MAGGIE'S FARM

SITO ITALIANO DI BOB DYLAN

Dylan - Interviste dal 1961 al 2007

PARTE DECIMA

 
"FINCHE' SARAI IN GRADO DI FARE MUSICA, TI SENTIRAI VIVO!"
L'intervista di Robert Hilburn - 17 Novembre 1985

Forse è per via del fatto che Dylan non ha concesso interviste per così tanti anni, o forse è solo per via del fatto che è il più importante autore di canzoni popolari dell'era moderna, ma non riesco ad immaginare di perdermi l'occasione di parlare con Bob Dylan - anche se le corde sono strette.

L'invito ufficiale per l'intervista viene direttamente dalla Columbia Records, segno che Dylan vuole discutere solo dei suoi nuovi album: "Empire Burlesque", la raccolta di canzoni registrate in studio della scorsa estate e "Biograph", l'ambiziosa retrospettiva che ha appena raggiunto i negozi.

E' lo stesso Dylan ad allentare velocemente le corde. Mostra poco interesse nei confronti di quegli argomenti mentre se ne sta seduto su una poltrona nel retro della sua casa di Malibu.

"Le nuove uscite?", mi chiede Dylan quasi timidamente, "Spero che tu non faccia sembrare questa cosa come se io me ne vada in giro con la mercanzia a vendere i miei stessi dischi. Quando la gente pensa a me, comunque, non va necessariamente a comprare l'ultimo disco. Magari comprano un disco di tanti anni fa. Inoltre non penso che le interviste facciano vendere dischi".

Allora perchè Dylan ha acconsentito a rilasciare una serie di interviste, inclusa la sua prima intervista ufficiale per un network TV (per "20/20")?

"In realtà non ho avuto molti rapporti o molti colloqui con quelli della Columbia nel corso degli anni," dice riferendosi a quella che è la sua etichetta discografica da due decenni. "In genere io faccio i dischi e loro li pubblicano. Ma stavolta è davvero piaciuto loro questo album, "Empire Burlesque", così mi hanno chiesto di fare qualche videoclip e un po' di interviste per attirare l'attenzione sul disco".

"Ma questo non vuol dire che io intenda andarmente in giro a parlare del disco. Non l'ho nemmeno ascoltato da quando è stato pubblicato. Preferisco passare il mio tempo lavorando su nuove canzoni o ascoltando dischi di altri. Hai sentito il nuovo album di Hank Williams, quello che racchiude i vecchi demo? E' grande!".

A proposito del progetto "Biograph", Dylan dice: "La Columbia voleva far uscire un "album-retrospettiva" di roba mia un po' di anni fa. Avevano tirato fuori tutto quello che poteva essere classificato come canzoni d'amore dai miei vecchi album e aveva preparato una raccolta. A me non importava se facevano in un modo o in un altro ma in quel momento avevo un nuovo album perciò chiesi loro di non pubblicarla".

"Credo che (una raccolta retrospettiva) sia OK per qualcuno che non abbia mai sentito parlare di me e sia in cerca di un corso accelerato o qualcosa del genere. Ma ho un sacco di roba che è sparpagliata dappertutto su nastri, roba che avrei fatto uscire se avessi dovuto mettere insieme una raccolta".

Una cosa di "Biograph" che a Dylan piace è il libretto di 36 pagine allegato al cofanetto, un libretto scritto da Cameron Crowe che ha realizzato parecchi profili per la rivista Rolling Stone ed il libro e poi il soggetto cinematografico "Fast Times at Ridgemont High". Il testo di "Biograph" è uno sguardo breve ed affettuoso alla vita di Dylan con generose dichiarazioni rilasciate dall'artista.

Dylan, 44 anni, non è aperto solo con la stampa in questi giorni. Per anni ha avuto la tendenza a restarsene isolato persino in occasione di concerti di beneficenza, evitando i fotografi e, spesso, evitando anche gli altri artisti nel backstage, arrivando appena prima di andare in scena e scappando via appena dopo la fine del suo numero.

In occasione del concerto benefico di Settembre, chiamato Farm Aid, alla University of Illinois, però, Dylan è stato quasi a proprio agio facendosi vedere in giro insieme a Tom Petty, il cui gruppo gli ha fatto da spalla nel corso del concerto, e chiacchierando amabilmente con altri artisti presenti, tra i quali Randy Newman, Lou Reed ed Emmylou Harris. Dylan, che è notoriamente timoroso delle telecamere, non se n'è nemmeno andato via quando la troupe di una TV ed alcuni fotografi hanno puntato i loro obiettivi verso di lui mentre se ne stava seduto fuori dal suo camerino.

Un motivo per questa naturalezza, ha detto scherzando un osservatore nel backstage del Farm Aid, era che Dylan voleva dimostrare - dopo la sua disastrosa esibizione con gli Stones Keith Richards e Ron Wood al Live Aid - che possiede ancora le proprie facoltà.

"Sì", dice Dylan irritato a proposito del concerto di luglio al Live Aid a Filadelfia, "Continuavano a contorcersi tutto intorno a noi. Non avevamo nemmeno i monitor del suono. Nel finale infatti avevano tolto tutto quanto dal palco per fare spazio alle 30 persone che dietro il sipario si preparavano per il gran finale. Non sentivamo nemmeno le nostre voci e quando non riesci a sentirti non puoi nemmeno suonare, non riesci a tenere il tempo. E' come procedere con il radar".

La casa di Dylan a Malibu, costruita su una ripida scogliera che domina l'oceano, è quasi isolata e l'unica entrata della proprietà è sorvegliata da una guardia che tiene lontano i curiosi. L'atmosfera è rurale. Una polverosa strada privata percorre l'intera proprietà e tutto intorno si vedono un sacco di piccoli animali, tra cui polli ed alcuni grossi cani che vagabondano in giro.
In questo fresco pomeriggio, Dylan indossa la stessa tenuta che sembra indossare costantemente negli anni recenti. Dei jeans che sembrano pronti per il cestone, una maglietta spiegazzata e stivali da motociclista. Tranne che per il tour Europeo dello scorso anno, Dylan non è andato molto in giro negli anni '80. Tuttavia passa così tanto tempo in viaggio - tra Minnesota, New York, Londra o qualche altro isolato posto esotico - che in realtà non ha un posto che possa chiamare casa.

"Proprio non sono il tipo di persona che sembra essere capace di stabilirsi in un posto", dice mentre due cani gironzolano intorno alla sua poltrona. "Se sono a Los Angeles diciamo per due mesi ne passerò un altro in studio mettendo giù idee per nuove canzoni".

"Negli altri giorni in genere mi riposo dalle fatiche dello studio. In genere ci resto parecchio tempo, tutta la notte e parte del giorno. Poi vado a New York o a Londra e faccio la stessa cosa. Tra poco vado a Londra per lavorare insieme a Dave Stewart".

Stewart, una delle due metà degli Eurythmics, ha accompagnato Dylan alla chitarra nel video di Emotionally Yours.

Dylan esige di concentrarsi sulle performance in video perchè non gli sono piaciuti i video dei concerti basati sulle sue canzoni nè il video con pretese artistiche di 'Jokerman' o quello più narrativo e convenzionale di 'Tight Connection'.

Probabilmente presto non farà più videoclip del tutto, ma si rende conto dell'importanza che essi hanno sul mercato.

"Una volta succedeva che la gente comprava un disco se gli era piaciuto quello che aveva ascoltato per radio, ma i video hanno cambiato tutto," dice. "Se oggi uno viene fuori con una nuova canzone la gente dice "Beh, come sembra?". E' una cosa del tipo: "Ho visto questa nuova canzone..."

Una domanda costante che viene fatta a Dylan è quella che riguarda la sua fortemente pubblicizzata fase di "Cristiano Rinato" (Born Again Christan). Dylan dice che non gli piace il termine 'born-again', e la sua musica si è allontanata dal dogma aggressivo di 'Slow Train Coming'. Ma Dylan rifiuta ancora di definire la sua esatta religione.

"Sento che presto scriverò qualcosa al riguardo," dice. "Sento di avere qualcosa da dire ma molto più di quanto tu possa mettere in pochi paragrafi su un giornale".

Sorride quando gli menziono le reazioni ostili che furono generate dai suoi tour "Cristiani" nel 1979 e nel 1980. "Se riesci a dare una scossa alla gente a qualsiasi livello penso che allora ne valga la pena, perchè la gente è così addormentata".

A parte la musica, l'interesse particolare di Dylan in questo periodo è la pittura. Ha uno studio dietro la sua casa di Malibu e mi mostra i suoi ritratti con l'eccitazione nervosa di un genitore orgoglioso. Spera di poterli raccogliere in un libro e di scrivere qualcosa da abbinare ad ogni disegno. Dylan sta anche pensando di realizzare un libro di storie brevi. "Forse può sembrare presuntuoso," dice "Ma ci sono un sacco di cose che mi piacerebbe dire e che non riesco a dire con le canzoni".

"In un certo senso è buffo - dice - Quando vedo il mio nome stampato da qualche parte spesso si parla solo di anni '60 di qui e anni '60 di là. Non riesco nemmeno a capire se la gente creda che io sia vivo o sia già morto".

Quest'uomo che è stato braccato, dissezionato, idolatrato e ridicolizzato nel corso degli anni, esce dallo studio. Il sole è tramontato e i cani corrono di fianco a lui. Dylan fa una pausa, come se cercasse una frase riassuntiva.

"Ho avuto degli alti e dei bassi, ma in genere le cose mi sono andate abbastanza bene", dice alla fine. "Non mi sento vecchio, ma ricordo che quando avevo venti anni pensavo che la gente che ne aveva 30 fosse vecchia. La cosa che oggi noto davvero è il tempo".

"Prima le cose andavano un po' lentamente. Oggi vanno davvero veloce. Ma non mi sono mai sentito insensibile a proposito della vita. C'è qualcosa che riguarda gli accordi, il loro suono ti fa sentire vivo. Finchè sei in grado di fare musica, credo che ti sentirai vivo".

traduzione di Michele Murino

Pubblicata sul "Los Angeles Times", 17 Novembre 1985.


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LA CONFERENZA STAMPA PER IL FILM HEARTS OF FIRE
Al National Film Theatre di Londra - 17 Agosto 1986.

Stampa: Bob, tu hai diretto un film da solo, Renaldo & Clara, e non sei molto noto per cantare o per recitare le parole scritte da altre persone. Perchè allora hai deciso di accettare di recitare in questo film, Hearts of fire?

Dylan: Oh, semplicemente perchè è il momento giusto, il posto giusto, le parole giuste.

Seguono domande al regista Richard Marquand e agli attori Fiona Flanagan e Rupert Everett.

Norman: Mi chiamo Philip Norman, del Sunday Times, e mi piacerebbe sapere perchè uno dei più grandi poeti e musicisti di questo secolo sente di dover recitare la parte di una star della musica che si è ritirata dalle scene. Perchè invece non è piuttosto una star che ancora si esibisce, una grande star? Perchè è così annoiato?

Dylan: Beh, si tratta solo di un film...

Norman: Perchè non scrivi poesie? Perchè non fai le cose nelle quali sei un grande?

Dylan: Beh, ma io le faccio! Sto solo passando un po' di tempo qui.

Norman: Vuoi dire che questo per te è un momento di relax?

Dylan: Già.

Stampa: Bob Dylan ha scritto quattro canzoni per questo film. Può raccontarci qualcosa a proposito di queste canzoni, per piacere?

Dylan: Beh, non le ho scritte quelle canzoni, ancora (risate).

Stampa: Beh, ci hanno detto che le aveva scritte.

Dylan: Lo sto facendo... (risate)

Stampa: E di che cosa parlano?

Dylan: Beh, parlano del film.

Stampa: Saranno canzoni di protesta?

Dylan: Spero di sì, già (ride), se Richard mi darà il permesso.

Stampa: E contro cosa protesteranno?

Dylan: Protesteranno contro gli elementi che sono presenti nel film. Dovrà guardare il film.

Norman: Sembri piuttosto incerto. Quanto ne sai al momento di questo film?

Fiona: Sono le dieci e trenta del mattino!

Dylan: Ne so abbastanza di questo film. Non l'ho scritto io comunque questo film. Molte domande forse sarebbe meglio che le faceste allo scrittore.

Norman: A nessuno interessa qualcuno qui tranne te.

Dylan: Come?

Norman: A nessuno interessa qualcuno all'infuori di te, in questa sala.

Dylan: (leggermente indignato) Aah...

Seguono domande a Rupert Everett e Richard Marquand.


Stampa: Sono del The Guardian. Posso chiedere a Bob Dylan, visto che egli dice che questo è il momento giusto ed il posto giusto, se quel posto di cui parla è l'Inghilterra? Cosa pensa dell'Inghilterra dall'ultima volta che è stato qui? Le piace l'Inghilterra?

Dylan: Oh, sicuro. Amo l'Inghilterra.

Stampa: Quali sono i suoi pensieri a proposito di questa nazione, in questo momento?

Dylan: Beh, sono arrivato solo ieri, non ho ancora dormito.

Stampa: Non vedi l'ora di lavorare qui?

Dylan: Certo.

Stampa: Hai preso il tuo nome da Dylan Thomas. Sei mai stato in Galles? Sei ancora interessato a Dylan Thomas?

Dylan: Oh, certo.

Stampa: Farai una capatina al suo paese, al luogo dove è nato e dove ha scritto le sue opere?

Marquand sussurra a Dylan: "Siamo molto vicini"

Dylan: Siamo molto vicini. (con una sonora risata)

Stampa: Come ti hanno convinto a girare questo film con Mr. Marquand? Che tipo di contratto lucroso ha usato?

Dylan: Non ho nessun contratto lucroso.

Stampa: Ma perchè hai deciso di fare proprio questo film piuttosto che qualsiasi altro?

Dylan: Beh, sai, in realtà in questo momento non sto facendo niente. Mi sembrava una cosa buona da fare.

Stampa: Che ne dici Richard, quanto hai penato per convincerlo?

Marquand: Non credo in realtà di averlo convinto. Non è vero, Bob?

Dylan: Credo di no..

Marquand: Ho sentito che era interessato al film, ci siamo incontrati e ci siamo piaciuti l'un l'altro. (rivolto a Dylan) Ti sono piaciuto?

Dylan: Mi sei piaciuto? Sì, hai bevuto un sacco.

Stampa: Usando le parole di Billy Parker, il protagonista del film: "Ti svegli, sei una star! Ma dentro di te non c'è più niente. Ti senti vuoto". E' una sensazione che condividi?

Dylan: Alcune star si sentono così, certo.

Stampa: Anche tu?

Dylan: (con enfasi) No, io non mi sento così, ma recito la parte di un personaggio che si sente così. Sto entrando nella parte del mio personaggio proprio in questo istante (risate, applausi)

Stampa: Puoi raccontarci cosa hai trovato di affascinante in questo personaggio?

Dylan: Beh, è una persona che si è fatta da sè. Nessuno gli ha mai dato niente. Ha dovuto prendersi tutto da solo.

Norman: Perchè non hai scritto la sceneggiatura personalmente?

Dylan: Non avrei potuto scrivere una sceneggiatura come questa. E' al di là delle mie capacità.

Norman: Io credo di no.

Dylan: (ride)

Norman: Perchè sei così modesto?

Dylan: (altre risate)

Norman: Perchè fai finta di essere inadeguato? Sei uno dei più grandi scrittori di questa epoca.

Dylan: Beh, grazie. Grazie!

Norman: Perchè non scrivi una sceneggiatura da solo?

Dylan: Non saprei. Sto solo cercando di fare qualcosa di diverso ora, sai.

Seguono domande a Fiona Flanagan e a Richard Marquand a proposito dei finanziamenti del film e della distribuzione.

Stampa: Posso farti una domanda Bob...? Ti lasciano del tempo libero mentre fai il film in maniera che tu possa andare a suonare... e se no, quando tornerai a suonare di nuovo?

Dylan: Non lo so.

Stampa: Quando ti rivedremo in tour?

Dylan: Abbiamo appena finito un tour, dunque forse tra un paio di anni.

Stampa: Quali sono i tuoi progetti dopo questo film, Bob?

Dylan: Oh, forse me ne andrò semplicemente un po' in giro. E dopo forse tornerò in tour.

Norman: Ti annoi facilmente?

Dylan: (brusco) Io non mi annoio mai!

Norman: Hai una qualche cognizione di quanto annoiato diventerai facendo questo film?

Dylan: Beh... (offeso) forse ci sarai tu intorno. (risate)

Stampa: Questo film è incentrato sulla celebrità e su come convivere con la propria celebrità. Ti baserai sulla tua esperienza personale?

Dylan: No, no davvero. Non mi considero una grande star, altra gente sì.

Stampa: Sei un poeta ed un cantante ed ora hai un ruolo di attore, una cosa molto differente. Come riuscirai a gestire la cosa?

Dylan: Ah, troverò il modo.

Norman: Posso chiederti perchè vuoi fare l'attore?

Dylan: Voglio solo vedere com'è.

Norman: Ma lo avevi già visto prima.

Dylan: (ride) Voglio vederlo di nuovo!

Norman: Questa cosa sicuramente ti renderà depresso perchè non lo hai più fatto per dieci o dodici anni.

Dylan: Beh, vedremo.

Stampa: E' la prima volta che devi attenerti ad una sceneggiatura?

Dylan: No, credo di averlo fatto una volta in passato.

Stampa: Una grande cosa nella musica che si sente in America è... (incomprensibile). Come si accorda questa cosa con le canzoni di protesta di Bob Dylan che a quanto sembra tu scriverai e canterai in questo film?

Dylan: Non lo so.

Stampa: Hai una sensazione positiva riguardo l'America in questo momento?

Dylan: Io ho sempre una sensazione positiva riguardo l'America! L'America è grande, sai, ci sono tutti i tipi di componenti, le più svariate, sai.

Stampa: Ma quelle a proposito delle quali tu in genere scrivi... sembri molto amaro al riguardo, molto sprezzante... e sei stato anche molto comico nel descriverle. Perchè non sei comico a proposito di Ronald Reagan?

Dylan: Beh, voglio dire, cosa c'è di comico al riguardo? (ride)

Stampa: E' una terribile burla per il mondo!

Dylan: (seccato) Aaah, è tutto una burla!

Stampa: (incomprensibile)

Dylan: Beh, non saprei. Gli anni sessanta ormai sono finiti, sai.

Stampa: Rimpiangi la... (incomprensibile) di leggenda che ti circonda?

Dylan: No.

Stampa: Però dai questa impressione.

Dylan: Beh, sai, le impressioni possono essere ingannevoli.

Stampa: Hai perso il tuo entusiasmo?

Dylan: Per cosa?

Stampa: Per la vita e per la scrittura.

Dylan: (annoiato) Naaahhh.

Stampa: Mr. Dylan, lei ha detto oggi di aver deciso di fare questo film perchè si tratta di qualcosa di diverso. Lei, in passato, si è fatto carico del proprio destino in quanto artista, facendo tutto da solo. Ma di recente ha collaborato con Sam Shepard per scrivere una canzone epica. Ora sta collaborando con altri per fare un film. Questo significa forse che lei sta cambiando la sua carriera artistica e sta per fare sempre più cose che coinvolgono altri collaboratori o che sarà coinvolto sempre più in progetti di altri, piuttosto che realizzare semplicemente da solo la sua opera?

Dylan: Non si tratta tanto dei progetti di altre persone quanto piuttosto di trovare qualcuno con cui lavorare insieme sullo stesso progetto.

Stampa: Come si è sviluppato il progetto di lavoro con Sam Shepard?

Dylan: Non saprei, abbiamo scritto un po' di cose insieme un po' di anni fa e...

Stampa: Se tu riscrivessi The Times They Are A-Changin' oggi, se la riscrivessi ai nostri giorni, la scriveresti in maniera differente?

Dylan: No, sarebbe uguale.

Stampa: Vuoi dire che gli anni ottanta sono uguali agli anni sessanta o c'è qualcosa di diverso contro cui protestare oggi?

Dylan: Beh, sai, se qualcosa è valido, trascende l'età, qualsiasi generazione o qualsiasi data in cui l'hai scritta.

Seguono domande a Fiona Flanagan, Rupert Everett e Richard Marquand.


Stampa: Bob Dylan, un sacco di musicisti hanno fatto dei tentativi di passare nel mondo della celluloide, e con successo. Che impressione hai avuto da... (incomprensibile) Mick Jagger e David Bowie?

Dylan: Mi piacciono tutti, e Chris... non saprei...

Stampa: Guardi molti film?

Dylan: Non ricordo l'ultimo film che ho visto. Dev'essere stato un gran film, non so...

Stampa: (incomprensible) ...ha comprato tutti i tuoi album ed ora siamo arrivati a quota quaranta. Hai qualcosa da dire a queste persone?

Dylan: Solo di continuare a comprarli! (ride)

Stampa: Che cosa stai leggendo al momento?

Dylan: Sto leggendo una biografia del generale Grant.

Stampa: Era solito essere sempre ubriaco, credo.

Dylan: Chi?

Stampa: Il generale Grant.

Dylan: Sì? Beh non sono arrivato ancora a quel punto del libro (ride)

Stampa: (incomprensibile) ...ti interessa? Un generale ubriacone della guerra civile che combatteva per il Nord. Pensavo che tu simpatizzassi per il Sud.

Dylan: Ahhh. Pensavo che fosse OK.

Stampa: (incomprensibile) ...hai fatto il tuo ultimo tour con Tom Petty per denaro. Possiamo ritenerla una tua nuova filosofia?

Dylan: Ho sempre fatto tour per denaro. Cosa c'è di nuovo?

Bauldie: Bob, ho visto Il Falcone Maltese di recente, ed era pieno di battute che sembravano scritte da te. Ti ricordi se hai guardato quel film prima di scrivere le canzoni di Empire Burlesque?

Dylan: Che film?

Bauldie: Il Falcone Maltese.

Dylan: Sì, forse l'ho visto. C'erano delle frasi del mio album in quel film?

Bauldie: Un sacco.

Dylan: Davvero?

Bauldie: Sì. E' uno dei tuoi film preferiti?

Dylan: Non ricordo. Quali frasi c'erano?

Bauldie: Vuoi una lista?

Il dialogo viene interrotto da altre domande relative alla ripresa delle scene di concerto nel film.

Stampa: Sei deliberatamente elusivo con la stampa o semplicemente schivo?

Dylan: (borbotta tra sè) Non saprei.

Stampa: Posso solo chiederti se gli Heartbreakers saranno nel film con te e se andrai ancora in tour con loro?

Dylan: Non credo che siano in questo film.

Stampa: Andrai ancora in tour con loro?

Dylan: Può essere.

Seguono domande agli altri.

Stampa: Qual è la tua impressione della stampa Britannica? (risate)

Dylan: La stampa è sempre la stessa in tutto il mondo.

traduzione di Michele Murino


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LA TERZA INTERVISTA DI CHRISTOPHER SYKES
TORONTO, 18 OTTOBRE 1986

ALLORA DAMMI UNA RISPOSTA...E IO TE LO DIRO'!

Sykes: Bob, tu hai dichiarato: "La gente dice che non so recitare, ma dice anche che non so cantare..."

Dylan: L'ho detto io?

Sykes: Sì!

Dylan: Sei sicuro che non sia stato Rupert (Everett, ndt) a dirlo? Hahahaha.

Sykes: Bene, mi piacerebbe che tu lo dicessi ora.

Dylan: Dire cosa?

Sykes: Allora, questa è la mia domanda per fartelo dire: che voto dai al tuo potenziale come attore?

Dylan: Il mio *che*?

Sykes: Il tuo potenziale di attore!

Dylan: Che ci facciamo qui?

Sykes: Voglio solo che tu ripeta questa frase, che sicuramente devi ricordare, questa frase tratta dalla sceneggiatura del film: "People say I can't act, but they say I can't sing either". ("La gente dice che non so recitare, ma dice anche che non so cantare..." )

Dylan: Chi ha detto che non sono capace di recitare? Hahahaha. Intendo dire chi?

Sykes: L'hai detto tu!

Dylan: Oh, perbacco. Non mi ricordo di aver detto una cosa del genere. Perchè avrei dovuto dirlo?

Sykes: Posso chiederti che cosa rende buona una canzone?

Dylan: La melodia. Il ritmo. Cose del genere, immagino. Ma soprattutto il sentimento - se riesci ad identificarti con quello che è il sentimento della canzone, quello che la canzone esprime, in quanto tale. E' questo che rende buona una canzone. Qualcuno direbbe "questa è una buona canzone" e qualcun altro direbbe "quella è una buona canzone". Se questa frase è vera per qualcuno allora questa cosa rende automaticamente buono... praticamente qualsiasi cosa. Invece tu non diresti una cosa simile per una foglia o per un albero o per un ortaggio. Lo dici soltanto a proposito di cose che sono state realizzate dall'uomo. Nessuno giudica mai le creazioni di Dio, giusto? Nessuno dice mai: "Quell'albero è più bello di quell'altro albero". Non c'è giudizio in natura. Lo hai mai notato?

Sykes: E allora come si fa a fare tutte queste canzoni eccellenti?

Dylan: Non lo so, non ne ho idea.

Sykes: Scrivere canzoni è una sorta di materia disciplinata, come fosse un lavoro?

Dylan: No, no. Alcune persone lavorano in quel modo, so cosa intendi dire. Per me funziona solo se ho abbastanza tempo per concentrarmi. Ho bisogno di tempo. Un sacco di volte può capitare che io pensi a qualcosa ma se non sono nel posto giusto per farla venire alla luce allora non funziona. Non succede niente. Non penso a me stesso come ad uno scrittore, davvero. Scrivo canzoni, sai, ma scrivo solo le parole affinchè quelle canzoni possano essere cantate. A volte il testo di una canzone che ho scritto cambia prima ancora che io entri in studio per registrarle, e poi quando esco dallo studio lo cambio ancora una volta, quando devo cantare quelle canzoni dal vivo. Perciò cambiano in continuazione.

Sykes: Non solo tu modifichi le parole delle tue canzoni quando le canti ma a volte cambi anche il modo in cui le interpreti di esibizione in esibizione. Non è una cosa fissa.

Dylan: Esatto, lo faccio, ma in realtà in un certo senso lo faccio senza che ce ne sia la necessità. Forse è perchè ho uno show con il quale vado in tour ed ho bisogno di fare delle canzoni, così sono costretto a farlo. Faccio canzoni che credo sia importante collocare in un posto particolare. Sai, una volta un cantante di ballate era qualcuno che portava le notizie di città in città, o che si metteva da qualche parte in maniera tale che poteva suonare delle cose per delle persone che potevano capirle. Non so quanti ancora ce ne siano di cantanti del genere al giorno d'oggi. Il fatto è che oggi le cose sono più diffuse a livello planetario. Una volta se c'era un incendio in una contea probabilmente non se ne aveva notizia nemmeno nella contea confinante. Ora, con la comunicazione che è diventata così amplificata, tutti sanno tutto, non importa dove sia successo - o almeno pensano di saperlo. Questo è tutto un altro discorso. Io penso che tu in realtà non ne sappia nulla comunque, anche se lo vedi in TV o se ascolti la radio. Io ancora credo che tu non abbia idea di quello che succede - e non sai nemmeno se stai guardando la replica di qualcosa che è realmente accaduto, o se sta accadendo adesso. Penso ai tempi in cui vissero tutti quei tizi, Mozart ed Haydin e persino lo stesso Beethoven, e Strauss, Chopin, sai, quei tipi che erano gli eroi popolari dei loro giorni... ma dovevano esserci anche i cantanti di ballate - molti più di oggi - e questi suonavano in tutti i salotti di corte, per un pubblico magari di sei persone, perciò la gente non li andava mai a vedere. In passato ero solito vedere cantanti di strada - io stesso ero uno di loro! L'ho fatto per due o tre anni, ma ho incontrato persone che lo hanno fatto per 20 o 30 anni, e Dio, sapevano bene come tenere in pugno una folla, questo è sicuro.

Sykes: E tu lo sai fare?

Dylan: Tenere in pugno una folla? Certo. Posso fare abbastanza rumore per tenere in pugno una folla.

Sykes: Stavi parlando di come esegui le tue canzoni in maniera differente durante i concerti...

Dylan: Sai perchè succede? Succede perchè un sacco di volte i miei dischi erano realizzati... specialmente negli anni settanta... Portavo un sacco di canzoni in studio con le quali non avevo familiarità. Le avevo solo scritte, perciò non so... dipende da quali musicisti hai, da quali musicisti suonano con te - quello che sono in grado di fare, sai? E a volte sono stato in studio con delle band - solo dei musicisti da studio che erano stati messi insieme per l'occasione - e dovevo capire in che modo questa band suonava, specialmente se dovevo registrare sei canzoni per ogni seduta.

Sykes: Preferisci fare le cose all'istante, non è vero? Non ti va di passare un anno per realizzare un album, come altre star invece fanno oggigiorno...

Dylan: Non mi importerebbe di impiegare un anno per fare un album, voglio dire, se ne valesse la pena... Hahahaha!

Sykes: Se ne valesse la pena?

Dylan: Se qualcuno mi dicesse di provare a fare una certa cosa per la quale ci vuole un anno o cose del genere. Non so *perchè* si dovrebbe impiegare un anno per fare un album. Immagino che si potrebbe andare a Rio per un po' di tempo, sai, registrare qualcosa lì, poi andarsene a Montserrat, registrare qualcosa anche lì, e magari fare un salto a Parigi, e registrare anche lì per un paio di settimane. Hahahaha. Io non saprei come impiegare un anno per fare un album. Come si fa? Non lo so. Perchè si impiega tutto quel tempo?

Sykes: Per farlo bene?

Dylan: Beh, deve essere quella la ragione! Per farlo bene. Immagino che si possa fare sempre ancora meglio, perciò ti puoi sempre chiedere se è così.

Sykes: Ascolti i tuoi album?

Dylan: No, davvero. Magari li ascolto distrattamente se qualcuno li sta suonando, ma non mi metto ad ascoltarli di proposito. Non ascolto i dischi di nessuno in realtà. Molti dischi - intendo nuovi dischi - li compri, gli dai un'occhiata, vedi quel che qualcuno sta realizzando, ma in quanto a sederti e a sentire il bisogno di ascoltarli, sai, più e più volte, di giorno e di notte solo per sentirsi collegato a qualcosa, non sento niente del genere in giro al giorno d'oggi. Intendo dire per *me*, sai. Altre persone magari invece potrebbero riuscirci.

Sykes: Hai una qualche idea circa il modo in cui ti piacerebbe che i tuoi album fossero ascoltati - solo venendo fuori dalle radio o dagli autobus o... ?

Dylan: Sì, beh... ascolta amico, devo andare.

Sykes: Ma non potremmo continuare un po' a parlare di questa cosa?... Probabilmente è più interessante per noi di quanto non lo sia per te.

Dylan: Ma devo andare a *mangiare*! Devo vedere qualcuno.

Sykes: Sai cosa intendo dire? Che ci può essere una maniera nella quale tu immagini che i tuoi album debbano essere ascoltati...

Dylan: No, non lo so. Non lo so. Non so cosa c'entri con quello di cui stiamo parlando.

Sykes: Leggevo i testi del tuo nuovo album - non ci sono molte canzoni politiche qui.

Dylan: Non so quale delle mie canzoni è mai stata una canzone politica.

Sykes: Masters Of War lo è.

Dylan: Non so se persino Masters Of War sia una canzone politica. Politica di *che*? Se esiste un qualcosa di politico, cosa è politico? Politica spirituale? Politica automobilistica? Politica governativa? Che genere di politica? Da dove viene questa parola, politica? E' un termine Greco o cosa? Che cosa *significa" realmente? Io non so che cazzo significa. Sinistra, destra, ribelle. Alcune persone sono ribelli. Guarda, in Afghanistan ci sono ribelli, ma sono OK. In Nicaragua ci sono ribelli ed anche quelli sono OK. I loro ribelli sono giusti. Ma in El Salvador i ribelli sono i cattivi. In Nicaragua sono i buoni. Se stai ad ascoltare queste cose diventi pazzo. Non sai più nemmeno chi sei *tu*. Non ha alcun senso per me. Io non vedo buoni o cattivi. E' come in quella canzone di Dave Mason: "There ain't no good guy, there ain't no bad guy, there's only you and me and we just disagree" (Non ci sono buoni nè cattivi, ci siamo solo tu ed io e proprio non andiamo d'accordo). Non è vero?

Sykes: Tutti noi abbiamo i nostri ribelli favoriti, immagino..

Dylan: Già! Deve essere così!

Sykes: Chi ammiri?

Dylan: Chi c'è da ammirare oggi? Qualche leader mondiale? Probabilmente potrei pensare a molte persone che davvero ammiro. C'è un tizio che lavora ad un distributore di benzina a Los Angeles - un vecchio. Ammiro sinceramente quel tizio.

Sykes: Che ha fatto?

Dylan: Che ha fatto? Una volta mi ha aiutato a riparare il mio carburatore.

Sykes: Sei serio, non è vero, al riguardo di questo benzinaio?

Dylan: Hmmm.

Sykes: Stai impiegando un sacco di tempo e dedicando un sacco di lavoro a questo film, e poi dici che non andrai a vederlo.

Dylan: Oh, forse andrò a vederlo. Potrei andare a vederlo. Non lo so. Non sono sicuro della data della prima. Hahahaha.

Sykes: Hai dichiarato che è una gioia lavorare insieme a Fiona, che lei possiede quel che ci vuole.

ylan: La penso così. Penso che potrebbe diventare la nuova Joan Crawford. Hahahaha!

Sykes: Pensavo che tu intendessi come cantante.

Dylan: Sto parlando come attrice. Come cantante? Fiona potrebbe essere la nuova chiunque. Non deve essere la nuova chiunque. Può essere la prima come lei.

Sykes: Cosa ci vuole?

Dylan: Cosa ne pensi *tu*? Cosa ne pensi *realmente* tu?

Sykes: Beh, il problema è che non posso usare una mia risposta.

Dylan: Allora dammi una risposta ed io te lo dirò!

Sykes: Beh, quel genere di talento che è alquanto indefinibile, e quel genere di determinazione ad usarlo a dispetto del fatto di sentire che tutto è terribilmente difficoltoso e così via, ed anche a dispetto di tutte le pressioni di altre persone che vogliono farti fare questo piuttosto che quello; per sopravvivere a tutte le manipolazioni che suppongo avvengano con persone che utilizzano questo talento che tu possiedi solo per ottenere quello che vogliono, e che potrebbe non essere quello che invece tu vorresti. Quel genere di cosa, suppongo.

Dylan: Bene!

Sykes: Ti sei fatto degli amici tra queste persone con le quali stai lavorando? Sono alquanto interessato.

Dylan: Hahahaha! Dovresti lavorare a Beverly Hills, amico! Dovresti possedere una piccola clinica privata! Hahahaha! Hahahaha! Con tariffe di $500 per dieci minuti!

Sykes: Come il Dr Feelalright di Prince!

Dylan: Già!

Sykes: Ti piacciono le canzoni di Prince?

Dylan: Prince? Certo. A chi non piace Prince? Beh, forse potrei elencartene un po'! Hahahaha! No, Prince è un tipo fantastico. Può fare di tutto, non è vero?

Sykes: Hai dei progetti per un nuovo film?

Dylan: Sì. Sto pensando di fare un film con Alan Rudolph il prossimo autunno.

Sykes: Con chi?

Dylan: Alan Rudolph. E' un regista. E' un tipo brillante. E' una storia complicata, parla di un pianista che si trova nei guai a causa di un suo buon amico, poi si ritrova a lavorare per una donna il cui marito è scomparso, la sposa, poi si innamora di sua figlia. E alla fine l'altro uomo ricompare...

Sykes: Come fai a decidere quale tipo di soggetto cinematografico ti attrae? Oppure, perchè proprio questo "Hearts of fire"? Perchè, te lo devo dire, quando ho letto il soggetto di questo film ho pensato... devo essere onesto... ho pensato che non fosse granchè.

Dylan: Beh, anche io ho sentito questa cosa, sai. Ma non so... Forse è meglio di quel che sembra!

Sykes: Mi hai detto che stai scrivendo un romanzo l'altro giorno.

Dylan: Nah, nah.

Sykes: Era una battuta?

Dylan: Ho iniziato... Ti piace sempre pensare che stai scrivendo un romanzo. Per scrivere un romanzo devi essere capace di concentrarti su di esso per un lungo periodo di tempo. Conosco gente che ne ha scritti di romanzi, e si sono concentrati per un anno o forse di più, e hanno vissuto nei ritagli di tempo. Io non so se potrei fare una cosa del genere perchè sono sempre in tour. Forse un giorno. Forse quando avrò qualcosa da dire.

Sykes: Ti piacciono i nomi dei posti, non è vero? Come Baton Rouge...

Dylan: Belfast! Hahahaha! Whitney Houston! Hahahaha! Sembra il nome di una città non è vero? Mi piacciono i suoni delle parole, sì!

Sykes: A volte usi la frase: "A chi importa?" Naturalmente *a te* importa, profondamente, di certe cose, e suppongo che mi piacerebbe sapere quali.

Dylan: Suppongo che ti piacerebbe sì!

Sykes: Suppongo che non me lo dirai, così suppongo che me ne dimenticherò...

traduzione di Michele Murino


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"Non farei la metà delle cose che faccio se dovessi convivere con il mito di Bob Dylan"
Una conversazione con Bob Dylan - di Toby Creswell


1986

Toby Creswell: Per questo prossimo tour suonerai insieme con gli Heartbreakers. Si tratta della prima volta che suoni accompagnato da una band autonoma fin dai tempi del tour con The Band, una decade fa. Dev'essere bello tornare a quel tipo di concerto...

Bob Dylan: In realtà ancora non sappiamo come sarà articolato lo show. E comunque sarà una cosa più semplice perchè gli Heartbreakers sono come una persona sola. Quando metti insieme gente che non ha mai suonato insieme prima... così tante persone diverse... ci vogliono anni perchè delle persone possano suonare insieme come suonano Tom Petty e la sua band. Siamo cresciuti tutti con lo stesso genere di musica.

TC: Hai già suonato con gli Heartbreakers in occasione del Farm Aid. Mi sembra che ultimamente stai facendo un bel po' di questo tipo di show, come anche il Live Aid.

BD: Sono quelle cose che ogni tanto vengono fuori. Non credo che diventerà una cosa regolare. Quest'anno ci sono stati due show di questo tipo.

TC: Mi sembra che questo genere di spettacoli siano diventati talmente grossi che tendono ad oscurare le performance degli artisti.

BD: Ho capito cosa intendi. Sì, può succedere. L'atmosfera è come quella di un carnevale. Ma per poter tirar su una somma di denaro di quel tipo bisogna riuscire a far entrare quel genere di problemi nelle menti delle persone, persone che in precedenza non avevano mai pensato a queste cose. E questo è un fatto positivo.

TC: Hai dichiarato in passato che la funzione dell'arte è quella di condurre a Dio. Hai realizzato i tre album evangelici: 'Slow Train Coming,' 'Saved' e 'Shot of Love,' ma i tuoi ultimi due dischi hanno preso una direzione differente...

BD: Beh, dipende da come li guardi. Io guardo le cose da varie angolazioni per avere una prospettiva differente di quello su cui sto focalizzando la mia attenzione. Forse tutte le mie canzoni in realtà sono focalizzate sullo stesso argomento. Non so, forse io le guardo da tutti i punti di vista.

TC: La differenza tra gli album evangelici ed il materiale più recente sembra essere che nei primi stavi formulando delle leggi, dettando delle regole comportamentali.

BD: Spesso devi farlo per sapere quali sono le leggi. Poi puoi farci quel che vuoi, quel che più ti fa piacere. E' da un po' che non ascolto quei dischi; magari hai ragione tu.

TC: Di recente hai dichiarato che non credi che il rock & roll ancora esista nella sua forma pura, che non sia più vitale. Inserisci anche te stesso in questo discorso?

BD: Non penso di inserirmi in quella categoria. Probabilmente stavo parlando dell'industria stessa. Ascolto questo tipo di produzione ma non presto molta attenzione alla musica moderna. La trovi dappertutto, in posti in cui forse non dovrebbe essere. Arriva un momento che è meglio spegnere la radio, arriva un momento che bisogna chiudere il tubo catodico, ma per il modo in cui la musica viene proiettata nella società non ci sono molte possibilità di fare una cosa del genere. Esistono pochissime persone che io conosca e che suonano la vera musica di un tempo. Quando per la prima volta il rock 'n' roll fece la propria comparsa, me lo ricordo, era una via di fuga da tutto quello che succedeva, che erano soprattutto menzogne, e così la musica ti portava fuori da quello che era una specie di mito. Ma ora nessuno vuole essere portato fuori dal mito perchè non lo riconoscono come mito. E' così che gli piace essere. Gli piace essere così, gli piace quello che succede e la musica è solo una estensione di tutto ciò, perciò gli piace.

TC: E allora qual è la soluzione?

BD: Spegnere tutto. E' una decisione che deve prendere la gente. Ecco cosa succedeva negli anni Sessanta e ancor prima negli anni Cinquanta. Esistono altri modi di operare, di sopravvivere. Un altro tipo di luce, un altro tipo di luminosità che viene fuori da ogni cosa che ti vien data a livello di consumo di massa. Quel che io vedo è una specie di mostro di massa. Non so se è così anche in Australia, ma in America è dappertutto. Invade la tua casa, il tuo letto, il tuo armadio. Sta arrivando vicino a buttare per aria la tua stessa vita. L'unica cosa che puoi fare è fuggire nei boschi, in campagna, e persino lì ti raggiunge. Sembra che voglia rendere tutti uguali. Le persone che sono differenti, che non si uniformano a tutto ciò, vengono guardate come se fossero un po' pazze o un po' strane. E' difficile stare al di fuori di tutto questo e rimanere sano. Perfino il comportamento oltraggioso diventa di moda. Qualsiasi cosa tu pensi di fare arriva qualcuno e lo commercializza. Penso che tutto questo debba cambiare. Non credo che possa essere così per sempre, questo è certo. Penso che debba cambiare ma per il momento è dura trovare qualcosa che sia davvero "hot".

TC: 'Empire Burlesque' sembra un disco molto semplice e diretto se paragonato ad alcuni dei tuoi lavori precedenti. Stai cercando di raggiungere la semplicità?
BD: Cerco di raggiungere qualcosa che suoni bene per me. Potrebbe trattarsi di un sacco di differenti stati d'animo e di fraseggi o di versi che alle volte potrebbero sembrare non troppo connessi con la musica. Ma sono tutti collegati. Un sacco di gente prende i miei testi e toglie loro la musica e si limita a leggere le parole. Non è una cosa giusta da farsi perchè io ho sempre sentito la musica e le parole come un tutt'uno. Non puoi separare le une dalle altre così semplicemente. Il più delle volte il significato non è nel verso ma nel come lo si canta.

TC: Questi ultimi anni sono stati molto prolifici per te.

BD: Sì, sto cercando di trovare delle cose differenti rispetto a quelle che normalmente faccio. Sento che qualcosa potrebbe aprirsi nei prossimi due mesi in aree diverse. C'è un po' di canzoni che voglio scrivere e a cui non sono stato capace di andare vicino. Sono quasi consapevole di ciò che esse sono ma l'informazione di cui ho bisogno non è realmente a mia disposizione perciò devo uscire ed ottenerla e non l'ho ancora fatto. Mi aspettavo di averne un po' di più su 'Empire Burlesque' ma non è stato così. Si tratta del tipo di storie vere, di cose reali che sono accadute e sulle quali vorrei fare un commento. Spero di avere un po' di quel tipo di materiale sul mio prossimo album.

TC: Sei rimasto soddisfatto del modo in cui è stato realizzato 'Empire Burlesque'?

BD: Sì, per quel che era pensavo che fosse davvero buono. Penso che il prossimo disco suonerà anche meglio. Non sono molto pratico su come ottenere dischi che abbiano un buon suono. Non so come farlo anche se pensavo di esserci andato molto vicino l'ultima volta con Arthur Baker. Credo che la prossima volta sarà ancora meglio ora che sto lavorando con Dave Stewart. Le cose che stiamo facendo sono molto più facili, più veloci, perciò penso che otterremo un sound ancora migliore rispetto all'ultimo album.

TC: Hai registrato quell'album da solo e poi lo hai affidato ad Arthur Baker per il missaggio?

BD: In gran parte sì. Ho solo registrato un mucchio di roba e poi quando è venuto il tempo di assemblarla in un disco l'ho portata ad Arthur e lui l'ha fatta suonare come un disco. In genere resto al di fuori da quella parte relativa al disco finito.

TC: Perchè?

BD: Non sono bravo in questo. Ci sono persone a cui non importa di starsene sedute nella cabina di controllo per giorni e giorni. A me non piace.

TC: La tua musica spesso sembra essere ignorata se paragonata all'enfasi che invece viene riservata alle tue liriche, ma in passato ci sono stati alcuni passaggi strumentali molto belli come in "Pat Garrett and Billy the Kid," per esempio.

BD: Sì, ho fatto un po' di canzoni con Dave Stewart che non hanno liriche, ed in realtà non se ne sente la mancanza. Sono solo accordi differenti che costruiscono una melodia. In genere i miei dischi non hanno molti assoli di chitarre o qualcosa di simile. La voce ha molta importanza così come il ritmo.

TC: La tua voce sembra essere cambiata moltissimo nel corso degli anni.

BD: Forse, non saprei.

TC: Per me è molto differente, in particolare dopo 'Street Legal' quando hai cominciato ad usare le ragazze che cantano con te.

BD: Non sono consapevole di alcuna significativa differenza in realtà. Io ho sempre sentito quel suono delle voci femminili insieme alla mia musica. Lo sento semplicemente come un altro modo di utilizzare i fiati. Quel suono è sempre stato uno dei miei preferiti. Le parti vocali sono come un altro strumento ma non uno strumento da assoli. Amo il sound gospel.

TC: A guardare i video recenti ed anche il video di 'We are the World', sembra che tu abbia meno l'alone della leggenda addosso, sembri libero dal peso di essere Bob Dylan.

BD: Non credo di aver mai portato quel peso tranne che nel 1974, quando ho fatto quel tour insieme a The Band. Quello fu un tour molto pesante a causa della notorietà e della qualità leggendaria della gente che era coinvolta. Dovetti indossare i panni di Bob Dylan in quel tour. Da quella volta in poi non ci ho mai più pensato. Non farei la metà delle cose che faccio se dovessi pensare di convivere con il mito di Bob Dylan.


TC: Senti di essere stato guidato dove sei adesso?
BD: Si è sempre guidati dove ci si trova, ma si ha la possibilità di sparigliare le carte. O prima o poi tutto quello che gira intorno arriva. Perciò, sì, sento di essere stato guidato dovunque sia ora ma non so cosa sia quello che si suppone io debba fare. Potrei avere altro da fare. Non riesco ad immaginare cosa sia, però, perchè mi piace fare quello che faccio. Chi può dirlo? Una componente importante è costituita anche dalla fortuna, dalle circostanze. Non puoi fare niente da solo. Hai sempre bisogno di qualcuno che ti aiuti altrimenti nessuno andrebbe da nessuna parte.

TC: Pensi che con il tempo arrivi anche la saggezza?

BD: Con l'esperienza. In realtà le cose non cambiano, cambiano solo gli atteggiamenti.

TC: Stai realizzando dei videoclip insieme a Dave Stewart. Che ne pensi dell'era dei video?

BD: Non ne penso molto. E' un fenomeno che non diminuisce. Dovunque tu guardi ne sei sommerso. Accendi la TV e vedi solo videoclip. E' successo come con i sindacati. I sindacati nei primi anni trenta erano organizzazioni comuniste ed ora sono solo un grande "business".

TC: Si è arrivati al punto che sembra che ognuno utilizzi il rock & roll per i propri fini. In America ci sono politici che hanno associato la propria immagine alle canzoni di rock & roll.

BD: Assurdo non è vero? Le canzoni di rock & roll vengono citate laddove non dovrebbero esserlo. Non succedeva lo stesso con le prime canzoni di questo genere, quelle di Little Richard e Chuck Berry. Quale politico citerebbe Chuck Berry? Chi citerebbe Carl Perkins o Gene Vincent o altri di questo tipo?

TC: Oggi c'è più immagine che contenuto. La gente innalza l'immagine di una star e spera di potersi attaccare a quella immagine.

BD: E' assolutamente corretto. Tutto questo sta distruggendo la fabbrica delle nostre menti e non possiamo fare altro che dolercene, perciò dobbiamo mettere fine a tutto ciò. Bisogna darci un taglio e non permettere a tutto ciò di entrare nella struttura della società perchè questo è l'unico modo per sfuggirvi. Probabilmente c'è più spazio per respirare da un altra parte ma qui è difficile. Ci sono un sacco di posti dove puoi andare dove non ti vengono sempre ricordate le ambizioni culturali delle persone che cercano di diventare delle star.

TC: Quando hai iniziato volevi diventare una star in qualche modo?

BD: Volevo essere una star nella mia mente, volevo essere la mia star personale. Non volevo essere una star per la gente. Non mi ci identifico davvero. Per me quello che facevo era un modo di vivere, non era un'occupazione.

TC: Prima hai menzionato i Sindacati ed ho pensato alla tua canzone "Union Sundown," da "Infidels", che è un commento molto specifico in merito. Senti ancora il bisogno di fare quel tipo di commenti?

BD: Oh, sì, rientra in un discorso di territorio.

TC: Sembra che le canzoni che hai scritto siano di due tipi, quelle che parlano di "qui ed ora" e quelle che si focalizzano su temi eterni.

BD: Beh, è una cosa importante. Se perdi di vista questo concetto inizi a fare cose che sono senza significato.

TC: Sembra che ci sia un tentativo da parte di alcune persone, come Miami Steve sul disco "Sun City", di dire cose a proposito dell'apartheid e di quello che sta succedendo in America oggi. Sembra uno sforzo molto arduo.

BD: Beh, lo è, perchè molta gente non vuole sentir parlare di queste cose.

TC: C'è ancora un grande sentimento anti-comunista.

BD: Va avanti dagli anni Cinquanta.

TC: La guerra fredda sembra essere tornata.

BD: Penso che non sia mai cessata. E' solo stata sospesa per un certo periodo. La gente ha bisogno di qualcosa da odiare. Appena sei cresciuto abbastanza la gente cerca di farti odiare qualcosa o qualcuno. E' un po' più facile con i neri, i Comunisti non li vedi davvero. I primi Cristiani erano come i Comunisti. L'Impero Romano trattava i primi Cristiani nello stesso modo in cui il mondo Occidentale tratta i Comunisti.

TC: Quindi le cose in realtà non cambiano?

BD: No, gli viene dato solo un nome diverso. C'è sempre qualcuno che ti dicono di calpestare così puoi salire un po' più in alto.

TC: I tuoi ragazzi stanno crescendo. Qual è la tua prospettiva in quanto padre?

BD: Non credo che i ragazzi di oggi siano diversi da quelli di una volta. E' come disse una volta mio padre. Quando aveva dodici anni chiese a suo padre qualcosa e pensò che suo padre non sapesse molto di quello di cui stava parlando. Poi quando aveva venticinque anni fece al padre la stessa domanda ed ottenne la stessa risposta e si stupì nel constatare quanto suo padre fosse intelligente.


traduzione di Michele Murino
Da "Rolling Stone" Numero 394 , 16 Gennaio 1986


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ROLLING STONE INTERVIEW 1987

La seguente intervista è apparsa sulla rivista "Rolling Stone" nel 1987

Kurt Loder: Avevi intenzione di diventare una star?

Bob Dylan: Non sul serio, perchè io ho sempre avuto bisogno di una canzone per avere
successo.
C'è un sacco di cantanti che non hanno bisogno di canzoni per sfondare. Un mucchio di loro
sono alti, belli, sai? Non hanno bisogno di dire qualcosa per far presa sulla gente.
Io dovevo riuscirci con qualcos'altro che non il mio aspetto o la mia voce.

KL: Cosa ti ha fatto decidere di diventare un cantante ed autore di rock'n'roll?

BD: Bè, dunque, Chuck Berry era un cantante ed autore di rock & roll. Perciò io
non ho mai provato a scrivere canzoni di rock & roll, perchè pensavo che l'avesse
già fatto lui. Quando ho iniziato a scrivere canzoni, dovevano essere diverse.
Perchè, chi vuole essere il secondo in classifica? Una nuova
generazione era cresciuta, ed io ne facevo parte -- la seconda
generazione del rock & roll. Per me, e per gli altri come me, era
uno stile di vita.

KL: Com'era la scena del rock quando arrivasti a New York nei primi
anni sessanta?

BD: Quello che stava succedendo era Joey Dee and the Starliters, ecco
come era, una scena twist. C'era una vera e propria mania per il twist. C'erano
dei buchi, credo, in tutto il Paese dove la gente suonava
del rock & roll. Ma era terribilmente difficile. Ho conosciuto dei
tizi che suonavano nel Greenwich Village, e per fare del denaro extra suonavano
in clubs di midtown come il Metropole, che era un locale di spettacoli di varietà
sulla Settima Avenue. Erano posti incredibili.
Potevi suonare per sei ore e tirar su dieci dollari, e c'era una
spogliarellista per tutto il tempo. Molto avvilente. Dovevi fare del denaro
per suonare con strumenti elettrici. Questo è il motivo che mi ha fatto allontanare
da ciò, in realtà. Era troppo dura.

KL: Così optasti per la musica folk.

BD: La musica folk crea un suo pubblico. Perchè puoi portare una
chitarra dovunque, in qualsiasi momento. La maggioranza dei luoghi in cui suonavamo
nei primi tempi erano tutte feste in casa. Bastava un qualsiasi tipo
di motivo per andare a suonare da qualche parte e noi eravamo lì.

KL: Sei rimasto sorpreso dalla reazione del pubblico alle tue prime canzoni, oppure
dall'eventuale consenso della massa?

BD: No, davvero. Perchè avevo pagato i miei debiti. Non successe tutto dalla sera alla
mattina, sai. Mi sono affermato un passo alla volta. E sapevo quando
realizzavo qualcosa di buono. Per esempio, "Song to Woody", sul mio primo
disco: sapevo che nessuno aveva mai scritto niente di simile prima.

KL: Tuttavia, dato il tuo stile unico di scrivere e di cantare, tu sembravi
un candidato improbabile per il divismo sulla scena pop della metà degli anni sessanta.

BD: Bè, non stavo provando di arrivare alla radio. Non cantavo
per Tin Pan Alley. Avevo rinunciato a tutta quella roba. Io volevo fare
dischi, ma pensavo che il più lontano che potessi arrivare era fare
un disco di musica folk. Fui incredibilmente sorpreso quando
fui messo sotto contratto dalla Columbia Records. Fui il più sorpreso di
tutti. Ma non ho mai lasciato che questo mi fermasse (risate).
Quando ripenso alle mie prime canzoni adesso, sono sorpreso di averne
scritte tante. All'epoca sembrava una cosa naturale da fare. Ora
riesco a guardarmi indietro e vedere che devo avere scritto quelle canzoni "nello
spirito", capisci? Come "Desolation Row" -- ci stavo giusto pensando l'altra
sera. Non c'è una maniera logica con la quale riesci ad arrivare a versi come
quelli. Non so come l'ho scritta.

KL: Ti è solo venuta?

BD: E' solo venuta fuori attraverso me.

KL: All'epoca di "Desolation Row", nel 1965, hai iniziato a fare dischi con arrangiamenti
elettrici e sei stato più o meno espulso dal movimento dei puristi folk.
E' stata un'esperienza dolorosa?

BD: No. Quella mi sembrò un'opportunità di tornare a quello che
ero stato molto tempo prima. I circoli di musica folk erano molto
freddi, comunque. Tutti erano parecchio rigorosi e severi nei loro
atteggiamenti; era un tipo di scena molto soffocante.
Non mi scocciò il fatto che la gente non capisse quello che stavo facendo,
perchè lo stavo facendo da molto tempo prima che loro fossero attorno. E sapevo,
mentre facevo quelle cose, che non erano state fatte prima.
Perchè conoscevo tutta la roba che era stata fatta prima. Conoscevo
quello che i Beatles stavano facendo, e che sembrava vero pop.
I Rolling Stones facevano cose blues -- proprio blues duro.
I Beach Boys, naturalmente, facevano roba che io non pensavo
non fosse mai stata fatta prima. Ma sapevo anche che io stavo facendo roba
che non era mai stata fatta prima.

KL: Sei ancora ispirato come in quei giorni lontani?

BD: Non so. E' stato un momento, uh... Quello che ti spinge a
scrivere è qualcosa che ti interessa in maniera profonda. Devi anche avere
il tempo per scrivere. Devi avere l'isolamento per scrivere. E più
sono le pressioni che ti vengono fatte, più difficile è farlo. Intendo dire che sembra
come se ognuno voglia un pezzo del tuo tempo ad un certo punto. C'è stato
un tempo in cui a nessuno importava, e quello è stato uno dei periodi più
produttivi, quando a nessuno fregava niente chi io fossi.

KL: La vita si complica col passare degli anni.

BD: Già. Diventi più vecchio; cominci a diventare più orientato verso la famiglia.
Inizi ad avere speranze per gli altri piuttosto che per
te stesso. Ma non ho niente di cui lamentarmi. Ce l'ho fatta, sai?
Ho fatto quello che volevo fare. E lo sto ancora facendo.

KL: Un sacco di fans sostengono che The Band, la tua backing band
della metà degli anni sessanta, è stata la band più grande che tu abbia mai
avuto. Sei d'accordo?

BD: Bè, ci sono state diverse cose che mi sono piaciute di ogni band che ho avuto.
Mi piace un sacco la band dell'album Street legal. Pensavo fosse un suono
veramente buono. In genere sono il batterista ed il bassista che fanno
la band.
The Band aveva il proprio sound originale, sicuramente. Quando suonavano
con me, non erano The Band; erano chiamati Levon and the Hawks.
Robbie (Robertson) iniziò ad ottenere quel suono di chitarra davvero tirato
e "compresso" - non aveva mai suonato in quel modo prima nella sua vita.
Potrebbero fare grandi covers. Erano soliti fare canzoni stile Motown,
e quello, secondo me, è stato il periodo in cui hanno fatto le cose migliori.
Anche meglio di quello di canzoni come "King Harvest" e "The Weight" e cose simili.
Quando penso a The Band, me li immagino a cantare cose come "Baby Don't You
Do it", facendo covers di Marvin Gaye e cose del genere. Quelli sono stati
gli anni d'oro di The Band, anche più di quelli in cui hanno suonato con me.

KL: Quali sono stati i più memorabili shows che avete fatto insieme?

BD: Oh Dio, non so. Forse tutti. Ogni sera era la fine del mondo.

KL: E' strano, il music business era piccolo a quei tempi, primitivo.
Però la musica che veniva fuori era veramente commovente. Ora il
business è enorme, e tuttavia sembra non avere un effetto reale su nulla.
Cosa pensi si sia perso lungo la strada?

BD: La causa di tutto ciò è stato il fatto che la musica è stata coperta, sepolta sotto l'attacco
del denaro e quel modo di pensare avido -- lo sfruttamento. Attualmente sembra come se
la sola cosa da fare sia sfruttare ogni cosa, sai?

KL: Un sacco di gente sembra felice di essere sfruttata.

BD: Già.

KL: Si mettono in coda.

BD: Già, proprio così.

KL: Ti hanno mai proposto di fare pubblicità o roba simile?

BD: Oh si! Vorrebbero usare le mie canzoni per varie compagnie di birra
profumi ed automobili. Mi hanno proposto quella roba. Ma, diamine, non
le ho scritte per quel motivo. Non è mai stato il mio genere.

KL: Ascolti ancora gli artisti che ti piacevano quando hai iniziato?

BD: La musica con la quale sono cresciuto non invecchia mai. Io sono
stato fortunato a comprenderla nei primi anni, ed ancora suona
vera per me... Io ascolto ancora Bill e Charlie Monroe piuttosto
che ogni altro disco attuale. Per me quello è ciò che l'America è.
Intendo dire che si potrebbero non fare più dischi nuovi -- ce n'è abbastanza
di quelli vecchi, sai? Sono andato in un negozio di dischi un paio di settimane fa ---
Non sapevo cosa comprare. Ci sono così tanti tipi di dischi.

KL: Ed anche CD.

BD: Anche CD. Non so. Ho ascoltato dei CD. Non mi sembra che
suonino particolarmente meglio di un disco di vinile. Personalmente,
non credo nella separazione dei suoni, in ogni caso. Mi piace ascoltare
i suoni "mescolati" insieme.

KL: Il metodo di Phil Spector.

BD: Bè, il metodo dal vivo. Mi piacerebbe ascoltarlo con Prince.

KL: Ritieni che Prince abbia talento?

BD: Prince? Sì, è un ragazzo prodigio.

KL: Ultimamente sembra essere un pò intrappolato...

BD: Bè, deve esserci un gigante là dentro che sta scalpitando per uscire.
Voglio dire che certamente non manca di talento, questo è sicuro.

KL: Quali sono i più grandi artisti che tu abbia mai visto dal vivo?

BD: Mi piace un sacco Charles Aznavour. L'ho visto negli anni sessanta
alla Carnegie Hall e mi fece letteralmente impazzire. Andai lì con qualcuno
che era francese.
Howlin' Wolf, secondo me, è stato il più grande dal vivo perchè non
doveva muovere un dito quando si esibiva -- se vogliamo dire così,
usare la parola "esibirsi". Non mi piace la gente che salta qua e là. Quando la gente
pensa ad Elvis che si muoveva intorno -- lui non saltava qua e là. Si muoveva
con grazia.

KL: Mick Jagger sembra saltare un pò troppo sul palco, non credi?

BD: Mi piace Mick Jagger. Ma vederlo saltare come fa... Non devi farlo,
amico. E' ancora più cool essere Ray Charles, seduto al piano, e non
muovere un dito. Spingendo il ritmo e l'anima dall'altra parte.
Non ha nulla a che fare con il saltare qua e là. Voglio dire, come
potrebbe avere a che fare con il saltare?

KL: Showbiz?

BD: Non so. Showbiz -- bè, non mi piace. Non vado a vedere
qualcuno saltare sul palco. Odio vedere i polli esibirsi. Lo odio.

KL: Perchè?

BD: Perchè si prostituiscono. Specialmente quelli che non indossano niente.
Si prostituiscono dannatamente.

KL: Anche una come Joni Mitchell?

BD: Bè, no. E poi Joni Mitchell è quasi come un uomo (risate).
Voglio dire, amo Joni. Però Joni ha uno strano senso del ritmo
che è tutto suo... Joni Mitchell vive in un mondo tutto suo,
perciò lei ha il diritto di tenere il ritmo che vuole.

KL: Cosa ne pensi di Chrissie Hynde?

BD: Chrissie Hynde è una cantante di rock & roll che in realtà dovrebbe tornare
a studiare della musica country. Potrebbe andare più in profondità nel cuore di
quel materiale. Perchè Chrissie Hynde è una chitarrista dal buon ritmo.
Il meglio che puoi essere è un chitarrista dal buon ritmo e un cantante, e lei
scrive bene ed ha buone idee. Sa cosa è giusto e cosa è sbagliato.

KL: Perciò non stai dicendo che le donne non dovrebbero esibirsi, non è vero?

BD: No, assolutamente no, amico.

KL: Vedi qualche band di prestigio sulla scena attuale? Che ne pensi degli U2?
Sono tuoi amici, no?

BD: Già, gli U2 resteranno per parecchi anni in giro. John Cougar
Mellencamp, resterà in giro a lungo. Sicuro, ci sono vari personaggi.
In ogni modo quello che sta succedendo nella musica è una degenerazione.
Specialmente il rock & roll europeo -- è così strano. Viene tutto dall'America,
ma è così lontano dalle prime cose, come quelle di Little Richard e
Chuck Berry. Quello era rock & roll puro, sai? Ma cosa ne è stato? E'
degenerato... Mi piacciono gli U2, però, bè, gli U2 in realtà sono piuttosto
originali. Ma sono Irlandesi; sono Celtici. L'America ti bombarda con troppa
porcheria. Devi fare un tentativo consapevole di stare lontano da quella
spazzatura. Invece un tempo, non ricordo di avere mai fatto un tentativo consapevole
di stare lontano da qualcosa.

KL: Pensi che oggi la gente provi a cambiare le cose come negli anni sessanta?

BD: Bè, la gente sta ancora sforzandosi di fare del bene. Ma deve vincere
l'impulso del male. E se prova a farlo le cose possono migliorare. Ma c'è così
tanto male. Si spande sempre di più e causa sempre più confusione.
In ogni campo. Ti toglie il respiro.

KL: Forse perchè così tante cose che erano aborrite negli anni sessanta, come vivere
la propria vita solo per fare soldi, adesso sono accettate?

BD: Già. Ma in realtà non sono accettate. Forse in America lo sono, ma
questo è il motivo per cui l'America va sempre peggio, sai?

KL: Hai mai preso in considerazione l'idea di trasferirti in un altro paese? Dove
ti sentiresti più come a casa tua?

BD: Io sto bene dovunque la gente non mi ricordi chi sono. Ogni volta
qualcuno mi ricorda chi sono.

KL: Ma tu sei una stella...

BD: Già, bè, credo di sì. Ma, uh... Mi sento come una stella, ma posso risplendere
per quelli per i quali voglio risplendere. Capisci cosa intendo?

[That's all, folks.]

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"SE SONO SULLA BRECCIA DA COSI' TANTI ANNI DEVE ESSERCI UNA RAGIONE"

Pubblicata il 18 Giugno 1989 - Data presunta dell'intervista: 25 Maggio 1989

Bob Dylan ha concluso il suo breve tour in Spagna a San Sebastian la notte scorsa. Dylan non ha acconsentito ad essere intervistato nè a Madrid nè a Barcelona. E non si fida nemmeno dei fotografi. L'attuale tour europeo, che terminerà il giorno 26 in Grecia, non è caratterizzato dalla devozione di Dylan nei confronti del proprio pubblico. Non solo Dylan evita la Stampa, ma anche le sue esibizioni si limitano esclusivamente a quanto è stato firmato nel contratto, senza un solo bis per i suoi nostalgici seguaci dal cuore puro. La seguente intervista è stata registrata a Los Angeles, poche ore prima che Dylan salisse sull'aereo che lo avrebbe portato in Europa.

Bob Dylan: Ammiravo Woody Guthrie e Robert Johnson (i cantanti blues). E' impossibile non ammirare persone del genere, è qualcosa che ti illumina e che ti fa sentire piccolo.

Domanda: Di cosa parla il tuo prossimo film?

Bob Dylan: Si tratta del progetto più eccitante al quale io abbia mai lavorato. La storia è molto più di un semplice film a cui Bob Dylan prende parte. Se tu vuoi essere sincero solo con te stesso, finirai per sbagliare. Se tu non sei sincero con il tuo cuore, fallirai. Ma non sono in grado di dirti di cosa parla il film finchè non iniziamo a girarlo. Il film sarà importante. Se potessi dirti di cosa parla te lo direi, ma non posso - esattamente come non posso spiegare le mie canzoni. Si tratta di una sensazione della realtà che io provo e che la maggioranza delle persone che mi ascolta è in grado di comprendere. Quel livello di realtà nel quale ci ritroviamo, io e il mio lavoro... Sono cose che non possono essere spiegate.

Domanda: Bob Dylan è noto per avere un debole per le donne. Perchè?

Bob Dylan: Penso che molte donne siano belle. Molte di loro sembrano essere state prese da un quadro. Sono vulnerabili ed anche forti.

Domanda: Le dee non sono reali. E' quel che hai detto nel corso di un'intervista qualche anno fa.

Bob Dylan: Una donna bella è come una dea. E' su un piedistallo.

Domanda: Durante le riprese di "Renaldo and Clara" hai improvvisato un sacco con il tuo personaggio, e Joan Baez ha partecipato a scene nella camera da letto.

Bob Dylan: Joan mi ha conosciuto molto bene dentro e fuori dal letto, è questo il motivo per cui abbiamo potuto girare delle sequenze davvero interessanti per il pubblico.

Domanda: Pensi di essere il numero uno?

Bob Dylan: Da quanti anni sono sulla breccia? Un sacco. Deve esserci una ragione.

Domanda: Elvis Presley?

Bob Dylan: Una reliquia del passato.

Domanda: Frank Sinatra?

Bob Dylan: Sta per diventare una reliquia. Se fossi in lui mi ritirerei adesso.

Domanda: Bob Dylan?

Bob Dylan: Io proseguo la mia strada verso l'alto.

Domanda: Fino a quando?

Bob Dylan: Dipende da vari fattori, come il pubblico, il mio entusiasmo e la mia forza. Sono come chiunque altro, cerco solo di andare avanti.

Domanda: Riguardo al suo attuale atteggiamento nei confronti delle donne la risposta di Bob non è molto precisa:

Bob Dylan: Sono ad una specie di incrocio nella mia vita e non posso farne a meno. Posso sentire l'attrazione verso le donne ma posso anche tenermi in disparte. Ammiro la bellezza più di qualsiasi altra cosa ma ora non sento di doverla possedere. L'uomo o la donna ideali non esistono. Quando cerchi qualcosa, non stai cercando veramente un uomo o una donna. Stai cercando qualcuno che risvegli qualcosa che è sepolto dentro di te e una volta che questa persona lo ha fatto prendi familiarità con lei e cominci a starci insieme. Ma due persone innamorate non sono innamorate solo l'una dell'altra. Esiste un terzo elemento nel mezzo e questo terzo elemento è un ideale. Entrambi devono amare lo stesso ideale ed è questo quel che devono condividere. Se questo ideale non esiste allora non è amore, è solo necessità.

Domanda: E' vero che durante i tuoi periodi peggiori, quando tutto sembrava essere una perdita di tempo, eri solito dire: "Me ne vado in giro con gli animali o passo molto tempo con i miei bambini. Mi piacciono gli adolescenti, sono meno oscuri e più puri"?

Bob Dylan: Il peggiore periodo della mia vita è stato quando ho provato a cercare il passato, per esempio quando sono tornato a New York per la seconda volta. Non sapevo cosa fare, tutto era cambiato ed ho anche provato a scrivere e cantare nello stesso tempo, e a volte questo mi faceva uscire fuori di testa. Una cosa è scrivere ed un'altra cantare. L'una è opposta rispetto all'altra, ed io non sono in grado di scrivere con l'energia con la quale mi esibisco e non sono in grado di esibirmi con l'energia con la quale scrivo.

Domanda: Più di una volta hai dichiarato di essere in lotta. Contro cosa?

Bob Dylan: Con il passato. Quando ricordo il passato è qualcosa quasi di masochistico. Ho avuto dei bei momenti che vorrei conservare. Sono stato nell'oscurità... ora vorrei concentrarmi solo sulla luce.


Traduzione di Michele Murino


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Times They Are A Changin'...
Dylan Speaks - di Ellen Futterman, Post-Dispatch Entertainment Editor
7 Aprile 1994

D: Sei conosciuto per essere imprevedibile durante i tuoi concerti, per quanto riguarda quello che suonerai. Che cosa deve aspettarsi il pubblico di St. Louis dal tuo show?

Bob Dylan: Beh, ho una band di quattro elementi. Non saprei. Forse alcune cose del vecchio Dylan, alcune del nuovo Dylan, qualcosa di acustico. La scaletta delle canzoni cambia di sera in sera, perciò è difficile stabilire con sicurezza quello che suoneremo. Molte canzoni comunque saranno riconoscibili per i fans.

D: Realizzerai un altro album rock oppure continuerai con il sound acustico e folk che ha caratterizzato gli ultimi due album, "Good as I been to you" e "World gone wrong"?

BD: Potrei farne un altro come gli ultimi due. C'è un sacco di roba che non ha trovato spazio su quei due. Potrebbe essere orientato verso il folk ma potrei usare anche strumenti supplementari che diano al disco un sound un po' diverso... magari il banjo, forse persino un mandolino, un dulcimer.
Gli ultimi due album che ho fatto per me erano necessari. Volevo vedere se era possibile suonare, cantare e realizzare un intero album tutto da solo, con soltanto una parte di tutta quella strumentazione che in genere si ha, e ottenere un suono più corposo.
Paul McCartney, Peter Gabriel e forse persino Phil Collins hanno fatto qualcosa del genere, dischi dove hanno suonato tutti gli strumenti. Volevo produrre quante più canzoni del genere fosse possibile. A volte non riesci ad ottenere queste canzoni facendo tutto da solo, senza un sacco di altra roba che va ad ingombrare tutto quanto.

D: Stai ancora scrivendo nuove canzoni o ti sei preso un attimo di respiro in questo senso?

BD: Beh, sì, ho un po' di foglietti e di appunti sparsi in giro da qualche parte. Ma solo il tempo dirà quando quelle cose vedranno la luce.

D: Qual è la canzone di Dylan che preferisci?

BD: Questa è una cosa davvero difficile da dire. Sarebbe scandaloso dirlo. E' veramente difficile sceglierne una in particolare. Ogni canzone ha il suo momento.

D: Che tipo di musica ti piace nell'ambito dei nuovi generi musicali?

BD: In genere ascolto le canzoni che parlano di qualcosa. Il mio gusto musicale risale alla metà degli anni Sessanta. Ascoltavo tutta la musica di quei tempi ed ancora oggi lo faccio, non mi diventa mai noiosa. Però ci sono molti nuovi artisti che hanno fatto un sacco di cose notevoli. (Una volta sollecitato a fare qualche nome, comunque, Dylan non cita nessuno in particolare)

D: Ti è piaciuto il nuovo album di Judy Collins, quello in cui ha inciso tutte canzoni di Bob Dylan?

BD: E' già uscito? So che ci stava lavorando. Non l'ho ancora ascoltato. In passato sono stato un sacco di volte assieme a lei. Lavoravamo insieme nelle "coffee houses".

D: Che tipo di rapporto ti lega ancora con i tuoi vecchi amici e compagni degli anni '60?

BD: Joan (Baez) mi chiama di tanto in tanto. Abbiamo fatto qualche spettacolo in Germania un po' di anni fa. Ho partecipato anche a un disco recente di Mike Seeger.

D: Sembra che tu sia sempre impegnato a fare cose nuove, a reinventare te stesso. Che cosa ti spinge ancora dopo tanti anni? Cos'è che ti motiva?
BD: Semplicemente la vita stessa. Esiste una certa non-trasparenza nella vita che continua a darmi motivazioni. Cerco di lavorare in una maniera non lineare. Potrebbe esserci dell'inconsistenza a fare così, nondimeno questo ti dà un certo grado di indipendenza che non potresti ottenere in altro modo.

D: Hai avuto tre decadi per abituarti... Ora sei più a tuo agio a convivere con il fatto di essere una leggenda vivente?

BD: Cerco di essere una persona illuminata. Nessuno dovrebbe mettere qualcun altro su di un piedistallo. Questo fatto può provocare dei danni all'intelligenza di una persona. Può condurre all'ignoranza. A quel punto una persona cessa di essere una persona.

D: Come riesci a proteggere la tua privacy?

BD: Non ho alcuna privacy, quindi non c'è molto da proteggere.

D: Mentre sei "on the road" per i tuoi concerti come ti prendi cura della tua salute e della tua spiritualità? Che genere di cose fai per te stesso?

BD: Cerco di non essere un poltrone. Ma non progetto niente di particolare. Magari faccio un giro in motocicletta, oppure faccio una cavalcata.

D: Tuo figlio Jacob ha una band che si chiama "The Wallflowers". Cosa ne pensi del suo gruppo?

BD: La sua musica è davvero umile.

D: Avete mai suonato insieme?

BD: Sì, ma solo in garage.

D: Che genere di musica suona?

BD: Sto aspettando che me lo dica Neil Young.

traduzione di Michele Murino

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UNA CHIACCHIERATA DI MEZZANOTTE CON BOB DYLAN
Intervista di John Dolen
Fort-Lauderdale, Sun Sentinel 29 settembre 1995
traduzione di Alexan "Wolf"
 

Quando Bob Dylan chiama è quasi mezzanotte. Quando parla, lo fa con voce chiara e distinta. Si dimostra contemplativo, enigmatico, persino poetico, pur essendo a fine giornata, di rientro in hotel a Fort Lauderdale dopo una prova con la band.
La parte meridionale del suo tour attuale stasera ‘ingrana la quinta’ con il primo di due concerti al Sunrise Musical Theatre. Il tour, in corso da oltre un anno, si è guadagnato recensioni entusiastiche da parte della critica di New York, San Francisco e Dublino. Nel colloquio di quasi un’ora con John Dolen, direttore di Arts & Features, la prima intervista approfondita che abbia dato ad un giornale quest’anno, Dylan parla delle sue canzoni, del processo creativo e dell’esibizione gratuita di domenica scorsa all’Edge di Fort Lauderdale.

Domanda: Come molti, anch’io nel corso degli anni ho trascorso migliaia di ore ad ascoltare i tuoi dischi. Ancora adesso, non passa un mese senza Blonde on Blonde, Highway 61 Revisited, Slow Train Coming, Street Legal, Oh Mercy. Ti capita mai di sederti e riguardare tutti questi dischi dicendoti, hey, niente male?
BD: Sai, è ironico. Non li ascolto mai. Davvero, non li riconsidero mai, tranne che per prenderne delle canzoni qua e là da suonare. Forse dovrei ascoltarli. Come corpus di lavoro, ce ne potrebbe essere sempre di più. Ma dipende. Robert Johnson fece un solo disco – il corpus del suo lavoro è costituito da un solo disco. Pure, non c’è lode o stima abbastanza alta per ciò che rappresenta. Ha influenzato centinaia di artisti. C’è gente che ha pubblicato 40 o 50 dischi e non ha fatto quel che lui ha fatto.
D: Che disco era?
BD: Un disco chiamato King of the Delta Blues Singers. Nel '61 o '62. Era brillante.

D: All’inizio del mese la tua performance al concerto di Cleveland per il Rock and Roll Hall of Fame ha convogliato un sacco di attenzione. E’ importante per te? Qual è il tuo sentimento a proposito di questa istituzione?
BD: Non ho mai visitato l’edificio, ho giusto presenziato al concerto, che è stato piuttosto lungo. Perciò non ho commenti sull’interno o su una qualsiasi delle esposizioni che vi sono ospitate.
D: Ma come ti sembra l’idea di una “rock hall of fame” in se stessa?
BD: Non c’è più niente che mi sorprenda. Di questi tempi può accadere di tutto.

D: Allo show di domenica all’Edge, hai fatto molte cover, inclusa un po’ di roba vecchia, come Confidential. Era una canzone di Johnny Ray?
BD: Di Sonny Knight. Non la risentirai.
D: Oh, è questa la ragione per il tuo commento "provate a tramutare la cacca di toro in oro" allo show? Quelle cover erano qualcosa solo per gli spettatori dell’Edge? Vuol dire che non hai intenzione di fare altro materiale come quello nel tour, concerti del Sunrise compresi?
BD: Sarà il solito show che facciamo in questo tour, canzoni che la maggior parte della gente ha già sentito.
D: In tema di musica non-di-Dylan, Bob Dylan che cassette o CD si spara in questi giorni?
BD: Mai sentito John Trudell? Recita le sue canzoni invece di cantarle ed ha una band veramente buona. C’è un sacco di tradizione in quello che fa. Mi piace anche Kevin Lynch. E Steve Forbert.

D: Ci sono nuove band che ritieni degne di attenzione?
BD: Qua e là sento qualcuno e penso che siano tutti grandi. Per lo più non mi capita mai di risentirli. Ho visto qualche gruppo d’estate a Londra. Non so come si chiamano.
D: A questo stadio della tua carriera, una volta meritati ogni sorta di onore e di riconoscimento pubblico che una persona possa ottenere, che cosa ti motiva?
BD: Li ho avuti di entrambi i tipi. Ho avuto riconoscimenti positivi e negativi. Prestare attenzione a queste cose è patologico. Leggere di noi stessi ci fa ammalare. Devi provare a non pensarci o a liberartene prima possibile.
D: Per alcuni scrittori la motivazione consiste nel farsi carico di riuscire a portar fuori ciò che è dentro di loro e poi a metterlo sulla carta. Com’è per te?
BD: Esattamente così. Ma se non riesco a farlo accadere quando viene, sai, quando altre cose si intromettono, di solito non lo faccio accadere. Non vado in un certo luogo in un certo momento ogni giorno per costruirlo. Nel mio caso, molte di queste canzoni se ne stanno in giro imperfettamente… .
D: Come songwriter, che cos’è il processo creativo? In che modo nasce una canzone come All Along the Watchtower?
BD: Ci sono tre modi. Scrivi i testi e cerchi di trovare una melodia. Oppure, se riesci a ottenere una melodia, allora tenti di ficcarci i testi in qualche modo. E infine il terzo modo è quando vengono entrambi insieme. Dove tutto accade confusamente: le parole sono la melodia e la melodia è le parole. E questo per qualcuno è l’ideale, come per me che riesco a partorire qualcosa. All Along the Watchtower era in quel modo. E’ balzata fuori in un tempo molto breve. Non mi piacciono le canzoni che ti fanno sentire flebile o indifferente. Per me ciò lascia un’intera quantità di cose fuori dal quadro.
(ndt, sono profondamente insoddisfatto della traduzione di questa risposta di Bob: leggetevela nell’originale. Ci sono dentro serietà, impazienza, ironia, indeterminatezza, molteplicità di significati - delle singole parole e dei costrutti verbali - e anche una rara e tremenda precisione)
D: Cos’hai provato quando hai sentito per la prima volta la versione di Jimi Hendrix di All Along the Watchtower?
BD: Mi sopraffece, davvero. Aveva un tale talento, era in grado di trovare delle cose in una canzone e di svilupparle con vigore. Trovava cose che altri non avrebbero pensato di trovarci dentro. Probabilmente la migliorò con il suo uso degli intervalli. In effetti, mi sono preso delle licenze con la canzone a partire dalla sua versione, e continuo a farlo ancora oggi.

D: Angelina dalle Bootleg Series è una grande canzone, ma, non importa quanto ci provi, non riesco a dare un senso alle parole; mi dai un indizio?
BD: Non provo mai a capire a cosa si riferiscano. Se ci devi pensare, non è lì (il senso).
D: Una canzone che mi ha sempre ossessionato è Senor, da Street Legal. L’hai mai suonata negli ultimi anni?
B: La facciamo forse ogni tre, quattro o cinque show.
D: Nei ’70, dopo alcuni anni passati all’estero, mi ricordo l’incredibile euforia che sentii quando tornai negli Stati Uniti sentendo le tue canzoni cristiane, una convalida delle esperienze che avevo fatto in Spagna. Ricordo i versi,
"Parli di Buddha
Parli di Maometto
Ma non dici mai una parola per colui che venne a morire al nostro posto ..."
Erano versi intrepidi. Adesso come ti senti a proposito di quelle parole e delle canzoni che hai scritto in quel periodo?
BD: Il fatto di scrivere canzoni come quelle probabilmente mi ha emancipato da altri tipi di illusioni. Ho scritto così tante canzoni e così tanti dischi (ndt, notare la distinzione) che non sono in grado di rivolgermi a tutti con proprietà. Non posso dire che sarei in disaccordo con quel verso. Sul suo piano, scriverlo per me fu una specie di punto di svolta.
D: Con un repertorio ampio come il tuo e con il successo di quest’anno del disco MTV Unplugged (ndt, non proprio acustico), perchè nei concerti di questo tour proponi sempre un suono così pesante di chitarra e batteria?
BD: Non è il tipo di musica che farà addormentare qualcuno.

D: L’altra notte all’Edge hai lasciato le armoniche sullo scaffale senza toccarle, c’è qualche ragione?
BD: Sono una tale dinamo su se stesse (ndt, forse: hanno una tale capacità di ricaricarsi da sole). Le prendo quando mi sento di farlo.
D: Hai fatto parecchi passaggi da queste parti negli ultimi 10 anni. Cosa pensi della Florida del Sud?
BD: Mi piace molto, a chi non piacerebbe? C’è molto da apprezzare.
D: Ora c’è Bob Dylan su CD-ROM, Bob Dylan nella Rete e tutta quella roba. C’è gente che ti prende troppo sul serio?
BD: Non tocca a me dirlo. La gente prende tutto seriamente. Rischi di diventare troppo altruista riguardo a te stesso, per via dell’energia mentale degli altri.
D: Al di là dell’Atlantico c’è un collega di nome Elvis Costello che, dopo di te, occupa un sacco di spazio sullo scaffale accanto al mio stereo. Siete entrambi prolifici, ogni volta ve ne uscite con album particolari, con una ricca produzione immaginativa e molto da dire, e così via. C’è qualche ragione per la quale non ho mai visto i vostri nomi e le vostre facce insieme in tutti questi anni?
BD: E’ buffo che tu dica questo. Ha appena suonato in quattro o cinque dei miei show a Londra e Parigi. Ha fatto molte canzoni nuove, suonandole da solo. Faceva cose sue. Avresti dovuto essere lì.
D: L’America è migliorata o peggiorata dai tempi di, diciamo, The Times They are A-Changin’?
BD: Vedo fotografie degli anni ’50, ’60 e dei ’70 e vedo che c’era una differenza. Ma non penso che la mente umana possa concepire il passato e il futuro. Sono entrambe solo illusioni che possono indurti a pensare che qualche tipo di cambiamento ci sia stato. Ma per chi è in giro da un po’, sembrano entrambi innaturali. Apparentemente procediamo lungo una linea retta, ma poi cominci a vedere cose che hai già visto. Hai mai avuto un’esperienza del genere? Sembra che giriamo in tondo.
D: Ora, quando guardi avanti, vedi ancora uno Slow Train Coming?
BD: Ora, quando guardo avanti, ha preso un po’ di velocità. In effetti, adesso va come un treno merci.


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"PER LA GENTE LA NOSTALGIA E' COME LA MORFINA, E IO NON VOGLIO DIVENTARE UNO SPACCIATORE DI DROGA..."

IL PORTFOLIO DI UN PRIMITIVO
di Malcolm Jones Jr
da 'Newsweek', 20 Marzo 1995

Dylan reinventa se stesso ancora una volta, e stavolta come il semplice vecchio Bob, il tizio che disegna

La sola ed unica cosa sicura a proposito di Bob Dylan è che non esiste qualcosa di sicuro. Nel corso di una carriera musicale che si è estesa per oltre tre decadi, Dylan ha dimostrato in continuazione di essere in possesso del più grande sacco senza fondo pieno di trucchi in circolazione. Con mutevole grazia Dylan ha abbracciato la musica folk, il rock and roll, il country e il gospel; con i suoi due ultimi album il più singolare cantante ed autore della musica pop ha cantato le versioni di canzoni scritte ed interpretate prima che egli fosse nato. Lo stesso discorso vale anche per i suoi pronunciamenti pubblici. Nelle interviste che ha rilasciato nel corso degli anni, Dylan è stato funesto, apocalittico, affascinante, abrasivo, signorile e profondo, a seconda del proprio stato d'animo. Quando ha rilasciato un paio di settimane fa un'intervista esclusiva a Newsweek per parlare del suo nuovo progetto, un libro che raccoglie molti dei suoi disegni, Dylan ha indossato gli abiti del semplice vecchio Bob, ricco di fervore, chiaro, autocritico.

"I miei artisti preferiti sono personaggi come Donatello o Caravaggio o Titioan, tutti quei tipi assolutamente superiori," dice. "Non saprei nemmeno da che parte incominciare per avvicinarmi a quel genere di maestria." A proposito dei propri lavori Dylan è soddisfatto nel dichiarare: "Lo scopo dei miei disegni è molto indefinito. Sono disegni molto personali, come uno che lavora a maglia e si fa un maglione, capisci?"
Ci vuole un po' per abituarsi a questo tipo di dialogo da parte dell'uomo la cui musica ha elevato lo scherno a forma di arte. Ma alla fine questo non è il Dylan musicista, questo è il Dylan artista che sta promuovendo il libro 'Drawn Blank' (Random House. $30), una raccolta di disegni a matita, a carboncino e a pennarello. Ogni fan di Dylan ha saputo per anni e anni che egli si dilettava con la pittura e il disegno. Dylan ha dipinto la copertina dell'album di esordio di The Band, dal titolo "Music From Big Pink," ed ha anche disegnato il dipinto che si trova sulla copertina del suo "Self Portrait". Inoltre alcuni dei suoi schizzi degli anni Ottanta adornano le copertine di album come "Infidels" ed "Empire Burlesque." Ma con questo libro egli mette in mostra la sua proposta artistica.

Quando gli viene chiesto da dove è nata l'idea, Dylan dice che si è trattato di un progetto nato per volontà del suo editore.
David Rosenthal, editor di Dylan alla Random House, dice che l'idea è venuta dallo staff di Dylan. Dylan nega che egli abbia molto a che fare con la realizzazione del libro. Ha consegnato i disegni e gli altri hanno fatto tutto il resto. Ma Rosenthal dice che Dylan è stato "coinvolto in maniera molto profonda." L'unica cosa chiara è che l'uomo che ha cantato "It's always been
my nature to take chances" si sta muovendo su un terreno inesplorato e sta facendo un controllo dei possibili rischi ad ogni passo.

Non deve preoccuparsi molto. Non c'è nulla in questo libro che possa rivaleggiare con Rembrandt, e questa raccolta poteva sicuramente essere selezionata in maniera più rigorosa (magari delle didascalie sotto le immagini sarebbero state gradite). Ma la parte migliore dell'opera mostra una sparutezza di linee ed un attraente senso della composizione. Stanze d'albergo, scorci di strade, grandi camion diesel, Dylan non li fa in maniera graziosa. E' soddisfatto di prendere il mondo così come viene, e comunque sia è interessante.

"Non è che io mi metta a progettare i disegni. E' già tutto lì fuori da qualche parte e riprodurli così è il solo modo che mi dia soddisfazione nel disegnarli" dice mentre siede in uno studio di registrazione vuoto di Manhattan dove ha fatto le prove per il tour Europeo con la sua band. Con addosso la sua camicia a scacchi bianchi e grigi che pende fuori dai suoi calzoni sportivi neri, stivali neri ed i capelli ogni-giorno-è-un-brutto-giorno color marrone rossiccio, il cinquantatreenne Dylan dimostra che l'eminenza del rock'n'roll è un bambino non più giovane. Mentre si accende una Camel con filtro, continua: "Questi disegni in qualche modo si addicono al mio primitivo stile di musica."
Entrambe le cose si basano sulla realtà ed in entrambe le cose, sia nel far musica che nel disegnare, Dylan mira a perdere se stesso.
"E' quasi come una sorta di meditazione. Mi sento come rinnovato dopo che ho fatto un disegno."

Un sacco delle espressioni artistiche di Dylan, soprattutto i suoi ritratti, sembrano un po' come i disegni che i ragazzini del liceo fanno per divertimento sulle copertine dei loro quaderni. La differenza consiste nel fatto che, mentre molta gente cresce e si allontana dal disegno, Dylan invece persiste. Così come per la sua musica, in cui il bello stile perfetto non è mai stato negli intenti di Dylan, così i suoi disegni compendiano la dottrina del dilettante, quella all'insegna del "fatto in casa", quella secondo cui la roba fatta a mano è sempre la migliore.
La fascinazione di Dylan per la realtà non si estende anche alla varietà virtuale. Sebbene la sua vita e la sua opera siano stati di recente materia per la realizzazione di un CD-ROM intitolato "Bob Dylan: Highway 61 Interactive," Dylan non lo ha nemmeno ancora guardato.
"Sono ancora con le mie radici negli anni Cinquanta. So di persone che guardano quelle cose online, giochi e roba del genere, ma trovo che per me sia troppo inibente sedermi di fronte ad un schermo. A qualsiasi livello. Non mi siedo nemmeno a guardare la TV per molto tempo. Sento di essere manipolato."

'Avidità': Dylan ha chiamato il suo album più recente, e vincitore di un Grammy, con il titolo di "World Gone Wrong," ed intendeva davvero significare ogni singola parola di questa frase. Due canzoni sono del bluesman della Georgia, Willie McTell, un musicista della cui morte Dylan ha cantato il lamento funebre in una delle sue più grandi canzoni, "Blind Willie McTell" ("Power and greed and corruptible seed / Seem to be all that there is") ed il lavoro del quale simboleggia per Dylan un livello di arte presto svanita.
"Se cerchi la profondità," dice Dylan, "devi tornare al passato."
Le canzoni di McTell, la maggior parte delle quali sono state scritte negli anni '20, '30 e '40, sono pietre di paragone della realtà, per Dylan.
"Per restare in circolazione per un lungo periodo, un musicista deve imparare quello in cui può credere. Queste canzoni sono basate sulla realtà, come questi disegni. Sono le cose reali, quelle che succedono realmente."

La fascinazione di Dylan sempre crescente nei confronti del retaggio del passato si estende fino ai suoi primissimi lavori.
"Ho lavorato ad alcune canzoni per 20 anni, cercando di raggiungere una certa perfezione," anche se "so bene che non succederà mai." (L'ultima incarnazione di queste canzoni apparirà il mese prossimo in un album di Dylan tratto dall'enormemente apprezzato concerto "Unplugged" per MTV.)
Ma l'arte per Dylan è sempre stata una cosa che ha a che fare con cambiamenti sovversivi. In questo senso Dylan non può obbedire a quei fans che vorrebbero che continuasse a cantare le sue vecchie canzoni esattamente nella maniera in cui le aveva registrate.
"Preferisco vivere nel momento piuttosto che in una specie di 'trip' nostalgico, una cosa che considero come una droga, una vera droga. E' qualcosa di oltraggioso. Per la gente la nostalgia è come la morfina. E io non voglio essere uno spacciatore di droga."
Ridacchiando tra sè alla sua battuta, l'uomo che del reinventare se stesso ha fatto una carriera si alza per andare a cercare altre sigarette ed altro caffè e si rimette al lavoro.

traduzione di Michele Murino


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"Ascolto raramente i miei vecchi dischi. Per me le canzoni sono qualcosa di vivo..."
da "USA Today" - 1995

"Dylan su Dylan, 'Unplugged' e la Nascita di una Canzone"
di Edna Gundersen.

Alla vigilia dell'uscita del suo album dal titolo "MTV Unplugged", il solitamente recluso Bob Dylan ha acconsentito ad una chiacchierata esclusiva relativa alle sue attuali attività. Dopo una serie di concerti tenuti sulla West Coast questo mese, Dylan e la sua band ricominceranno a suonare in Europa a Giugno, e poi ritorneranno negli Stati Uniti per un tour autunnale attraverso tutto il Paese. Dylan ha trascorso tre settimane in Gennaio impegnato a scrivere nuove canzoni, ma probabilmente non le registrerà prima del 1996. Cos'altro? Leggete.

Gundersen:
Come hai progettato questo lavoro "Unplugged"?

Dylan:
Non ero molto sicuro di come farlo e di quale materiale utilizzare. Mi sarebbe piaciuto cantare vecchie canzoni folk e suonarle con strumenti acustici, ma poi ho ricevuto un sacco di input da altre fonti che mi dicevano cosa sarebbe stato giusto fare per il pubblico di MTV. La casa discografica mi ha detto: "Non puoi fare quella roba, è troppo oscura." Una volta avrei discusso, ma non c'era scopo. Allora ho detto: "OK, allora ditemi che cos'è che non è oscuro?" E loro mi han risposto: "Knockin' on Heaven's Door."

Gundersen:
E "Like a Rolling Stone," il tuo marchio.

Dylan:
Ho ascoltato un sacco di volte come Eric Clapton ha suonato "Layla" in versione acustica per il suo "Unplugged." Eric mi ha influenzato a fare la stessa cosa per "Like a Rolling Stone," ma normalmente non dovrebbe mai essere suonata in quel modo.

Gundersen:
Pensi ad un seguito per questo "Unplugged"?

Dylan:
Prenderei in considerazione l'ipotesi di fare ancora un "Unplugged" in un ambiente più rilassato dove non mi senta come se fossi al centro dell'attenzione. Mi sono sentito come se dovessi solo produrre e consegnare un disco e ho consegnato qualcosa che era stato preconfezionato per me. Non è che fosse un problema, ma non era necessariamente quello che volevo fare.

Gundersen:
Preferisci suonare con strumenti acustici piuttosto che con strumenti elettrici?

Dylan:
E' più o meno la stessa cosa per me. Cerco di non rovinare l'aspetto di una canzone con l'elettricità o con la non-elettricità. Preferisco trarre qualcosa fuori da quella canzone da un punto di vista verbale e fonetico piuttosto che dipendere dagli strumenti.

Gundersen:
E' stato difficile per te cantare davanti alle telecamere della televisione?

Dylan:
E' difficile superare il senso di scarso entusiasmo che provo nei confronti della TV. E' un medium che non ha mai dato buoni risultati per me.

Gundersen:
La gente presente in studio era un tipico pubblico alla Dylan?

Dylan:
Non li avevo mai visti prima. (Risate) Per quel che ricordo facevano parte della categoria di quelli ben educati.

Gundersen:
Hai approvato lo show finito?

Dylan:
Non saprei. Non l'ho visto.

Gundersen:
Di recente sei stato moltissimo in tour. Ovviamente ti piace suonare dal vivo.

Dylan:
Esiste una certa parte di me che diventa assuefatta ad un pubblico "live". Non continuerei a suonare dal vivo se ne avessi abbastanza. Faccio circa 125 concerti all'anno. E potrebbe sembrare che sia una cifra enorme, o così potrebbe sembrare alla gente che non lavora così tanto, ma non è così. BB King ad esempio lavora 350 notti l'anno.

Gundersen:
Suonare a Woodstock è stato un momento speciale?

Dylan:
Nah, è stato solo un altro concerto, davvero. Semplicemente siamo andati abbiamo suonato e ce ne siamo andati via. Ti arrivi a domandare se vieni notato dal pubblico, perchè ti senti così piccolo su un palco grande come quello.

Gundersen:
Hai la sensazione che alcune delle tue canzoni siano ormai datate o che siano diventate stantie?

Dylan:
Ascolto raramente i miei vecchi dischi. Per me le canzoni sono qualcosa di vivo. Non sono basate su nessuna truffa o racket o frode. Sono delle canzoni reali ed esistono adesso. Non sono canzoni per cui la gente può ascoltarle e dire: "Oh, perbacco, mi ricordo dov'ero quando l'ho ascoltata per la prima volta." Le mie canzoni non sono così. Non sono disponibili. Così come non lo sono le canzoni folk e blues.

Gundersen:
Però hai abbandonato alcune canzoni lungo il cammino.

Dylan:
Diciamo la verità, alcune delle mie canzoni non reggono dal vivo. Ho provato a farle nel corso degli anni e ora proprio non riesco a farle.

Gundersen:
Gli eventi attuali, come la bomba in Oklahoma (1), hanno un impatto su quello che scrivi?

Dylan:
Il caos è dappertutto: illegalità, disorganizzazione, malgoverno. Non so se tutto questo ha un impatto sul mio modo di scrivere come lo aveva un tempo. Negli anni scorsi gli eventi mi hanno fatto soffrire e mi ci sono dedicato ma a meno che una canzone non fluisca dalla mia mente in maniera naturale e non gli si debba fare da chaperon, allora si dissolve.

Gundersen:
Scrivi con l'immortalità in mente?

Dylan:
No. Si tratta di una cosa del tipo "qui-e-adesso". Un sacco di canzoni sono soltanto domande che poni a te stesso. Io non mi collocherei in una qualche categoria di autori di canzoni. Cerco di non forzare me stesso ad andare in una qualche particolare direzione.

Gundersen:
Nella tua mente ci sono molte canzoni che non hai ancora scritto?

Dylan:
Probabilmente sono molte di più le canzoni che non ho mai pubblicato rispetto a quelle che ho pubblicato. Durante la giornata mi vengono in mente un sacco di pensieri. Spesso scrivo un verso ma poi non lo completo. E' difficile riuscire ad essere vigili e stare dietro a tutto.

Gundersen:
Hai 53 anni. Hai ancora una grande necessità di scrivere?

Dylan:
Sì, o è così oppure devi disinteressarti completamente della cosa. Ho scritto un numero così grande di canzoni che non potrei dire di non essere riuscito ad ottenere quello che volevo. Diventando più vecchio diventi più abile e questa cosa può esserti d'impaccio perchè allora cerchi di prendere il controllo dell'impulso creativo. La creatività non è come un treno merci che corre sui binari. E' qualcosa che deve essere accarezzata e trattata con un grande rispetto. Se la tua mente gli si frappone da un punto di vista intellettuale allora la tua creatività si bloccherà. Devi programmare il tuo cervello in modo che non pensi troppo.

Gundersen:
E tu come ci riesci?

Dylan:
Uscendo con i miei cani.

traduzione e note di Michele Murino
Note:
(1) Qui Edna Gundersen fa riferimento al tragico episodio avvenuto il 19 aprile 1995 quando un'attentato compiuto per mezzo di una autobomba causò la morte di 168 persone e centinaia di feriti. La bomba venne collocata nei pressi del palazzo federale di Oklahoma City da un ex-sergente dell'esercito USA, Timothy McVeigh, veterano della guerra del Golfo.


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UNA VOCE PIU' SAGGIA SOFFIA NEL VENTO AUTUNNALE

SANTA MONICA, California - Bob Dylan a stento riesce ancora a stare seduto. Si tira i riccioli, sembra gli dia fastidio la sua maglietta nera, cambia continuamente posizione, pur essendo sistemato su un comodo divano.
Seduto nella suite di un albergo di fronte all'oceano per una rara intervista, il cantautore che ha trasformato il rock è di buon umore. Indossa un paio di scarpe di pelle bicolori, c'è un lampo nei suoi occhi azzurri e sorride spesso e con facilità.

Dylan è orgoglioso del suo nuovo album, "Time Out of Mind," e a ragione. L'album, in uscita Giovedì, è di gran lunga il suo lavoro migliore fin dalla metà degli anni Settanta e raggiunge il livello di "Blood on the Tracks."

Le sue nuove canzoni - le sue prime fin dal 1990 - sono velate di amarezza, tristi e disilluse: "When you think that you've lost everything, you find out you can always lose a little more," canta con una voce raschiante dai familiari toni gracchianti.

E' la voce di un uomo di 56 anni che non nasconde nessuno dei suoi lividi. Nondimeno il personaggio che traspare da tutte le canzoni dell'album sembra non avere niente a che fare con il cantautore rilassato e ottimista che ci sta parlando. Gli chiedo chi sia la donna che gli ha spezzato il cuore e di cui egli parla in tutte quelle canzoni. "Quale? Quale canzone?", mi chiede ridendo.

"E' soltanto la natura del mio carattere", mi dice. "Posso essere allegro in un certo momento e pensoso nel momento immediatamente successivo, e può passare vicino una nuvola che fa sì che questo si verifichi. Sono incostante."

Durante una carriera che oggi conta 35 anni, Dylan è stato una vera cornucopia di incostanza. Visionario ed eccentrico, innovatore e conservatore, irritante e stimolante, scettico e proselitista, ribelle e venduto, esploratore e pattuglia perduta: Dylan è stato tutte queste cose e molto di più.

A ragion veduta la si può definire la più inquieta figura nella storia del rock, incapace per costituzione di fare la stessa cosa per due volte. Forse intendeva dire proprio questo quando cantava nel 1965 che gli artisti "don't look back."
"Time Out of Mind" è un tipico album di Dylan anche solo per il fatto che elude le aspettative.

Negli anni Sessanta, Dylan ha insegnato ai cantanti folk come trascendere la mera attualità, poi ha insegnato ai cantautori rock come pensare a qualcosa di più che non la semplice successiva storia d'amore. In maniera casuale Dylan ha creato interi generi musicali: il folk rock, il country rock e quello che oggi viene chamato Americana.

Ogni sfaccettatura della sua musica degli anni Sessanta è stata imitata, ad esempio di recente da suo figlio Jakob e dal suo gruppo, i Wallflowers. Nel corso degli anni Settanta ed Ottanta, Dylan ha seguito ispirazioni sempre più ribelli e poco attendibili. Ha creato la carovana del rock-and-roll chiamata Rolling Thunder. Ha abbracciato la Fede Cristiana dei Cristiani rinati per poi ritornare all'Ebraismo.

E' stato in tour con i Grateful Dead e con gli Heartbreakers di Tom Petty, e ha venduto il suo inno "The Times They Are a-Changin' " per la pubblicità di una banca.

All'inizio in maniera deliberata, ma anche dopo averne rifiutato il ruolo, Dylan è diventato la voce della generazione del baby-boom cantando quello che aveva nella sua mente. Prima dei suoi ascoltatori Dylan è passato dal fervore politico e dalle visioni apocalittiche al matrimonio e al divorzio, dalla ricerca della fede al brontolio per le news di tutta la notte.

Sin dal suo amaro divorzio da Sara Lowndes alla fine degli anni Settanta, che ha lasciato alla donna la custodia dei suoi cinque bambini, inclusi i quattro che avevano avuto insieme, Dylan ha comprato una casa a Malibu, California, e ha tenuto privata la sua vita privata. Ma le sue reazioni alla gente, alle idee e al mondo sono risuonate nelle sue canzoni.

In maniera costante fin dal 1988, Dylan dà concerti. E' diventato un musicista itinerante come i cantanti di blues ed i trovatori che hanno costituito la sua educazione musicale, sebbene il suo tour senza fine includa date come la celebrazione inaugurale per l'insediamento di Bill Clinton alla Casa Bianca nel 1993 ed un concerto previsto per Sabato a Bologna, Italia, davanti al Papa. "Night or day, it doesn't matter where I go anymore, I just go," canta in "Can't Wait."

"Un sacco di gente non ama la strada," dice, "ma per me è una cosa naturale come respirare. Lo faccio perchè sono spinto a farlo, ed è una cosa che odio e amo. Sono imbarazzato a stare su un palco, ma in fondo è l'unico posto in cui sono felice. E' il solo posto dove puoi essere chi vuoi essere. Non puoi essere chi vuoi essere, nella vita di tutti i giorni. Non importa chi tu sia, sarai deluso nella vita di tutti i giorni. Ma la panacea per tutto questo è salire su un palco, ed è questo il motivo per cui gli artisti lo fanno. Ma io non voglio mettermi addosso la maschera della celebrità. Guardo a quello che faccio piuttosto come ad un semplice lavoro impiegatizio."

Durante gli anni Novanta, in concerto con il suo miglior gruppo fin dai tempi in cui era accompagnato da The Band, Dylan ha conquistato un nuovo pubblico. I suoi spettacoli una decade fa, spesso urlati o cantati in maniera monotona, esasperavano persino gli ammiratori di lunga data. Ma ai concerti recenti di Dylan, tipi da collegio con addosso magliette dei Deadheads si sono uniti ai lealisti del baby-boom. Il pubblico risponde alle radici blues e country della sua band ed allo stile mercuriale improvvisato di Dylan, ben sapendo che egli canta le sue canzoni in maniera differente ad ogni nuovo concerto.

"Mi piace la gente che viene a vedermi ora," dice Dylan. "Non sono consapevoli dei miei primi giorni, e sono felice di questo. Mi solleva da quel carico di responsabilità, dal dover suonare ogni cosa esattamente come era stata registrata su un certo disco. Non posso farlo. A seconda di come soffia il vento possono uscire in maniera differente ogni volta, ma lo scopo è sempre lo stesso."

"Quel che devo sapere è che sto cantando qualcosa che possiede verità. Le mie canzoni sono differenti rispetto a quelle di chiunque altro. Altri artisti possono avere le loro voci ed il loro stile ma le mie canzoni producono volume e tutto quel che devo fare è metterle giù in maniera corretta, liricamente, e faranno quel che devono fare."

A Dylan non sono mancati i riconoscimenti durante gli anni '90. Ha collezionato un Grammy Award alla carriera, è stato insignito dell'onorificenza di 'Commandeur dans l'Ordre des Arts et des Lettres' in Francia e riceverà il premio del Kennedy Center Honors a Dicembre.

Fino agli anni '90, c'è stata una sola cosa che Dylan non è stato: silenzioso. Le canzoni gli sono sempre sgorgate copiose: grandi, buone, indifferenti e terribili, ma in un flusso continuo. Le cose cambiarono dopo il suo mediocre album del 1990, "Under the Red Sky." Dylan cominciò ad eseguire vecchie canzoni e pubblicò due album di materiale tradizionale folk e blues, "Good as I Been to You'' e "World Gone Wrong," suonando da solo come un cantante folk del Greenwich Village dei primi anni Sessanta. "Dignity," la sola canzone nuova che ha pubblicato dopo "Red Sky," era un brano scartato dall'album del 1989 "Oh Mercy."

Cosa gli ha fatto decidere di smettere di registrare nuove canzoni? "Disillusione," dice. "Disillusione per l'intero processo della registrazione. Ho iniziato ad incidere quando potevi andare in studio, registrare e andartene. Non ricordo quando le cose sono cambiate. Ma ho cominciato a ritrovarmi a passare sempre più tempo in studio e fare sempre meno. Non c'era gratificazione in tutto questo. Scrivevo canzoni, perchè è questo quel che faccio. E poi avevo il mio gruppo che mi accompagnava sul palco, così pensavo: ' beh, scriverò canzoni e le suonerò quando dovrò suonarle'. Non è che ci mancassero le canzoni da eseguire sul palco."

Gli ammiratori di lunga data si lamentavano per il fatto che Dylan non presentava nuove canzoni in concerto. Il motivo, spiega Dylan, era semplice: "Non mi piace rendere pubblico nuovo materiale a causa della situazione dei dischi pirata. Tuttavia nel retropalco e durante le prove, nuove canzoni prendevano forma.

"Time Out of Mind" (Columbia) è lugubre e coinvolgente. Le 11 canzoni che lo compongono parlano di solitudine, rabbia e desolazione per un amore perduto, e di morte prossima (l'album è stato registrato prima che Dylan fosse ricoverato in ospedale in estate per una infezione al cuore che ha minacciato la sua vita.)

"I've been walking through the middle of nowhere, trying to get to heaven before they close the door," canta. Raramente Dylan è stato un ottimista; rancore e disprezzo da parte di qualcuno che si considera più giusto e virtuoso degli altri hanno animato molte delle sue migliori canzoni. Ma "Time Out of Mind" fornisce ancor meno conforto rispetto al passato.

"Le condizioni ambientali influiscono molto su di me", dice Dylan. "La maggior parte di quelle canzoni sono state scritte dopo il tramonto. Mi piacciono le tempeste. Amo stare alzato durante un temporale. A volte divento molto meditativo, e mi risuona in testa questa frase: "Lavoro finchè dura il giorno perchè la notte di morte viene quando nessun uomo lavora." (vedi nota)

Non mi ricordo dove l'ho sentita. Mi piacciono i sermoni, ascolto un sacco di prediche, e probabilmente l'ho sentita da qualche parte. Forse l'ho letta nei Salmi e mi ha colpito. Non è uscita dalla mia mente. E' come se mi fossi chiesto 'Che vuol dire questa frase?' E' rimasta in prima linea nella mia mente, per un lungo periodo di tempo, e penso che molto di tutto questo si è instillato in questo disco."

Molte delle canzoni di questo album riecheggiano le strutture di accordi di classici degli anni Sessanta come "Ballad of a Thin Man" e "Just Like a Woman," ma con la sfrontatezza giovanile di quelle sedute di registrazione rivoltata da cima a fondo. Il produttore Daniel Lanois (che ha lavorato anche con U2, Peter Gabriel ed Emmylou Harris) ha reso il sound del gruppo come se si andasse componendo sul posto. Gli strumenti entrano ad uno ad uno nelle canzoni come se si insinuassero all'interno di una improvvisazione strumentale tenuta all'interno di un bar clandestino.

E tuttavia il suono estemporaneo e non preparato è una scelta deliberata. "Non ero interessato a fare un disco in cui si prendessero le canzoni e le si sistemasse in un ambiente contemporeaneo," afferma Dylan. "La mia musica, le mie canzoni hanno davvero poco a che vedere con la tecnologia. O funzionano o non funzionano. Daniel ed io avevamo fatto quel disco, "Oh Mercy", tempo fa, e all'epoca era abbastanza buono. Ma queste canzoni, per me, erano più circoscritte. Erano più piene delle terribili realtà della vita."

"Molti dei miei dischi sono nè più nè meno che cianografie per le canzoni. Questa volta non volevo cianografie, volevo la cosa reale. Quando le canzoni sono giuste sono giuste e basta. Sono scritte nella pietra quando sono giuste."

Invece di costruire la musica strato per strato, Dylan ha lavorato alle canzoni insieme ai suoi musicisti, inclusi il leggendario suonatore di organo elettrico Tex-Mex Augie Meyers, il chitarrista Duke Robillard e l'uomo-chiave del gruppo che accompagna Dylan dal vivo, Tony Garnier, al basso. Quasi ogni cosa presente sul disco, incluse le parti vocali, sono state registrate dal vivo in studio.

"Tutti noi sappiamo come dovrebbe suonare la cosa. Ci stiamo proprio allontanando sempre di più da essa," dice Dylan. "Io volevo qualcosa che andasse oltre la tecnologia e che passasse dall'altra parte prima che la tecnologia sapesse cosa si stava facendo".

La musica è intenzionalmente non rifinita (una assordante batteria da rockabilly e rimbalzanti chitarre in "Cold Irons Bound," fluente blues con crude chitarre in " 'Til I Fell in Love With You," sgattaiolante piano elettrico su un ritmo reggae in "Love Sick," un tentativo di gospel in "Tryin' to Get to Heaven") ed ha un tono ossessionante e precario che si collega con le più strazianti profondità del blues.

Il blues è sempre stata una pietra di paragone per Dylan, sia per quanto riguarda la musica che le parole. In molti modi le sue canzoni degli anni Sessanta erano blues trasformati, dalle surreali giustapposizioni delle liriche alle ruvide parti vocali fino ai gruppi che suonavano blues che Dylan assunse quando decise di suonare con le chitarre elettriche.

Nelle canzoni di "Time Out of Mind," Dylan cita vecchi versi di canzoni blues come "Going down the road feeling bad." E nella sua maturità, Dylan è più vicino che mai al fatalismo dei classici del blues. Canzone dopo canzone, il cantante percorre scure e vaste strade, pronunciando a mezza voce accuse nei confronti di una donna che lo ha abbandonato; egli vorrebbe ancora che lei tornasse indietro e si domanda, in una canzone, se egli la bacerebbe o la ucciderebbe, qualora la donna ritornasse davvero.

Quando non si macera nel dolore della storia d'amore finita, egli si concentra sulla propria età e contempla la morte. Nel brano "Highlands," della durata di 17 minuti, osserva giovani che bevono e ballano e la sua voce si riempie di tristezza: "Farei cambio con ognuno di loro in un minuto se potessi."

Nel vedere che suo figlio Jakob si è trasformato in un cantante che vende milioni di dischi, Dylan modera il proprio orgoglio con prudenza. "Jakob ha avuto un incredibile successo in poco tempo", dice Dylan. "Non voglio vedere il suo cuore spezzato in questo ambiente, ecco tutto."

Per Dylan, le canzoni con le quali è cresciuto continuano ancora ad essere il modello e la pietra di paragone per la propria musica; "Good as I Been to You" e"World Gone Wrong" hanno solo rafforzato questa connessione. "Le mie canzoni provengono dalla musica popolare," dice. "Amo quel pantheon nella sua interezza. Per me non c'è differenza tra Muddy Waters e Bill Monroe."

Parlando delle canzoni di "Time Out of Mind," Dylan sottolinea quello che ha preso in prestito: tra le altre cose una parte di chitarra in stile jug-band in "Not Dark Yet," una parte di chitarra rockabilly invertita in "Dirt Road Blues," ed un ritornello ed una cadenza ritmata in stile country-blues presa in prestito da Charley Patton in "Highlands."

"Ci sono un sacco di persone capaci di scrivere canzoni," dice Dylan. "Le mie canzoni... quel che le rende differenti è che hanno delle fondamenta. Ecco perchè sono ancora in circolazione. Ecco perchè sono ancora eseguite. Non è perchè sono canzoni così grandi. Non rientrano nella categoria delle canzoni commerciali. Non sono state scritte per essere eseguite da altre persone. Ma poggiano su solide fondamenta, e a livello subliminale sono quelle fondamenta che la gente ascolta.

"Quelle vecchie canzoni sono il mio lessico ed il mio libro delle preghiere," aggiunge. "Tutto il mio credo viene fuori da quelle vecchie canzoni, letteralmente, ogni cosa da "Let Me Rest on That Peaceful Mountain" a "Keep on the Sunny Side." Puoi trovare tutta la mia filosofia in quelle vecchie canzoni. Credo ad un Dio del tempo e dello spazio, ma se la gente mi chiede al riguardo il mio impulso è indicare quelle vecchie canzoni. Credo ad Hank Williams che canta 'I Saw the Light.' Anche io ho visto la luce." Dylan dice che oggi non sottoscrive alcuna religione organizzata.

Mentre Dylan idolatrava Mississippi John Hurt e Jimmy Rodgers negli anni Sessanta, oggi egli stesso ha raggiunto quel grado di importanza. Semmai suona ancora più triste. La voce di una generazione è diventata una voce di esperienza, e ci dice che quell'esperienza non gli ha insegnato niente di cui abbia bisogno. In maniera esplicita o meno i maestri del folk e del blues hanno offerto la loro stessa sopravvivenza come rassicurazione.

Ma in "Time Out of Mind," Dylan rifiuta agli ascoltatori quel sollievo; spesso sembra che egli dia il benvenuto alla morte. "It's not dark yet, but it's getting there," canta inerme.

"Ho scritto alcune canzoni che - quando le guardo - mi danno un senso di paura," dice Dylan. "Canzoni come, "It's Alright, Ma," in cui la sola allitterazione mi fa volare via. E posso anche guardare al passato e sapere dove stavo scherzando e dove stavo realmente dicendo qualcosa che avesse una scintilla di poesia".

"Ma quando vai al di là di un certo anno, dopo che sei andato avanti per un certo numero di anni, allora capisci che la vita è breve. E puoi a ragione dire come ti senti.''

traduzione e note di Michele Murino
Nota: la frase che cita Bob (in maniera non esatta) e di cui dice di non ricordarsi è tratta da Giovanni: "Rispose Gesù (...) Bisogna che io compia le opere di colui che mi ha mandato, finchè è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può operare. Finchè sono nel mondo, sono la Luce del mondo."
(Giovanni 9:4-5).

27 Settembre 1997 - Santa Monica, Ca. - Intervistatore: Jon Pareles - dal "The New York Times"


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DYLAN ON DYLAN
Intervista a Bob tratta da "Il mucchio selvaggio" 282/283 (1997)

Domanda: Di tutti i musicisti leggendari degli anni '60 lei è quello che suona di più, che fa più concerti. Cos'è che la motiva ancora?

Bob Dylan: Le canzoni! Nessuno oggi suona il mio tipo di canzoni. E' indubbiamente la stessa cosa per i Rolling Stones. Non sono forse in tournee al momento?

Domanda: Ma loro lo fanno ogni sei anni. Lei, lei è sempre sulla strada, come un vagabondo...

Bob Dylan: (risate) Potete presentare le cose in questo modo, ma non è esattamente così. Piuttosto lo vedo come un mestiere, un artigianato, un piccolo commercio. Fare dei concerti è la mia piccola attività, il mio piccolo business.

Domanda: Ai suoi concerti, si possono vedere delle persone di cinquanta anni e dei ragazzini di diciotto. Che effetto fa radunare così diverse generazioni?

Bob Dylan: Non vedo che migliaia di teste... Gli esseri umani formano una sola ed unica razza. Per me tutti si somigliano. Non faccio distinzioni. Sapete, vedo gente che ha l'aria anziana e che è molto giovane di spirito. Ne vedo altra che h a vent'anni ma che ne potrebbe avere sessanta (risate). Non sono in grado di dirle chi è chi o quale sia l'età di chi mi ascolta.

Domanda: Continua a fare dischi perchè i giovani possiedano le "loro" canzoni di Dylan piuttosto che ascoltare i suoi dischi vecchi che sono la musica dei loro genitori?

Bob Dylan: Può darsi. Ma questa attività è anche un commercio. Io sono cantante come lei è giornalista. Giorno dopo giorno corre dietro la storia seguente, la seguente intervista. Io faccio la stessa cosa, vado verso il concerto seguente, il disco seguente.

Domanda: Ha dichiarato in un articolo di sentirsi a volte un magnaccia.

Bob Dylan: Purtroppo la natura di questo mestiere ricopre in parte questo aspetto. Sì, lo penso veramente, lo percepisco... Tutti coloro che fanno spettacolo sono uguali. Quando sei in scena e guardi la folla e vedi tutti quegli sguardi puntati su di te non puoi evitare di pensare di essere al centro di uno spettacolo carnevalesco, di un circo, di un cabaret... Sei una attrazione. Non una puttana. C'è differenza tra una puttana e un magnaccia (risate)

Domanda: Ma anche se c'è un aspetto di transazione finanziaria nel suo mestiere questo non impedisce necessariamente di farlo con "soul"...

Bob Dylan: Non so cosa voglia dire la parola "soul". Garantisci i tuoi spettacoli con il talento che Dio ha voluto accordarti. Non so se questo è in relazione con il fatto di essere "soulful".

Domanda: Perchè ha sempre rifiutato il suo statuto di icona, il suo ruolo di leader di generazione?

Bob Dylan: Non lo prendo come un complimento. Per me le parole "leggenda" o "icona" non sono che sinonimi educati per "è stato fatto fuori".

Domanda: Meglio un "è stato" che un "non è mai stato"...

Bob Dylan: Non è detto.

Domanda: A volte è un fardello per lei essere Bob Dylan?

Bob Dylan: E' piu facile per me essere me che essere lei. Essere qualcun'altro, di questo, credo non sarei capace. Ma a un certo punto la gloria può essere un handicap. La gloria, la celebrità, sarebbe bello a volte disfarsene. Tutte le persne famose condividono questa sensazione: ci piacerebbe che non ci si rompessero le scatole. Che ci si lasciasse tranquilli.

Domanda: Si interessa di quello che succede al di fuori della musica? E' sempre coinvolto da quello che è, diciamo, lo stato del mondo?

Bob Dylan: No! Sarebbe mentire sostenere il contrario.

Domanda: Però negli anni sessanta lo era... Ha scritto alcune canzoni politicamente impegnate...

Bob Dylan: Può darsi, ma credo che quello che conta per me riguarda il mio lavoro e i miei spettacoli in quanto musicista e cantante. Quello che mi interessa è il tipo di musica che mi piace. Tutto gira intorno a questo.

Domanda: Oggi pensa che la musica popolare non sia più il giusto mezzo per far passare informazioni?...

Bob Dylan: No! Per fare questo esistono i giornali e la televisione.

Domanda: Ma è un atteggiamento molto passivo...

Bob Dylan: Indubbiamente, ma è nella nautra del mondo essere passivi. Quando vai a vedere una partita di calcio non sei tu a giocare sul campo.

Domanda: In primo luogo lei stesso suona in scena e in secondo luogo proviene da una generazione che pensava che si potesse agire sull'evoluzione delle cose e che, infatti, ha un pò cambiato le cose...

Bob Dylan: Può darsi... Può darsi, non so... Io non ho mai pensato che uno dei miei dischi potesse influenzare il corso delle cose. Se avessi voluto agire sulla società avrei fatto altre cose... Sarei stato ad Harvard o a Yale per diventare un politico o una roba del genere.

Domanda: Allora perchè avere scritto canzoni come "Masters of war"?

Bob Dylan: Nelle mie intenzioni "Masters of war" non è affatto una canzone politica. Per dirle ciò che penso fino in fondo, non ne so niente di politica. Sono incapace di distinguere quello che è di destra da quello che è di sinistra.
Non ragiono in questi temini. Un giorno potrò difendere un idea che verrebbe qualificata come conservatrice ed il giorno dopo, su un altro argomento potrei sostenere una posizione che si qualificherebbe di sinistra. Capisce? Quando ho un'opinione non mi chiedo se è di destra o di sinistra. Posso restare della stessa idea su uno stesso argomento ma con angolature diverse.

Domanda: Crosby, Still e Nash pensano di avere contribuito a fermare la guerra del Viet-Nam...

Bob Dylan: Sì, hanno messo fine alla guerra...(risate). Nelle loro intenzioni non c'è dubbio. Facevano quel genere di spettacoli.

Domanda: Ha mantenuto dei contatti amichevoli con i suoi colleghi degli anni sessanta? Gente come i Beatles, gli Stones, Joan Baez?

Bob Dylan: Sì, ci vediamo ancora occasionalmente. Tutti quelli che ci sono ancora si vedono più o meno regolarmente. Conosco tutti quegli artisti che hanno debuttato alla mia epoca. Gli Stones, Crosby, Still, Nash e così via... Ma non parliamo degli anni sessanta o settanta, che idea! Credo che tutto questo sia più importante per il pubblico che per noi. Forse che i giovani parlano di quell'epoca? Si interessano a quello che è avvenuto trenta anni fa? Ne dubito.

Domanda: I giovani sono affascinati dagli anni sessanta perchè era un epoca in cui si potevano cambiare le cose, mentre adesso ci si sente più impotenti.

Bob Dylan: Credo che negli anni sessanta ci fosse "l'idea" che si poteva cambiare il mondo. Questa idea era più importante dell' azione concreta. La sensazione di poter agire era più importante che agire veramente. Oggi è essenzialmente questa idea che manca. Le idee sono una cosa molto potente. Le idee non possono essere uccise.

Domanda: Perchè ha scelto Daniel Lanois come produttore del suo nuovo album "Time out of mind"?

Bob Dylan: Diciamo piuttosto che ci siamo scelti reciprocamente. Avevamo già lavorato insieme sull'album "Oh mercy" ed era andata abbastanza bene. Siamo più o meno sulla stessa lunghezza d'onda per quel che riguarda gli obiettivi da raggiungere, il modo in cui vogliamo che le canzoni suonino.

Domanda: Concretamente, cosa si aspetta da un produttore?

Bob Dylan: Che sia capace di distinguere quello che bisogna suonare e quello che non va suonato. Quello che va tenuto e quello che va buttato via. Che sia capace di sentire che tipo di arrangiamenti richiede un determinato tipo di canzone. Il buon produttore deve essere capace di partorire una canzone nella sua forma definitiva, ideale. Non deve nè mandare la canzone in corto circuito nè sovraprodurla.

Domanda: Il suono di "Time out of mind" è più vivo, più mordace, più vicino ad un suono dal vivo di quello che Lanois aveva ottenuto per "Oh mercy".

Bob Dylan: E' vero. I miei spettacoli dal vivo sono spesso poco aprezzati. I critici che vengono ad ascoltare i miei concerti hanno orecchie vecchie di vent'anni o più. Si aspettano le versioni di vent'anni fa. Paragonare i mei concerti attuali a quelli di vent'anni fa non è un buon approccio. Non c'è niente da paragonare. Non li si può neanche paragonare al paesaggio musicale contemporaneo perchè le mie influenze non hanno niente a che vedere con quello che influenza la musica popolare oggi.

Domanda: Quali sono le sue influenze?

Bob Dylan: Sono molto semplici, molto basilari. La musica degli anni '20, '30, '40, persino '50.
E' un campo molto limitato, molto preciso: alla grande quella che si chiama la musica folk americana. Un pò anche il rockabilly, ma non il rock 'n' roll. Non penso di essere stato influenzato dal rock genere Larry Williams o Little Richard.

Domanda: Sul nuovo album una canzone come Highlands sembra molto improvvisata. Qual è il suo livello di preparazione prima di entrare in uno studio di registrazione?

Bob Dylan: Highlands è un lungo talkin' blues. Ho già registrato questo tipo di pezzo piu volte nei miei dischi precedenti, in particolare all' inizio della mia carriera. In questa forma di musica un cantante può fare quello che vuole, quello che gli passa per la testa, perchè è una forma estremamente semplice. Allora tutti dicono che quel pezzo è stato improvvisato. C'era una base scritta, poi diversi pensieri e idee sono arrivati ad aggiungersi durante la registrazione ed all'arrivo il pezzo non è esattamente quello che era sulla carta.

Domanda: Ma, entrando in studio di registrazione, ha già un'idea precisa di come saranno le canzoni, oppure improvvisa nel corso della registrazione?

Bob Dylan: Con Highlands è stata una miscela delle due con una parte di improvvisazione dal vivo. E' un dodici battute classico. Avrebbe potuto durare più a lungo o essere più breve. Avrebbe potuto prendere un'altra direzione. Avrebbe potuto essere cantato o parlato.

Domanda: Per questo tipo di blues improvvisato, l'aiuto di un collaboratore come Sam Shepard rende le cose più facili?

Bob Dylan: Più facili no ma le rende meno... prive di senso (risate)... Quando trovi un'anima gemella con la quale riesci a scrivere, puoi andare più in fretta e in maniera più efficace di quando sei lasciato a te stesso.

Domanda: Perchè non ripetere l'esperienza?

Bob Dylan: Sam porta avanti la sua carriera, è un autore di teatro; e io sono quasi sempre sulla strada: non abbiamo tutte queste occasioni di vederci.

Domanda: Su questo nuovo album la sua voce sembra forte, sicura, solida.

Bob Dylan: Ho sempre avuto problemi con la registrazione dei dischi. La mia idea di un buon disco, è di registrare le canzoni giuste, con il giusto suono, la giusta strumentazione, la giusta interpretazione... Mettere insieme questa serie di parametri affinchè la canzone mi commuova. Purtroppo sinceramente la tecnologia non mi è amica. Spesso la tecnologia volgarizza il mio stile di musica. Impasta le mie canzoni, le modella in maniera tale da dominarmi completamente. La tecnologia serve agli altri musicisti, i rockers contemporanei, ma per me è un ostacolo.

Domanda: Ma ha l'assistenza di produttori buoni come Tom Wilson ieri, o Daniel Lanois oggi, per dominare la tecnologia.

Bob Dylan: Ogni produttore può fare un disco che suona alla sua maniera, ma suonare alla sua maniera non sarà necessariamente di servizio a ognuno. Funzionerà per la maggior parte dei musicisti, ma non per me. Io ho un campo d'azione molto limitato, circoscritto. Tento sempre di capire una canzone al meglio prima di cantarla e di registrarla. Non mi piace registrare una canzone se non sento che fa parte di me.

Domanda: Si annoia presto in studio?

Bob Dylan: Ah, sì...

Domanda: Nell'album canta "I wish that someone would come and back the clock for me". E' nostalgico della sua gioventù?

Bob Dylan: Ma non condividiamo tutti questo sentimento? Voler ringiovanire è un desiderio tanto bizzarro, una cosa strana che è soltanto mia? Non c'è nessun altro al mondo che a volte ha voglia di rimettere il pendolo indietro? Io so che io ne ho voglia (risate)... Mi piacerebbe ricominciare la mia vita dall'inizio. Se ne avessi la possibilità ritornerei al punto di partenza a partire da adesso.

Domanda: E della sua carriera che ne farebbe?

Bob Dylan: Diamine, non lo so. Se ricominci una vita nuova immagino che sei una persona diversa: vivrei in un posto diverso, imparerei un altro mestiere, sposerei una donna diversa (risate)...

Domanda: Ma nel corso della sua carriera, è passato dal folk all'elettricità, dall'elettricità al country e così via. Si è già reinventato diverse volte.

Bob Dylan: Ma questa è la natura umana (risate)... In ogni vita umana ci sono degli avvenimenti, delle svolte. Non è premeditato. Le cose succedono, la vita scorre, è tutto. C'è forse un grande senso divino dietro tutto questo... In effetti, ne sono persino sicuro.

Domanda: Vorrebbe dire che lei non ha "scritto" le sue canzoni ma che navigavano nell'universo e che lei se ne è impossessato?

Bob Dylan: E' quello che diceva Woody Guthrie. Questa concezione della creazione viene da lui. E in un certo modo penso sia molto corretta.

Domanda: Un cantante impegnato come Guthrie pensava che le sue canzoni fossero di essenza divina.

Bob Dylan: Woody era un autore di canzoni molto prolifico. In alcune biblioteche, si possono trovare dei libretti di canzoni che non aveva registrato: pezzi di testi, canzoni che ancora non avevano una melodia, poemi... Era un artigiano stakanovista.

Domanda: Ormai i suoi testi sono molto semplici, diretti, uno stile molto lontano dal suo stile barocco degli anni '60.

Bob Dylan: I miei testi si sono evoluti già da un certo periodo. Non è una cosa nuova.

Domanda: Questi sono molto melanconici, molto cupi.

Bob Dylan: C'è sempre una grande differenza tra i miei album e me. Ma non sono d'accordo, non trovo affatto che i testi di "Time out of mind" siano disperati. Se vuoi la vera tristezza, la vera disperazione, apri i giornali, guarda quello che succede in Bosnia, in America Latina, nel Medio Oriente... Lì si può parlare di tonalità cupe.

Domanda: Però il disco parla soltanto di rapporti amorosi falliti, di paesaggi deserti e di strade morte. E' un album molto spopolato, molto solitario.

Bob Dylan: Cantavo già degli amori persi nel mio primo album. In definitiva questo nuovo album è molto legato al mio primo album, il cerchio è chiuso (risate)...

Domanda: Quando per esempio scrive, "My sense of humanity is going down the drain", esprime la sua condizione esistenziale, la sua sensazione sull'umanità in genere?

Bob Dylan: Le dirò, quella frase, è come quando Elvis canta "I ain't nothing but a hound dog". Non andrà a chiedere a Elvis se si sente come un cane (risate)... Non sono che parole. Si cambia da un minuto all'altro, mi capisce? Un testo cattura il tuo stato d'animo in un momento preciso della giornata. ma si può molto facilmente cambiare il minuto, l'ora o il giorno seguente. Allora, tutto quello che ha letto intorno a quell'album, tutte quelle esegesi, tutte quelle analisi, bene, sono tutte vere, tutti hanno ragione (risate)...

Domanda: La infastidiscono tutte queste interpretazioni, tutte queste persone che ascoltano i suoi testi e ci trovano una quantità di significati?

Bob Dylan: No, non mi disturba. Devo essere probabilmente l'unico cantante che ha questo atteggiamento.

Domanda: Il suo nuovo album ha ricevuto delle critiche di elogio. Le critiche la colpiscono ancora?

Bob Dylan: Ne ho scorsa qualcuna, ma sinceramente, non le leggo molto. Ho pubblicato talmente tanti dischi... Spero che vengano ricevuti bene. Quando succede ci si dice che valeva la pena lavorarci sopra.

Domanda: Lei dice che il rock è qualcosa di duro, che va veloce... Qual è la sua definizione del blues?

Bob Dylan: Il blues ha sempre una struttura molto semplice. E' un formato ideale per dire tutto quello che vuoi dire. Una forma pura. Non so chi ha il senso innato del blues e chi non ce l'ha. non sono neanche sicuro che qualcuno si identifichi fortemente nel blues nel nostro mondo moderno. Per me il blues è una cosa rurale, agreste, e anche quando è stato portato nelle grandi città, il blues è rimasto una forma campagnola, primitiva, malgrado l'elettricità. Ma il problema è tutto là: tutte le musiche che si sentono oggi, non sono che elettricità, o persino elettronica. Non si sente più respirare il cantante dietro quel muro elettrico, non si sente più battere un cuore. Più ci si rifugia nella tecnologia e nelle macchine, meno si è legati al blues.

Domanda: Come è successo che un Bianco del Minnesota, come lei, si sia orientato sul blues?

Bob Dylan: Quando crescevo, le diverse regioni dell'America erano legate tra loro attraverso la radio. All'epoca i DJ erano più liberi di oggi, passavano i dischi che volevano. I trasmettitori erano potenti, si potevano captare delle stazioni lontane. Prenda l'esempio di Hendrix. E' cresciuto a Seattle, non particolarmente una regione di blues. Ma ha indubbiamente vissuto la stessa esperienza che ho vissuto io, la scoperta del blues attraverso la radio. La radio collegava le persone tra loro. Non è più così oggi. Non so quando tutto questo sia cambiato esattamente ma adesso le radio sono molto omologate.

Domanda: Si ricorda della sua prima esperienza della radio, della prima volta in cui il blues l'ha segnata?

Bob Dylan: Quando l'ho scoperto, è stato come una rivelazione. Ma non mi ricordo esattamente della prima volta, non mi ricordo più molto bene chi fosse famoso all'epoca. Sì, mi ricordo del cantante Johnny Ray. Si sapeva che era diverso, dinamico, che aveva del cuore e del soul. Ray è un'anomalia tra i cantanti di successo un pò insipidi come Perry Como, Patty Page. Mi ricordo di avere pensato che era uno dei pochi a farmi provare qualcosa di profondo. Più tardi mi sono messo ad ascoltare del country, gente come Hank Williams. Nel Minnesota, sa, si poteva anche captare il Grand Ole Opry. La radio legava gli americani tra loro, era il cemento del paese - soprattutto negli anni'50.

Domanda: Ascoltando la radio in quel periodo, cercava già di esercitare la voce, di cantare alla maniera dei bluesmen?

Bob Dylan: Non proprio. Mi sono messo ad ascoltare moltissimo folk rurale e penso che ho sviluppato il mio stile ascoltando Woody Guthrie. Ma è stato un processo inconscio, non intenzionale.

Domanda: Si ricorda di quando, come e perchè ha deciso di diventare cantante, musicista, autore?

Bob Dylan: Non me ne ricordo. I miei ricordi non sono abbastanza precisi. Non mi ricordo di avere fatto altra cosa nella vita che il cantante e l'autore (risate)...

Domanda: Cosa significa un musicista come Jimmie Rodgers per lei?

Bob Dylan: Mi sono identificato moltissimo con lui. Persino Woody Guthrie è stato influenzato da Jimmie Rodgers. La sua voce era una di quelle voci emblematiche che sorvolano e segnano un'epoca. Mi piacerebbe cantare più spesso del Jimmie Rodgers, ma la gente mi identifica con le mie canzoni, non come interprete di canzoni che sono già state scritte. Le covers sono un terreno che non ho mai potuto sviluppare enormemente perchè la gente si aspetta da me che registri le mie proprie canzoni. E' il mio dilemma.

Domanda: Ciò non dimeno, ha registrato recentemente due album di covers folk, "Good as I been to you" e "World gone wrong", piuttosto ben accolti.

Bob Dylan: Due album folk composti di canzoni che fanno parte del dominio pubblico. Di nuovo, niente di nuovo per me, è quello che facevo quando ho iniziato: il mio primo album era già un disco di covers folk. Ho fatto "Good as I been to you" e "World gone wrong" per ricordare alla gente - nel caso lo avesse dimenticato - da dove veniva la mia musica, quali fossero le radici delle mie canzoni.

Domanda: Quei due album di covers le hanno permesso di caricare l'orologio, di guadagnare del tempo in attesa che ritornasse l'ispirazione?

Bob Dylan: Indubbiamente, perchè bisogna ammettere che non avevo gran che di nuovo da registrare. Avevo dei frammenti sparsi di testi o di melodie ma niente di completo, niente di solido. Ho fatto quei due album anche per ritrovare la semplicità e la libertà di fare un disco completamente da solo, senza nessun altro. Per me è stata una sfida necessaria. Mi piacerebbe ricominciare, soprattutto con il suono che oramai si può ottenere. Non si aveva il suono ottimale. Quello che abbiamo provato sull'ultimo disco, è stato di registrare un cd contemporaneo, cioè utilizzando a fondo tutta la tecnologia attuale. Non bisogna nasconderselo: tutti i dischi degli anni '20 o '30 sono stati corretti per essere trasferiti su cd. Quando ascolti uno di questi cd oggi, non puoi misurare l'impatto che hanno avuto alla loro epoca, non ti rendi conto dell'effetto che hanno prodotto quando li abbiamo ascoltati per la prima volta, quando facevamo girare una rotella di vinile su un giradischi a puntina. I cd non hanno quel tipo di impatto... ed è un pò colpa della tecnologia. Tutti quei gruppi con chitarre che suonano come seghe elettriche, con batteristi che strisciano sotto le casse e i piatti, tutto ciò è talmente rumoroso, stridulo. Non si possono controllare, trattenere suoni simili. Dopo, metti il cd e non senti che un baccano informe. Tutto ciò non è naturale, non è la riproduzione di un suono umano. Vai in qualsiasi bar a sentire un gruppo di blues e sarai toccato, commosso: in seguito lo ascolti su cd e ti chiedi dove è andato a finire il suono che hai sentito nel bar.

Domanda: Non ascolta i suoi vecchi dischi su cd?

Bob Dylan: Non ascolto mai i miei vecchi dischi.

Domanda: Perchè no?

Bob Dylan: Non voglio essere influenzato da me stesso... Non voglio guardare il mio passato, voglio andare in avanti. Forever young (risate)

Domanda: In compenso si rivolge sempre verso la vecchia musica degli altri.

Bob Dylan: Sempre. Semplicemente perchè non credo che sia stato fatto di meglio.

Domanda: Un'idea che non corrisponde a una frase come "the times they are a-changin'".

Bob Dylan: But they are changing back...

Domanda: Dipinge sempre?

Bob Dylan: Ci provo. La pittura è un'attività esigente, molto intensa perchè dipingo cose della vita vera. Questo mi richiede una preparazione molto impegnativa.

Domanda: Qual è la condizione del suo rapporto con la letteratura. E' stato nominato per il premio Nobel.

Bob Dylan: Peccato che non lo abbia ottenuto (risate)... So che il Nobel è una delle onorificenze più elevate. Nobel, non è il tipo che ha inventato la dinamite? (risate)...

Domanda: Il suo amico Allen Ginsberg era un grande poeta. Lei stesso non si considera come un poeta. Qual è la distinzione tra un poeta e un autore di canzoni?

Bob Dylan: Una canzone può celare degli elementi poetici, ma la differenza, credo, è che una poesia non ha bisogno di essere definita, limitata, catalogata, mentre una canzone deve ubbidire a determinate regole. Il formato canzone è molto più restrittivo e limitato. Una poesia è una cosa libera, il cui campo è infinito. Una cosa importante sull'inizio degli anni '60: si arrivava alla fine dell'era della musica folk e questo forse permetteva di collegarsi alla poesia perchè la televisione non era ancora tanto dominante. D'improvviso le persone ascoltavano ancora il contenuto di una canzone, come delle storie che potevano prendere il posto delle informazioni. Woody Guthrie era uno dei migliori detentori di questo stile: le sue canzoni parlavano di quello che succedeva qui e lui le cantava là... Prima che la tv e i media si impossessassero di ogni cosa, le persone si informavano attraverso le canzoni, le ascoltavano attentamente e questo le metteva al corrente di quello che succedeva lontano da casa loro. Se ascolta il lungo lignaggio di canzoni folk, vedrà che questo è ciò che si verifica: tutta la storia recente degli Stati Uniti appare in filigrana nelle canzoni folk. Adesso è finita; una canzone non ha più questo potere o questa funzione perchè le persone sanno tutto istantaneamente. E la poesia ha conosciuto un declino parallelo. Credo che oggi ancora si possa scrivere della grande poesia, secondo delle angolazioni diverse, e che un grande poema possa nascondere un senso più importante che i telegiornali. non è invece più vero per le canzoni.

Domanda: L'era della comunicazione di massa avrebbe distrutto l'essenza della musica popolare?

Bob Dylan: In ogni caso ha distrutto l'essenza delle canzoni folk. Non sostengo che tutta la musica non sia più la stessa, parlo adesso di un campo molto particolare. Se ascolti le canzoni dell'inizio del secolo, che erano anche poesia amara, ne troverai, per esempio, una ventina sul naufragio del Titanic. Ognuna ti dà un punto di vista diverso, ognuna è provata nel fondo del cuore. E non si limita al Titanic: troverai anche delle canzoni sull'assassinio di James A. Garfield, su un disastro nelle miniere di carbone... C'erano delle canzoni su tutti gli argomenti e secondo tutte le angolazioni. I media hanno distrutto tutto questo.

Domanda: Le piacerebbe che si conservasse di lei l'immagine di colui che ha introdotto la poesia nel rock?

Bob Dylan: Non penso a questo tipo di questioni. Se non l'avessi fatto io, in ogni modo qualcun altro l'avrebbe fatto al mio posto. Quello che ho aggiunto al rock, è soprattutto la musica folk, ho aiutato a far conoscere una musica semplice. All'epoca in cui ho iniziato, questa conoscenza non era così diffusa; la gente non sapeva chi fosse Leadbelly, non aveva mai sentito parlare di Blind Willie McTell, non ascoltava Woody Guthrie... Era come oggi. La musica pop è più o meno nelle stesse condizioni di quando ho iniziato. I musicisti contemporanei non ascoltano molto Woody Guthrie. Io, ascoltavo persone come Leadbelly perchè sapevo che dicevano la verità. Ancora oggi non ascolto la musica nello stesso modo di un consumatore medio: per me la musica non è una semplice distrazione.

Domanda: Si ricorda della prima volta in cui ha sentito l'antologia folk di Harry Smith?

Bob Dylan: L'ho sentita molto presto, quando era ancora difficile trovare quel tipo di canzoni. All'epoca quell'antologia folk non era in vendita, non era disponibile in negozio, solamente nelle biblioteche. Credo di averla sentita da qualcun altro, una persona più vecchia di me che ce l'aveva. Tutto il tesoro della musica folk era su quel disco. Quando l'ho sentito, mi sono detto che lì avevo molte canzoni da imparare. Anche il linguaggio mi aveva colpito, era un linguaggio poetico. Ognuna di quelle canzoni non era che poesia pura, senza il minimo dubbio. E' quel linguaggio, diverso dal linguaggio quotidano parlato, che mi aveva sedotto per primo.

Domanda: Un disco simile potrebbe avere lo stesso impatto oggi?

Bob Dylan: Se capisci bene quelle canzoni, se sei capace di interpretarle bene, allora puoi andare ovunque in quanto musicista autore di canzoni. Qualsiasi sia il tuo campo di attività, bisogna sempre cominciare dalle basi - se puoi avere accesso a quelle basi.

Domanda: Le persone hanno voglia di sentirla suonare le sue canzoni al modo in cui suonavano trenta anni fa, e lei non lo fa mai.

Bob Dylan: Secondo me le canzoni sono delle entità viventi. Non mi annoio mai a suonare quelle canzoni perchè contengono una verità, una vita autonoma. Le versioni non sono mai esattamente le stesse da un concerto all'altro. Le registrazioni originali sono come dei prototipi. Non posso riprodurre quei prototipi, non posso suonare delle versioni sempre identiche perchè ogni disco è stato registrato con dei musicisti diversi, dei gruppi diversi, degli arrangiamenti diversi... Bisognerebbe che riunissi ogni sera un centinaio di musicisti per riprodurre le mie canzoni in maniera identica (risate)... Non vado in tournee per promuovere un disco, vado in tournee per suonare e i miei dischi sono disponibili nei negozi come eventuale ricordo del concerto. In effetti, non mi considero in tournee: suono un certo numero di concerti ogni anno, è tutto, non è una tournee. Potrei smettere dall'oggi al domani. Una parte di me vuole continuare, un'altra parte vorrebbe farla finita una volta per tutte.

Domanda: Se Woody Guthrie fosse vivo, pensa che andrebbe avanti in questo modo: fare dei concerti quasi continuamente, come un artigiano del palcoscenico?

Bob Dylan: Viveva e suonava in un'epoca ben diversa da oggi. Non esisteva una massificazione della sua musica: non era conosciuta istantaneamente nel mondo intero, come succede oggi.

Domanda: Suona sempre più da chitarra solista, in uno stile che è una specie di incrocio tra Link Wray e Django Reinhardt.

Bob Dylan: (scoppia di risate) ...E' una definizione simpatica, interessante. Beh, per quello che riguarda il mio stile non so neanche se lo si possa chiamare uno stile. Deriva dalla scuola folk, in particolare per il suo ritmo. Ma al di fuori di questi canoni, il mio stile si accontenta di seguire il ritmo del batterista; siamo assestati sulle stesse strutture ritmiche. Ed è tutto. In ogni caso, non vorrei essere conosciuto in quanto chitarrista solista - sarei peraltro decisamente incapace di farmi carico di una reputazione simile. Ma nessuno vuole suonare al mio posto quella partitura di chitarra ritmica che ci tengo a sentire. Per anni ho tentato di reclutare quel tipo di musicista ma nessuno ha voluto proseguire. Forse perchè quello che richiede questo ruolo è troppo semplice, troppo facile.

Domanda: La sua tournee con i Grateful Dead, negli anni '80, ha trasformato il suo approccio ai concerti.

Bob Dylan: Suonare con i Dead è stata una svolta cruciale per me. Mi hanno insegnato a guardare le mie vecchie canzoni in profondità, canzoni che ero incapace di cantare all'epoca. Avevo delle difficoltà a cogliere il loro senso esatto, perchè contenevano talmente tanti livelli di lettura... Erano troppo complesse per me. Ma per i Dead (risate)... Per loro quelle canzoni avevano un senso molto importante. Questo mi ha incuriosito: perchè loro capivano le mie canzoni ed io no? Credo che fosse una questione di tecnica musicale e strumentale, una questione di concentrazione, una questione di comprensione dei testi - non alla lettera ma nel loro spirito. Lo spirito generale di quelle canzoni si era allonantato da me nel corso degli anni. Forse perchè avevo suonato quelle canzoni con molti gruppi diversi. E può darsi che tutti quei gruppi diversi non avessero veramente capito bene tutte quelle canzoni. Questo mi ha influenzato. Fino a che non suono con i Dead e non mi accorgo che loro capivano quelle canzoni meglio di me stesso. Questo mi ha permesso di sbloccare alcuni meccanismi.

Domanda: Questo allontanamento dalle sue vecchie canzoni corrispondeva anche ad un allontanamento di se stesso rispetto al giovane Dylan?

Bob Dylan: Avevo dimenticato il mio passato ben prima di quel periodo (risate)...

Domanda: E' importante per lei interessare le nuove generazioni?

Bob Dylan: No. I giovani sono di un'epoca e di una cultura diversa dalla mia. I miei nipoti si interessano a gruppi ed a cantanti che non conosco; sono i loro gruppi. Io suono per la generazione che capisce i miei sentimenti, il mio stato d'animo.

Domanda: Ascolta la radio contemporanea?

Bob Dylan: Molto occasionalmente. Personalmente, mi piace ascoltare i programmi radio all'antica - sembra che quel tipo di trasmissioni ritorni un pò. E' persino il tipo di programma che ascoltavo da ragazzino: della roba genere gruppo di teatro che suona della musica ma che racconta anche delle storie...

Domanda: Ma ammettiamo che capita su un successo di Bon Jovi o di Springsteen: sa di cosa si tratta?

Bob Dylan: Bon Jovi, non lo saprei riconoscere (risate)... Bruce è diverso, è come un fratellino per me. Ha costruito una musica che si differenzia da quell' hard rock grossolano che si sente dappertutto ma che io non ascolto mai. Invece trovo che il rap sia legato in maniera più pura al blues delle musiche che pretendono di discendere dal blues. Non mi piace neanche tanto il nuovo soul, i cantanti che derivano da Marvin Gaye o da Stevie Wonder... Per quello stile di musica, è ancora lui il migliore, non vale la pena andare a cercare altrove.

Domanda: Un giorno, quando le si chiedeva dei suoi cantanti preferiti, ha risposto Charles Aznavour.

Bob Dylan: Dicevo veramente sul serio. Adoro Aznavour. Tutta questa storia è cominciata quando ho visto quel film "Tirate sul pianista" (di Francois Truffaut, n.d.r.). L'ho persino visto più volte perchè adoravo particolarmente tutta l'ultima parte nella neve: mi ricordava tanto la regione della mia infanzia. Ma anche il tono del film mi piaceva enormemente. E' semplice, mi sono completamente identificato in tutti gli aspetti di quel film. Qualche mese più tardi Charles Aznavour è venuto a suonare a New York ed io ero il primo nella coda per i biglietti.

Domanda: Le piacciono i Wallflowers, il gruppo di suo figlio, Jakob Dylan?

Bob Dylan: Assolutamente. Suonano in un'epoca diversa dalla mia, ma è la loro epoca.

Domanda: E' coinvolto dalla carriera musicale di suo figlio o piuttosto indifferente?

Bob Dylan: Il mio primo riflesso, la mia prima sensazione, è stata di sperare che non si facesse strapazzare in quanto figlio di Dylan. Ci sono molti cantanti i cui genitori sono nello stesso business, ed è a volte difficile per loro.

Domanda: Può parlare della sua esperienza bolognese?

Bob Dylan: Oh, era un mega spettacolo... Credo di aver suonato "Forever young" (risate)...

Domanda. Non è strano vederla stringere la mano al Papa quando negli anni '60 lei era l'emblema della contro cultura?

Bob Dylan: All'epoca era indubbiamente un Papa diverso.

Domanda: Pensa che l'animo umano possa capire l'idea di passato e di futuro? Oppure queste idee non sono che illusioni che possono essere manipolate?

Bob Dylan: Ecco una grande questione insondabile. In un certo modo, tutto quello che conosciamo oggi esiste dall'epoca di Dante e risale persino ai tempi di Mosè. C'è qualcosa di eterno in terra, che sta lì, che fa parte del mondo invisibile - invisibile ai nostri occhi. Non percepiamo che quello che riusciamo a vedere, ma non possiamo vedere il mondo invisibile. E non mi sorprenderebbe se in questo mondo invisibile quello che esisteva secoli fa esistesse ancora oggi. Alla base le persone sono sempre le stesse no? Vivono in epoche diverse, in culture diverse, ma i sentimenti umani profondi in realtà non cambiano.

Domanda: L'anno scorso, The times they are a-changin' è stato utilizzato in uno spot pubblicitario per una banca canadese. E' un problema?

Bob Dylan: Ah, no, non per me (risate)... I miei problemi non si collocano in quel campo li.

Domanda: Dove si collocano allora?

Bob Dylan: In qualche posto, dall'altra parte.

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"Per qualche motivo, mi sento attratto dall'autodistruzione..."

Al cuore di Dylan - da 'USA Today' - 28 Settembre 1997

SANTA MONICA, California - Mal di cuore. La parola, sia da un punto di vista letterale che figurato, definisce Bob Dylan nel 1997. Dopo essere sopravvissuto ad una potenzialmente mortale infezione cardiaca, il cantautore sta ricominciando la sua carriera leggendaria grazie ad un potente album composto di canzoni che parlano di amore perduto e di speranza che viene a mancare.

'Time Out of Mind', nei negozi Martedì, esamina la mortalità e le pene del cuore grazie ad undici ruvide e potenti tracce. Sebbene sia stato completato molto prima che Dylan fosse ricoverato in ospedale, le liriche hanno acquisito una risonanza nuova alla luce della sua recente malattia.

I discepoli, infatti, rimugineranno a proposito di versi che recitano: "When you think you've lost everything, you find you can lose a little more," "It's not dark yet but it's getting there" ("Quando pensi di aver perduto tutto, scopri che puoi perdere qualcos'altro" - "Non è ancora scuro ma lo sarà tra poco")

A 56 anni, quasi quattro decadi dopo le sue prime apparizioni pubbliche, Dylan ha ricevuto un coro di elogi per 'Time Out of Mind': il disco ha ricevuto un "A+" sulle pagine della rivista 'Entertainment Weekly', 4 stelle gli sono state attribuite anche da 'Rolling Stone', "...il suo miglior lavoro fin dalla metà degli anni '70," ha gridato al limite del delirio il 'New York Times'. Dylan è il ragazzo copertina di 'Newsweek'. Sabato ha suonato per il Papa. A Dicembre è diventato il primo artista rock ad essere consacrato con il premio del Kennedy Center.

Dylan, magro ed elegante con indosso una camicia nera, calzoni sportivi e scarpe sportive di pelle, sembra tutto tranne che imbronciato durante quella che è una rara intervista. I suoi occhi azzurro chiaro, pronti al sorriso, ed un contegno vivace ed animato lasciano trasparire una buona salute ed uno spirito alto. E' rapido a scoraggiare gli analisti che vorrebbero smantellare e sezionare le sue canzoni alla ricerca di indizi che riguardino morte e disperazione.

"Non penso che le canzoni debbano o possano essere interpretate in questo modo," dice, la schiena appoggiata alla finestra dell'albergo dalla quale si vede il tramonto del Pacifico. "Non puoi cercare di interpretare una canzone di Hank Williams. Hank l'ha cantata e l'ha eseguita, questo è tutto. Ora tocca all'ascoltatore decidere se essa lo commuove o no. In realtà non si tratta nemmeno di qualcosa che decide l'ascoltatore. E' una cosa che avviene in maniera inconscia."

"Io lascio che le canzoni volino, e che la gente risponda ad esse. Se poi gli ascoltatori ne traggono una interpretazione valida o se invece le guardano con un falso occhio, non mi interessa, non è una cosa che mi riguarda."

Ed il ferocemente riservato Dylan non è nemmeno disposto a spiegare i racconti di amore infranto presenti in 'Time out of mind', tranne ammettere che le canzoni sono derivate da sue esperienze personali.

"Certo, posso anche identificarmi con altre persone e con altre situazioni, ma in genere tendo a non farlo," dice. "Preferisco richiamare alla mente cose che sono accadute nella mia vita, e non devo forzare me stesso a farlo. Il solo fatto di essere in certi ambienti fa scattare una risposta nella mia mente, una certa sensazione che poi mi vien voglia di raccontare. Per qualche motivo, mi sento attratto dall'autodistruzione. So che quel grande sacrificio personale ha moltissimo a che fare con il modo in cui viviamo o non viviamo le nostre vite."

"Queste canzoni non sono allegoriche," sottolinea Dylan. "Ho smesso di scrivere in quel modo. I dogmi filosofici non mi interessano più."

Il più analizzato e tuttavia il più inscrutabile artista del pop non nega la sua natura "mercuriale" oppure il suo disprezzo per le etichette di ribelle, poeta e profeta. Sebbene abbia radicalmente trasformato il folk, il rock ed il genere cantautorale negli anni '60, Dylan si rifiuta di clonare lavori dei suoi inizi e adotta una posa umile.

"Non mi considero un autore di canzoni nel senso in cui si può considerare Townes Van Zandt o Randy Newman," dice. "Non sono Paul Simon. Non posso fare come lui. Le mie canzoni nascono dalla musica folk e dai primi brani di rock 'n' roll, e questo è tutto. Non sono un autore di testi classico, non sono un autore di liriche meticoloso. Non scrivo melodie che siano ingegnose oppure orecchiabili. E' tutto quanto molto ben documentato da un punto di vista della tradizione."

L'autore di canzoni più influente dell'era moderna riconosce che il suo fascino sulle masse è in declino.

"Ho l'impressione che oggi la gente non presti davvero attenzione ai miei dischi," dice. "Sono consapevole del fatto che non vendo più dischi come ne vendevo negli anni '80 o negli anni '70, però mi va bene ugualmente, finchè posso suonare dal vivo e finchè il pubblico giusto viene a vedermi in maniera appropriata. Non sto a guardare quali sono i dischi che sono in cima alle classifiche. Ho smesso di farlo tanto tempo fa."

Comunque ha preso nota dell'ascesa di suo figlio Jakob, il quale, con il suo gruppo, i Wallflowers, al numero 31 della classifica di Billboard dopo 64 settimane, ha superato da un punto di vista commerciale i lavori di suo padre usciti negli anni '90.

"Sono orgoglioso dei suoi successi," dice Dylan. "E' ancora giovane, e ha fatto molta strada in un tempo molto breve. Ero preoccupato per lui quando ha iniziato. Non volevo vederlo trattato male. Il mondo della canzone può farti precipitare in acque profonde."

Gli abissi più oscuri? La celebrità. "Mi mortifica anche solo pensare di essere una celebrità," afferma Dylan. "Non lo sono. E non vorrò mai esserlo. Conduco un'esistenza molto isolata. Sul palcoscenico è differente perchè quelle persone mi guardano in quanto artista.

"Se diventi una celebrità perdi il tuo anonimato. La celebrità manda in corto circuito il tuo potere creativo. La gente continua a venire da te e ad interrompere il tuo treno di pensieri. La gente ti considera completamente avvicinabile. E tu non puoi essere rude nei confronti di queste persone, allora finisce che fondamentalmente te ne resti zitto. Io faccio così. Resto in silenzio quando la gente viene da me e vuole stringermi la mano o vuole parlarmi. E' solo tempo perso."

Dylan evita la stampa, aborrisce le sedute fotografiche e pubblica dischi con una promozione davvero minima.

'Time out of mind' contiene il suo primo gruppo di canzoni originali fin dal disco del 1990 dal titolo 'Under the Red Sky'. Da allora Dylan ha pubblicato un cofanetto di rarità, il suo terzo album di grandi successi, un disco della serie MTV Unplugged, e due raccolte di canzoni folk e blues d'epoca, il 'Good as I been to you' del 1992 e il 'World Gone Wrong' del 1993.

Realizzare 'Time out of mind' è stata un'esperienza liberatoria per Dylan, il quale a volte può sentirsi schiacciato dal peso della sua leggenda. I classici che esegue sul palcoscenico "sono provati per essere veri e forti, in caso contrario non potrei cantarli sera dopo sera," dice. "Non è che possa eclissarli."

"Non sto cercando di farlo ma per registrare nuove canzoni queste devono necessariamente rientrare in quell'arena, ed è questo il motivo per cui mi ci vuole un sacco di tempo per comporre. Pensavo continuamente: "Queste nuove canzoni saranno all'altezza di quelle che suono sera dopo sera?"

Dylan considera i suoi primi dischi come dei prototipi grezzi che sul palco sono poi maturati. Prodotte da Daniel Lanois lo scorso Gennaio in uno studio di Miami, le nuove canzoni sono state catturate dal vivo con musicisti controllati con una produzione a bassa tecnologia.

"Questo disco non è una bozza," dice Dylan. "Questo è il modo in cui le canzoni devono essere eseguite, è così che devono andare. Questo disco è passato attraverso varie evoluzioni. Quello che ascolti è il risultato che è venuto fuori da tutta quella confusione, quel labirinto di fuoco che ci vuole per renderne perfetti l'arrangiamento e la struttura."

"Non c'è niente di contemporaneo in questo disco. Non ci sono trucchi o stratagemmi. Siamo ritornati ad un modo molto primitivo di registrare dischi, a quello che succedeva prima dell'avvento della tecnologia. Si tratta di un concetto quasi rivoluzionario di questi tempi."

L'uomo che scioccò i seguaci del folk utilizzando strumenti elettrici, ora è invece preoccupato perchè il rumore ad alto voltaggio sta estirpando la musica Americana tradizionale.

"Guarda tutta questa elettricità, tutta questa stregoneria tecnologica," dice. "Stacca le spine e probabilmente pochi di questi artisti riuscirebbero a commuoverti, perchè non sanno suonare. Sono dominati dall'elettricità. Persone come Elmore James suonavano con strumenti acustici e usavano l'elettricità per essere sentiti in una stanza affollata. Non dipendevano dall'elettricità per nascondere un talento che non possedevano. Io non voglio suoni fatti a strati. E' un vicolo cieco."

Dylan stava ancora completando 'Time out of mind' quando è stato colpito dalla sua malattia in Maggio. E' stato dichiarato sano dopo un esame medico preliminare.

"Ne ho preso atto ma il dolore non se ne andava," dice. "Era un dolore insopportabile, da toglierti il fiato."

Quindi Dylan è stato ricoverato il 25 maggio e gli è stata diagnosticata una pericardite, un rigonfiamento della sacca intorno al cuore, provocata da un'infezione dovuta ad un fungo, un'infezione conosciuta come istoplasmosi. Dylan ha trascorso sei settimane a letto. Il suo scontro con la morte gli ha provocato delirio e dolore ma nessuna rivelazione spirituale.

"Non ho avuto pensieri profondi o filosofici," dice. "Il dolore mi ha bloccato e mi ha bruciato la mente. Stavo così male che la mia mente si è completamente svuotata. Ora sto migliorando, è tutto quel che posso dire al momento."

La sequenza di eventi verificatasi quest'anno - la paura per la sua salute, il successo di 'Time Out of Mind', l'incontro con il Papa - ha ingigantito il potere di Dylan in quanto star e ha alimentato una sorta di deificazione che prosegue ancora oggi e che lo trova alquanto perplesso. Nel 1990, Dylan ha ricevuto la più grande onorificenza culturale Francese. L'anno successivo ha ricevuto il Grammy Award alla carriera. E nel 1992, un concerto al quale hanno partecipato un grande numero di star (in pay-per-view) ed un album hanno celebrato il suo 30mo anniversario.

Tali onori "sono giunti inaspettati e non richiesti ma non sono indifferente al riguardo," dice. "Li ho apprezzati molto."

Dozzine di libri sono stati dedicati all'enigmatico trovatore. Ma lui non li legge.

"Non leggerò certo un libro che parla di me stesso," dice con un riso soffocato. "Voglio dire, perchè dovrei farlo? Già ci sto abbastanza con me stesso. Mi sveglio ogni mattina e sono ancora me stesso. Sarebbe una tortura dover leggere a proposito di me stesso. Preferisco leggere libri su chiunque altro tranne che su di me."

traduzione di Michele Murino

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"La gente non è cambiata dai tempi di Mosè..."
Da "Der Spiegel" - 16 Ottobre 1997


"LA VITA E' COSI'. SUCCEDE"

Intervista con Bob Dylan sulla musica pop, la politica ed il suo nuovo album, "Time out of mind".

Domanda: Signor Dylan, in primavera lei è quasi morto a causa di una malattia al cuore. Come sta adesso?

Bob Dylan: Ora sto meglio, ma per un certo periodo ho avuto seri problemi.

D: Ha pensato che Elvis avesse inserito il suo nome nella lista del suo coro in paradiso?

BD: Proprio così!

D: Il suo nuovo album 'Time out of Mind' è stato considerato il suo migliore da oltre venti anni a questa parte. Ma suona amaro, tetro e molto triste...

BD: Non sono del tutto d'accordo. Quello che succede in Bosnia o in Sud America è amaro.

D: Però lei canta: "Cammino per strade morte" e "La festa è finita e c'è sempre meno da dire"; e si lamenta: "Il mio senso di umanità è andato giù per lo scarico"; non le importa molto delle donne e canta che deve vivere nella "stessa vecchia gabbia".

BD: Sul mio primo album avevo già avuto a che fare con relazioni amorose infelici. La gente non dovrebbe prendere ogni cosa in maniera così letterale. Elvis cantava: "You ain't nothing but a hound dog". Sarebbe davvero stupido chiedere ad Elvis se era serio. Si cambia di attimo in attimo. Un disco cattura l'atmosfera del momento. Un'ora dopo è tutto differente. Qualsiasi cosa sia detta in questa raccolta di canzoni, in qualche modo calza.

D: Il suo slogan "Non seguire i leader..." negli anni sessanta è stato un paradosso perchè dopo quella frase lei è stato venerato ancora di più da un sacco dei suoi ammiratori. Lei viene considerato un artista incorruttibile che odia ciò che è commerciale e il cui lavoro è autentico e sincero.

BD: Di certo mi piacerebbe che mi venisse risparmiato il peso di dover meditare a proposito di quello che i miei ammiratori pensano di me o delle mie canzoni. Ma è vero, sembra che io sia uno dei pochi artisti che attrae quel tipo di persone.

D: Fin dalla metà degli anni sessanta sembra che lei ne abbia avuto abbastanza di essere considerato l'icona della controcultura o persino il portavoce.

BD: Non prendo questi titoli come un complimento. Personalmente penso che parole come "icona" o "leggenda" siano soltanto altri termini per indicare persone dell'altro ieri di cui nessuno vuole più sapere al giorno d'oggi.

D: E' dura per lei essere Bob Dylan?

BD: E' più facile essere me che qualcun altro. Ma proprio come avviene per la maggior parte della gente famosa, voglio solo essere lasciato in pace il più delle volte.

D: E' ancora interessato alla politica?

BD: No. Tutto quello di cui mi importa sono le mie esibizioni in quanto musicista e cantante. Tutto nella mia vita riguarda solo la musica che amo.

D: E' ancora possibile al giorno d'oggi influenzare il mondo con le canzoni? Essere politico nel senso di lanciare dei messaggi?

BD: No, per quello ci sono i giornali. Quando la gente vuole occuparsi del mondo dovrebbe guardare la televisione.

D: E' una cosa molto passiva.

BD: Il mondo è diventato così. La gente va a vedere una partita in uno stadio di football, non gioca più in prima persona.

D: Ha mai pensato di poter essere politicamente attivo grazie alle sue canzoni?

BD: No, no, no. Se avessi voluto farlo sarei andato ad Harvard o a Yale, avrei studiato e sarei diventato un politico.

D: Eppure ha scritto canzoni come "Masters of War", nella quale minaccia i politici di sputare sulle loro tombe. E in "The lonesome death of Hattie Caroll" e "Hurricane" ha protestato contro l'ingiustizia dovuta a motivi razziali.

BD: A dirle la verità io non so davvero cosa sia la politica. Quando sono seriamente interessato a qualcosa mi ritrovo una volta dalla parte della destra e il momento successivo sono completamente dalla parte della sinistra.

D: I suoi compagni artisti del gruppo Crosby, Stills, Nash and Young sono convinti di avere fermato la guerra in Vietnam.

BD: Ci credo senza dubbio. Erano quel genere di tipi.

D: Come è stato suonare per il Papa a Bologna qualche settimana fa?

BD: Un grande concerto.

D: Perchè?

BD: Semplicemente perchè lo è stato.

D: Non è strano che un grande nemico dell'establishment improvvisamente si esibisca per il Papa?

BD: E perchè? Non è lo stesso Papa di prima.

D: Dunque nella sua visione del mondo c'è ancora un passato ed un futuro?

BD: Sì, ma in realtà la gente non è cambiata dai tempi di Mosè. I sentimenti non cambiano.

D: Davanti al Papa lei ha suonato le sue canzoni in maniera onesta e pura come sul disco. Però normalmente il pubblico sa che lei potrebbe massacrare le sue canzoni. L'annoia suonare le sue canzoni nella maniera il più possibile simile all'originale? O vuole punire il suo pubblico?

BD: Il problema sono soprattutto i critici. Vengono ai miei concerti con le orecchie che sono sintonizzate sul 1975 o persino più indietro nel tempo. E poi le mie canzoni hanno una loro vita propria, hanno una verità insita che si modifica di sera in sera. E' questo il motivo per cui la gente non riconosce tutte le canzoni. Ho registrato i miei dischi in vari momenti della mia vita, con vari musicisti e utilizzando vari strumenti. Se volessi replicare le canzoni com'erano nella versione originale dovrei trascinare un centinaio di persone sul palco.

D: Alla fine degli anni ottanta lei ha annunciato il cosiddetto "Never Ending Tour", il "Tour senza fine", e da allora in avanti si è esibito quasi 150 volte ogni anno. Non sta cominciando a diventare un po' troppo?

BD: E' il mio lavoro, il mio mestiere, il mio commercio. Stare su un palco per me è naturale come respirare. Del resto io sono l'unico a suonare quel tipo di canzoni. La musica popolare al giorno d'oggi si trova nella stessa situazione in cui si trovava quando ho iniziato ad esibirmi. Quando uno è un musicista serio nessuno lo ascolta. All'epoca sapevamo quando qualcosa suonava sbagliato ed eravamo abbastanza forti da cercare le persone che dicevano la verità. Io sono un musicista, non sono qualcuno che compra un disco di tanto in tanto. Per me è tutto molto di più di semplice intrattenimento.

D: Di recente ha detto: "A volte mi sento un po' come un magnaccia."

BD: Quando sei sul palco e guardi il pubblico e il pubblico ti guarda, volente o nolente hai la sensazione di essere in una farsa. Sono sicuro che anche Pavarotti prova la stessa sensazione.

D: La gente che compone il pubblico a Vienna è differente da quello di San Francisco?

BD: Quando sono là sopra vedo solo facce. Una faccia è una faccia. Sono tutte uguali.

D: Invidia i diciassettenni del suo pubblico per la loro giovinezza?

BD: Io sono un nonno. Ho nipoti ai quali piacciono altri cantanti. I giovani sono così. Io suono per le persone che capiscono i miei sentimenti.

D: Sul suo nuovo disco, però, questo suona un po' più tetro. Lei canta ad esempio un verso che recita: "Vorrei che qualcuno facesse girare all'indietro l'orologio per me".

BD: E non proviamo tutti quanti la stessa cosa? Io mi sento così un sacco di volte. Vorrei ricominciare la mia vita di nuovo. Imparare un nuovo mestiere, sposare un'altra ragazza, vivere in un altro posto.

D: E' non quello che ha fatto durante la sua intera carriera? Negli anni sessanta lei era il cantante folk del movimento per i diritti civili. Pochi anni dopo è passato alla chitarra elettrica e ha cantato "Like a rolling stone" prendendo in giro la controcultura che vedeva in lei un eroe. La gente le ha gridato "Giuda" e lei si è ritirato in campagna con la sua famiglia e ha suonato del country rock. In altre parole: durante la sua carriera lei si è sempre reinventato e non è mai rimasto dalla parte in cui i suoi fans volevano che lei fosse.

BD: Quella è semplicemente la natura umana.

D: Ma lo ha fatto deliberatamente o è semplicemente successo?

BD: Tutto nella vita semplicemente succede. E' così che va la vita; succede.

D: Senza significato o senza uno scopo?

BD: Sono sicuro che c'è un grande significato divino dietro ogni cosa.

D: Da dove vengono le sue canzoni? Le arrivano semplicemente volando attraverso l'universo?

BD: Il cantante folk Woody Guthrie è stato il primo ad avere quell'idea e io penso che avesse ragione.

D: Quale musica la influenza al giorno d'oggi?

BD: Musica semplice che viene dagli anni venti e trenta e un po' dagli anni cinquanta. L'influenza è molto limitata: musica folk americana, blues, un po' di rockabilly. Ma di certo non il rock 'n roll. Credo che il rock 'n roll non abbia mai avuto una grande importanza nella mia opera.

D: Ascolta la radio oggi? O si annoia ad ascoltare la musica pop?

BD: Ogni tanto ascolto i vecchi programmi radiofonici. A volte ci sono le stesse compagnie teatrali con le quali sono cresciuto. Credo che stiano tornando di moda.

D: Riconoscerebbe una canzone pop contemporanea, per esempio una canzone di Bon Jovi?

BD: No, veramente no.

D: Sul suo nuovo disco c'è una canzone che dura oltre 16 minuti e che si intitola "Highlands". Suona alquanto improvvisata. Quanto si prepara prima di entrare in studio?

BD: Non registravo una canzone come "Highlands" da un mucchio di tempo. Non direi che "Highlands" sia una canzone improvvisata, ma mentre la suonavamo molte idee si connettevano in una maniera differente rispetto a come erano state scritte. In realtà si tratta semplicemente di un blues che può andare in una direzione o in un'altra senza problemi.

D: Non le piacerebbe a volte poter lavorare di nuovo con lo scrittore e musicista Sam Shepard, che l'ha aiutata a scrivere canzoni negli anni ottanta?

BD: Beh, nel corso della tua vita ti trovi con persone differenti e in stanze differenti. Lavorare con Sam non era una cosa necessariamente facile. In ogni caso scrivere una canzone è più veloce quando hai l'aiuto di uno come Sam e non devi scriverla da solo.

D: Tuttavia sembra che lei e Sam non sareste più capaci di lavorare insieme oggi.

BD: Sam fa le sue cose, io faccio le mie. Lui è uno scrittore e io sono sempre "sulla strada". Non è che ci si veda molto.

D: Cosa significa per lei il blues?

BD: Il blues? Una forma estremamente semplice ed aperta con la quale puoi dire qualsiasi cosa; grazie alla quale quello che dici viene fuori esattamente come lo intendevi. Ma il blues è diventato raro. Non so nemmeno se la gente lo sa cosa farci con il blues in questo mondo che è diventato una corsa del topo. Il blues viene dalla campagna, dai campi di cotone del Sud. L'hanno trascinato nelle grandi città e lo hanno caricato con l'elettricità. Oggi lo hanno trasformato con l'elettronica. Uno non percepisce più che dietro c'è una persona che respira o che ancora ha un cuore. Come dicevo, il blues è semplice è viene dalla campagna proprio come la musica country.

D: Lei è cresciuto nel Nord degli Stati Uniti, in Minnesota per essere precisi. Come è venuto in contatto con il blues?

BD: Quando ero giovane l'America era unita grazie alla radio. La radio era la cosa più importante. C'erano stazioni che potevano trasmettere qualsiasi cosa volessero. E tutto veniva trasmesso per migliaia di miglia. Prendi Jimi Hendrix, è cresciuto a Seatlle. La radio ci univa tutti. Non so quando hanno iniziato a suonare tutta quella pappa, so solo che la radio di oggi è differente rispetto a quella di tanto tempo fa. Un cantante come Johnny Ray, ad esempio, aveva cuore e anima e voleva davvero farci sentire qualcosa quando cantava.

D: Quando ha deciso che anche lei - il figlio bianco, Ebreo di un proprietario di un negozio di elettrodomestici in uno stato del nord degli USA - era in grado di suonare musica che facesse sentire qualcosa alla gente?

BD: La mia memoria non va così indietro nel tempo e non riesco a ricordare altro tranne il fatto che ho cantato da sempre. Ma se qualcuno a suo tempo ha avuto un'influenza su di me deve essere stato il cantante folk Woody Guthrie, senza che in realtà io volessi essere influenzato.

D: Cosa la colpì in modo particolare di Woody Guthrie?

BD: Lavorava davvero duro e scrisse molto e scrivere gli veniva facile. Probabilmente non aveva molto tempo per pensare ad una canzone molto a lungo: essere un socialista comportava che egli voleva portare le notizie molto velocemente alle altre persone. A quei tempi quando crollava una miniera venivano scritte immediatamente delle canzoni sull'argomento. Ma da quando abbiamo la televisione la gente in tutto il mondo sa subito quello che è successo in qualsiasi altro posto.

D: Ascolta i suoi vecchi dischi quando è a casa?

BD: Non ascolto mai i miei vecchi dischi. Non voglio ricordarmi le cose che ho fatto oppure influenzare me stesso con quello che ho fatto in passato. Voglio andare avanti, voglio sempre andare avanti verso...

D: ... la musica antica?

BD: Non c'è niente di meglio.

D: L'anno scorso ha venduto la sua canzone di protesta "The times they are a-changin'" alla Bank of Montreal, che l'ha utilizzata per una pubblicità. Rimpiange di averlo fatto?

BD: Per niente.

D: Ho letto che ora gioca a golf. Qual è il suo handicap?

BD: 17 - Colpisco come se avessi una mazza da baseball.

traduzione di Michele Murino

 

parte undicesima