“D’amori smemorati, di killer e di
pistole”
(Nashville Skyline Revisited)
“Big politicians telling lies Restaurant kitchens, all full of flies Don't
make a bit of difference Don‘t see why it should But it’s all right cos’
it’s all good”
“Queste canzoni sono più fotografie istantanee che composizioni, ma
potrebbe anche essere che alla fine, tutte assieme, facciano un’unica grande
fotografia. E potrebbe anche non essere un lavoro artistico, ma qualcosa più
funzionale, come la foto del passaporto di qualcuno che è sempre in viaggio
per il prossimo concerto”
Bob Dylan è tornato ancora una volta, al suo meglio, come non faceva ormai
da dodici anni. Questo nuovo lavoro è infatti la migliore produzione
dylaniana dai tempi di Time out of mind (e Oh Mercy)
“Forgetful Heart” è quello che si dice un brano epocale, uno dei migliori
ruggiti del decennio da parte del cantautore statunitense. Un brano che
convince sin dalla prima nota e dal primo verso, chi meglio di Dylan
potrebbe cantare di questo Cuore smemorato, nessuno saprebbe essere così
convincente oggi, tranne forse il miglior Tom Waits.
Dylan ha scoperto il gusto dell’auto citazione, e Forgtful Heart richiama
con vigore alle passate incisioni di Time out of mind, Oh mercy e Modern
Times. ma lo fa con maggiore intensità e con un dono di sintesi espressiva e
lirica che forse era mancata in Modern Times, prendiamo ad esempio il brano
Ain ’t Talkin’ e sovrapponiamolo a questa Forgtful Heart, 8.45 contro i
quasi quattro minuti di Forgetful. Il banjo appalachiano di Herron, la
fisarmonica zydeco di Hidalgo e la chitarra a saturazione valvolare di
Campbell creano un connubio di nervi, sangue e sabbia, in bilico fra aria e
fuoco. Prodotto da un quasi settantenne con mano grintosa e professionale,
manco ne potesse dipendere il proprio sostentamento. Solo “If you ever go to
Houston” (che ricorda Midnight Special) annoia a tratti, coi suoi abbondanti
cinque minuti, il resto è un capolavoro di sintesi, superiore a Love and
Theft e paragonabile al solo Oh Mercy, per quanto riguarda la produzione
negli ultimi vent’anni del Nostro. In questo disco si sentono echi da
Desire, Pat Garrett & Billy The Kid, Time out of Mind…
La fisarmonica di Hidalgo e la chitarra di Campbell colorano panorami di
sole e terra, come non si sentiva da tempo… C’è energia che non ti aspetti
su All Good e Beyond Here lies Nothin’, e c’è grande vigore sonoro anche
nella ballata di I Feel a change comin’on, ancora un’auto citazione
proveniente forse dai mitici Basement tapes o da Planet Waves…
Tra fisarmoniche sporche di sangue e di sudore... di recente il mondo della
musica ha perso uno dei più insoliti e schivi organisti e fisarmonicisti,
sto parlando di Danny Federici della E Street Band, ed è molto bello che
Dylan riscopra con grande passione l’amore di questo strumento così legato
alla tradizione della musica latina… i Calexico, che tanto bene avevano
suonato le canzoni d Dylan sulla colonna sonora di I’ m not there, a
pensarci bene sembrava quasi una imbeccata al maestro quella ad opera di
Todd Haynes & Company (non a caso nella colonna sonora c’era anche David
Hidalgo coi suoi Los Lobos in una saporita riproposta zydeco di Billy #1, e
gia presente anche in Masked and Anonymous) E’ musica di confine, fra il
Messico e la redenzione… E non a caso si è parlato per questo disco della
vicinanza fra Dylan e Willy DeVille… E ancora una volta ci troviamo do
fronte a questa figura della porta: aperta, chiusa o immaginaria…
Uno dei momenti più convincenti del disco è It’s all good, dove energia,
ironia e rinuncia confluiscono nel grande fiume dell’ispirazione dylaniana,
mentre intorno a lui i palazzi crollano e il pianto delle vedove si mescola
al sangue degli orfani…
Le svisate di basso in stile The Band ci accompagnano in uno dei brani più
significativi dell’opera, quella I Feel a change comin’on, che ci fa ben
sperare in un possibile seguito di questo lavoro. Ed un brano che speriamo
di ascoltare presto anche in versione live…
Cambiano le cose, cambiano i suoni e tutto sembra diverso. Però poi un
voce, familiare, comprensibile arriva nelle nostre case, macchine, Ipod e
tutto il resto...E’ il nuovo disco di Bob Dylan, e soprattutto e' la voce
autentica dell'America che fu... La voce di una rara e devastata umanità che
sembra vacillare, ma non cede di un millimetro... perché quella voce non può
cantare la resa, e neppure il crepuscolo degli Eroi... e' la voce della
Gente, e' la voce di una generazione che ancora non cede il passo alla
sconfitta...
Come ha detto RJ Eskow “Oggi Dylan non fa musica, lui è la musica!” Come
dice Roy Menarini a proposito di Gran Torino, c’è un filo sottile che unisce
la letteratura di Cormac McCarthy, il cinema di Clint Eastwood e i dischi di
Dylan, sono questi autori gli ultimi bardi della “mitografia” di una
Nazione… I dischi della Sun Records e della Chess, Elvis e Muddy Waters,
Memphis e Chicago
Otis Rush e All your love, Willie Dixon e I Just Want To Make Love To You,
Sam Cooke e A change is gonna come; insomma sembra davvero che ci sia il
sangue del Paese nella sua voce!
Dylan canta con la consapevolezza del sopravvissuto, al proprio mito,
all’America dei Faulkner e dei Twain, di Melville e di Masters, è lui
probabilmente l’ultimo discendente di una stirpe ormai estinta di
cantastorie
David Hidalgo suona frasi di fisarmonica a mezza strada fra i trilli
d’organo di Al Kooper e la senile e sontuosa mano di Auggie Meyers… ma non è
solo la fisarmonica l’arma vincente di questo disco, le chitarre trattenute
e distorte ad opera di Mike Campbell, sono cuciture di cuoio essenziali nel
loro ricamo avvolgente…
La seconda metà del disco si avvicina lentamente a pagine passate più
elettriche e aggressive: c’è una maggiore presenza della chitarra elettrica
e alla fisarmonica si sostituisce lentamente un violino country (in “This
dream of you”) che non può che richiamare alla mente l’intensissimo e
danzante “Desire” del ’76 (e in particolare Romance in Durango) ma anche le
ballate meticcie del compianto Willy De Ville.
(
http://fattichiarieamicizia79.splinder.com/post/21403948/%E2%80%9CD%E2%80%99amori+smemorati%2C+di+kil
)
Dylan fra Ovidio e Blues
di Lorenza Boninu
Dylan ti frega sempre, accidenti a lui. Da quando è uscito il suo ultimo
album, "Together Through Life", medito di scrivere una recensione e,
ovviamente, da brava filologa mi sto documentando sulle recensioni altrui.
Posso dirlo? Non sono questa grande esperta di musica e non posso entrare
nei dettagli, diciamo così, tecnici: sonorità, debiti, crediti, ascendenze e
discendenze. Ma poi, chi se ne frega? Per me sono importanti in primo luogo
i testi, e il suo modo di impastarli alla musica, con quella voce oggi così
gracchiante, a tratti ironica fino al sarcasmo, straniante, altre volte
struggente nella sua fragilità, nella sua apparente assenza di potenza,
strascicata, gutturale, quasi stonata senza esserlo mai, quella voce che si
sofferma sulle sillabe finali dei versi, le trascina, le stira, le lascia
andare dopo averle stravolte e violate. Questo è Dylan, e il Dylan di oggi
mi piace, proprio perché non è più quello che ho conosciuto e amato quando
avevo quindici anni. Perché lui ha compiuto sessantotto anni da pochi giorni
e io ne ho compiuti quarantotto da un mese. Fingere di essere quelli di una
volta, diciamolo, avrebbe poco senso. Quanto al Dylan "classico", quello
degli anni Sessanta, me lo sono perso sempre per ragioni anagrafiche: lui
pubblicava "Blonde on Blonde" e io andavo alle elementari, nel mio
mangiadischi ascoltavo Gianni Morandi, "Scende la pioggia", il primo
quarantacinque che mi regalò, lo ricordo bene, il mio fratellone, e con la
mia famiglia non mi perdevo mai l'annuale appuntamento televisivo in bianco
e nero con Sanremo, figurarsi. E se dopo ho comprato tutto quello che potevo
comprare di Dylan, era comunque troppo tardi perché potessi vivere
direttamente quella magia, se non nei racconti nostalgici di chi davvero era
stato "lì", in quei tempi e in quelle circostanze.
Ma il Dylan di oggi lo capisco bene, o almeno ho questa presunzione, perché
con Dylan non si sa mai: tutti pretendono di capirlo più di quanto lui
capisca se stesso, tutti discettano, analizzano, gareggiano in sottili
esercizi di ermeneutica, si perdono nei tortuosi labirinti della
dylanologia. Ma ammettiamo pure che io non sia così acuta e preparata. Sono
una dei tanti e Dylan è un artista. Un artista offre al suo pubblico lo
specchio in cui ciascuno può riconoscersi, a modo suo: chissà se poi la
visione è quella giusta, ma di certo è vero che io, una volta di più, in
questo riflesso mi sono ritrovata. Spiegare perché è complicato e, se
vogliamo, abbastanza imbarazzante. C'entra il tempo che passa, c'entra il
fatto che non sono più giovane e d'improvviso mi sono resa conto che con
tutta probabilità gli anni che ho alle spalle sono ormai più numerosi di
quelli che ho davanti. C'entra una certa malinconia generazionale, c'entra
la tentazione dei bilanci che ti coglie quando, piaccia o non piaccia, ti
ritrovi a veleggiare intorno al mezzo secolo o giù di lì. C'entra la
sensazione di non aver fatto tutto quello che potevi e la certezza di non
aver fatto tutto quello che volevi.
Dylan,com'è noto, è uno che cita parecchio, fino a sfiorare il plagio.
Naturalmente l'esercito dei dylanologi non ha mancato di notare, in questo
lavoro, la citazione ovidiana, dai Tristia: "Beyond here lies nothing". Cosa
che alla sottoscritta, che pure fa la professoressa di latino, in un primo
momento era completamente sfuggita, ovviamente perché Ovidio lo conosco
direttamente e non nella traduzione inglese. Ma non ho trovato nessuno che
si sia chiesto perché mai Dylan qui (e anche in Modern Times, per essere
precisi) tiri in ballo proprio il molle, sensuale Ovidio. Immagino che la
spiegazione di questa trascuratezza sia abbastanza semplice: i dylanisti
conoscono Dylan, ma non è così scontato che conoscano Ovidio, in particolare
quello dei Tristia e delle Epistulae ex Ponto. Ma io, abituata ai misteri
della cosiddetta "arte allusiva" e dell'intertestualità, non ho potuto fare
a meno di chiedermi: "perché proprio Ovidio?" Perché mai un cantautore
americano, per quanto sia piazzato per tre quarti nella leggenda, si mette a
citare un antico poeta latino immagino sconosciuto a buona parte del suo
pubblico?
Ovidio, il poeta brillante dell’amore e della metamorfosi, quasi senza
rendersene conto si ritrovò a vestire gli scomodi panni del provocatore
rispetto all’occhiuta politica moralizzatrice di Augusto e finì la sua vita
in un esilio remoto, ben lontano dalla vita spensierata e galante della
capitale che tanto amava. Il potere guarda sempre con sospettosa diffidenza
a chi, sia pure in perfetta buona fede, preferisce all’austera retorica
della propaganda le lusinghe del piacere e dell’arte. E non a caso Ovidio,
ormai perduto fra le nebbie della Sarmazia, chiese di non essere ricordato
sulla sua tomba come l’autore colto delle Metamorfosi ma come il tenerorum
lusor amorum, il cantore scherzoso di quei versi d’amore che ne avevano
causato la rovina. In quella terra sconosciuta, barbara e ostile, Ovidio
continuò a evocare nei versi la sposa perduta, rimasta a Roma mentre lui era
trascinato via, condannato senza possibilità di perdono. Amore, esilio,
potere, memoria. E poesia. Questi sono gli ingredienti dell’ultima stagione
ovidiana, questi a pensarci bene sono sempre stati gli ingredienti dell’arte
di Dylan.
Che è stato, è, un grande cantore dell’amore, in particolare di quell’amore
che diventa tanto più violento e irrimediabile e bruciante, quanto più
appare irraggiungibile e perduto, come un sogno che non si può fare a meno
di sognare, sia pure nella certezza che la realtà comunque lo negherà e lo
farà a pezzi. Ma Dylan è anche uno che è perpetuamente in esilio, persino da
se stesso, un giocoliere dell’anima, un istrione, uno che preferisce
coscientemente la solitudine della maschera al giochino abusato
dell’identificazione con il suo pubblico più o meno adorante, più o meno
incazzato con un idolo a tratti addirittura infastidito dal culto che in
molti gli riservano. Non solo. Giunto in un luogo della vita, oltre il quale
davvero non c’è più niente, Dylan continua a scrivere canzoni, come Ovidio
che non riusciva a liberarsi dalla condanna della poesia sia pure in mezzo
alle tempeste, alla neve, alla solitudine del Ponto.
Chi credete sia la donna evocata in My Wife Hometown? Quella di cui si dice:
Well there’s plenty to remember, plenty to forget
I still can remember the day we met
I lost my reasons long ago
My love for her is all I know
Io un’ipotesi ce l’avrei: è la musica, gente, e ancor più precisamente
quella musica senza tempo, dionisiaca e demoniaca che si chiama blues. Da
lei non ti liberi, così come Ovidio non poteva liberarsi della maledizione
della sua poesia, la poesia che lo aveva perduto.
E tuttavia, a dirti la verità, non si può impedire alla mia Musa di far
poesia. Scrivo e subito distruggo nel fuoco i miei versi: un esile
focherello è il risultato di miei sforzi. Non riesco a farne a meno e invece
vorrei tanto non scrivere più: così tutta la mia fatica la butto fra le
fiamme, e del mio ingegno non vi arrivano che sparsi frammenti sfuggiti alle
fiamme per caso o per inganno. (Ovidio, Tristia V, 12).
Insomma, il triste destino del poeta latino, che invocava gli dei del mare
di salvarlo, " se solo può non perdere la vita uno che è già perduto", è
forse lo specchio deformato dai secoli che il moderno cantante americano ha
scelto per raccontarsi, sottraendosi una volta di più allo sguardo diretto
di chi vuole incasellarlo in un personaggio deciso da altri.
E ora ascoltiamo, per concludere, questa straordinaria, struggente versione
live di Forgetful Heart, la canzone forse più malinconica dell’intero album
("La porta è chiusa per sempre,/se davvero c'è mai stata una porta")
Toghether Through Life
di Riccardo Renda
Il mondo del rock si nutre di giovani, di belli e dannati, di eroi
carismatici. Ci si chiede se in un tale mondo, così effimero e apparente, un
Bob Dylan alla soglia dei settant’anni abbia ancora senso. Lui che ha
attraversato la storia della musica, avendo anche l’ardire di rivoluzionarla
in quel lontano 1964 a Newport. Che ha cantato tutte le Americhe possibili,
reali e ideali, dalla contestazione al nuovo millennio. Che ha anche
sfiorato la candidatura al nobel per la letteratura.
E’ una domanda che il vecchio Bobby non si pone. Lui non è un semplice
artista. E’ un poeta, un aedo dei nostri tempi. La sua è una voce che non
può tacere.
Una voce che, nel corso degli anni, si è fatta roca, sporca, grezza,
consumata, ruvida. Un timbro che, di per sé, è forma di espressione e forza
evocatrice: polvere e sudore, whisky e lacrime, donne e ricordi, catarro e
tabacco, fragole e sangue. Scivola sulle parole quasi biascicando, ma non ha
esitazioni e va dritta come una lama verso il cuore dell’ascoltatore.
“Together Through Life”, insieme per la vita, è più di un titolo: è un
monito nei confronti di un’epoca fallace, ma anche una consolazione per chi
lo apprezza.
Reinventa i concetti di spazio e tempo, in un viaggio nel polveroso cuore di
un’America antica che forse non esiste più, se non nella mente di chi la
ricorda e la descrive attraverso paesaggi sonori. La voce si intreccia,
inaspettatamente, a fisarmoniche, banjo, mandolini e violini, per rievocare
rustici suoni tex-mex, bluegrass, zydeco e cajun. Sono aromi antichi, che
non appartengono ai nostri giorni, ma nel medesimo tempo familiari, figli di
un ricordo ancestrale sepolto nella biblioteca di Babele. La torta di mele
della nonna. I racconti intorno al fuoco. La naftalina che custodisce i
ricordi in una vecchia cassapanca.
Assecondando una scelta insolita, la sua è una narrazione di sentimenti.
Perché forse sente il peso degli anni e l’epoca delle invettive sembra
essere finita o, più realisticamente, è il mondo a non volere più ascoltare.
Canta soprattutto l’amore, e lo sa fare con sobrietà e disinvoltura, perché
la banalità non gli è mai appartenuta. Amori eterni (“Beyond here lies
nothin'”), amori perduti (“Life is hard”, “Forgetful heart”), amori da
conquistare (“Jolene”), amori salvifici (“The dream of you”).
Ma è quando riallaccia musicalmente i nodi con il suo passato (“I feel a
change comin' on”) e, soprattutto, quando affonda le unghie nel blues
(“Jolene”, “Shake shake mama”) - musica sulfurea e demoniaca, antica come il
mondo, eterna come l’anima - che il leone ruggisce e graffia. Come quei
vecchietti di un’America western e rurale che, immobili su una sedia sotto
il patio, scrutano la prateria imbracciando una carabina, pronti a
difendersi dal pericolo.
Allora rieccolo il fustigatore di quell’America ferita, che dalla guerra
civile all’amministrazione Bush, ha visto dissolvere il sogno su cui è stata
edificata. Il brano conclusivo, l’apocalittica “It’s all good”, è spietata e
senza fede, quasi non vi sia più spazio per redenzione di un’umanità,
oramai, perduta: “ovunque guardi vi è più miseria” “le vedove piangono, gli
orfani invocano” “i grandi politici mentono” “sai cosa dicono? che va tutto
bene”.
Canta, consapevole dell’autorevolezza delle rughe che gli segnano il viso,
poiché ad ognuna di esse corrisponde un’esperienza da tramandare ai posteri.
Un Dylan che canta i sentimenti e rinnega il folk, potrà far storcere il
naso ai puristi della fede dylaniana. Ma è innegabile che ci voglia grande
coraggio a rendere inediti dei suoni così antichi (è lui stesso a cantarlo:
“c’è un momento in cui tutte le vecchie cose divengono ancora una volta
nuove”). E se c’è qualcuno che poteva farlo, nell’epoca del digitale e della
tecnologia a tutti costi, questo è proprio lui: il buon vecchio Bobby D.
Dulcis in fundo, un plauso alla splendida grafica vintage e, soprattutto, ai
musicisti coinvolti (immensi Mike Campbell e David Hidalgo) e alla qualità
dell’incisione sempre di alta qualità, tesa a dare il giusto rilievo alla
voce. Il fittizio Jack Frost ancora una volta ha fatto dannatamente bene il
suo lavoro di produttore.
L’album in una battuta: anacronistico.
(fonte: http://www.italianotizie.it)
IT’S ALL GOOD – by Mr.Tambourine
Parla di me babe , se devi
Tira su la sporcizia , ammucchia la polvere
Farei la stessa cosa se potessi
Tu sai cosa dicono
Loro dicono va tutto bene
tutto bene , va tutto bene
I grandi politici mentono
Le cucine dei ristoranti sono piene di mosche
Non fa molta differenza
Non vedo perchè dovrebbe
Ma è tutto giusto
Va tutto bene , va tutto bene , va tutto bene
Mogli che stanno lasciando I loro mariti
stanno iniziando a vagare
Lasciano la compagnia , non tornano più a casa
Non lo cambierei , anche se potessi
Tu uomo sai cosa dicono ,
Va tutto bene , va tutto bene , tutto bene
Pezzo per pezzo ti smontano
Un tazza d’acqua è abbastanza per annegare
Dovresti sapere che se potessero farlo lo farebbero.
Qualunque cosa stia crollando
va tutto bene , tutto bene , va tutto bene
La gente del paese , la gente sulla terra
Qualcuno di loro è così malato , che non riesce a stare in piedi
Tutti vorrebbero andarsene se potessero
E’ duro da credere , ma va tutto bene
Siiiiiiiiii!
Le vedove piangono , gli orfani sanguinano
Dovunque guardi c’è più sofferenza
Vieni via con me babe , mi auguro tu lo faccia
Tu sai cosa sto dicendo
Va tutto bene , tutto bene
Ho detto che va tutto bene , tutto bene
C’è un assassino a sangue freddo che minaccia la città
Le auto della polizia lampeggiano , qualcosa di brutto sta accadendo,
Gli edifici del quartiere sono fatiscenti
Ma non c’è niente per cui preoccuparsi , perchè va tutto bene , va tutto
bene , io dico che va tutto bene whoo!
Strapperò la tua barba e te la soffierò in faccia
Domani a quest’ora farò il vagabando al tuo posto
Non cambierei le cose , anche se potessi
Tu sai cosa dicono
Loro dicono va tutto bene , va tutto bene
Oh si
Serie di flash ironici , la satira è la padrona di questa canzone , la
morale è semplice , qualunque cosa accada non preoccuparti , i politici
dicono che va tutto bene , allora perchè preoccuparsi ?
Il pezzo chiude l’album staccandosi dal tema conduttore , amore e rimpianto
ed entra a grandi passi la satira , si impadronisce della scena e non la
lascia più.
Il testo è forte , potente , il messaggio raggiunge tutti , perchè la
canzone è molto attuale , anzi , sembra scritta apposta per bastonare il
fallimento della politica interna ed estera degli ultimi 15 anni che sta
distruggendo a poco a poco quello che resta del sogno americano. La gente
abbandonata dai politicanti , sordi ai bisogni dei cittadini , preoccuipati
di portare avanti le loro sporche ed inutili guerre di interesse , sembra di
essere al tempo di una ipotetica “Masters of war Revisited” , le parole sono
cambiate , adattate alla situazione attuale , meno crude e meno taglienti ,
ma non meno accusatorie e certamente molto più satiriche.
Il ritratto che ne esce è quelo di una povera nazione , persa nel labirinto
degli errori dal quale non sa uscire , e le conseguenze , come al solito ,
vengono scaricate sulle spalle della gente comune , una specie di paga
pantalone o del famoso “E io pago” di Totò , ma non c’è da preoccuparsi ,
loro dicono che va tutto bene.
Certamente il discorso potrebbe essere allargato al resto del mondo , la
crisi mondiale coinvolge tutti , quindi il valore lirico del pezzo aumenta
in maniera esponenziale.
Qui Hunter è stato bravo nello sciegliere flash che si adattano a tutto ,
che hanno origine dalla vita di tutti i giorni , dagli avvenimenti
quotidiani. La prima strofa comincia con l’esortazione a fare i soliti
mestieri di casa , mischiata ad altri pensieri che per il momento non si
manifestano. “Ammucchia la polvere – dice il crooner – intanto che fai
mestieri parla di me se devi , farei la stessa cosa se potessi ( non
spega perchè non può) tu lo sai cosa dicono , che va tutto bene , allora
continua senza preoccupazioni.
L’ironia della situazione è già ben evidente da queste prime parole ,
un’istantanea veritiera , la gente che constata ed è obbligata ad accettare
, con rabbia e rassegnazione , ed è per questi motivi che si sfoga con
l’ironia.
Inizia la seconda strofa con la terribile stoccata ai politici , che
aumenta d’importanza proprio perchè detta da Dylan , la frase non può essere
più chiara , i politici sono dei mentitori , e sappiamo che ad un
politicante americano è concesso tutto meno che la menzogna. Ma ormai la
politica è diventata una “casta” , una mafia che si autoprotegge , una
simil-massoneria come mai si era visto , oggi dai a me e domani io do a te ,
così controlliamo il popolino senza dargli la possibilità di reagire , gli
lasciamo soltanto la scelta di adattarsi e di far dell’ironia , che si
sfoghi in questo modo mentre noi continuiamo indisturbati i nostri loschi
affari. Insiema ai politici viene accusata anche la classe dei
novelli-ricchi , coloro che approfittando della confusione politica si
fanno gli affaracci loro in barba alle regole. La allegoria delle mosche
nelle cucine dei ristoranti illustra perfettamente il concetto , tanto loro
dicono che va tutto bene , che altro si può fare per contrastare questa
schifezza ?
Ma questa situazione genera danni nel popolino , anche se accettata per
mancanza di alternative , il potere è difficile da combattere , mancano le
armi principali dellle quali la povera gente è sprovvista , la cultura e
l’eloquenza , che di solito mettono il mondo a disposizione dei furbi invece
che degli onesti , onesti che per sopravvivere fanno di tutto
.L’insoddisfazione e la frustrazione spinge la gente a cercare nuove
soluzioni , nuovi metodi di vita , la società si sfalda pian piano e
difficilmente ricupererà i valori persi. Le mogli che lasciano i loro mariti
alla ricerca di qualcos’altro indica lo sfaldarsi del culto della famiglia ,
culto che cominciò a scioglersi alla fine degli anni 60’ e che ha proseguito
inesorabilmente fino ad oggi. Le mogli non tornano più , la similitudine
conferma il cambiamento e sottintende un concetto positivo per le donne ,
anche se qui sono usate come capro espiatorio di una degenerazione morale ,
le donne sono più coraggiose degli uomini , e quando sentono mancare la
terra sotto i piedi sono le prime a muoversi per ristabilire l’equilibrio ,
magari diverso dal precedente ma ugualmente efficace. La donna è qui usata
non come la raffigurazione di un essere di serie B che non sà il danno che
può fare con azioni scriteriate , ma come forza primaria della nazione , le
colonne sulle quali si basa la solidità del paese.
La quarta strofa si apre con un nuovo attacco ai politici , che smontano la
personalità e la sicurezza del popolino pezzo per pezzo a loro vantaggio ,
mettendolo nella condizione di annegare in un bicchier d’acqua. Quando la
politica toglie la forza di reazione al popolo questo è fritto , non solo un
bicchiere d’acqua , si può annegare anche in uno sputo , lo farebbero se
fossero in grado , non c’è limite all’ipocrisia , alla spietatezza ed alla
criminalità della politica. “Qualunque cosa stia crollando va tutto bene” ,
chiarissima la frase , che importa se tutto quello su cui è costruita la
società si sfalda ? Niente , basta dire al popolo che va tutto bene , basta
continuare a ripeterglelo e prima o poi lo accetterà come dato di fatto. Il
cinismo di certe persone è portato al parossismo in questa strofa ,
Dylan-Hunter non fanno nomi , ma si piorebbe compilare un bell’elenco delle
persone che rientrano in questa categoria. In fondo non c’è bisogno di nomi
, il Sistema è corrotto dalla testa ai piedi , forse solo una rivoluzione
totale potrebbe cambiarlo , ma le rivoluzioni si fanno con le armi , ed il
popolo non le ha , si sfoga con movimenti di massa e contestazioni , marce e
roba del genere , la rivoluzione hippies che sembrava dilagarsi a macchia
d’olio per tutto il mondo fu riassorbita nel giro di pochi anni , dando poco
ed ottenendo tanto , perchè il cambiamento generato da queste rivolte andò
ancora a favore delle classi primarie , felici e soddisfatte di aver
riassorbito in poco tempo quella che era consoderata una massa di “pezzenti
cenciosi senza voglia di lavorare” , finiti i soldi di papà gli hippies
dovetterop fare dietro-front e reintegrarsi per mangiare la pagnotta ,
l’esperienza nel fango e nella fame fece capire a quella generazione che si
viveva meglio da yuppies che da Hippies , così tutti si misiero il colletto
bianco , buttarono via i fiori e cominciarono una nuova esistenza.
La quinta strofa dipinge questa situazione , la gente sulla terra naviga
nello scontento , qualcuno è così a terra da non riuscire più a stare in
piedi , tutti vorrebbero andarsene se potessero......riflessione emblematica
ma inutile , difficile da credere , ma va tutto bene , tutto bene ,
siiiiiiiiiiiiii ! Qui la rassegnazione è portata al punto più alto , non ci
sono soluzioni per nessuno tranne l’ironia , tutto va bene , bisogna
crederci per non soccombere , si vive male , sempre peggio , ma almeno si è
vivi e si tira avanti , con la speranza e l’illusione che prima o poi
qualcosa cambi , se mai cambierà .......
La sesta strofa affronta un’altra tematica importante , la guerra , che
crea vedove che piangono ed orfani che sanguinano , dovunque guardi la
sofferenza aumenta , non farci caso , vieni via con me babe , tu sai cosa
voglio dire , loro dicono che va tutto bene , cerchiamo un angolino di
questo ondo dove isolarci e poter credere , almeno per un pò , che tutto
vada davvero bene.
E’ la rassegnazione dei poveri che reagisce come può , di fronte al potere
dei grandi cerca rifugio nel potere che anche i piccoli possono avere ,
l’amore , grande palliativo a tutte le sofferenze morali e materiali della
gente.
La settima strofa ci offre un’altra serie di flash sui difetti della
società , assassini a piede libero , minacce sempre a portata di mano ,
convivenza col pericolo e col disordine , le sirene della polizia ululano
nelle città che sempre di più vanno in rovina, diventano fatiscenti , ma non
c’è niente di cui preoccuparsi , anch’io adesso dico che va tutto bene , io
dico che va tutto bene ,whooooooo....la risata che chiude la strofa.
Superfluo ogni commento , la disillusione più totale si è impadrinita della
gente , adesso non solo i politici , ma anche il crooner dice che va tutto
bene , la risata amara e sarcastica dice che non è così , ma non c’è altra
soluzione , si gioca il loro gioco , il crooner si rende conto di essere
solo una pedina nel loro gioco , esperienza che Dylan ha già descritto e che
non ha raggiunto i risultati voluti , eccetto che le occasionali pedine sono
diventate la massa della gente , certamente un peggioramento , ma l’ironia
lascia intravedere la speranza del cambiamento e dell’aggiustamento delle
cose , il crooner sembra volersi illudere che questa sia una cosa temporale
, che gli avvenimenti futuri cambieranno , si spera in meglio , ma il dubbio
rimarrà sempre.....
Combatto ma accetto , dicono le parole iniziali dell’ultima strofa ,
concetti in contraddizione fra di loro , ti strapperei la barba e te la
tirerei in faccia e potessi , ma domani prenderò il tuo posto , mi adatterò
e cercherò di sfruttare al meglio la situazione , non cambierò le cose anche
se potrò , perchè domani sarò dalla parte di quelli che stanno bene , di
quelli che dicono che va tutto bene , tutti sanno cosa dicono loro , va
tutto bene , oh si....!
La canzone si chiude con un piglio d’amarezza. Constatare che per cambieae
bisogna passare dall’altra parte rende amaro il passo , l’ironia sembra
essere la giustificazione , sembra........
“This Dream of You” – by Mr.Tambourine
Quanto tempo posso stare
in questo inesistente caffè “prima che la notte lasci il posto all’alba,
Mi sto chiedendo perchè sono così spaventato dell’alba ,
Tutto quello che ho e che so è questo sogno di te che mi spinge a
continuare a vivere
C’è un momento quando
le vecchie cose ridiventano ancora nuove
Ma quel momento potrebbe essere arrivato ed andato
Tutto quello che ho e che so è questo sogno di te che mi spinge a
continuare a vivere
Guardo fuori ma non posso vederlo
non voglio credere ma continuo a crederci
ombre danzono sulla parete
ombre che sembrano sapere il tutto
Sono troppo cieco per vedere
è il mio cuore mi sta facendo trucchi con me
Sono perso nella folla , tutte le mie lacrime sono andate
Tutto quello che ho e che so è questo sogno di te che mi spinge a
continuare a vivere
Tutto quello che tocco sembra sparire
dovunque mi volto tu sei sempre li
Correrò questa corsa fino alla mia morte terrena
Difenderò questo posto col mio ultimo respiro
Da una stanza senza sedie/senza allegria
In una cortina di buio , ho visto una stella caduta dal cielo
Mi son girato ed ho guardato ancora ma se n’era andata
Tutto quello che ho e che so è questo sogno di te che mi spinge a
continuare a vivere
“Da una stanza senza sedie e dalla cortina del buio...”
Senz’altro , questa “This dream of you” ha un altro spessore lirico , anche
se certe frasi sono ispirate da altri sctittori si sente la presenza
dylaniana , fatto positivo , Dylan ha letto qualcosa che ha attirato la sua
attenzione , ha toccato certi tasti del suo sentimento , ne ha preso atto e
le ha usate per esprimere un suo concetto , anche se non sono parole
strettamente sue non ha importanza , le frasi sono belle , l’ispirazione
pure e la loro collocazione all’interno della canzone e perfetta e la eleva
sopra altri pezzi di questo album che abbiamo già preso in esame.
Non è una storia , il crooner ascolta ed analizza i suoi sentimenti ,
quello che gli dice il cuore , filtrato dalla logica della mente ,
osservazioni che forse non trovano una risposta precisa , ma la speranza è
il filo conduttore che porta avanti il narratore , la speranza che il sogno
si avveri , la speranza che gli da la forza di continuare la vita. Il filo
conduttore dell’album è rispettato , l’amore è insostituibile , il rammarico
si può sopportare , la speranza è l’ultima a morire.
“Quanto tempo posso stare in questo caffè che non è in nessun luogo prima
che l’alba prenda il posto della notte ?” Questa è l’inizio della prima
strofa , la prima di tante domande contenute nella canzone , la prima che
non chiede una risposta precisa , sembra soltanto accendere la speranza che
la risposta sia positiva , ci si aspetta una risposta ma arriva subito la
seconda domanda , “Mi sto chiedendo perchè sono così spaventato dall’alba
?”. Anche a questa non risponde , ma la richiesta lascia intravvedere la
risposta ovvia , la notte favorisce i sogni , quelli che risvegliano ed
incarnano i desideri personali e più intimi dell’uomo , quelle false realtà
che si materalizzano nella mente fino a farti credere nel tempo che siano
fatti reali. Ma l’alba cancella queste cose e riporta alla triste realtà
quotidiana , e per questo lo spaventa , il crooner non cerca una risposta ,
dentro di se la conosce bene e ritiene inutile manifestarla a se stesso ,
chiude il verso con una soluzione di ripiego “Tutto quello che so ( come
dire altro non voglio sapere ) è che il sogno di te mi spinge a continuare a
vivere. In questo c’è tutta la drammaticità , la tristezza e la disillusione
dell’esistenza , mai come voluta o desiderata , la constatazione che la
realtà è l’altra faccia del sogno , quel sogno che sta diventando più
importante della realtà stessa , come fosse una sorgente d’acqua fresca in
mezzo al deserto che riaccende la speranza della vita invece della certezza
della morte.
La seconda strofa continua con le riflessioni , ombre del passato che a
volte si ripresentano con l’aria di qualcosa di nuovo , più che una realtà è
la speranza del crooner che distorce la riflessione a suo comodo , lo
testimonia la frase seguente , dove dichiara che il dubbio è forte e
presente , l’incertezza totale , ma quel momento potrebbe essere già
arrivato ed andato senza che lui abbia avuto la possibiltà di trattenerlo.
Rimane la risposta sospesa anche a questa domanda , lui ha la risposta
dentro di se , ma come nella prima strofa non vuole dirla , e non la dice ,
risolve anche questa riflessione con la dichiarazione che la sola cosa che
sa è il sogno di lei che continua a mantenerlo in vita .E' chiaro che lui sa
le risposte e non le vuole dire , lo soluzione del sogno è più comoda e meno
dolorosa , la speranza è sempre meno dolorosa della cruda realtà , mantiene
sempre aperte le porte che sono chiuse da tempo , un bluff ben riuscito nei
confronti di se stesso , un bluff al quale attaccarsi disperatamente con la
consapevolezza che si sta prendendo in giro da solo , in sostanza si capisce
che nemmeno lui ci crede ma che vuole crederlo a tutti i costi.
Infatti nella terza strofa lo dice apertamente , si guarda allo specchio ,
si interroga e capisce che sta volutamente ignorando la sua realtà mentale e
materiale. “ Guardi fuori ma non posso vedere , non voglio credere ma
continuo a crederci , le ombre danzano sulla parete , ombre che sembrano
sapere tutto”.
Le ombre sono la materializzazione dei suoi pensieri , che sa tutto ma non
vuole sapere niente , o meglio , si rifiuita di sapere , preferisce
continuare nella parte del fesso che osserva le ombre ed in quella del sordo
che non sente , eternamente combattuto se credere alla realtà o rifiutarla ,
e la soluzione è sempre quella , la strofa si chiude con la convinzione
artefatta che è il sogno di lei che gli da la forza di continuare a vivere.
Questo lascia anche presupporre che se non ci fosse la irreale presenza del
sogno al quale si aggrappa con tutta la sua ostinazione , il crooner
potrebbe anche pensare di terminare in modo cruento la sua esistenza , ma
questo pensiero terribile e sottinteso è sempre contrastato e scacciato
dalla forza della fede nella speranza , dall’istinto di conservazione
travestito da sogno , dalla forza del pensiero che centuplica le forze del
moribondo dandogli la possibiltà di tirare avanti , domani potrebbe
succedere qualcosa , il sogno potrebbe avverarsi , perchè lasciare oggi ?
Nella quarta strofa dichiara apertamente questa situazione della quale egli
conosce ogni sfumatura , il dolore ed il rammarico raggiungono lo zenith ,
ma c’è sempre il sogno a sanare tutto.
Si rende conto di comportarsi come un cieco ( sono troppo cieco per vedere
) , ma la frase non convince , da invece la sicurezza che lui si renda
perfettamente conto di star recitando una parte , falsa ma indispensabile
per la sua stessa continuità. Si rende conto che il cuore gioca sempre
brutti scherzi , la disperazione ha il sopravvento solo per un momento ,
“Sono perso nella folla senza più una lacrima per piangere” , ma la frase
sembra avere soltanto una valenza masochista , lui si crogiola nella non
voluta realtà , nel dolore non desiderato , confessa di sentirsi schiavo
della disperazione , confessa che c’è anche una parte notevole di colpa da
parte sua nel lasciarsi andare , tanto alla fine del pensiero doloroso e
drammatico c’è sempre il sogno a mantenere aperta la porta.
La quinta strofa si apre con la forza dell’istinto di sopravvivenza che si
presenta al crooner più forte che mai , lui analizza la situazione “ Tutto
quello che tocco sembra sparire” , ma il sogno è sempre lì a sua difesa , e
per la prima volta sembra affrontare di petto la realtà “ Correrò questa
corsa fino alla mia morte terrena”. La dichiarazione è finalmente la realtà
, la confessione che lui ha sempre saputo tutto , che ha sempre fatto finta
di non saperlo , che si prendeva in giro da solo , ma in un momento , solo
in quel momento sembra voler spazzare via tutto , pensieri , sogni , realtà
, dolore , speranze e desideri. Bene , sia come sia , affronterò tutto e mi
difenderò fino all’ultimo respiro. In questo momento è un uomo , l’uomo
consapevole e padrone di se stesso , che non si lascia condizionare dai
pensieri e dalle illusioni , se c’è da combattere combatteremo , lo zoccolo
duro che è in lui prende il sopravvento , scacciando le paure e le
incertezze che lo hanno tormentato fino a quel momento.
La reazione è grande , la sincerità di più ancora , il crooner confessa
tutto , di essere stato un burattino nella mani di lei , del destino , della
vita , di essere stato debole e senza volontà , e questa forza cancella
tutte le sue precedenti debolezze ridandogli la dignità perduta.
Nell’ultima strofa lo spiega meglio , guarda dalla finestra e vede una
stella cadente , e si riconosce in lei , si gira e si cerca ancora , ma la
sua precedente personalità non c’è più , la speranza l’ha scacciata
definitivamente. Il sogno ha vinto la paura , lui continuerà a credere nel
sogno , a combattere e superare tutto , ora è più che mai convinto che il
sogno gli darà la forza per continuare , sembra un ritorno alla debolezza
precedente ma in realtà non lo è , lui si rende conto di essere in una
stanza buia con le tende che impediscono alla luce di filtrare , ma ormai ha
capito la soluzione , basta spostare le tende e la luce entrerà rinnovando
la vita che ostinatamente si rifugiava nel buio per non essere vissuta. E’
un grande messaggio di fede e di speranza , mai mollare , quando credi che
la notte abbia spento tutto ti sbagli , il sole sorgerà ancora......
Shake shake mama – by Mr.Tambourine
Ho un blues per te baby quando guardo il sole
Ho un blues per te baby quando guardo il sole
Torna qui, possiamo divertirci davvero
Beh, è sera presto e tutto è immobile
Beh, è sera presto e tutto è immobile
Ancora una volta sto camminando su, intorno alla collina
Muoviti muoviti Mama come una nave che va verso il mare aperto
Muoviti muoviti Mama come una nave che va verso il mare aperto
Hai preso tutti i miei soldi e li hai dati a Richard Lee
Giù al fiume il giudice Simpson sta passeggiando
Giù al fiume il giudice Simpson sta passeggiando
Niente mi sciocca di più di quel vecchio pagliaccio
Qualcuna di voi donne sa bene il fatto suo
Qualcuna di voi donne sa bene il fatto suo
Ma i vostri vestiti sono tutti strappati e la vostra lingua è un pò troppo
rozza
Muoviti muoviti Mama fino all’ alba
Muoviti muoviti Mama fino all’ alba
Sono proprio qui baby, non sono così lontano
Non ho madre, non ho padre e quasi nemmeno amici
Non ho madre, non ho padre e quasi nemmeno amici
E’ venerdì mattina sulla Franklin Avenue
Muoviti muoviti Mama, alza la voce e ulula
Muoviti muoviti Mama, alza la voce e ulula
Se stai andando a casa è meglio che vai per la strada più corta
Tipico esempio di blues composto da una serie di frasi che non hanno
connessione fra di loro , pratica molto usata specialmente dagli autori di
colore , che non avendo una storia completa da raccontare , prendevano
spunto da situazioni diverse per comporre le loro canzoni , ogni strofa
parlava di un argomento diverso dall’altro. Sulle stile dei vecchi blues la
prima strofa è sempre ripetuta prima del tipico cambio di accordo che
introduce la risoluzione armonica del blues , ed in questo Shake Shake Mama
segue le regole canoniche del blues , eseguita con un tempo leggermente
accellerato come si faceva in serie negli anni 50’ ed anche dai bluesmen
bianchi degli anni 60’ più avvezzi alla struttura rock che a quella del
blues tradizionale. Il brano potrebbe trovare comodamente posto su uno
qualsiasi degli albums dei Bluesbreakers di John Mayall , dei Blues
Incorporated di Alexis Corner o dei Taste di Rory Gallagher , seguaci fedeli
del blues suonato alla maniera dei bianchi , dove la chitarra elettrica la
faceva tanto da padrone , limitando la sua straripante invadenza solo negli
assoli , rispettando alla lettera le regole strutturali del blues. Qui il
crooner non racconta una storia , canta frasi che sono collegate solo in
apparenza , una serie di flash di vita , di momenti che si richiamano ma non
hanno un vero collegamento.
La struttura del brano è fatta apposta per essere il più fedele possibile ad
un vecchio blues tradizionale , nessuna variazione o novità , evitate
accuratamente per non falsare lo spirito della canzone , deve sembrare un
vecchio blues e lo sembra , anzi , in pratica lo è. Anche il testo è
composto in questo modo , senza riferimenti temporali , senza nomi , senza
luoghi , senza una storia da raccontare , solo parole messe lì per mettere
insieme un blues per niente pretenzioso. Potrebbe essere una canzone del
1800, del 1900 o del 2000 , una canzone non collocabile nel tempo , Shake
Shake Mama è praticamente un vintage curato nei particolari , dal suono alle
liriche. Un buon vintage si può dire , la canzone scorre senza intoppi ,
piacevole all’ascolto , con quel sapore di tristezza tipico del blues che
raramente perde questa caratteristica anche quando descrive le situazioni
più felici.
Shake Shake Mama non ha nessun momento drammatico , non deve averlo , è un
brano pensato per far passare qualche minuto in seria allegria , non ha una
storia , ha delle frasi abbastanza banali ma così deve essere per
raggiungere il risultato voluto , essere fondamentalmente un blues e non una
canzone di Dylan . Dylan la canta soltanto , ricreando l’atmosfera ed il
suono delle radici della musica popolare , un' operazione che Dylan sta
portando avanti da tempo. Tutto l’album è volutamente distaccato dallo stile
Dylan , per questo è un album “diverso” , con una sua valenza specifica , il
bersaglio è stato scelto in partenza e centrato perfettamente. Potrà
sembrare strano e poco dylaniano , ma Bob ci ha abituato ai suoi improvvisi
colpi di coda , ai suoi imprevedibili cambiamenti di rotta , ormai anche
questa è diventata una sua caratteristica , fa parte dell’artista Dylan ,
artista unico ed irripetibile , è un suo marchio di fabbrica , another side
della sua “opera omnia” ben lontana ancora dall’essere finita. Io non mi
stupisco più quando Dylan ci sorprende con qualcosa di diverso , anzi , me
lo aspetto , e Together Through Life è suonato subito diverso e bello alle
mie orecchie , ancor prima di poterlo ascoltare con più attenzione ,
analizzare o scrivere qualunque tipo di dotta o sciocca impressione. L’album
si piazza in un angolo particolare , solo suo , senza richiami o riferimenti
, una vera novità dylaniana anche se è lontano dall’essere un masterpiece ,
è un album con uno scopo preciso che riesce perfettamente nel suo intento,
anche con canzoncine leggere come questa Shake Shake Mama , un altro modo
per porgerci la sua capacità infinita di calarsi in qualunque tipo di panni
, da quelli della Rock-Star di prima grandezza a quelli dello stracciato
bluesman da strada in una città di confine.Quanti Dylan dovremo ancora
conoscere ? Possiamo solo aspettare per avere una risposta , lui sarà sul
palco finchè gli sarà possibile stare in piedi , e quando non potrà più
stare in piedi verrà sul palco in carrozzina , su questo sono pronto a
giurarci !
JOLENE – by Mr.Tambourine
Perchè viene giù lungo la high street entrando nella terza
Se non è il risorgere di un uomo morto, io muoio, lei è l’unica, Jolene ,
Jolene ,
Baby , io sono il re e tu la regina
Beh , è una lunga vecchia autostrada che non finisce mai
Ho preso una Saturday Night Special (ndr: è una pistola), sono tornato di
nuovo
Dormirò vicino alla tua porta, rischierò la mia vita
Tu probabilmente non lo sai ma ti farò mia
Jolene , Jolene
Baby, io sono il re e tu la regina
Tengo le mani in tasca, sto andando Avanti
la gente pensa di sapere, ma si sbagliano tutti
Tu sei qualcosa di gentile, sto scommettendo sui dadi
Non posso dire di aver mai pagato il prezzo
Jolene , Jolene
Baby , io sono il re e tu la regina
Beh, l’ho imparato a mie spese, ne ho avuto abbastanza
Ho incontrato qualcuno con la fortuna troppo lontana
Quei grandi occhi marroni, pronti per corteggiare
se mi tieni fra le tue braccia, le cose non sembrano così scure
Jolene, Jolene
Baby, io sono il re e tu la regina
Il pezzo è un divertissement , un piacevole chicago-blues stile che suona
ascoltabile senza pretendere più di tanto , il testo vale poco ,
probabilmente anche Hunter non si è sforzato più di tanto per togliersi
dalla banalità delle parole , stupisce che Dylan presti il suo talento a
canzoni come questa , ci ha abituato a ben altro nella sua lunga carriera .
Certamente il principale intento di questo album era quello di fare una cosa
leggera di ampio respiro , un easy listening di buona fattura ma niente di
più. Uno stacco dai clichè dylaniani , un momento di stasi di ispirazione e
di motivazioni , certo a 68 anni lo spirito battagliero di Bob se ne è
andato da lungo tempo , ora sembra essere venuto il tempo della rilassata
tranquillità della terza età. Certo l’impegno e l’intensità di certi pezzi
di marca-Dylan è difficile da mantenere nel tempo , ecco allora questi pezzi
di intervallo , per far sentire che lui c’è sempre anche col minimo impegno.
É quasi inutile commentare il testo , così provinciale e scontato , di bassa
levatura , ho provato a pensare a quest’album senza la presenza di Campbell
e di Hidalgo , non saprei che dire , forse da “disco diverso” diventerebbe
un “disco minore”, sempre ragionando in termini di valori dylaniani. Non c’è
creatività in quest’album , solo buona routine ben confezionata , con la
geniale idea di copiare il suono Chess e Sun Records , ma anche questa , pur
se trovata geniale , in realtà è una “bella” scopiazzatura della media
musica standard degli anni 50’.
Together Through Life è un album che ti tiene sempre in contrasto , le
canzoni sono piacevoli pur essendo il minimo di Dylan , i testi pure perchè
di Dylan c’è solo qualche frase , il resto è molto lontano dallo
stile-scrittura di Dylan , questo è Hunter interpretato da Dylan ed amici ,
una serata in compagnia , dove si suona , si mangia , si beve e si balla ,
una specie di Big Pink in miniatura , solo che lo spessore delle canzoni è
nettamente sottotono , presentando un altro Dylan diverso da quello che
quasi tutti i fans hanno in mente , questo è il Dylan che ha tutti i diritti
di divertirsi , ma un Dylan normale , non quel Dylan super-artista ,
super-performer , super songwriter. Sembra che quel Dylan abbia preso una
vacanza con questo disco , che si diverta ad interpretare il ruolo di uno
qualunque , in Jolene le cose combaciano perfettamente , Jolene è un pezzo
debole anche se piacevole , il testo è debole e la musica volutamente
contenuta entro certi schemi prefissati. Dunque un Dylan in vacanza , un
Dylan che si adatta a questi “riempitivi” in attesa di qualcosa di meglio.
Perchè no ? Anche questo è un lato di Dylan , potrà piacere od indispettere
a seconda dei gusti personali di chi ascolta , un Dylan che non mette
impegno ma nemmeno lo pretende da chi ascolta. Bob sembra voler dire ,
ascoltate , rilassatevi , gustatevi quel mitico suono e non giudicate a
vanvera , ho voluto ricreare quel suono , un tuffo nel sound del passato ,
per gustare il sapore di quei dischi che non ci sono più , spazzati via da
quell’orgia elettronica che non accenna a diminuire. Per questo non ci sono
più bravi artisti in giro , ed i pochi bravi appartengono alla generazione
passata , per questo uno come Dylan , quando apre bocca arriva al primo
posto della classifica anche con un album come questo , modesto ma diverso ,
diverso ma modesto , ma sempre ricco di quel feeling che le moderne
incisioni non hanno mai avuto e mai avranno.
Il disco non merita un 7+ , ma i ricordi che richiama alla mente sono ottimi
ed abbondanti per la truppa . Grazie ancora una volta Bob , a
prescindere.........
“Forgetful heart” – by Mr.Tambourine
Cuore smemorato
Hai perso la capacità di ricordare
Ogni piccolo dettaglio
tu non lo ricordi più
I tempi che abbiamo vissuto
Chi meglio di te potrebbe ricordarli
Cuore smemorato
Abbiamo riso e ci siamo divertiti , tu ed io
È durata a lungo
Ora sei soddisfatta di lasciar che i giorni se ne vadano
Quando eri là
Tu eri la risposta alle mie preghiere
Cuore smemorato
Amavamo con tutto l’amore cher la vita può dare
Che posso dire
Senza te è così duro vivere
Non posso avere di più
Perchè non possiamo amare come abbiamo fatto prima
Cuore smemorato
Come un’ombra vagante nel mio cervello
Tutta la notte
Sto sveglio ad ascoltare il suono del dolore
La porta è chiusa per sempre ,
se davvero c’è mai stata una porta
Potrebbe essere la storia di chiunque , sembra una storia inventata più che
vera, il tema principale è sempre quello conduttore del disco , amore e
rammarico , ricordi , dolore , momenti felici ormai passati , una canzone
che sembra rincorrere le altre. Testo povero liricamente , a parte la frase
“ sto sveglio ad ascoltare il suono del dolore “ , il resto si trascina con
le unghie e con i denti. La canzone è abbastanza riuscita , nello standard
dell’accettabile , ma il testo proprio non segue la musica. Non è un
capolavoro musicale , è un onestissimo pezzo bluesy , da roudhouse , nello
standard della media di questo genere di canzoni , ma la storia del cuore
smemorato non convince , c’è poca convinzione nell’autore stesso che si rifà
a centinaia di storie simili , la musica richiama centinaia di altri pezzi
del genere , un pò ne ricorda uno , un pò un altro , nessuno pretende di più
, un pezzo da entertainment che si accetta così com’è , che piace anche.
Dylan sembra più divertirsi a cantarlo che a sentire il dolore della perdita
di lei , ormai così lontana nel tempo da essere solo un ricordo senza
nemmeno un nome .Forgetful heart sembra quasi un nickname usato per
riferirsi a qualcosa i cui contorni stanno svanendo nelle spire del tempo.
Pare l’ultimo colpo di coda di un ricordo che non fa più male , un amore
indicato per scriverci sopra la canzoncina , ma che c’è di male ? Non tutti
gli amori devono per forza essere quelli della vita , forgetful heart è uno
dei tanti , da ricordare con piacere e con poco rimpianto. Il pezzo non
muove nessuna corda , non smuove sentimenti , fila via liscio senza scosse ,
come quelle storie che si raccontano per far passare la sera davanti al
bivacco. Non c’è un rammarico forte come in “If you ever go to Houston” o
“My wife’s home town” , non c’è nemmeno “l’atmosfera” mistica di “Life is
hard” , un pezzo per rilassarsi , niente di eccezzionale ma in questo non
vedo niente di negativo , si può cantare per divertirsi , per rilassarsi ,
per far piacere a chi ti ascolta e non è necessario che ogni cosa che canti
sia una pugnalata al cuore che riapre in te vecchie ferite sopite dal tempo.
La voce di Bob sembra più divertita che sofferente , ma che c’è di male nel
divertirsi ogni tanto ? Il ricordo è piacevole , riporta alla mente del
crooner momenti felici passati assieme a lei , ci siamo divertiti ed abbiamo
riso tu ed io , ma poi è finita , anche i passaggi più sofferti sembrano di
convenienza , non si sente l’asprezza del rammarico , il ricordo del vecchio
amore non riapre ferite , è una dolce rimembranza , peccato sia andata come
è andata. La certezza che la storia è meno èrofonda di quel che potrebbe
apparire leggendo il testo la da l’ultima frase :
“La porta è chiusa per sempre , se davvero c’è mai stata una porta”. Questo
è il dubbio che manifesta l’incertezza del crooner , che ricorda con piacere
, con un leggero rammarico , ma che non sa se la storia era una di quelle
che contano , chissà se davvero c’è mai stata una porta.....
“If you ever go to Houston” – by Mr.Tambourine
Se mai andrai a Houston è meglio che cammini dritto
Tieni le mani in tasca e il cinturone ben stretto
Troverai guai se sei in cerca di uno scontro
Se mai andrai a Houston, ragazzo è meglio che cammini dritto
Se mai sarai laggiù a Bagby e Lamar
Stai attento all'uomo con la stella
Meglio sapere dove stai andando oppure resta dove sei
Se mai sarai laggiù sul retro vicino a Lamar
Beh, conosco queste strade, ci sono già stato in passato
Quasi mi hanno ucciso qui durante la Guerra Messicana
Qualcosa continua sempre a farmi tornare qui per altro
Conosco queste strade, ci sono già stato in passato
Se mai andrai a Dallas saluta Mary-Ann
Di che sto ancora tirando il grilletto , cercando di resistere più che posso
Se vedi sua sorella Lucy, dille che mi spiace di non essere là
Dì all’altra sua sorella Betsy di recitare la preghiera del peccatore.
Ho una incessante febbre che mi nasce nel cervello
Meglio tirar dritto, non posso rovinare i piani
La stessa strada che mi porterà via sarà quella che mi ha fatto arrivare
Ho una incessante febbre che mi nasce nel cervello
Signor poliziotto, puoi aiutarmi a trovare la mia ragazza?
L’ultima volta che l’ho vista è stato al Magnolia Hotel
Se mi aiuti a trovarla, potrai essere mio amico
Signor poliziotto, puoi aiutarmi a trovare la mia ragazza?
Se mai andrai ad Austin, Fort Worth o San Anton'
Trova i locali nei quali mi sono perduto e spedisci le mie memorie a casa
Metti le mie lacrime in una bottiglia e tappala bene in cima
Se mai andrai a Houston, ragazzo è meglio che cammini dritto
In questo pezzo Hunter sale di un gradino , il linguaggio è più curato , le
frasi sono cercate per narrare una storia il cui argomento , oltre al
rammarico ed il ricordo dell’amore perduto , introduce un elemento nuovo ,
la triste esperienza di vita del crooner messa a disposizione di chi legge
sotto forma di consiglio.
Se mai andrai a Houston stai attento – dice il crooner – è meglio che
cammini sulla strada retta ( qui il consiglio di stare lontano dai facili
guai che potrebbe incontrare ) , tieni le mani in tasca ed il cinturone ben
stretto ( che però mette in chiaro subito come comportarsi , onestamente ma
con grande attenzione e sempre pronto a tutto – tieni il cinturone ben
stretto gli consiglia ) , se cerchi guai li troverai di sicuro.
L’esperienza del crooner si fa sentire anche nella seconda strofa , attento
, se vai all’incrocio tra Bagby e Lamar , quello è uno dei punti caldi della
città , attento allo sceriffo che non è più tenero dei malavitosi , se non
sai dove stati andando non muoverti.
Il consiglio può essere prezioso , il crooner continua il suo racconto , è
già stato da quelle parti , quasi lo ammazzavano durante la guerra col
Mexico , ma c’è sempre qualcosa che nemmeno lui sa ( o finge di non sapere )
che lo attira di nuovo in quel posto , conosce perfettamente le strade ,
conosce perfettamente il perchè del forte richiamo di quel luogo che sente
nella mente e nel cuore.
Nella strofa successiva viene spiegato il perchè. Se andrai a Dallas
salutami Mary-Ann , dille che sto ancora vivendo pericolosamente , cercando
di resistere al meglio che posso , l’ incertezza e l’insicurezza del domani
lo spinge a ricordare le persone amiche , di alla sorella Lucy che mi spiace
di non essere li , all’ altra sorella Betsy di recitare la preghiera del
peccatore. Sa di aver vissuto una vita allo sbaraglio ma non aveva scelta ,
è scappato ma deve ritornare in quei luoghi , lì la sua vita si è svolta ,
forse sarà pericoloso tornare , ma meglio che annegare nell’inedia e nei
ricordi, meglio un giorno da leoni che cento anni da pecora sembra essere il
succo di questa strofa , la vita mi ha offerto poco , ma quel poco è stato
tanto , tanto che sento che dovrò tornare.
La confessione arriva nella quinta strofa , l’incapacità di resistere a
quella strana febbre che ha nel cervello , sà che dovrebbe tirar dritto , ma
come si fa , la strada è sempre quella , per arrivare e per partire , e
questa incessante febbre è sempre lì a bruciargli il cervello. Il buon senso
gli dice che dovrebbe resistere , ma il cuore è contrario , devi tornare in
quei posti , costi quel che costi. L’affermazione è drammatica nella sua
semplicità , ogni uomo è attratto verso il suo destino , anche se spaventoso
, niente può combattere quello che gli nasce da dentro , che potrebbe
perderlo per sempre. Ma ha poi importanza ?
La strofa successiva mette in scena l’atto più disprezzabile del malvagio ,
disposto a scendere a patti con il poliziotto se questo è disposto ad
aiutarlo a trovare la sua ragazza , sarebbe disposto anche a diventar suo
amico. E’ il crollo totale della personalità , il rammarico e l’amore sono i
padroni assoluti del crooner che come uno schiavo sentre di dover seguire
quelle regole così estranee a lui , il desiderio di rivederla si confonde
con l’istantanea dell’ultima volta che l’ha vista , davanti al Magnolia
Hotel , la resa al polizziotto sembra essere il massimo dell’umiliazione per
lui , ma per amore , per rivedere lei è disposto anche a questo. E’ il
dramma di un uomo , di un uomo che tira le somme e vede che i conti non
tornano , e allora che importa ogni altra cosa ? Orgoglio e pregiudizio a
contrasto , chi vincerà ?
Questo è quello che è disposto a fare , ma non si sa se tornerà davvero in
quei posti , si apre un’ altra finestra temporale , il momento del
ripensamento ? C’è ancora tempo per tornare e ancora tempo per pensare e
pesare i tristi ricordi persi nei bar di Austin, Fort Worth o San Anton' ,
quei maledetti luoghi dove lui ha perso se stesso . Ritorna il tema iniziale
della canzone , l’esperienza che genera il consiglio , ed in quest’ultima
strofa anche la necessità di un favore da parte del ragazzo che riceve il
prezioso consiglio. Ragazzo , se andrai in quei posti , ricorda cosa ti ho
detto , non farti travolgere dalle situazioni , sii sempre te stesso ,
distingui sempre la via giusta da quella sbagliata , e se trovi le mie
memorie chiudile in una bottiglia e spediscila a casa mia , sa mai andrai a
Houston , ma riga dritto , non commettere i miei stessi errori , potresti
perderti come è successo a me.
Altamente lirica , in fondo anche struggente , senz’altro uno dei testi
migliori dell’album , Togetehr Through Life , insieme attraverso la vita ,
io ed io , io è un altro si potrebbe dire con Rimbaud , dal quale Dylan
sembra per certi versi sembra aver raccolto l’eredità di ribelle in
gioventù. Ma la vita non si ferma alla giovinezza, prosegue inesorabile come
lo scorrere del tempo , arricchendo il personaggio di esperienza che si
manifesta specialmente in riflessioni tristi e misurate sul significato
della vita stessa , musirata col metro della persona normale , del common
people , perchè dietro ai grandi artisti come Dylan o Hunter c’è sempre un
common people , che li abbliga a confrontarsi con lo specchio che riflette
le immagini di ieri , di oggi e forse lascia intravedere anche quelle di
domani. La storia non sempre è quella che si scrive , la storia vera è
quella che si vive , poi si può scriverla in tanti modi diversi , da
vincitore o da perdente , ma resta indiscutibile il fatto che prima bisogna
viverla , e non dimenticare mai che alle spalle della rock-star c’è sempre
l’uomo , quello che cattura le idee , le visualizza e le trasforma in arte
usando il genio dell’artista che c’è in lui. Quale sarà the dark side of the
moon , l’artista o l’uomo ? Dell’artista si crede di sapere quasi tutto ,
dell’uomo poco o niente , ed è così che sotto sotto che the dark side
diventa più importante di the bright side , si sovrappone e si confonde fino
a non riuscire più a distinguere l’uomo dall’ artista , che viaggiano sulla
macchina del tempo e della musica “insieme attraverso la vita”.
“My wife’s home town” – by Mr.Tambourine
Bene , non son venuto qui per occuparmi di qualche maledetto affare
son venuto qui solo per ascoltare il tintinnio dei cimbali
In nessun modo puoi criticarmi
Voglio proprio dire : che inferno è la città dove è nata mia moglie.
Bhe , c’è una ragione per quello e una ragione per questo
non me ne viene in mente nessuna ora come ora, ma so che esistono
Starò seduto sotto al sole finchè la mia pelle non sarà abbronzata
Voglio proprio dire : che inferno è la città dove è nata mia moglie
la città , la città
Lei può indurti a rubare , a fare rapine ,
farti venire l’orticaria , a farti perdere il lavoro
Può far andare male le cose e poi può farle andare ancora peggio
Lei ha roba più potente della maledizione di una zingara .
Uno di questi giorni scapperò
son quasi certo che mi farà uccidere qualcuno
Mi chiudo dentro e tiro giù le tapparelle
Voglio proprio dire : che inferno è la città dove è nata mia moglie
Bhe , c’è molto da ricordare , molto da dimenticare
io ancora non ricordo il giorno che ci siamo incontrati
Ho perso le mie ragioni molto tempo fa
Il mio amore per lei è tutto quello che so
Lo stato è in bancarotta , la contea è a secco
Non buttarmi addosso il malocchio
Continua a camminare , non bighellonare in giro
Vi dico di nuovo : che inferno è la città dove è nata mia moglie
la città , la città
Qui il crooner sembra partire da un punto di forza , ha accettato la realtà
della vita anche se fa delle considerazioni su quello che è stato il passato
, ma abbastanza tranquillamente , come se parlasse a se stesso , come se non
avesse bisogno di convincere nessun’ altro , le conclusioni sono già state
tratte , si tratta solo di ripeterle a beneficio personale , una volta in
più per convincersi che più di così non poteva fare della sua vita.
Ma il rammarico , tema conduttore dell’album , è sempre presente in ogni
strofa della canzone , sempre vivo e sempre pungente il ricordo dell’aver
subito in modo preponderante la personalità di lei. Non c’è accusa per lei
di essere una approfittatrice , solo la constatazione della incapacità del
crooner di contrastarla in maniera giusta ed efficiente , come molta parte
della gente che vive nel mondo del resto , lui si accorge di non essere il
solo a trovarsi in questa maledetta situazione , altri hanno già passato ed
altri passeranno quello che ha passato lui , e la conclusione è una sola ,
che inferno è la città di mia moglie !
Non sono venuto in città per qualche affare sporco, non puoi giudicarmi o
criticarmi per questo , volevo soli sentire ancora una volta il suono dei
cimbali , e devo dire : che inferno è la città di mia moglie !
C’è una ragione per ogni cosa dice il crooner , non importa se al momento
non mi vengono in mente , ma ci sono , come dice il libro dell’Ecclesiaste –
per ogni cosa c’è il suo tempo – non importa se lo sappiamo o no, questa è
la realtà al di là delle conoscenze personali. Mi sdraio al sole per
riflettere con calma – sembra voler dire – di tempo ne ho , non mi muoverò
finchè non sarò abbronzato- ma intanto l’idea fissa che lo tormenta è la
certezza che la città della moglie è un vero inferno per viverci.
Dopo aver riflettuto sulla città , l’attenzione del crooner si sposta sui
ricordi di lei , ricordi belli e dolorosi , perchè si rende conto del potere
che aveva su di lui , poteva fargli fare quello che voleva , rubare o far
rapine per lei , fargli venire ogni genere di malanni fastidiosi , poteva
persino indurlo a perdere il lavoro , cazzo , lei aveva qualcosa di più
potente della fattura di una zingara ! Il crooner in questo modo cerca di
autoscusarsi , cerca una via di scampo , la colpa non è mia , contro le
maledizioni non c’è niente da fare , lei aveva questo potere ed io nulla
potevo. La scusa è buona – sembra pensare il crooner – ma il dolore ed il
rammarico non vengono attenuati per questo , il ricordo di lei è sempre
presente , la sua forza magnetica su di lui potrebbe indurlo all’omicidio ,
lui se ne rende conto , capisce di essere indifeso ed il dolore riappare.
Sembra non esserci rabbia nel crooner , situazione difficilmente accettata ,
la rabbia sarà stata uno dei primi sentimenti , ma ora è passata , è rimasto
solo il rammarico , e la frase : che inferno è la città di mia moglie sembra
in grado di risolvere ogni cosa , di mettere la parola fine ad una brutta
relazione ma non al rimpianto, una specie di palliativo per dargli il
coraggio e la forza di affrontare i giorni a venire.
Il ricordo fa scattare la reazione – scapperò uno di questi giorni , oppure
mi chiuderò in casa tirando giù le tapparelle come se non ci fosse nessuno ,
cercatemi pure tanto non mi troverete , questa città per me è un inferno , e
lei potrebbe sempre spingermi ad ammazzare qualcuno. L’amore c’è ancora , si
ripresenta più potente che mai in questa frase , va bene la città schifosa ,
va bene il carattere dominante di lei , va bene la debolezza del crooner ,
il dover sempre soccombere , ma perchè tutto questo ? La risposta è una sola
, lui la ama ancora.
Parte il filone di tutto quello che c’è da ricirdare e tutto quello da
dimenticare, migliaia di momenti si ripresentano ancora una volta alla mente
del crooner , ricordi ormai così lontani che non rammenta neppure il giorno
del loro incontro , il dolore si fa più pungente , le ragioni di tutto si
sono perse nel tempo , c’è un modo solo di alleviare questo pesante rimorso
: che inferno è la città di mia moglie! Ma la frase non risolve più di tanto
, lui sembra aver dimenticato tutto , l’unica cosa della quale sembra avere
sempre coscienza è l’amore che ancora ha per lei , tutto il resto non conta
, è senza significato per lui , lui che darebbe chissà che cosa per poter
tornare in quella maledetta situazione , quando lei era vicina a lui , con
tutti i suoi pregi ed i suoi difetti , qualità che di sicuro lo
annichilivano , ma lui ha sempre saputo di non essere in grado di vincere
quella guerra. L’amore è la sola cosa che manda avanti la vita , che fa
sentir che si è vivi , la gioia o il dolore delle emozioni , queste erano le
cose cha avevano importanza , la situazione attuale è di tipo vegetativo ,
una vita sprecata in attesa della morte che risolve tutti i mali dell’uomo.
Lui cerca di lenire la storia constatando che anche il resto va a rotoli ,
lo stato in bancarotta , la contea senza soldi , il malocchio non serve più
, tutto è andato a rotoli , non bighellonare in giro sembra voler
consigliare a se stesso , non è questo il modo di continuare. Se tutto va a
rotoli perchè lui dovrebbe avere una sorte diversa sembra chiedersi , ma in
fondo ormai non ha più importanza , la città di mia moglie è proprio un vero
inferno , al diavolo tutto !
Le tematiche conduttrici dell’album sono marcatamente evidenti in questa
canzone , sono come il marchio di fabbrica di Hunter , questi temi si
rincorrono da una canzone all’altra per tutto l’album. Anche Dylan ha sempre
parlato d’amore , ma in modo diverso , meno rassegnato , più reattivo ,
raramente si abbandona al rammarico come Hunter , ma è solo un modo diverso
di esprimere lo stesso sentimento , un modo diverso di scrivere la stessa
storia. Due scrittori che narrano le cose in modo diverso , si potebbe dire
alla “Idiot wind” per Dylan e alla “My wife’s home town” per Hunter. Dov’è
la differenza ? Non c’è , la storia è sempre quella , vecchia come il mondo.
Dublino ? Probabilmente no , ma sentiremo la prima esibizione live di “I
feel a change comin’ on” dal nuovo album , con la frase “ I’m reading James
Joyce” ?
“Beyond here lies nothin’ “ - by Mr.Tambourine
Oh bene , ti amo graziosa piccola
Sei il solo amore che ho conosciuto
Proprio da quando ti sei messa con me
Il mondo intero è il mio trono
Oltre qui non c’è niente
Niente che noi possiamo chiamare nostro
Bene , sto camminando dopo mezzanotte
Giù per i boulevards pieni di macchine rotte
Non so cosa avrei fatto senza di esso
Senza questo amore che noi chiamiamo nostro
Oltre qui non c’è niente
Nient’altro che la luna e le stelle
Giù per ogni strada c’è una finestra
Ed ogni finestra è fatta di vetro
Continueremo ad amarci graziosa piccola
per tutto il tempo che durerà l'amore
Oltre qui non c’è niente
Nient’altro che le montagne del passato
Bene , la mia barca è nella baia
E le vele sono spiegate
Ascoltami graziosa piccola
Poni la tua mano sulla mia testa
Oltre qui non c’è niente
Niente che non sia già stato fatto e niente che non sia già stato detto
Ah l’amore , questo folle sentimento che.....così cominciava una delle più
note canzoni anni 60’.
Bene , niente è cambiato , ne prima , ne ora , ne dopo , l’amore la fa
sempre da padrone nelle canzoni , più o meno profondamente , felicemente ,
disgraziatamente , tutti gli aggettivi vanno bene , perchè plurime sono le
situazioni delle relazioni amorose.
In “Beyond here lies nothin’ “ in apparenza il crooner sembra essere
contento , dice le solite frasi , non banali ma abbastanza comuni , le frasi
che più o meno abbiamo detto tutti , non c’è letteratura o poesia in questa
prima strofa , solo la soddisfazione di aver la donna desiderata e di
sentirsi un Re per questo , tutto il resto non conta , non esiste , l’enfasi
si spreca in un mare di parole scontate. C’è poco Dylan e molto Hunter ( a
mio parere ) questa leggerezza di scrittura è poco tipica per Bob , che
anche quando scrive “easy” ha sempre il coltello in mano.
La riflessione del crooner sull’amore continua anche nella seconda strofa ,
ma qui il linguaggio cambia pur rimanendo nel campo dello scontato , direi
che in questa strofa c’è molto Dylan che probabilmente ha rimaneggiato le
parole di Hunter mettendoci un paio di frasi che si distinguono dal resto ,
“i boulevards pieni di macchie rotte” , come si vede anche nelle nostre
città , segno che i valori personali sono diventati temporanei , finita una
cosa la si abbandona senza rimpianto , riempiendo i viali di carcasse di
auto abbandonate. Niente fuori dal mondo , però non è facile trovare una
frase del genere in una canzone d’amore , usare questa similitudine per
rappresentare la temporaneità delle cose , forse oggi l’amore non è più per
tutta la vita , forse oggi l’amore , quando è finito , si parcheggia per
sempre su un viale come una macchina che non si usa più , espressione della
cultura dei Modern Times .
“Giù per ogni strada c’è una finestra , ed ogni finestra è fatta di vetro” ,
che vuol dire il crooner con questo ? Che la nostra vita e le nostre azioni
possono essere in ogni momento sotto gli occhi di tutti ? Forse si , ma
questo non ha importanza , al crooner interessa solo il suo momentaneo
rapporto con lei e non gli importa se gli altri possono vedere ciò che c’è
nel suo cuore , proprio come se il cuore fosse una finestra , bene ,
guardate dentro gente , vedrete un cuore felice , un cuore innamorato ,
oltre questo non c’è niente che conti veramente di più , ci sono solo le
montagne del passato che da milioni di anni osservano in silenzio queste
storie .
Nell’ultima strofa il crooner viene sostituito da Dylan , dal vecchio Dylan
che sà per esperienza che tutte le cose hanno un principio ed una fine ,
guarda nella baia dice a lei , c’è la mia barca , le vele sono spiegate ed
io sono pronto a partire per altre avventure. Questa è alla fine ?
Probabilmente si , godiamoci i momenti che ci restano ancora le dice ,
stammi vicina , oltre a questo non c’è niente per il momento , niente che io
e te non abbiamo già detto o già vissuto.
La storia non è poetica , ma veritiera e vicinissima alla realtà , una
storia semplice , di tutti i giorni , che un bravo crooner può raccontare e
cantare in maniera esemplare , oltre a questo non c’è niente , niente si
nuovo sotto il sole sembra essere la morale della
“I feel a change comin’ on” - by Mr.Tambourine
Bene , sto guardando il mondo
Sto guardando al lontano est
E vedo arrivare la mia piccola
Sta camminando col prete del villaggio
Sento che un cambiamento sta arrivando
E l’ultima parte del giorno se n’è già andata
Abbiamo così tanto in comune
Ci impegnamo per i soliti vecchi fini
Ed io non posso proprio aspettare
Che diventiamo amici
Sento che un cambiamento sta arrivando
E la quarta parte del giorno se n’è già andata
Bene , la vita è per l’amore
Dicono che l’amore è cieco
Se vuoi vivere facilmente
Metti i tuoi vestiti con i miei
Sento che un cambiamento sta arrivando
E la quarta parte del giorno se n’è già andata
Bene , a che serve sognare
Hai delle cose migliori da fare
Comunque per me i sogni non hanno mai funzionato
anche quando si sono avverati
sei più zoccola che mai
baby tu puoi accendere il fuoco
io devo perdere l’ intelletto
tu sei l’oggetto dei miei desideri
Sento che un cambiamento sta arrivando
E la quarta parte del giorno se n’è già andata
Sto ascoltando Billy Joe Shaver
Sto leggendo James Joyce
Qualcuno mi dice
Che ho il sangue del paese nella mia voce
Ognuno ha tutti i soldi
Ognuno ha tutti i bei vestiti
Ognuno ha tutti i fiori
Io non ho una sola rosa
Sento che un cambiamento sta arrivando
E la quarta parte del giorno se n’è già andata
La quarta parte del giorno se n’è andata ! Dylan ( Il crooner ) sente che la
sua vita ormai si avvicina al punto senza ritorno , è un’amara riflessione ,
forse non amara , forse solo rimpianto per quello che avrebbe potuto fare e
non ha fatto , forse è felice di come sia andata , questo non lo sapremo
mai. Certo le parole della canzone esprimono rammarico per una storia che
non va come vorrebbe lui . Vede arrivare la donna che ama e dentro di sè
sente che un cambiamento potrebbe verificarsi nella sua vita , ma servirà ?
Ora che la quarta parte della sua vita è iniziata ? C’è sempre lo spirito al
quale l’amore può dar fuoco in ogni momento , ma il tempo stringe sempre di
più mentre i giorni passano veloci ed inesorabili intanto che lui osserva il
mondo in tutte le sue latitudini e quello che vede non gli piace.
Il crooner pensa che lui e lei abbiano tanto in comune , molte affinità che
potrebbero dare una svolta positiva all’esistenza dei due , tutti e due
mettono tutto il loro impegno per realizzare i loro fini , le loro speranze
, ma lui non può più aspettare il passare del tempo finchè il tanto
desiderato amore si realizzi , la quarta parte del giorno sta passando ,
ricorda a se stesso , quando sarà andato non gli servirà più l’amore ,
l’amore è per i vivi , per chi è andato resta solo il ricordo. L’atmosfera
di tristezza si sente ancora più forte in questa strofa , l’evidenza di
quello che è il crooner gli impedisce quasi di sperare ancora , poco futuro
davanti a lui , e nessuno sa quanto durerà questo futuro , ci sarà tempo
ancora per questo amore così desiderato ? Ha la sensazione che il
cambiamento potrebbe arrivare , ma il constatare che la vecchiaia avanza
rubandogli il tempo lascia in lui il sapore dell’amarezza.
Si apre una parentesi felice di speranza , la vita è per l’amore ( dice il
crooner ) , dicono che l’amore sia cieco , quindi perchè disperare ? Se vuoi
che la tua vita diventi facile e bella vieni a vivere con me dice
all'oggetto del suo desiderio , sento che un cambiamento sta arrivando , ma
la realtà ritorna prepotente : la quarta parte del giorno se n’è andata ,
ributtandolo nello sconforto iniziale.
Parte un’altra riflessione , a che serve sognare ? Qualcuno ha detto che i
sogni sono la parte reale della nostra esistenza , alcuni di essi si
manifestano tanto veritieri e si installano nella nostra mente che col
passare del tempo diventano una realtà accaduta.
Sognare serve sempre , a volte fa male perchè risveglia ricordi da tempo
sopiti , oppure richiama una triste realtà che ci procura ansia e dolore ,
ma quanti di noi si rifugiano nei sogni ? Allora i sogni diventano positivi
, l’alter ego o l’ altra faccia della nostra esistenza , nei sogni si vivono
le esperienze che ci sono negate , lieve ma indispensabile palliativo alla
vita dura di tutti i giorni.
Ho altre cose da fare ( dice il crooner ) invece di perdere tempo a sognare
, poi a lui i sogni non sono mai serviti a niente , non hanno mai funzionato
, anche quando si sono avverati. Ecco il rammarico , la delusione , lo
sconforto nel constatare che la sfortuna lo perseguita impedendogli di
vivere i propri desideri e le proprie speranze.
La realtà gli apre gli occhi , lei non è la donna angelicata , è solo una
piccola zoccola lasciva che farebbe infiammare chiunque , farebbe perdere la
testa a chiunque , lei è l’oggetto dei desideri ( quelli che non si dicono a
nessuno , i pensieri più neri ) di tutti , crooner compreso. Sente che un
piccolo cambiamento , magari forse brevemente momentaneo , sta arrivando ,
gli resta ancora un pò di tempo per i piaceri più materiali della vita.
A questo punto scatta la poesia e tutta l’arte del crooner , il pezzo forte
della canzone , quello che conta , il vero signidicato , il resto si
evidenzia essere solo un prologo qualunque per arrivare alla morale decisa
in partenza , alla constatazione della vera realtà , quella che sorpassa
tutti i sogni , le speranze ed i desideri : Ascolto Billy Joe Shaver e leggo
James Joyce , c’è il sangue del Paese nella mia voce dice qualcuno.
Difficile non essere prosaici e non entusiasmarsi di fronte a queste frasi ,
il crooner viene sostituito da Bob Dylan in persona , si cambia passo , si
cambia registro , la canzone va oltre la canzone , diventa il pensiero della
mente di Dylan , solo un mezzo per esprimerlo , la canzone perde il suo
senso leggero lasciando il posto a quello profondo della poesia , quella con
la “P” Maiuscola , quella che fa la differenza fra quelli bravi ed i
Maestri.
Dopo questa troppo alta parentesi la canzone torna sui binari originali ,
Bob Dylan cede il posto al crooner che continua le sue lamentazioni. Tutti
hanno tutto , soldi , bei vestiti , mazzi di fuori : Io non ho neanche una
piccola rosa sola e zoccola , ma sento che il cambiamento sta arrivando ,
amche se la quarte parte del giorno se n’è andata. La speranza è l’ultima a
morire , ancora la voglia di cogliere una rosa , e poi vada come deve andare
, come è sempre andata , è questo feeling che un cambiamento sta arrivando
che mi manda avanti , anche se di strada ne è rimasta poca.
Come mischiare una grande poesia a parole e riflessioni banali Dylan ce l’ha
mostrato una volta ancora , una volta in più , non c’era bisogno di un’altra
dimostrazione , ma lui è un Maestro e forse non si accorge che ,
fortunatamente per noi , le sue parole diventano isole di speranza e di
salvezza nella nostra mente e nel nostro cuore . Il crooner ha fatto il suo
dovere , Dylan è andato oltre come suo solito !
"Life is hard" - by Mr.Tambourine
I venti della sera non spirano, ho perso la mia strada e la mia volonta'
non so dove sono andati, so solo quello che volevano dire.
Sono sempre attento nell’ammettere che la vita è dura
Senza te vicina a me
L’amica che eri solita essere , così vicina e così a me cara ,
sei scivolata così lontano , dove ci siamo smarriti
Sono passato accanto al vecchio cortile della scuola ,
ammettendo che la vita è dura senza te vicino a me
Fin dal giorno , dal giorno che sei andata via
io non so cosa è giusto o sbagliato
So solo che ho bisogno della forza per combattere ,
combattere quel mondo la fuori
Da quando non siamo più in contatto , non ho avuto molto
di giorno in giorno il mio cuore sterile è rimasto bloccato
Cammino per il boulevard , ammettendo che la vita è dura
Senza te vicina a me
Il sole sta tramontando lentamente , immagino sia tempo di andare
Sento una fredda brezza nella mente
I sogni sono bloccati ed esclusi ammetendo che la vita è dura
Senza te vicina a me
hummmm
Senza te vicina a me
Scritta per il film “My own love songs” interamente da Dylan senza la
collaborazione di Hunter , la canzone è liricamente povera , “Life is hard”
è uno dei testi più scarni di momenti poetici del disco , anzi , direi ,
volutamente priva di questi momenti.
Non c’è la possibilità di “coglire l’attimo” , una parola o una frase
significativa , che faccia la differenza , il crooner si adagia su luoghi
comuni e scontati , dice quello che già è stato detto mille e mille volte ,
ma forse questo è quello che voleva l’autore , narrare una storia in prima
persona come se fosse in terza , la storia di un altro fatta sua , forse
perchè uguale a tante altre storie del genere , ecco allora la necessità di
rimanere freddo e cronistico . E’ sicuramente un testo che si stacca dallo
standard lirico di Bob Dylan , senza addentramenti nei meandri della poesia
o della letteratura , senza alcun richiamo a qualcosa di importante , una
storia semplice per un semplice cronista . Dylan si volutamente mantenuto
distante dalle grandi frasi , senza lasciarsi coinvolgere dalla tristezza
della storia , quasi una ciambella senza il buco , sembra la canzone di un
altro , ma forse anche lui era d’accordo con il crooner , raccontiamo una
storia senza essere eccessivamente coinvolti , come se l’avessimo letta sul
giornale .
Dylan ha rispettato il tema assegnatogli dal regista Dahan , perchè anche
qui si sente fortemente la spinta del rammarico , la delusione di una vita
“piccola” e senza sfogo , senza un futuro migliore.
E’ un insieme di ricordi , di un amore passato che si confonde nel mondo di
tutti i giorni , nella pochezza dei momenti felici , solo un istante per
ripensare , poi la fredda brezza della realtà invade di nuovo la mente del
crooner lasciandolo in quello stato tra il sognante ed il deluso , col
ricordo che preme forte nel cuore e nella mente , un momento felice messo
nel conto della miseria quotidiana , che ti lascia la bocca amara , che ti
fa consapevole di aver in qualche modo fallito , di aver perso quello che
forse era indispensabile. Ma così va la vita , dura , senza te vicino a me.
Le frasi non sono altisonanti ma il rammarico è sentito , rende bene l’idea
dello stato d’animo del crooner , uno spunto validissimo che si perde un pò
per strada per il voluto profilo basso delle liriche. Il crooner è sincero ,
ma troppo crooner e poco umano , sembra di leggere la storia sul giornale
più che vederla vissuta da un uomo che non sa se stimarsi o disprezzarsi , o
forse lo fa a momenti , momenti buoni e momenti tristi , “Life is hard” è un
momento triste , come tanti ne vive la gente tutti i giorni , e questo è il
compito del crooner , mettersi nei panni della gente e raccontare una storia
d’altri come se fosse la sua. La realtà del dolore è fortemente presente ma
attutita dal genere di narrazione , il cronista non vuole esprimere tutta la
drammaticità della situazione , si mantiene distaccato , facendo
semplicemente il suo lavoro. Un uomo vuoto con la mente che si svuota , che
si riempie soltanto a tratti del ricordo dell’amore ormai finito ed andato
per sempre. E l’uomo che fà ? Niente , si perde nel ricordo , perde se
stesso trasformandosi in un freddo narratore quasi privo di emozioni , come
se raccontasse la storia di un altro invece della propria. Forse è proprio
questo il senso , narrarlo standone lontano per non sentirne gli effetti ,
allora la canzone regge e giustifica la superficialità lirica del testo.
Bob Dylan: "Together Through Life"
by Jeff Tone
Il titolo del 33° album di studio di Dylan , Together Through Life , e la
copertina con la coppia che si bacia febbrilmente sul sedile posteriore
dell’auto possono dare l’impressione che le 10 canzoni siano un caldo
tributo all’amore e al romanticismo . Dopo il primo ascolto , appare come
un’impressione , in ultima analisi , davvero irinica.
L’album fa capire che l’amore è tutto quello di cui noi abbiamo bisogno , ma
è qualcosa che di solito , non ultimo , causa anche dei lunghi periodi di
rammarico ed al massimo è un temporaneo sollievo in un mondo inquieto.
Come Beyon here lies nothin’ che apre l’album “ Per tutto il tempo che stai
con me / il mondo è il mio trono / oltre quello non c’è niente / niente che
possiamo dire nostro”.
Per quanto riguarda il rammarico , le canzoni , scritte in collaborazione
con il paroliere dei Greatful Dead Robert Hunter , spesso dipingono un
narratore di storie che valuta i diversi frammenti di un amore che si è
rotto.
“ Il sole sta tramontando lentamente , immagino sia tempo di andare , sento
una fredda brezza nella mia mente” ( Life is hard) . “Cuore smemorato , come
un’ombra vagante nel mio cervello , tutta la notte sto sveglio ad ascoltare
il suono del dolore ,la porta è chiusa per sempre , se davvero c’è mai stata
una porta” ( Forgetful heart). “ Quei momenti possono esser arrivati ed
andati , tutto quello che ho e quello che so è questo sogno di te che mi
spinge a continuare a vivere “ (This dream of you).
Sul suo sito , Dylan ha detto che voleva che il suono fosse come quello
prodotto nei classici blues-rock degli studios degli anni 50’ , Chess e Sun
Records : “Mi piace il feeling di quelle registrazioni . l’intensità. Il
suono è sgombro. C’è potenza e suspance . Tutte le vibrazioni le senti come
se venissero dall’interno della tua mente. E’ vivo. E’ giusto. Si ripercuote
nella tua testa come il mal di denti”.
L’album ha davvero quel suono grezzo , e la voce di Dylan , spesso cedevole
e mancante nei suoi sforzi , è adatta per una canzone come My wife’s home
town. Preso il riff principale da “I just want to make love to you” di Muddy
Waters , la canzone presenta un amaro e duro sguardo sulla vita domestica :
“Continua a camminare , non bighellonare in giro , vi dico di nuovo - che
inferno è la città dove è nata mia moglie”.
La canzone , assieme a Jolene e Shake Shake mama , rende evidenti le
influenze di qualche gigante del blues come Muddy Waters ed Howlin’ Wolf.
Sicuramente , da Time out of mind (1997) , Dylan si è focalizzato sulla
musica americana , blues , rock degli inizi , country e ballate dei tempi
antichi. Questo ultimo album non solo continua in quella direzione , ma
aggiunge persino influenze Texane , con la fisarmonica di Hidalgo. Il Blues
combinato con il Tex-Mex nel pezzo finale , It’s all good , un titolo così
irinico tanto quanto il titolo dell’album.
Qui Dylan ripete senpre il ritornello “It’s all good” al ritratto di un
mondo incasinato da problemi di tutti i tipi : “La gente del paese , la
gente sulla terra , qualcuno di loro è così malato , che non riesce a stare
in piedi , tutti vorrebbero andarsene se potessero , è duro da credere , ma
va tutto bene”.
La cronaca dei problemi in Together Through Life non deve distrarci dal
fatto che la creatività e l’inventiva di Dylan sono più forti che mai.
Bob Dylan : Eroe culturale o ladro di copyright ?
by Ransom Riggs - June 3, 2009 – (fonte: http://www.mentalfloss.com)
Ho avuto una interessante conversazione con l’autore Lewis Hyde e col
fondatore della NEA , Bill Ivey , che è una specie di crociata contro il
crescente numero delle imprese-morsa sulla espressione creativa negli Stati
Uniti.
La precedenza verteva sugli eccessivi draconiani copyright e sulla
situazione che le leggi sulla proprietà dell’opera intellettuale hanno messo
quest’ultima , in percentuale , circa il 75% del nostro “cultural heritage”
– films , musica , arte – sono in mani private.
Sembra strano , per esempio , che la “West End Blues” di Louis Armstrong sia
di proprietà della Sony Corporation , invece che di pubblica proprietà. Il
problema con troppe compagnie private è diventato evidente nell’era di
Internet – uno dei mezzi maggiori che gli artisti hanno sempre usato per
produrre nuova arte è stato quello di reinterpretare la vecchia musica ( i
risultati vengono immediatamente alla mente ) un atto che anche nella sua
forma più innocente ( un riff in un asssolo di jazz sulla melodia di un’
altra canzone , forse ) è illegale , punibile con ammende.
E tutti noi abbiamo sentito qualcosa circa il Digital Millennium Copyright
Act su Youtube e l’azione legale della RIIA’s contro gli orfani su sudia a
rotelle per il download di una copia della canzone “Happy Birthday” ( perchè
non c’è nessun altro a cantare per loro , naturalmente). Mi occupo di questo
tipo di cose in un altro blog , qual’è l’uso onesto ?
L’autore e professore Lewis Hyde ha sollevato una questione simile nei
riguardi dei primi lavori di Bob Dylan.
“ Bob Dylan ha usato un sacco di vecchie canzoni folk per moltissime delle
sue prime canzoni” ha scritto Hyde.
“ Questo non è furto , questa è la tradizione folk al suo meglio” . Sembra
che quasi due terzi delle canzoni scritte da Dylan tra il 1961 ed il 1963 –
qualcosa come 50 canzoni – sono reinterpretazioni di classici della musica
folk Americana.
Nell’odierno ambiente creativo aziendale , che ha permesso a Disney di
cambiare la natura di base del copyright con le leggi del 90’ in modo che le
sue creature popolari come Micky Mouse non potessero diventare di pubblico
dominio , i primi lavori di Dylan sarebbero finiti tutti in tribunale.
Hyde , che sta lavorando su un libro che tratta della “cultura in comune” e
i modi di fare arte e di proteggerla , fornisce un’altro dispositivo utile
per la definizione di questa discussione : La Costituzione degli Stati
Uniti.
“La Costituzione” permette al Congresso di concedere “diritti esclusivi”
agli autori ed agli inventori “ per un tempo limitato” : “esclusivo” in modo
che i creatori possano beneficiarne in tempi contenuti . ma “Limitato” in
modo che i cittadini possano beneficiarne in periodi lunghi.
“La costituzione” , cosi com’è , chiede al Congresso di trovare un giusto
equilibrio fra la propietà privata e quella della comunità , fra gli
interessi dei proprietari e quelli del pubblico dominio.
Essa consente che ci sia un mercato della proprietà culturale ma allo stesso
tempo pone dei limiti e dei confini a tale mercato.
Perchè un pezzo di proprietà intellettuale non dovrebbe essere di proprietà
di un’entità, passato attraverso le generazioni di una famiglia , sempre
oggetto di scambio fra privati , proprio come un pezzo di proprietà fisica e
materiale ?
Ci sono molte ragioni , ma una cosa è la proprietà fisica – la terra per
esempio – è una risorsa finita.
Hyde sostiene che ci sono buone ragioni per gestire le scarse risorse
attraverso la forza del libero mercato , ma i beni di natura culturale
cumune non sono mai scarsi , allora perchè rinchiuderli nel lontano futuro
con la recinzione del diritto d’autore o del brevetto ?
Thomas Jefferson , il nostro primo Commissario dei brevetti , una volta
descrisse l’inerente abbondanza di proprietà intellettuale :
- Se la natura ha fatto della proprietà esclusiva una cosa meno sensibile di
tutte le altre , è il potere del pensiero che viene chiamato “idea”....Colui
che riceve un’idea da me , riceve le istruzioni e la possibilità di
migliorarla senza diminuire il valore e l’importanza della mia idea , e se
qualcuno accende un cero vicino a me , riceve luce senza oscurare me -.
Lewis Hyde ha scritto due meravigliosi libri sull’arte e la cultura : "The
Gift" e "Trickster Makes This World".
Bob Dylan brings us together through life
by Ronnie Robertson (examiner.com)
Il nuovo album di Bob Dylan non sarà inserito nella lista dei capolavori. A
questo punto , è una rinfrescante novità , perchè i suoi album sono talmente
tanti che è difficile tenere il passo. Eppure , se paragomato a qualsiasi
nuovo album uscito quest’anno , Together Through Life è fantastico.
Come la backing band elettrica in Bringing it all back home , o il violino
in Desire o perfino le batterie elettroniche in Empire Burlesque ,
l’aggiunta della fisarmonica di Hidalgo alla band di Dylan fa di questo
disco una chicca.
Il pezzo d’apertura , Beyond here lies nothin’ , suona come se fosse stato
suonato in un juxe-box da night-club nelle città di confine degli anni 50’.
La preminente fisarmonica , accompagnata dallo scattante blues della
chitarra dell’ Heartbreaker Mike Campbell , segna un punto di stacco da ogni
altra cosa fatta da Dylan dai tempi di Time out of Mind del 1997.
Dopo , in canzoni come Jolene , Shake shake Mama e My wife’s home town ,
Dylan evoca gli echi fantasma del suono della Chess e della Sun Records del
1945.
Quando le cose rallentano andando nella riminescente e romantica This dream
of you , lui fa una delle sue più belle performance da canzone tranquilla.
Potrebbe essere stato facilmente incluso in Desire del 1976 , si , il pezzo
suona ancora fresco e nuovo allo stesso tempo.
I feel a change comin’on , il pezzo più bello dell’album , vede Dylan
ripensare ai tempi perduti e come potrebbe essere troppo tardi per cambiare
ciò che è successo nel passato.
Tutto culmina nell’ilare finale , in stile sarcastico di It’s all good. Qui
, Dylan rilascia dichiarazioni sullo sbriciolamento della società moderna ,
ma ironicamente chiude ogni strofa con lo slang hip “It’s all good”.
La parte artistica dell’album è interessante come la musica. Sul retro , la
foto in bianco e nero delle gang di strada messicane con tutto il loro modo
di vivere. Il fronte dell’album , rende evidente l’omaggio al grande Larry
Brown. Nelle interviste , Dylan ha espresso il suo amore per i lavori di
Brown , e l’immagine di un ragazzo e di una ragazza abbracciati sul sedile
posteriore di un’auto è presa dalla copertina di “Brown Big Bad Love” , una
collezione di brevi storie del 1990. Ma queste cose poco familiari con il
suo lavoro , Larry Brown è uno straordinario scrittore di Oxford ,
Mississippi. Il suo stile era unico , e si completava con gli altri
scrittori del Mississippi come William Faulkner.
Dalla copertina alla musica , Together Through Life è vincente. E’
divertente e spontaneo , ed ha abbastanza del vecchio spirito di Bob Dylan
per farlo diventare un concorrente difficile da battere nella bollente
estate che sta arrivando
Bob Dylan: Together Through Life
by Pete Paphides
Una figura cult ? “Ci sono connotazioni religiose” , un recente meditato
lato di Bob Dylan , quando tenta di dare un senso al suo status. Tuttavia ,
interrogato su dove posizionerebbe se stesso nel mainstream , sembra
resistere bene “ Lei ha venduto oltre cento milioni di dischi” gli è stato
ricordato , “ Si , lo so , è un mistero anche per me” ha risposto. Il Dylan
più accanito si ritrova sempre nei posti alti del mainstream , la sua
popolarità è in costante aumento. Modern Times ha venduto 4 milioni di copie
in tutto il mondo , un rispettabile numero per qualunque album , a parte le
liriche di questo nuovo album di blues di un cantante che , fin dal 1960 ,
ha scritto i suoi più grandi hits quando ancora gli altri li cantavano.
Gli obbiettivi attuali di Dylan sono modesti. Anche nel 1985 la sua linea
era che le canzoni migliori erano “solo pensiero” racchiuso in giri di
accordi e note. Parole che potebbero sembrare ingenue se dette dal creatore
di Like a rolling stone , sembra molto più facile credere al Dylan del 2009.
Il suo più grande successo in questo suo 33° album in studio , è la sua
capacità di eludere le aspettative di un mondo che, negli ultimi anni ha
mandato il suo stock di razzi nello spazio , e di riunire il suo più caldo e
meno sforzato set di canzoni di memoria recente.
Ma per sua stessa ammissione , la sorgente di Together Through Life è la
canzone “Life is hard” , che ha scritto con Robert Hunter , paroliere dei
Greatful Dead , per il film “My own love song” di prossima uscita del
regista Oliver Dahan. Con Dylan che copia lo stile crooner anteguerra di
Bing Crosby o Arthur Tracey , una song magnetica.
Altrove lo stile cerca , senza approfondirle , le basi della musica del XX°
secolo.
Si , è una fotografia composita di un artista che da tempo ha alzato il
coperchio sul pentolone formativo che ha avuto influenza su di lui. In
sintonia con quel senso di risoluzione interiore certi testi sono come bugie
, esempio Beyond here lies nothing e It’s all good.
L’album prende il via con un ritmo saltellante , citando l’amore e la
compagnia , due cose che riescono a mitigare l'idea della mortalità
dell’uomo , mentre nel pezzo di chiusura sembra semplicemente felice di
essere vivo in questo mondo di miseria e sofferenza che egli descrive
sarcasticamente.
I fans che hanno gioito per Modern Times si sarebbero aspettati una cosa
migliore di questa.
Infatti è stato detto che la canzone più superflua dell’album è il pigro e
sonnolente blues di “My wife’s home town” che suona come un pezzo che si è
rifugiato in quest’album più che farne parte integrale.
Detto tutto questo , tuttavia , potrebbe essere che l’ispirazione che ha
dato il via alla decisione di incidere Together Through Life potrebbe anche
essere strettamente personale , e non è da sottovalutare l’apporto della
fisarmonica di Hidalgo in tutto l’album.
Lui è il suono di base che permea tutta “If you ever go to Houston” , senza
di lui “This dream of you” avrebbe potuto suonare come un’impollinazione
indiretta da Save the last dance for me e Under the Boardwalk , ma questi
abbellimenti Tex-Mex la adornano in modo da farla sembrare fra le migliori
canzoni di Dylan degli ultimi anni.
Al centro di tutto questo , non si può non notare il particolare senso di
soddisfazione che emana dallla pesante impronta dell’ uomo nel cui nome
tutto questo è stato fatto.
Il fascino auomenta quando arriva lui , in più sembra gradire e gustare
questo santuario costruito intorno a lui dai musicisti. Da questo punto di
vista , come si potrebbe dargli torto ?
Dylan cattura gli ascoltatori
By Clay McCuistion Monitor staff - May 28, 2009
Le voci sull’ ultimo album di Bob Dylan sembravano uno scherzo.
Dylan ha fatto in modo di scrivere e registrare un intero nuovo album poco
tempo dopo aver pubblicato ( una interessante collezione di rarità
intitolata Tell tale Sign ). Ogni canzone vede la presenza della
fisarmonica. E , colmo dei colmi , il leggendario liricista ha voluto
l’aiuto di un co-scrittore.
Impossibile , certamente. E interamente vero.
Together Trough Life è apparso il mese scorso , e ad un ascolto veloce
conferma ognuna di queste voci strambe. Ed è , infatti , un totalmente nuovo
album di Dylan , anche se inferiore agli ultimi capolavori Love and Theft e
Modern Times. David Hidalgo , della band califirniana dei Los Lobos suona la
fisarmonica in tutto l’album. E Robert Hunter , paroliere da lungo tempo dei
Greatful Dead , aiuta Dylan nei testi di 9 canzoni su 10 del nuovo album.
Non ostante questi fattori insoliti , il disco funziona. E’ sciolto ,
divertente e senza pretese. Hidalgo aggiunge il sapore Mex-Tex. Il
chitarrista Mike Campbell , in prestito dagli Heartbreakers di Tom Petty ,
suona una chitarra stilisticamente blues. Dylan contribuisce con il suo
rudimentale organo e l’ormai consolidato marchio di fabbrica della sua voce
che sembra una raspa.
Le canzoni non raggiungono i livelli delle migliori delle ultime decadi , ma
non ci aspirano nemmeno. “My wife’s home town” e “Shake Shake Mama” sono
riprese familiari delle truppe del blues , ma Dylan si diverte un sacco , e
il suono ha questa caratteristica , una profonda analisi dei testi non
supera l’esame.
“ Life is hard” e “This dream of you” vengono dall’altra parte dello
spettro. Entrambe liriche , ballate in stile crooner , suonano come se
fossero state registrate nel 1930 e solo di recente riscoperte. Dylan non
suona come Bing Crosby o Edith Piaf , questo è vero , ma non per mancanza di
impegno.
Esercizi blues a parte , Together Through Life offre anche un’immagine
tormentata del Dylan di oggi. Lo sapete , la voce-di-una-generazione ,
letteralmente l’icona Dylan.
“Forgetful Heart” , il capolavoro dell’album , utilizza alcune frasi ad
effetto : "The door is closed forevermore / If indeed there ever was a
door," canta Dylan.
E nel pezzo di chiusura dell’album , “It’s all good” , Dylan si destreggia
per far combaciare la parte strumentale d’inizio con pochi bruschi flash
sull’imminente collasso del mondo : "Well widows cry, the orphans plea /
Everywhere you look there's more misery," canta Dylan , cose torve.
Ma la canzone ritorna di continuo sul ritornello , “ Va tutto bene / Va
tutto bene “ , e dietro le litanie del dolore , la band di Dylan suona
entusiasmanti riffs zideco.
Quindi , forse , solo forse , è solo una presa in giro per tutti , la
barzelletta della nostra vita.
Bob Dylan alias Mister Frost
Privilegiamo un aspetto inedito : ripercorriamo i produttori che hanno
accompagnato la carriera discografica di Bob Dylan prima di parlare di
questo nuovo album , Together Through Life , ovvero dieci nuovi brani molto
scuri che propongono un artista in stato di grazia.
Quando ha esordito è stato il suo pigmalione John Hammond ad occuparsi di
lui : poco tempo in studio , voce , chitarra ed armonica , talvolta
pianoforte e niente di più , frettolosamente e spendendo pochissimo , con un
errore iniziale clamoroso : registrare solo cover e brani tradizionali
ritardando il successo dell’autore di “Blowin’ in the wind”.
All’inizio il passaggio di consegne a Tom Wilson probabilmente il primo uomo
di colore incaricato di seguire un artista bianco e non jazz in un’ America
che necessita ancora di canzoni di protesta come “The Times they are
a-changin’ “ per svegliarsi , è assolutamente inaccettabile anche se sarà
proprio costui a condurre per mano Bob nella sua “svolta elettrica”. Ma ,
tradimento , visto il successo ,Wilson cerca di “folklorizzare” tutto ,
anche “The sound of silence” di Simon & Garfunkel : giusto il tempo di
lasciargli mettere mano a Like a rolling stone ed è pronto per il benservito
a favore di Bob Johnston.
Costui si è sorbito di tutto : capolavori , crisi d’identità e di stile
dimostrando che , alla fine , era Dylan che comandava , lui si limitava a
vigilare che tutto fosse in ordine.
Poi ci sono personaggi che non si sono meritati neanche una nota a piè di
pagina nelle cronache rock : Gordon Carrol e Rob Fraboni mentre il buon Phil
Ramone ( che non è uno dei Ramones anche se potrebbe sembrare ) si vede
sbattere in faccia metà del lavoro fatto su Blood on the tracks. Insomma ,
non è facile stare in una sala con Dylan , lo sa bene quel tale che fa
scrivere in calce a Desire “Questo disco avrebbe potuto essere prodotto da
Don DeVito”.
Mai soddisfatto , si racconta che negli anni 80 andò pure a bussare alla
porta di Frank Zappa ( un perfezionista che poco o nulla avrebbe avuto a che
spartire con lo stile “ buona la prima” del Bob ) chiedendo aiuto , negato ,
per Infidels.
Grazie a Daniel Lanois , per esempio , ha azzeccato due opere eccelse , “Oh
Mercy” e “Time out of mind” ma , a quanto pare , a quanto è dato ascoltare ,
i risultati più interessanti e duraturi , anche corrispondenti alla visione
dell’ormai attempato cantautore , sono arrivati da quando la produzione è
stata affidata a Jack Frost. Solo lui ha saputo capire lo spirito
dell’artista in “Love and Theft” e “Modern Times” , sempre lui ha colorato
di blues questo Together Through Life che ricorda un pò Kiko , capolavoro
dei Los Lobos ( sarà la presenza di David Hidalgo ) , un pò “Franks wild
years” di Tom Waits ( sarà che l’iniziale “Beyond here lies nothin’ “ è
uguale a “Way down in the hole” ma c’è da dire che è riconosciuto un credito
a Willie Dixon per “My Wife Home town” , un debito di riconoscimento per
mille mai pagati , un pò il sound di certi bluesman come Howlin’ Wolf e
Little Walter ( sarà per questo che li ha inclusi nella puntata di Theme
time radio hour acclusa alla versione limitata dell’album ).
Quando Dylan ha detto che voleva scrivere i testi con Robert Hunter , già
paroliere , pardòn , poeta dei Greatful Dead , Frost non ha avuto niente da
ridire , preoccupato maggiormente che una bella canzone come “Forgetful
heart” suonasse nel modo giusto , evitando di rivelare che “If you ever go
to Houston” è stata evidentemente composta pensando alla classica “Blueberry
Hill” di Fats Domino , impegnandosi perfino a far apparire dolce una voce
che è sempre più cavernosa e gracchiante in un pezzo delicato come “Life is
hard”.
Bravo Dylan , e bravo anche Jack frost che....bhè , è sempre Dylan , e chi
se no ?
By Alessio Brunialti
(fonte: laprovinciadicomo.it)
Forever Dylan
by Ernesto Assante
Si, vabbè, ci sono tanti artisti nuovi di cui parlare, che motivo c’è di
soffermarci ancora su Bob Dylan?. Beh, che il suo nuovo disco è bello ed è
tendenzialmente più bello di buona parte dei dischi nuovi che mi sono
capitati nelle mani in questi giorni. “Together through life” segue il solco
degli album precedenti, che già, per quel che mi riguarda, brillavano assai.
Cosa è che mi piace? L’equilibrio perfetto tra la voce, cavernosa e
suadente, romantica e struggente come non mai, e la musica, un meccanismo
meravigliosamente equilibrato e senza tempo, nel senso che riesce ad essere
antico e moderno al tempo stesso. Dylan è sempre stato inquieto, ha sempre
cambiato direzione e idea, non ha mai dato soddisfazione ai suoi studiosi,
sorprendendoli continuamente, in positivo quanto in negativo. Invece, da
qualche anno, dopo aver vagato senza meta tra gli anni Ottanta e Novanta,
Dylan ha trovato pace, con la sua musica e la sua età, pescando nel passato
profondo (la biografia, il film con Scorsese, il suo meraviglioso programma
radiofonico), e trovando un suono che al tempo stesso non risente delle
ingiurie degli anni. Un equilibrio al quale non è estraneo, certamente,
Robert Hunter, storico e grandissimo paroliere dei Grateful Dead dell’età
dell’oro, che ha scritto con “his bobbines” quasi tutte le canzoni del
disco. La voce è comunque quello che cattura, una voce con la quale Dylan
accarezza ruvidamente l’ascoltatore, tracciando segni forti su ogni canzone,
sia che si tratti di una ballata sentimentale che di un blues, sia che ci si
muova su territori tradizionali o che Dylan ritrovi gli amati confini
messicani che già in passato ha frequentato. Con lui, oltre alla fedele band
con la quale suona dal vivo, ci sono anche David Hidalgo dei Los Lobos e
Mike Campbell degli Heartbreakers di Tom Petty, che contribuiscono a a
rendere il suono ancor più “impulsivo, caustico, sentimentale”, come scrive
David Fricke, e secondo me con ragione. Un ottimo Dylan, da conservare
vicino al cuore. E in perfetta sintonia con i tempi, con la nuova speranza
americana, come canta in questo brano
Ne approfitto per ricordare ai corti di memoria un disco che continuo
spessissimo ad ascoltare, il bellissimo “Dylanesque” di Bryan Ferry, album
da molti sottovalutato e che invece merita molti, approfonditi ascolti.
Provate con questo, per ricominciare
Together Trough Life
by Alfredo Marziano ( rockol.it)
Tipico, e già sperimentato, paradosso dylaniano: l’artista più analogico in
circolazione, il più ostinatamente vintage e tetragono alle mode, che manda
in fibrillazione la comunità digitale. Nelle ultime settimane i forum di
Internet si sono scatenati alla ricerca di riferimenti letterari per il suo
nuovo album (Whitman, i “Canterbury tales” di Chaucer); ancora di più sui
motivi che sottendono alla scelta della copertina, una foto in bianco e nero
di Bruce Davidson datata 1959 che ritrae le effusioni amorose di due giovani
maschi sul sedile posteriore di un’auto (appartiene a una celebre serie di
scatti sulla gioventà bruciata newyorkese di quegli anni, “Brooklyn Gang”).
Poi sono arrivati i download e gli streaming in anteprima su Internet, oltre
agli immancabili leak non autorizzati in anticipo sulla data di
pubblicazione. E lui, il già mr. Zimmerman, immerso nei suoi pensieri a
distanza siderale, con le orecchie immerse nel lontano e leggendario
universo sonoro che lo affascinò da ragazzo: non più il folk archeologico di
“Good as I been to you” e “World gone wrong”, roba ormai di quindici anni
fa, ma un caldo e rustico sound anni Cinquanta con qualche propaggine
Sixties, prima che sintetizzatori e computer venissero a scompaginare per
sempre le carte e rompere quel delicato cristallo. I dischi della Sun
Records e della Chess, Elvis e Muddy Waters, Memphis e Chicago come stelle
polari: non lo diciamo noi ma l’esimio critico Bill Flanagan, e dunque
potete fidarvi. Anche dell’altro, in verità: “Life is hard”, la canzone da
cui questa raccolta di canzoni (tutt’altra cosa che un “progetto
discografico”) ha preso le mosse, gli era stata commissionata da Oliver
Dahan, il regista di “La vie en rose” su Edith Piaf, come commento sonoro
per il suo nuovo road movie e sarà per questo che il pezzo ha un aroma
intercontinentale, un po’ da taverna del Sud degli States, un po’ da Hot
Club de France.
Il blues elettrico è indubbiamente la lingua ufficiale del disco:
dall’introduzione nichilista di “Beyond here lies nothing”, umida e torrida,
all’atmosfera spettrale di “My wife’s home town” che evoca Willie Dixon e “I
just wanna make love to you”. Dallo stompin’ della scolastica “Jolene” allo
zolfo di “Shake, shake mama”. Fino ai suoni densi, saturi di “Forgetful
heart” con contorno inatteso di banjo appalachiano: perché questo è un blues
imbastardito e reinventato, in cui domina la fisarmonica di David Hidalgo
(Los Lobos) e le chitarre elettriche graffiano per poi battere subito in
ritirata (“la gente non compra i miei dischi per ascoltare assoli”: così il
Maestro a Flanagan, nella già celebre, saccheggiatissima e torrenziale
intervista pubblicata a puntate sul sito ufficiale BobDylan.com). Saranno
anche canzoni romantiche, come dice lui (più romantiche di quelle che
popolavano “Modern times”), ma pullulano lo stesso di violenza, di killer e
di pistole. Perché speranza e paura, spiega ancora il Sommo, “vanno sempre a
braccetto, come una coppia di comici”. C’è un filo comune, nel suono nel
tono e nel clima di un disco che non corre il rischio di annoiare: storie e
personaggi possono trasportare la musica in Louisiana (il cajun/boogie rock
di “It’s all good”: un altro falso allarme, dove niente va come dovrebbe
andare), o sul confine texano-messicano. Come quando Ry Cooder suona con
Flaco Jimenez (“If you ever go to Houston”, due accordi senza ritornello e
atmosfera da sagra di paese al crepuscolo) o Willy DeVille intona le sue
ballatone sentimentali e meticce (“This dream of you”). Ma questo è Dylan, e
nulla è mai esattamente quel che sembra, avvolto in un immancabile velo di
enigma e mistero. Sporcato, poi, da quella voce arrocchita da corvo nero che
non promette nulla di buono all’orizzonte e tradisce stanchezza, cinismo,
disillusione. Eppure, per quarantacinque minuti si batte il piede, si gusta
l’impatto corposo della band (c’è anche Mike Campbell degli Hearbreakers,
alla chitarra), e a volte viene persino voglia di agitarsi e ballare, non
soltanto di arrovellarsi sui geroglifici e sui codici segreti nascosti (o
solo immaginati) nei testi cui ha collaborato Robert Hunter, il paroliere
dei Grateful Dead. Finisce che ci si commuove anche: soprattutto quando
Dylan fa il Dylan, nella succitata “Forgetful heart” o in “Feel a change
coming on”, timbro caldo e pastoso da “Basement tapes”, slancio lirico come
ai tempi gloriosi della Band di Robbie Robertsons. E “Together through life”
si beve d’un fiato, filante, piacevole all’ascolto e quasi leggero, se si
sceglie di non scavare troppo in profondità. Ho detto una bestemmia, lo so,
e che i dylanologi mi perdonino.
TTL : il commento di Bruno Jackass
Caro Mr. Tambourine,
per quel che vale ti mando la mia opinione su "Together Through Life".
E' un disco che accolgo bene per alcuni versi e male per altri. Mi sembra
comunque un album interlocutorio, forse per via del fatto che a quanto pare
è stato concepito "casualmente", sul trascinamento delle musiche pensate per
un film.
Ciò che mi ha colpito positivamente è l'atmosfera tex-mex, con la
fisarmonica di Hidalgo in primo piano.
Noto un avvicinamento insperato tra Dylan e Willy DeVille, una cosa che ho
sempre sognato in forma di collaborazione (non puoi capire quanto rimpiango
Freddy Koella alla chitarra!!! ma per me il massimo sarebbe sentire un disco
di cover di Dylan cantate da DeVille... allora veramente morirei felice). In
ogni modo questa convergenza è piuttosto evidente, basta ascoltare gli
ultimi due album di Willy (Pistola e Crow Jane Alley). E se in Pistola la
mia mente malata ha letto qualche riferimento dylaniano (So real, ad
esempio) qui in TTL leggo qua e là riferimenti a versi di canzoni cantate da
Willy DeVille... ma probabilmente sono miei abbagli.
Altro aspetto positivo è la voce di Dylan, la conferma che in studio la sua
voce arrochita risulta più straordinaria che mai... non c'è limite a cosa
può fare con questa voce. Purtroppo la dimensione live com'è concepita
atttualmente non può rendere al meglio questa caratteristica. Ad esempio,
quando Willy DeVille ha cominciato a suonare in Trio acustico (voce, piano e
contrabbasso) lo ha fatto proprio per valorizzare la vena blues della sua
voce "anziana", meno penetrante di un tempo, ma straordinariamente calda.
Dylan potrebbe fare una scelta analoga: ridurre all'essenziale
l'orchestrazione, arrangiamenti minimalisti, andare nei teatri e incantarci
con questa sua nuova voce. Sarebbe un Dylan da botto!!!!
Fino a qui la parte positiva del mio commento.
La parte negativa riguarda invece la povertà creativa del disco, le melodie
semplici, ma potrei dire banali, testi stiracchiati e stereotipati,
arrangiamenti standard, ossequiosi verso la musica anni '50 che Dylan ama e
che ci fa ascoltare in abbondanza nelle sue trasmissioni radio, ma che di
Dylan non portano alcun segno. Sembra tutta una rappresentazione... una
farsa. Siamo lontani anni luce da Time Out of Mind, insomma. In tal senso, a
partire da Love & Theft, ancora passabile, passando per Modern Times
(discutibile), mi pare che su questa china siamo ora arrivati al fondo del
barile...
La consolazione è che non si potrà far altro che risalire!!! :-)
Ciao!!!
Bruno Jackass
BOB DYLAN - Together Through Life
by Tony "Face" Bacciocchi
Pare sia il suo 48° album. Cosa chiedere ancora a Bob Dylan ? Un disco come
questo. Dove Dylan suona per sè, ma soprattutto CON SE', con l'amato blues,
scarno, minimale, registrato (apparentemente) di botto, senza particolari
arrangiamenti o soluzioni per piacere, se non a sè stesso. Ritmi indolenti,
con la fisa di David Hidalgo dei Los Lobos a
colorare il tutto di tex mex e di atmosfere latine, blues a profusione (in
"My wife's home town" cita esplicitamente "I just wanna make love to you" di
Willie Dixon). Talvolta sembra di ascoltare Willie De Ville, altre volte ti
aspetti che improvvisamente si materializzi il vocione di John Lee Hooker
(vedi il boogie di "Jolene") o la chitarra di BBKing (il torrido funk
blues di "Shake shake mama"). Nulla di nuovo, nulla di sconvolgente. Dylan è
il nuovo blues, anzi il vecchio. Basterebbe solo questo per dirgli ancora
una volta: Grazie Bob !
Distintamente Bob Dylan
By Gregory Leporati, Editor-in-Chief, Emeritus
Dal 1962 ci sono tre cose certe nella vita : la morte , le tasse e un nuovo
album di Bob Dylan ogni tot anni. “Togetehr Trough Life” è il 33° in studio
ed il 46° in totale.
Con la sua distinta strumentazione ( uso massiccio della fisarmonica ) , TTL
è l’ultimo tentativo di Dylan di reinventare il suo sound , nato dalle
vecchie vibrazioni rock che aveva messo anche in Love and Theft. In
definitiva , TTL non è certamente l’album più lucido di Dylan , ma è stato
definito come uno dei migliori , riempito con alcune delle più divertenti e
commoventi canzoni di Dylan dell’ultima decade. E , se il suo suono è
diverso , l’album mantiene quelli che sono stati i tratti musicali più
caratteristici di Dylan dai tempi di Love and Theft: un aggrovigliato
ringhiare e una visione incazzata e logora sulla vita.
L’album opener e primo singolo “Beyond here lies nothin’ “ inizia con il
sapore del R&B , riminescenza di “All your love” di Otis Rush.
Strumentalmente è qualcosa che si trovava già nei suoi ultimi due albums ,
anche se mantiene la voce husky , devastata dal fumo , come i fans si
aspettavano ultimamente dalla 68enne icona.
Come il disco continua, Dylan serve una serie quasi standard di numeri
bluesy , come “My wife’s home town” e “Shake shake mama” : le canzoni hanno
il suono scarno della batteria dei primi rock , e la chitarra distorta che
si integra perfettamente con la sua voce.
E con qualcuna delle canzoni lente , Bob tenta qualcosa che ha tentato di
fare anche ultimamente : enfatizzare la melodia.
“Life is hard” e “This dream of you” mostrano un Dylan alle prese con note
alte - in tono soffice - che abbiamo sentito da lui molto tempo fa. In “life
is hard” Dylan ripete come se fosse un cronista : "My dreams are locked and
barred/ Admitting life is hard/ Without
you near me."
Dylan chiude l’album con tinte forti negli ultimi due pezzi che sono fra le
cose migliori di questi ultimi anni : il secondo “single” “I feel a change
comin’ on” e la satirica “It’s all good , che entrambe mostrano pefettamente
la natura dualista di Dylan. Da una parte , “I feel a change..” è
probabilmente la canzone più felice di Dylan degli ultimi tempi , canta così
gioiosamente che potrebbe essere considerato il suo pezzo più “pop”. Ancora
, il testo è veramente brillante : "I'm listening to Billy Joe Shaver, and
I'm reading James Joyce/ Some people they tell me, I've got the blood of the
land in my voice," – un verso che solo Dylan avrebbe potuto tirar fuori.
“It’s all good” dall’altra parte , ci mostra un Dylan più cinico , ruggente
e meno spensierato , nel modo col quale prende in giro una delle frasi più
usate e con meno senso della cultura moderna , facendo un raffronto con
ipotetiche descrizioni di tragedie.
Naturalmente ci sono pochi passi falsi in “Together Trough Life” , i più
evidenti sono “If you ever go to Houston” e “Jolene” , entrambi si
trascinano inutilmente con una melodia ripetitiva ed una scarsa
strumentazione.
“Forgetful heart” invece , suona come se fosse una delle prime versioni
della “Ain’t Talkin” di Modern Times , usando una quasi identica ed
imbarazzante melodia.
Non penso sia un capolavoro come lo erano gli ultimi due albums , “Together
Through Life” è una benvenuta sorpresa per i fans di Dylan , offre qualche
gemma e , complessivamente una solida collezione di pezzi nuovi , materiale
distinto.
E la copertina , con i due amanti che si baciano sul sedile posteriore di
un’automobile , è di gran lunga una delle sue più belle delle ultime decadi
.
Se si tratti di un album d’amore, di un album di cinismo , o di un album che
parla della sofferenza per l’amore perso , nessuno lo può sapere , quello
che è certo è che “Together Through Life” è degno di nota ed occuperà un
posto rispettabile nel catalogo dei 33 album in studio di Dylan. Inoltre è
un altro mezzo per Dylan per raggiungere il suo pubblico saggio ed
intelligente con la sua voce ringhiante.
TTL : Il nuovo album di Dylan : é una foto da
passaporto
By RJ Eskow
Bob Dylan è passato. I suoi album non sono più eventi di trasformazione
generazionale. Ai giorni d’oggi sono celebrazioni ed echi del lavoro
quotidiano dal vivo della morente generazione dei musicisti delle Roadhouse
Americane, bluesman e cantanti di ballate Tex-Mex , cantanti country ,
rockabilly pazzi e potenziali amanti dei cantanti di cronaca.
Ma se avete sentito i suoi ultimi album queste cose le saprete già.
“Together Through Life” è la conferma.
Niente di quanto contenuto in questo album riporta a Dylan il fastidioso
onere di essere un “genio”.
Ma allora , nessuno ha mai chiesto ad uno qualsiasi dei Cinque Royales se
sia un genio. O Freddy Fender. O Billy the Kid Emerson. Ma loro erano grandi
, ed è con questa gente che adesso Dylan sta in compagnia.
Infatti , sembra che Dylan sarebbe stato felice di essere parte di quella
generazione musicale venuta immediatamente prima di lui---quelli che non
avevano nessuna speranza , anche tardiva , di avere qualche fugace momento
di fama.
Non sono diventati celebrità , eccetto che nei loro ghetti , o barrios o
angoli di strada. Erano uomini comuni convinti , idealisti ed assassini ,
italiani ubriaconi , sfruttatori ebrei e bari mezzosangue. Erano sognatori
energici e tossicodipendenti che facevano delle piccole performances ,
qualcuna delle quali si è rivelata brillante.
Non erano gente che Charlie Rose avrebbe voluto intervistare , se capite
cosa voglio dire.
Come lo skyline di Nashville , questo album sembra un tentativo di evadere
dalla celebrità , al massimo si può augurargli buona fortuna..
Mi chiedo cosa c’è scritto sul passaporto di Dylan alla voce “occupazione”.
Probabilmente non “poeta” , o “leggenda” , o “voce di una generazione”. Ho
la senzazione che dica quello che LUI vuole che dica : “Musicista” , o
meglio ancora “ musicista in attività” , l’uomo è sempre in tour.
L’album è sulla strada giusta per arrivare al # 1 delle classifiche ( se
questo può avere importanza) ed è sulla copertina di Rolling Stone.
Pubblicare album è quello che fanno i musicisti per lavoro , e Dylan sembra
essere nel suo elemento su questa strada.
Gli album di Dylan non hanno cambiato niente da quando “Nashville Skyline”
ha lanciato il messaggio “ Buttatevi sul country”. Che sollievo deve essere
per un musicista.
Oggi Dylan non fa musica , lui è la musica. Prendere o lasciare. Le canzoni
non possono essere cariche di significati involontari. Non sono dipinti ,
sono fotografie ---come quelle grandi in bianco e nero di Milt Hinton o
Marty Stuart , dove un grande musicista pieno d'arte ne cattura un altro.
Infatti , “My wife’s home town” è così Willie Dixon (J just want to make
love to you) che è stato accreditato per la composizione della canzone.
Non ci sono “Ballad of a thin man” in questo disco , così , se state ancora
cercando queste cose dopo tutti questi anni rimarrete delusi.
Se siete Dylan-fans avrete già sentito che c’è la fisarmonica di David
Hidalgo nelle registrazioni. Questo porta molta gente a pensare “TexMex”.
Qualcuna delle tracce è TexMex , c’è anche un folto lotto di blues e
nient’altro ( la fisarmonica in queste canzoni è più una riminescenza di
Clinton Chenier che accompagna Lightin’ Hopkins che Flaco Jimenez).
I pezzi blues hanno il suono ed il sapore della Chess Records , eccetto che
per la fisarmonica , sempre in sottofondo in “Beyond here lies nothin’ “,
come era nello stile della Chess quando volevano avere un pezzo attraente e
ballabile. Qui , il produttore Jack Frost (Dylan stesso) ha optato per una
fonetica più chiara , luminosa e di miglior qualità rispetto alla vecchia
della Chess.
Dylan è ancora un archivista , e ancora un bandito gentiluomo anche. “If you
ever go to Houston” parte dalla rivistazione di “Midnight Special”. Questo è
OK : I lavoratori della musica sono valutati dalla qualità del materiale che
rubano.
Ma una volta ancora , si può rubare una canzone di pubblico dominio ? Dylan
continua semplicemente l’evoluzione del processo folk. Siate sicuri di
questo. Sarebbe come instituire un caso di violazione del copyright contro
la membrana limbica che regola l’emotività del cervello.
“Midnight Special ?” Cosa c’è di più americano che una canzone che parla di
un prigioniero che trova la redenzione di Dio nei fari di un treno ?
Parlando di Freddy Fender , è troppo cattivo dire che “This dream of you”
sia quasi una cover di una sua canzone. Dovrebbe essere solo una imitazione
del suo stile di Elvis-Messicano e del suo stile di ballate di confine. E le
parole “nowhere cafè” sono una eco piuttosto chiara (e bella) della
collaborazione Doc Pomus / Willy DeVille chiamata “Just to walk that little
girl home” , ( It’s closing time in this
nowhere café There’s no way in the world I’m gonna let that girl Let her
slip away - sono le parole iniziali del pezzo di DeVille ). C’è
qualcosa un pò TexMex anche in questa
canzone.
“Life is hard” è una deroga al suono generale dell’album , è una ballata
sull’infelicità causata da una persona che ti lascia che potrebbe essere
stata cantata da Mabel Mercer in qualche cabaret dei tempi andati.
Ma allora , l' infelicità per l’abbandono da parte della persona amata è un
motivo ricorrente in queste canzoni di Dylan. Lui è così permanentemente
senza amore in questo disco che sembra essere in purgatorio. Sogna una
storia d’amore mentre guarda dalla finestra , come un bambino che guarda dei
musicisti che fanno le prove nel bar dove non può entrare. Lui ha in mano
una donna ora , ma nel modo in cui un cattolico terrebbe in mano la corona
del rosario.
Il pezzo che cattura , “I feel a change comin’ on “ , parte con le svisate
di basso di stile Rick Danko , uno delle poche eco di The Band in questo
disco.
Questo dovrebbe essere il “singolo” , se il singolo ha ancora importanza. E’
così vicino ad una canzone da autoradio , la canzone tanto aspettata. Ma
qualcuno dice che Dylan dovrebbe tenere la bocca chiusa e prendere questo
tipo di testo più letteralmente : “ Sto ascoltando Billy Joe Shaver e
leggendo James Joyce”. La mia opionione è che è esattamente ciò che sta
facendo , dice e non dice , o non dice tutto quello che pensa o che sa.(
Spero che spinga molta gente ad ascoltare Billy Joe ; ho avuto una grande
conversazione con lui un paio d’anni fa).
Ma cosa significa dire che questa musica “è” ? Questo è proprio quello che
da sempre fa la roadhouse music : semplicemente esiste---almeno fino a
quando tutti quegli studenti universitari cominciano ad ascoltarla e
scrivere tesi di laurea , sono lì anche per ballare , ubriacarsi e
piangere....o solo ad ascoltarla se più vi piace. E’ il tipo di musica che
una volta era onnipresente—nei piccoli negozi che la suonavano con i loro
HiFi nelle strade del borgo, o nelle radio a transistor sui sedili
posteriori , nei manifesti strappati via all’entrata di quei vicoli dove non
si osava avventurarsi , alla fine in quelle sale puzzolenti di sudore sotto
il caldo delle poche luci.
Ok , ma “é” è sempre valido ? Bene , che tutto dipenda dalla vostra
definizione di cosa signidica “è”. Le liriche sono brillanti , ma in modo
subdolo. E nessuno compra un album per i testi.
Non ci sono melodie che colpiscono , anche se Dylan ne ha scritte molte di
più di quelle che un sacco di gente riconosce. Non è quel tipo di canzone.
E’ musica di tutti i giorni , la poesia del prosaico. Se volete altri tipi
di Dylan avete bisogno di una macchina del tempo.
Ma è un gran album se vi piace il Dylan degli ultimi anni o se amate la
musica da musicista in attività che suona , e il resto è cominciare a
cantare "the door has closed forevermore/if indeed there ever was a door"?
Lui è sempre stato un sottovalutato genio vocale , e adesso sta seguendo
questa strada.
L’album non vi cambierà la vita. Personalmente , la mia vita non ha bisogno
di molti cambiamenti.
Non sono corso a casa ad ascoltarlo per imparare tutte le canzoni , ma so
già un sacco di brani. E come dire : Queste canzoni sono più fotografie
istantanee che composizioni, ma potrebbe anche essere che alla fine , tutte
assieme , facciano un’ unica grande fotografia. E potrebbe anche non essere
un lavoro artistico , ma qualcosa più funzionale , come la foto del
passaporto di qualcuno che è sempre in viaggio per il prossimo concerto.
Qualcuno come Willie Dixon , o Mabel Mercer , o Bob Dylan.
Un musicista in attività.
Il nuovo album di Bob Dylan , una delusione
By David Bauder, THE ASSOCIATED PRESS
“La maledizione delle Bootleg Series colpisce ancora” è quello che potreste
cominciare a pensare sentendo “Together Through Life” , come se fossero
delle outtakes , le prime prove.
Dylan è stato sui rulli in questa ultima decade , a partire dalla mortalità
sul volto e strizzando musica memorabile da essa. “Tell Tale signs” , disco
di outtakes e prove rimaneggiate dimostra il duro lavoro che ha fatto , e
inoltre contribuisce a fare di questo “Together Through Life” una delusione.
Si tratta di una partita di pedestri composizione in stile bluesy , con la
fisarmonica di David Hidalgo che in molti pezzi aggiunge il sapore Mex-Tex.
“My wife’s home town” (che dovrebbe essere l’inferno) scritta , o meglio
ripresa dal maestro del blues Willie Dixon che per questo è citato come
co-autore , e “It’s all good” , flash migliore di spirito agile.
Robert Hunter , conosciuto per aver scritto i testi dei Greatful Dead , ha
scritto con Dylan 8 delle dieci canzoni , e mentre Dylan canta dell’amore
andato e venuto con la sua sparuta voce , offre una scrittura poco emotiva
che non è capace di agganciare l’ascoltatore.
Lo stile di “Shake Shake Mama” , ripetendo la frase d’apertura del pezzo ,
suona stantio.
Una frase come “ Cammino per i boulevards , ammettendo che la vita dura
senza te vicina a me “ potrebbe arrivare da chiunque. Dylan non è un
“chiunque”.
Forse il produttore Jack Frost avrebbe potuto pretendere di più ( si , è
chiaro che Frost è uno pseudonimo di Dylan , ma il produttore non serve
l’artista in questo disco).
“If you ever go to Houston” e “Forgetful Heart” semplicemente arrancano a
fatica.
Momenti divertenti , come il ripetuto riff di chitarra di Jolene , sono
presenti nella seconda metà del disco. Infatti , i due ultimi pezzi
dell’album , particolarmente la divertente-oscura “It’s all good” sono i
migliori.
E’ difficile non chiedersi che tipo di vita si può strizzare da queste
canzoni , forse con un pò più di tempo “on the road” , con una o due
riscritture , le farebbero sentire non come se fossero degli abbozzi .
Potrebbero esserci delle outtakes di queste canzoni , versioni migliori o
canzoni migliori che qualche volta vengono lasciate fuori da un disco , è
già successo altre volte.
Together Through Life (Columbia)
by Danny Eccleston
Come la vita , l’altro grande imponderabile , Bob Dylan è pieno di sorprese.
Ci ha sorpreso a metà degli anni 60 quando si pose come il profeta della
nascente controcultura , ci ha sorpresi di nuovo con la sua conversione alla
Chiesa dei Cristiani Rinati a metà anni 70’ed i relativi albums. Ci ha
sorpreso adesso , con questa botta di rinnovato vigore consistente in questo
nuovo disco apparentemente senza tristezza.
Più di Modern Times , un buon disco , ma ( chi può dirlo ora ? ) , quello
che mancava era qualcosa di straordinario , a 24 carati , una Mississippi o
una Love Sick , “Together Through Life è un album che ti aggancia e si
rifiuta di lasciarti andare. E’ il conforto serale , con un grande suono
duro , che esplode come nel soundcheck di una band col teatro vuoto. E c’è
di fondo un inquietante richiamo , perchè sopratutto questo è un disco che
parla dell’amore , della sua assenza e dei ricordi.
E’ li , in mezzo al pesante rombo di “Beyond here lies nothing” , come il
basso impastato di Tony Garnier e la chitarra bruciante dell’Heartbreaker
Mike Campbell , uno stimolo per Dylan a navigare i “boulevards of broken
cars”, ossessionato dalla sempre presente fisarmonica di David Hidalgo , una
strana eco dell’organo di Al Kooper dei tempi passati.
Dylan insegue il suo antico amore attraverso questo passaggio , pieno di
apocalittici punti di riferimento appena accennati , fino a che si butta
dritto in “Life is hard” , una lacrimosa ballata dal sapore country-jazz ,
commissionata prima del disco da Oliver Dahan per il suo film in uscita “My
own love song”. “Dato che siamo stati lontani , non ho provato molto –
ruggisce Dylan come una rana toro che ha un enfisema – da un giorno sterile
all’altro , il mio cuore è sempre bloccato".
“Life is hard” è il paradigma di tutto ciò che è grande in “Together Through
Life”. Il disco ha il suo meglio nell’elevato tasso melodico , che richiede
un salto di registro nel coro nel quale Dylan stesso deve buttarsi. Più
ancora tipico , è il triste sapore crepuscolare , non è solo l’onda d’addio
di una registrazione piena di narratori che danno il meglio che possono , la
mancanza dell’amore pesa di giorno in giorno "The sun is sinking low/I guess
it's time to go/I feel a chilly breeze/In place of memories."
La memoria era la più grande preoccupazione di Modern Times , ma c’e
qualcosa di più crudele in “Together Through Life”. In “Forgetful heart” il
passato nutrito dall’amore ; ora il nostro narratore sta sveglio tutta la
notte ed ascolta “il suono del dolore”. Ma non è chiaro se è la di lei
slealtà ad essere castigata o quella di lui. La vita è senza significato ,
sembra dire Dylan , solo l’amore la rende accettabile , anche se siamo alla
fine , è quasi Beckettiano.
E’ questo Dylan ? E’ questo quello che prova ? Difficile dirlo . Queste
canzoni hanno diverse prospettive , tragiche , comiche e satiriche. Alcune
sembrano un mazzo di viole del pensiero , raggruppate per tematica , non
storie così tanto per raccontrare qualcosa. Sicuramente questo è Dylan , che
ascolta Billy Joe Shaver e legge James Joyce in “I fell a change comin’ on”
, come potrebbe essere qualcun altro ? Potrebbe essere qualche altro collega
, perso in un bar di Austin , Forg Worth e San Anton con una pistola nella
cintura nella durissima – swinging , “ If you ever go to Houston” ? anche se
Dylan ha trascorso così tanto tempo immaginando se stesso nel sudovest del
nordamerica, come se avesse perso una scheggia di se stesso da quelle parti.
“This dream of you” è il pezzo più tex-mex , guidato da una lirica melodia
di violino e fisarmonica , mentre il Dylan-narratore è tormentato dal
pensiero di una senorita che se n’è andata da tempo e che lo ossessiona la
notte ed il giorno. “C’è un momento in cui tutte le cose ricominciano
nuovamente , - mormora - ma quel momento potrebbe essere arrivato ed andato.
L’occasione perduta lo blocca , eppure è questo che lo spinge a continuare a
vivere.
Questa è roba scontata , ma non è ancora il pezzo migliore dell’album ,
questo è il già recensito “ I feel a change comin’ on “ , che gira su
un’altro piano di questo crepuscolo di riflessioni - “L’ultima parte del
giorno se n’è già andata “ , ma è uno splendido piccolo pungiglione in un
brano pieno di calore “ La vita è per l’amore / e dicono che l’amore sia
cieco “ canta Dylan allegramente. “ Se vuoi vivere facilmente / piccola /
metti i tuoi vestiti accanto ai miei “. Una delle sue romanze a lieto fine ,
che fa lega con If not for you e I’ll be your baby tonight.
Quindi , “Together Through Life” non è privo di leggerezza , e c’è lo
scintillio della mano di Dylan.
“Shake Shake Mama” è un rock picaresco , nel classico stile dylaniano ,
pieno di donne dalla lingua tagliente e ridicoli pregiudizi , supportato dal
suono distorto di un amplificatore valvolare per la chitarra.
E nel triste cerchio del suono della Chess in “My wife’s home town” c’è
anche una variante dello scherzo sulla mother-in-law. Dylan gode così tanto
che inserisce due risate , maliziosa nel finale , come se non volesse
prendere la cosa sul serio.
“ Ci sono ragioni per questo e per quello . dice il narratore – non posso
pensare a quelle giuste adesso , ma so che esistono”.
Risatine a parte , “Together Through Life” finisce come comincia , con
un’occhiata alla conclusione dei giorni. Il ricco sarcasmo di “It’s all
good” è pieno di gioia implacabile. Immaginate Subterranean Homesick Blues
riempita dall’incensato moralismo di Gotta Serve somabody di Slow Train
Coming, politici mentitori , coltivatori , vedove ed orfani affamati che
turbinano nel febbricitante sogno della crisi finanziaria , anche se
concigliandosi con le mogli vagabonde , il tutto paragonato ai mali di
Gomorra assume un pò l’aspetto di una farsa. Cosa sta dicendo esattamente
Dylan , sul tema del giorno ? Se lo sa non lo dice , almeno non abbastanza.
Se siamo abituati al nulla , siamo abituati a questo Dylan-quasi-misterioso
, ma nel 67enne vecchio appare più che mai evidente la piacevole impressione
di sapere molto più di quello che dice , forse è una prerogativa degli
anziani. Non è che a loro piace vedere che i giovani mettono in rilievo i
loro errori , ma da quello che dicono fan capire di sapere gli errori che
stiamo facendo noi. In verità , la saggezza viene sprecata dai giovani.
Dylan suona come un uomo che ha già espresso le sue opinioni , anche se
molto tempo è passato da quando ha avuto piena conoscenza di tutte le cose.
Non vi è alcun messaggio nel disco , solo scrivere canzoni e vivere la vita
che rimane.
Ed ogni nuovo disco lo trova un pò stupito , un pò divertito dal fatto che è
ancora qui , che ha aperto il sipario un’altra volta.
In questi giorni , il sorprendente vecchio sta sorprendendo anche se stesso.
Attraverso la vita, attraverso il tempo
by Daniele Cagnotto
Che dire del signor Robert Allen Zimmerman che ancora non sia stato detto?
Quasi cinquant'anni di carriera e praticamente altrettanti album pubblicati,
inclusi live e quant'altro. Una vera e propria icona imperitura del rock,
simbolo del suo tempo, della controcultura giovanile degli anni '60 ed in
seguito testimone della caduta di quegli stessi ideali di protesta da lui
per primo esternati. Dritto per la sua strada, attraverso mode e revival,
con la sua chitarra, la sua voce roca e quell'espressione dura sul volto,
propria di chi la sa lunga.
A tre anni di distanza da "Modern Times" (2006), Dylan riconferma con questo
nuovo album un rinnovato e viscerale amore per il country, tornato ad essere
ingrediente primario della sua proposta fin dal bellissimo "Time Out Of
Mind" del 1997. Bob affronta il tema dell'amore e la tradizione musicale
americana nel modo che lo ha reso una leggenda, con un pizzico di arroganza
ma con sincerità e con un suono che se ne frega altamente di essere fuori
moda e fuori dal tempo. Un sound perfetto nel sottolineare la solita
ruvidità rantolante della sua voce, peraltro l'unica del rock entrata a fare
parte della letteratura ufficiale americana e conseguentemente studiata a
scuola.
Profondo, maturo e subdolamente seducente come sempre, l'ex menestrello del
folk racconta le cose semplici della vita facendoci sentire il profumo di
tempi e luoghi lontani. Dieci i solch…oops, le tracce contenute nella
release, tra cui "Shake Shake Mama", "Jolene" e quella "This Dream Of You"
guidata da una suggestiva linea di fisarmonica. Un album "a presa lenta",
che ha bisogno di essere ascoltato e capito. Solo allora potrà portarvi
indietro nei 60's, o meglio ancora in un posto dove il tempo in realtà non
ha nessuna importanza, tutti insieme attraverso la vita e il passare degli
anni.
Che sia questa la ricetta per l'immortalità?
Il messaggio in bottiglia di Together Through Life -
"Felicemente prigioniero del blues"
Qualche settimana fa ho ricevuto tramite “maggiesfarm”, un
sito italiano che si occupa di Bob Dylan, il messaggio di un appassionato in
crisi. Stefano C. scrive che non ce la fa più ad andare a sentire Dylan dal
vivo e che da quando ha saputo che il nuovo disco di Dylan, quel Together
Through Life uscito in questi giorni, è un ritorno alle sonorità anni ’50,
ha deciso che di questa “noia impressionante” non ne vuole più sapere, anche
se sono venticinque anni che segue Dylan e gli ha dedicato un bel po’ di
tempo e di soldi. E a questo punto vuole sapere che cosa ne penso io, come
traduttore, studioso e appassionato. Non so, ormai Dylan si è guadagnato il
diritto di fare quello che gli pare, ma anche chi l’ha seguito si è
guadagnato lo stesso diritto. La richiesta di Stefano C. mi ha fatto sentire
come un bizzarro padre spirituale che riceve la visita di un parrocchiano
tormentato: “Padre, mi aiuti, ho perso la fede”. Posso solo dire che se
Stefano C. si sente abbastanza sicuro di sé da abbandonare il Maestro,
benedico la sua decisione e gli auguro un felice cammino. Liberarsi di
un’ossessione è sempre un segno di maturità. Molto meglio dire “Bob Dylan mi
ha rotto” e sbattere la porta (“se mai c’è stata una porta”, come canta
Dylan in Forgetful Heart) piuttosto che accodarsi a coloro ai quali Dylan
non piace più, che non lo capiscono più, o che non si sentono capiti da lui,
ma che continuano a scrivere articoli e blog e interventi nei quali
inveiscono contro il loro perduto amore come mariti che dopo il divorzio
tornano a urlare insulti davanti alla casa della loro ex.
Dylan è esasperante perché non se ne va, perché può essere grandissimo e
orribile, e perché non è mai entrato in quella zona di rassicurante
irrilevanza alla quale sono approdati molti suoi colleghi (Rolling Stones,
Van Morrison, Paul McCartney, David Bowie, U2 e R.E.M. – Bruce Springsteen e
Neil Young fanno ancora in tempo a uscirne). Ti tiene sulle spine perché
anche quando ti delude non ti fa sentire superiore a lui, anzi il suo modo
di deluderti sembra un insulto rivolto a te che sei stato così sciocco da
farti menare per il naso un’altra volta. Te l’avevo detto di non prendermi
troppo sul serio, ti sta ripetendo il vecchiaccio. Te l’avevo detto che io
non sono un Musicista, non sono un Poeta, sono solo un ragazzo dalla pelle
bianca che una volta è entrato nel labirinto del blues e ha trovato il
minotauro nero ad aspettarlo. Ma tu non mi hai ascoltato e mi sei venuto
dietro credendo che io avessi in mano il filo d’Arianna che avrebbe salvato
tutti e due. Ebbene, non ce l’ho, e sai che cosa ti dico? Preferisco la
compagnia del minotauro alla tua. Io mi sistemo qua. Tu trovati l’uscita da
solo.
Se Together Through Life ha una storia da raccontare, è proprio quella di
chi ha deciso di non uscire più dal dedalo della musica americana.
Prigioniero del blues di Muddy Waters, Howlin’ Wolf e Otis Rush, del suono
scabro e minimalistico dei vecchi dischi Chess e Cobra, del country-rock
texano di Doug Sahm, del conjunto tex-mex impreziosito di fisarmoniche e
trombe, e addirittura della parlour ballad degli anni ‘10 e ’20 (la “romanza
da salotto” che venne poi spazzata via da Broadway e dallo swing), il
vecchio folksinger (68 anni a maggio) ci ha inviato Together Through Life
come un messaggio in bottiglia lanciato da un luogo del quale solo lui
conosce la strada. Non c’è vero e proprio rock and roll in Together Through
Life, ma non c’è nemmeno una ballata folk. Ci sono invece canzoni, care
vecchie canzoni, offerte con finissima furbizia ma anche con una sorta di
incantata, sublime stupidità. Sono canzoni come Life Is Hard o Forgetful
Heart, che anche la signora Beatty Zimmerman avrebbe potuto cantare mentre
stendeva il bucato, a patto che non badasse ai tranelli nascosti in certi
versi un po’ troppo innocenti. Ci sono blues comicamente “diabolici” come My
Wife’s Home Town e Shake Shake Mama, residuati bellici di una misoginia
arcaica ma anche carichi di una sessualità esplicita e adulta (espressa,
ancora più che dalle parole, dalla musica e da una voce splendidamente
rasposa e grufolante) impossibile da trovare altrove nella pop music. Ci
sono tre pezzi abbastanza seri, This Dream of You, I Feel A Change Comin’ On
e It’s All Good, ma suonati e cantati come se non lo fossero, corollari a
discorsi già fatti tanto tempo fa, passioni consumate e che bisogna stare
attenti a non rinfocolare. E ci sono anche momenti di stanchezza,
attribuibili tanto alla musica di Dylan come a Robert Hunter (già
responsabile dei testi dei Grateful Dead e qui co-autore dei versi di nove
canzoni su dieci), come If You Ever Go to Houston (glossa della tradizionale
Midnight Special) che non riesce a decollare, appesantita da un
arrangiamento ossessivo, e una Jolene che tenta, senza riuscirci, di
recuperare la purezza mozartiana (quella sì davvero perduta) del Chuck Berry
di After School Sessions.
Può darsi che tutto questo risulti una “noia impressionante” per chi non
vede che cosa ci sia di rilevante nel riproporre, all’alba del 2009, il
carezzevole melodizzare di Irving Berlin o la nuda austerità delle incisioni
Chess. È legittimo. Ma è come lamentarsi che Paolo Conte faccia canzoni a
tempo di rumba e di tango invece di passare all’hip-hop. Quanto agli altri,
e sono la maggioranza, apriranno l’ultimo messaggio in bottiglia del vecchio
maestro e, diligenti e felici, si metteranno a decifrarlo, come in fondo è
sempre successo, da cinquant’anni in qua.
Alessandro Carrera
Together Through Life : Finalmente ho capito
Sembra che il nostro Bob non abbia più niente da
dimostrare , sembra che il nostro Bob non voglia dimostrare più niente ,
sembra che il nostro Bob sia entrato in un mondo tutto suo , solo suo ,
chiudendo fuori i fans e tutto il resto del mondo. Stanco di una vita che
ogni volta lo obbligava , pretendeva da lui la sublime perfezione del suo
pensiero , della sua poesia , della sua musica , il vecchio Bob ha detto
basta , ha aperto una porta , è entrato e se l’è chiusa alle spalle.
Finalmente nel luogo dove è ora può fare quello che vuole , quello che gli
piace , quello che non lo impegna , quello che non lo consuma. Fa
esattamente quello che gli va di fare , la musica che ha sempre amato , le
canzoni che sentiva alla radio nella sua infanzia , il semplice blues , la
musica del diavolo , incarnazione della voce delle masse , dei delusi , dei
disperati , di quelli che pensano di essere dei veggenti , quelli che hanno
un rimedio per tutto ed alla fine perdono sempre. Così è il blues , monotono
, ripetitivo , ingabbiato in un semplice schema musicale , dotato di una
carica comunicativa potentissima. Quel blues che si ruba le melodie di
canzone in canzone , che fa in modo che della stessa song ci siano quattro ,
cinque o sei o chissà quante versioni con il testo diverso , e piace sempre
, affascina sempre , entra nei cuori e nei cervelli delle gente , anche
quando a suonarlo non sono i grossi calibri ma uno come Bob Dylan che la
voce se l’è consumata “on the road” , "on the wine" ed "on the cigarettes".
Potenza del blues o potenza di Dylan ? Di tutti e due credo , l’accoppiata
Dylan-Blues è sempre stata vincente nel tempo , e Together Through Life lo
sta dimostrando. Adesso ho capito il significato del titolo dopo tutte le
polemiche che ho suscitato su Maggie’s Farm con il mio precedente scritto
sull’argomento. Allora mi chiedevo che senso aveva sentir dire da Dylan
“Assieme attraverso la vita” , da uno che il pubblico l’ha sempre misurato
con il suo metro , importante ma non determinante , se consenziente meglio ,
ma mai influente sulle sue scelte , uno che il pubblico l’ha assillato e
torturato per tutta la vita in tutte le maniere. Ma il titolo non era
rivolto al suo pubblico , era così facile , ma ho dovuto ascoltare il disco
per capirlo , “Together Through Life “ significa insieme attraverso la vita
per Robert Zimmerman , Bob Dylan e il Blues. Noi non c’entravamo in tutto
questo , era una specie di auotocertificazione Dylaniana , il mettere molto
misteriosamente il puntino sulla famosa - i -. Questo è il senso di
“Togethrt Through Life” , non era un messaggio al dylanpeople , era una
semplice riflessione personale , il punto di una vita che ormai si avvia
tranquillamente verso l’ ultima parte del giorno. E' il riassunto di buona
parte della sua musica , delle sue parole , della sue vicende personali ,
delle sue impressioni , degli avvenimenti che l’hanno visto partecipe dei
fatti di questo mondo come tutti noi. Lui li vede a suo modo e li giudica a
suo modo , li desrive a suo modo , li canta a suo modo , ed alla fine ,
valutati a suo modo , sputa la sentenza definitiva. A volte questo Dylan è
sembrato arrogante , i genii hanno sempre dovuto subire questo genere di
attacchi da parte delle comunità , in ogni parte del mondo , in ogni tempo ,
ed hanno sempre risposto chiudendosi la porta dietro alle spalle , lasciando
che il mondo fuori continuasse a girare come meglio gli pareva. Questo ha
fatto Dylan , ha fatto quello che si sente di fare , esattamente come ognuno
di noi , magari in modo diverso , con forme di espressione differenti , a
volte scontate come il blues , ma non scordiamo che il blues potrà essere
anche banale ma mai superficiale , il blues scava in profondità , per questo
dura da anni. A Dylan piace il blues , Dylan canta il blues , l'ha sempre
cantato , gli piace il Mex-Tex , e allora ? Ha tutto il diritto e la gioia
di farlo , mica deve chiedere la nostra opinione prima di fare qualcosa ,
lui fa , se poi quello che lui fa piace anche a noi meglio ancora ,
altrimenti in mondo continua a girare nello stesso modo . Forse qualcuno dei
suoi old-times fans si aspettava un nuovo capolavore al posto di un disco
semplice , spontaneo e pure divertente come Together Through Life , ma
attenti , il solito buon vecchio Dylan il capolavoro l’ha infilato anche in
questo disco , si intitola “ I fell a change comin’ on”.
Alessandro Carrera con le sue parole mi ha aperto gli occhi , grazie
Alessandro , ora c’è un cieco in meno sulla terra !
Mr.Tambourine
Corriere della Sera - Spettacoli - Il vecchio Bob Dylan
scala la hit ed è record Spettacoli
Con il suo disco ha battuto la stellina Lady Gaga
Il vecchio Bob Dylan scala la hit ed è record
Inghilterra, è il più anziano mai giunto in vetta
MILANO — Bob Dylan da record. Chissà quanti ne ha
inanellati nella sua lunga e gloriosa carriera, ma eccone uno fresco. Dylan,
68 anni il prossimo 24 maggio, è l'artista più anziano ad essere arrivato al
numero uno delle classifiche britanniche.
Bob Dylan che compirà 68 anni il prossimo 24 maggio.
Il suo «Together Through Life» è stato l'album più venduto la scorsa
settimana. E si tratta di un ritorno in cima alle chart inglesi dopo quasi
quattro decenni: l'ultima volta che si era trovato nella stessa posizione,
gli album erano «Self Portrait» e «New Morning», entrambi pubblicati nel
1970. Dylan, nato il 24 maggio 1941, ha quindi battuto di qualche mese il
record di Neil Diamond, che lo scorso anno con «Home After Dark» aveva
raggiunto il posto più alto in classifica a 67 anni e 4 mesi. L'ottimo
risultato di «Together Through Life» ha messo in fila il trio rock The Enemy
e la stellina della dancepop Lady Gaga che era al numero uno la scorsa
settimana, tutti nati negli anni Ottanta. Un ricambio generazionale al
contrario.
Il poeta della canzone non è nuovo a questi risultati a sorpresa.
Nell'estate 2006 con «Modern Times» era tornato ad essere il più venduto
negli Stati Uniti, una posizione che non frequentava da trent'anni, dai
tempi di «Desire». Che, come «Love and Theft» del 2001, ricordano gli
appassionati di statistiche di vendita, in Gran Bretagna si era fermato al
numero tre. Si prospetta lo stesso risultato anche negli Stati Uniti, mentre
in Italia la pubblicazione delle classifiche è stata posticipata, causa
ponte festivo, a oggi. Dalla casa discografica, la Sony Music, sperano in un
risultato fra i primi dieci, ma fanno anche notare che da qualche mese c'è
stato uno spostamento sensibile delle preferenze dei consumatori verso la
musica e gli artisti italiani. Difficile, quindi, che il 33° album della
carriera dell'artista, una serie di canzoni fra blues atmosfere tex-mex e
anche qualche passaggio alla Tom Waits, possa ripetere l'esordio al numero 2
di «Modern Times». O addirittura il numero 1, l'unico di mr. Dylan nel
nostro Paese, raggiunto con «Desire».
Andrea Laffranchi
ILSOLE24ORE.COM - Cultura e Tempo libero
Bob Dylan: Together Through Life
di Marco Barbonaglia
Together Through Life, ovvero l’amore secondo Dylan. Certo nessuno si
aspettava un nuovo album a meno di 3 anni dall’ultimo. Tra un disco e
l’altro, ormai, il menestrello ci aveva abituati a ben altre pause. Basta
scorrere le date di uscita dei quattro lavori precedenti. Under the Red Sky
1990, Time Out of Mind 1997, “Love & Theft” 2001, Modern Times 2006.
L’ultimo, in particolare, gli aveva restituito un successo degno dei tempi
migliori, riportandolo per la prima volta dal ‘76 in vetta alle classifiche
di tutto il mondo. Ma Dylan, a 68 anni suonati, impegnato in una turnèe
infinita ( il Never Ending Tour) che, dall’88 a oggi lo vede mantenere una
media difficilmente sotto i 100/120 concerti l’anno, non ne vuole sapere di
riposare sugli allori.
E allora rieccolo con 10 canzoni inedite, il suo 46esimo disco, il 33esimo
realizzato in studio. Questa volta Jokerman canta l’amore. Un amore alla
Dylan naturalmente, disperato e struggente o, al limite, giocoso e lascivo,
come vuole la tradizione blues.
Di Together Through Life si sta dicendo e si dirà di tutto, come sempre di
ogni nuovo lavoro di Zimmerman. Che è un capolavoro, che il menestrello ha
perso il tocco, che si ripete, che riesce ancora ad innovare, che non ha più
voce …
Niente di nuovo. In realtà, Bob segue ormai una strada che ha incominciato a
percorrere almeno 20 anni fa. Il suo cammino è tutto nel solco della
tradizione americana, della musica che ascoltava quando era ragazzino (non
di quella che faceva lui da giovane). Appena ventenne, si sforzava di
sembrare vecchio nel timbro e nell’intonazione vocale. E oggi è arrivato nel
punto dal quale, forse, voleva partire. Ritornato, dopo le sbandate degli
anni ’80, come reincarnazione di un bluesman girovago, non ha più cambiato
rotta.
Quello che è stato uno dei più grandi innovatori della musica, l’eroe per
antonomasia della controcultura, ci offre, oggi, un sound che sembra
arrivare da una macchina del tempo sintonizzata sugli anni ‘40/50. Ma, a
pensarci bene, non è questa la vera trasgressione, il vero strappo con la
musica sintetica e prefabbricata che domina,i giorni nostri, le classifiche?
Non è questa la colonna sonora dei veri “Modern Times”?
E se il penultimo album era un capolavoro, una sorta di manifesto di questo
Dylan fuori dal tempo, Together Through Life è un gioiellino, una perla che
va ascoltata e riascoltata.
La fisarmonica di David Hidalgo dei Los Lobos da un tocco di tex-mex al
tutto, mentre Bob si muove dalle parti del delta del Mississipi. Luciferino
in My Wife’s Home Town, con tanto di ghigno che si perde tra le ultime note
e ammiccante nella canzone d’apertura, Beyond Here Lies Nothin’, si
trasforma in crooner nella dolente Life is Hard. Il meglio lo lascia, però,
alle splendide Forgetful Heart e It’s all Good. Ma anche i blues più ruvidi
come Jolene o Shake Shake Mama risultano godibili, mentre I Feel A Change
Comin’ On e If You Ever Go To Huston si collocano ad un livello decisamente
superiore.
Questa volta il menestrello non canta l’apocalisse e la fine dei tempi. Con
la collaborazione di Robert Hunter, paroliere dei Greateful Dead, scrive
invece delle canzoni d’amore. Ma il tocco del vecchio Bob riaffiora qua e là
come un fiume neanche troppo sotterraneo. “ Oltre qui non c’è niente- dice
lapidario alla sua bella, alla fine di Beyond Here There Is Nothin’.- niente
che non sia già stato fatto e niente che non sia già stato detto.”
Review of the new Bob Dylan album 'Together Through Life',
April 2009
By ken (http://samsonsdiner.blogspot.com)
Questa è una veloce recensione do “Together Through Life”. Bruciati I
giornali , solo un ascolto , ed eventualmente qualche pezzo ascoltato alla
radio in macchina ! Ma , suona grande in macchina: é un album divertente.
Suono saggio , non distante dagli ultimi tre album , ma dolce con la
fisarmonica di Hidalgo. Come altre recensioni hanno detto , è un album col
suono Mex-Tex delle città di confine. La voce di Bob è buona. Da cane che
mugula ma buona. Non sembra esserci armonica. Liricamente non sono ancora
sicuro.
La mia prima impressione generale su queste songs è che non sono molto
distanti dal suono di Time out of mind e di Modern times. Mi piacciono quei
due album. Together Through life per me è più vicino a Love and Theft , del
quale penso sia stato un interessante esercizio di generi diversi , con una
superlativa canzone , Mississippi. E anche quest’album ha una grande canzone
, “I fell a change comin’ on”.
Così comincierò con questa - che canzone ! C’è qualche piccola sfumatura che
non mi piace di questa canzone. E’ ottimista , liricamente un possibile
riflesso di quanto buoni possano essere l’amore e la vita , a dispetto
dell’invecchiamento. E’ la miglior preformance della band in questo album ,
e probabilmente quella cantata meglio. Inoltre è un album senza tanti assoli
di chitarra , questa canzone ne ha uno bello , presumibilmente suonato da
Mike Campbell.
Se tutto l’album fosse stato solo questa canzone , in definitiva varrebbe il
prezzo dei vostri 20 euro. Una canzone , che io penso , sia fra le migliori
dei suoi ultimi tempi , a partire da Workingman’s blues , Nettie Moore ,
Mississippi , Not dark Yet , Trying to get to heaven e Standing in the
doorway.
Beyond here lies nothin’ è un eccellente album opener. Una specie di rockin’
& swinging che rende il tutto con suono paludoso in ogni senso – è l’unica
canzone dell’album che mi ricorda “Oh Mercy”.
La troppo elaborata Life is hard non è all’altezza delle aspettative. E’ un
tranquillo suono europeo , ma lui ha scitto molte canzoni lente , ma questa
torna indietro , nessun voto per questa canzone.
Do il mio voto per la canzone più difettosa dell’album a “My wif’s home
town”. Una mediocre riscrittura di una canzone di Willie Dixon ( accreditata
per fairplay) , presumibilmente I just want to make love to you ? Perdita di
tempo. Probabilmente la suonerà in concerto fino alla morte.
If you ever go to Houston – bella canzone . Il modo di usare la fisarmonica
in questa canzone mi ricorda un pò il modo di Bruce Spingsteen , John Prine
, anche The Band degli ultimi tempi ha usato questo strumento. Avrei
preferito che avesse fatto a meno di questo strumento ambivalente , ma devo
dire che funziona sempre.
Ci sono due canzoni che mi piacciono particolarmente ( per altri non sarà
così ) , sono Shake shake Mama e Jolene. Sono nel filone delle recenti
canzoni dylaniane che sono molto rockabilly con un salto nel blues ( blues
non lineare ) , che mi piace , e sono grandi grandi pezzi per ballare. I
suoi attuali musicisti sembrano essere fusi bene con gli altri nel
realizzare queste canzoni swingate.
Così , in altre parole , queste due canzoni sono le Summer days/Thunder on
the mountain/Samoday baby”Leeve’s gonna break di quest’album.
Ci sono poche canzoni tenebrose in quest’album che mi piacciono , cose come
Forgetful heart. Non ho molto da dire su questo pezzo al momento.
E , infine , odio finire con una nota negativa , ma un’altro dei pezzi meno
favoriti è il pezzo di chiusura “It’s all good”. Tristemente , il titolo è
in qualche modo poco attinente . Questa suona come una outtake da Under the
red sky. Spero che il mio parere su questa migliorerà.
Comunque , penso , 8 su dieci sono buone , son felice , comunque titolo
pessimo per l’album.
TTL : Il commento di The lizard
by Roberto the Lizard
L’ ho ascoltato 5 o 6 volte e queste sono le mie
modestissime impressioni:
- disco godibile; non essenziale (se hai Modern Times puoi farne a meno) ma
godibile
- un passo avanti era stato fatto in Modern Times con l’ introduzione di
assoli a inframezzare le strofe; in questo caso è stato fatto un parziale
passo indietro: alcuni pezzi potrebbero benissimo sembrare di Stevie Ray
Vaughan, se avessero qualche bell’ assolo, ma laddove manca il cantato di
Dylan, manca qualunque altra voce strumentale
- A me piace il Dylan delle ballate; questo tipo di composizione si è fatta
più rara a partire da Love & Theft e nel nuovo disco ci sono quasi
esclusivamente blues, rendendo il tutto un po’ monotono (e risparmiando
parecchia fatica: quando suono con gli amici, di blues ne improvvisiamo a
iosa…)
- Dulcis in fundo: lasciate perdere i critici, sono troppo pigri e
incompetenti. L’ osservazione di Mirko docet: qualcuno ha definito
(impropriamente) "This Dream of You" un valzer e via di copia-incolla: lo si
legge in un mare di altre recensioni. Quando girava la notizia che Dylan era
finito, qualunque disco facesse veniva sottovalutato dalla critica, adesso
che è di moda osannarlo, qualunque cosa faccia è inevitabilemente un
“capolavoro”.
Il disco è godibile, non un capolavoro ma godibile
Together Through Life : C'è un fantasma al posto di
Dylan
by Stefano Catena
Ho ascoltato il nuovo album di Bob.
Mentre scrivo sto ascoltando It's All Good. In poche parole i fans di Dylan
secondo me potevano farne a meno di questo disco compreso il sottoscritto.
Nell'insieme suona tutto bene ma manca Bob Dylan , e' come se ci fosse un
fantasma al suo posto, c'e' la sua voce arrochita ma non c'e colui che ha
scritto cio' che ha scritto e cantato cio' che ha cantato,manca il verbo
dylaniano, non quello del messia ma quello musicale, manca la novita'.
Ho letto da qualche parte che il disco Time out of Mind e' stato l'ultimo
ruggito del leone Dylan e io aggiungo dopo di che dal 1997 ad ora il
fantasma di Dylan si aggira in modo misterioso e oscuro, in modo
indecifrabile sulla testa dei fan dylaniani.
Mi sono piaciute due o tre song dell'album.
La title track Beyond here lies Nothin', la Forgetful Heart che sembra
figlia di Man in a Long Black Coat o Ain't Talkin ma che comunque rimane una
perla nell'intero ultimo lavoro e per ultima It's all Good.
Spero che si chiuda con questo cd la solita triologia e se ne apra un altra.
Ma ho l'impressione che il cerchio si stia chiudendo.
Not dark Yet recita in una song Mr. Dylan forse ci siamo quasi?
Interessante l'intervista nel dvd di Roy Silver anche se
non ho capito cosa c'entra con il tutto!
Interessante perche' mentre Dylan nell'intervista parla di Roy come di uno
"scroccone" pronto a guadagnare.....(perche' Grossman?....) dicendolo con un
mezzo sorriso da presa in giro.
Roy parla di Dylan da fan di Dylan , da uno che ammira Dylan e che ama Dylan
e che dice di scoppiare a piangere all'ascolto di Blowin' in the Wind.
Together Trough Life : Uno strano piccolo grande
disco...
di Tommaso Sega
Ciao a tutti.
Comprato due giorni fa, dopo averlo già ascoltato e riascoltato molte volte,
dico la mia su “Togheter Through Life". È uno strano, piccolo grande
disco...
Non è stato un gran film "I'm Not There", c'erano dentro troppi film e
troppi Dylan, ma aveva le sue belle intuizioni. Tipo ambientare la parte con
il crepuscolare Richard Gere in una città un po' alla Tim Burton (quello di
"Big Fish") e un po' tanto alla Jim Jarmush. Ecco, mi veniva giusto in mente
quella strana città piena di cowboy, clown, giraffe e spose cadavere,
ascoltando il nuovo disco di Dylan. "Togheter Through Life" mi sembra,
ancora di più dei due precedenti, un disco di american music, ma proveniente
da un posto storto e strano, impossibile da trovare sulle cartine
geografiche. Più facile da trovare in qualche vecchissimo film in bianco e
nero di melodrammi gitani o maledizioni di licantropi. Ascoltandolo è facile
immaginarsi Dylan accompagnato dagli splendidi figuri della splendida
fotografia sul retro del disco.
Anzi, più che provenire da un posto strano "Togheter Through Life" È un
posto strano. Un posto in cui si possono trovare locande rigorosamente
"dell'Agnello Macellato" (quelle dove il visitatore in genere entra, chiede
se il Conte Drakosi abita da quelle parti e tutti si zittiscono, guardandolo
impauriti) e dove, su un palchetto improvvisato si può trovare Dylan che
azzanna e mastica il blues con "My Wife's Home Town", "Jolene", "I'ts All
Good" e "Shake Shake Mama" (di Blind Willie McTell non so, ma so che nessuno
canta il Blues come Dylan - e Tom Waits). Poi ci sono i vicoli stretti e
male illuminati, dove le canzoni si colorano di strane sfumature magiche e
ammaliatrici, con Dylan che canta "Beyond Here Lies Nothing" o "Forgetful
Heart" con voce da vecchio ipnotizzatore. Uscendo nei campi grigi dagli
alberi spogli, ecco risuonare tra i rami secchi scheletri di serenate come
"Life Is Hard" e "This Dream Of You" (per me finalmente le manie
“confidenziali” dell'ultimo Dylan hanno trovato una loro giusta dimensione).
Ma non è un posto triste e cupo, tutt'altro: il mondo sotto la marea di
Dylan è più allegro e vitale della maggior parte della musica proveniente
dal mondo di sopra. Allegra, nonostante la constatazione che l'ultima parte
parte del giorno se n'è già andata, è "I Feel A Change Comin' On"
(capolavoro dell'album... cosa non ne avrebbero tirato fuori i Byrds dei bei
tempi!) e serenamente folk è anche "If You Ever Go To Huston".
Tanto è gagliardo l'album, tanto puzzeranno di morto le solite polverose
polemiche da burocrati sui furti da questo o quell'altro bluesman, a questo
o quell'altro poeta. Dylan porge le chiavi di un mondo e quelli le usano
solo per rilevarne le impronte digitali. Contenti loro...
Ciao, Tommaso.
Un altro disco geniale di Dylan : Together Through Life
by Star-Ledger Staff
Nonostante il suo compuilsivo seguire la strada dei trovatori , Bob Dylan –
68 anni il mese venturo – rimane un romantico.
Il tema del suo nuovo grande album “Together Through Life” , sembra essere
quello “finchè ci sarà qualcuno accanto a voi” , tutti argomenti che
colpiscono i fans , anche se non ci sono banchi o sgabelli volanti – è solo
rumore , si tratta di un cuore spezzato che guarda fuori..
“Together Through Life” continua la linea bastarda dei capolavori dylaniani
, ed è un taglio netto con la musica di Modern times. La musica ha il sapore
delle città di confine , grazie alla fisarmonica di Hidalgo che scivola
attraverso molte tracce come una bollente brezza. Così come il Dylan dei
giorni nostri , l’album è impregnato di blues , con Mike Campbell che suona
la 6 corde qualche brano come il brano d’apertura “ Beyond here lies nothin’
“.
I testi di 9 brani su dieci sono scritti con il paroliere dei greatful Dead
Robert Hunter , già suo passato collaboratore. Le sessioni hanno preso
spunto dalla realizzazione di “Life is hard” , brano scritto per il film in
uscita “ la vie en rose” di Olivier Dahan.
E’ un triste brano che si appoggia su uno sfarfallio di mandolini e di pedal
steel guitar , che Dylan vanta come se stesse scrivendo una lettera d’amore
“ Sento una brezza fredda al posto della memoria...”. Comunque Dylan non ha
perso il sentimentalismo.
Duro sulle ultime note di “Life is hard” arriva “My wife’s home town”. E’ un
divertente blues nello stile deell’ultimo Dylan : “ C’è una ragione per
questo e una ragione per quello / Non posso pensare a tutto / ma so che
esistono / Non voglio dire che la casa di mia moglie sia un inferno”.
Cambiate le parole , usa la melodia dell’Hit del 1964 di Willie Dixon per
Muddy Waters "I Just Want to Make Love to You."
Dylan rimaneggia un altro riff di un vecchio blues con “Shake shake mama”,
mentre la sua “Jolene” è una mala-ragazza-nel buon mantra di un roadhouse.
Lo swing pop dei vecchi tempi che schiaccia l’occhio a “love and Theft” ,
assume qui un’aria Mexocali , con “If you ever go to Houston” un laconoco
racconto cautelativo. La voce nodosa di Dylan non è mai stata più espressiva
, appare evidente che canta di sapere cosa gli piace in “ I feel a change
comin’ on “- “ Sei la solita lasciva piccola , potresti attizare il fuoco”.
L’album si conclude con un colpo da maestro , “It’s all good”. Su un
saltellante Zydeco beat , Dylan canta della corruzzione , dei rifiutatati
echi della propaganda da camera : “ I grandi politici dicono bugie / Le
cucine dei ristoranti sono piene di mosche... ma non vorrei cambiare niente
se potessi , perchè voi sapete cosa dicono - uomo , va tutto bene-. “ I
tempi sono duri e lo diventaranno ancora di più – edifici fatiscenti ,
orfani di guerra che piangono- e la vita ti sta portando alla fine.
Ma Dylan conosce il trattamento, se non la cura: “ Rimani con me piccola ,
spero tu lo voglia / Tu sai cosa sto dicendo , va tutto bene”.
Together Through Life : Il nuovo
album di Dylan vivrà da sè o sarà merito del “Morto” ?
- Allora lei aprì un libro e me lo porse
- Scritto da un poeta italiano del 1.300.
Dante, Rimbaud,
Eliot, Whitman, Shelley, Keats, Cummings, Timrod, Blake…
Dylan potrebbe essere l’ultimo
camaleonte , ma è anche un avido collezionista. E attraverso gli anni , la
collezione dei personaggi che sono apparsi nei testi dylaniani è resa
vincente solo dal modo col quale Bob ha trasformato tutte queste distinte ,
disparate voci , nella sua voce. Per Shakespeare la cosa era un gioco , il
gioco , per Dylan il problema è sempre stato con le parole.Non sono sicuro ,
quindi , come reagire alla conferma della scorsa settimana che Bob ha
collaborato con l’autore dei testi dei Greatful Dead Robert Hunter , in 9
delle 10 canzoni dell’album in uscita , Together Through Life.
Potrebbe essere un segno dei tempi
moderni nei quali viviamo. In un’era nella quale lo stile vince sulla
sostanza , la presa di coscienza che i nostri politici , pop stars e figure
pubbliche sono sostenuti da un esercito di servitori impegnati a costruire
in noi un incessante bisogno di idolatria , è diventata un luogo comune. Ma
se guardiamo oltre quello che sembra essere il vasto deserto del perpetuo
sconforto , non cerchiamo iconoclastie per consolarci. Quello che stiamo
realmente cercando è qualcuno per attraversare quest’ammasso di cose , che
ci dia un senso di direzione , che ci aiuti a ritrovare la via di casa.
Stiamo cercando chiarezza.
Nei mesi recenti , la sfida fra i
bloggers ( qualche fan contrariato da Dylan non escluso ) è stata quella di
tracciare un parallelo tra Barack Obama e Bob Dylan. Ma ancora una volta ,
il paragone è totalmente infondato. Dylan non è il solo camaleonte culturale
in giro.Come Zelig , il caratteritico personaggio reso popolare dal film di
Woody Allen nel 1983 , Obama ha perfettamente la capacità di conformarsi a
ciò che gli sta intorno. Quando Obama sale sul palco , noi vediamo ciò che
vogliamo vedere. Quando Obama parla , noi sentiamo ciò che vogliamo sentire
, tuttavia , anche le parole che dice , spesso non sono farina del suo
sacco. In tempi nei quali la nostra cultura è sterilizzata , dove ogni
azione è vagliata da un esame volgare , la gente alla quale guardiamo per
trovare ispirazione, l’ispirazione non può più venire dal loro esempio, e
così si affidano alle parole. Non è importante quello che dicono , ma il
modo in cui lo dicono , ed è per questo modo che sono valutati. Gli storici
sono d’accordo che Abramo Lincoln è stato l’ultimo presidente a mettere
parole sulla carta , il “The Gettysburg Address,” , forse il suo discorso
più famoso , e composto da 278 parole e dura meno di tre minuti. Ma in
questi 3 minuti , Lincoln ha condensato il dolore e la sofferenza di una
nazione con parole così durature che sono incise nel marmo per l’eternità.Ci
sono stati paragoni infiniti tra Lincoln e l’uomo che risiede al momento
nella casa sulla collina. Ma al di là del fatto che lo gradite o se lo
odiate , non potete cacciare Obama . Lui non scrive ogni parola che esce
dalla sua bocca , ma è un grande ed efficace oratore.I suoi predecessori
potevano parlare di “visione delle cose” , ma Obama le comprende.
Con Bob Dylan , tuttavia , “comprendere”
una visione artistica non è abbastanza, Con Bob le parole contano.
La faccenda qui non è che Bob Dylan ha
scritto qualche canzone con qualcun altro – anche se questo “qualcun altro”
potrebbe essere il secondo più grande scrittore di testi in lingua inglese
vivente – La faccenda è sulla purezza della visione , non sulla
persuasività del messaggio . E’ un fatto di chiarezza.
Dylan sta staccandosi da quella che
molti considerano la perfetta trilogia del rock . Time out of mind , Love
and Theft e Modern Times non sono soltanto alti segni della creatività di
Bob , sono standard d’oro coi quali altri musicisti potrebbero essere
valutati.
E così , la notizia che Dylan ha
collaborato con un altro paroliere fa sorgere spontaneamente altre domande.
Aveva bisogno di questo ? Quanto gli è stato utile ?
Poteva fare tutto da solo ?
Bob e Robert Hunter avevano già
collaborato in precedenza . I due avevano lavorato assieme su qualche
canzone per l’album di Dylan del 1988 “Down in the groove”. Ma queste si
staccavano di poco dai canoni dylaniani , musicalmente e liricamente. Furono
cose transitorie , come se Dylan fosse stato in una sorta di limbo
dantesco. Questo l’abbiamo trovato poi nella sua biografia “Chronicles”.
E per ultimo non dimentichiamo che Dylan
ed il commediografo Jaques Levy , hanno scritto un intero album di canzoni
nel 1976 ( ironicamente , nel 1965 , diresse Red Cross , una cosa di Sam
Shepard col quale Dylan avrebbe scritto più tardi il testo di “Brownsville
Girl” ). E mentre la collaborazione Dylan-Levy rimane come uno dei più
grandi successi commerciali , non c’è discussione che le canzoni di Desire
sono tutte “distintamente” Dylan.
E questa potrebbe essere la chiave,
Dylan ha sempre odiato essere definito un “poeta” o “ un “profeta” , “ la
voce della sua generazione”. Forse ora sappiamo il perchè. A volte diamo
troppa importanza a queste collaborazioni , e la cosa ci opprime invece di
tirarci sù.
E dopo quasi mezzo secolo di
collaborazioni , possiamo realmente sapere il limite completo del carico che
abbiamo chiesto di portare a Dylan. E se guardiamo la cosa da questa
prospettiva , possiamo realmente incolpare Dylan di aver voluto condividere
le sue difficoltà – e le sua visione - con qualcun altro ? Anche se
condividendo la visione si corre il rischio di vedere le cose da un punto di
vista differente....
“Ed ognuna delle loro parole suona vera
Emette luce come il carbone che brucia
Viene fuori da ogni pagina
Come è scritto nella mia anima , da me a
voi “
(fonte:
disgruntleddylanologist.blogspot.com)
Bob Dylan, Together Through Life(Columbia)
by Sean O'Hagan - The Observer, Sunday 19 April 2009
I segnali sono buoni. Una immagine di copertina di una gang di Brooklin
tratta dal reportage fotografico di Bruce Davidson del 1959 , la presenza di
David Hidalgo in prestito dai Los Lobos , e diversi titoli da favola –
Beyond here lies nothin’ , My wife home’s town , If you ever go to Houston –
suggeriscono tutti che Bob Dylan era in procinto di far seguire Modern Times
da un’altro album classico , purtroppo non è così.
Together Through Life , 33° album di studio , è il suono di un uomo che
cerca di stare a galla. Viene fuori in un solo brano , “Life is hard” che
Dylan ha scritto e registrato per il film in uscita di Oliver Dahan
intitolato “My own love song”. Di Bob Dylan ha conservato solo la scrittura
e la registrazione , ma il risultato questa volta tende al rigetto.
Quello che manca è la sensazione di essere colti di sorpresa dalle migliori
canzoni di Dylan , il senso , anche , che particolarmente nella sua musica
più recente , che stia cantando in faccia al suo invadente senso della
morte. “ Non ho la madre , nemmeno il padre , e nemmeno gli amici ” canta in
“Shake Shake Mama ” , ma il generico shuffle del blues annulla ogni senso
drammatico , e come un flash che fissa i testi in una canzone , che come
tante altre in questo disco , sembrano non definiti ed impressionistici.
L’album comincia al trotto con “Beyond here lies nothin’ “ , un tempo medio
di blues-rock che usa la fisarmonica di Hidalgo per tingersi di atmosfere
Tex-Mex. Non comunica niente , benchè , oltre la generale atmosfera da
supper-club batti i piedi che la backing band offre va alla deriva in quanto
l’interesse della band non è sufficientemente impegnato nella canzone.
Poi arriva “Life is hard” il quale probabilmente suonerà bello nel contesto
del film di Dhana – che racconta di un viaggio a Memphis di un cantante su
una sedia a rotelle e del suo migliore amico , ma è il genere di ballata che
Dylan può scrivere mentre sta dormendo. “ Non sò cosa sia giusto o sbagliato
– canta – mi serve solo la forza di combattere , combattere il mondo che sta
fuori”. In carattere o no , la canzone suona troppo familiare , quel mondo
stanco al punto di sconfiggere quel punto di vista che è diventato infine un
refrain tardivo.
Ho ascoltato diverse volte “My wife home’s town” , il tipo di titolo che
suggerisce che Bob ha ascoltato i pezzi d’annata di George Jones in ritardo
, ma , di nuovo , la valenza lirica è deludente.
La frase migliore è la ripetuta "I just wanna say that Hell's my wife's home
town" è quasi in valore aggiunto con la diabolica risata soffocata verso la
fine. Roba leggera comunque. Inoltre , “If you ever go to Houston” è l’ombra
di una vecchia canzone cowboy trasformata in un walking blues , mentre
“Forgetful heart” è un’altra ballata sul tema della perdita e del rammarico.
Sembrano galleggiare entrambe senza lasciare un segno della loro presenza.
Ormai tutti i più noiosi ed ossessivi temi di Bob sembrano incapaci di
mantenere viva l’attenzione.
Nel contesto , “I feel a chamge comin’ on” suona positivamente epica ,
benchè , sia chiaro , non è una canzone che fa riferimento all’era di Obama.
“ Sto cercando in tutto il mondo , guardando lontano verso est “ canta Dylan
, suonando per un momento come se stesse prendendo la temperatura dei tempi
, “Vedo la mia piccola arrivare , cammina col prete del villaggio”. Questo è
ciò che è più vicino al Dylan che spaccia allusioni e simbolismi. Più tardi
, nella stessa canzone , lui sta “ascoltando Billy Joe Shaver” e “leggendo
James Joyce , ma , in queste frasi troppo familiari , c’è l’eco di altre
vecchie canzoni di Dylan dove questo modo di citare nomi porta in qualche
posto , rivela qualcosa.
L’album finisce con “It’s all good” , un altro punto reletivamente alto ,
dove l’avversione di Dylan per il mondo raggiuge livelli assurdi. “I grandi
politici dicono bugie , le cucine dei ristoranti piene di fiamme , non fa un
minimo di differenza , non vedo come potrebbero...è tutto buono”.
Qui , la musica e le parole , sembrano guidati da una singolarità di
propositi che è assente altrove. Ad un certo punto lui canta : Comunque I
sogni non hanno mai funzionato per me , anche quando si sono avverati”. Ci
sono così pochi momenti di rivelazione nel disco che questa frase si alza
sopra tutte le altre , e sembra risuonare con un certo senso di verità
profonda. Questo porta a pensare , alla maggioranza di noi , a che cosa
potrebbe essere.
Se Modern Times può adesso essere visto come la parte finale di una trilogia
sulla mortalità e l’invecchiamento che è cominciato nel 1977 con Time out of
mind e continuato nel 2001 con Love and theft , allora Togethr Through Life
suona come un sospiro. Non c’è niente così epico o allegro come Highlands o
lamentoso quanto Nettie Moore , niente con il peso e la profondità di quelle
ultime canzoni di Dylan che possedevano la risonanza delle grandi ballate
blues e Folk che lui amava.
Per finire ho ascoltato quel canto mormorato e gracchiante più delle stesse
parole. Anche i fedeli saranno sottoposti al test della pazienza.
TOGETHER Through Life è un Dylan minore..
By Robert Spellman
E’ essenzialmente un album sovraccarico di blues in
tonalità maggiori , con il supremo talento e la furbizia di Bob , con la
gracchiante voce gentile suo tramonto della vita.
Ma ogni registrazione con canzoni impertinenti come “My wife’s home town” o
“If you ever go to Houston” non potrebbe mai essere presa seriamente , anche
se create da un genio commevente come Dylan.
Eppure il suo bel programma alla radio l’anno scorso gli ha dato un sacco di
credito musicale da permettergli di portare alla ribalta per un istante
anche personaggi buoni a nulla.
Bob Dylan - Together Through Life (2009)
Beyond here lies nothing - Life is hard - My wife’s home town - If you ever
go to Houston - Forgetful heart – Jolene - This dream of you - Shake, shake
mama - Feel a change coming on - It’s all good
Partendo dalla canzone "Life is Hard", commissionatagli dal regista Oliver
Dahan, Bob Dylan ci prende gusto e compone un totale di 10 brani che vanno a
costituire il suo 33° album in studio (46° album ufficiale). Il titolo
dell'opera, "rubato" dal poeta Walt Whitman, è "Together Through Life" e la
copertina ritrae una coppia omosessuale intenta a baciarsi amorevolmente tre
le valigie, sul retro di un'auto che percorre una lunga strada rettilinea.
La foto, scattata da Bruce Davidson nel 1959, fa parte di una serie dal
titolo "Brooklyn Gang" e si ritrova anche sulla copertina di un libro di
Larry Brown, scrittore molto amato da Bob. Sul retro del CD c’è un’altra
bellissima foto, come la prima in bianco e nero, che ritrae dei suonatori
gitani.
I circa 45 minuti di nuovo materiale scorrono piacevolmente e già dal primo
ascolto ci si rende conto dell'evidente differenza con l'ultimo lavoro. Bob
abbandona per questo album il tema metaforico dell'annuncio dell'Apocalisse
presente in "Modern Times" in brani come "Thunder On The Mountain" o "The
Levee's Gonna Break" e in numerosi brani di album precedenti, abbandona
anche certe sonorità già collaudate per dedicarsi all'amore. Dylan stesso ha
definito queste canzoni "romantiche" anche se si tratta certamente di un
amore sperato ma soprattutto sofferto.
E' da sottolineare che per questo album Dylan ha scelto un collaboratore per
scrivere i testi di nove canzoni su dieci, nello specifico Robert Hunter, il
paroliere dei Greatful Dead, che ha già collaborato in passato con Dylan ad
esempio per il testo di “Silvio” dall’album “Down In The Groove”. L'unico
brano scritto unicamente da Bob Dylan è "This Dream Of You". Tutta la musica
è attribuita al solo Dylan tranne "My Wife's Home Town" che è formalmente di
Bob Dylan e Willie Dixon dal momento che Bob ha costruito il pezzo proprio
su di un brano preesistente dal titolo “I Just Want To Make Love To You”.
Bob ci ha abituati a questo modo di fare in particolar modo dall’album “Love
And Theft” del 2001 in poi, il che ha fatto muovere nei suoi confronti
numerose ed inopportune accuse di plagio.
La prima canzone, già resa disponibile da tempo sul sito ufficiale
dell'Artista, è il blues "Beyond Here Lies Nothin'" che per certi versi
ricorda le sonorità tipiche di Carlos Santana. E' un ritmo sostenuto anche
se volutamente meno potente della citata "Thunder On The Mountain", che
apriva il precedente cd. La canzone si chiude con le parole "Well my ship is
in the harbour, and the sails are spread, now listen to me pretty baby, lay
your hand upon my head... beyond here lies nothing, nothing done and nothing
said...".
Il secondo brano è la toccante "Life Is Hard": la canzone dalla quale, come
detto, è partito l'intero progetto di "Together Through Life" e che è nata
per far parte della colonna sonora del film "My Own Love Song" di Oliver
Dahan che racconterà la storia di una ex cantante in sedia a rotelle e di un
suo caro amico pompiere vittima di un infortunio sul lavoro. Bob ha qui una
voce quasi flebile e sofferente che infonde un’aria nostalgica al pezzo,
scandisce con la giusta lentezza parole dolci e ripete “Life is hard,
without you near me…”. Canta come chi ne ha passate tante nella propria vita
e questo pare faccia adattare molto bene il brano alla storia del film di
Dahan. Si va avanti con la dondolante “My Wife’s Home Town” alla fine della
quale si sente la risatina diabolica di Bob.
I brani seguenti si susseguono, come detto, in modo fluido e sono dominati
dall’ottimo lavoro di fisarmonica di David Hidalgo dei Los Lobos. Tra i
musicisti che accompagnano usualmente Dylan in tour (su tutti il fidato Tony
Garnier al basso) troviamo come “special guest” oltre ad Hidalgo alla
fisarmonica anche Mike Campbell degli Heartbreakers alla chitarra elettrica.
Dopo la lenta “This Dream Of You”, la ballata più tipicamente dylaniana
dell’intero album, ci si scatena col pezzo più ritmato: “Shake Shake Mama”
durante il quale Bob canta alla sua baby di essere senza padre, senza madre
ed anche senza amici . Questo credo sia il tipico pezzo che Bob amerà
eseguire dal vivo! In “I Feel A Change Comin’ On” molti hanno letto un
esplicito riferimento al neo-Presidente Usa Obama, nei confronti del quale
il cantante ha espresso frasi di pacata fiducia. Questa canzone ci regala
inoltre un verso che rimarrà memorabile “Some people they tell me / I’ve got
the blood of the Land in my voice” che non è altro che la sacrosanta verità,
essendo lui l’ultimo rappresentante di una gloriosa dinastia americana:
cantata da lui, in quel modo e con la sua attuale voce roca appare
assolutamente emozionante e commovente. Tocca ad “It’s All Good” chiudere
questo variegato gioiello e lasciare in circolo quella bellissima voglia di
ascoltarlo ancora.
Paolo Bianchi
Bob Dylan e la voglia di andare avanti “Together
Through Life”
venerdì 24 aprile 2009
Bob Dylan torna con un nuovo album di inediti, “Together Through Life”, in
uscita venerdì 24 aprile, all’insegna della tradizione musicale a stelle e
strisce, un buon viatico per andare avanti “insieme attraverso la vita”.
di Gianluca Marchionne
DYLAN ON THE ROAD - In effetti, più che di ritorno sulla scena si dovrebbe
parlare di permanenza, data l’ininterrotta serie di concerti che da ormai
ventun’anni (iniziò infatti il 7 giugno 1988) vede Bob Dylan calcare i
palchi di tutto il mondo nel “Never Ending Tour”. Un tour che recentemente
ha toccato i lidi italiani, per tre date rispettivamente il 15 aprile a
Milano, al Mediolanum Forum, il 17 al Palalottomatica di Roma e il 18 nella
cornice del Nelson Mandela Forum di Firenze. Concerti nei quali il
menestrello di Duluth ha incantato la platea, dividendosi con sorprendente
vivacità tra la chitarra e soprattutto le tastiere, da un po’ di tempo a
questa parte il suo strumento preferito, con il quale aggiunge colorite
sfumature ai suoi quadri musicali che spaziano dal folk al blues passando
per il country e per qualche sconfinamento nel rock’n’roll anni Cinquanta,
quello omaggiato nel penultimo album “Modern Times” (2006), premiato da
Rolling Stone quale migliore album di quell’annata.
IN TOTALE AUTONOMIA - Un Dylan che alla soglia dei settant’anni ha dunque
conservato la sua vitalità e la voglia di stupire, fregandosene
rigorosamente delle scalette prefissate e rendendo così ogni esibizione un
“unicum”, assecondato da una band da lui definita “la migliore che io abbia
mai avuto e in cui io sia mai stato”, con la quale ha registrato gli album
“Love and Theft” del 2001, il già citato “Modern Times” e anche questo
“Together Through Life”; con l’aggiunta di due ottimi musicisti come David
Hidalgo, cantante e chitarrista dei Los Lobos, e Mike Campbell, storico
chitarrista solista di Tom Petty & the Heartbreakers. Alla produzione, come
per i due album precedenti, ha provveduto in prima persona, celandosi dietro
lo pseudonimo Jack Frost, tratto dal nome di un leggendario personaggio del
folklore americano, e curando le registrazioni in totale autonomia. Con
ottimi risultati, a giudicare dalla qualità del suono e dalla nitidezza
della voce, in ripresa dopo i cali degli ultimi anni e a volte meno nasale
del solito, pur mantenendo sempre il suo caratteristico timbro arrochito
dalle sigarette e dall’età. Per quanto riguarda invece i testi, da sempre
punto di forza della musica dylaniana, Bob si è avvalso della collaborazione
del cantautore e poeta Robert Hunter, storico autore di testi per i Grateful
Dead, tra cui perle come “Dark Star” e “Truckin’”. Insieme a Hunter ha
scritto praticamente l’intero album, salvo “My Wife’s Home Town”,
accreditata anche al leggendario bluesman Willie Dixon per l’evidente
ispirazione alla sua musica che si respira nel pezzo in questione.
ATTRAVERSO LA VITA - “Together Through Life” è un’opera che sembra lanciare
un invito alla speranza e alla vita, come appare dal titolo, preso in
prestito dal bardo americano Walt Whitman, che nella sua “When I Peruse the
Conquer’d Fame” sottolinea come sia da invidiare soltanto chi si ama e resta
“insieme attraverso gli anni, l’odio e i pericoli”. Mentre la copertina del
disco, che raffigura un bacio gay, tratta da un reportage del 1959 di Bruce
Davidson e apparsa in precedenza su un libro di Larry Brown, scrittore tra i
prediletti dal cantautore, sembra suggerire, tenendo conto anche del titolo
dell’album tratto da una lirica di un poeta omosessuale (Whitman), un
messaggio obliquo in stile tipicamente dylaniano, arrivando poco dopo la
bocciatura delle nozze gay in California.
ALLE RADICI - Proseguendo il percorso di “Modern Times” ma lasciandone da
parte alcuni episodi rock’n’roll up-tempo e concentrandosi maggiormente su
atmosfere folk e country più rilassate ma non per questo prive di mordente,
il cantautore statunitense realizza un album che si colloca fuori dalle mode
attuali, dato il suo stretto rapporto con la tradizione musicale a stelle e
strisce, evidenziata anche dalla strumentazione tipicamente vintage. E
proprio il modo di suonare gli strumenti per questo disco è stato indicato
da Dylan come la causa del suo sound in stile Chess Records e Sun Records
(le due etichette anni ’50 che lanciarono autentiche leggende come Elvis
Presley, Chuck Berry, Johnny Cash e Muddy Waters), come l’aveva definito il
critico musicale Bill Flanagan durante la loro intervista pubblicata sul
sito ufficiale dell’autore di “Like a Rolling Stone”.
LE CANZONI DEL DISCO - Ad aprire le danze è “Beyond Here Lies Nothing”,
disponibile per il download sul sito bobdylan.com solo per la giornata del
30 marzo: un blues elettrico che trasuda atmosfere da delta del Mississippi,
con qualche reminiscenza di “Black Magic Woman” dei Fleetwood Mac. A seguire
è “Life Is Hard”, canzone inizialmente composta dal songwriter statunitense
per la colonna sonora del film “My Own Love Song”, con Forest Whitaker e
Renée Zellweger, su espressa richiesta del regista, il francese Olivier
Dahan e dalla quale è sgorgato il nuovo fiume dell’ispirazione dylaniana,
tale da indurlo a pubblicare un nuovo album. La già citata “My Wife’s Home
Town” è impregnata di puro spirito blues e degli stilemi cari al mitico
Willie Dixon, mentre “If You Ever Go to Houston” si regge su due accordi
dipingendo attorno a sé un clima da sagra di paese e “Forgetful Heart” vede
emergere la fisarmonica di Hidalgo accompagnata dal banjo. La tradizione
dello “stomp” marchia a fuoco il sesto brano dell’album, “Jolene”, con un
azzeccato botta e risposta tra voce e chitarra che rende orecchiabile il
pezzo, con il successivo “This Dream of You” a riservare invece aperture
romantiche espresse in forma di ballata. “Shake Shake Mama” si muove sinuosa
tra ritmiche blues e rivoli di organo, mentre “I Feel a Change Comin’ On”,
il cui titolo era stato tra i probabili per questo disco, sembra rievocare a
tratti i fasti del periodo “Basement Tapes” (1966-67). Arriva infine “It’s
All Good”, dall’antifrastico titolo, a chiudere i giochi, sbuffando
rhythm’n’blues e boogie.
IL PARERE DELLA STAMPA - Questo 33esimo album in studio e 46esimo ufficiale,
tra live e raccolte, di mr. Robert Zimmermann (questo il suo vero nome) ha
finora ottenuto recensioni decisamente positive da parte della stampa,
specializzata e non. “Times”, “Daily Telegraph” e “Mojo” hanno infatti
assegnato al disco quattro stelle su un massimo di cinque, così come
“Rolling Stone”, che ha sottolineato la vitalità di Dylan, sessantotto anni
a maggio. La BBC, dal canto suo, ha definito l’album “una lettura da maestro
del folk americano del ventesimo secolo”, mentre lo stesso Bob,
nell’intervista con Flanagan, ha affermato di sapere “che piacerà ai miei
fan” e di “non avere altra idea diversa da questa”. Che idea si faranno i
fan, questo lo sapremo solo da venerdì 24 aprile, quando “Together Through
Life” uscirà ufficialmente sul mercato.
BOB DYLAN - Together Through Life
di Gabriele Benzing -
http://www.ondarock.it:80/recensioni/2009_bobdylan.htm
“When I peruse the conquer’d fame of
heroes,
And the victories of mighty generals, I do not envy the generals,
Nor the President in his Presidency, nor the rich in his great house,
But when I hear of the brotherhood of lovers, how it was with them,
How together through life, through dangers, odium, unchanging, long and
long,
Through youth, and through middle and old age,
How unfaltering, how affectionate and faithful they were,
Then I am pensive - I hastily walk away, fill’d with the bitterest envy.”
(Walt Whitman – “When I peruse the conquer’d fame”)
Un volto scavato dal tempo, lo sguardo intenso e penetrante; dita che
sfiorano i tasti di una tromba, mani che impugnano una fisarmonica. È un
gruppo di suonatori gitani, quello che compare nell’immagine in bianco e
nero posta sul retro di “Together Through Life”, o è soltanto l’ennesima
reincarnazione di Bob Dylan? A giudicare dalla polvere di frontiera che
soffia fra le tracce del suo nuovo disco, si direbbe quasi che gli spiriti
di quella banda errante siano stati evocati per prendere parte ad un
impossibile convegno tra Howlin’ Wolf e i Calexico al crocicchio
dell’America.
Nessuno si aspettava un nuovo album di Dylan ad appena un paio d’anni di
distanza dal precedente. Nemmeno lui stesso, probabilmente. Colpa forse di
quei concerti sempre uguali a sé stessi in cui sembra trovarsi ormai
imprigionato da un decennio, al fianco di una band troppo abituata ad
assecondarlo senza brividi. Ma qualcosa di nuovo accade in “Together Through
Life”: ci sono i profumi zydeco della fisarmonica di David Hidalgo dei Los
Lobos a tratteggiare paesaggi assolati; c’è la chitarra di Mike Campbell
degli Heartbreakers a destreggiarsi tra guizzi improvvisi di fiati e di
violino. E l’eleganza retrò di “Modern Times” lascia il posto a nuove,
ruvide sfumature, dando vita all’opera dylaniana musicalmente più varia del
nuovo millennio.
Dylan canta d’amore, nei dieci capitoli di “Together Through Life”: amore
alla fine dei tempi, comunione che attraversa la vita. Come nei versi di
Whitman citati nel titolo del suo trentatreesimo album, è questo amore
l’unica cosa per cui il vecchio songwriter mostra di provare davvero
invidia, cioè desiderio. Un romanticismo che traspare sin dalla fotografia
di Bruce Davidson scelta come copertina del disco, perfetta icona
dell’ideale dylaniano dell’amore e della giovinezza perduta (con buona pace
di chi ha voluto vederci nientemeno che un improbabile “bacio gay”,
costruendoci sopra fantasiose teorie sulle prese di posizione politiche di
His Bobness…).
Era almeno dai tempi di “Under The Red Sky” che Dylan non realizzava un
disco di getto, sull’onda dell’ispirazione del momento: lo spunto, stavolta,
è arrivato dal regista francese Olivier Dahan, che gli ha chiesto di
collaborare alla colonna sonora del suo nuovo lavoro, “My Own Love Song”.
Dylan ha scritto per lui una languida parlor ballad ricamata di mandolino,
“Life Is Hard”, e la sua musa improvvisamente si è risvegliata.
Andando ancora più a ritroso nel tempo, era addirittura dal sodalizio con
Jacques Levy in “Desire” che Dylan non scriveva la maggior parte dei brani
di un disco a quattro mani con un altro autore: in questo caso si tratta del
paroliere dei Grateful Dead Robert Hunter, con cui Mr. Zimmerman aveva già
collaborato per un paio di canzoni nel famigerato “Down In The Groove”. Non
è un caso, però, che i versi più convincenti siano quelli dell’unico testo
firmato dal solo Dylan, “This Dream Of You”: il songwriting nato dal
connubio con Hunter suona sin troppo lineare, ben lontano sia dallo spessore
di “Time Out Of Mind” (l’ultimo vero capolavoro dylaniano?), sia dalla
profondità di alcuni dei brani più recenti (“Ain’t Talkin’” su tutti).
Tra i volteggi di fisarmonica e di violino di “This Dream Of You” – da
qualche parte lungo la strada che congiunge “Desire” e “Pat Garrett & Billy
The Kid” – ecco sbucare un valzer tex-mex al chiarore malinconico del
tramonto: “There’s a moment when all old things become new again / But that
moment might have come and gone”, riflette amaramente Dylan.
Adombrata dalle tinte scure della chitarra di Campbell, la figura della
porta – da sempre elemento chiave della poetica dylaniana – torna tra le
pieghe di “Forgetful Heart”, con un tono cupo su cui sembra aleggiare il
profilo di Daniel Lanois: “The door has closed forevermore / If there ever
really was a door”.
La voce graffiante e consumata di Dylan non risparmia nulla né a sé stesso,
né al mondo che lo circonda: sul boogie incalzante di “It’s All Good”, il
songwriter di Duluth proclama che tutto va bene con lo sguardo sarcastico
del “Candide” di Voltaire, mentre intorno a lui i palazzi crollano e il
pianto delle vedove si mescola al sangue degli orfani, come in una nuova
“Everything Is Broken”.
Eppure, “I Feel A Change Comin’ On” (dove l’apparente riferimento obamiano,
in realtà, non è altro che l’ennesimo specchietto per le allodole…) proietta
un riverbero lieve di primavera sull’orizzonte, inseguendo l’incedere del
basso del fido Tony Garnier: “I feel a change comin’ on / And the fourth
part of the day’s already gone”. Pur di fronte al senso di ineluttabilità
dello scorrere del tempo, basta un fremito quasi impalpabile di cambiamento
per riaprire uno spiraglio inatteso anche nel deserto di un cuore inaridito.
Il tocco brioso di Hidalgo riesce a riscattare anche gli episodi che
rischierebbero altrimenti di appiattirsi su schemi già noti, dal singolo
“Beyond Here Lies Nothin’” (titolo ispirato a Ovidio e struttura ricalcata
su “All Your Love” di Otis Rush), fino al vagabondaggio western di “If You
Ever Go To Houston”, che si dipana tra donne lontane, cimeli di guerra e
peccatori in preghiera.
Come già in “Love And Theft” e in “Modern Times”, ancora una volta il lato
più debole dell’album è rappresentato dai blues in stile Chess Records
abbaiati a ritmo serrato da Dylan (“Shake Shake Mama” e “Jolene”). Le cose
vanno meglio quando gli accenti rallentano, come nel blues sulfureo di “My
Wife’s Home Town”, in cui Dylan prende in prestito da Willie Dixon la sua “I
Just Want To Make Love To You” per giocare con l’archetipo della sposa
infernale, concedendosi persino un sogghigno diabolico nel finale: un
prestito dichiarato, una volta tanto, visto che Dixon viene accreditato
addirittura come co-autore del brano.
Ma non avrebbe senso accusare Dylan di plagio, come puntualmente capita
all’uscita di ogni nuovo disco: non è un semplice incastro di citazioni, il
suo; ha più a che vedere con l’idea medievale di auctoritas: la grandezza,
per lui, non sta tanto nell’originalità, quanto nel saper ripetere le parole
e le note dei padri fino a farle diventare proprie.
“Some people they tell me / I’ve got the blood of the land in my voice”,
gracchia Dylan in “I Feel A Change Comin’ On”. Ma si sbaglia: la sua voce è
essa stessa il sangue della terra. “I ruscelli, le foreste, la vuota
vastità: la terra mi ha creato”, afferma pensoso. È quella terra a
sussurrare nella lingua ancestrale della sua musica; ed è attraverso di lui
che quella voce giunge ancora alle nostre orecchie, come attraverso l’ultimo
discendente di una stirpe ormai estinta
Bob Dylan, Together Through Life(Columbia)
by Sean O'Hagan - The Observer, Sunday 19 April 2009
I segnali sono buoni. Una immagine di copertina di una gang di Brooklin
tratta dal reportage fotografico di Bruce Davidson del 1959 , la presenza di
David Hidalgo in prestito dai Los Lobos , e diversi titoli da favola –
Beyond here lies nothin’ , My wife home’s town , If you ever go to Houston –
suggeriscono tutti che Bob Dylan era in procinto di far seguire Modern Times
da un’altro album classico , purtroppo non è così.
Together Through Life , 33° album di studio , è il suono di un uomo che
cerca di stare a galla. Viene fuori in un solo brano , “Life is hard” che
Dylan ha scritto e registrato per il film in uscita di Oliver Dahan
intitolato “My own love song”. Di Bob Dylan ha conservato solo la scrittura
e la registrazione , ma il risultato questa volta tende al rigetto.
Quello che manca è la sensazione di essere colti di sorpresa dalle migliori
canzoni di Dylan , il senso , anche , che particolarmente nella sua musica
più recente , che stia cantando in faccia al suo invadente senso della
morte. “ Non ho la madre , nemmeno il padre , e nemmeno gli amici ” canta in
“Shake Shake Mama ” , ma il generico shuffle del blues annulla ogni senso
drammatico , e come un flash che fissa i testi in una canzone , che come
tante altre in questo disco , sembrano non definiti ed impressionistici.
L’album comincia al trotto con “Beyond here lies nothin’ “ , un tempo medio
di blues-rock che usa la fisarmonica di Hidalgo per tingersi di atmosfere
Tex-Mex. Non comunica niente , benchè , oltre la generale atmosfera da
supper-club batti i piedi che la backing band offre va alla deriva in quanto
l’interesse della band non è sufficientemente impegnato nella canzone.
Poi arriva “Life is hard” il quale probabilmente suonerà bello nel contesto
del film di Dhana – che racconta di un viaggio a Memphis di un cantante su
una sedia a rotelle e del suo migliore amico , ma è il genere di ballata che
Dylan può scrivere mentre sta dormendo. “ Non sò cosa sia giusto o sbagliato
– canta – mi serve solo la forza di combattere , combattere il mondo che sta
fuori”. In carattere o no , la canzone suona troppo familiare , quel mondo
stanco al punto di sconfiggere quel punto di vista che è diventato infine un
refrain tardivo.
Ho ascoltato diverse volte “My wife home’s town” , il tipo di titolo che
suggerisce che Bob ha ascoltato i pezzi d’annata di George Jones in ritardo
, ma , di nuovo , la valenza lirica è deludente.
La frase migliore è la ripetuta "I just wanna say that Hell's my wife's home
town" è quasi in valore aggiunto con la diabolica risata soffocata verso la
fine. Roba leggera comunque. Inoltre , “If you ever go to Houston” è l’ombra
di una vecchia canzone cowboy trasformata in un walking blues , mentre
“Forgetful heart” è un’altra ballata sul tema della perdita e del rammarico.
Sembrano galleggiare entrambe senza lasciare un segno della loro presenza.
Ormai tutti i più noiosi ed ossessivi temi di Bob sembrano incapaci di
mantenere viva l’attenzione.
Nel contesto , “I feel a chamge comin’ on” suona positivamente epica ,
benchè , sia chiaro , non è una canzone che fa riferimento all’era di Obama.
“ Sto cercando in tutto il mondo , guardando lontano verso est “ canta Dylan
, suonando per un momento come se stesse prendendo la temperatura dei tempi
, “Vedo la mia piccola arrivare , cammina col prete del villaggio”. Questo è
ciò che è più vicino al Dylan che spaccia allusioni e simbolismi. Più tardi
, nella stessa canzone , lui sta “ascoltando Billy Joe Shaver” e “leggendo
James Joyce , ma , in queste frasi troppo familiari , c’è l’eco di altre
vecchie canzoni di Dylan dove questo modo di citare nomi porta in qualche
posto , rivela qualcosa.
L’album finisce con “It’s all good” , un altro punto reletivamente alto ,
dove l’avversione di Dylan per il mondo raggiuge livelli assurdi. “I grandi
politici dicono bugie , le cucine dei ristoranti piene di fiamme , non fa un
minimo di differenza , non vedo come potrebbero...è tutto buono”.
Qui , la musica e le parole , sembrano guidati da una singolarità di
propositi che è assente altrove. Ad un certo punto lui canta : Comunque I
sogni non hanno mai funzionato per me , anche quando si sono avverati”. Ci
sono così pochi momenti di rivelazione nel disco che questa frase si alza
sopra tutte le altre , e sembra risuonare con un certo senso di verità
profonda. Questo porta a pensare , alla maggioranza di noi , a che cosa
potrebbe essere.
Se Modern Times può adesso essere visto come la parte finale di una trilogia
sulla mortalità e l’invecchiamento che è cominciato nel 1977 con Time out of
mind e continuato nel 2001 con Love and theft , allora Togethr Through Life
suona come un sospiro. Non c’è niente così epico o allegro come Highlands o
lamentoso quanto Nettie Moore , niente con il peso e la profondità di quelle
ultime canzoni di Dylan che possedevano la risonanza delle grandi ballate
blues e Folk che lui amava.
Per finire ho ascoltato quel canto mormorato e gracchiante più delle stesse
parole. Anche i fedeli saranno sottoposti al test della pazienza.
It's all good - di Paolo Vites (fonte:
gamblin--ramblin.blogspot.com)
There didn’t seem to be any general consensus among my listeners. Some
people preferred my first period songs. Some, the second. Some, the
Christian period. Some, the post Colombian. Some, the Pre-Raphaelite. Some
people prefer my songs from the nineties. I see that my audience now doesn’t
particular care what period the songs are from. They feel style and
substance in a more visceral way and let it go at that. Images don’t hang
anybody up. Like if there’s an astrologer with a criminal record in one of
my songs it’s not going to make anybody wonder if the human race is doomed.
Images are taken at face value and it kind of freed me up.
(Bob Dylan)
Da lunedì 20 Together through life, il nuovo disco di Bob Dylan, si potrà
ascoltare su Radio Capital.
Il sito di Mojo ha pubblicato ieri la prima recensione ufficiale, dando un
bel quattro stelle. La cosa divertente, dopo che Modern Times fu salutato
con un salva di “capolavoro” e altrettante stelle – non solo su Mojo, ma
nell’intero mondo universo – è che adesso il recensore di Mojo ammette, be’,
Modern Times non meritava tanto clamore, possiamo dirlo adesso?
Non so vedi tu, caro collega. Fra due anni cosa direte, che neanche questo
nuovo “capolavoro” di Bob Dylan meritava di essere definito un capolavoro?
Misteri della moderna mass-mediologia. Orson Welles ne sapeva di cose, caro
Orazio.
Together Through Life è un disco piacevole, sicuramente meglio di Modern
Times. Se si riesce ad adattarsi alla voce rotta e spezzata di Dylan che in
molti casi fa fatica a completare un verso. Merito della riuscita è
sicuramente la presenza autorevole di David Hidalgo con la sua fisarmonica
che domina il disco e di Mike Campbell alle chitarre, che colorano ogni
canzone e regalano quel passo in più che mancava alla svogliata band che
incise MT (sì, la stessa band di noiosi e annoiati arruffoni che è con Dylan
on stage ormai da troppi anni). Come MT e Love and Theft prima, TTL afferma
un fatto che non leggerete mai da nessuna altra parte, ma che è altresì
tanto vero quanto impossibile da smentire: l’ultimo disco dell’artista un
tempo noto come Bob Dylan è stato Time out of Mind (1997). Dopo, un
simpatico impostore che si spaccia per Bob Dylan ha preso il suo posto e ha
cominciato a pubblicare dischi che niente altro sono che raccolte di vecchi,
vecchissimi blues o magari canzoni prese dal repertorio di altrettanto
vecchi coroner. Dischi di cover, insomma. Per i testi, questo personaggio
pesca random da scrittori giapponesi, poeti americani dell’800 e finanche
dal latino di Ovidio. Questo personaggio firma tutto a nome Bob Dylan, ma
noi sappiamo che non può essere lui. O invece lo è. Questa volta però –
chiunque esso sia - ha fatto quello che in 47 anni di carriera non aveva mai
fatto: un pezzo (My wife’s hometown) è firmato “Bob Dylan & Willie Dixon”.
Tardivo pentimento per non aver mai citato le decine di pezzi scopiazzati
qua e là negli anni, o paura dei potenti avvocati della famiglia Dixon, gli
stessi che costrinsero i Led Zeppelin a inserire il giusto riconoscimento a
Willie in una loro scopiazzatura? Mah, the times they are a-changin’.
Scherzi a parte. Ma comunque è così: Together Through Life è una cavalcata a
base di Chess Records blues, pescando tra Muddy Waters e Howlin’ Wolf,
mentre Feel a change is gonna come (il pezzo decisamente migliore della
raccolta) è una riscrittura di A Change is gonna come, il classico di Sam
Cooke che Dylan interpretò magistralmente nel 2004 una sera a New York in un
concerto tributo. Ci sono due eccezioni, Life is Hard, il pezzo scritto per
il film My own private love song, una slow ballad degna di Dean Martin, e il
bel valzerone tex-mex This dream of you, che sa di bettola del border, da
qualche parte sul Rio Grande. Che è anche l’unico brano del disco
interamente a firma di Bob Dylan. Già, perché per i testi il musicista
questa volta si è avvalso dell’aiuto di Robert Hunter, il paroliere che
scrisse decine di pezzi con i Grateful Dead e che ahimé Bob Dylan già
sfruttò per The ugliest girl in the world e Silvio (not Berlusconi). Testi
carini, ma che onestamente non pensiamo avessero bisogno di aiuto esterno
per il loro completamento. Evitiamo battute cattive (del tipo: Bob aveva
finito i libri sullo scaffale da cui prendere ispirazione per le sue
liriche…).
Piace, e molto, My wife’s hometown, bluesaccio un po’ repetitivo ma con un
Dylan divertente e divertito che alla fine si lascia andare in una risatina
diavolesca; la conclusiva Its all good, che ricorda come un tempo Bob
sapesse prendere i vecchi blues e trasformarli in acide cavalcate rock.
Annoia, e molto, Shake, shake mama, un blues veloce ma senza ispirazione. E’
bello anche lo slow blues di Forgetful heart, con una voce sinistra e
viziosa a scandire i versi. Divertente If you ever go to Houston, swingante,
con la fisarmonica di Hidalgo a caratterizzarne i colori.
Migliore recensione di questa la potete al link segnalatoqualche riga più
giù. Dove non si fa menzione – come nessun altro giornale al mondo ha fatto
– della presunta coppia omosessuale che appare in copertina dell’album,
scelta da un Dylan arrabbiato perché il referendum sui matrimoni gay in
California non ha vinto, come ha dichiarato invece il Corriere della Sera
qualche giorno fa:
http://www.thedailybeast.com/blogs-and-stories/2009-04-17/dylan-sunny-side-up/
Il pensiero di Marco
Ciao-sono Marco di Milano-complimenti per tutto quello che
sate facendo-è la prima volta che vi scrivo-la solita pigrizia- vedi gli
altri che dicono piu o meno quello che pensi e ti impigrisci-scusa dunque se
la faccio un po lunga- quest' ultimo periodo mi ha dato la spinta per dire
qualcosa--io sono ormai sessantenne e Dylan lo frequento dal 65, quando nei
juke-box impersersava LARS-45 anni di dedizione-di permanza e manutenzione--
mi sono succhiato tutti i suoi periodi con gli inevitabili up and down--il
tempo poi ti da saggezza e ti aiuta a capire ed ad avere pazienza--comunque
Lui ha cambiato tutto il modo di pensare e fare musica- ha cambiato anche
me---riguardo alle critiche di oggi forse non tutti sanno che anche negli
anni 80 e 90 era piu o meno la stessa situazione- non c'erano siti e stampa
come oggi, ma parlando con altri fans e addetti ai lavori-si sentiva
dire---la voce non va bene- oppure è bellissima- arrangiamenti delle canzoni
pure--io sapevo che in tutti i concerti c' erano -e ci sono- sempre un paio
di piccoli capolavori- i quadri viventi-work in progress- l' ineffabile e
l' indicibile che si mostrano per pochi attimi e ti lasciano pieno di mito-
di materiale psichico e onirico che ti fa andare avanti gratis esteticamente
ed estaticamente per mesi--e dove lo trovo un altro cosi?---bene- veniamo
all' oggi--una cosa riguardo a Dylan è che nei giudizi noi dipendiamo spesso
dai periodi mentali che stiamo vivendo e questo a volte condiziona i giudizi
- lo vorremmo sempre bello e in forma- ma qui non è cosi--come dice la
canzone--la bellezza e i piccoli capolavori bisogna andarseli a cercare e
meritarseli--è gia un capolavoro per esempio la mail di Marina quando parla
di A CHANGE IS GONNA COME del 2004 al Lincon centre di New York- filmato e
audio buoni- il piano suonato a tempo e con grinta- lui che canta per i neri
e per tutti allo stesso tempo soffiando nelle parole la tristezza e la
speranza della condizione dell essere umano-con quelle dita nodose da
artigiano senza tempo che fa scarpe per tutti ma va in giro ancora scalzo---
ricordo una versione dell'anno scorso a Copenhagen di Ain't me baby-
sembrava rock d avanguardia--a Milano dopo qualche giorno era gia cambiata-
sempre bella-ma diversa- si sentiva che dylan ma anche il gruppo
improvvisavano su di un registro stabilito ma intercambiabile- sono cose
impagabili secondo me--ALTRO CHE ABBIAMO PAGATO IL BIGLIETTO E VOGLIAMO
QUESTO E QUELLO--come ha detto Dylan--saro capito fra 100 anni-- queste cose
si sono susseguite anche negli altri concerti piu o meno--ed è qui il punto-
ci sono un paio di cose da dire prima-- a forza di leggere i pareri nella
fattoria degli ultimi anni di Dylan- piu o meno negativi-intendo i
concerti-dall' essere arrivati alla frutta--piano piano mi sono convinto
anche io-visto che i vecchi fans ne parlano male- quelli nuovi e quelli
intermedi ne parlano troppo bene senza un adeguata esperienza--è una
situazione buffa ma possibile--ci sono dei giorni che leggendo le news mi
sembra di assistere al funerale di Dylan-- meno male che Tu mr tambourine,
forse per rifarti dei troppi pareri negativi, hai parlato bene dell ultimo
disco-scherzo---- ho ascoltato gli altri pezzi del cd e sono quasi tutti
belli-in Life is hard voce e arrangiamento sono deliziosi-da mangiare--vengo
al punto che mi ha fatto venire voglia di scriverTI- mi fa ridere dentro il
fatto che alla mia eta devo tentare di dare una sferzata di energia a gente
piu giovane--il fatto è che ho ascoltato gli ultimi concerti e sono
entusiasta--gia gli ultimi concerti dell' anno scorso in America erano
meglio di quelli in Europa- organo suonato bene con pezzi solisti- c' è un
tipo su expectingrain che sta rimasterizzando i concerti di quest'anno-
sembra di essere li sul posto- il concerto di Copenhagen ha un energia
incredibile- le canzoni sono cantate bene e Bob si fa capire sia
musicalmente e vocalmente--la voce stranamente è piu bella di qualche anno
fa,quando non sapeva ancora adattarla all eta'- ora è si roca e lupeggiante
-ma gli da un senso deciso e uno stile- ogni tanto cade-ma non si puo avere
tutto--ho fatto sentire il concerto ad altre persone che ne hanno confermato
la qualita e la forza- ci sono anche altri concerti belli-ma vedo che su
maggiesfarm non se ne parla- riguardo ai concerti c è un senso di
lutto-anche le recensioni esterne non aiutano molto non sempre almeno- come
quella dell'Angelo misterioso a Parigi- dove si dice che la voce di Bob è
proprio alla fine, ma il concerto del giorno dopo è stato davvero buono-!!?
-devo dire che a volte la band è un'enigma- --a volte è meglio del periodo
Campbell-Sexton-non scandalizzatevi----a volte non ha verve e non prende
decisioni--come in Hattie Carrol- Bob si impegna un casino con voce e organo
e loro invece di abbellire il tutto degnamente si limitano ad accompagnare
sindacalmente--anche altri concerti rimasterizzati bene sono belli--se
andate su expectingrain li trovate- insomma per me è come tornare ai bei
tempi- eppure non ho bevuto--voi direte-de gustibus-- ma sentire bene un
concerto è importante e penso che la maggior parte di concerti di questi
anni siano registrati male e diano una sensazione negativa--condizionandone
il giudizio-- cosi come li sto sentendo io sono anche troppo
belli---speriamo che a Milano vada bene- se no dovro nascondermi per un po
di tempo--comunque visto che i concerti dell'anno scorso-vedi Aosta o
Bergamo non erano buoni anche per me-quelli di quest' anno posso assicurarti
che sono migliori--scusa se ti ho tediato o criticato-comunque stai facendo
un bel lavoro- complimenti-Marco
TTL potrebbe essere un album minore , ma è grande !
by Hanns
Ho avuto la possibilità di ascoltarlo ieri. Avevamo solo 30 minuti a
disposizione , qualche impressione.
TTL è come se Dylan e la band si fossero divertiti in studio. E’ stato come
un momento di ispirazione , prendere la tigre per la coda . cavalcare l’onda
, usare la finestra mentre è ancora aperta....qualunque cosa.
Potete sentire Dylan che dice “Penso che Life is hard suona molto bella –
perchè registrarne un’altra ? Voi ragazzi sparatevi in piscina ed io proverò
a scrivere qualche altra canzone”. Non ha scritto qualche nuovo classico ,
penso . ( Può essere “Houston ?) , non lo so , lui ha scritto un album.
Si , TTL è un album , molto conciso , tutto sta assieme , vuole essere
ascoltato tutto. ( Può essere uno sbaglio aver fatto ascoltare due brani
prima della pubblicazione ?). E’ come un fiume , scorre e si srotola
perfettamente. L’insieme è migliore dei singoli pezzi , niente fuori posto ,
nessuna canzone che vorreste saltare. Nemmeno Jolene , la più generica e
sostituibile delle canzoni. Questo lo porta ad essere molto più divertente
di Modern Times.
E’ bello vedere come Dylan ha realizzatoil tutto in un fiato : TTL è (
qualche critico l’ha già detto) un album estivo. Lo ascolterò in tante
serate estive , quando il sole starà tramontando e gli ultimi raggi
entreranno dalla finestra , mentre mi starò preparando per andare in città.
Ha quel senso di vibrazioni , se avete un’auto scoperta correste sentire
proprio TTL. Ma non è superficiale ed allegro, è un album triste ma con i
baffi. Princopalmente perchè le canzoni sono in tonalità di accordi minori ,
ed anche perchè la produzione è più povera che in L&T o MT. Sono certo che
TTL è stato ben seminato.
Il suono è già stato descritto da altri , niente da aggiungere qui. Hidalgo
ha il ruolo principale ma Campbell è importante per il suono. Penso che
suoni la maggior parte delle ritmiche e gli assoli , ma potrei anche
sbagliarmi. La voce di Bob è molto rauca e rasposa , in qualche momento
cede. Non ha importanza , perchè non cerca di apparire meglio di quello che
è attualmente.
Non sono un parlatore nato , così non cercherò di dire qualcosa circa o
testi.
Penso , che per molta gente , TTL diventerà uno dei più suonati album di
Dylan. Non necessariamente l’album preferito , ma uno che tornerà molto
spesso. Capite cosa voglio dire?
Così Yeah , TTL potrebbe essere un album minore in termini di songwriting.
Ma è il più grande degli album minori , così la penso io. Son contento che
Bob l’abbia registrato , mi piace molto.
Caro Mr Tambourine man,
credo che si stia facendo un'apologia all'ultimo album di Dylan che non
merita affatto.Le due canzoni che abbiamo avuto modo di sentire fino ad ora
non valgono niente e lo sappiamo bene entrambi.Non vorrei che Dylan finisse
la carriera vendendo dischi solo perchè suscita compassione. Spero che le
restanti canzoni di questo suo nuovo lavoro valgano quanto Mississippi di
Love & Theft o Ain't Talkin' di Modern Times. Dal vivo, invece, Dylan non si
discute. La sua è la voce più penetrante che esista al mondo,anche se io,al
suo posto, avrei cambiato i chitarristi. Attendo di rivederlo a Roma il 17.
Nell'attesa auguro una buona Pasqua a te e a tutti i fans del Nostro.Ciao
Franzpilar
Ciao Mr T.
Cambiano le cose, cambiano i suoni e tutto sembra diverso.
Pero' poi un suono, familiare, comprensibile arriva nelle nostre case,
macchine, Ipod e tutto...
e' il nuovo singolo di Bob Dylan, e soprattutto e' la voce dell'America...
la voce di una rara e devastata umanita' che sembra vacillare, ma non cede
di un millimetro...
perche' quella voce non puo' cantare la resa, e neppure il crepuscolo degli
Eroi...
e' la voce della Gente, e' la voce di una generazione che ancora non cede il
passo alla sconfitta...
"Sto ascoltando Billy Joe Shaver / Sto leggendo James Joyce
Qualcuno mi dice che ho il sangue del paese nella mia voce
Ognuno ha tutti i soldi Ognuno ha tutti i bei vestiti
Ognuno ha tutti i fiori Io non ho una sola rosa".
Sono versi impagabili nella semplicita' della grandezza...I suoni ci
riportano indietro nel tempo, a Planet Waves, a Infidels, ma in fondo solo a
lui, al Cantore, che con la sua voce regala ancora sogni a chi non puo'
farne a meno...
Non Elvis, e neppure Bruce Springsteen hanno tenuto fede alla promessa di
redenzione che risiede dentro il rock, nel suo Sogno Bob Dylan e' tornato,
ancora, e ancora tornera', perche' il suo modo di essere e' questo, voce,
chitarra o piano... armonica ferita, sangue e splendore. Dio lo benedica e
abbia pieta' di Noi...
Amen
Dario Twist of fate
I Fell a change comin’ on
Dylan c’è ! Eccome ! E' cambiata la sua voce , è
diventata roca , raspante , più suggestiva che mai , a volte ha dei
cedimanti ma chi se ne frega , che importanza ha ? Dylan c’è , c’è sempre
stato , non è mai andato via , la sua musa è sempre al suo fianco. Che bello
questo brano , che semplice e che bello , semplice e profondo nella sua
intensità lirica , nell’abbinamento di parole semplici a concetti immensi.
“ C’è il sangue del Paese nella mia voce !” , nemmeno il grande Elvis-The
King avrebbe potuto permettersi una frase del genere , una frase da 5 o 6
premi Nobel , e mi perdonino coloro che l’hanno già ricevuto più o meno
meritatamente . Dylan è quello che “coglie l’attimo” , nessuno lo sa fare
meglio di lui , e le parole arrivano dritte e forti come una martellata sul
cervello . Una frase che riassume una vita , una carriera , un uomo , un
poeta , un musicista , “e pluribus unum” , “da tanti uno” dicevano i Romani
antichi, gli Americani l’hanno scritto anche sui dollari senza sapere che
sarebbero stati profeti , quell’”UNUM” si sarebbe chiamato Bob Dylan , ma
allora non lo sapevano ancora. Quel Dylan vanto e fastidio della nazione ,
colonna sonora dell’America , bacchettatore dell' Establishment , gazzettino
di paese dei difetti del nuovo mondo , osservatore spietato e cronista
fedele , dei suoi difetti e di quelli del resto del mondo. Che dire di
fronte a questa frase , percossa e attonita la terra al nunzio sta ! Mai
artista era giunto così in alto e così in basso , la giostra delle banalità
, la profondità del pensiero , le sue parole scorrono come il grande
Mississippi , lento , maestoso ed inarrestabile . Dylan è il più grande
fiume d’ America , più grande del Mississsippi stesso , Dylan è il fiume che
porta con se la vita nuova , i detriti ed i rifiuti della società , l’acqua
pulita che la gente è solita sporcare , come è d’uso degradare tutto ciò che
di bello c’è al mondo . Immiserire la mente umana è uno dei giochi nei
quali l’Homo Sapiens è sempre stato maestro , con le dovute eccezzioni che
rispondono a nomi leggendari , Leonardo , Michelangelo , Tiziano , Giotto ,
Bob Dylan. E’ come se Bob avesse tre occhi , due per lui ed uno per
osservare il resto del mondo , per descriverlo , magnificarlo ed
annichilirlo con la forza delle sue parole e delle sue canzoni .
Bisognerebbe risalire fino a non si sa quando, molto indietro nel tempo per
trovare qualcosa di simile a Dylan , e bisognerà aspettare molti anni prima
dell’avvento di un nuovo Dylan , ma intanto lui è qui con noi , sempre
arrogante ed umile nel dimostrare che come lui non c’è nessuno , per fortuna
nostra che abbiamo avuto la possibilità di innamorarci metaforicamente del
migliore di sempre.
“Feel a change comin’ on” è una perla , un capolavoro di una semplicità
disarmante , di una intensità insopportabile , la somma del pensiero
dylaniano , la grandezza dell’amore e la miseria del mondo nel quale siamo
tutti costretti a vivere. “Fell a change comin’ on” è un grido di
speranza , che parte dalla voce di Bob e diventa immediatamente nostro ,
un’illusione collettiva perchè il mondo non migliorerà mai , per fortuna c’è
l’amore a darci la forza di sperare , di andare avanti , di digerire il
tutto amaramente , cosa non si farebbe per l’amore ? Il mondo ha sempre
giocato il suo equilibrio su questo argomento , su questo lato
indispensabile della natura umana , bello ed imprevedibile , e Dylan lo sa
meglio di chiunque altro , perchè può unire l’esperienza umana a quella
immensa dell’artista che vive in lui , quel suo “alter ego” in continuo
conflitto con l’uomo , l’eterna guerra fra orgoglio e pregiudizio , fra
passione ed indifferenza , fra il bene ed il male , fra lui e gli altri ,
fra Bob Dylan e Robert Zimmerman da Duluth , Minnesota.
Mr.Tambourine
Beyond here lies what ?
Ho ascoltato Beyond here lies nothin’ e l’ho ascoltato
diverse volte.
La mia impressione :
Non è un capolavoro , è un verace vecchio blues molto bene ristrutturato. La
voce attuale di Dylan entra a pennello in questo pezzo , suscitando emozioni
che un altro tipo di voce non avrebbe saputo fare.
Incredibili i suoni ed i colori che la fisarmonica di Hidalgo riesce a dare
al pezzo , fornendogli una sua identità spiccata , si sente e si ricorda
come la parte più caratteristica del pezzo.
Misurata e contenuta la chitarra di Campbell , un lavoro da professionisti ,
con alcuni tipici fraseggi rock che ben si inseriscono nella struttura blues
del brano , ottima poi la scelta del timbro sonoro abbastanza cupo e
leggermente compresso , si mischia in modo perfetto e mai preminente con il
suond della canzone. Ho cercato di immaginare lo stesso pezzo suonato con
Freeman e Kimball , sarebbe stata una cosa completamente diversa , senza
un’anima propria.
Al primo ascolto avevo pensato “ Il solito blues di routine , come si usa
fare in molti album , pezzi riempitivi " , ma questo brano ha qualcosa di
diverso , di speciale , una una sua valenza specifica , un’anima propria ,
l’anima che si trovava nelle prime incisioni anni 60 , suono ruvido e sporco
ma ricco di fascino , suono perso per sempre con l’avvento dei CD , ma Dylan
l’ha saputo ripescare , merito del suo genio naturale e della sua sensibiltà
artistica , il saper cogliere quel giusto gusto d’antico che tante emozioni
ha saputo dare pur nella sua imperfezione sonora.
Il testo :
Situazione drammatica narrata con parole semplici , la purezza di un
sentimento profondo rapportato con l’abbruttimento e la pericolosotà del
mondo. Lui sa che questo amore è la cosa più importante del mondo , ma si
guarda intorno e vede quello che non vorrebbe vedere , i viali con le
macchine abbandonate, le finestre con i vetri dietro le quali la gente si
nasconde per paura di essere vista , l’angoscia di vivere in un mondo che
ormai non è più a misura d’uomo , che c’è oltre l’amore ? Niente , il resto
, quello che circonda lui e lei non dovrebbe avere influenza ed importanza
sul loro rapporto , invece purtroppo non è così. Però lei è come se non
esistesse materialmente , sembra la donna idealizzata , un fantasma senza
nessuna descrizione , sembra un concetto più che una donna reale , dylan non
la descrive , non parla di lei , parla con se stesso , si racconta le sue
emozioni , le sue illusioni , le sue constatazioni , le analizza velocemente
, giunge abbastanza in fretta alla conclusione. Bastano tre o quattro frasi
come flash cinematografici per rendere il tono della storia , senza parole
inutili , senza parole colte , il linguaggio della strada usato da un animo
sensibile ed osservatore , da una mente capace di spiegare una potenziale
tragedia con due parole.
“La mia barca è nella baia e le vele sono spiegate“ , frase di difficile
interpretazione , è un annunciato addio o forse un invito a lasciare quel
mondo per la ricerca di un’altro ? Mi rimane questo dubbio , che tutto
sommato tale resterà , conoscendo un pò Dylan sono propenso a pensare alla
partenza in cerca di qualcosa di nuovo che possa sostituire questo
importantissimo amore , fedele all’idea che nessuno è indispensabile e che
tutto si possa sostituire , che sia questa l’attuale bruttezza del mondo che
l’artista vorrebbe egoisticamente abbandonare? Come se dicesse “Tu sei
importante , la cosa più bella che mi sia capitata , ma io ho bisogno di
qualcos’ altro che dia un sapore diverso a questa squallida esistenza ,
sotto altra luce e da un diverso punto di vista lo stesso tema di
Workingman’s blues ? L’amore ed il rapporto misurato e minato dalla miseria
, dal duro lavoro e dall’indifferenza della società verso questi problemi ?
Il mondo dei poveri cristi raccontato da chi ha occhi per vedere ?
Fulvio De Marchi
Ciao,
può questa frase di Dylan rispondere ad alcuni dei vostri dubbi su di lui?
BD: I think it’s the land. The streams, the forests, the vast emptiness. The
land created me. I’m wild and lonesome. Even as I travel the cities, I‘m
more at home in the vacant lots. But I have a love for humankind, a love of
truth, and a love of justice. I think I have a dualistic nature. I’m more of
an adventurous type than a relationship type.
Kuore scuro
Cantando sommessamente e gracidando come una rana toro
By Neil McCormick
Bob Dylan ha realizzato un nuovo album , “Together Through Life” , che esce
alla fine di Aprile , il suo 33° album in studio.
Cosa provate a questa notizia probabilmente dipende da quanto da vicino
avete seguito la sua carriera.
Come uno dei più grandi della musica popolare di tutti i tempi , un tipo
davvero eccezzionale che ha tessuto la sua aggrovigliata matassa per cinque
decadi , Dylan ha sentito il dovere di andare dove lo guida la sua musa.
Anche se questo significa qualche volta scendere giù nelle roadhause di
confine per suonare qualche Tex-Mex blues.
Spostatosi verso il suono più denso del blues elettrico e lasciati i testi
di Modern Times , questo disco è più dinamico , intimo ed anche più
fantasioso.
Il tema è l’amore in tempi difficili. La voce rotta di Bob è alta nel mix ,
canta in tono basso gracchiando come una rana toro che impersona Dean
Martin. Una fisarmonica piena di colori svetta nel centro , mentre chitarre
acustiche tipo jazz e chitarre elettriche compresse gli girano intorno.
E’ un bizzarro vecchio sound con il sapore dei vecchi 45 giri riveduti con
la chiarezza e la cristallinità dei mezzi attuali.
Come in molti casi del Dylan degli ultimi anni , lui flirta con i clichè ,
quasi eccitante con le rime-fedeli come 'moon' and 'June'.
Quando Dylan offre una canzone col titolo di ampio respiro come “Life is
hard” , vi dovete aspettare uno stato d’animo nazionale piuttosto che una
jazzy-ballad sull’amore perduto.
“ I feel a change coming on “ implica un Obama-amichevole accenno ai tempi
che stanno cambiando, ma è anche un quasi prosaico romanzo country , il
cambio in questione è quello di essere in una situazione di rapporto. Dylan
spesso dà l’impresione di essere più interessato in questo periodo al suono
in generale piuttosto che ai testi. Ma quando spara una frase fulminante
come “ Ho il sangue della nazione nella mia voce” , significa che dovete
riesaminare da capo tutta la canzone.
C’è uno spirito di humor malizioso in questo lavoro. Nella più intima “It’s
all gone” , lui mette chiaramente in risalto il caos che regna nel mondo ,
ogni accoppiata è preoccupante “ Mattone su mattone , loro vi fanno piangere
, un bicchiere d’acqua è abbastanza per affogare” , ironicamente addolcita
con il titolo dal clichè volgare , certamente una delle più irritanti
abitudini del linguaggio contemporaneo.
E’ folle o è un genio ? “Non voglio crederci , ma devo crederci” , canta in
“This dream of you”. Qualche volta provo gli stessi stati d’animo di Dylan.
Bob Dylan's free single: Snap judgment
by Simon Vozick-Levinson
E’ già dall’inizio di questo mese che abbiamo saputo dell’uscita , il 28
Aprile , del nuovo album in studio di Bob Dylan “Together Through Life”
Oggi lui ci ha sorpreso di nuovo facendo debuttare “ Beyond here lies
nothin’ “ come free MP3 da scaricare dal suo sito ufficiale.
Mai dire che il vecchio Bob non è al passo di un miglio al minuto col ritmo
di consumo musicale sul WEB.
Così , com’è il brano ? Graziosamente grande direi , dopo averlo ascoltato
tre o quattro volte.
Sono un grande Dylan-fan , ancora entusiasta del blues del suo ultimo lavoro
in studio del 2006 , Modern Times.
"Beyond Here Lies Nothin'" mantiene la tradizionale progressione di accordi
del blues , ma il tempo è sostenuto molto bene dal riff di fisarmonica e di
chitarra che gli danno un sapore particolare , come se provenisse dall’era
di Robbie Robertson o di Mike Bloomfield ( precisamente David Hidalgo
dei Los Lobos alla fisarmonica e Mike Campbell degli Heartbreakers alla
chitarra solista ).
Ho approfondito anche il testo , col suo classico motivo dylaniano di unire
i rapporti umani con questo mondo pericoloso.
Al momento , almeno , “ Beyond here lies nothin’ “ sembra essere la miglior
canzone nuova di Dylan che ho sentito negli ultimi anni. Ma è disponibile
solo per 24 ore , allora andate su bobdylan.com e scaricatelo subito , e
fateci sapere cosa pensate dell’ultimo Bobby Zimmerman.
Caro Mr. Tambourine, cari Maggiesfarmer tutti,
come accade con una certa frequenza negli ultimi tempi, qualcuno ha espresso
il mio pensiero prima di me. Mi riferisco al lungo e pacato intervento di
Blindboygrunt che mi ha battuto sul tempo (ma non ti illudere Blind, non
riuscirai a battermi anche nella scalata della classifica, perché ti farò
sudare la partita ).
Posso dire di condividere pressoché appieno quello che il caro amico ha
detto a proposito delle varie questioni poste in questi ultimi giorni,
quindi vi risparmio di leggere inutili ripetizioni.
Mi limiterò, pertanto, ad aggiungere soltanto che l'immenso patrimonio
costituito dalla Farm deve essere preservato ad ogni costo e per fare questo
non bastano le critiche ma occorre essere anche propositivi. Faccio anch'io
mea culpa, sotto questo profilo, poiché sebbene tenga moltissimo al sito ed
a questa affettuosa comunità, forse non mi sono impegnata più di tanto nel
dare il mio apporto, seppur minimo in relazione alle mie scarse capacità.
Criticare è semplice. Molto più difficile è proporre soluzioni alternative.
Anch'io quando Michele ha lasciato mi sono sentita smarrita ed ho temuto che
potesse scomparire tutto. Non vi nascondo che all'inzio il mio timore è
stato alimentato dai cambiamenti introdotti dal Tambourino (vi ricordate
quel bel rosso dello sfondo? per me rappresentò una vera e propria bomba al
vetriolo lanciata sui miei poveri occhi sempre affaticati), ma ben presto ho
apprezzato la duttilità del carissimo amico ad accogliere suggerimenti da
tutti. Personalmente sono grata a Mr. Tambourine per il tempo che dedica a
noi ed alla nostra passione, e sono sicura che è pronto ad accettare di buon
grado le critiche costruttive. Ed a tal proposito, mi sento di dire che, nel
pieno rispetto delle libertà di espressione di tutti, preferirei che il
curatore del sito esprimesse il suo punto di vista con toni più moderati per
il ruolo che ricopre e deve ricoprire nel sito, senza ovviamente rinunciare
alla propria sacrosanta opinione. E dico questo con tutto l'affetto e la
stima nei suoi confronti.
La Farm è un bene prezioso per le nuove generazioni che vogliono avviarsi
alla scoperta dell'opera immensa di Dylan e dobbiamo dare loro una
impressione di sobrietà e competenza.
Lo dico perché proprio la scorsa domenica ho dato ai miei due nipoti di
quasi tredici anni il link di MF e abbiamo aperto insieme il sito. Ho
spiegato loro che qui potranno imparare tante cose su un grande uomo. I mie
due nipoti si sono avvicinati al Nostro spontaneamente. Circa un anno e
mezzo fa, quanto avevano poco più di undici anni, smanettando con il mio
cellulare hanno scoperto Like A Rolling Stone (é la suoneria che ho abbinato
al numero di mio marito). E' stato un amore a prima vista. Non potete
immaginare la mia emozione. Sono levitata ed il cuore ha sobbalzato. Non
credevo a quello che stava accadendo ed a ciò che è accaduto dopo: volevano
imparare a suonarla! Così, in questo ultimo anno e mezzo li ho introdotti
gradatamente alla scoperta di Dylan e saranno entrambi con me ai concerti di
Roma e Firenze.
Loro, come tanti altri figli e nipoti di tutto il mondo rappresentano la
speranza che l'opera di questo grande uomo non vada dispersa e MF può fare
tanto perché questo possa realizzarsi.
In conclusione, ben vengano le critiche ma contribuiamo a valorizzare il
lavoro di Mr. Tambourine.
Un abbraccio a tutti
Marina
Come centinaia di altri blues , anche “Beyond here lies
nothin’ “ si appoggia su un blues precedente , anzi , su diversi blues
precedenti. Il blues “canonico “ e più tradizionale è formato da una
sequenza di tre accordi che si susseguono nello spazio-tempo delle 12
battute. Quindi , essendo queste le regole , niente da inventare , stare
nelle regole se si vuol suonare un buon vecchio traditional-blues. Questo
impone grossi limiti allo sviluppo musicale essendo impossibile variare la
struttura dei pezzi , così centinaia di “classici” si assomigliano uno
all’altro , non certo per mancanza di fantasia , ci si possono mettere tutti
gli strumenti che si vuole , fare tutti i guitar solos che vuoi , variare i
suoni della chitarra , dal pulito al più distorto ( gli esempi sono ormai
incalcolabili ), ma la metrica della canzone è inalterabile , la melodia
legata e strozzata dalle regole .
Molti anni fa , un coloured-bluesman di nome Otis Rush , famoso nella zona
di Chicago negli anni 50’ e 60 ‘ , imbraccia la sua Gibson 335 cherryred ,
probabilmente anche lui prendendo ispirazione dal ricco patrimonio del blues
, scrive un pezzo e lo chiama “All your love (I miss loving). Poco tempo
dopo , un’altro coloured bluesman , Jody Williams , riprende il pezzo , fa
alcune piccole variazioni e lo chiama “Lucky you”. In Inghilterra , nello
stesso periodo , il giovane chitarrista Eric “Slowhand” Clapton sente il
pezzo , abbandona la sua Telecaster , compra una fiammante Gibson 335
cherryred in Chearing Cross , abbandona il gruppo beat del quale faceva
parte , “The Yardbyrds” , e decide di dedicarsi esclusivamente al blues. Si
imbarca in una disastrosa tournèe in Grecia con una band chiamata “The
Glandes” suonando i classici blues fra i quali “All your love”. Al ritorno
dal disgraziato tour verrà sostituito da un certo Peter Green , che con loro
apprenderà il repertorio di quella squinternata band. Eric intanto si unisce
ai Blues Breakers di John Mayall , portando in dote i blues del suo
repertorio , dei quali si potrà trovare vasta testimonianza nel disco “
Blues Breakers – John Mayall with Eric Clapton “ , conosciuto anche come il
“Beano” album , perchè sulla copertina del disco Eric sta leggendo una copia
di “Beano” , una rivista illustrata di comics. Intanto Peter Green ,
impadronitosi del repertorio dei “Glands” , lascia il gruppo ed entra nei
famosissimi Fleetwood Mac per i quali scriverà una canzone intitolata “Old
black magic woman” che non è altro che la “All your love” di Otis Rush con
il testo cambiato. Niente da stupirsi , questa è un’operazione più che
normale nell’ambito del blues. Uno dei più grandi chitarristi mai apparsi
sulla scena rock , Carlos Santana , sente la canzone e la incide , facendola
diventare uno dei must più famosi degli anni 70. Passano quasi 40 anni , Bob
Dylan prende la stessa canzone , “All your love” diventata “Lucky you” ,
diventata “Old black magic woman” , scrive un suo testo ( ispirato delle
Canterbury Tales di Geoffrey Chaucer ), aggiunge la fisarmonica di Hidalgo e
registra il pezzo per il suo nuovo album di prossima uscita “Together
Through Life”. Ancora niente da stupirsi , questo tipo di cose succede
migliaia di volte nel mondo musicale , pratica normale si potrebbe dire.
Dylan cambia solo il testo ed il suond lasciando inalterata la struttura e
la melodia del pezzo originale , Dylan non è nuovo a queste operazioni ,
avendo usato svariate volte questa tecnica specialmente all’inizio della sua
carriera nell’era folk , ma con questa operazione il pezzo non è più “All
your love” , diventa “Beyond here lies nothin’ “ , non più un pezzo di Otis
Rush ma un pezzo di Bob Dylan , e si sente !
Dylan ci ha messo il suo modo di sentire le cose , le sue emozioni , la sua
storia , il suo pathos , la sua emotional voice , la sua capacità di
reinventare i pezzi delgi altri , la sua ineguagliabile dote di saper
rendere “suo” un pezzo ispirato da un’altro. La canzone non è un Masterpiece
, è un bellissimo ed onesto blues al quale Dylan ha aggiunto la sua arte e
le sue idee , trasformando un pezzo “comune” in un pezzo di “Dylan”.
Piacevolissima la fisarmonica di Hidalgo , il suond “sporco” credo voluto
apposta così , mi aspettavo qualcosa di più dalla chitarra , ma il pezzo
funziona benissimo anche con questa voluta aria retrò , la voce di Bob
giganteggia su tutto , è lui il capitano di questa nuova nave ancora da
varare , restiamo in attesa del varo , con la certezza che anche il resto di
Together Through Life sia di questo spessore.
Mr.Tambourine
Maggiesfarm, opinioni a confronto
Caro Tambourine,
qui il dibattito sta prendendo una brutta piega e mi sa che ti serve un
avvocato. Penso che per competenza professionale tocchi a Marina, quindi io
mi limito a una serie di considerazioni. Mi "limito" per dire, visto che
non
ho nessuna intenzione di essere sintetico! Mi sembra che la discussione
stia
virando dal tema Dylan-uomo a quello relativo ai contenuti del sito. E
siccome è la prima volta che in modo così diffuso si affronta l'argomento,
secondo me vale la pena di non lasciarlo cadere. Pertanto, sintetizzo
rapidamente le ultime questioni sollevate per poi puntare al cuore del
problema.
1. L'uomo e l'artista
I toni si stanno un po' esasperando, ma probabilmente molto dipende dalla
vis polemica con cui vengono presentate le varie idee. Ribadisco quello che
dicevo nella mia mail, che fu una di quelle iniziali: nessuno vuole, può o
deve giudicare il comportamento personale di Dylan; a tutti noi interessa
l'unica
veste con cui si presenta, e cioè quella di artista. Ciò posto, non si può
arrivare ad affermazioni del tipo "della vita dell'uomo non me ne frega
niente": non è moralismo o pettegolezzo, è semplicemente una regola vecchia
come l'arte stessa, per cui l'opera molte volte può essere decifrata solo
conoscendo l'esistenza dell'artista. Mi spiego con un semplice esempio: di
per sé, a nessuno interessa una lite di Dylan con una "cognata", oppure una
sua relazione extra coniugale con una dipendente della Comunbia (si, ho
scritto proprio Comunbia!) records. Però senza conoscere questi aspetti
diventa più difficile capire due canzoni come Ballad in plain d o You gonna
make me lonesome. Quindi da alcuni eventi personali è impossibile
prescindere, a livello di conoscenza e non certo di giudizio. Quello che
intendevo sostenere all'inizio della discussione era però un altro
concetto:
quello che si coglie nello sfogo di Tambourine è semplicemente il
dispiacere
che il proprio mito non sia perfetto. E preciso: non è detto che debba
esserlo; quello che conta è ciò che ci ha dato e che (speriamo) possa
ancora
darci. Tuttavia, se qualcuno vuole sostenere che è "deluso" nelle proprie
aspettative dai comportamenti di Dylan dovrebbe essere libero di dirlo;
come
ipotizzavo, potrebbe essere un eccesso di morale, ma rimane una opinione
liberamente esprimibile. Anzi, a valutare ancora meglio la molla
scatenante,
è stato Paolo Vites per primo a giudicare il titolo in funzione del flusso
emozionale che scatenava in lui. Il flusso del Tamburino è diverso, ma la
cosa non mi sembra così grave: ha semplicemente descritto le sue emozioni
(e
non è forse in linea col soggetto cui il sito è dedicato?)
2. Cosa ne pensa l'interessato
Sappiamo che a Dylan non importa nulla di quello che pensano i suoi fan
(questa è una constatazione, non è una critica). Però a me sembra che nel
corso del tempo, e in modo neanche troppo velato, si sia espresso su questo
tema. E ovviamente lo ha fatto sostenendo sia una posizione sia il suo
contrario. Innanzi tutto si è chiamato fuori dalle responsabilità: "Tu dici
che vorresti qualcuno debole mai, ma forte sempre, per proteggerti e
difenderti, nella ragione e nel torto. Tu dici vorresti qualcuno che ti
prenda ogni volta che cadi, che stia sempre a cogliere fiori e a correre
ogni volta che lo chiami.Ma non sono io.l'uomo che cerchi tu non sono io".
Ma non per questo l'artista è così miope da non vedere i difetti dell'uomo
quando decide di trasformarli in contraddizioni "Cosa valgo se sono come
tutti, se mi giro dall'altra parte a vederti vestito così.se vedo e non
dico, se per me sei trasparente.se occasioni ne ho avute e continuo a non
capire. se dico cose schiocche e rido in faccia al dolore, e volto la
schiena a te che muori nel silenzio, cosa valgo?". Non mi sembrano neanche
posizioni incoerenti: "non aspettarti nulla da me e quindi non giudicarmi;
io però le domande me le faccio".
3. I concerti
Dalla polemica sull'uomo a quella sui concerti il passo è stato breve,
anche
perché Tambourine ci mette del suo rincarando di volta in volta la dose (ma
è fisiologico: in fondo lui risponde ogni volta ad ogni mail, e quindi deve
per forza ritornare sempre sugli stessi argomenti, magari versando ancora
un
po' di benzina sul fuoco). E' una polemica vecchia, già ospitata sulle
pagine del sito, questo è innegabile. Però i concerti sono ricominciati,
quindi esprimere un giudizio sul nuovo spring tour dovrebbe essere
consentito, se non doveroso. E dato che i concerti non sono cambiati, come
le fonti internet che sono disponibili a tutti confermano, mi sembra anche
legittimo che chi ha perplessità le possa ribadire. Naturalmente chi vuole
andarci ci va, chi non se la sente se ne sta a casa, però se queste
opinioni
non vengono espresse su un sito dedicato a Dylan dove dovrebbero trovare
posto? Personalmente, continuo ad andare ai concerti (semel in anno) senza
nessuna aspettativa, soprattutto da quando suona questa famigerata band, ma
solo per il piacere personale di continuare una tradizione e di vedere da
vicino il vecchio Bob. E' come un vecchio zio che da ragazzini ci ha
insegnato molte cose "che contano" della vita e che una volta l'anno viene
a
pranzo a casa: a volte è in forma, altre è più rincoglionito, ma l'affetto
non si discute. Ovviamente questo non significa passare sulle lacune. Al
contrario, mi sono drammaticamente ritrovato nella descrizione che faceva
Michele del "suo" concerto a Chatillon dello scorso anno: simmetricamente,
io mi ero trovato sotto la pioggia di Bergamo a passeggiare lontano dal
palco e ad osservare gli spettatori, moltissimi dei quali assolutamente non
coinvolti da quello che stava succedendo, esattamente come me in quel
momento. Se Dylan fa concerti il sito "deve" riportare le aspettative di
chi
ci andrà o non ci andrà, le scalette dei brani, le impressioni di chi c'è
stato. Se le aspettative o i giudizi sono negativi, rispettiamo chi li
esprime. Altrimenti, rischiamo che il sito ospiti solo le recensioni
"estere" che Tambourine gentilmente e puntualmente ci traduce. Ma chi
sarebbe così contento se le uniche notizie sul sito fossero quelle del fan
che "si è bagnato come una ragazzina che fa i giochetti con il suo
amichetto"? (cito quasi testualmente una descrizione che mi ha fato
rabbrividire.). Io credo molto in quello che da sempre sostiene Paul
Williams (che a questo concetto ha dedicato tre volumi e un bel pezzo di
vita), e cioè che l'arte di Dylan sia soprattutto l'arte di un performer.
Ma
se è così, "bisogna" giudicare ogni singola performance, anche quando i
risultati non sono buoni e non solo quando si raggiunge l'immenso per una
sfumatura in un verso o per un assolo di armonica (quante volte è successo
in passato, e quanto poco negli ultimi anni!).
4. Maggiesfarm
Negli ultimi giorni i difensori di Dylan hanno decisamente inasprito il
tono
delle polemiche, non solo in relazione ai contenuti (un po' talebani) ma
anche nei giudizi nei tuoi confronti, e questo francamente non lo capisco.
Anche perché (qualcuno lo ha opportunamente ricordato, ma qualcun altro se
è
lo è scordato) il lavoro del curatore del sito è un atto di amore e di
volontariato. Riflettiamoci, perchè le parole di Michele sono emblematiche:
senza Tambourine il sito sarebbe morto un anno fa. E do voce anche a una
mia
preoccupazione: se Tambourine avesse un carattere come il mio, (anche se
fortunatamente ritengo di no), probabilmente in una delle prossime talkin
scriverebbe un messaggio tipo "ragazzi, andate a fare in culo, e scusate se
ho usato un giro di parole.". Dopo di che, o si fa avanti un altro morituro
oppure si prende tutto e lo si butta nel cesso (accidenti, mi ero
ripromesso
di non toccare l'argomento del cesso ma, seppure per altre strade, ci sono
arrivato anch'io!). Riflettiamo ancora un attimo: dalle ultime mail emerge
un elenco consistente delle cose che NON si possono (o non si dovrebbero)
fare. Ne cito qualcuna: usare pseudonimi, criticare i concerti, criticare
le
scalette dei concerti, parlare male dell'uomo, dare giudizi negativi sugli
album recenti, occuparsi delle notizie frivole, occuparsi di altri
artisti,.
Ebbene, togliamo tutte queste cose dal sito e cosa rimane: le segnalazioni
dei video su you tube, i link agli articoli che parlano di Dylan, le
recensioni dei concerti che già appaiono sul sito ufficiale. In poche
parole: expecting rain, anzi, qualcosa di meno, visto che su quel sito ci
sono diverse notizie su artisti che ruotano intorno all'universo dylaniano.
Invece abbiamo un patrimonio ben più ricco (e in italiano!), e non è bello
pensare che sia a rischio. Seguo quotidianamente maggiesfarm dal 2002,
anche
se non ho mai scritto o partecipato molto, fondamentalmente perché molte
delle mie opinioni le anticipava Michele nei suoi interventi. Ora, dalla
mail di Michele e dalle osservazioni di Tambourine, apprendo dati
contraddittori: anche se il numero degli accessi è invariato, molti hanno
abbandonato il sito e soprattutto molti esprimono giudizi negativi sulla
nuova gestione. Gli aspetti sotto esame, per carità, più che
legittimamente,
sono la forma, la grafica e i contenuti. E allora, perché non affrontare
questi temi in modo approfondito (nel dibattito quotidiano sul sito,
intendo) per capire meglio cosa vogliamo dal sito e, soprattutto, cosa
possiamo fare per esso. Perché mi pare di capire (dalla preoccupazione di
Michele) che sia il caso di stringersi intorno al curatore, aiutarlo a
superare i difetti (se ci sono) e di vedere in che modo possa essere
migliorata la gestione del patrimonio di informazioni di cui disponiamo.
5. La forma
Parto da una constatazione importante: quando c'era "lui" i testi erano
perfetti (non so se avesse influenza anche sui treni.). In effetti, nel
lavoro di Michele (esattamente come nei suoi libri, peraltro) non c'era una
virgola o un accento - apostrofo fuori posto. Di solito queste cose non si
notano (lo dico per esperienza professionale) se non quando mancano: se la
forma è perfetta il discorso fila e ci si può concentrare sui contenuti,
solo nel caso contrario qualcosa si inceppa. All'inizio la gestione di
Tambourine è stata un po' macchinosa, poi mi sembra che sia decisamente
migliorata, giungendo ad un livello comunque accettabile, addirittura più
che accettabile se si considera il rapporto tra risultato e tempo a
disposizione. Certo, ogni tanto c'è qualche errore di battitura, o qualche
virgola fuori posto. Però non credo che siano elementi così gravi da andare
a discapito della fruibilità dei testi. Senza il minimo intento polemico,
osservo che spesso sono scritte molto peggio le mail dei lettori,
specialmente quelle "di protesta". Se poi gli errori del Tamburino danno
fastidio, ben venga il consiglio di Michele: siamo qui per segnalarli e
correggerli insieme.
6. La grafica
In una delle pochissime volte in cui ho scritto, ho avuto modo di
sottolineare che per me la grafica è migliorata, c'è una maggiore rotazione
delle immagini, si arriva più facilmente alle news del giorno, ecc. Anzi,
forse si dovrebbe pensare di capovolgere la sequenza di accesso, nel senso
di definire come home page la pagina delle novità e consentire solo dopo di
passare al sito completo. Ma sono dettagli (con Michele avevamo discusso
tempo fa di questi aspetti, e probabilmente aveva ragione lui). Però c'è un
aspetto che è sostanziale: Tambourine pubblica gli interventi (esattamente
come sta avvenendo in questi ultimi tempi) ogni giorno, naturalmente
rispondendo, e consentendo ai frequentatori di intervenire a loro volta
quasi in tempo reale. Così facendo sta dando un valore aggiunto incredibile
al sito: in pratica, si riduce la talkin' settimanale e aumentano gli
interventi quotidiani; ci stiamo avvicinando a quello che mancava, e cioè
una specie di blog. Anzi, forse questa è l'unica forma di blog che può
funzionare su un sito senza incappare in tutti i problemi che mi aveva
indicato Michele (intrusioni, spam, ecc.). Secondo me non è un risultato di
poco conto, e andrebbe valorizzato.
7. I contenuti
Novità, testi, traduzioni, approfondimenti: cosa vogliono i lettori di
maggiesfarm? E soprattutto: cosa si può dare che non sia già presente nei
meandri del sito? Non è facile una risposta a quest'ultima domanda,
soprattutto perché siamo in presenza di un sito "maturo", dopo dieci anni
di
vita di cui nove frenetici. Penso ad esempio alla cosa più importante per
un
appassionato che si avvicina per la prima volta a Dylan: le traduzioni.
Michele ha tradotto tutte le canzoni, poi le liner notes degli album, poi
le
versioni alternative delle canzoni stesse, poi i booklet dei cd. Adesso da
tradurre non c'è più niente (salvo le manciate di nuove canzoni). I grandi
dibattiti sono già stati fatti; negli ultimi anni si è discusso di Masked
and Anonimous, di I'm not there, di Chronicles, di Love and Theft e di
Modern Times. Poi siamo passati ai concerti, a Tell Tale Signs, presto
affronteremo il tema dei concerti nuovamente (dopo le recensioni delle
tappe
italiane) e poi terrà banco il nuovo album. Abbiamo argomenti per due
sessioni di dibattito (una e mezzo, chè il tema dei concerti è un po'
logoro.). Dopo di che da discutere c'è ben poco. E' facile accusare il sito
di mancanza di novità, ma il fatto è che grandi novità nessuno le propone,
e
del resto sarebbe veramente difficile trovarne. Non a caso, se guardiamo i
temi delle discussioni su rec-dylan troviamo proposte di argomenti
assolutamente "datati": ieri qualcuno puntava l'attenzione su Neighbourhood
bully, il che è emblematico.
Da qualche parte ho letto che con il ricambio di lettori l'età degli utenti
si è abbassata. Se è così, il sito potrebbe forse fare da guida ai meno
esperti per orientarsi nell'universo dylaniano. Se ripenso ai miei primi
approcci (per quello che riesco ancora a ricordare!) mi vengono in mente i
temi di cui mi sarebbe piaciuto trovare lo svolgimento già fatto: le
influenze artistiche di Dylan, le influenze letterarie, una guida alla
selezione dei migliori album, la traduzione (e se possibile qualche
spiegazione) delle principali canzoni, gli artisti che sono stati
maggiormente influenzati da lui. Però il bello è che tutte queste cose "da
qualche parte" nel sito ci sono, basta armarsi di pazienza e di sagacia
informatica per scovarle! E' quindi così difficile dare una risposta che
forse servirebbe una domanda. Perché allora non proponiamo agli utenti del
sito qualche domanda, un "censimento" per capire quanti anni hanno e da
quanti seguono il sito o comunque Dylan, un "questionario" per capire quali
temi vorrebbero vedere sviluppati, un elenco di proposte per riscontrarne
il
gradimento. Se serve, offro un aiuto. Oppure non facciamo domande, e più
semplicemente stimoliamo gli interventi in questo senso. Del resto il sito
compie dieci anni, magari un restyling potrebbe aiutarlo e comunque sarebbe
più che giustificato. Se invece le risposte ci diranno che va bene così,
tanto meglio: saremo tutti più contenti, con buona pace di chi la pensa
diversamente.
Con grande gratitudine per il lavoro che fai ogni notte
Blindboygrunt
Il tono di alcune recenti opinioni pubblicate sul sito e
l'atteggiamento generale che ora lo pervade, sono veramente puerili.
Bene ha fatto Michele Murino a lasciare la responsabilità del sito, in
coerenza con il suo sopravvenuto disamore per le recenti cose di Dylan.
Ma insistere a scrvivere - nel 2009- di aspettarsi continui cambiamenti
musicali da un uomo che ha fatto il suo primo disco nel 1961, ormai sui 70
anni e che suona da 50 anni, è veramente troppo e sta diventando un clichè
irritante.
L'uomo che è sui 70 non deve certo dimostrare più niente a nessuno.
E' comunque la sua vita e la sua professione, e non vedo chi se non lui
stesso possa decidere se andare avanti e che canzoni sceglere ed in che modo
eseguirle .
Al massimo uno decide - ed è libero di farlo mi risulta- che non vale la
spesa per sentirlo, ed evita.
Fate un favore: smettetela una volta per tutte di
blaterare sul suo conto, dai vari Stefano C ai Mr Tambourine Man
Se vi disgusta così tanto, nessuno vi obbliga a pagare per entrare ad un suo
show, statevene a casa o spendete i soldi per farvi dire buonasera da tutti
gli altri ben più educati.
Ma -soprattutto- lasciate perdere di dedicarvi a siti a lui dedicati, e
dilungarvi su argomenti di spessore come i cessi dei suoi guardiani a casa
sua, specialmente nascondendovi dietro a pseudonimi.
E soprattutto volendo avvalersi del taglio democratico delle "opinioni" per
poi scrivere - dal monte sacro della obiettività di opinione- che "la
sostanza non cambia i concerti erano pietosi e pietosi rimangono"
Così disse Mr Tambourine Man e così è, comunque la pensiate, la sostanza non
cambia, tali rimangono. Alla faccia delle opinioni a confronto e della
sbandierata non voce in capitolo.
E nessuno vi chiede di illustare al mondo che da anni vi procura una noia
mortale andare ai suoi concerti e che- puntualmente- non andrete ai prossimi
qui in Italia.
E giusto per chiarire: si possono avere tutte le opinioni che si vogliono, i
gusti sono gusti, ma dire che con Tell Tale signs si è grattato il fondo del
barile è far capire di non averne mai capito nulla di Dylan, come anche dire
che sta distruggendo Bob Dylan
L'attacco agli artisti è sempre passato attraverso anche il lato personale,
e qui non si fa eccezione: ma veramente i suoi concerti sarebbero migliori e
dimostrebbe più rispetto al pubblico dicendo "Good evening, thanks for
coming" ad ogni sera? E' veramente povero di spirito chi basa tali
trancianti conclusioni su di un uomo in base a queste letture superficiali e
prive di autonomia critica dall'onda crescente della nuova era "del
conformismo democratico liberale" che ormai da anni attanaglia in
particolare il nostro paese. Ed è anche pacchianamente presuntuoso chi
voglia dar qualifiche di falsità a titoli di dischi ancora da sentire.
Bob Dylan farà a meglio a fare un sondaggio la prossima volta per dare più
credibilità ai titoli dei suoi dischi, e sarà più in linea con sé stesso
invece di inventarsi falsità a nostro spregio.
Se il rispetto verso il proprio pubblico pagante si dimostra di più con
queste forme che si vorrebbero, piuttosto che con la rappresentazione della
propria anima, non resta che dire
che ognuno si sceglie la propria presa il culo, chiedere a Marco Carta per
avere conferma.
Lo scopo di questa mia non è certo perchè Dylan abbia necessità di una
povera difesa locale ed isolata, ma perchè il sottoscritto ha una propria
intima decenza di persona che si sente indirettamente colpita da questo modo
di rappresentare le cose riguardo all'artista Dylan.
Andrea Orlandi
Ciao Tamburino e amici della fattoria.
Vorrei dire anch'io la mia sull'argomento di cui state discutendo da un po',
il Dylan attuale, i concerti, l'uomo, l'artista etc.
Premesso che anch'io, come diceva il mio omonimo Stefano C., ho girato in
lungo e in largo per concerti da una ventina d'anni a questa parte, e detto
che francamente dal concerto di Milano 2003 (o forse da Stra' 2004) non ho
piu' visto altro che la ripetizione dello stesso canovaccio, e detto ancora
che l'ascolto di vari bootlegs scaricati da Internet non ha fatto che
confermare tutto questo, cionostante andro' a vedere Dylan anche questa
volta.
So di esprimere un pensiero molto particolare ma io amo Dylan prima di tutto
proprio perche' ha sempre fatto e continua a fare quello che gli pare, con
arroganza, poca considerazione per il pubblico, con la presunzione assoluta
di bastare a se stesso, ma avendomi dato emozioni, sensazioni e sentimenti
che mi accompagneranno tutta la vita.
Chi si lamenta forse preferirebbe aver amato un'artista che si fosse
presentato a cantare ogni 5 o 6 anni o forse tutti noi abbiamo goduto del
piacere di vederlo dalle nostre parti praticamente ogni anno?
E chi critica Dylan oggi non e' forse tra quelli che, qualche anno fa, a una
mia mail in cui lamentavo la presenza di scalette con canzoni troppo
ripetute mi rispose, seccato, “Andrei a vedere Dylan anche se leggesse
l'elenco telefonico?”
Su, un po' di coerenza e un po' di senso del limite: come si puo' pretendere
di piu' da Bob Dylan? Si puo' pensare che per il lui il tempo non esista?
Addirittura si commenta con ironia (o forse peggio) il titolo del nuovo
album, che secondo me invece e' il titolo piu' straordinario che mi potessi
aspettare perche' per me e' esattamente stato un compagno di vita il nostro
Bob.
Chi se ne frega della vita personale, se e' simpatico in famiglia, se ha
amici o no, se ha salutato o no il dipendente dell'albergo a St. Vincent
l'anno scorso, forse chi accentua questo si considera un essere perfetto, e
magari lo e', sta di fatto, pero', che lui e' un'artista e io lo valuto come
tale, e come tale e' il massimo per me, se intendiamo per artista chi da'
sensazioni ed emozioni.
Ho l'impressione che qualcuno ad arte sollevi questi aspetti per fare il
contrario di quello che Tu, Mr. Tambourine, a volte rimproveri, e cioe' di
voler considerare Dylan intoccabile “a prescindere”; non pensi che anche
voler criticare “a prescindere” sia ugualmente sbagliato? Questa storia
della noia degli ultimi show, che peraltro condivido in parte come ho detto,
non sarebbe il caso di lasciarla da parte visto che praticamente tutti i
giorni si sente il bisogno di sottolinearla? Non vi piacciono i concerti?
state a casa, tanto a Dylan non frega nulla e nemmeno all'universo mondo.
Spero comprenderai che queste righe un po' dure vorrebbero inserirsi nello
spirito della discussione e del confronto di opinioni franco e leale che Tu
giustamente ed ammirevolmente affermi e porti avanti.
E' solo che non riesco davvero a comprendere, ma forse sono limitato io,
questa voglia sfrenata di trovare ad ogni costo qualcosa di negativo da dire
andando a volte anche a cercare argomenti che francamente mi paiono fuori
luogo; una volta il sito era dedciato ad approfondimenti straordinari sul
Dylan poeta, musicista e performer; adesso sembra un giornale di gossip e
questo mi pare veramente un'offesa tenuto conto che e' dedicato a Bob Dylan,
non a Fabrizio Corona.
Concludo pero' con un sincero, assolutamente sincero ringraziamento per chi
come Te e chi Ti ha preceduto ha contribuito e contribuisce a divulgare
l'arte di Dylan ed a renderla accessibile a tutti.
Stefano P.
E' la prima volta che vi scrivo
Un abbraccio a tutti i dylaniani che frequentano il sito. Seguo il sito
quasi ogni giorno e faccio i miei più sinceri complimenti a chi se ne
occupa
e a chi se ne è occupato fino a qualche mese fa. Non posso che
ringraziare!!!!
Però non posso non criticare questa ultima polemica sul nuovo disco di
Dylan. Dico polemica e non dico discussione.
Espongo il mio pensiero:
1) Non è molto corretto analizzare il titolo di un album che ancora deve
uscire. Si discute del nulla. Potrebbe essere tutto e nulla, soprattutto in
questo caso. L'unica cosa che mi sento di dire è che sicuramente avrà più
livelli di lettura.
2) Si è utilizzato uno spazio che ha preso il nome di "ttl, opinioni a
confrionto", per poi finire a parlare del Dylan privato e del Dylan live.
2a) Sul sito, del Dylan live, se ne era parlato, con toni duri e spesso
costruttivi, all'epoca del precedente tour. Non vedo perchè tornare a dire
le stesse cose senza avere altri elementi a disposizione. Magari d'ora in
poi, visto che è partito il nuovo tour, si potranno aggiungere altre cose.
Ma fino adesso era aria trita. E comunque una cosa è il nuovo album, una
cosa è la performance live
2b) Sul Dylan persona... beh... A me non me ne frega niente del Dylan
persona. A me interessa l'artista. Se a uno interessa anche la persona,
affari suoi. Ma la mia opinione è che non sia molto corretto farlo. Se io
fossi un artista non mi piacerebbe che chi ama la mia arte si interessasse
anche del mio privato. Ma sapete, io sono della vecchia scuola del "non
fare
agli altri ciò che non vorresti che facessero a te". Magari la pensa così
anche chi si interessa del Dylan persona, e sogna di non poter uscire fuori
come tutti a farsi una passeggiata, aver avuto gente che ti rovistava nella
spazzatura, aver avuto colleghi a cui hanno sparato, etc etc etc
Con immutata stima e ammirazione
Simone Baneschi
Volevo inserirmi un secondo su cio' che ha scritto
Francesco ma anche inserirmi sull'onda di altri commenti per dire che io non
andro' a vedere Bob Dylan.
Eppure lo seguo dal 1984 e il primo live che ho visto e' stato nel 1987 a
seguire poi una trentina e passa di concerti con punte anche all'estero.
Francamente questo sound mi ha stancato e con se il suo cantare borbottando.
Ho appena sentito Billy la song del film Pat Garrett e Billy the Kid che
dire se non piatta e priva di luce.
Ho visto la scaletta e allora? Come potevo immaginare nulla di nuovo sotto
il sole.
Ho appena letto che il nuovo album avra' sonorita' anni 50 se le cose stanno
cosi' questo sara' l'ultimo album che compro di Bob.Il prossimo me lo faro'
duplicare.
Io quindi non vado perche' mi sono rotto di questa sua musica lagnosa,
l'ultimo che ho visto e' stato a Torino nel 2007 ed era di una noia ma di
una noia impressionante.
Non so mai io da un po' di tempo a questa parte vedo che in questi show ci
sia molto fumo e poco arrosto.
Non mi interessa nemmeno sapere perche' ancora suoni (forse non sa' cosa
fare nella sua villa a Malibu', forse come tanti anzianotti e' rimasto solo)
ma e' certo che vivacchia sull'onda del passato.
E guardate che io Dylan lo seguo come si deve e non tanto per dire. Lo
ascolto da 25 anni e non e' poco, ma abbastanza per dire che ho speso molto
in termini economici tra concerti, libri, cd , dvd e altro come del resto
molti Dylaniani.
E' ovvio che c'e' anche a chi questo Dylan piace , ma come dice Mr tamburine
le teste sono tante.
Anzi visto che ci sono vorrei chiedere al Dott. Alessandro Carrera che stimo
molto perche' parla di Dylan in maniera superba e spesso si avvicina alla o
alle verita' Dylaniane cosa ne pensa di quest'ultimo periodo in cui il sound
e' quello che e' e Dylan e' quello che e' sempre uguale da un decennio a
questa parte.
Tra l'altro ho avuto modo di ascoltarlo Carrera live qualche anno fa' presso
L'Universita' Americana a Roma e poi al Big Mama dove suono' Tangled Up in
Blue.
Grazie.
Stefano C.
Ciao Mr. Tambourine,
Blindboygrunt mi ha battuto sul tempo. Volevo scriverti anch’io un
apprezzamento per il pensiero sul titolo del nuovo album che hai voluto
condividere con noi lettori, intitolandolo “il dubbio”.
Fermo restando che ho trovato anch’io belle le parole di Paolo Vites – ma
dubito molto che “Together through life” possa essere rivolto ai fans –
trovo anch’io troppo enfatico questo titolo (anche se ...).
Ed è stata proprio una questione di pelle, come penso per te. Son sicuro che
l’album mi piacerà anche se non mi aspetto rivoluzioni (ma profondità, sì).
Ultimamente i testi sono scritti un po’ con il pilota automatico ed è giusto
così.
Quando Dylan faceva concerti sempre diversi la stampa (non tutta) se ne
lamentava. Adesso, e da parecchi anni, sono grosso modo sempre uguali e la
stampa (non tutta) dice che chi andrà ad un suo concerto troverà i pezzi
stravolti. Il fatto è che sono stravolti sì, ma solo rispetto ai dischi,
perchè ci sono alcuni brani che da parecchi anni sono sempre uguali (e cmq
non stravolti). Scrivo questo rivendicando il fatto che andrò a Milano a
vederlo e che, nella raccolta di opinioni sul BD live che hai promosso in
occasione dell’ultimo tour, ho tentato di dare 2 pro.
Sulla questione artista/uomo (e per la serie citarsi addosso) ecco cosa
scrivevo su maggiesfarm il 10.12.2007: << Spot Cadillac. Adesso affronto un
terreno minato. Lo spot è piaciuto anche a me. E poi cosa c'è di più
americano della Cadillac? Inoltre, il video è girato in un ambiente
plausibile per quel tipo di macchina e il ghigno del Nostro è sempre
qualcosa da vedere. Ciò detto, la realtà è che questi SUV vengono per lo più
usati dalle mamme per portare i bambini all'asilo a 500 metri da casa (...),
cosa che naturalmente si continuerà a fare anche quando l'ingresso nel
centro di Milano sarà a pagamento (cosa vuoi che sia un ticket d'ingresso
nella cerchia dei Bastioni per i proprietari di questi mezzi). (...) I SUV
sono, in generale, tra i mezzi meno ecologicamente sostenibili che esistano
e per quanto mi riguarda credo che solo il Mercato (con la M maiuscola)
giustifichi il loro uso in un contesto urbano. Certo sono il massimo per la
sicurezza, ma se al momento dell'impatto sei sulla 500 invece di essere sul
SUV (il cui guidatore neanche si accorge di stritolarti mentre discute al
telefonino se è meglio prendere 2 o 3 pacchetti di mangime per canarini
all'Esselunga) sei morto. Scusa lo sfogo. Ovviamente sul piano dell'arte di
Dylan non cambia niente (anche se il discorso è delicato, perchè pochi come
BD hanno fatto un'arte della propria vita oltre che delle loro opere). E' il
solito discorso sul genio, etc. D'altronde il Nostro è dagli anni sessanta
che ha fatto una battaglia per affermare di non rappresentare altri che se
stesso e, a volte, neppure se stesso. Tutto ciò ci pone - come infiniti
altri esempi - il problema della coerenza tra la propria arte e la propria
vita. Personalmente, l'ho risolto dicendomi che quando qualcuno ci dà
qualcosa di speciale, ha poi poca importanza se nella vita non si dimostra
all'altezza dell'ideale che ci ha fatto intravedere. Vale l'arte, a quella
tendiamo, e poi pazienza se nella vita di tutti i giorni l'Autore non è
perfetto. >>
Cmq “Together through life” è un titolo bello e, sempre a livello di pelle,
mi ha toccato non tanto per il together quanto per il through life, c’è
questa dimensione del tempo ... come mi sembra abbia detto anche lui in non
so quale intervista: ci illudiamo di possedere il tempo, ma è lui che
possiede noi. E’ un titolo che non avrei capito quando ero più giovane e mi
sembrava ci fosse tutto il tempo per realizzare quello che avrei desiderato.
Ed è un titolo che anche lui probabilmente non ha mai osato prima. Chissà,
magari è il verso di una delle canzoni. Vedremo.
Per una lettura a più livelli, mi sembra cmq che alla fine il senso più
veritiero sia quello (già detto da Blindboygrunt e da Marina) che lega il
titolo alla sua arte o al suo modo di intenderla. C’è un bel passaggio nel
libro di Carrera "La voce di Bob Dylan" dove si fa un parallelo (cito a
memoria) tra la costanza nell’amore (per una donna) in Bob Dylan e, mi pare,
Leonard Cohen, per dire che questa – la costanza nell’amore – non è proprio
il tratto distintivo di Bob. Lui semmai è fedele a se stesso. E’ quello di
Restless farewell, di One too many mornings, di Don’t think twice ..., di
Most likely ... . C’è un’altra cosa che ho letto in proposito e magari ci
tornerò in futuro.
Saluti
Alexan wolf
Ciao Mr.Tambourino e un ciao ai lettori di Maggie’s Farm
È arrivato il momento da parte mia di fare due piccole riflessioni sulla tua
risposta alla lettera di Marina,
Nella tua lettera scrivi:
“… Il tuo distinguo fra Bob persona e Bob artista teoricamente potrebbe
anche essere giusto , ma a mio avviso non funziona , è come il prete che
predica bene e razzola male. Nel caso di Bob, potremmo dire che l'artista ,
assieme al successo , la fama , i soldi e tutto quanto comporta la notorietà
mondiale , avrebbe dovuto anche assumersi la sua parte di uomo
rapppresentativo dei principi da lui sostenuti e , come si diceva una volta
, dare il buon esempio. Immaginati il Papa che alla domenica parla dal
balcone di San Pietro e condanna la violenza , poi , finito il discorso ,
prende a calci in culo preti e suore che sono addetti alla sua persona , che
dice che i fedeli sono un male necessario e fastidioso. E' un esempio
esasperatissimo nel concetto , ma serve per far capire che non sempre è
possibile o giusto separare la personalità pubblica da quella privata.”
Io sono pienamente daccordo con Marina e proverò ora a spiegartelo.
Prima di tutto mi viene spontaneo chiederti: ma che ne sai tu della vita
privata di Dylan, per dare dei giudizi così supeficiali.
Certamente potrai rispondermi, ma Dylan è un personaggio talmente pubblico
che attraverso i vari Media ormai si sà tutto ormai anche dell’uomo.
Grazie al quel poco della mia conoscenza umana posso affermare che stai
prendendo un grosso abbaglio.
Posso dire semplicemente che seguo la sua vita artistica, da oltre
quarantanni ma non posso dire nulla dell’uomo perchè semplicemente non siamo
amici, non ho mai mangiato e non mi ha mai ospitato a casa sua.
Il massimo che mi è capitato e non è affatto una cosa di tutti i giorni è
stato di stare una volta in quel di Montreux e per pochi istanti essermi
trovato faccia a faccia con Dylan in persona e di avergli entusiasticamente
“sventagliato” in un inlese approssimativo un “Good Luck, Bob!”.
Con il suo tipico fare chaplinesco di rimando accigliò lo sguarndo verso di
me e se ne andò accompagnato dalla sua quardia del corpo lungo I corridoi
del backstage.
A distanza di tanti anni ho ripensato a quel minimalissimo gesto e oggi come
allora non so come interpretarlo.
Potrei dire che il suo gesto fosse stato un benovolo saluto oppure un severo
monito del tipo “attento ragazzo stai superando la soglia della mia privacy”
o forse è stata l’espressione di un suo stesso imbarazzo a un saluto di uno
sconosciuto, super entusiasta fan, chi lo saprà mai?
Forse potrei dire conosco Dylan probabilmente meglio di te ma non è cosi
dopo tutti questi anni però non mi verrebbe in mente di sentenziare con la
tua leggerezza, forse sarebbe meglio dire una caduta di superficialità una
risposta del genere come quella che hai dato a Marina..
Le tua affermazione che non si può separare l’artista dall’uomo, posso
paradossalmente anche condividerla, ma secondo me faresti meglio a
soffermarti sull’artista , è l’unica cosa di cui noi tutti possiamo in
qualsiasi momento decidere di prendere o lasciare, di apprezzarlo o
scartarlo.
Secondo me l’unica verità che Dylan ci concede o meglio ci offre da quando
ha deciso di fare l’artista avviene attraverso le sua poesia, la sua musica
e le sue interpretazioni.
Il resto lasciamolo a Novella 2000, a Bruno Vespa a l’Italia in Diretta o se
preferisci a Emilio Fede,
Se ad un concerto di Dylan dovessi aspettarmi la sua “benedizione” o il
segno della croce allora credo di aver sbagliato piazza, forse dovrei andare
a quella con il collonnato sotto al Cupolone..
Per ora preferisco mille volte di più le canzoni che mutano con il mutare
dell’anima dell’uomo o se preferisci dell’artista che le ha create.
Se son stato un pò duro chiedo scusa, ma quanno ce vò, ce vò!
Peter del Bello
Ciao Mr. Tambourine,
ti scrivo per comunicarvi un paio di riflessioni sull'ultimo dibattito
scatenato dal tuo sfogo sul titolo del prossimo album di Dylan. Riguardo al
problema della distinzione tra l'artista e l'uomo, francamente mi sembra
piuttosto inutile (oltreché scorretto) mettersi a criticare gli
atteggiamenti di Dylan che non ci piacciono o su cui non ci troviamo
d'accordo; innanzitutto non si è mai posto come esempio per gli altri e poi
non credo che nessuno di noi possa dire di conoscerlo così bene da esprimere
un giudizio effettivamente corretto (visto che hai tirato in ballo Gesù, tra
le altre cose, ha anche detto di non giudicare (Mt. 7,1)). Detto questo, se
anche fosse una persona spregevole, non vedo proprio cosa c'entri con
l'aspetto artistico: le canzoni sono belle, valide, etc. indipendentemente
da chi le ha scritte; cioè penso che nessuno di noi cambierebbe il proprio
giudizio sulla bellezza o meno di una canzone, se sapesse che invece di Bob
l'ha scritta Pinco Pallino o chi altri. Per quanto riguarda il rapporto con
il pubblico, il fatto che non saluti o non intrattenga dicendo qualcosa di
divertente, a me non dà assolutamente fastidio; anzi, il fatto di mettere in
evidenza le canzoni invece di se stesso è una cosa che apprezzo molto e
credo che sia questo il modo migliore di rispettare il pubblico. Sul fatto
che i concerti di adesso non siano all'altezza di quelli passati, sono
abbastanza d'accordo, ma non penso proprio che Dylan li faccia
deliberatamente scarsi per affliggere il suo pubblico! Credo invece che al
momento, qualunque siano le ragioni, non riesca a fare di meglio, ma visto
che non obbliga nessuno ad andare ad ascoltarlo, anche da questo punto di
vista non ha senso criticarlo come uomo o dire che non è corretto con il suo
pubblico, etc.; si può semplicemente non andare a sentirlo, se non lo si
ritiene in grado di fare un buon concerto. Infine non credo che il titolo di
un album o i testi delle canzoni vadano presi in senso strettamente
autobiografico: come diceva Rimbaud "Je est un autre" e in letteratura (e in
musica) è particolarmente vero.
Un saluto a tutti!
Francesco
Caro Mr. Tambourine,
ho letto le opinioni che tu, Paolo Vites e Blindboygrunt avete espresso a
proposito del significato del titolo del nuovo album e provo ad esprimere il
mio pensiero.
non credo che si debba valutare il comportamento dell’uomo Dylan e che lo
si debba giudicare, perché lui non si presenta a noi come uomo ma
semplicemente come artista.
nessun artista serio ha la pretesa di essere un modello di vita esemplare o
vuole costituire, egli, un esempio per il prossimo. L’artista è solo colui
che possiede il dono di saper leggere la realtà che lo circonda intuendone i
limiti, i difetti, i pregi, le potenzialità; è colui che ha la capacità
intellettuale di rappresentare tutto ciò e di indicare, attraverso le più
diverse forme espressive, il suo eventuale modello astratto di realtà. Tutto
questo nulla ha a che vedere con l’uomo sotteso nell’artista: quell’uomo può
essere in grado di uscire da sé, di comprendere le sue imperfezioni e quelle
degli altri, il modo di correggerle, ed al contempo essere incapace di
testimoniare in prima persona ciò che come artista stigmatizza, può essere
incapace di prendere le distanze dalla sua umanità limitante. Ma non c’è
nulla di contraddittorio in questo. Il compito dell’artista è offrire agli
altri il frutto della propria elaborazione intellettuale, della propria
capacità creativa e queste sono le uniche cose che può condividere con il
suo pubblico, anche quando racconta sé stesso, le sue passioni, i suoi
sentimenti, i suoi dolori.
Per quanto ne so del carattere di Bob , posso anche credere che se avessi
la fortuna di incontrarlo e mi vedesse cadere inciampando, forse si
volterebbe dall’altra parte pur di non instaurare il benché minimo contatto
con me, ma ciò non mi turberebbe più di tanto perché non ho bisogno di ciò
che non può darmi, mi basta leggere le sue parole ed ascoltare la sua musica
per sentire che la mia esistenza è più ricca ed intensa.
Non credo, poi, che davvero non abbia alcuna considerazione del suo
pubblico. Sono convinta che noi siamo una delle sue più importanti ragioni
di vita. Se non fosse così non continuerebbe a salire su quel palco
itinerante: la sua esistenza credo sia legata indissolubilmente alla nostra
anche se fa di tutto per nasconderlo negandoci ogni segno tangibile che lo
possa svelare.
Non conosciamo ancora le liriche e la musica di questo nuovo album, ma se
il titolo ha un significato, io credo che con l’espressione "insieme
attraverso la vita" Bob possa voler dire “insieme attraverso la poesia in
musica per la vita”, perché è l’unica forma di comunicazione universale che
conosce, l’unico linguaggio che lo unisce a sé stesso, alla sua parte umana,
alle persone che ama ed al contempo a tutti noi che condividiamo quel
linguaggio. Tuttavia, la foto di copertina dell'album mi fa pensare anche ad
un riferimento al tema più specifico dell'amore che la poesia in musica
rende universale ed eterno, al di là della corporeità rappresentata dai due
giovani amanti.
Naturalmente tutto quello che abbiamo scritto probabilmente è lontano anni
luce dal pensiero di Bob, che come è noto è imperscrutabile.
Un abbraccio a tutti
Marina
Ciao Mr T,
è stimolante la riflessione tra lo scritto di Vites e la tua risposta... se
posso cerco una mediazione,
perché entrambe le vostre posizioni mi intrigano ma non mi soddisfano.
Intanto non credo che il titolo sia da intendersi in riferimento al pubblico
di Dylan.
O al fatto che Dylan sia stato la nostra compagnia musicale nella vita (per
me lo è stato sicuramente).
Mi sembra più da intendersi come "siamo tutti sulla stessa barca" attraverso
quest'avventura della vita.
Mi sembra un "insieme" volenti o nolenti, e comunque ABBARBICATI, come i due
spasimanti nella foto.
Non mi sembra l'espressione di un desiderio o di una ricerca, quanto un
qualcosa di ineluttabile, nel bene
e nel male.
Ma forse proprio le canzoni daranno una chiave di lettura più appropriata.
Se da Bob Dylan live non mi sono mai aspettato molto (avendo perso le fasi
migliori, il mio primo concerto
è stato Roma '84) dal Dylan in studio mi aspetto molto perché non mi ha mai
deluso, nemmeno con le sue
cose meno significative e mi pare che come autore sia ancora in crescita!!!
Bruno Jackass
Dylan, Zimmermann e lo scoramento del Tamburino
Caro Mr. Tambourine,
ho visto il tuo sfogo, e lo comprendo perfettamente. Il problema
naturalmente non è il titolo di questo album, sei stato chiaro, quanto le
riflessioni che esso scatena. Penso che tutto derivi da un aspetto di fondo,
che ogni tanto riemerge inevitabile: esattamente come per ogni grande
personaggio, esistono due Dylan: l’artista e l’uomo.
L’artista è Dylan: secondo qualcuno è un poeta, secondo altri un grande
musicista, secondo altri ancora (Paul Williams) un eccezionale performer. E’
il personaggio che – con il nome che si è scelto e con il quale è diventato
noto – ha scritto testi meravigliosi, ha inventato o ha riarrangiato musiche
meravigliose, è stato in modo sempre diverso (e a tratti altalenante) un
meraviglioso interprete di tutto ciò. Tutti noi abbiamo filtrato la nostra
vita attraverso i testi o le musiche di Dylan, nei quali abbiamo di volta in
volta cercato (e sempre trovato) conforto, ispirazione, consolazione,
condivisione e monito.
L’uomo è Zimmermann, con le caratteristiche (visto che il nome lo ha
cambiato) che la natura gli ha dato o che ha forgiato in esso. E, per essere
sinceri, tutti siamo convinti che non sia “il massimo”. La biografia è piena
di episodi di cui pochi si vanterebbero (egoismo, mancanza di gratitudine,
mancanza di lealtà, incoerenza).
Tutti noi, però, e direi ovviamente e giustamente, abbiamo sempre scelto di
giudicare l’artista e non l’uomo. Così, per fare un unico esempio,
apprezziamo la sensibilità dell’artista per i grandi drammi umani: basti
citare la chiave di costruzione rovesciata con cui fu scritta Hattie
Carroll. Tutti siamo rimasti attoniti davanti alla grandezza di chi gettava
sul fuoco del dramma materiale (l’omicidio) la benzina del dramma ideologico
(la sentenza ridicola). Però, siamo onesti, nessuno di noi che oggi dà
lavoro a qualcun altro avrebbe (o vorrebbe avere) la mancanza di sensibilità
che caratterizza l’uomo. Chi di noi viaggerebbe separato dai propri
dipendenti, pranzerebbe separato; chi di noi direbbe ad un proprio
collaboratore che si ammala “non preoccuparti” e con altrettanta semplicità
gli direbbe “non mi servi più” quando si ripresenta guarito per riprendere
il lavoro?
Non scrivo queste cose in senso negativo, non vorrei essere frainteso, ma
solo per mettere a fuoco quello che secondo me è il dramma dei dylaniani (il
sottoscritto per primo, ovviamente): l’impossibilità di riuscire a
conciliare il miracolo dell’artista con i comportamenti dell’uomo.
E non a caso nel tuo sfogo, testualmente, sostieni che il nuovo titolo “non
rispecchia la realtà di Dylan, il suo agire”, che “il … dubbio è solo sul
titolo , che non è in riga con il comportamento dylaniano”. Ecco, proprio
questo tuo “ guardare anche l'altro lato della medaglia” e scoprire che i
due lati non collimano come dovrebbero è quello che io definisco il
“dramma”. E infatti ogni volta mettiamo in atto tentativi patetici di
giustificare qualcosa che non dovremmo giudicare, ma che inevitabilmente
finiamo per giudicare perché non riusciamo a digerirlo completamente. Farò
un esempio anche a questo proposito: Dylan ha scritto canzoni meravigliose
sulle sofferenze d’amore, inni generazionali sul cambiamento, e Zimmermann
li ha venduti alle case di biancheria intima e alla pubblicità. Ebbene?
Dylan ci ha fatto crescere, ci ha fatto piangere, ci ha fatto capire.
Zimmermann è libero di fare quello che vuole. Ma dentro di noi scatta una
molla (io credo che spesso sia un “fastidio” che deriva da un eccesso
inutile di morale) che ci spinge comunque a esaminare questa scelta, a
sezionarla, a confrontarla, per arrivare inevitabilmente a concludere che in
fondo lo poteva fare, che nulla è cambiato. Spesso abbiamo bisogno di una
(auto) conferma che il comportamento dell’uomo non scalfisce la validità e
il significato che per noi ha l’artista.
Dopo questa lunga premessa, arrivo finalmente al titolo dell’album:
letteralmente “Insieme attraverso la vita”, figurativamente forse “Insieme
per tutta la vita”. Credo che l’elemento che scatena i sentimenti e le
emozioni di Paolo Vites stia nel fatto che questo è il titolo perfetto che
NOI daremmo ad un album ed anzi all’intera opera di Dylan. Anzi, è la
migliore definizione sintetica che NOI daremmo per il nostro rapporto con
Dylan attraverso gli anni (per l’appunto, la nostra vita). E proprio questo
ci fa piacere: il fatto che abbiamo qualche riferimento che conta (e di
quelli che contano ne sono rimasti così pochi!) che dura da una vita.
Ma questa è la nostra volontà, non quella di Dylan. Io non credo che sia lui
a volere “andare insieme a noi per tutta la vita”, come spera Paolo.
Altrimenti non esisterebbero i comportamenti e i problemi che abbiamo
citato. A lui basta e avanza che assieme a noi rimangano le sue canzoni, le
sue musiche e i suoi testi, le sue poesie.
Per questo io credo che questo titolo non sia indirizzato a una donna, ai
figli, agli amici e tantomeno ai fan. Credo invece che sia riferito
all’unica entità che Dylan (uomo e artista, per una volta compattato nelle
sue anime doppie) per sua stessa ammissione abbia mai considerato “per tutta
la vita”, e cioè la musica.
Con affetto
Blindboygrunt
Una giocata a Poker con
Dylan - di
Stefano Catena
Per come la penso io credo che sara' un album con il
solito sound che si sente nei concerti.Avessi letto prodotto da Lanois tanto
per fare un esempio potevo dire be'ci sara' qualche cosa di buono,ma visto
che se lo produce lui stesso,gia' questo e' un punto a suo svantaggio.
Sara' giusto per chiudere un altra triologia o forse la voglia di essere nel
mercato discografico, quello che e' certo non ci sara' un nuovo sound.
L'unica cosa che mi da' modo di non esprimermi come vorrei sono i testi i
quali ancora non si conoscono se non i titoli.
Ma dai titoli ho gia' una certa intuizione....
Anche perche' se la band e' sempre la stessa con cui va in tour e' ovvio che
le nuove songs devono trovare spazio nel live-act di Bob con il solito sound
immutabile da anni.
Se fosse cosi' non capisco l'utilita' di tirare fuori un altro lavoro ma
anche continuare ad essere nei concerti.
Non che mi aspetto un cambio di rotta come faceva spesso nel passato ma
nemmeno mi aspetto chissa' che cosa.
Ovviamente questo e' il mio pensiero in base a quello che sta' facendo Dylan
e a come si sta' muovendo musicalmente in questi ultimi tempi (un po lunghi
dire).
E' un po' come prevedere qualche cosa che gia' si sa'.Oppure e' giocare a
poker con Dylan lui con le carte in mano da un lato e noi con le nostre.E
vedere quanti assi cala al termine della partita.
La partita Bob e' aperta!
Togheter through life - di Paolo Vites
Amo quest'uomo. Soprattutto perché non mi lascia mai da solo.
Guardate che bello il titolo del suo nuovo disco finalmente annunciato
ufficialmente dopo tante speculazioni. Together through life, "insieme
attraverso la vita". Bob Dylan ha quasi 70 anni, eppure è profondamente
dentro lo scorrere della vita. Che lo stia dicendo alla donna che ama
adesso, alla donna amata una volta lontana e che adesso non c'è più, ai
figli, agli amici (ai fans?), questo titolo esprime tutta la bellezza del
cuore dell'uomo: "insieme" e "vita". Perché da soli non si va da nessuna
parte, e perché vivere, comunque ci riusciamo e quanto maledettamente duro
sia, è il compito che abbiamo.
Non ho bisogno di altro, quasi neanche di ascoltare come saranno le nuove
canzoni. Quando la vita in un pomeriggio ti crolla addosso peggio del muro
di Berlino, è bello sapere che c'è qualcuno che vuole andare insieme a te
attraverso la vita.
(fonte: gamblin-ramblin)
Il dubbio - di Mr.Tambourine
Letto il titolo del nuovo album ho cominciato a pensare che qualcosa non
andava , insomma i conti non tornano. Le parole di Paolo Vites , come al
solito , sono belle , ricche di pathos, di ringraziamento per quello che Bob
ci ha dato in tutti questi anni, di ammirazione, di consenso , ma a me le
cose non suonano giuste. Troppa enfasi in questo titolo, troppo lontano
dalla realtà. Ripenso al comportamento di Bob nel tour dell'anno scorso nei
confronti del pubblico , questo costante ignorare chi va ai suoi concerti ,
male necessario ed indispensabile , conditio sine qua non ( niente pubblico
niente concerti ) , il solito pubblico sempre scontento e rompicoglioni ,
sempre pronto a criticare se le cose non sono come ognuno se le era
immaginate. Forse cinquant'anni di continuo successo e di assillo da parte
dei fans e dei media possono anche stancare , esaurire , generare una crisi
di rigetto , ma allora la soluzione è semplice , si smette con i concerti e
finito il teatro. Questo titolo mi sembra enfatico e falso , non rispecchia
la realtà di Dylan , il suo agire , il proibire agli inservienti degli
alberghi di rivolgergli una parola di saluto , semplice come "Ciao Bob!" ,
il continuo ignorare l'audience , mai rivolgere una parola di grazie a chi
paga perchè lui possa continuare a tenere i suoi ormai incomprensibili
borbottii sul palco. E allora ? Quale Togheter through life ? Dylan sta da
una parte e tiene ben distante il suo pubblico , togheter through life un
corno purtroppo. Il mio cuore dice le stesse parole di Paolo , anch' io amo
Dylan , come tutti voi che visitate la Fattoria , su questo non ci son dubbi
, ma mi faccio delle domande ed i fatti dicono un'altra cosa , vedremo se
l'imminente tour li smentirà oppure se la musica sarà sempre quella. Non so
ancora il valore dell'album che senz'altro sarà ricco di nuove emozioni , il
mio dubbio è solo sul titolo , che non è in riga con il comportamento
dylaniano , tutto sommato avrei preferito il più impersonale "Music for taxi
drivers", ma questa rimane solo una mia considerazione personale , è il
guardare anche l'altro lato della medaglia , the dark side of the moon. Io
mi faccio queste domande , e tento di rispondermi , magari sbaglio , anzi ,
spesse volte sbaglio , ma credo sia umano avere dei dubbi , o no ?
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