro su cui si
fonda tutto. O comunque è il libro dei padri fondatori. La gente non può
sfuggire alla Bibbia. Non te ne puoi allontanare, dovunque tu vada. Quelle
idee erano vere allora e sono vere oggi. Sono basate sulla Sacra Scrittura,
sono leggi spirituali. Credo che la gente ci possa leggere quel che vuole.
Ma se hai familiarità con quei concetti probabilmente ne troverai parecchi
nelle mie canzoni. Perchè io ritorno sempre a quei concetti.
BILL FLANAGAN: C'è gente che tu conosci e che si riconosce nelle tue
canzoni?
BOB DYLAN: Oh, certo, un sacco di gente lo fa. Almeno così mi dicono. E
comunque ci si sono riconosciuti in passato. "Einstein disguised as Robin
Hood" magari è nel corridoio. Un sacco di persone mi dicono che sono questa
o quella persona. Non più tanto spesso però. Mi succedeva più spesso prima
che oggi.
BILL FLANAGAN: E a volte queste persone hanno ragione?
BOB DYLAN: No. Non davvero. Ma molte persone si possono identificare con i
sentimenti che io provo e con il modo in cui descrivo qualcosa. Penso che
sia niente di più di questo.
BILL FLANAGAN: Un giornalista della rivista "Time" di nome Jones andò in
giro dicendo che era lui che ti aveva ispirato la canzone "Ballad of a Thin
Man." Ci sono stati degli articoli di giornale che hanno scritto di lui. Io
pensai, "Gesù, che cosa incredibile di cui vantarsi!"
BOB DYLAN: Sì, c'erano un sacco di Mister Jones all'epoca. Ovviamente
dovevano essercene davvero un gran numero per farmi scrivere *quella*
particolare canzone. Non era solo una canzone incentrata su un'unica
persona. Era qualcosa del tipo: "Oh, Dio, ci sono migliaia di Mister Jones."
BILL FLANAGAN: Parliamo dei meccanismi della scrittura. Scrivi alla chitarra
o al piano? La musica ti viene in mente prima di metter mano allo strumento?
BOB DYLAN: Sì, un sacco di volte i motivi mi vengono in mente. E li metto
giù alla chitarra o al pianoforte. Un sacco di volte mi sveglio con un certo
motivo in testa, oppure mi viene in mente durante il giorno. Cerco di
metterlo giù e poi i versi vengono di conseguenza. O può succedere che mi
vengano mentre suono un qualsiasi strumento. La chitarra elettrica è diversa
dalla chitarra acustica. Lo stile del banjo è davvero buono, puoi scrivere
ottime canzoni con il banjo. Questi sono tutti strumenti reali. Poi ci sono
tutti quegli strumenti tecnologici, queste cosine come le tastiere. Ti danno
tutti i tipi di suono. In qualche modo vanno bene.
BILL FLANAGAN: Non ne sei completamente convinto?
BOB DYLAN: Suonano davvero bene, ma io non ho mai avuto molto successo ad
usare quel genere di strumenti. Ma io scrivo con una combinazione di
strumenti. Le mie melodie in genere sono molto semplici. Devono essere
semplici. Altrimenti non me le ricordo. Se fossero troppo complicate non
riuscirei a ricordarmele. Perciò devono essere semplici. Tutto qui.
E poi butto giù i versi. Ho degli appunti scribacchiati dappertutto. A volte
capita che mi dico: "Qualsiasi altra cosa io faccia oggi, devo scrivere
tutti i versi che mi sembrano interessanti. Sia che li penso sia che li
senta per caso." Cerco di rimanere impegnato con quel lavoro per un certo
periodo di tempo. Perchè per la maggior parte del tempo capita che tu non lo
fai. La roba che ti passa vicino, ci pensi e dici: "Okay, ci ho pensato.
Grande affare. Ma che m'importa?" Oppure ti capita di sentire qualcosa di
divertente e poi te lo dimentichi. Alle volte capita che io faccia uno
sforzo solo per riuscire a prendere quella roba e vedere se significa
qualcosa. E a volte è così. Allora la scrivo da qualche parte e poi ci
ritorno. In genere se ha un qualche significato per me, allora è importante.
Ci sono un sacco di grandi cose che ti capita di sentire e che non sono
davvero così rilevanti. Si tratta davvero di questo. Non è che ci voglia poi
una vera e propria complicata e profonda qualità di genio per questa cosa.
BILL FLANAGAN: E' facile dirlo per te, hai scritto tutte quelle grandi
canzoni.
BOB DYLAN: Beh, penso che abbia più a che fare con l'istinto. Non c'è niente
di studiato. Credo che tu debba solo fidarti del tuo istinto.
BILL FLANAGAN: Hai cantato alla marcia su Washington di Martin Luther King,
Jr. Lo hai mai incontrato?
BOB DYLAN: No. L'ho sentito parlare ma non l'ho mai incontrato.
BILL FLANAGAN: Conosci John Coltrane?
BOB DYLAN: L'ho *visto*, John Coltrane. Sì. L'ho visto suonare. Ho visto
lui, ho visto Monk,
Miles molte volte, Horace Silver. Una volta ho fatto delle sessions con Don
Cherry e Billy Higgins. Non so davvero che fine hanno fatto quelle canzoni.
C'erano un sacco di musicisti jazz in giro nella scena delle coffehouse nel
Greenwich Village. All'epoca i club di musica folk e quelli di jazz e quelli
di poesia erano in un certo senso tutti la stessa cosa. Ero solito andare a
vedere questi musicisti un sacco di volte. Quel che questi musicisti avevano
e che io ho preso per il mio canto - anche se riesco a stento a definirmi un
*cantante* - è stato il senso del fraseggio e la dinamica.
BILL FLANAGAN: Ho sentito Bill Cosby dire una sera che quando era agli inizi
della sua carriera di comico nel Village se ne andava avanti e indietro per
strada e ti sentiva suonare in un club e poi sentiva suonare John Coltrane
in un altro. Eri consapevole di quanto terreno si stava coltivando? Di
quanti semi si stavano gettando?
BOB DYLAN: No. Nessuno era realmente conscio di quello che stava succedendo.
Ma c'erano un sacco di differenti persone sulle strade. Mi ricordo quando
Bill Cosby arrivò in città. Era solito lavorare allo stesso club in cui
lavoravo io. Allora era solo uno dei tanti tipi che lavoravano lì, un altro
entertainer. Ho spesso mangiato con Bill all'epoca.
BILL FLANAGAN: Sei famoso per andare in uno studio e registrare le canzoni
molto velocemente per catturare il momento. Ma un paio dei tuoi album
recenti, "Slow Train" e "Infidels", sono stati più elaborati.
BOB DYLAN: Vedi, quando io ho iniziato ad incidere dischi, semplicemente
accendevano i microfoni e si registrava. Era così che funzionava negli anni
sessanta. Qualsiasi cosa tu ottenessi da una parte del vetro era quello che
giungeva alla sala controllo dall'altra parte del vetro. Non c'era mai
nessun problema. Quello che facevi lì in sala era quello che ti ritrovavi
sul nastro. Ed è sempre successo in quella maniera. Sia che suonavi da solo
sia che suonavi con una band non importava in realtà, eri per lo più
garantito sul fatto che qualsiasi cosa tu facessi da quella parte del vetro
sarebbe stata percepita nella stessa maniera dall'altra parte del vetro. Non
è mai stato un problema di qualche sorta. Perciò quello che è successo a me
è stato che ho continuato a lavorare in quel modo anche negli anni settanta.
Non avevo capito che le cose erano cambiate! (ride). Davvero non l'avevo
capito. Penso che non mi sono reso conto che si potesse fare una
sovraincisione, fino al 1978. Proprio non ci pensavo nemmeno a una cosa del
genere. Forse ero *talmente* al di fuori di quel concetto che nemmeno lo
avevo mai capito. Il problema è che oggi non puoi più registrare in quel
modo. Se ora vai in uno studio di registrazione, la tecnologia è così
differente che magari riesci ad ottenere un suono live, il suono live che tu
vuoi, ma non arriverà in quella stessa maniera dall'altra parte del vetro.
Perciò devi sforzarti per escogitare un modo per ottenere un suono e far sì
che esso suoni nella maniera che tu davvero desideri. In altre parole, se
vuoi ottenere un sound in una certa maniera, qualsiasi sia questa maniera,
non succederà mai nello studio.
C'è una sorta di cosa datata chiamata "eccitazione dal vivo in studio." Non
succede più, perchè la gente non registra più in quella maniera. Un sacco di
gente fa i dischi una canzone alla volta. Le cose oggi sono così avanzate
che verrà il momento in cui sarai capace di *telefonare* le tue parti. Ad
ogni modo, il problema è che non importa quel che tu fai, non risulterà mai
in quel modo, comunque. La gente ci prova. Alcuni usano un certo studio
perchè in genere ottenevano un certo sound lì. Ma magari nel frattempo hanno
cambiato tutta l'attrezzatura lì dentro così che non riuscirai più ad
ottenere quel suono. Mi piace il suono antico ma è andato ormai, è morto.
Non tornerà mai più. Perciò devi avere a che fare con quello che è il modo
moderno di incidere.
Un sacco dei miei dischi sono stati fatti perchè era "tempo di fare un
disco". "Quando esce il tuo nuovo disco?" - "Oh, il mese prossimo." E' tempo
per me di andare in studio e fare un disco. Non sono mai stato solito
pensarci durante l'anno al fatto di dover fare un disco. Avevo altre cose da
fare. Alcuni degli album degli anni settanta sono stati fatti in un colpo
solo. "Questo mese scriverò le canzoni, le registrerò, le mixerò, le
stamperò, farò una copertina e tutto in un mese o due." Mi ci è voluto molto
tempo per scappar via da quel particolare stile. In realtà non mi è mai
piaciuto.
Molte volte non ho nemmeno le canzoni pronte prima di entrare in studio.
Scrivo solo dei versi e li metto da qualche parte. Poi quando sto per fare
un disco e ho bisogno di alcune canzoni inizio a scavare nelle mie tasche e
nei miei cassetti cercando di trovare queste canzoni. Allora ne tiro fuori
una che non ho mai neanche cantato prima, a volte nemmeno mi ricordo la
melodia. A volte succedono cose grandi, altre volte ne vengono fuori cose
così così. Ma senza contare quel che poi succederà, quando la eseguo in
studio è la prima volta che la faccio in assoluto e ho pochissima
familiarità con essa.
In passato quel che veniva fuori era quel che io solitamente ne tiravo fuori
continuando a lavorarci, sia che mi colpisse davvero o no. Per nessun motivo
apparente. Persistevo con quel sistema, solo per mancanza di impegno, per
non prendermi il fastidio di realizzare le cose davvero bene. Non voglio più
registrare in quel modo. Ora registro più materiale di quanto ero solito
registrarne. Circa due anni fa ho deciso di fare le cose seriamente. Perchè
ho bisogno di registrare ed ho scadenze ed impegni. E' stata una grande
lotta venirne a capo alcune volte. Perciò piuttosto che fare così, quel che
faccio ora è registrare in continuazione. A volte non ne viene fuori niente
ed altre volte ottengo un sacco di roba che conservo. Ho registrato questo
album ["Empire Burlesque"] durante un lungo periodo. Registravo le canzoni
che sentivo di voler registrare. Poi le ascoltavo e decidevo se mi
piacevano. E, se non mi piacevano, o le registravo di nuovo oppure le
modificavo. Volevo essere il primo a giudicarle piuttosto che farle uscire e
far decidere alla gente.
BILL FLANAGAN: Il produttore fa una grande differenza?
BOB DYLAN: In realtà io mi produco i dischi da solo. Nemmeno so cosa fa un
produttore. In genere i produttori sono di ostacolo. Vanno bene per
prenderti all'aeroporto e per assicurarsi che il conto dell'albergo venga
pagato. Se sono davvero dei bravi produttori troveranno delle canzoni che
abbiano davvero un senso per te. Ma i produttori che io ho avuto in realtà
non sono nemmeno dei veri produttori. Fanno suonare bene un disco ma non mi
sono mai imbattuto in nessun produttore che ne sapesse di più a proposito di
quel che stavo facendo rispetto a quanto ne sapessi io.
BILL FLANAGAN: Hai menzionato un paio di volte quanto tu apprezzi la
concisione, ma tu sei più responsabile di altri per essere scappato via
dalle forme di canzoni più rigide e strutturate.
BOB DYLAN: Sì, beh... Io vengo fuori da quella struttura di musica folk/rock
& roll. Perciò quello è il solo tipo di struttura con cui ho dimestichezza
veramente. Non mi considero un autore di canzoni pop come Burt Bacharach/Hal
David, o persino Lionel Richie. Penso che tu debba essere una persona troppo
rilassata, devi avere troppo pazienza (ride) per fare quel genere di cose.
Ma io non so quel che ho fatto. In genere penso a me stesso come all'ultimo.
Quando penso ai songwriters non penso veramente a me stesso. Penso ad altra
gente. Anche se so che anche io faccio il songwriter. Ma mi dà più piacere
vedere che qualcun altro lo fa. Io *ho bisogno* di farlo. Come quel Jonathan
Richman. Mi piace. Preferisco ascoltare quel tipo di canzoni. Mentre le mie
canzoni, ho bisogno di farle, devo farle, ci sono dentro in continuazione.
Quando ascolto le mie vecchie canzoni penso solo a quanto sono state
registrate male.
BILL FLANAGAN: C'è mai stato un momento in cui non volevi più scrivere o
esibirti? Ci sono stati periodi in cui non abbiamo più sentito nulla di te.
BOB DYLAN: Ho provato ad allontarmi da tutto, ma non ci sono mai riuscito.
E' tutto quello che ho sempre fatto, davvero. Io ascolto ancora roba che è
stata fatta negli anni cinquanta e sessanta che forse ho ascoltato una sola
volta e me ne sono dimenticato oppure che forse non ho mai sentito.
BILL FLANAGAN: Pensi mai che forse ti piacerebbe non essere sempre
sintonizzato in continuazione, che ti piacerebbe non ricevere? Forse la musa
potrebbe darti una pausa?
BOB DYLAN: No. La cosa mi terrorizzerebbe. Non saprei che altro fare. Sarei
perduto.
traduzione di Michele Murino
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Non chiedetemi niente su niente, potrei dirvi la verità...
Dicembre 1985
di Scott Cohen
Bob Dylan, poeta laureato, profeta in giacca da motociclista. Vagabondo
misterioso. Napoleone in stracci. Un ebreo. Un Cristiano. Un milione di
contraddizioni. Un completo sconosciuto, come una pietra che rotola. E'
stato analizzato, classificato, categorizzato, crocifisso, definito,
dissezionato, ispezionato e rifiutato, ma mai capito. E' entrato nel mito
nel 1961 con una chitarra, un'armonica e un berretto di velluto a coste,
come un incrocio tra Woody Guthrie e Little Richard. E' stato il primo
folksinger punk. Ha introdotto le canzoni di protesta nel rock. Ha reso le
parole più importanti della musica, più importanti della melodia e del
ritmo. La sua voce nasale e roca per il fumo ed il suo fraseggio sexy sono
unici. Può scrivere con eguale facilità canzoni surreali con una logica
tutta loro, come un dipinto di James Rosenquist o una poesia di Rimbaud, e
ballate semplici e che vengono dal cuore. Può prendere l'oscurità della
notte e dipingere il giorno di nero. Probabilmente poteva diventare il più
grande sex symbol dai tempi di Elvis, se avesse voluto. Dopo sono arrivati
Mick Jagger. Gli Stones, i Beatles, Jim Morrison, Janis Joplin, Jimi
Hendrix, tutti hanno pagato un debito a Dylan. I radicali Weathermen hanno
preso il loro nome da lui. Ha provocato una sommossa nel 1965 al Newport
Folk Festival quando salì su un palco e suonò rock elettrico. La fazione
folk pensò che si fosse venduto. Poi, durante il momento di apice del flower
power, quando tutti si interessavano alle religioni Orientali, Dylan andò a
Gerusalemme, al Muro del Pianto, con indosso uno yarmulke. Dieci anni dopo è
diventato un Cristiano Rinato, o così sembrò, pubblicando dischi gospel. La
gente scoprì che in realtà non era quel che sembrava. Non è che
improvvisamente Dylan sia diventato meno politico o più spirituale.
Riferimenti alla Bibbia ci sono sempre stati nelle sue canzoni. La gente per
anni lo ha definito un visionario. Chissà? Supponiamo che stia per arrivare
una rivoluzione spirituale e che il rock 'n' roll sia solo il preludio a
qualcosa di diverso. Chi potrebbe essere miglior profeta di Dylan? A volte
quel che sembra grande da lontano, da vicino non è poi così grande. Dylan è
come uno dei suoi versi. Vive in maniera abbastanza semplice, in una bella
casa in una proprietà isolata della costa della California, con un mucchio
di galline, cavalli e cani. Il fatto che oggi sia più visibile e faccia cose
ordinarie, come partecipare ai Grammy, o persino questa intervista, non lo
rende meno misterioso. Aumenta il mistero.
Vuoi parlarmi, avanti parla...
Un sacco di gente che lavora per i giornali vuole parlarmi, ma non lo fa
mai, e per qualche ragione c'è questo grande mistero su di me, se vogliamo
chiamarlo così. Me lo appiccicano addosso. Fa vendere giornali, immagino. I
giornali sono un business. In realtà è una cosa che non ha niente a che fare
con me personalmente, quindi in realtà io non posso starci dietro. Quando
penso al mistero, non penso certo a me stesso. Penso all'universo, penso a
cose tipo... perchè la luna sorge quando il sole tramonta? Perchè i bruchi
si trasformano in farfalle? In realtà non sono mai stato un recluso.
Semplicemente non ho parlato per anni con la stampa perchè dovevo badare a
cose personali ed in genere queste ultime hanno la priorità sul parlare di
me stesso. Se posso me ne sto un po' fuori vista. Occuparmi della mia vita
ha la priorità sulla gente che vuole occuparsi della mia vita. Voglio dire,
ad esempio, se devo andare dal padrone di casa a chiedergli di aggiustare
l'impianto idraulico, oppure se sento di essere stato trattato male, allora
devo occuparmi di questa cosa in prima persona e non andarla a spifferare ai
giornali dappertutto. Se altre persone vengono a conoscenza delle cose, ciò
rende confusa la situazione e io non sono preparato per questo. Non mi piace
parlare di me stesso. Ai giornali non piace stampare le cose di cui vorrei
parlare, i boss dei ghetti, salvezza e peccato, assassini messi in libertà,
bambini senza speranza, regno del Messia, e cose del genere. In genere non
ho nessuna risposta alle domande che vorrebbero pubblicare.
Chi vorresti intervistare?
Un sacco di persone morte: Hank Williams, Apollinaire, Giuseppe, Marilyn
Monroe, John F. Kennedy, Maometto, l'Apostolo Paolo, forse John Wilkes
Booth, o forse Gogol. Mi piacerebbe intervistare persone che sono morte
lasciando una situazione irrisolta, e che hanno lasciato alla gente per anni
e anni solo la possibilità di fare speculazioni su di loro. Per quanto
riguarda quelli ancora in vita chi c'è da intervistare? Castro? Gorbaciov?
Reagan? Lo Strangolatore delle Colline (1)? Che cos'hanno da dirti? Il
destino dell'uomo più ricco del mondo non mi interessa. So quale sarà la sua
ricompensa. Alle persone che hanno fatto qualcosa che ammiro non chiederei
mai qualcosa sulla loro vita di tutti i giorni. Voglio dire, cose come "Come
mai non mangi pesce?" Quello non mi darebbe delle risposte su quello di cui
mi interrogo.
Occhiali da sole scuri
Ho iniziato con gli occhiali da sole in stile Batman e Robin. Ho sempre
pensato che gli occhiali da sole migliori sono quelli da motociclista con la
mascherina di plastica. In quel modo nessuno può riconoscerti nemmeno
guardandoti la nuca. Con gli occhiali da sole... beh... te li compri
tirandoli fuori dalla rastrelliera, vedi se ti vanno bene e te li metti. Con
le scarpe invece è più difficile. Devi entrare in un negozio, devi provarne
un paio, poi un altro paio... Io sento che devo comprare qualcosa se l'ho
indossata. Quel che sto cercando è un paio di occhiali che siano in grado di
vedere attraverso i muri, sia che siano occhiali da sole o meno.
Non è dura indossare occhiali scuri per così tanti anni?
La notte tardi sì. Quando guido. Ma non li indosso sempre. Ci sono stati
periodi in cui li ho indossati ma non sapevo perchè. Sono miope, perciò li
porto per quella ragione...
Highway 61 Revisited
La gente mi chiede in continuazione a proposito degli anni '60. E' la prima
cosa che vogliono sapere. Voglio dire, se vuoi sapere qualcosa degli anni
sessanta leggiti Armies of the Night di Norman Mailer, oppure leggiti
Marshall McLuhan o Abraham Maslow. Un sacco di gente ha scritto cose sugli
anni '60 in una maniera eccitante e hanno raccontato la verità. I cantanti
erano solo una parte di tutto quel che c'era negli anni sessanta. Non è che
ne possa dire molto, personalmente. Certe cose me le ricordo con molta
chiarezza. Altre cose sono un po' offuscate, ma dov'ero e cosa succedeva...
mi ci posso focalizzare se sono costretto. Naturalmente ci sono persone che
sono in grado di ricordare ogni cosa con vividi dettagli. Ginsberg ha questo
talento e anche Kerouac lo aveva ad un livello molto alto. Kerouac non si
dimenticava mai niente, così poteva scrivere di tutto perchè semplicemente
se lo ricordava.
My Back Pages
Miles Davis è la mia definizione di figo. Amavo vederlo nei piccoli club
dove suonava il suo assolo, voltava le spalle al pubblico, metteva giù la
sua tromba e scendeva dal palco, lasciava la band da sola a suonare, poi
ritornava e suonava un po' di note nel finale. Io l'ho fatto in un paio di
show. Il pubblico ha pensato che fossi malato o qualcosa del genere. Lily
St. Cyr (la spogliarellista), Dorothy Dandridge, Maria Maddalena, questa è
la mia definizione di "hot".
Il mio primo eroe pop è stato Johnny Ray. L'ho incontrato nel '78. Penso che
stesse suonando in club lounge. Non ha più avuto canzoni di successo per un
po'. Forse ha bisogno di una nuova etichetta discografica. Spero che sia
ancora vivo. La gente ha dimenticato quanto fosse bravo.
L'unica persona che penso non abbia risposto ad una mia telefonata è stata
Walter Yetnikoff (presidente della CBS) due estati fa. L'ho fatta io
personalmente, alle 3 del mattino. L'ultimo disco che ho comprato è stato
quello di Lucille Bogan. Era una cantante blues di cui avevo sentito, ma non
avevo mai ascoltato i suoi dischi. Non compro molti dischi contemporanei.
Non è che vado nel negozio e li compro personalmente. Conosco uno che lavora
in un negozio di dischi giù in città e allora gli telefono e gli dico se me
li mette da parte. No, non vado di persona a prenderli, c'è qualcuno che lo
fa per me.
La prima cosa costosa che mi sono comprato con il mio primo grosso assegno è
stata una Mustang baby-blue decappottabile del '65. Ma un tizio che lavorava
per me è rotolato giù da una collina a Woodstock e l'ha distrutta
scontrandosi con un camion. Ci ho preso 25 dollari. Il nome sulla mia
patente di guida è Bob Dylan. E' stato cambiato legalmente quando ho
iniziato a lavorare per il Folk City qualche migliaio di anni fa. Dovevano
avere il mio nome per via dei sindacati. Non guardo mai sport in TV, anche
se ho guardato John McEnroe battere Jimmy Connors a Wimbledon quando ero in
Inghilterra l'anno scorso. C'era un apparecchio televisivo nel backstage del
concerto e io son dovuto andare lì prima e allora ho visto tutto l'incontro.
In genere non resto impegnato con qualcosa così a lungo. Una volta giocavo
ad hockey, quando ero ragazzino. Tutti quanti noi imparavamo a pattinare o a
giocare ad hockey tanti anni fa in Minnesota. In genere giocavo in attacco.
Altre volte a centrocampo. Mio cugino era portiere della squadra della
University of Colorado. Non ho mai giocato molto a baseball, a causa dei
miei occhi... la palla poteva colpirmi quando non vedevo. Non ho mai giocato
molto neanche a pallacanestro, a meno che non giocassi con i miei bambini. A
football non ci ho mai giocato, non ho mai nemmeno toccato una palla da
football. In realtà non mi piace farmi male. Ho un'ottima intesa con tutte
le donne che hanno fatto parte della mia vita, sia che le incontri di tanto
in tanto sia che le veda spesso. Siamo ancora grandissimi amici.
Tangled Up in Blue
Una volta ho letto un libro di Nathaniel
Hawthorne. Erano lettere che aveva scritto ad una ragazza, ed erano
estremamente private e personali, e non sentivo che c'era qualcosa di me
stesso in quelle lettere... però mi ci potevo identificare, con quello che
Hawthorne diceva. Un sacco di me stesso si riversa nelle mie canzoni. Scrivo
qualcosa e poi dico a me stesso che posso cambiarla... che posso fare in
modo che non sia troppo personale. Altre volte invece mi dico che lascerò
tutto su un livello personale e se poi qualcuno raccoglierà quel che ho
scritto e ne trarrà un'opinione su che tipo di carattere sono, beh... è
affar loro. Altre volte magari mi dico... beh, è troppo personale, penso che
svolterò l'angolo... perchè per quale motivo dovrei volere che qualcuno
pensi quel che penso io, specialmente se poi non è una cosa che possa andare
a suo vantaggio?
Note
(1) Qui Dylan si riferisce ad Angelo Buono, un serial killer che negli anni
'70 terrorizzò l'intera zona di Los Angeles. Tra il 1977 e il 1978 uccise
nove ragazze, strangolandole e poi abbandonando i loro cadaveri denudati
sulle colline di Los Angeles, da cui il soprannome di 'Hillside Strangler'
(letteralmente: lo strangolatore dei pendii collinari) che i giornali
dell'epoca gli diedero.
Tales of Yankee Power
Le canzoni migliori sono le canzoni che scrivo e di cui non so niente al
riguardo. Sono una fuga, un'evasione. Non è che io ne faccia molte di quel
tipo di canzoni perchè forse è più importante aver a che fare con qualcosa
che succede realmente piuttosto che metterti in un posto in cui tutto quello
che puoi fare è immaginare qualcosa. Se puoi immaginare qualcosa e in realtà
non l'hai mai sperimentata realmente, in genere è vero che qualcun altro è
passato davvero attraverso quella situazione e dunque ci si potrà
identificare. In realtà penso alle storie di Poe, "Il cuore rivelatore," "Il
pozzo e il pendolo". Stai certo, se guardi la sua vita, che in realtà Poe
non ha mai avuto un'esperienza reale di quel genere di cose. Ma dalla sua
immaginazione sono nate storie fantastiche. Come a dire, "Ecco, sono
bloccato con questo lavoro e non riesco a venirne fuori. Sono un impiegato
statale, cosa farò adesso? Odio questa vita." E allora cosa fa? Si siede
nella sua soffitta e scrive una storia e tutti quanti pensano che sia un
personaggio davvero strano. Ora, non è che io pensi che sia un modo
illegittimo... ma poi hai qualcuno come Herman Melville che invece scrive
sulla base delle esperienze, "Moby Dick" o "L'uomo di fiducia". Anche se
penso che ci sia una certa dose di fantasia anche nelle sue opere. Te lo
vedi a cavalcare sul dorso di una balena? Non so. Non sono mai stato in un
college a frequentare un corso di letteratura. Posso solo provare a
rispondere a questo tipo di domande perchè si suppone che io sia qualcuno
che ne sa qualcosa a proposito della scrittura, ma la realtà è che non ne so
molto al riguardo. E comunque non so cosa ci sia da sapere a proposito. Io
ho iniziato a scrivere perchè cantavo. Penso che sia una cosa importante. Ho
iniziato a scrivere perchè le cose cambiavano in continuazione e c'era
bisogno che una certa canzone venisse scritta. Ho iniziato a scriverle
perchè le volevo cantare. Se fossero state già scritte allora io non avrei
mai iniziato a scriverle. Ad ogni modo, una cosa portò ad un'altra e iniziai
a scrivere le mie canzoni, ma in realtà fu un caso, non è che mi fossi
preparato a farlo, ma va detto che avevo cantato un mucchio di canzoni di
altri autori prima di scrivere le mie. Anche questa è una cosa importante,
penso.
Edgar Allan Poe
Hai mai inviato le tue poesie a riviste specializzate nel genere?
No, non ho iniziato a scrivere vere e proprie poesie fino alla fine del
liceo. Avevo 18 anni circa quando ho scoperto Ginsberg, Gary Snyder, Phillip
Whalen, Frank O'Hara, e altri di quel tipo. Poi sono andato a ritroso e ho
letto quelli Francesi, Rimbaud e Francois Villon; ho iniziato a mettere
delle melodie alle loro poesie. Una volta c'era una scena di musica folk ed
un'altra di club di jazz praticamente dovunque. Le due scene erano davvero
molto collegate, posti in cui i poeti leggevano accompagnati da un piccolo
gruppo jazz, per cui per un certo periodo io fui molto vicino a questa
scena. Le mie canzoni non erano influenzate tanto dalla poesia sulla pagina
stampata ma piuttosto dalla poesia recitata dai poeti che leggevano le loro
composizioni accompagnati da gruppi jazz.
The Real You at Last
A volte il "tu" che è presente nelle mie canzoni si riferisce a me stesso,
sono io che parlo a me stesso. Altre volte magari parlo a qualcun altro. Ma
se sto parlando a me stesso in una canzone, non è che lascio tutto e dico,
bene, ora sto parlando con te. Sta agli altri capire chi è chi. Un sacco di
volte sei "tu" che parli con "te". E anche l' "io", come in "I and I",
cambia di volta in volta. Potrei essere io, oppure potrebbe essere l' "io"
che mi ha creato. Ma potrebbe anche essere un'altra persona che sta dicendo
"io". Anche in questo stesso istante in cui dico "io" non so di chi sto
parlando...
All I Really Want to Do
Finchè continuerò a fare dischi e a suonare, cosa che non ho ancora finito
di fare, devo proseguire con la scena che al momento c'è intorno. Non sono
Pete Seeger, non sono in grado di fare quel che fa lui. In realtà una volta
l'ho fatto, quando ho guidato duemila, tremila persone grazie alle canzoni,
ma non l'ho fatto proprio come Pete Seeger. In questo lui è un maestro, a
guidare una massa di persone con una melodia di una canzone che non è
nemmeno scritta nella loro lingua. Penso che Pete possa piacere alla gente
tanto quanto Sting perchè è in grado di far sentire la gente importante, fa
loro sentire di avere un senso e di star contribuendo a qualcosa. Andare a
vedere i Tears for Fears è come essere spettatori di una partita di
football. Pete è quasi come una sorta di uomo della medicina tribale, nel
vero senso della parola. I performer di rock 'n' roll no. In un certo senso
elaborano quelle che sono le fantasie della gente.
Bob Dylan's 115th Dream
Firmai un contratto discografico con John Hammond, Senior, della Columbia
Records, nel 1961. Fu un grande momento. Ero stato bocciato da un sacco di
etichette discografiche folk, la Folkways, la Tradition, la Prestige, la
Vanguard. Non era destinato ad accadere, in realtà. Ad ogni modo molte di
quelle compagnie discografiche sono fuori dal giro ora. 116mo sogno: l'album
"The Freewheelin'". La ragazza che c'è insieme a me sulla copertina è quella
con cui vivevo all'epoca.
Newport, 1965
La prima volta che ho suonato con strumenti elettrici davanti ad un grande
gruppo di persone è stato al Newport Folk Festival, ma avevo pubblicato già
un disco di successo accompagnato da una band (Bringing It All Back Home),
dunque non so perchè la gente si aspettasse che facessi qualcosa di
differente. Mi resi conto che la gente tra il pubblico stava contestando, ma
non capivo perchè. Ero un po' imbarazzato dal trambusto, perchè stava
accadendo per le ragioni sbagliate. Voglio dire, puoi fare le cose più
disgustose nella tua vita e alla gente nemmeno importa. Poi fai qualcosa che
credi non sia null'altro di più che una cosa normale e la gente reagisce in
quella maniera così rissosa... ma in realtà non ci presto molta attenzione.
Motorpsycho Nitemare
Nel 1966 ho avuto un incidente con la mia motocicletta. Mi sono rotto
diverse vertebre e ho subito una commozione cerebrale. Così per un certo
periodo sono stato fuori gioco. Non potei più continuare a fare quel che
facevo. Ero parecchio stressato prima che avvenisse l'incidente. Mi bloccò,
così che potei vedere le cose da una prospettiva migliore. Prima non stavo
guardando alcunchè da alcun tipo di prospettiva. Probabilmente sarei morto
presto se avessi continuato a fare quel che facevo.
Gospel Plow
Nel 1979 andai in tour e non suonai nessuna canzone che già avessi suonato
in precedenza dal vivo. Si trattò di uno spettacolo completamente differente
e io pensai che fosse una cosa davvero sorprendente da fare. Non mi risulta
che altri artisti abbiano mai fatto qualcosa di simile, che non abbiano cioè
mai suonato quello per cui sono conosciuti. Il disco con Slow Train era
stato pubblicato e io avevo già pronte le canzoni per il disco successivo
(Saved, ndt) e avevo anche alcune canzoni che non avevo mai registrato.
Avevo circa 20 canzoni che non avevo mai cantato dal vivo prima. Venivano a
vedermi come in qualche club in cui io suonavo ed erano testimoni di
qualcosa che davvero non aveva intenti pubblicitari. E invece ricevetti
tutti i tipi di pubblicità negativa. L'unica cosa che mi dava fastidio era
il fatto che la pubblicità negativa era così piena di odio che impedì ad un
sacco di persone di prendere da sole una decisione e farsi una propria idea
venendo a vedere lo show, e da un punto di vista finanziario questa cosa ti
può danneggiare se hai uno spettacolo on the road. La prima volta che
andammo in giro con quello spettacolo avevamo qualcosa come otto settimane
già fissate. Due di queste settimane erano fissate a San Francisco. In una
recensione su un giornale, il tizio che l'aveva scritto non aveva capito
nemmeno uno dei concetti che c'erano dietro ogni parte dello show, e allora
scrisse una cosa anti-Bob Dylan. Probabilmente non gli ero mai piaciuto,
comunque. Un sacco di persone dissero: "Beh, ha cambiato le nostre vite in
passato, com'è che ora non ci riesce?" Solo una scusa, in realtà. Le loro
aspettative sono così alte che nessuno è in grado di soddisfarle. Queste
persone non sono in grado di soddisfare le proprie aspettative e allora si
aspettano che altri le soddisfino per loro. A me non importa di essere
criticato, ma un intenso odio personale è un'altra cosa. Era come un critico
specializzato in prime teatrali che stroncava uno show di Broadway. Quella
particolare recensione fu ripresa da altri e stampata in tutti i giornali
delle varie città in cui andavamo a suonare, anche prima che i biglietti
venissero messi in vendita, così la gente leggeva questa recensione e
decideva di non venire a vedere il concerto. La cosa ci danneggiò molto a
livello di incassi e ci volle un po' di tempo per tornare a lavorare dopo
quello. Pensavo che quel tipo di concerto fosse molto pertinente con quello
che succedeva all'epoca.
Positively 4th Street
All'infuori di una canzone come "Positively 4th Street," che è estremamente
unidimensionale, e che mi piace, in genere non mi purifico scrivendo
qualcosa a proposito di qualche tipo di, diciamo così, relazione. Non ho il
genere di relazioni che sono costruite su un qualche tipo di falso pretesto.
Non voglio dire che non abbia relazioni. Ne ho avute come chiunque altro, ma
non ne ho avute per molto tempo. In genere ogni cosa che avviene tra me e
chiunque altro è schietta ed onesta. La mia vita è una sorta di libro
aperto. E sono io che scelgo di avere a che fare con le persone. Non sono
gli altri che scelgono me.
Heart of Gold
La sola volta in cui mi ha dato fastidio che qualcuno somigliasse a me è
stato quando vivevo a Phoenix, Arizona. Era il '72 e la canzone che più
andava di moda era "Heart of Gold." La odiavo quando la sentivo alla radio.
Mi è sempre piaciuto Neil Young ma mi dava fastidio ogni volta sentire
"Heart of Gold." Penso sia stata un numero uno per un lungo periodo e io
dicevo: "Merda, sono io. Se sembro io allora dovrei anche essere io." Ero
lì, bloccato nel deserto da qualche parte, cercando di stare tranquillo per
un po'. New York era un posto triste e Woodstock era anche peggio, con la
gente che viveva sugli alberi fuori da casa mia, fans che cercavano di
buttarmi giù la porta, auto che mi inseguivano sulle più cupe strade di
montagna. Avevo bisogno di riposarmi per un po', di dimenticarmi di tutto,
me compreso, ed ero così lontano, ma accendevo la radio e c'ero io, ma non
ero io. Mi sembrava come se qualcun'altro avesse preso la mia roba e fosse
scappato via, sai, è una cosa che non ho mai superato. Magari domani.
Has Anybody Seen My Love?
"Tight Connection to My Heart" è una canzone molto visuale. Voglio farci un
film. Di tutte le canzoni che ho scritto quella è la più visuale. Di tutte
le canzoni che ho scritto quella è l'unica che ha personaggi con cui ci si
può identificare. Qualsiasi cazzo di cosa questo significhi. Non so, forse
la sto rendendo più importante di quel che è, ma io riesco a vedere le
persone che sono dentro quella canzone. Hai mai sentito quella canzone, "I'm
a Rambler, I'm a Gambler," quella che fa "I once had a sweetheart, age was
16, she was the Flower of Belton and the Rose of Saline"? ("Una volta avevo
una ragazza, aveva 16 anni, era il Fiore di Belton e la Rosa di Saline")
Stessa ragazza, forse più vecchia. Non so, forse in realtà dovrebbe restare
una canzone. In gran parte delle mie canzoni io so di chi sto parlando, e a
chi. Recentemente, fin dal 1978, questa è stata una cosa vera, e non è
cambiata da allora. La roba che ho scritto prima del '78... quelle persone
sono come sparite... '76, '75, '74. Se mi vieni a vedere dal vivo non mi
sentirai cantare molte di quelle canzoni. C'è una certa area delle mie
canzoni, un certo periodo, a cui non mi sento molto vicino. Come le canzoni
dell'album Desire, sono una specie di nebbia per me. Ma a partire dal '78 i
personaggi sono stati tutti estremamente reali e sono ancora presenti.
Quelli a proposito dei quali ho scelto di parlare e con cui rapportarmi sono
gli unici in cui trovo un certo tipo di grandezza.
Million Dollar Bash
So che andare ai Grammy non è il mio genere di cosa, ma con Stevie (Wonder,
ndt) mi sembrava un'idea interessatne. Non
Idiot Wind
I video sono estranei alla mia indole. Gli ultimi che ho fatto insieme a
Dave Stewart andavano bene. Gli altri, non saprei... mi hanno ordinato di
farli. Ma non presto molta attenzione a quei video. Però devi farli se fai
dei dischi. Semplicemente devi farli. Ma in realtà devi suonare dal vivo.
Non puoi nasconderti dietro i video. Personalmente credo che una volta che
questa cosa dei video comincerà a scemare allora la gente tornerà a vedere
che si esibisce dal vivo e chi non lo fa.
X-Rated
Non penso che la censura riguardi me. Penso che riguardi più che altro gli
artisti che vanno nella classifica dei 40 dischi più venduti. E' la gente
che ha album che sono dei grandi successi quella che potrebbe essere toccata
dalla censura, ma io non ho quel tipo di dischi tanto da dover essere
valutati dai censori per quello che dico. Io scrivo soltanto qualsiasi
canzone dal sapore antico che mi venga voglia di scrivere. Comunque, per
come sento io la cosa, non compro nessuno di quei dischi che possono subire
la censura. Nemmeno mi piace la maggior parte di quella musica. Non mi
interessa affatto se i dischi che sento in radio sono "X-rated" o "R-rated"
(sigle con cui la censura negli Stati Uniti vieta la vendita di determinati
prodotti ad alcune fasce di pubblico, ndt). Comunque non penso che sia
giusto. Sono contro questa cosa. Penso che ogni singola canzone che si
ascolta possa essere vista da un altro punto di vista rispetto a quel che è.
La gente ha continuato a leggere un sacco di cose nelle mie canzoni per anni
e anni. Probabilmente io dovrei essere il primo ad avere una lettera sui
suoi dischi.
Quale lettera?
F e B, "Fire" e "Brimstone" ("Fuoco" e "Zolfo", ndt). Ma non sono sicuro a
proposito della lettera B. Magari potrebbe stare per "Boring" ("Noioso",
ndt). Di certo un sacco di roba che esce oggi dovrebbe essere inserita in
quest'ultima categoria.
Rainy Day Women
Sono sempre stato attirato da un certo tipo di donna. E' qualcosa che
riguarda la voce, più che qualsiasi altro aspetto. Per prima cosa io ascolto
la voce. E' quel suono che ascoltavo quando ero ragazzino. Quello che mi
chiamava a voce alta. Quando tutto quanto era vuoto ed inutile, ascoltavo
per ore ed ore The Staple Singers. E' quella sorta di sound gospel. Oppure
quella voce sui dischi Crystal, "Then He Kissed Me," Clydie King, Memphis
Minnie, quel tipo di cose. C'è qualcosa in quel tipo di voce, che ogni volta
che la sento mollo tutto, qualsiasi cosa io stia facendo in quel momento
E cosa accade quando il corpo non è all'altezza della voce?
Un corpo è un corpo. Una donna può essere sorda, muta, storpia, cieca, e
tuttavia può avere anima e compassione. E' tutto quel che ha importanza per
me. Le puoi sentire nella voce.
I forgot More Than You'll Ever Know
Non ho mai avuto molto a che fare con Edie Sedgwick. Non ricordo molto bene
Edie. Ricordo che era in giro nei posti che frequentavo io, ma conosco altre
persone che, per quanto ne so, la frequentavano assiduamente. Uh, era una
grande ragazza. Una ragazza eccitante, molto entusiastica. Era una che
frequentava la scena di Andy Warhol e io ogni tanto frequentavo quella
scena, ma poi me ne sono andato via dal Chelsea Hotel. Noi, io e mia moglie
Sara, vivevamo al Chelsea Hotel, al terzo piano, nel 1965, o era il '66 non
ricordo, quando è nato il nostro primo bambino. Ce ne siamo andati via da
quell'albergo forse un anno prima di Chelsea Girls, e quando è uscito
Chelsea Girls, fu la fine per il Chelsea Hotel. Sarebbe stato meglio se
l'avessero raso al suolo con un incendio. La notorietà che acquisì grazie a
quel film lo ha distrutto. Mi sembra che ci fosse anche Edie in Chelsea
Girls. Ma in quel periodo io avevo perduto qualsiasi contatto con lei. C'era
stato un periodo in cui succedevano un sacco di cose. Ondine (1), The Scene
di Steve Paul (2), Cheetah (3). E' stato allora che devo aver conosciuto
Edie... se l'ho conosciuta... e l'ho conosciuta... ma non ricordo di aver
avuto alcun tipo di relazione con lei. O se l'ho avuta non me la ricordo.
I Threw It All Away
Una volta ho barattato un dipinto di Andy Warhol che raffigurava Elvis
Presley e ne ho avuto in cambio un divano, il che era una cosa stupida da
fare, lo ammetto. Ho sempre voluto dire ad Andy che era una cosa stupida
quella che avevo fatto, e dirgli che se mi avesse regalato un altro quadro
non lo avrei fatto di nuovo.
Another Side of Bob Dylan
Non ho mai letto Freud. Non sono mai stato attratto da nessuna delle cose
che ha detto, e penso che abbia dato inizio ad un sacco di cose senza
significato... con la psichiatria e tutto il resto. Non credo che la
psichiatria possa aiutare o abbia mai aiutato qualcuno. Credo che sia una
grossa frode, e non per fare un gioco di parole, nei confronti del pubblico.
Miliardi di dollari che cambiano di mano e che potevano essere utilizzati
per scopi migliori. Un sacco di persone hanno problemi con i loro genitori
fino ai 50, 60 e 70 anni. Io non ho mai avuto quel tipo di problemi con i
miei genitori. Come John Lennon, e la sua canzone "Mother": "Mother, you had
me, I never had you." ("Madre, tu mi hai avuto, io non ho mai avuto te").
Non riesco ad immaginare una cosa del genere. Conosco un sacco di persone
che hanno problemi simili. Ci sono un sacco di orfani al mondo, questo è
certo. Ma quella non è stata la mia esperienza. Ho una forte identificazione
con gli orfani, ma sono stato allevato da persone che sentono che i padri,
che siano sposati o meno, dovrebbero essere responsabili per i loro bambini,
che a tutti i figli dovrebbe essere insegnato un mestiere, e che i genitori
dovrebbero essere puniti per i crimini dei loro figli. In realtà io sono
stato allevato soprattutto da mia nonna. Era una donna fantastica. L'amavo
moltissimo e mi manca tanto. Non ho mai avuto alcuna barriera da superare.
Era tutto così chiaro per me. Se mai ho avuto un vantaggio rispetto agli
altri, tale vantaggio è stato il fatto che ero solo e potevo pensare e fare
quel che volevo. Guardando indietro alla mia infanzia, questa cosa ha molto
a che fare con il fatto che sono cresciuto nel nord del Minnesota. Non so
che cosa sarei diventato se fossi cresciuto nel Bronx o in Etiopia o in Sud
America o persino in California. Penso che l'ambiente in cui si cresce ci
condiziona. I luoghi in cui sono cresciuto io... è passato tanto di quel
tempo... me ne sono dimenticato una volta che mi son trasferito ad Est. In
realtà non me ne ricordavo molto nemmeno all'epoca e ora me ne ricordo ancor
meno. Non ho grandi o lunghe storie da raccontare di quando ero un bambino,
niente che possa far capire a qualcuno com'è che sono diventato quel che
sono.
Patti Smith dice che tu eri Rimbaud in una vita precedente.
Non so se ha ragione o meno ma Patti Smith naturalmente conosce un sacco di
dettagli in profondità, dettagli di cui io posso non essere consapevole.
Forse ha qualche indizio a proposito di qualcosa che va oltre le mie
capacità. Io conosco almeno una dozzina di donne che mi dicono di essere
state un tempo la Regina di Saba. E conosco anche alcuni Napoleone ed un
paio di Giovanna d'Arco. E un Einstein.
All Along the Watchtower
Non c'erano molti Ebrei ad Hibbing, Minnesota. Molti di loro erano miei
parenti. La città non aveva un rabbino e arrivò il tempo del mio bar mitzvah
(4). Improvvisamente apparve un rabbino, in strane circostanze, e rimase
solo per un anno. Lui e sua moglie scesero dall'autobus nel bel mezzo
dell'inverno. Apparve giusto in tempo per insegnarmi quello che dovevo
apprendere. Era un vecchio che veniva da Brooklyn. Aveva la barba bianca e
un cappello nero, e anche abiti neri. Si sistemò al piano superiore di un
cafe, che era il ritrovo locale. Era un rock 'n' roll cafe dove spesso io mi
recavo. Andavo su da lui ogni giorno ad imparare la lezione, o dopo la
scuola o dopo pranzo. Dopo aver studiato insieme a lui per circa un'ora,
andavo dabbasso a fare del boogie. Il rabbino mi insegnò quel che dovevo
conoscere e poi dopo la cerimonia del mio bar mitzvah, sparì.
La gente non lo voleva. Non aveva affatto l'aspetto di un rabbino. Era
imbarazzante. Tutti gli Ebrei del posto si tagliavano i capelli e, credo,
lavoravano il Sabato. Non lo vidi più. Arrivò e se ne andò come uno spettro.
In seguito scoprii che era Ortodosso. Gli Ebrei si dividono in quel modo.
Ortodossi, Conservatori, Riformisti, come se Dio li chiamasse in quel modo.
Anche Cristiani. Battisti, Assembly of God (5), Metodisti, Calvinisti. Dio
non ha rispetto per il titolo di una persona. A Dio non importa che nome dai
a te stesso.
A Puff of Smoke
Non sono mai stato capace di capire la superbia. La gente parla, agisce,
vive come se non dovesse mai morire. E poi che lasciano dietro di loro?
Niente. Niente tranne una maschera.
Knockin' on Heaven's Door
Ogni volta che qualcuno fa qualcosa di grande viene sempre rifiutato a casa
sua e accettato da qualche altra parte. Per esempio Budda. Chi era Budda? Un
Indiano. Chi sono i Buddisti? Cinesi, Giapponesi, Asiatici. Sono loro la
maggioranza dei Buddisti. E' lo stesso anche con Gesù. A chi piace Gesù?
Alle persone che vogliono andare in paradiso. Ma un giorno la vera storia si
rivelerà per quel che è, e quel giorno la gente sarà pronta perchè quella è
la direzione in cui si sta andando. Puoi anche uscire e dirla tutta ora ma
che importa? Accadrà comunque. Tutto è vanità di vanità.
They're Not Showing Any Lights Tonight
Frequentai una scuola in cui insegnavano la Bibbia, presso una Chiesa che si
trova nella Valle di Reseda, in California. Era una scuola che era affiliata
a questa Chiesa, ma io non credo a quella definizione di "born-again"
("rinato", ndt). Gesù disse a Nicodemo: "Un uomo deve nascere di nuovo." E
Nicodemo rispose: "Come posso tornare di nuovo nel ventre di mia madre?". E
Gesù disse: "Devi rinascere dallo spirito." (6) Ed ecco da dove arriva
quella definizione di "born-again". La gente può definirti in qualsiasi
maniera voglia. I media imbastiscono un sacco di queste parole per definire
le persone. Voglio dire, chi è più una persona? Ogni cosa è fatta per i
media. Se i media non ne sanno nulla allora quella cosa non è successa.
Prendono la cosa più insignificante e la rendono spettacolare. E' un
business fare queste cose. I media rendono tutto un business. L'amore, la
verità, la bellezza. La conversazione è un business. La spiritualità non è
un business, perciò va contro le tendenze naturali di persone che cercano di
sfruttare altre persone. Dio non guarda la gente e dice: "Quello è un
banchiere, quello è un dentista, quello è un operaio di un pozzo
petrolifero."
Qual è il complesso messianico?
Tutto quel che esiste è spirito. Prima, adesso e per sempre. Il discorso
messianico ha a che fare con questo mondo, il mondo della carne, e bisogna
passare attraverso questo mondo per raggiungere quell'altro. Il complesso
messianico ha a che fare con il mondo del genere umano, così come esso è.
Questo mondo attuale durerà 7.000 anni. Seimila di questi anni sono quelli
in cui governerà l'uomo e gli ultimi mille anni sarà invece Dio a governare.
E' proprio come una settimana. Sei giorni di lavoro e un giorno di riposo.
L'ultimo millennio sarà chiamato l'Età Messianica. Il Messia governerà. Egli
è, era e sarà per Dio, e agirà per conto di Dio. Siccità, carestia, guerra,
omicidi, furti, terremoti, e tutti gli altri mali non esisteranno più. Non
ci saranno più malattie. Così sarà questo mondo. Quel che succederà è
questo: tu saprai quando cambieranno le cose, in genere la gente lo sa, come
quando c'è una rivoluzione, la gente lo sa prima che accada, e conosce chi
andrà via e chi arriverà. Tutti i Somoza e i Batista se ne andranno via
afferrando la loro roba e qualsiasi altra, ma tu puoi dimenticarti di loro.
Non fuggiranno da nessuna parte. E' la gente che vive sotto la tirannia e
l'oppressione, la gente semplice, la gente comune, quella che conta, come la
moltitudine del gregge. Sapranno che Dio sta arrivando. Qualcuno che Lo
rappresenterà arriverà sulla scena. Non un avvocato svitato o un politico
che ha addosso il marchio della bestia, ma qualcuno che li farà sentire
santi. La gente non sa come sentirsi santa. Non sanno di che si tratta o
cosa sia giusto. Non sanno quel che Dio vuole da loro. Vogliono sapere cosa
fare e come comportarsi. Proprio come tu vuoi sapere come compiacere un
sovrano. Ma quelle cose non si insegnano come si insegna la matematica o la
medicina o la carpenteria, ma presto ci sarà uno straordinario richiamo
verso quelle cose. Ci sarà una corsa verso la religiosità, proprio come ora
c'è una corsa ai frigoriferi, alle cuffie e agli arnesi da pesca. Diventerà
una questione di sopravvivenza. La gente correrà dappertutto per cercare di
scoprire Dio, e da chi correrà? Correrà dagli Ebrei, perchè sono stati gli
Ebrei a scrivere il Libro, e sai cosa? Gli Ebrei non lo sapranno. Sono
troppo impegnati nel commercio delle pellicce o nei banchi dei pegni o a
mandare i loro bambini in scuole di atei. Sono troppo impegnati a fare tutta
quella roba per saperlo. Le persone che credono nell'avvento del Messia
vivono le proprie vite ora come se Egli fosse già qui. Questa è la mia idea,
comunque. So che la gente dirà: "Ma che cazzo sta dicendo questo qui?". Ma è
tutto lì scritto nero su bianco, la parola scritta e quella non scritta. Non
c'è bisogno che io la difenda. Le Scritture mi sostengono. Non sono io che
ho chiesto di conoscere queste cose. Semplicemente mi sono arrivate in
differenti momenti da varie esperienze nel corso della mia vita. Ma del
resto io sono solo un cantante di rock 'n' roll, un poeta folk, un
chitarrista di protesta gospel e blues. L'ho detto bene?
Blowin' in the Wind
La politica è cambiata. E' cambiato il soggetto della materia. Negli anni
'60 c'era un sacco di gente che usciva da scuole nelle quali aveva appreso
la politica da professori che erano pensatori politici, e quella gente si
riversava nelle strade. La politica che io ho imparato l'ho imparata nelle
strade, perchè era parte dell'ambiente circostante. Non so dove si potrebbe
apprendere ora. Oggi tutti vogliono le loro cose. Non c'è unità. C'è la
parata del Giorno Portoricano, del Giorno Polacco, la settimana Tedesca, le
Parate Messicane. Hai tutti questi differenti tipi di persone che agitano le
loro bandiere e non c'è unità tra tutte queste persone. Negli anni '60 non
c'era alcun tipo di separazione. Questa è la differenza che vedo tra oggi e
allora. Oggi ognuno va in strada per la propria gente o per se stesso.
The Times They Are a-Changing
I tempi stanno ancora cambiando ogni giorno. Sto cercando di rallentare di
giorno in giorno perchè i tempi possono star cambiando ma passano
spaventosamente veloci. "Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da
bambino. Quando sono diventato uomo ho messo via le cose da bambino". (1)
traduzione e note di Michele Murino
Nota:
(1) Qui Dylan usa le parole quasi esatte della prima lettera di San Paolo ai
Corinti: "Quando sarà venuta la cognizione di Dio perfetta, sparirà ciò ch'è
parziale. Come anch'io, quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da
bambino e ragionavo da bambino, ma quando sono diventato uomo ho smesso le
cose proprie del bambino" (Corinti 13:10, 11)
parte decima
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