MAGGIE'S FARM

SITO ITALIANO DI BOB DYLAN

Dylan - Interviste dal 1961 al 2007

PARTE QUARTA

L'INTERVISTA DI KLAS BURLING, 29 APRILE 1966.
Intervista per la Radio Svedese.

D: Adesso siamo a Stoccolma con Bob Dylan. Mi domandavo se potresti spiegare un po' di più di te stesso e del tuo genere di canzoni. Cosa ne pensi del genere delle canzoni di protesta?

Dylan: Io non... Uh... Mio... oh Dio. No. (risate) No. Io non sono... Io non me ne starò qui seduto a fare questo. Io uh, sai, sono stato alzato tutta la notte, ho preso delle pillole, ho mangiato pessimo cibo ed ho letto cose sbagliate e ho fatto un viaggio in auto a cento miglia all'ora e, uh, proprio non me ne starò qui seduto a parlare di me stesso come di un cantante di protesta o cose del genere.

D: Già, ma erano le prime cose che hai fatto, voglio dire quelle che sono diventate davvero famose come singoli e cose del genere - per esempio in Inghilterra hanno pubblicato The Times They Are A-Changin' - che si suppone fosse una canzone di protesta, no?

Dylan: Oh, mio Dio! Quanto tempo fa è stato?

D: Un anno fa.

Dylan: Già, beh, voglio dire, andiamo, un anno fa! Non sto cercando di essere sgarbato o cose del genere, ma semplicemente, sai, sarei un bugiardo o uno scemo ad andare avanti con tutto questo, con tutto questo affare. Non posso farci niente se tu sei un anno indietro, sai?

D: No, ma quello è lo stile - quello è lo stile che tu avevi all'epoca e che poi all'improvviso hai cambiato con 'Subterranean Homesick Blues', la chitarra elettrica e cose del genere. C'è un motivo particolare, voglio dire, non vorresti dire qualcosa al riguardo?

Dylan: No.

D: No?

Dylan: No.

D: Come ti definiresti? Un poeta o un cantante, oppure pensi di scrivere poesie che metti poi in musica?

Dylan: No... Non so... E' così sciocco! Voglio dire tu non... tu non faresti queste domande ad un falegname, no? Oppure ad un idraulico?

D: Non sarebbe ugualmente interessante, non credi?

Dylan: Io penso di sì. Voglio dire che se è interessante per me, dovrebbe essere altrettanto interessante per te.

D: Beh, non come essere un disc-jockey, in ogni caso.

Dylan: Cosa pensi che ti risponderebbe Mozart se tu andassi da lui e gli ponessi domande come quelle che hai posto? Che tipo di domande gli faresti: "Mi dica Mr. Mozart..."

D: Beh, prima di tutto non lo farei.

Dylan: Beh, allora come mai le fai a me?

D: Beh, perchè mi interessano i tuoi dischi, e così come interessano a me penso che interessino al pubblico svedese.

Dylan: Beh, anche a me interessa il pubblico svedese, il pubblico svedese e tutto il resto, ma sono sicuro che loro non vorrebbero sapere tutte queste stupide cose, sai.

D: No, beh hanno letto un sacco di cose stupide su di te sui giornali, suppongo, ma pensavo che tu avresti potuto dire direttamente la tua per spiegare come stanno le cose.

Dylan: Non posso dire direttamente la mia. Non penso che essi debbano sentirla... Io so... Io credo che essi già la sappiano. Sanno tutto. Non conosci la gente svedese? Voglio dire, non hanno bisogno che qualcuno glielo dica, non hanno bisogno di qualcuno che glielo spieghi, voglio dire, dovresti saperlo questo. Intendo dire che la gente svedese proprio non ha bisogno che qualcuno gli spieghi niente. Tu puoi dire alla gente svedese qualcosa che si spiega da solo. La gente svedese è abbastanza intelligente per capirlo.

D: La pensi così?

Dylan: Oh, oh naturalmente.

D: Conosci qualche svedese?

Dylan: Ne conosco un sacco. Si dà il caso che sia io stesso uno svedese.

D: Oh già, certamente.

Dylan: Si dà il caso che io venga da non molto lontano rispetto a qui, amico mio.

D: Forse dovremmo provare ad ascoltare una canzone?

Dylan: Possiamo provare.

D: Sì? Quale suggeriresti allora?

Dylan: Uh, scegline una, una qualsiasi. Sai non sto cercando di essere sgarbato, sto solo cercando di compiacerti e di aver un bel ... che tutto quanto vada bene, lo capisci?

D: Già, è per questo che ti ho fatto delle domande, e tu avevi la possibilità di far sì da solo che tutto andasse bene.

Dylan: Non voglio farlo da solo.

D: OK.

Dylan: Non voglio fare niente da solo... a che pro?

D: O contro che cosa?

Dylan: Beh, tu lo sai cosa è contro e cosa è pro. Non ho bisogno di dirtelo. E' pro, sai, è pro ... beh, è pro... beh sai le mie canzoni sono tutte canzoni matematiche. Tu lo sai cosa significa, perciò non ho bisogno di entrare nello specifico. Si dà il caso che questa canzone di protesta confini con l'idea matematica delle cose, sai e questa in particolare si dà il caso che abbia a che fare con una minoranza di, sai, storpi ed orientali, e, uh, sai, ed il mondo nel quale essi vivono, riesci a capire, sai, comprendi, sai. E' una specie di quelle cose del Nord del Messico, uh, molto di protesta. Molto molto di protesta. E, uh, è una delle cose più di protesta fra tutte le cose contro cui io abbia mai protestato nei miei anni di protesta. Ma uh... (ndt, non viene specificato quale canzone abbiano ascoltato)

D: Ci credi davvero?

Dylan: Ci credo?

D: Già.

Dylan: Non devo crederci, sai, io l'ho scritta! Voglio dire, ti sto dicendo che l'ho scritta! Dovrei conoscerla!

D: Già. Perchè quel titolo? Non viene mai menzionato nella canzone.

Dylan: Beh, noi non menzioniamo mai le cose che amiamo. E questo è... da dove vengo io questo è... questo è blasfemia. Blas-per-for-me, conosci questa parola? Blas-per-for-me?

D: Sì.

Dylan: Ha a che fare con Dio.

D: Ascoltiamo la canzone?

Dylan: OK

D: Che sta vendendo abbastanza bene negli Stati Uniti. Che ne pensi al riguardo?

Dylan: E'... E'... Terribile.

D: Davvero?

Dylan: Sì. Io non voglio, uh... perchè è una canzone di protesta. Una canzone di protesta davvero... Non si dovrebbero ascoltare davvero le canzoni di protesta.

D: Beh, io la vedo in questo modo, cioè che un sacco di persone acquistano il disco per ascoltarlo, tutte le stazioni radio e così via. Così un sacco di gente potrebbe ricevere il messaggio in questo caso.

Dylan: Già. Ricevono il messaggio. Sono felice che essi ricevano il messaggio. Era anche un buon disco, no?

D: Come ti senti a guadagnare un sacco di denaro, se in realtà non sei interessato alla cosa?

Dylan: Mi piace guadagnare un sacco di denaro.

D: All'inizio non ne avevi tanto, ma ora ne hai un sacco. Cosa ne fai?

Dylan: Niente.

D: Non ti interessa?

Dylan: No. Davvero io non... Qualcun altro lo maneggia per me, sai. Io faccio solo le stesse vecchie cose.

D: Quando scrivi una canzone, scrivi prima la melodia o le parole?

Dylan: Uh, scrivo tutto sai. Scrivo tutto insieme, la melodia e le parole.

D: Contemporaneamente?

Dylan: Già. In realtà la melodia è qualcosa che non è veramente importante. Viene in maniera naturale, sai.

D: Nei primissimi tempi altri artisti erano soliti prendere le tue canzoni e registrarle ed ottenere grandi successi e cose del genere. Cosa ne pensi?

Dylan: Beh, non la penso in nessun modo particolare, davvero. Ero felice, sai.

D: Ti piace il fatto di essere diventato improvvisamente famoso, prima come autore di canzoni e poi come cantante?

Dylan: Uh, già, in un certo modo è tutto finito, sai? Non ho più alcun interesse. Avevo degli interessi quando avevo 13, 14, 15 anni e volevo diventare una famosa stella e tutto questo genere di cose, ma io ho suonato, sai, sul palco, seguendo spettacoli da circo, fin da quando avevo 10 anni. Sono 15 anni che faccio quel che sto facendo. Voglio dire, sai, lo faccio meglio di chiunque altro.

D: E oggigiorno, che cosa vuoi fare?

Dylan: Niente.

D: Niente?

Dylan: Niente.

D: Ti piace viaggiare? Esibirti?

Dylan: Sì, mi piace esibirmi. Ma non mi interessa viaggiare.

D: E fare dischi?

Dylan: Mi piace fare dischi.

D: Ora hai un gruppo che, suppongo, non avevi quando hai iniziato.

Dylan: No, avevo già un gruppo quando ho iniziato. Devi capire che io vengo dagli Stati Uniti, sai. Non so se conosci gli Stati Uniti. Non sono come l'Inghilterra, per niente. La gente della mia età, sai, 25, 26 anni, sono tutti cresciuti suonando la musica rock'n'roll, sai.

D: Anche tu?

Dylan: Certo, voglio dire, perchè era il solo tipo di musica che sentivi. Voglio dire che tutti quanti l'hanno fatto perchè tutto quel che sentivi in giro era rock'n'roll e country and western e rhythm and blues. Poi ad un certo punto tutto quanto è finito nel latte, sai, - è finito con Frankie Avalon, Fabian e questo genere di roba. Non è che fosse diventato brutto, ma semplicemente era... non c'era più nessuno che tu potevi guardare desiderando di essere come lui, sai? Così tutti se ne andarono via. Ed io me lo ricordo quando successe. Ma in realtà nessuno ha mai perduto questa cosa. E poi è venuta la musica folk come sostituta per un certo periodo, ma era appunto solo una sostituta, capisci? Tutto qui. Ora è di nuovo tutto diverso, a causa degli inglesi. Gli inglesi... quel che hanno fatto gli inglesi è dimostrare che si poteva far denaro, sai, suonando la stessa musica di una volta, e questa è la verità. Tu sai che non è una menzogna. Ma, uh, sai, gli inglesi non possono suonare musica rock'n'roll.

D: Che ne pensi dei Beatles allora?

Dylan: Oh, i Beatles sono grandi, ma non suonano rock'n'roll.

D: Li hai incontrati un po' di volte, sia negli Stati Uniti che in Inghilterra.

Dylan: Sì, li conosco i Beatles, non suonano ...

D: Pensi che non suonino rock'n'roll?

Dylan: No, non suonano rock'n'roll. Sono piuttosto come .... Il rock'n'roll è per... è un'estensione delle 12 battute del blues. Ed è una musica bianca, sai, per ragazzi diciassettenni bianchi. Tutto qui. Questo è quel che è il rock'n'roll. Il rock'n'roll è un falso, uh, un falso tipo di tentativo di sesso, sai.

D: Ma allora come definiresti il tuo stile? La musica che canti?

Dylan: Non so. Non ho mai sentito nessuno che canti e suoni come me, perciò non saprei...

D: Non c'è nessuna definizione per il tuo tipo di musica che vorresti provare a dare?

Dylan: Musica matematica.

D: Sì? OK, se vuoi scegliere un'ultima canzone per questa intervista...

Dylan: Sceglila tu.

D: Non ce n'è una che ti piacerebbe più di un'altra?

Dylan: No. Beh, preferirei, sai, Tombstone Blues piuttosto che Pretty Peggy-O! Ma devi scegliere tu.

D: OK. Allora molte grazie.


traduzione di Michele Murino


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The Austin Interview
22 Sep 1966 Austin Texas

Pubblicata in "Retrospective" di Craig Mcgregor come "An interview in Austin Texas"
Ristampata in "Bob Dylan" di Miles; ristampata anche in "Positively Tie Dream" (Ashes and Sand 1979)(data segnata come "Summer 1965")

Reporter: Come ti consideri? Come ti classificheresti?
Bob Dylan: Bè, mi piace pensare a me stesso come un artista del trapezio.
Reporter: A proposito di artisti del trapezio, ho notato in alcuni tuoi recenti album un suono in stile carnevale. Parlamene un pò...
Bob Dylan: Non è un suono da carnevale, è religioso. Davvero, lo puoi vedere dovunque
Reporter: E a proposito di Ballad of a thin man? Sembra dedicata ad un giornalista o simili
Bob Dylan: No parla di un tizio che una volta entrò in un... truckstop (?)
Reporter: I Beatles hanno influenzato il tuo lavoro?
Bob Dylan: Bè, non hanno influenzato le canzoni o il suono. Non so che altro tipo di influenza hanno avuto. Non hanno influenzato le canzoni.
Reporter: In un articolo pubblicato sul The New Yorker scritto da Nat Hentoff, credo, hai detto che tu hai cantato quello che sentivi e che hai cantato per sentirti meglio, più o meno. Questo implica che nei primi due album hai cantato canzoni "che puntavano il dito", credo
Bob Dylan: Bè, quello che intendevo era che c'era ancora una specie di piccolo nucleo a quel tempo e per quanto riguarda la definizione di perchè si canta, io canto per la gente. Lui mi ha chiesto "Perchè canti?" ed io non potevo pensare ad altra risposta, questo è tutto.
Reporter: Che differenza c'è
Bob Dylan: Andiamo, andiamo.
Reporter: Che ne pensi delle tue canzoni che "puntano il dito"? Lui insinuava che tu pensavi che erano solo superficiali
Bob Dylan: Non superficiali solo motivate. Motivate. Motivo incontrollabile.
Reporter: Prima hai detto che cantavi perchè dovevi farlo. Perchè canti ora?
Bob Dylan: Perchè devo
Reporter: La tua voce ora è dolce e gentile. Tuttavia in alcuni tuoi dischi c'è uno stridore ruvido
Bob Dylan: Mi travesto
Reporter: Potresti darmi una specie di valutazione per quanto concerne il tuo gusto paragonando alcune delle cose che hai scritto, come la vecchia musica, "Girl from the north country ad esempio che io considero una ballata stupenda?... Forse che alcune delle cose che hai pubblicato negli ultimi due album ti ha dato la stessa soddisfazione?...
Bob Dylan: Sì. Vorrei poter scrivere altre Girl from the north country. Sai non riesco più a scriverne così
Reporter: Perchè?
Bob Dylan: Non lo so
Reporter: Stai cercando di realizzare qualcosa?
Bob Dylan: Sto cercando di realizzare qualcosa?
Reporter: Stai cercando di cambiare il mondo o roba simile?
Bob Dylan: Sto cercando di cambiare il mondo? E' questo che mi chiedi?
Reporter: Bè, hai qualche ideale o qualcosa del genere?
Bob Dylan: Sto cercando di cambiare gli ideali del mondo? Intendi questo?
Reporter: Bè, stai cercando di togliere gli ideali alla gente?
Bob Dylan: Bè, quali credi che siano le mie idee?
Reporter: Bè, non lo so esattamente. Ma canti tanto per cantare?...
Bob Dylan: No, non canto tanto per cantare. Ci sono motivi più profondi.
Reporter: In molte delle tue canzoni sembri esprimere un atteggiamento pessimista verso la vita. Hollis Brown mi dà quella sensazione. E' il tuo vero sentimento o cerchi solo di colpire la gente?
Bob Dylan: Non si tratta di pessimismo, solo di constatazione. Capisci? Non sono pessimista
Reporter: Quali sono i tuoi cantanti preferiti? Non intendo quelli folk, in generale...
Bob Dylan: Rasputin... Mmmm... Charles de Gaulle... The Staple Singers...
Reporter: Hai detto che stai andando verso la musica classica. Puoi dirmi qualcosa a proposito?
Bob Dylan: Bè, stavo andando nel campo della musica classica...
Reporter: Forse usi la parola "classica" in maniera un pò differente da noi?
Bob Dylan: Un pò, forse. Solo un pochino.
Reporter: Puoi spiegarti?
Bob Dylan: Bè, la uso nel senso generico della parola
Reporter: Qualche attenzione alla forma?
Bob Dylan: Forma e materia. Matematico.
Reporter: Credi in Dio? Sei Cristiano?
Bob Dylan: Bè, prima di tutto Dio è donna, lo sappiamo tutti. Bè, inizia da lì...


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CONFERENZA STAMPA DI COPENHAGEN - 1 MAGGIO 1966
Dal New Musical Express, Venerdì 13 Maggio 1966.
Intervistatore: Sven Wezelenburg

S.W.: Sei sposato, e con chi?

Dylan: Se rispondessi a questa domanda ti mentirei. E tu non vuoi che io sia un bugiardo.

S.W.: Perchè ridi all'inizio di "Bob Dylan's 115th Dream" sul tuo LP?

Dylan: Non mi ricordo... mmm, aspetta un po'... sì... qualcuno è entrato in studio travestito da mia madre. Sì è andata così. Allora mi è venuto da ridere.

S.W.: Puoi parlarci dei tuoi amici?

Dylan: Non ne ho di amici. Sono sempre alla ricerca di qualche amico. Non ne ho mai trovati.

S.W.: Le grandi somme di denaro che ora possiedi significano molto per te?

Dylan: Non mi interessa il denaro. Non c'è niente che mi abbia cambiato. Non sono un profeta. Non mi importa quanto denaro guadagno, ma a te sì.

A questo punto Dylan fa ai giornalisti domande tipo "Dov'è il castello di Amleto?" e "Quanto dista la mucca più vicina?". E gli viene pure risposto.

traduzione di Michele Murino


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CONFERENZA STAMPA DI LONDRA - 3 MAGGIO 1966

Dal New Musical Express, Venerdì 13 Maggio 1966.
di Keith Altham

Con i capelli ritti come un abitante delle isole Figi che ha subito un forte shock elettrico, con addosso una giacca di pelle blu e pantaloni a strisce bianche, Bob Dylan è entrato serpeggiando in una suite dell'albergo May Fair la scorsa settimana, seguito da un drappello di cameramen e di ingegneri del suono.
Un grosso signore, con un cappello a cilindro di colore grigio ed una telecamera costantemente appoggiata sulla spalla, camminava barcollando nella stanza come Quasimodo, grattandosi alternativamene l'orecchio ed il naso, con occasionali pause per accendere la macchina in faccia ai perplessi giornalisti.

Un signora vestita con una camicia grigia faceva ondeggiare quelli che sembravano dei grossi frankfurters grigi ma che poi si sono rivelati dei microfoni collegati ad alcuni registratori. A quanto sembra siamo stati registrati per i posteri.

Per circa quindici minuti, i fotografi hanno scattato innumerevoli rullini di pellicola a Dylan che appariva annoiato appoggiato al davanzale di una finestra. Alla fine si è tolto gli occhiali scuri come bonus nei confronti dei cameramen, ma in un certo senso è sembrato esattamente lo stesso di prima.

Ken Pitt, senza dubbio il pubblicista più ottimista dell'anno, ha annunciato: "Mr. Dylan risponderà ora alle domande".

"Questo coso è un microfono?" ha chiesto il signor Dylan a proposito di un grosso oggetto cilindrico posto sulla scrivania sotto il suo naso.
Dopo essersi accertato che si trattava effettivamente di un microfono, Dylan ha fatto segno di essere pronto per le domande con un leggero grugnito e spostando un po' la sua sedia.

"Che musicisti hai portato con te?"

Dopo che questa domanda gli è stata posta nuovamente, e ripetuta diverse volte, Bob ha risposto: "Vuoi i nomi?".

Il giornalista ha risposto che la cosa sarebbe stata di aiuto.

"Gus, Frank, Mitch ....." ha bofonchiato Dylan.

POSTERI?

Per amore dei posteri io ho formulato una domanda mentre Quasimodo puntava la sua gobba meccanica verso di me. Perchè i titoli dei tuoi recenti singoli, come ad esempio 'Rainy Day Women # 12 & 35" non hanno connessioni apparenti con il testo?

"La cosa ha senso" ha risposto Dylan. "Sei mai stato giù nel Messico del Nord?"

"Non di recente"

"Bene, allora non posso spiegartelo"

Sembra che gli Stati di Washington, Baltimora e Houston (sic) hanno trovato la spiegazione visto che hanno bandito 'Rainy Day Women' perche costituisce un'approvazione alle droghe come l'LSD e la marijuana. Un dubbio onore che Dylan condivide con i Byrds che hanno cantato 'Eight Miles High', anch'essa bandita in quegli Stati la scorsa settimana.

Ho cercato di fargli dire qualcosa a proposito di Paul Simon, che di recente ha parlato con lui al telefono negli Stati Uniti, ed a proposito di Bob Lind.

"Non li ho mai sentiti" ha risposto il signor Dylan. Con ciò ho dichiarato concluso il mio inning ed ho osservato con interesse gli altri battitori. (ndt, Altham fa una similitudine con il gioco del baseball)

"Bob, i tuoi capelli mi fanno preoccupare", ha detto una giornalista, "Come fai a tenerli in quel modo?"

"Come faccio?"

"Sì, come fai?"

"Me li pettino io così"

Qualcuno ha tentato il trattamento shock: "Sei sposato?"

"Non voglio mentirti. Sarebbe fuorviante se ti rispondessi "sì", ha dichiarato Dylan aggiungendo subito dopo: "Ho portato mia moglie qui nell'ultima visita e nessuno si è accorto di lei".

E' stata avanzata l'ipotesi che egli fosse sposato segretamente con Joan Baez.

"Joan Baez è stata un incidente" ha risposto il signor Dylan.

Ad un certo punto è stata menzionata la cantante folk Dana Gillespie, buona amica di Dylan.

Dylan si è visibilmente illuminato - si è praticamente strappato il viso nel suo tentativo di sorridere.

"Dana è qui?" ha chiesto. "Fatela usicre. Ho dei cestini per lei".

Sfortunatamente Dana non era presente e la conversazione è tornata nuovamente a monotone inanità.

RIVELAZIONI !

Abbiamo scoperto in rapida successione che

- Dylan non ci vede troppo bene il Martedì....
- le unghie delle dita dei piedi non gli calzano bene....
- considera Peter Lorre il più grande cantante folk del mondo....
- tutte le sue canzoni protestano contro qualcosa....
- ha appena scritto un libro in un settimana, parla di ragni....
- non sapeva nemmeno lui chi fosse il signore con il cappello a cilindro.

"Io pensavo che fosse con voi" ha replicato, impassibile.

La signora con il microfono-frankfurter gigante lo ha mosso in avanti come un siluro così da non perdersi una sola sillaba di questa brillante arguzia.

Mentre i giornalisti se ne andavano dalla suite ho preso in disparte uno degli agenti sotto copertura di Dylan (sapevo che era un uomo di Dylan perchè portava occhiali scuri) e gli ho chiesto perchè un'uomo dalla evidente intelligenza di Dylan avesse organizzato questa farsa di incontro.

"Amico" ha risposto con enfasi "Dylan voleva solo che noi venissimo e registrassimo una conferenza stampa così che egli potesse vedere quanto siano ridicoli ed infantili i giornalisti".

Così a carponi me ne sono tornato alla mia plastilina, al mio recinto con la sabbia (1), alla mia lavagnetta dei pastelli colorati ed all'MNE (ndt, il giornale per cui lavorava)! Ma dovete ammettere che esiste solo un Dylan - grazie a Dio!

Mini-quiz:

1. Chi è l'uomo con il cappello a cilindro grigio?
2. Dylan è serio una sola volta qui sopra. Quando?
3. Perchè è stata registrata questa conferenza stampa?

(1) In inglese, "sandpit": il recinto pieno di sabbia in cui si fanno giocare i bambini con i secchielli e le "formine"


traduzione di Michele Murino

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da "The Age" (Melbourne), Martedì, 19 Aprile 1966

LE DOMANDE VOLAVANO

E' stata una calda, affollata conferenza all'aeroporto.

Intervistatori delle radio, operatori televisivi e giornalisti - e molti seguaci che si sono intrufolati furtivamente e che si sono fatti strada a spintoni nella folla soffocante fino a raggiungere Dylan.

Qualcuno spinge in avanti una copia del libro di Antoine de Saint Exupery "The Little Prince" per farselo autografare.

Un intervistatore balbetta qualcosa a proposito di una visita al Santuario di Healesville.

Un altro vuole un' "approvazione" per una tecnica utilizzata dai Beatles.

Domande - 'ti piace...', 'non ti piace...', psicologiche, sociologiche, eguaglianza razziale, vita borghese, pop art e ballate...

Alcune sciocche, alcune provocatorie ed altre semplicemente offensive.

Sotto la sua zazzera arruffata, Dylan, l'acclamato "re della musica folk," oscilla avanti e indietro sui suoi piedi come se stesse per svenire per un attacco.

La sua voce è appena udibile.

Alcuni dei quesiti Dylan li rimanda indietro agli intervistatori, ad altri scrolla le spalle come se non valessero lo sforzo fisico di rispondere, e per altri ancora, pochi, dà lunghe e fantastiche risposte degne del paese delle fate - nonsense del mondo beat ma acutamente divertenti.

PAZIENZA

Quando tutto è finito, l'imprenditore Ken Brodziak tira un profondo respiro: "Grazie a Dio non ha perso la pazienza."

Quel qualcuno che ha rischiato di perdere la pazienza è Dylan.

Il suo aspetto inusuale ed il suo spinoso individualismo lo rendono un bersaglio per la censura conservatrice.

D'altro canto, Dylan si ritrova ad essere il protagonista di molti lunghi e troppo "intelligenti" profili nelle riviste patinate.

Dylan prova senza presunzione a spiegare che è un "osservatore", e che non è coinvolto in niente.

E' uno scrittore di talento, un compositore ed un cantante con un tocco sensibile nell'interpretare i sentimenti del momento.

Ma la gente della pubblicità di questi tempi esige anti-conformisti che siano anti-conformisti uniformati.

traduzione di Michele Murino


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LA CONFERENZA STAMPA DELL' ISOLA DI WIGHT
27 Agosto 1969
Intervistatore: Ronnie Burns della BBC TV South.

Burns: Perchè sei venuto all'Isola di Wight?
Dylan: Volevo vedere la casa di Alfred, Lord Tennyson.

Burns: Perchè?

Dylan: Semplice curiosità.

Burns: Posso sapere il tuo punto di vista sulla situazione attuale della droga che circola tra i teenagers ed i giovani?

Dylan: Non ho un punto di vista... Vorrei averlo, e sarei felice di condividerlo con te, ma io ... Io credo che ognuno dovrebbe condurre la propria vita come vuole.

Burns: Tu di solito, credo, facevi dichiarazioni pubbliche sui tuoi punti di vista a proposito dei vari argomenti, come ad esempio il Vietnam, ed è stato notato in certi ambienti che di recente tu non hai fatto dichiarazioni a proposito dei problemi politici internazionali. E' una tua scelta deliberata?

Dylan: No ... Penso che sia più una voce che un dato di fatto. Prova a guardare i vecchi giornali e vedrai che non troverai dichiarazioni da parte mia su quegli argomenti.

Burns: Ho sentito dire oggi qui da alcuni dei tuoi fans che il nuovo Bob Dylan è un po' troppo per bene ... E' vero?

Dylan: Chiedilo ai fans (risate generali)

Press: Pensi che i tuoi giorni di protesta siano finiti?

Dylan: Non voglio protestare più. Non ho mai detto di essere un giovane arrabbiato.

Press: Puoi dirci che ti è successo quando hai avuto quell'incidente tempo fa?

Dylan: Rikki ... dove sei? ... (silenzio da parte di Dylan per qualche istante) E' vero, ho avuto un incidente in cui mi sono rotto il collo. E' terribilmente dura da spiegare. A volte devo prendermela calma.

Press: Bob.

Dylan: Sì, Ken? (risate generali dei giornalisti).

Press: Pensi di essere cambiato molto dall'ultima volta che ci siamo visti a Londra? I tuoi vestiti ed i tuoi capelli sono cambiati...

Dylan: Credo che sia stata una cosa consapevole, avvenuta dopo l'incidente. Non sono davvero cambiato... E' più che altro una cosa che ha a che fare con lo show che facevo. Non ha davvero niente a che fare con me stesso... quella roba di cui parli era fatta solo per pubblicità. Non faccio più quel genere di cose.

Press: Puoi dirci quali canzoni eseguirai?

Dylan: Tutta roba che c'è sui dischi. Non canterò niente di nuovo... Cose che avete già sentito prima ma con nuovi arrangiamenti

Press: Visto che di recente non hai più fatto apparizioni pubbliche, ti piace ancora fare degli show?

Dylan: Siamo apparsi un mese fa St Louis...

Press: Chi è che non vedi l'ora di incontrare qui?

Dylan: Spero di incontrare chiunque ci sia. Mi piacerebbe incontrare gli Who e magari Georgie Fame.

Press: E i Beatles?

Dylan: George Harrison è venuto a farmi visita. I Beatles mi hanno chiesto di lavorare con loro. Amo i Beatles e penso che sarebbe un'ottima idea fare una jam session.

Press: Che mi dici del fatto che varie persone si esibiranno con te sul palco?

Dylan: Grande, grande.

Press: Pensi che le telecamere siano come pistole?

Dylan: Non saprei.

Press: Credi che questi cambiamenti che ci sono stati su di te e sulla tua musica siano dovuti a motivi familiari? Sei principalmente un uomo di famiglia ora?

Dylan: Penso di sì.

Press: C'è una folla davvero enorme qui che aspetta la tua esibizione. Qualche commento?

Dylan: Spero solo sia un buon concerto.


Press: Hai un messaggio personale per i ragazzi oggi?
Dylan: Prendetevela calma e fate bene il vostro lavoro.

Press: Qual è esattamente la tua posizione sulla politica e sulla musica?

Dylan: Il mio lavoro è suonare. Penso di aver risposto ad un numero sufficiente di domande

traduzione di Michele Murino


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UN MITO SI MATERIALIZZA CON UN NUOVO DISCO DI PROTESTA ED UN NUOVO TOUR
di Jim Jerome
da People Magazine, 10 Novembre 1975

Bob Dylan ha 34 anni: "Ognuno ha la sua visione e c'è una voce dentro ognuno di noi che parla solo a noi. Dobbiamo essere capaci di sentirla."

Uno studio di registrazione senza finestre, sei piani sopra una strada deserta di Manhattan. Gli artisti segregati come sotto assedio, un assedio che non ha fine finchè le registrazioni non sono portate a termine nella maniera giusta. Per pranzo carote, cavolfiori da sgranocchiare, salsa curry, Camembert, pane francese, birra, vino e tequila. L'atmosfera calda come di un'intimità da cospirazione. Le luci rimpiazzate da faretti rossi e verdi. Una lampada dal pavimento illumina il cantante. Il produttore dice: "Tieni il tempo Bobby". Lo incoraggia dalla stanza di controllo. "Quest'ultima take ha iniziato a fumare". La star si sporge verso il microfono e risponde: "Ci siamo, amico, so che ci siamo. Prendi questa cosa, mettila in scatola e distribuiscila nelle strade." Bobby è Dylan e, dopo il suo ritiro di 18 mesi, torna appunto di nuovo nelle strade.

La registrazione è quella di 'Hurricane', una canzone di protesta con quella urgenza e quel senso di sdegno che una volta avevano infiammato un'intera generazione di Americani. E' un brano che grida per l'incarcerazione controversa, durata otto anni, dell'ex-pugile accusato di omicidio Rubin ("Hurricane") Carter. Contemporaneamente, Dylan prepara il suo primo show sulla strada dai tempi del suo tumultuoso cosiddetto"tour del ritorno", nel '74 insieme a The Band. L'itinerario eviterà impresari multimilionari ed arene con migliaia di posti a sedere e ricreerà invece l'atmosfera dei mini-tour nei piccoli club che avevano caratterizzato gli anni in cui Dylan aveva da poco lasciato la cittadina di Hibbing, Minnesota. Il suo entourage include amici come la sua ex-donna Joan Baez, a fianco di Ronee Blakley, la star scoperta con il film 'Nashville'. Innegabilmente Dylan ha creato un genere in cui l'arte minimale è quasi impossibile, perciò il suo ritorno potrebbe essere divertente con il suo titolo ironico, la Rolling Thunder Review.

Dylan è, dopo tutto, la più influente figura nella musica popolare Americana (e della cultura popolare) fin dal 1960. La sua immondizia è stata analizzata anni prima di quella di Henry Kissinger. Ogni parola o solecismo della sua vita è soggetto ad un terribile esame. Dylan, che ha ora 34 anni, si guarda indietro e vede tutto quello che c'è stato solo come un colossale incidente. "Non è stata mai mia intenzione diventare una grande star. E' successo, e non c'era niente che io potessi fare per impedirlo. Ho provato a liberarmi di quel peso un sacco di volte. Io mangio e dormo e, sai, ho gli stessi problemi di chiunque altro, eppure la gente mi guarda in maniera strana."
Se Dylan potesse, non vorrebbe essere affatto guardato. Ha rilasciato poche interviste importanti in otto anni, e questa è la prima negli ultimi 18 mesi. "Suonavo musica negli anni '50 - esordisce - "...e, credimi amico, era tutto quello che facevo. Mi ha salvato la vita. Non sono un eremita. Tendo ad escludermi, forse, ma non sono un recluso."

"Non ho inseguito consapevolmente il mito di Bob Dylan," continua. "Mi è stato dato da Dio. L'ispirazione è quello che noi cerchiamo. Devi solo essere ricettivo."
Mentre le voci dell'ardente sionismo di Dylan sono quasi sicuramente esagerate, egli è indubbiamente ritornato alle sue radici ebree, o almeno ad una spiritualità generalizzata.

"Ero bloccato in una certa generazione" dice. "E ancora lo sono. Una certa area, un certo luogo nell'universo in un determinato momento."
La metà degli anni '60, un periodo di frenesia alimentata dalle droghe, è stato ben raffigurato nel clamoroso ed elettrico rock'n'roll di Dylan e nel suo fluente linguaggio figurato, e ha trovato il culmine sulla soglia della morte nel incidente motociclistico occorsogli nell'estate del 1966. Poi ci sono stati due anni di ritiro dal mondo che non hanno fatto altro che alimentare il mito. "Volevo semplicemente restarmene da solo...", dice ora.
E' tornato in superficie nel 1968-69 con la auto-analisi fatta a bassa voce di 'John Wesley Harding' e, in seguito con il suo LP country, una sorta di spartiacque, dal titolo 'Nashville Skyline'.
Alla domanda relativa a cosa farebbe oggi se potesse rifare tutto da capo un'altra volta, Dylan fa appello al suo rapido stile sardonico da samurai: "Forse sceglierei di non essere mai nato, aggirando l'intero problema".

Dylan guarda a se stesso come ad un artista piuttosto che ad un musicista ("Metti il mio modo di suonare la chitarra a confronto con quello di Segovia e sono sicuro che sei in grado di dire chi è il musicista"), il cui ruolo è creare, non fare prediche. "Sono in grado di commuovere o di fingere. Conosco alcuni trucchi e si applicano tutti da un punto di vista artistico, non politico e filosofico."

"Non mi interessa quello che la gente si aspetta da me", dice Dylan in segno di sfida. "Non è una cosa che mi riguarda. Io sto facendo il lavoro di Dio. Questo è tutto quello che so".
I suoi classici come 'Blowin' in the Wind' e 'The Times, They Are a Changin'' sono diventati degli inni dell'opposizione, e i terroristi Weathermen hanno preso il nome da un suo verso. Ma se gli si chiede della sua influenza, Dylan risponde soltanto: "Devi chiedere a loro, a quelle persone che sono coinvolte in quelle situazioni di panico dove le mie opere sembrano averle condotte. Non è una cosa che mi riguarda. Non avrei il tempo per questo. Non sono un attivista. Non ho inclinazioni politiche. Io sto dalla parte della gente, della gente che soffre. Non ho alcun interesse per il governo."

L'accusa per il fatto che egli abbia trovato una scusa per uscire dai movimenti contro la guerra e gli altri movimenti di protesta che hanno trovato un catalizzatore nella sua musica, lo rende furioso, ed in special modo la critica relativa al suo rifiuto di partecipare al festival di Woodstock. "Non volevo far parte di quell'affare," dice. "Mi piaceva la città. Sentivo che avrebbero sfruttato tutta quella merda per portare 15 milioni di persone nello stesso posto. E' una cosa che non mi esalta. La generazione dei fiori, o quel che era... Non ne facevo per nulla parte. Pensavo che fossero solo un sacco di ragazzini che se ne andavano in giro con addosso dei fiori nei capelli e un sacco di acido. Voglio dire, che cosa si può pensare di una cosa del genere?"

"Oggi i giovani vivono con un certo grado di fantasia," aggiunge. "Ma in un sacco di modi sono diventati più disillusi a proposito della vita un sacco di tempo prima del dovuto. E' il risultato del sovraccarico, il sovraccarico di massa con il quale tutti noi dobbiamo fare i conti. Non dimentichiamo che, quando io ho iniziato a cantare, la marijuana era conosciuta solo in alcuni circoli, attori, musicisti, ballerini, poeti, architetti, persone che erano consapevoli di quello che la droga poteva fare. Non avresti mai potuto andare a fare una telefonata da una cabina telefonica ed avere un poliziotto che ti desse uno spinello. Ora invece è quasi legale. La coscienza dell'intero paese è cambiata in un tempo molto breve."

Si dimostra impaziente con i fans che si aspettano che il suo modo di esprimersi resti lo stesso. "Quelle persone sono stupide," dice rabbioso. "Vogliono vederti sempre nello stesso vestito. Il disordine distorce le loro vite. Rifiutano di essere rilassati e di rendere se stessi flessibili alle situazioni. Dimenticano che potrebbero avere una ragazza differente ogni notte, che anche le loro vite cambiano."
Di certo ci sono stati dei cambiamenti formativi nella vita di Dylan: il matrimonio nel 1965 con la fotomodella Sarah Lowndes; l'incidente di moto, la crescita della propria famiglia con cinque figli (compresa la bambina nata dal precedente matrimonio di Sarah).

Tuttavia, da un punto di vista professionale, Dylan sottolinea: "Un songwriter cerca di afferrare un certo momento, metterlo su carta, cantarlo per un istante e poi tenere questa esperienza dentro di sè, così da poter cantare la canzone anni dopo. Egli cambierà, e non vorrà più fare quella canzone. Andrà avanti."
Ma Dylan non sta parlando di se stesso.
Della sua enorme antologia di poesie, egli dice: "Posso comunicare tutte le mie canzoni. Posso non ricordarmi le parole", dice ridendo, "ma non ce n'è alcuna con la quale io non mi possa identificare su un certo piano."

"Scrivo velocemente," continua. "L'ispirazione non dura. Scrivere una canzone può farti diventare pazzo. La mia testa è così zeppa di cose che ho la tendenza a perdere un sacco di quelle che penso siano le mie migliori canzoni, e non me ne vado in giro con un registratore per fissarle subito appena mi vengono in mente."

"La musica," dice Dylan, "è un elemento secondario che scaturisce dalla famiglia, e la mia famiglia viene prima."

Si è trasferito con loro sulla spiaggia di Malibu da Woodstock diversi anni fa, e si è vociferato che a fasi alterne si è diviso da Sarah. Concede: "Non ho avuto la possibilità di passare con mia moglie il tempo che avrei voluto," ma tentare di costringere Dylan ad esprimersi sulle sue vicende personali è come tentare di bloccare l'argento vivo. Ecco un esempio:
D: Vivi con tua moglie?

R: Quando devo, quando ne ho bisogno. Vivo con mia moglie nello stesso mondo.

D: Tu...

R: So dov'è la maggior parte delle volte? Sarah non deve risponderne con me.

D: Allora non vivi...

R: Sarah deve rispondere per se stessa.

D: Vivete sotto lo stesso tetto?

R: In questo momento le cose stanno cambiando nelle nostre vite. Saremo sempre insieme.

D: Dove vivete ora?

R: Vivo in più di un luogo.

D: Puoi essere più preciso?

R: Non voglio dare il mio indirizzo.

D: La regione?

R: Vivo dove devo vivere, dove sono le mie priorità.

D: E in questo momento sono a New York City?

R: Ora sì, è così dalla scorsa primavera a corrente alternata.

"Viaggiare è nel mio sangue," dice Dylan, mentre fa le prove per il suo nuovo tour. "C'è molto spirito zingaro in me. C'è una voce dentro tutti noi che parla solo a noi. Dobbiamo essere capaci di sentire quella voce. Sono stanco di ascoltare altra gente che mi dice come vivere la mia vita."
Bob Dylan, di tutti gli Americani, sente se stesso "ipotecato" dagli altri?
"Sto facendo ora quello che sento sia giusto per me" - conclude. "Per me stesso."


traduzione di Michele Murino


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"Dovrebbero fare delle statue ai Beatles qui in America. E Joan Baez significa per me molto più che 100 di questi cantanti che sono in giro oggi!"
11 Settembre 1976 - TV Guide Magazine
di Neil Hickey

"Il fatto che io sia un Gemelli spiega un sacco di cose, credo," dice Bob Dylan. "Mi forza ad andare verso gli estremi. Non sono mai davvero bilanciato nel mezzo. Vado da un lato all'altro senza restare in un posto per molto tempo".
Sono felice, triste, su, giù, dentro, fuori, su nel cielo e giù nelle profondità della terra. Non sono in grado di dirti come Bob Dylan abbia vissuto la propria vita."
Fuori dal guscio dell'aria condizionata dell'automobile, la linea costiera della California, scorre veloce nel caldo estivo. Dylan osserva pigramente i bagnanti.
"Non sono davvero molto loquace. Conservo quel che ho da dire per quando lo faccio."
Quel che Bob Dylan fa è scrivere canzoni e cantarle in pubblico. Negli ultimi 15 anni, fin da quando aveva 20 anni, ha creato un'opera unica tra gli artisti Americani: canzoni di una tale potenza e pertinenza che possono essere utilizzate come definizione del paese e dell'uomo in quegli anni: canzoni di rabbia; canzoni di amore inesprimibile, di amara vendicatività e di gioia licenziosa; canzoni di desiderio spirituale, di confusione e di affermazione; canzoni scritte in numero talmente straordinario che spesso è sembrato miracoloso che un giovane autodidatta, figlio di un commerciante di elettrodomestici ebreo della catena montuosa di Mesabi nel nord del Minnesota, possa averle create tutte: "Blowin' in the Wind" (un inno del movimento per i diritti civili degli anni '60), "Like a Rolling Stone" (una delle più grandi canzoni rock mai scritte), "Masters of War," "With God on Our Side," "A Hard Rain's A-Gonna Fall," "Don't Think Twice, It's All Right."
Dylan è stato, in definitiva, la più grande influenza culturale singola per milioni di persone della sua generazione. Ha preso per mano la musica Americana e l'ha condotta in regioni non segnate sulle carte. Dylan smette di osservare i bagnanti, soffoca un sorriso, e dice: "Qualcuno mi ha definito l'Ed Sullivan del rock and roll." Ride sonoramente al pensiero. "Non so cosa significa," dice, "ma suona bene."
Infatti, Dylan è sia il capo che la star della sua troupe personale, la cosiddetta Rolling Thunder Revue, una compagnia di musicisti ambulanti che di recente ha completato un tour di cinquanta date con una performance che è stata registrata alla Colorado State University e che sarà messa in onda dalla NBC martedì sera (14 Settembre): il primo speciale TV di Bob Dylan, dal titolo "Hard Rain."
Raramente intervistato (l'ultima intervista è stata sette anni fa) e raramente visto in pubblico o in privato per lunghi periodi, Dylan ha scelto di essere una delle figure meno accessibili del mondo dello spettacolo.
Nato a Duluth, Minnesota, è cresciuto nella vicina Hibbing ed è emigrato nel Greenwich Village di New York, dove ha ottenuto un contratto discografico diventando una star.
Dopo un incidente in moto accaduto a Woodstock, N.Y., nel luglio del 1966, nel quale è quasi morto (infatti, voci della sua morte furono persistenti all'epoca), è rimasto in una virtuale autoreclusione per diversi anni. Alla fine del 1969 è apparso al Festival musicale dell'Isola di Wight - il suo primo concerto in quattro anni - e 200.000 persone dalla Gran Bretagna, dal continente Europeo, dal Canada e dagli Stati Uniti sono andati a vederlo.
Da allora è andato in tour negli Stati Uniti diverse volte ed ha pubblicato una serie di album di grande successo.
"Non parlo davvero di quel che faccio," dice Bob Dylan. "Cerco semplicemente di essere giusto da un punto di vista poetico e musicale. Penso a me stesso come a più che un musicista, più che un poeta. Il vero se stesso è qualcosa che è al di là di questo. Scrivere ed esibirmi è quello che io faccio in questa vita ed in questo paese. Ma potrei essere ugualmente felice se facessi il maniscalco. Continuerei comunque a scrivere e a cantare. Non potrei immaginare di non farlo. Tu fai quello per cui sei portato."
Quest'anno, durante la campagna presidenziale, Jimmy Carter ha citato Dylan in molti dei suoi discorsi dal podio, e persino nel suo discorso di accettazione alla convention Democratica.
"Non so cosa pensare di tutto questo. La gente mi ha detto che c'era un uomo che correva per la carica Presidenziale e che mi citava. Non so se sia una cosa buona o cattiva."
Ride sonoramente.
"Ma si tratta solo di un altro candidato alla presidenza. "A volte sogno di andare per il Paese e mettere in carica tutti i miei amici."
Fa un largo sorriso al pensiero.
"Mi piacerebbe che ritornassero Thomas Jefferson, Benjamin Franklin e poche altre persone. Se tornassero allora andrei a votare. Loro sapevano quel che stava succedendo."
Automobili sportive che portano tavole da surf scorrono lungo la Pacific Coast Highway nel sole del pomeriggio.
"Laggiù," dice Dylan, indicando un cafe sul lato della strada con tavoli e panchine.
"Lì c'è un posto per fermarsi."
Camminando a grandi passi nel cafe, Dylan - che indossa dei jeans, dei sandali, una logora giacca di pelle nera, ed un cappuccio bianco che fascia lungi riccioli castani - rassomiglia ad un pastore hip di una qualche "Brigadoon" Biblica.
Si siede con una birra, osserva il suo compagno con i suoi occhi azzurri e riflette sul trattamento che la stampa gli riserva.
"La stampa mi ha sempre rappresentato in maniera falsa. Rifiutano di accettare quel che sono e quel che faccio. Devono sempre sensazionalizzare tutto. Io gli lascio scrivere quel che voglio finchè non devo parlare con loro. Possono vedermi quando vogliono mentre faccio quel che faccio. E' meglio tenere la bocca chiusa e fare il tuo lavoro. Mi fa sentire meglio scrivere una canzone piuttosto che parlare a migliaia di giornalisti."
Dylan guarda raramente la televisione, inclusi i telegiornali.
"Non sono influenzato dai telegiornali. Non credo che per vivere in questo Paese tu debba guardare i telegiornali."
Come fa allora ad assorbire le informazioni del mondo prima di trasformarle nelle canzoni di cronaca che sono una parte così importante della sua opera?
"Lo impari parlando con l'altra gente. Impari quello che la gente sente e non ti serve guardare il telegiornale per questo." (Nel 1963, quando Dylan era un giovane autore di ballate, Ed Sullivan lo invitò ad apparire nel suo show e Dylan accettò. Avrebbe cantato una sua nuova composizione intitolata "Talkin' John Birch Society Blues," disse Dylan a Sullivan - una satira su un gruppo politico della destra. A Sullivan piacque la canzone e la mise in programma, ma i censori della CBS non permisero che Dylan la eseguisse. Dylan rifiutò di sostituirla con altro materiale e, adirato, scelse di non partecipare allo show. Da allora, ha costantemente declinato le offerte che gli venivano dai network televisivi, tranne che per due brevi apparizioni: una nel corso del vecchio Johnny Cash Show della ABC - per la sua amicizia con Cash; un'altra volta per un recente tributo della CBS al dirigente della Columbia Records John Hammond, che gli aveva offerto il primo contratto discografico.)

Cosa legge Dylan? Ride. "Non vuoi davvero chiedermelo. Suonerebbe stupido." Comunque i credits in sovraimpressione dello special TV di questa settimana portano alcuni "grazie" (tra gli altri) ad Arthur Rimbaud, il mistico poeta simbolista Francese; ed al romanziere Americano Herman Melville.
"Sì. Rimbaud ha avuto una grande influenza su di me. Quando sono on the road e voglio leggere qualcosa che abbia un senso per me, vado in una libreria e leggo le sue parole. Melville è qualcuno con il quale posso identificarmi per come egli ha guardato alla vita. Mi piace un sacco anche Joseph Conrad, ed ho amato quel che ho letto di James Joyce. Allen Ginsberg è sempre una grande fonte di ispirazione."
Dylan è stato in Israele nel 1971, un evento che ha fatto molto parlare circa il fatto che la tradizione Ebrea stava per diventare un aspetto della sua arte.
"Non c'è stato un gran significato dietro quella mia visita in Israele," insiste Dylan. Ma, aggiunge: "Mi interessa il fatto che gli Ebrei siano Semiti, come i Babilonesi, gli Ittiti, gli Arabi, i Siriani, gli Etiopi. Ma un Ebreo è differente perchè un sacco di persone odiano gli Ebrei. C'è qualcosa che sta succedendo e che è dura da spiegare."
Molte delle canzoni di Dylan abbondano di immagini mistiche di derivazione religiosa: l'album "John Wesley Harding" per esempio ("il primo album di rock biblico," come lo definisce Dylan, ed il primo ad essere stato pubblicato dopo il suo incidente motociclistico), contiene canzoni basate quasi interamente su storie e simboli derivanti dalla Bibbia.

"C'è del mistico in tutti noi," dice. "Fa parte della nostra natura. Ad alcuni di noi vengono mostrate cose del genere più che ad altri. O forse a tutti noi vengono mostrate le stesse cose ma alcuni di noi ne fanno un utilizzo maggiore."
Come immagina Dio, Bob Dylan? Ride improvvisamente, e poi dice, "Come mai non fanno domande del genere a Kris Kristofferson?" Dopo una pausa dice, "Posso vedere Dio in una margherita. Posso vedere Dio di notte nel vento e nella pioggia. Vedo la creazione quasi dappertutto. La più alta forma di canzone è la preghiera. Quella di Re David, di Salomone, il pianto di un coyote, il tuono della terra. Deve essere meraviglioso essere Dio. Ci sono così tante cose lì fuori che non puoi comprenderle tutte. Stai parlando con qualcuno che non comprende i valori della maggior parte della gente. Cupidigia e lussuria posso capirle, ma non riesco a capire i valori di definizione e reclusione. La definizione distrugge. Del resto non c'è niente di definito in questo mondo."
Dylan sorseggia la sua birra e chiede con sollecitudine, "Vuoi andare sulla spiaggia e stare seduti lì per un po'?" Torniamo alla macchina e, con Dylan alla guida, ci dirigiamo lentamente verso nord. Dylan ricorda i tempi del Greenwich Village nei primi anni '60 ed il suo ruolo nel grande "folk boom" che spazzò la Nazione in quegli anni. Un motivo per cui viaggiò fino a New York era seguire le tracce di Woody Guthrie, il poeta ed autore di ballate folk che era stato l'idolo di Dylan. I cafe e le coffee house del Village erano la casa dei musicisti folk. Erano enormemente popolari allora i Festival Folk di Newport, le serie televisive Hootenanny della ABC e centinaia di album di cantanti folk che appagavano i desideri del pubblico per una musica semplice e fatta in casa. (Il boom della musica folk ebbe fine, in effetti, quando i Beatles scatenarono la tempesta sugli Stati Uniti nel 1964, e quando Dylan stesso si convertì agli strumenti elettrici quasi nello stesso periodo.) Alcuni scettici avanzarono l'ipotesi che Dylan aveva scritto le sue cosiddette canzoni di protesta negli anni sessanta perchè le sue antenne sintonizzate su quello che era commercialmente valido gli avevano suggerito che esisteva un mercato per quel tipo di canzoni.
Egli lo nega. "Ho scritto quelle canzoni perchè era quello l'ambiente nel quale mi trovavo. Quando Joan [Baez] ed io cantiamo "Blowin' in the wind" [come in effetti fanno nel corso del succitato special televisivo], è come se fosse una vecchia canzone follk. Non mi capita mai di pensare che si tratti di una cosa che ho scritto io."
"Quelli di noi che sono passati attraverso quel periodo probabilmente hanno un miglior senso della musica di oggi. Un sacco di persone negli anni '70 non sanno come tutta quella musica è arrivata. Pensano che Elton John sia apparso in una notte. Ma gli anni '50 e '60 sono stati un periodo di grande energia."
E come colloca i Beatles in tutto questo? Dylan scuote la testa con convinzione.
"L'America dovrebbe innalzare delle statue ai Beatles. Hanno aiutato a restituire l'orgoglio di un tempo a questo Paese. I Beatles hanno usato tutta quella musica che noi ascoltavamo un tempo - ogni cosa, da Little Richard agli Everly Brothers. Hanno frantumato un sacco di barriere, ma non ce ne siamo accorti all'epoca perchè è avvenuto tutto troppo in fretta."

Dylan si accosta al marciapiede, esce dall'auto e cammina verso una scogliera alta venti piedi sulla spiaggia. Si arrampica agilmente e raccoglie lattine di birra gettate davanti a lui. Si mette al sole, si aggiusta il cappuccio, scruta in direzione dell'oceano, e dice: "Considero me stesso nello stesso spirito dei Beatles e dei Rolling Stones. Quella musica ha significato per me. E Joan Baez significa per me molto più che 100 di questi cantanti che sono in giro al giorno d'oggi. Joan è più potente. E' quello che stiamo cercando. Joan ha sempre posseduto ciò e sempre lo avrà - potere per le specie, non solo per un gruppo selezionato."

Che dischi ascolta per il suo divertimento personale?
"Mi piacciono i dischi con effetti sonori," dice, ridendo. "A volta la sera tardi, mi preparo una bevanda alcolica alla menta e me ne sto semplicemente seduto lì ed ascolto effetti sonori. Sono sorpreso del fatto che molti di essi non siano in classifica." Sta ancora ridendo. "Se avessi una mia etichetta discografica, è quello che pubblicherei."
Una ragazzina si avvicina a Dylan, con un Frisbee in mano, e gli chiede se appartiene a lui. "No," risponde Bob Dylan con gentilezza, e la ragazza saluta e se ne va lemme lemme lungo la spiaggia, chiaramente inconsapevole che si è rivolta (davanti a molti) al più grande cantante-scrittore di rock and roll di una generazione.
"Passo per strade affollate senza essere riconosciuto. Non voglio essere una di quelle grandi star che non posso andare da nessuna parte (Dylan dice, sbagliando, "nowhere"). Cambialo con "anywhere". Mia madre potrebbe leggere questo articolo".
Il Bob Dylan che uno incontra oggi, disteso su questa spiaggia di Malibu, sembra molto più sereno rispetto al turbolento, spesso autodistruttivo, giovane arrabbiato che uno ricorda negli anni '60. (Ora egli è padre di cinque figli, sposato con l'ex modella Sara Lowndes, e vive nel languore della California del Sud invece che nel tumulto New York.)
Dylan guarda di traverso l'orizzonte.
"La rabbia è spesso diretta verso noi stessi. Dipende dal luogo e dal tempo in cui ti trovi. La chimica del corpo di una persona cambia ogni sette anni. Nessuno su questa terra è lo stesso che era sette anni prima nè lo stesso che sarà tra sette anni. Non ci vuole molto cervello per sapere che se non si cresce si muore. Devi trovare la luce del sole."
Dove si trova Dylan musicalmente in questi giorni?
"Suono rag rock. E' un genere speciale di musica quella che suono. Scriverò qualche nuova canzone presto e poi, attenti! La musica salirà su tutto un altro nuovo livello."
Scrive ogni giorno e gli viene facilmente l'ispirazione?
"Stai scherzando? Quasi qualsiasi altra cosa è più facile che scrivere canzoni. La parte più difficile è quando l'ispirazione muore lungo la strada. Allora tu spendi tutto il tuo tempo nel tentativo di ricatturarla. Non scrivo ogni giorno. Mi piacerebbe ma non ci riesco. Stai parlando ad uno spostato totale. Gershwin, Bacharach - quelle persone - hanno il dono di scrivere canzoni. A me non importa davvero se scrivo." Pausa.
"Posso dire questo ora, ma appena la luce cambia potrebbe essere la cosa che più mi importa.
Rimpianti?
"Il passato non esiste. Per me esiste la prossima canzone, la prossima poesia, il prossimo concerto."
Messaggi per il mondo?
"Ci sto pensando. Vorrei esprimere la mia gratitudine a mia madre. Voglio salutarla nel caso in cui stesse leggendo questo articolo."
La vedi mai? Pausa.
"Non tanto quanto la vedevo quando ero un ragazzo."
Dylan tira su la sua lattina di birra dalla sabbia. "Spero non ci sia un serpente nella mia birra," dice.
Poi si appoggia pigramente e guarda il sole che scende lentamente sull'orizzonte del Pacifico.

traduzione di Michele Murino


 

parte quinta