MAGGIE'S FARM

SITO ITALIANO DI BOB DYLAN

Dylan - Interviste dal 1961 al 2007

PARTE SECONDA

 

INTERVISTA PER "SCENE"
GENNAIO 1963

La Top Venti di domani

Costituirebbe davvero una prova dei poteri di assimilazione di Tin Pan Alley (1) se la musica folk improvvisamente scalasse le classifiche su larga scala.

Come se la caverebbero ad esempio con Bob Dylan gli uomini nei vestiti eleganti, come se la caverebbero con il ragazzo genio dal passo strascicato della musica folk americana? Dylan fa del suo meglio per parlare, muoversi, vestirsi e comportarsi come un uomo di montagna del Tennessee.

Quando l'ho incontrato per la prima volta stava parlando vagamente di andare a Roma, Parigi o forse New York. E lo preoccupava pochissimo il fatto di essere nel bel mezzo della registrazione televisiva della commedia "Madhouse on Castle St." della BBC e che conferenze ad alto livello si stavano tenendo per tutta Londra a causa di un battibecco con la BBC che aveva minacciato di prolungare il periodo di produzione della commedia di alcune settimane oltre il tempo stipulato nel contratto di Dylan.

"Mi pagano duemila dollari per fare questa commedia." ha dichiarato Dylan. "Se dovessi restare altre tre settimane per portarla a termine probabilmente dovranno pagare la stessa cifra un'altra volta."

"Ma per me duemila o quattromila dollari non fanno differenza. Sono comunque una cifra eccessiva. E a che serve il denaro per tre intere settimane? Tre settimane sono troppo lunghe per perderle."

Dylan è una delle star più grandi del circuito folk Americano...

E' il momento del pranzo per il ragazzo dall'aria arruffata che ha aperto la porta, sulla quale è appeso un cartello con la scritta "Non disturbare". La faccia magra con la barba di una settimana sul mento, Dylan si leva una morbida massa di capelli dagli occhi e si va ad appollaiare sul suo letto, a piedi nudi, con le gambe incrociate.

La custodia della sua chitarra è al centro del pavimento, una pila di magliette arrotolate straborda da una valigia aperta ed un largo giaccone di lana con un terribile bisogno di essere lavato giace di fianco al letto, dove è stato ovviamente fatto cadere la notte prima.

Dylan è il più entusiasmante cantante bianco di folk e di blues che l'America abbia mai prodotto, dicono gli esperti. Ha scritto la gran parte delle sue canzoni, e le canta "cercando consapevolmente di ricatturare la rude bellezza di un bracciante del Sud che canta una dolce melodia sul suo portico", e si accompagna con la chitarra e l'armonica (sistemata attorno al collo).

Dylan parla come Brando imitando quel bracciante del Sud. "Non sono nello show-business," dice. "Il denaro? Non so quanto ne guadagno. A volte lo chiedo a volte no. Non so per che cosa lo spendo, semplicemente mi cade fuori dai buchi delle mie tasche."

Le tende sono ancora tirate nella sua stanza e così rimangono per tre ore.

"Non mi piace cantare per altri se non per gli Americani. Le mie canzoni dicono delle cose. Le canto per la gente che sa quel che dico."

"Oggigiorno suono solo nei concerti." dice, "Non suono più nei clubs. Pochi anni fa quando avevo bisogno di denaro i clubs non mi pagavano. Ora mi scrivono in continuazione chiedendomi di suonare da loro. A volte gli rispondo e gli dico di no, a volte non rispondo nemmeno. Ma loro continuano a farmi richieste, offrendomi alte percentuali e tutto il resto."

Dylan si veste per scendere in una cafeteria del posto per il pranzo con il suo manager, Mr. Albert Grossman.

Poco dopo quello stesso pomeriggio Mr. Grossman e Dylan decidono di portare a termine la commedia TV, nella quale Dylan recita la parte di un hobo suonatore di chitarra.

Circa una settimana dopo incontro nuovamente Mr. Grossman e Dylan a Londra. Dylan indossa ora un cappello nero con una banda colorata.

Nelle lussuose poltrone del nuovo Prince Charles Theatre Dylan sprofonda nel suo posto....

traduzione e note di Michele Murino
Articolo pubblicato originariamente sulla rivista inglese "Scene" il 26 Gennaio 1963. Il giornalista non è specificato ma si pensa sia Ronnie o Richard Gilbert. L'articolo è stato ristampato nel volume di Clinton Heylin "More Rain Unravelled Tales" del 1984.

(1) Alla fine del 1800 negli Stati Uniti la musica popolare diventa un grosso business. Gli editori musicali affittano così uffici ad Union Square, a New York, in un'area che sarà in seguito ribattezzata "Tin Pan Alley". In quegli uffici, compositori e musicisti sfornano tutti i più grossi successi musicali destinati a scalare le classifiche. Ecco il ricordo di Bob Dylan: "All'epoca non ne ero consapevole, ma tutte le canzoni venivano composte a Tin Pan Alley, nel palazzo Brill. Avevano valanghe di compositori, i quali fornivano i brani agli artisti. Ne avevo sentito parlare ma non mi ci ero mai soffermato più di tanto. Erano dei bravi compositori ma il mondo che loro conoscevano e quello che conoscevo io erano del tutto diversi. Ad ogni modo la maggior parte delle canzoni che venivano incise proveniva da Tin Pan Alley e credo che ciò avvenisse soprattutto perchè i cantanti non erano anche compositori, non ci pensavano nemmeno. Comunque l'era di Tin Pan Alley è finita, e l'ho fatta finire io. Oggi i musicisti possono pubblicare le proprie canzoni; o almeno ci si aspetta che lo facciano. L'aspetto più divertente di tutta questa faccenda è che io non ho cominciato come compositore; mi ci sono semplicemente lasciato trascinare. Gli altri invece l'hanno fatto coscientemente".


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L'INTERVISTA DI SIDNEY FIELDS
AGOSTO 1963

Solo un essere umano che viaggia ed impara
di Sidney Fields

Tutte le cose che un tempo ribollivano dentro Bob Dylan quando stava colpendo l'America ora stanno riversandosi fuori da lui.

Durante gli ultimi sei anni ha scritto oltre cento canzoni, con rara sensibilità, coprendo ogni argomento, dal fall-out nucleare e l'integrazione al lamento dell'innamorato o alla sua solitudine.

Alcune canzoni come "Hard Rains Are Going To Fall" fanno parte del suo attuale album che è diventato un best seller, "The Free Wheelin' Bob Dylan". Altri brani, come "Blowin' Nel Wind" e "Don't Think Twice, It's All Right" sono diventati dei grandi successi grazie a Peter, Paul and Mary e Bobby Darin.

Dylan ha ventuno anni, porta sbiaditi calzoni da operaio, capelli non tagliati, un accento alla hillbilly ed ha abitato per oltre due anni al Greenwich Village (dove altrimenti?). Prima stava provando a percorrere ogni autostrada e via del paese.

"Il desiderio irrefrenabile di muoversi, vedere e sentire, l'ho sempre avuto", dice. "Ma non voglio vedere le stanze da bagno atomiche e le camere da letto elettroniche; volevo vedere e sentire la gente e la polvere e i fossati ed i campi e gli steccati."

I suoi genitori e un fratello più giovane vivono ancora ad Hibbing, Minnesota, cittadina dalla quale ha provato a scappare quando aveva dieci anni, con la sua chitarra e la sua armonica. Ha percorso 900 miglia prima che la polizia lo prendesse e lo rispedisse a casa in treno.

"Le ho buscate ma non abbastanza forte da farmi restare", dice Dylan, "Me ne sono andato di nuovo a 12 anni e cinque volte ancora in seguito. Mi hanno ripreso ogni volta. Ma quando ho compiuto 18 anni ce l'ho fatta."

Ha toccato quasi ogni stato, provando a guadagnarsi i soldi per sbarcare il lunario raccontando storie a proposito di quel che vedeva, ma mangiando più regolarmente quando potava le siepi, falciava i prati, o quando faceva ogni lavoro possibile. Il suo primo impiego a New York gli ha fatto guadagnare 2 dollari per un lavoro di una notte in una coffee house del Village. Quando un'altra cantante folk ha inciso un disco per la Columbia gli è stato chiesto di accompagnarla all'armonica. La Columbia lo ha messo sotto contratto. Ha inciso il suo primo album e ha debuttato alla Town Hall.

Le note del programma di quel concerto che lo riguardano provenivano da "My Life In A Stolen Minute" una lunga poesia autobiografica. Una parte di questa poesia recita: "Con il pollice sempre teso, gli occhi assonnati, il cappello calato e la testa accesa /Andavo alla deriva ed imparavo nuove lezioni."

La sua voce non è potente, ma è comunicativa e quello che egli canta nel suo modo così penetrante ha il ritmo luminoso di un poeta conscio delle cose del mondo.

Dalla sua apparizione alla Town Hall, si è esibito nei college ed ai festival folk, da costa a costa, ed a Londra ed a Roma. È stato all'Ed Sullivan Show e sul palco della Carnegie Hall. Darà un secondo concerto alla Carnegie Hall il 27 ottobre prossimo. Si è esibito anche sullo stesso palco con Joan Baez in numeri estemporanei.

Dopo il suo primo album, chiamato semplicemente "Bob Dylan", ha dichiarato "Quello non sono io. C'erano soltanto un paio delle mie storie su quel disco." E' stato più soddisfatto del suo secondo album. "Ho scritto tutte le storie tranne che per una o due canzoni."

Le sue canzoni iniziano sempre come storie. Quando era sulla strada è diventato un bravo narratore delle storie degli altri. Ma ora ha rinunciato a tutto ciò.

"Visto che Dickens, Dostoevsky e Woody Guthrie raccontavano le loro storie molto meglio di quanto potessi mai fare io, allora ho deciso di seguire le mie idee."


traduzione di Michele Murino
Questo articolo/intervista è stato pubblicato originariamente nel New York Mirror, il 12 Settembre 1963. Ristampato in "Bob Dylan. A Retrospective" (Craig McGregor).

Ndt: Ho volutamente mantenuto inalterati gli errori presenti nel testo originale.


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BOB DYLAN AL LES CRANE SHOW
17 FEBBRAIO 1965


Crane: Mr. Bob Dylan, Signore e Signori ! (applausi) (grida) Ciao Bobby!

Dylan: Tutto bene!

Crane: Il microfono funziona? Bene.

Dylan canta It's All Over Now Baby Blue

Crane: Grazie Bob.

pausa

Crane: Come stai?

Dylan: Bene.

Crane: Com'è andata?

Dylan: Bene.

Crane: Sì, sei stato bravissimo. Che stai facendo con quella?

Dylan: Oh, sto solo cercando di abbassarla così non si mette di mezzo coprendomi la voce.

Crane: Guarda un po' che armonica... hai mai incontrato Jesse Fuller?

Dylan: Certo.

Crane: Jessie è stato da noi un paio di settimane fa. Non abbiamo avuto la possibilità di parlare molto ma la prossima volta che tornerà voglio farlo perchè sembra uno straordinario gentiluomo. A proposito di straordinari gentiluomini, quanti anni hai?

Dylan: 23!

Crane: 23 anni!

Dylan: Già, ne compirò 24 a Maggio!

Crane: Già. Ti sono successe un sacco di cose in soli 23 anni, vero?

Dylan: Sì, sì, un sacco di cose fantastiche!

Crane: Ne sei felice?

Dylan: Oh, sì, certo.

Crane: Fai bene. Perchè hai avuto successo nel fare quel che volevi fare più di ogni altra cosa, immagino.

Dylan: Già, proprio così, ma non devo pensarci molto.

Crane: Non devi pensarci molto? Penso che dovresti pensare ad un sacco di cose da scrivere, il tipo di cose che fai.

Dylan: Già, sicuro.

Crane: Nominane qualcuna!

Dylan: Sì.

Crane: Solo per quelli che magari qui tra il pubblico potrebbero non conoscere tutte le canzoni che hai scritto. Elenca solo quelle importanti!

Dylan: Oh.

Crane: Quest'uomo è il compositore di...

Dylan: SUBTERRANEAN HOMESICK BLUES!

Crane: No! Non è una di quelle grosse! (risate del pubblico)

Dylan: No?

Crane: No.

Dylan: Vediamo... One Too Many Mornings.

Crane: Che ne dici di Blowin' in the wind?

Dylan: Sì? (applausi)

Crane: Forse vi ricorderete amici quella sera che c'era Judy Collins..., ed io continuavo a dirle "Devi cantare questa canzone, devi cantare questa canzone" e Judy Collins è uscita e ha cantato l'intera versione originale di Hard Rain's Gonna Fall? Bene, quella l'ha scritta Bob!

Dylan: Già, l'ho scritta io (applausi)

Crane: Chi stai salutando?

Dylan: Odetta!

Crane: Odetta! (rivolto al pubblico) Sapete chi è Odetta? (scrosci di applausi). Puntate il riflettore su quella signora! Come stai cara? ... A proposito di grandi artisti! Ecco una di loro! (rivolto ad Odetta) Parteciperai allo show tra un po' non è vero?

Odetta: Il mese prossimo.

Crane: Il mese prossimo. Già, Odetta è in cartellone ...

Crane: Quando hai iniziato a cantare, Bob?

Dylan: Oh... Quando avevo dieci, undici anni.

Crane: Hai iniziato con la chitarra o suonavi qualcos'altro?

Dylan: Il pianoforte. Il pianoforte e la chitarra.

Crane: Da dove vieni? Dove sei nato?

Dylan: Minnesota.

Crane: Sei andato a scuola lì?

Dylan: Già.

Crane: Quanto sei andato avanti a scuola?

Dylan: Oh, le ho fatte tutte.

Crane: Liceo?

Dylan: Già.

Crane: Anche l'università?

Dylan: No, non davvero.

Crane: Poi hai cominciato a viaggiare on the road, no?

Dylan: Beh, on the road, sì, lo sai (risate del pubblico). L'ho fatto (ridacchia). Ho fatto di tutto.

Crane: Quando hai cominciato a scrivere canzoni originali?

Dylan, Beh, ho iniziato un sacco di tempo fa. Sai, butti giù un sacco di cose diverse, quando non sai cos'altro fare. E' stato allora che ho cominciato. Ho iniziato a scrivere canzoni ... beh quella è una storia diversa ... Ho iniziato a scrivere canzoni dopo aver sentito Hank Williams.

Crane: Hank Williams? Davvero ti ha ispirato?

Dylan: Già.

Crane: Cold Cold Heart? Jambalaya? Cose del genere?

Dylan. Già. Cole Porter.

Crane: Cole Porter??

Dylan: Già.

Crane: Ora mi stai prendendo in giro!

Dylan: No. (risate del pubblico).

Crane: Certo che sì!

Dylan: No, davvero!

Crane: Hai visto Judy Collins cantare Hard Rain?

Dylan: Sì, l'ho vista!

Crane: Guardi lo show?

Dylan: Lo guardo sempre. Certo.

Crane: Dove lo guardi soprattutto?

Dylan: La volta scorsa l'ho visto a New York. Ero lì per incidere un altro disco. Ho visto lo show. L'ho vista cantare.

Crane: Dov'eri esattamente quando hai visto lo show. Te lo ricordi?

Dylan: A casa di qualcuno.

Crane: Mi hanno detto che eri in una sala da biliardo l'ultima volta che l'hai visto.

Dylan: Oh, sì ho visto lo show in una sala di biliardo. Il tuo show va in onda nelle sale di biliardo (risate del pubblico)

Crane: Davvero?

Dylan: Perchè, appena inizia ad andare in onda ci resta ... e ... nemmeno il film della sera può scalzarlo.

Crane: Andiamo davvero forte nelle sale da biliardo.

Dylan: Nelle sale da biliardo (risate del pubblico) e ... nei bar della zona sud... (risate del pubblico)

Crane: I bar della zona sud? Davvero? (risate del pubblico)

Dylan: Proprio lì. Giù verso l'East End.

Crane: Credi che significhi qualcosa?

Dylan: No, no (risate del pubblico).

Crane: Pensi che sfonderemo con questo programma?

Dylan: Penso di sì!

Crande: Davvero?

Dylan: Sì! Penso di sì! (ridacchia) (risate del pubblico)

Crane: Che succede?

Dylan: Oh, niente! (risate del pubblico)

Crane: Sei nervoso?

Dylan: Non sono nervoso, no! Sono... eh... il tappeto!

Crane: Il tappeto??

Dylan: E' giallo ... sai ...

Crane: Sì?

Dylan: Non l'avevo mai visto .., eh ... non avevo mai fatto caso prima quando guardavo lo show in televisione che era giallo. (risate del pubblico)

Crane: Il pavimento. Immagino che si stia... ti stai riferendo al pavimento?

Dylan: Già.

Crane: Ti piace o no?

Dylan: E' bello, è bello! E' solo che, sai... Ho visto lo show ed è così... stretto! Tutto qui. Sembrava più grande.

Crane: Dicono tutti così. Sembra più grande in televisione che qui in studio. Ma è uno studio abbastanza grande. Abbiamo uno dei più grandi studi di tutte le televisioni... Che ne dici al riguardo, guardi molta televisione?

Dylan: Oh, ogni tanto.

Crane: Quali programmi preferisci?

Dylan: Oh, mi piacciono i film.

Crane: Sì...

Dylan: Mi piacciono i film ... Guardo bei film in televisione. E' il miglior posto per vedere bei film oggi giorno, la televisione!

Crane: Sì... Saremo di ritorno tra un attimo, Bob Dylan ed io.

pausa

Crane: Bob, a proposito di quando ascolti altri artisti eseguire le tue canzoni... ti piacciono Peter Paul and Mary quando cantano le tue canzoni?

Dylan: Certo che sì.

Crane: Davvero?

Dylan: Certo!

Crane: Credo che sia davvero un complimento avere così tante persone che incidono le tue canzoni. Inoltre guadagni anche un sacco di soldi così.

Dylan: Già.

Crane: Che ne fai di tutti quei soldi comunque?

Dylan: Oh, mi compro stivali, banane, frutta, pere.

Crane: Stivali, banane, frutta, pere ...

Dylan: Ho comprato dei posacenere davvero fantastici l'altro giorno.

Crane: Davvero? Beh, ma dove la metti tutta questa roba? Voglio dire che non hai un posto per conservare queste cose... Sei sempre in viaggio.

Dylan: Vero.

Crane: Leghi tutto sulla tua motcicletta?

Dylan: No, in realtà non vado molto in moto. Anche se ne posseggo una.

Crane: Sì...

Dylan: Ma sto pensando di prendere un'automobile.

Crane: Un'automobile!

Dylan: Ma non so che tipo...

Crane: Sì?...

Dylan: Sì, Sto pensando di comprare una Maserati. Ne hai mai sentito parlare?

Crane: Certo.

Dylan: In effetti non ne ho mai vista una, ma mi piace il nome.

Crane: Mas-er-rati!

Dylan: Già. Maserati. Bob Dylan e la sua Maserati.

Crane: Perchè è italiana? Bob Dylan e la sua veloce Maserati. No, non ti voglio vedere in una Maserati.

Dylan: No?

Crane: No, non voglio. Io... sai non dovrei dirlo perchè io...

Dylan: Vuole vedermi in una di quelle ! (rivolto a qualcuno che ha gridato tra il pubblico)

Crane: Credo che tu rappresenti per l'America e per la gioventù Americana qualcosa di molto molto vitale e l'ultima persona che ebbe questo tipo di impatto sulla gioventù di questa nazione è stato James Dean ...

Dylan: Aahh.

Crane: Ed io non voglio che tu te ne vada in giro in qualche auto sportiva...

Dylan: OK! Non lo farò, Les! (risate del pubblico)

Crane: Intesi?

Dylan: Certo.

Crane: E' tempo che ti compri una Volkswagen! (risate del pubblico)

Dylan: Me l'hanno detto.

Crane: Una Volkswagen...

Dylan: Che ne dici di uno di quei piccoli affari a tre ruote? Sai quelli piccoli...

Crane: Certo, li chiamano Messerschmidt. L'ho detto giusto? Sì. Siamo ancora in onda quindi presumo di sì (risate del pubblico). Ascolta Bob, come ci si sente a 22 anni ad uscire sul palcoscenico del Lincoln Center...?

Dylan: 22 anni?

Crane: Beh, ne avevi 22 allora.

Dylan: Oh già.

Crane: E c'erano migliaia di persone ammassate in quel posto, che ti hanno tributato una delle ovazioni più grandi... Come ci si sente a ricevere questo tipo di ovazione a quell'età e con l'ammirazione ed il rispetto che tu hai? E' una domanda difficile.

Dylan: Già.

Crane: Ma rispondi lo stesso.

Dylan: Beh ... Beh, ti dirò Les (ridacchia, il pubblico ride) ... Non posso rispondere.

Crane: Oh sì che puoi.

Dylan: Oh. Beh, è davvero delizioso, meraviglioso ... E' fantastico, splendido, eccezionale, bellissimo, straordinario...

Crane: Splendido, eccezionale, bellissimo, straordinario...

Dylan: ...Bobby Neuwirth (risate)

Crane: Cosa fai soprattutto... viaggi un sacco non è vero?

Dylan: Sì

Crane: Dai un sacco di concerti?

Dylan Aahh. Sì, certo.

Crane: Dove soprattutto?

Dylan: Oh, dipende, sai. Qualsiasi posto dai college ai teatri alle sale di Vaudeville.

Crane: Capisco. Che tipo di pubblico hai, sono soprattutto i giovani o i più vecchi che recepiscono il tuo messaggio?

Dylan: Oh, ho un bel pubblico, un bel pubblico. Non lo so davvero, uh, non so davvero cosa... giovani o vecchi, sono persone giuste. Sai. Sono tutti ok.

Crane: Sì?

Dylan: Sì.

Crane: Molte delle tue canzoni... Non voglio annoiarti con domande scontate, ma è vero che molte delle tue canzoni dicono qualcosa ...

Dylan: Uh-hum.

Crane: C'è un messaggio ...

Dylan: Sì?

Crane: ... in quasi ogni cosa che tu dici. Qual è il tuo messaggio principale?

Dylan: Mangiare?

Crane: No, non credo che sia quello. E' una risposta carina ma non è quello il messaggio.

Dylan: Già. Aah. Il mio messaggio fondamentale è, ah, sai (ridacchia), lo vuoi in una sola parola (ridacchia, il pubblico ride), una sola parola!

Crane: No.

Dylan: Beh, te lo dirò Les.

Crane: Sì, Bob.

Dylan: Un messaggio in una sola parola. E' semplicemente "Essere".

Crane: Essere? Che ne dici di "amore"?

Dylan: Amore? E' una parola che va bene, certo. Ma è stata utilizzata troppo.

Crane: Però è parte del tuo messaggio, no?

Dylan: Amore? Beh, sì ma tutti lo dicono.

Crane: Non c'è niente di male.

Dylan: No, certo, tutti possono dirlo.

Crane: Che ne dici di dondolare?

Dylan: Dondolare? E' un bel messaggio.

Crane: E' parte del tuo messaggio?

Dylan: Dondolare, Dondolare. Essere. E'. Era. Erano.

Crane: Te ne stai lì seduto ed io ho messo insieme tutti questi tizi per te stasera in un tributo a te e tu te ne stai lì seduto e mi prendi in giro, vero?

Dylan: No, non ti sto prendendo in giro, tutti pensano sempre che io lo faccia (risate del pubblico).

Crane: Tutti pensano che tu li prenda in giro ...

Dylan: Sì, esatto, è strano, strano. Comunque hai una bella cravatta.

Crane: Ti piace questa cravatta?

Dylan: Sì. Mi piacciono le cravatte.

Crane: Tu non indossi mai cravatte.

Dylan: No. Una volta ogni tanto le indosso. Guardo la televisione in cravatta (applausi). Hey, è OK. Me la dai quella cravatta?

Crane: Dondolare! Amore!

Dylan: Grazie molte. Fantastica. Che ne dici di quegli stivali Les? (il pubblico esplode di risate).

Crane: Che misura porti?

Dylan: 42 e 1/2.

Crane: Allora non ti vanno ... poi sono gli stessi stivali che hai tu!

Dylan: Davvero?

Crane: Sono gli stessi stivali.

Dylan: Però i tuoi sono più lucidi dei miei.

Crane: Hey Bob, che bell'armonica hai.

Dylan: Bella eh?

Crane: (la prende e suona qualche nota) Saremo di ritorno tra poco dopo un breve messaggio pubblicitario...

pausa

Crane: Eccoci di ritorno! Tommy Sands, Caterina Valente, Bob Dylan, Cy Pulman ...

Crane parla con Tommy Sands - pausa

Dylan: No, no. Non sono sposato.

Crane: Lo dici come se non approvassi la cosa.

Dylan: Oh, no, l'approvo.

Crane: Allora semplicemente non hai ancora trovato la signora? E' così?

Dylan: Oh, non è così. E' solo che non sono sposato sai (risate del pubblico).

Crane: (rivolto ad una parte del pubblico) Che state combinando lassù? State davvero scoppiando dal ridere.

Crane parla con Caterina Valente

Crane: (a Dylan) Che hai fatto mentre non guardavo?

Dylan: Niente, Les. (risate del pubblico). Non ho fatto niente.

Crane: Stai davvero facendo scoppiare dal ridere il pubblico!

Dylan: Nah, nah, non è vero.

Crane: Sì che lo è

Tommy Sands: Sai perchè sta facendo scoppiare dal ridere il pubblico?

Crane: Perchè?

Sands: Stavo seduto qua dietro e lo osservavo. Non posso parlare per il pubblico. Ma credo di saper riconoscere il talento. E credo che così come ha avuto un enorme successo come cantante ed autore di canzoni Bob avrà un grande successo in futuro come attore. (risate del pubblico). Non avevo mai visto Bob Dylan, prima. Ho visto i dischi e ho sentito le canzoni e tutto il resto ma non avevo mai visto lui in persona. Mi ricorda Jimmy Dean ed è molto divertente.

Crane: Che ne pensi Bobby?

Dylan: Beh, (ridendo) Moltissime Grazie (risate del pubblico).

Crane: Hai mai pensato di recitare? Pensi che ti piacerebbe?

Dylan: Beh, proverò a fare un film quest'estate. Lo sta scrivendo Allen Ginsberg. Io lo riscriverò...

Crane: Allen Ginsberg, il poeta?

Dylan: Sì.

Dylan: E' stato nostro ospite sai.

Dylan: Sì lo so.

Crane: Ha esaltato le virtù della marijuana una sera.

Dylan: Davvero? Allen?? (risate del pubblico). Mi sembra una bugia (risate del pubblico) ...

Crane: E' vero ... Pensi che io menta?

Dylan: No, non intendevo questo.

Crane: Allen Ginsberg era seduto nella sedia in cui è seduta Caterina Valente ora e ha detto che pensava che bisognerebbe legalizzare la droga leggera.

Dylan: Ha detto così?

Crane: Proprio in televisone.

Dylan: Pheeeww!

Crane: Te lo immagini?

Dylan: Nah. Allen è un po' strano a volte (risate del pubblico) ...

Crane: Allen è strano a volte, eh? Sì ... che tipo di film è?

Dylan: Oh è una specie di western horror (risate del pubblico). E' ambientato sulla New York Thruway.

Crane: Un western horror che è ambientato... Non credo sia esattamente quello che Tommy Sands aveva in mente... Tu sei la star del film?

Dylan: Sì. certo, sono l'eroe.

Crane: L'eroe? Fai la parte di un orribile cowboy?

Dylan: Interpreto la parte di mia madre (risate del pubblico)

Crane: Tua madre? Nel film?

Dylan: Nel film. Lo devi vedere. (risate del pubblico)

Crane: Ci sta prendendo in giro, vero?

Dylan: Nah, Dio.

Crane: Sei terribile.

Dylan: Nah. Non voglio essere inserito in una categoria...

Tommy Sands: Hey, posso farti una domanda, Bob?

Dylan: Sicuro.

Tommy Sands: ... molti degli artisti presenti sembrano fare le stesse cose degli artisti country eppure sembrano possedere un richiamo maggiore. Come mai?

Dylan: Non saprei. No. No.

Crane: Te lo dico io. Perchè gli artisti country non hanno avuto lo stesso tipo di esposizione che hanno avuto gli artisti folk. Viaggiano in circoli differenti ...

il discorso continua con Caterina Valente ed altri

Dylan canta It's Alright, Ma (I'm Only Bleeding)


traduzione di Michele Murino

Trasmissione andata in onda dal vivo sulla WABC-TV.

Bruce Langhorne accompagna Dylan con la chitarra elettrica


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DYLAN INCONTRA LA STAMPA - VILLAGE VOICE

3 MARZO 1965


Domanda: Bobby, sappiamo che hai cambiato il tuo nome. Andiamo, dicci qual è il tuo vero nome...

Dylan: Phil Ochs. E lo cambierò di nuovo quando ne varrà la pena.

Domanda: E' stato Woody Guhtrie la tua più grande influenza?

Dylan: Non saprei dirlo, ma per quanto riguarda il fascino... sì mi ha influenzato parecchio.

Domanda: Che ci dici di Brecht? Leggi molto le sue opere?

Dylan: No. Ma l'ho letto.

Domanda: E Rimbaud?

Dylan: Ho letto quel suo librettino "I fiori del male".

Domanda: E cosa ne pensi di Hank Williams? Anche lui è stato per te un'influenza?

Dylan: Ehi guarda, io considero influenze Hank Williams, Capitan Marvel, Marlon Brando, The Tennessee Stud, Clark Kent, Walter Cronkite e J. Carrol Neish. Ora - per favore - cos'è che volete sapere esattamente?

Domanda: Parlaci del tuo film.
Dylan: Sarà girato in bianco e nero.

Domanda: Sarà nello stile di Andy Warhol?

Dylan: Chi è Andy Warhol? Ascolta, il mio film sarà... - non posso definirlo - ...sarà nello stile dei primi film portoricani.

Domanda: Chi lo sta scrivendo?

Dylan: Allen Ginsberg. Io lo riscriverò.

Domanda: Che parte hai nel film?

Dylan: Quella dell'eroe.

Domanda: E chi sarebbe l'eroe?

Dylan: Mia madre.

Domanda: Che ci dici dei tuoi amici Beatles? Li hai incontrati?

Dylan: John Lennon ed io siamo scesi al Village una mattina presto. Non ci hanno voluto far entrare al The Figaro o al The Hip Bagel o al The Feenjon. Stavolta andrò io in Inghilterra. Il prossimo aprile. Li incontrerò, se saranno lì.

Domanda: Bob, che ne pensi della situazione dei poeti Americani? Kenneth Roxroth ha fatto una stima secondo cui, dal 1900, circa trenta poeti Americani si sono suicidati.

Dylan: Trenta poeti! E allora che ne dite delle casalinghe americane, e dei postini, degli spazzini, dei minatori? Cristo, cosa c'è di tanto speciale in trenta persone che vengono definite poeti? Ho conosciuto delle persone davvero buone che si sono suicidate. Una di queste persone non ha fatto niente altro che lavorare ad una pompa di benzina per tutta la sua vita. Nessuno si è mai riferito a lui chiamandolo poeta, ma se voi definite una persona come Robert Frost un poeta, allora devo dirvi che quel ragazzo che lavorava alla pompa di benzina era pure lui un poeta.

Domanda: Bob, in conlusione... hai una qualche importante filosofia per il mondo?

Dylan: Stai scherzando? Il mondo non ha bisogno di me. Cristo, sono alto solo cinque piedi. Il mondo può tranquillamente andare avanti senza di me. Lo sai, tutti moriamo. Non importa quanto importante tu creda di essere. Guarda Shakespeare, Napoleone, Edgar Allan Poe, per esempio. Sono tutti morti, no?

Domanda: Allora secondo te, Bob, c'è un uomo che sia in grado di salvare il mondo?

Dylan: Al Aronowitz.


traduzione di Michele Murino


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Sheffield University Paper
Maggio 1965
(Data dell'intervista: 30 Aprile 1965)

"Bob Dylan"

di Jenny De Yong e Peter Roche


"I try to harmonise with songs the lonesome sparrow sings," ha cantato Bob Dylan, da solo sul palco in una City Hall piena lo scorso Venerdì: Dylan stesso sembra un passero - un passero magro, patito, arruffato - ma un passero che canta al ritmo di 2.000 sterline a concerto.

I suoi occhi cerchiati di scuro sembravano spuntare da sotto la conglomerazione che lo circondava (due microfoni, un tavolo con due bicchieri di acqua assai necessaria ed un'armonica attorno al collo), mentre le sue penetranti canzoni convincevano persino i più cinici che Bob Dylan è degno di tutte le lodi che gli sono state tributate e sotto le quali i suoi estimatori temono che egli possa rimanere soffocato.

Una parte essenziale dell'immaginario popolare è il senso di solitudine di Bob Dylan. Egli lo canta con immagini simboliche. Canta anche di amarezza, di "Flesh-coloured Christs that glow in the dark". Non si cada nell'errore però - Dylan è in grado di scrivere con brillanti immagini canzoni che riguardano la guerra e la violenza ma può scrivere con eguale capacità di penetrazione anche a proposito di cose che sono la realtà per la gran parte del suo pubblico, come un ragazzo che cerca di persuadere la sua ragazza a rimanere per la notte.

Dylan è stato etichettato in vari modi, un dio con la camicia di denim azzurro, un Socrate che suona la chitarra e che corrompe la gioventù aprendo le porte al teppismo, ammonendo i genitori: "Your sons and your daughters are beyond your command". E' stato per questo motivo che lo abbiamo avvicinato con una certa trepidazione (ed una considerevole difficoltà). Eravamo pronti ad incontrare l' "imbronciato, annoiato Sig. Dylan" a proposito del quale così tanto è stato scritto sui giornali - ed abbiamo trovato invece un individuo molto stanco ma desideroso di parlare. Ha risposto alle nostre domande nella sua stanza del Grand Hotel, appollaiato sul ciglio di un divano, una tazza di caffè nero in una mano, una sigaretta (marca Player's) nell'altra. Attorno a lui il suo entourage: un duro, volubile manager con fluenti capelli grigi; un giovanotto con gli occhiali neri ed una (bella?) giacca che parlava alla maniera hip; un negro massiccio con un mento seducente; una ragazza scura e chiacchierona che maneggiava un iris di plastica.

Dylan parla velocemente - la sua voce è molto bassa. Anche quando parla di argomenti che sente particolarmente (la Stampa, per esempio) il suo tono rimane pacato. La sua faccia magra e pallida ha un'aspetto fragile e quasi trasparente - sebbene questo sia probabilmente dovuto in parte alla mancanza di sonno ("Non ha dormito per niente per tre giorni", ci ha confidato Joan Baez). La Signora Baez, la quale ha in programma di fare un tour in Gran Bretagna in autunno, sedeva in silenzio in un angolo della stanza, osservando attentamente Dylan mentre questi parlava.

Domanda: Per iniziare con una domanda ovvia: cosa ne pensi di Donovan e della sua "Catch the Wind?"

Dylan: Mi piace quella canzone e lui la canta molto bene. Però è molto giovane e la gente potrebbe cercare di cambiarlo in qualcosa che egli non è; è qualcosa cui deve stare attento. Ma la canzone è O.K.

Domanda: Non trovi che la melodia assomigli molto alla tua "Chimes of Freedom"?

Dylan: Oh, non mi importa se ha preso qualcosa da me; non mi importa quello che gli altri cantanti fanno con le mie canzoni, non mi fanno nulla di male. Come con gli Animals e "Baby Let Me Follow You Down", non mi è importato niente. Ho incontrato gli Animals a New York, sono O.K., mi è piaciuta la loro ultima canzone, "Don't Let Me be Misunderstood", è davvero bella.

Domanda: E veniamo al tuo ultimo singolo, "Subterranean Homesick Blues", [molte?] persone sembrano preoccupate perchè ci sono chitarre elettriche e batteria.

Dylan: Sì, in effetti abbiamo avuto un sacco musicisti quando abbiamo registrato quella traccia, musicisti veramente hip, non solo gente che ho raccolto per strada, ci siamo riuniti tutti insieme e ci siamo messi a ballare. Comunque è solo una canzone in tutto l'album.

Domanda: Perchè pubblicarlo come singolo?

Dylan: Quello non l'ho deciso io, è stata la Casa Discografica. La Casa Discografica mi dice "E' il momento per un nuovo album", io vado e registro le canzoni (segue una parte incomprensibile)... Non volevo registrare un singolo.

Domanda: Non hai paura che ti trasformino in una popstar?

Dylan: Non possono trasformarmi in niente; scrivo semplicemente le mie canzoni, questo è tutto. Non possono cambiarmi in alcun modo, nè possono cambiare le mie canzoni. "Subterranean" suona un po' diversa per l'accompagnamento elettrico, ma l'ho già avuto un accompagnamento simile sulle mie canzoni prima d'ora, ad esempio in "Corrain" (Dylan si riferisce a "Corrina, Corrina" su "Freewheelin'").

Domanda: Quali sono le canzoni preferite tra le tue?

Dylan: Intendi dire tra quelle che ho scritto io? Beh, dipende da come mi sento; penso che una canzone ti sembra bella a seconda del momento giusto in cui la ascolti. Comunque mi piacciono quelle del nuovo album, e di quello precedente mi piaceva molto "I don't believe you".

Domanda: Le tue canzoni sono cambiate un sacco negli ultimi due anni. Stai cercando di cambiare deliberatamente il tuo stile o si tratta di un'evoluzione naturale?

Dyaln: Oh, è una cosa naturale, credo. La grande differenza è che le canzoni che scrivevo l'anno scorso, canzoni come "Ballad in Plain D", erano quelle che io chiamo canzoni unidimensionali, invece le mie nuove canzoni cerco di renderle più tridimensionali, capisci, ci sono più simbolismi, sono scritte su più livelli.

Domanda: Quanto tempo ti ci vuole per scrivere una canzone? Diciamo una canzone come "Hard Rain"?

Dylan: Beh, ho scritto "Hard Rain" mentre ero ancora nelle strade, credo che sia stata la prima canzone tridimensionale che ho scritto. Per scriverla mi ci è voluto - oh, circa due giorni.

Domanda: E questa è la norma?

Dylan: No, quello è un tempo troppo lungo; in genere le scrivo molto più velocemente, a volte in un paio di ore.


Domanda: Te la sentiresti di affermare che le tue canzoni contengono sufficiente poesia da poter avere un valore anche senza la musica?

Dylan: Se non ci riescono allora non sono quel che io voglio che siano. Di base credo di essere più interessato alla scrittura che all'esibizione.

Domanda: Questo spiega tutte quelle poesie che metti sul retro dei tuoi album?

Dylan: Oh, quelle (ride) - beh quelle in un certo senso le scrivo per il terrore, ho paura che non durerò molto a lungo perciò scrivo le poesie dovunque mi riesca di metterle, sul retro dei miei album, sul retro degli album di Joan, capisci, dovunque...

Domanda: Perchè pensi che la stampa nazionale ti dipinge sempre come uno arrabbiato e annoiato e tutto il resto?

Dylan: Questo avviene perchè mi fanno sempre le domande sbagliate, domande del tipo 'Cosa hai mangiato a colazione', 'Qual è il tuo colore preferito', roba del genere. I giornalisti, amico, sono solo scrittori falliti, romanzieri frustrati, non mi feriscono appiccicandomi stupide etichette. Hanno tutta una serie di idee preconcette su di me, perciò li prendo in giro.

Domanda: Che ne pensi del fatto che sei stato etichettato come la voce della tua generazione?

Dylan: Beh, non saprei. Voglio dire, ho ventiquattro anni, come posso parlare a nome di gente che ne ha 17 o 18? Non posso essere la voce di qualcun altro. Se questi ultimi si sentono associati a me OK, ma non posso dare voce a gente che non ha voce. Tu diresti che io sono la tua voce?

Domanda: Beh, tu riesci a dire un sacco di cose che a me piacerebbe dire, solo che non ho le parole.

Dylan: Già, ma non è la stessa cosa che essere la tua voce.

Domanda: No, però è qualcosa.

traduzione di Michele Murino

 

parte terza