PARTE SECONDA
INTERVISTA PER "SCENE"
GENNAIO 1963
La Top Venti di domani
Costituirebbe davvero una prova dei poteri di assimilazione di Tin Pan Alley
(1) se la musica folk improvvisamente scalasse le classifiche su larga
scala.
Come se la caverebbero ad esempio con Bob Dylan gli uomini nei vestiti
eleganti, come se la caverebbero con il ragazzo genio dal passo strascicato
della musica folk americana? Dylan fa del suo meglio per parlare, muoversi,
vestirsi e comportarsi come un uomo di montagna del Tennessee.
Quando l'ho incontrato per la prima volta stava parlando vagamente di andare
a Roma, Parigi o forse New York. E lo preoccupava pochissimo il fatto di
essere nel bel mezzo della registrazione televisiva della commedia "Madhouse
on Castle St." della BBC e che conferenze ad alto livello si stavano tenendo
per tutta Londra a causa di un battibecco con la BBC che aveva minacciato di
prolungare il periodo di produzione della commedia di alcune settimane oltre
il tempo stipulato nel contratto di Dylan.
"Mi pagano duemila dollari per fare questa commedia." ha dichiarato Dylan.
"Se dovessi restare altre tre settimane per portarla a termine probabilmente
dovranno pagare la stessa cifra un'altra volta."
"Ma per me duemila o quattromila dollari non fanno differenza. Sono comunque
una cifra eccessiva. E a che serve il denaro per tre intere settimane? Tre
settimane sono troppo lunghe per perderle."
Dylan è una delle star più grandi del circuito folk Americano...
E' il momento del pranzo per il ragazzo dall'aria arruffata che ha aperto la
porta, sulla quale è appeso un cartello con la scritta "Non disturbare". La
faccia magra con la barba di una settimana sul mento, Dylan si leva una
morbida massa di capelli dagli occhi e si va ad appollaiare sul suo letto, a
piedi nudi, con le gambe incrociate.
La custodia della sua chitarra è al centro del pavimento, una pila di
magliette arrotolate straborda da una valigia aperta ed un largo giaccone di
lana con un terribile bisogno di essere lavato giace di fianco al letto,
dove è stato ovviamente fatto cadere la notte prima.
Dylan è il più entusiasmante cantante bianco di folk e di blues che
l'America abbia mai prodotto, dicono gli esperti. Ha scritto la gran parte
delle sue canzoni, e le canta "cercando consapevolmente di ricatturare la
rude bellezza di un bracciante del Sud che canta una dolce melodia sul suo
portico", e si accompagna con la chitarra e l'armonica (sistemata attorno al
collo).
Dylan parla come Brando imitando quel bracciante del Sud. "Non sono nello
show-business," dice. "Il denaro? Non so quanto ne guadagno. A volte lo
chiedo a volte no. Non so per che cosa lo spendo, semplicemente mi cade
fuori dai buchi delle mie tasche."
Le tende sono ancora tirate nella sua stanza e così rimangono per tre ore.
"Non mi piace cantare per altri se non per gli Americani. Le mie canzoni
dicono delle cose. Le canto per la gente che sa quel che dico."
"Oggigiorno suono solo nei concerti." dice, "Non suono più nei clubs. Pochi
anni fa quando avevo bisogno di denaro i clubs non mi pagavano. Ora mi
scrivono in continuazione chiedendomi di suonare da loro. A volte gli
rispondo e gli dico di no, a volte non rispondo nemmeno. Ma loro continuano
a farmi richieste, offrendomi alte percentuali e tutto il resto."
Dylan si veste per scendere in una cafeteria del posto per il pranzo con il
suo manager, Mr. Albert Grossman.
Poco dopo quello stesso pomeriggio Mr. Grossman e Dylan decidono di portare
a termine la commedia TV, nella quale Dylan recita la parte di un hobo
suonatore di chitarra.
Circa una settimana dopo incontro nuovamente Mr. Grossman e Dylan a Londra.
Dylan indossa ora un cappello nero con una banda colorata.
Nelle lussuose poltrone del nuovo Prince Charles Theatre Dylan sprofonda nel
suo posto....
traduzione e note di Michele Murino
Articolo pubblicato originariamente sulla rivista inglese "Scene" il 26
Gennaio 1963. Il giornalista non è specificato ma si pensa sia Ronnie o
Richard Gilbert. L'articolo è stato ristampato nel volume di Clinton Heylin
"More Rain Unravelled Tales" del 1984.
(1) Alla fine del 1800 negli Stati Uniti la musica popolare diventa un
grosso business. Gli editori musicali affittano così uffici ad Union Square,
a New York, in un'area che sarà in seguito ribattezzata "Tin Pan Alley". In
quegli uffici, compositori e musicisti sfornano tutti i più grossi successi
musicali destinati a scalare le classifiche. Ecco il ricordo di Bob Dylan:
"All'epoca non ne ero consapevole, ma tutte le canzoni venivano composte a
Tin Pan Alley, nel palazzo Brill. Avevano valanghe di compositori, i quali
fornivano i brani agli artisti. Ne avevo sentito parlare ma non mi ci ero
mai soffermato più di tanto. Erano dei bravi compositori ma il mondo che
loro conoscevano e quello che conoscevo io erano del tutto diversi. Ad ogni
modo la maggior parte delle canzoni che venivano incise proveniva da Tin Pan
Alley e credo che ciò avvenisse soprattutto perchè i cantanti non erano
anche compositori, non ci pensavano nemmeno. Comunque l'era di Tin Pan Alley
è finita, e l'ho fatta finire io. Oggi i musicisti possono pubblicare le
proprie canzoni; o almeno ci si aspetta che lo facciano. L'aspetto più
divertente di tutta questa faccenda è che io non ho cominciato come
compositore; mi ci sono semplicemente lasciato trascinare. Gli altri invece
l'hanno fatto coscientemente".
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L'INTERVISTA DI SIDNEY FIELDS
AGOSTO 1963
Solo un essere umano che viaggia ed impara
di Sidney Fields
Tutte le cose che un tempo ribollivano dentro Bob Dylan quando stava
colpendo l'America ora stanno riversandosi fuori da lui.
Durante gli ultimi sei anni ha scritto oltre cento canzoni, con rara
sensibilità, coprendo ogni argomento, dal fall-out nucleare e l'integrazione
al lamento dell'innamorato o alla sua solitudine.
Alcune canzoni come "Hard Rains Are Going To Fall" fanno parte del suo
attuale album che è diventato un best seller, "The Free Wheelin' Bob Dylan".
Altri brani, come "Blowin' Nel Wind" e "Don't Think Twice, It's All Right"
sono diventati dei grandi successi grazie a Peter, Paul and Mary e Bobby
Darin.
Dylan ha ventuno anni, porta sbiaditi calzoni da operaio, capelli non
tagliati, un accento alla hillbilly ed ha abitato per oltre due anni al
Greenwich Village (dove altrimenti?). Prima stava provando a percorrere ogni
autostrada e via del paese.
"Il desiderio irrefrenabile di muoversi, vedere e sentire, l'ho sempre
avuto", dice. "Ma non voglio vedere le stanze da bagno atomiche e le camere
da letto elettroniche; volevo vedere e sentire la gente e la polvere e i
fossati ed i campi e gli steccati."
I suoi genitori e un fratello più giovane vivono ancora ad Hibbing,
Minnesota, cittadina dalla quale ha provato a scappare quando aveva dieci
anni, con la sua chitarra e la sua armonica. Ha percorso 900 miglia prima
che la polizia lo prendesse e lo rispedisse a casa in treno.
"Le ho buscate ma non abbastanza forte da farmi restare", dice Dylan, "Me ne
sono andato di nuovo a 12 anni e cinque volte ancora in seguito. Mi hanno
ripreso ogni volta. Ma quando ho compiuto 18 anni ce l'ho fatta."
Ha toccato quasi ogni stato, provando a guadagnarsi i soldi per sbarcare il
lunario raccontando storie a proposito di quel che vedeva, ma mangiando più
regolarmente quando potava le siepi, falciava i prati, o quando faceva ogni
lavoro possibile. Il suo primo impiego a New York gli ha fatto guadagnare 2
dollari per un lavoro di una notte in una coffee house del Village. Quando
un'altra cantante folk ha inciso un disco per la Columbia gli è stato
chiesto di accompagnarla all'armonica. La Columbia lo ha messo sotto
contratto. Ha inciso il suo primo album e ha debuttato alla Town Hall.
Le note del programma di quel concerto che lo riguardano provenivano da "My
Life In A Stolen Minute" una lunga poesia autobiografica. Una parte di
questa poesia recita: "Con il pollice sempre teso, gli occhi assonnati, il
cappello calato e la testa accesa /Andavo alla deriva ed imparavo nuove
lezioni."
La sua voce non è potente, ma è comunicativa e quello che egli canta nel suo
modo così penetrante ha il ritmo luminoso di un poeta conscio delle cose del
mondo.
Dalla sua apparizione alla Town Hall, si è esibito nei college ed ai
festival folk, da costa a costa, ed a Londra ed a Roma. È stato all'Ed
Sullivan Show e sul palco della Carnegie Hall. Darà un secondo concerto alla
Carnegie Hall il 27 ottobre prossimo. Si è esibito anche sullo stesso palco
con Joan Baez in numeri estemporanei.
Dopo il suo primo album, chiamato semplicemente "Bob Dylan", ha dichiarato
"Quello non sono io. C'erano soltanto un paio delle mie storie su quel
disco." E' stato più soddisfatto del suo secondo album. "Ho scritto tutte le
storie tranne che per una o due canzoni."
Le sue canzoni iniziano sempre come storie. Quando era sulla strada è
diventato un bravo narratore delle storie degli altri. Ma ora ha rinunciato
a tutto ciò.
"Visto che Dickens, Dostoevsky e Woody Guthrie raccontavano le loro storie
molto meglio di quanto potessi mai fare io, allora ho deciso di seguire le
mie idee."
traduzione di Michele Murino
Questo articolo/intervista è stato pubblicato originariamente nel New York
Mirror, il 12 Settembre 1963. Ristampato in "Bob Dylan. A Retrospective"
(Craig McGregor).
Ndt: Ho volutamente mantenuto inalterati gli errori presenti nel testo
originale.
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BOB DYLAN AL LES CRANE SHOW
17 FEBBRAIO 1965
Crane: Mr. Bob Dylan, Signore e Signori ! (applausi) (grida) Ciao Bobby!
Dylan: Tutto bene!
Crane: Il microfono funziona? Bene.
Dylan canta It's All Over Now Baby Blue
Crane: Grazie Bob.
pausa
Crane: Come stai?
Dylan: Bene.
Crane: Com'è andata?
Dylan: Bene.
Crane: Sì, sei stato bravissimo. Che stai facendo con quella?
Dylan: Oh, sto solo cercando di abbassarla così non si mette di mezzo
coprendomi la voce.
Crane: Guarda un po' che armonica... hai mai incontrato Jesse Fuller?
Dylan: Certo.
Crane: Jessie è stato da noi un paio di settimane fa. Non abbiamo avuto la
possibilità di parlare molto ma la prossima volta che tornerà voglio farlo
perchè sembra uno straordinario gentiluomo. A proposito di straordinari
gentiluomini, quanti anni hai?
Dylan: 23!
Crane: 23 anni!
Dylan: Già, ne compirò 24 a Maggio!
Crane: Già. Ti sono successe un sacco di cose in soli 23 anni, vero?
Dylan: Sì, sì, un sacco di cose fantastiche!
Crane: Ne sei felice?
Dylan: Oh, sì, certo.
Crane: Fai bene. Perchè hai avuto successo nel fare quel che volevi fare più
di ogni altra cosa, immagino.
Dylan: Già, proprio così, ma non devo pensarci molto.
Crane: Non devi pensarci molto? Penso che dovresti pensare ad un sacco di
cose da scrivere, il tipo di cose che fai.
Dylan: Già, sicuro.
Crane: Nominane qualcuna!
Dylan: Sì.
Crane: Solo per quelli che magari qui tra il pubblico potrebbero non
conoscere tutte le canzoni che hai scritto. Elenca solo quelle importanti!
Dylan: Oh.
Crane: Quest'uomo è il compositore di...
Dylan: SUBTERRANEAN HOMESICK BLUES!
Crane: No! Non è una di quelle grosse! (risate del pubblico)
Dylan: No?
Crane: No.
Dylan: Vediamo... One Too Many Mornings.
Crane: Che ne dici di Blowin' in the wind?
Dylan: Sì? (applausi)
Crane: Forse vi ricorderete amici quella sera che c'era Judy Collins..., ed
io continuavo a dirle "Devi cantare questa canzone, devi cantare questa
canzone" e Judy Collins è uscita e ha cantato l'intera versione originale di
Hard Rain's Gonna Fall? Bene, quella l'ha scritta Bob!
Dylan: Già, l'ho scritta io (applausi)
Crane: Chi stai salutando?
Dylan: Odetta!
Crane: Odetta! (rivolto al pubblico) Sapete chi è Odetta? (scrosci di
applausi). Puntate il riflettore su quella signora! Come stai cara? ... A
proposito di grandi artisti! Ecco una di loro! (rivolto ad Odetta)
Parteciperai allo show tra un po' non è vero?
Odetta: Il mese prossimo.
Crane: Il mese prossimo. Già, Odetta è in cartellone ...
Crane: Quando hai iniziato a cantare, Bob?
Dylan: Oh... Quando avevo dieci, undici anni.
Crane: Hai iniziato con la chitarra o suonavi qualcos'altro?
Dylan: Il pianoforte. Il pianoforte e la chitarra.
Crane: Da dove vieni? Dove sei nato?
Dylan: Minnesota.
Crane: Sei andato a scuola lì?
Dylan: Già.
Crane: Quanto sei andato avanti a scuola?
Dylan: Oh, le ho fatte tutte.
Crane: Liceo?
Dylan: Già.
Crane: Anche l'università?
Dylan: No, non davvero.
Crane: Poi hai cominciato a viaggiare on the road, no?
Dylan: Beh, on the road, sì, lo sai (risate del pubblico). L'ho fatto
(ridacchia). Ho fatto di tutto.
Crane: Quando hai cominciato a scrivere canzoni originali?
Dylan, Beh, ho iniziato un sacco di tempo fa. Sai, butti giù un sacco di
cose diverse, quando non sai cos'altro fare. E' stato allora che ho
cominciato. Ho iniziato a scrivere canzoni ... beh quella è una storia
diversa ... Ho iniziato a scrivere canzoni dopo aver sentito Hank Williams.
Crane: Hank Williams? Davvero ti ha ispirato?
Dylan: Già.
Crane: Cold Cold Heart? Jambalaya? Cose del genere?
Dylan. Già. Cole Porter.
Crane: Cole Porter??
Dylan: Già.
Crane: Ora mi stai prendendo in giro!
Dylan: No. (risate del pubblico).
Crane: Certo che sì!
Dylan: No, davvero!
Crane: Hai visto Judy Collins cantare Hard Rain?
Dylan: Sì, l'ho vista!
Crane: Guardi lo show?
Dylan: Lo guardo sempre. Certo.
Crane: Dove lo guardi soprattutto?
Dylan: La volta scorsa l'ho visto a New York. Ero lì per incidere un altro
disco. Ho visto lo show. L'ho vista cantare.
Crane: Dov'eri esattamente quando hai visto lo show. Te lo ricordi?
Dylan: A casa di qualcuno.
Crane: Mi hanno detto che eri in una sala da biliardo l'ultima volta che
l'hai visto.
Dylan: Oh, sì ho visto lo show in una sala di biliardo. Il tuo show va in
onda nelle sale di biliardo (risate del pubblico)
Crane: Davvero?
Dylan: Perchè, appena inizia ad andare in onda ci resta ... e ... nemmeno il
film della sera può scalzarlo.
Crane: Andiamo davvero forte nelle sale da biliardo.
Dylan: Nelle sale da biliardo (risate del pubblico) e ... nei bar della zona
sud... (risate del pubblico)
Crane: I bar della zona sud? Davvero? (risate del pubblico)
Dylan: Proprio lì. Giù verso l'East End.
Crane: Credi che significhi qualcosa?
Dylan: No, no (risate del pubblico).
Crane: Pensi che sfonderemo con questo programma?
Dylan: Penso di sì!
Crande: Davvero?
Dylan: Sì! Penso di sì! (ridacchia) (risate del pubblico)
Crane: Che succede?
Dylan: Oh, niente! (risate del pubblico)
Crane: Sei nervoso?
Dylan: Non sono nervoso, no! Sono... eh... il tappeto!
Crane: Il tappeto??
Dylan: E' giallo ... sai ...
Crane: Sì?
Dylan: Non l'avevo mai visto .., eh ... non avevo mai fatto caso prima
quando guardavo lo show in televisione che era giallo. (risate del pubblico)
Crane: Il pavimento. Immagino che si stia... ti stai riferendo al pavimento?
Dylan: Già.
Crane: Ti piace o no?
Dylan: E' bello, è bello! E' solo che, sai... Ho visto lo show ed è così...
stretto! Tutto qui. Sembrava più grande.
Crane: Dicono tutti così. Sembra più grande in televisione che qui in
studio. Ma è uno studio abbastanza grande. Abbiamo uno dei più grandi studi
di tutte le televisioni... Che ne dici al riguardo, guardi molta
televisione?
Dylan: Oh, ogni tanto.
Crane: Quali programmi preferisci?
Dylan: Oh, mi piacciono i film.
Crane: Sì...
Dylan: Mi piacciono i film ... Guardo bei film in televisione. E' il miglior
posto per vedere bei film oggi giorno, la televisione!
Crane: Sì... Saremo di ritorno tra un attimo, Bob Dylan ed io.
pausa
Crane: Bob, a proposito di quando ascolti altri artisti eseguire le tue
canzoni... ti piacciono Peter Paul and Mary quando cantano le tue canzoni?
Dylan: Certo che sì.
Crane: Davvero?
Dylan: Certo!
Crane: Credo che sia davvero un complimento avere così tante persone che
incidono le tue canzoni. Inoltre guadagni anche un sacco di soldi così.
Dylan: Già.
Crane: Che ne fai di tutti quei soldi comunque?
Dylan: Oh, mi compro stivali, banane, frutta, pere.
Crane: Stivali, banane, frutta, pere ...
Dylan: Ho comprato dei posacenere davvero fantastici l'altro giorno.
Crane: Davvero? Beh, ma dove la metti tutta questa roba? Voglio dire che non
hai un posto per conservare queste cose... Sei sempre in viaggio.
Dylan: Vero.
Crane: Leghi tutto sulla tua motcicletta?
Dylan: No, in realtà non vado molto in moto. Anche se ne posseggo una.
Crane: Sì...
Dylan: Ma sto pensando di prendere un'automobile.
Crane: Un'automobile!
Dylan: Ma non so che tipo...
Crane: Sì?...
Dylan: Sì, Sto pensando di comprare una Maserati. Ne hai mai sentito
parlare?
Crane: Certo.
Dylan: In effetti non ne ho mai vista una, ma mi piace il nome.
Crane: Mas-er-rati!
Dylan: Già. Maserati. Bob Dylan e la sua Maserati.
Crane: Perchè è italiana? Bob Dylan e la sua veloce Maserati. No, non ti
voglio vedere in una Maserati.
Dylan: No?
Crane: No, non voglio. Io... sai non dovrei dirlo perchè io...
Dylan: Vuole vedermi in una di quelle ! (rivolto a qualcuno che ha gridato
tra il pubblico)
Crane: Credo che tu rappresenti per l'America e per la gioventù Americana
qualcosa di molto molto vitale e l'ultima persona che ebbe questo tipo di
impatto sulla gioventù di questa nazione è stato James Dean ...
Dylan: Aahh.
Crane: Ed io non voglio che tu te ne vada in giro in qualche auto
sportiva...
Dylan: OK! Non lo farò, Les! (risate del pubblico)
Crane: Intesi?
Dylan: Certo.
Crane: E' tempo che ti compri una Volkswagen! (risate del pubblico)
Dylan: Me l'hanno detto.
Crane: Una Volkswagen...
Dylan: Che ne dici di uno di quei piccoli affari a tre ruote? Sai quelli
piccoli...
Crane: Certo, li chiamano Messerschmidt. L'ho detto giusto? Sì. Siamo ancora
in onda quindi presumo di sì (risate del pubblico). Ascolta Bob, come ci si
sente a 22 anni ad uscire sul palcoscenico del Lincoln Center...?
Dylan: 22 anni?
Crane: Beh, ne avevi 22 allora.
Dylan: Oh già.
Crane: E c'erano migliaia di persone ammassate in quel posto, che ti hanno
tributato una delle ovazioni più grandi... Come ci si sente a ricevere
questo tipo di ovazione a quell'età e con l'ammirazione ed il rispetto che
tu hai? E' una domanda difficile.
Dylan: Già.
Crane: Ma rispondi lo stesso.
Dylan: Beh ... Beh, ti dirò Les (ridacchia, il pubblico ride) ... Non posso
rispondere.
Crane: Oh sì che puoi.
Dylan: Oh. Beh, è davvero delizioso, meraviglioso ... E' fantastico,
splendido, eccezionale, bellissimo, straordinario...
Crane: Splendido, eccezionale, bellissimo, straordinario...
Dylan: ...Bobby Neuwirth (risate)
Crane: Cosa fai soprattutto... viaggi un sacco non è vero?
Dylan: Sì
Crane: Dai un sacco di concerti?
Dylan Aahh. Sì, certo.
Crane: Dove soprattutto?
Dylan: Oh, dipende, sai. Qualsiasi posto dai college ai teatri alle sale di
Vaudeville.
Crane: Capisco. Che tipo di pubblico hai, sono soprattutto i giovani o i più
vecchi che recepiscono il tuo messaggio?
Dylan: Oh, ho un bel pubblico, un bel pubblico. Non lo so davvero, uh, non
so davvero cosa... giovani o vecchi, sono persone giuste. Sai. Sono tutti
ok.
Crane: Sì?
Dylan: Sì.
Crane: Molte delle tue canzoni... Non voglio annoiarti con domande scontate,
ma è vero che molte delle tue canzoni dicono qualcosa ...
Dylan: Uh-hum.
Crane: C'è un messaggio ...
Dylan: Sì?
Crane: ... in quasi ogni cosa che tu dici. Qual è il tuo messaggio
principale?
Dylan: Mangiare?
Crane: No, non credo che sia quello. E' una risposta carina ma non è quello
il messaggio.
Dylan: Già. Aah. Il mio messaggio fondamentale è, ah, sai (ridacchia), lo
vuoi in una sola parola (ridacchia, il pubblico ride), una sola parola!
Crane: No.
Dylan: Beh, te lo dirò Les.
Crane: Sì, Bob.
Dylan: Un messaggio in una sola parola. E' semplicemente "Essere".
Crane: Essere? Che ne dici di "amore"?
Dylan: Amore? E' una parola che va bene, certo. Ma è stata utilizzata
troppo.
Crane: Però è parte del tuo messaggio, no?
Dylan: Amore? Beh, sì ma tutti lo dicono.
Crane: Non c'è niente di male.
Dylan: No, certo, tutti possono dirlo.
Crane: Che ne dici di dondolare?
Dylan: Dondolare? E' un bel messaggio.
Crane: E' parte del tuo messaggio?
Dylan: Dondolare, Dondolare. Essere. E'. Era. Erano.
Crane: Te ne stai lì seduto ed io ho messo insieme tutti questi tizi per te
stasera in un tributo a te e tu te ne stai lì seduto e mi prendi in giro,
vero?
Dylan: No, non ti sto prendendo in giro, tutti pensano sempre che io lo
faccia (risate del pubblico).
Crane: Tutti pensano che tu li prenda in giro ...
Dylan: Sì, esatto, è strano, strano. Comunque hai una bella cravatta.
Crane: Ti piace questa cravatta?
Dylan: Sì. Mi piacciono le cravatte.
Crane: Tu non indossi mai cravatte.
Dylan: No. Una volta ogni tanto le indosso. Guardo la televisione in
cravatta (applausi). Hey, è OK. Me la dai quella cravatta?
Crane: Dondolare! Amore!
Dylan: Grazie molte. Fantastica. Che ne dici di quegli stivali Les? (il
pubblico esplode di risate).
Crane: Che misura porti?
Dylan: 42 e 1/2.
Crane: Allora non ti vanno ... poi sono gli stessi stivali che hai tu!
Dylan: Davvero?
Crane: Sono gli stessi stivali.
Dylan: Però i tuoi sono più lucidi dei miei.
Crane: Hey Bob, che bell'armonica hai.
Dylan: Bella eh?
Crane: (la prende e suona qualche nota) Saremo di ritorno tra poco dopo un
breve messaggio pubblicitario...
pausa
Crane: Eccoci di ritorno! Tommy Sands, Caterina Valente, Bob Dylan, Cy
Pulman ...
Crane parla con Tommy Sands - pausa
Dylan: No, no. Non sono sposato.
Crane: Lo dici come se non approvassi la cosa.
Dylan: Oh, no, l'approvo.
Crane: Allora semplicemente non hai ancora trovato la signora? E' così?
Dylan: Oh, non è così. E' solo che non sono sposato sai (risate del
pubblico).
Crane: (rivolto ad una parte del pubblico) Che state combinando lassù? State
davvero scoppiando dal ridere.
Crane parla con Caterina Valente
Crane: (a Dylan) Che hai fatto mentre non guardavo?
Dylan: Niente, Les. (risate del pubblico). Non ho fatto niente.
Crane: Stai davvero facendo scoppiare dal ridere il pubblico!
Dylan: Nah, nah, non è vero.
Crane: Sì che lo è
Tommy Sands: Sai perchè sta facendo scoppiare dal ridere il pubblico?
Crane: Perchè?
Sands: Stavo seduto qua dietro e lo osservavo. Non posso parlare per il
pubblico. Ma credo di saper riconoscere il talento. E credo che così come ha
avuto un enorme successo come cantante ed autore di canzoni Bob avrà un
grande successo in futuro come attore. (risate del pubblico). Non avevo mai
visto Bob Dylan, prima. Ho visto i dischi e ho sentito le canzoni e tutto il
resto ma non avevo mai visto lui in persona. Mi ricorda Jimmy Dean ed è
molto divertente.
Crane: Che ne pensi Bobby?
Dylan: Beh, (ridendo) Moltissime Grazie (risate del pubblico).
Crane: Hai mai pensato di recitare? Pensi che ti piacerebbe?
Dylan: Beh, proverò a fare un film quest'estate. Lo sta scrivendo Allen
Ginsberg. Io lo riscriverò...
Crane: Allen Ginsberg, il poeta?
Dylan: Sì.
Dylan: E' stato nostro ospite sai.
Dylan: Sì lo so.
Crane: Ha esaltato le virtù della marijuana una sera.
Dylan: Davvero? Allen?? (risate del pubblico). Mi sembra una bugia (risate
del pubblico) ...
Crane: E' vero ... Pensi che io menta?
Dylan: No, non intendevo questo.
Crane: Allen Ginsberg era seduto nella sedia in cui è seduta Caterina
Valente ora e ha detto che pensava che bisognerebbe legalizzare la droga
leggera.
Dylan: Ha detto così?
Crane: Proprio in televisone.
Dylan: Pheeeww!
Crane: Te lo immagini?
Dylan: Nah. Allen è un po' strano a volte (risate del pubblico) ...
Crane: Allen è strano a volte, eh? Sì ... che tipo di film è?
Dylan: Oh è una specie di western horror (risate del pubblico). E'
ambientato sulla New York Thruway.
Crane: Un western horror che è ambientato... Non credo sia esattamente
quello che Tommy Sands aveva in mente... Tu sei la star del film?
Dylan: Sì. certo, sono l'eroe.
Crane: L'eroe? Fai la parte di un orribile cowboy?
Dylan: Interpreto la parte di mia madre (risate del pubblico)
Crane: Tua madre? Nel film?
Dylan: Nel film. Lo devi vedere. (risate del pubblico)
Crane: Ci sta prendendo in giro, vero?
Dylan: Nah, Dio.
Crane: Sei terribile.
Dylan: Nah. Non voglio essere inserito in una categoria...
Tommy Sands: Hey, posso farti una domanda, Bob?
Dylan: Sicuro.
Tommy Sands: ... molti degli artisti presenti sembrano fare le stesse cose
degli artisti country eppure sembrano possedere un richiamo maggiore. Come
mai?
Dylan: Non saprei. No. No.
Crane: Te lo dico io. Perchè gli artisti country non hanno avuto lo stesso
tipo di esposizione che hanno avuto gli artisti folk. Viaggiano in circoli
differenti ...
il discorso continua con Caterina Valente ed altri
Dylan canta It's Alright, Ma (I'm Only Bleeding)
traduzione di Michele Murino
Trasmissione andata in onda dal vivo sulla WABC-TV.
Bruce Langhorne accompagna Dylan con la chitarra elettrica
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DYLAN INCONTRA LA STAMPA - VILLAGE VOICE
3 MARZO 1965
Domanda: Bobby, sappiamo che hai cambiato il tuo nome. Andiamo, dicci qual è
il tuo vero nome...
Dylan: Phil Ochs. E lo cambierò di nuovo quando ne varrà la pena.
Domanda: E' stato Woody Guhtrie la tua più grande influenza?
Dylan: Non saprei dirlo, ma per quanto riguarda il fascino... sì mi ha
influenzato parecchio.
Domanda: Che ci dici di Brecht? Leggi molto le sue opere?
Dylan: No. Ma l'ho letto.
Domanda: E Rimbaud?
Dylan: Ho letto quel suo librettino "I fiori del male".
Domanda: E cosa ne pensi di Hank Williams? Anche lui è stato per te
un'influenza?
Dylan: Ehi guarda, io considero influenze Hank Williams, Capitan Marvel,
Marlon Brando, The Tennessee Stud, Clark Kent, Walter Cronkite e J. Carrol
Neish. Ora - per favore - cos'è che volete sapere esattamente?
Domanda: Parlaci del tuo film.
Dylan: Sarà girato in bianco e nero.
Domanda: Sarà nello stile di Andy Warhol?
Dylan: Chi è Andy Warhol? Ascolta, il mio film sarà... - non posso definirlo
- ...sarà nello stile dei primi film portoricani.
Domanda: Chi lo sta scrivendo?
Dylan: Allen Ginsberg. Io lo riscriverò.
Domanda: Che parte hai nel film?
Dylan: Quella dell'eroe.
Domanda: E chi sarebbe l'eroe?
Dylan: Mia madre.
Domanda: Che ci dici dei tuoi amici Beatles? Li hai incontrati?
Dylan: John Lennon ed io siamo scesi al Village una mattina presto. Non ci
hanno voluto far entrare al The Figaro o al The Hip Bagel o al The Feenjon.
Stavolta andrò io in Inghilterra. Il prossimo aprile. Li incontrerò, se
saranno lì.
Domanda: Bob, che ne pensi della situazione dei poeti Americani? Kenneth
Roxroth ha fatto una stima secondo cui, dal 1900, circa trenta poeti
Americani si sono suicidati.
Dylan: Trenta poeti! E allora che ne dite delle casalinghe americane, e dei
postini, degli spazzini, dei minatori? Cristo, cosa c'è di tanto speciale in
trenta persone che vengono definite poeti? Ho conosciuto delle persone
davvero buone che si sono suicidate. Una di queste persone non ha fatto
niente altro che lavorare ad una pompa di benzina per tutta la sua vita.
Nessuno si è mai riferito a lui chiamandolo poeta, ma se voi definite una
persona come Robert Frost un poeta, allora devo dirvi che quel ragazzo che
lavorava alla pompa di benzina era pure lui un poeta.
Domanda: Bob, in conlusione... hai una qualche importante filosofia per il
mondo?
Dylan: Stai scherzando? Il mondo non ha bisogno di me. Cristo, sono alto
solo cinque piedi. Il mondo può tranquillamente andare avanti senza di me.
Lo sai, tutti moriamo. Non importa quanto importante tu creda di essere.
Guarda Shakespeare, Napoleone, Edgar Allan Poe, per esempio. Sono tutti
morti, no?
Domanda: Allora secondo te, Bob, c'è un uomo che sia in grado di salvare il
mondo?
Dylan: Al Aronowitz.
traduzione di Michele Murino
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Sheffield University Paper
Maggio 1965
(Data dell'intervista: 30 Aprile 1965)
"Bob Dylan"
di Jenny De Yong e Peter Roche
"I try to harmonise with songs the lonesome sparrow sings," ha cantato Bob
Dylan, da solo sul palco in una City Hall piena lo scorso Venerdì: Dylan
stesso sembra un passero - un passero magro, patito, arruffato - ma un
passero che canta al ritmo di 2.000 sterline a concerto.
I suoi occhi cerchiati di scuro sembravano spuntare da sotto la
conglomerazione che lo circondava (due microfoni, un tavolo con due
bicchieri di acqua assai necessaria ed un'armonica attorno al collo), mentre
le sue penetranti canzoni convincevano persino i più cinici che Bob Dylan è
degno di tutte le lodi che gli sono state tributate e sotto le quali i suoi
estimatori temono che egli possa rimanere soffocato.
Una parte essenziale dell'immaginario popolare è il senso di solitudine di
Bob Dylan. Egli lo canta con immagini simboliche. Canta anche di amarezza,
di "Flesh-coloured Christs that glow in the dark". Non si cada nell'errore
però - Dylan è in grado di scrivere con brillanti immagini canzoni che
riguardano la guerra e la violenza ma può scrivere con eguale capacità di
penetrazione anche a proposito di cose che sono la realtà per la gran parte
del suo pubblico, come un ragazzo che cerca di persuadere la sua ragazza a
rimanere per la notte.
Dylan è stato etichettato in vari modi, un dio con la camicia di denim
azzurro, un Socrate che suona la chitarra e che corrompe la gioventù aprendo
le porte al teppismo, ammonendo i genitori: "Your sons and your daughters
are beyond your command". E' stato per questo motivo che lo abbiamo
avvicinato con una certa trepidazione (ed una considerevole difficoltà).
Eravamo pronti ad incontrare l' "imbronciato, annoiato Sig. Dylan" a
proposito del quale così tanto è stato scritto sui giornali - ed abbiamo
trovato invece un individuo molto stanco ma desideroso di parlare. Ha
risposto alle nostre domande nella sua stanza del Grand Hotel, appollaiato
sul ciglio di un divano, una tazza di caffè nero in una mano, una sigaretta
(marca Player's) nell'altra. Attorno a lui il suo entourage: un duro,
volubile manager con fluenti capelli grigi; un giovanotto con gli occhiali
neri ed una (bella?) giacca che parlava alla maniera hip; un negro massiccio
con un mento seducente; una ragazza scura e chiacchierona che maneggiava un
iris di plastica.
Dylan parla velocemente - la sua voce è molto bassa. Anche quando parla di
argomenti che sente particolarmente (la Stampa, per esempio) il suo tono
rimane pacato. La sua faccia magra e pallida ha un'aspetto fragile e quasi
trasparente - sebbene questo sia probabilmente dovuto in parte alla mancanza
di sonno ("Non ha dormito per niente per tre giorni", ci ha confidato Joan
Baez). La Signora Baez, la quale ha in programma di fare un tour in Gran
Bretagna in autunno, sedeva in silenzio in un angolo della stanza,
osservando attentamente Dylan mentre questi parlava.
Domanda: Per iniziare con una domanda ovvia: cosa ne pensi di Donovan e
della sua "Catch the Wind?"
Dylan: Mi piace quella canzone e lui la canta molto bene. Però è molto
giovane e la gente potrebbe cercare di cambiarlo in qualcosa che egli non è;
è qualcosa cui deve stare attento. Ma la canzone è O.K.
Domanda: Non trovi che la melodia assomigli molto alla tua "Chimes of
Freedom"?
Dylan: Oh, non mi importa se ha preso qualcosa da me; non mi importa quello
che gli altri cantanti fanno con le mie canzoni, non mi fanno nulla di male.
Come con gli Animals e "Baby Let Me Follow You Down", non mi è importato
niente. Ho incontrato gli Animals a New York, sono O.K., mi è piaciuta la
loro ultima canzone, "Don't Let Me be Misunderstood", è davvero bella.
Domanda: E veniamo al tuo ultimo singolo, "Subterranean Homesick Blues",
[molte?] persone sembrano preoccupate perchè ci sono chitarre elettriche e
batteria.
Dylan: Sì, in effetti abbiamo avuto un sacco musicisti quando abbiamo
registrato quella traccia, musicisti veramente hip, non solo gente che ho
raccolto per strada, ci siamo riuniti tutti insieme e ci siamo messi a
ballare. Comunque è solo una canzone in tutto l'album.
Domanda: Perchè pubblicarlo come singolo?
Dylan: Quello non l'ho deciso io, è stata la Casa Discografica. La Casa
Discografica mi dice "E' il momento per un nuovo album", io vado e registro
le canzoni (segue una parte incomprensibile)... Non volevo registrare un
singolo.
Domanda: Non hai paura che ti trasformino in una popstar?
Dylan: Non possono trasformarmi in niente; scrivo semplicemente le mie
canzoni, questo è tutto. Non possono cambiarmi in alcun modo, nè possono
cambiare le mie canzoni. "Subterranean" suona un po' diversa per
l'accompagnamento elettrico, ma l'ho già avuto un accompagnamento simile
sulle mie canzoni prima d'ora, ad esempio in "Corrain" (Dylan si riferisce a
"Corrina, Corrina" su "Freewheelin'").
Domanda: Quali sono le canzoni preferite tra le tue?
Dylan: Intendi dire tra quelle che ho scritto io? Beh, dipende da come mi
sento; penso che una canzone ti sembra bella a seconda del momento giusto in
cui la ascolti. Comunque mi piacciono quelle del nuovo album, e di quello
precedente mi piaceva molto "I don't believe you".
Domanda: Le tue canzoni sono cambiate un sacco negli ultimi due anni. Stai
cercando di cambiare deliberatamente il tuo stile o si tratta di
un'evoluzione naturale?
Dyaln: Oh, è una cosa naturale, credo. La grande differenza è che le canzoni
che scrivevo l'anno scorso, canzoni come "Ballad in Plain D", erano quelle
che io chiamo canzoni unidimensionali, invece le mie nuove canzoni cerco di
renderle più tridimensionali, capisci, ci sono più simbolismi, sono scritte
su più livelli.
Domanda: Quanto tempo ti ci vuole per scrivere una canzone? Diciamo una
canzone come "Hard Rain"?
Dylan: Beh, ho scritto "Hard Rain" mentre ero ancora nelle strade, credo che
sia stata la prima canzone tridimensionale che ho scritto. Per scriverla mi
ci è voluto - oh, circa due giorni.
Domanda: E questa è la norma?
Dylan: No, quello è un tempo troppo lungo; in genere le scrivo molto più
velocemente, a volte in un paio di ore.
Domanda: Te la sentiresti di affermare che le tue canzoni contengono
sufficiente poesia da poter avere un valore anche senza la musica?
Dylan: Se non ci riescono allora non sono quel che io voglio che siano. Di
base credo di essere più interessato alla scrittura che all'esibizione.
Domanda: Questo spiega tutte quelle poesie che metti sul retro dei tuoi
album?
Dylan: Oh, quelle (ride) - beh quelle in un certo senso le scrivo per il
terrore, ho paura che non durerò molto a lungo perciò scrivo le poesie
dovunque mi riesca di metterle, sul retro dei miei album, sul retro degli
album di Joan, capisci, dovunque...
Domanda: Perchè pensi che la stampa nazionale ti dipinge sempre come uno
arrabbiato e annoiato e tutto il resto?
Dylan: Questo avviene perchè mi fanno sempre le domande sbagliate, domande
del tipo 'Cosa hai mangiato a colazione', 'Qual è il tuo colore preferito',
roba del genere. I giornalisti, amico, sono solo scrittori falliti,
romanzieri frustrati, non mi feriscono appiccicandomi stupide etichette.
Hanno tutta una serie di idee preconcette su di me, perciò li prendo in
giro.
Domanda: Che ne pensi del fatto che sei stato etichettato come la voce della
tua generazione?
Dylan: Beh, non saprei. Voglio dire, ho ventiquattro anni, come posso
parlare a nome di gente che ne ha 17 o 18? Non posso essere la voce di
qualcun altro. Se questi ultimi si sentono associati a me OK, ma non posso
dare voce a gente che non ha voce. Tu diresti che io sono la tua voce?
Domanda: Beh, tu riesci a dire un sacco di cose che a me piacerebbe dire,
solo che non ho le parole.
Dylan: Già, ma non è la stessa cosa che essere la tua voce.
Domanda: No, però è qualcosa.
traduzione di Michele Murino
parte terza
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