IL MISTERIOSO NORMAN RAEBEN
di Bert Cartwright
traduzione di Michele Murino
Norman Raeben è stato uno dei personaggi più influenti nella vita di Bob
Dylan. Fu Norman Raeben, ebbe a dichiarare Dylan, che - alla metà degli
anni '70 - fu capace di rinnovare la sua abilità nel comporre canzoni.
Dylan fece capire anche che l'insegnamento e l'influenza ricevuti da
Norman alterarono in maniera così profonda la sua visione della vita che
sua moglie Sara non riuscì più a comprenderlo, e questo fu uno dei fattori
che contribuirono alla dissoluzione del matrimonio di Dylan. E' alquanto
strano che, data l'importanza dell'influenza di Norman Raeben su Bob
Dylan, egli non viene mai menzionato nelle biografie pubblicate negli anni
'80.
Dylan parlò per la prima volta di Raeben nel corso di alcune interviste
che egli rilasciò nel 1978 per promuovere il suo film, Renaldo & Clara,
sebbene per un certo periodo di tempo egli non volle identificare in
maniera specifica quell'uomo. "Non c'è nessuno come lui", raccontò Dylan a
Pete Oppel, giornalista del Dallas Morning News.
"Preferisco non dire il suo nome. E' davvero una persona speciale, e non
voglio creargli problemi".
"Era solo un vecchio" - disse Dylan a Ron Rosenbaum di Playboy - "Il suo
nome non significherebbe niente per te".
L'interesse di Dylan nei confronti di Norman iniziò in un certo giorno del
1974, quando alcuni amici di Sara arrivarono a casa loro per una visita:
"Parlavano di verità, di amore e di bellezza e di tutte quelle parole che
avevo sentito per anni, e riuscirono a definirle tutte quante al punto che
io non riuscivo a crederci... Chiesi loro "Dove avete trovato queste
definizioni?" e loro mi risposero raccontandomi del loro maestro".
Sufficientemente impressionato, Dylan cercò di mettersi in contatto con
l'insegnante la volta successiva che si trovò New York. Era la primavera
del 1974 quando Dylan fece capolino con la sua testa dietro la porta di
Norman:
"Norman mi disse "Vuoi dipingere?" e allora io risposi "Beh, sai, pensavo
a qualcosa del genere". Norman mi disse "Bene, non so nemmeno se meriti di
essere qui. Fammi vedere quello che sei in grado di fare". Così mi mise
davanti questo vaso e mi disse: "Vedi questo vaso?". E me lo lasciò
davanti per circa 30 secondi e poi lo fece sparire e mi disse "Disegnalo".
Beh, voglio dire, iniziai a disegnarlo ma non ero in grado di ricordare un
cazzo di quel vaso. Lo avevo osservato ma non lo avevo visto. Poi Norman
diede un occhiata a quello che avevo disegnato e disse "OK, puoi restare".
E mi disse di fare tredici quadri... Beh, io non ero andato lì per
dipingere, ero andato lì solo per vedere che succedeva. Andò a finire che
rimasi lì per due mesi. Quel tizio era straordinario..."
Quando Dylan ripensò a quello che era successo durante quei due mesi
arrivò alla conclusione che era stato trasformato al punto che per sua
moglie era diventato uno sconosciuto:
"Quella cosa mi cambiò completamente. Andavo a casa e mia moglie non
riusciva a capirmi. Non riuscì a capirmi dopo di allora. Fu in quel
momento che il nostro matrimonio cominciò ad andare a rotoli. Sara non
sapeva mai di cosa stessi parlando, o cosa stessi pensando. Nè io ero in
grado di spiegarglielo".
Dylan parlò di Norman a Pete Oppel, descrivendo con parole più che casuali
quale fosse la tecnica di insegnamento che Norman utilizzava nel suo
studio all'undicesimo piano della Carnegie Hall:
"Cinque giorni alla settimana andavo nel suo studio, e nei rimanenti due
giorni della settimana non facevo che pensare a quando ci sarei andato. In
genere rimanevo lì dalle otto alle quattro. Ho fatto questo per due
mesi..."
"In quella classe c'erano persone come vecchie signore, ricche vecchie
signore che venivano dalla Florida, che sedevano vicine ad un poliziotto
fuori servizio, che sedeva vicino ad un autista di autobus, che sedeva
vicino ad un avvocato... Tutti i generi di persone. Uno studente di arte
che era stato cacciato da ogni università. Giovani ragazze che lo
adoravano. Un paio di tipi seri che venivano lì e pulivano dopo le
lezioni, pulivano solo il posto. Un sacco di differenti tipi di persone
che tu non avresti mai pensato fossero interessate alla pittura. Ed
infatti non si trattava di pittura, era qualcos'altro..."
"Norman parlava in continuazione, dalle otto e trenta alle quattro, e
parlava sette lingue. Mi diceva cose a proposito di me stesso mentre io
stavo facendo qualcosa, disegnando qualcosa. Io non ero in grado di
dipingere. Pensavo di esserne in grado. Ma non sapevo disegnare".
Sembra, allora, che Norman fosse interessato più alla metafisica che alla
tecnica. Il suo metodo di insegnamento aveva a che fare con le realtà
estreme che potevano essere espresse in una varietà di modi. Non è certo
che Norman fece di Dylan un pittore più bravo ma chiaramente lo cambiò:
"Avevo incontrato diversi maghi, ma questo tipo è più potente di qualsiasi
mago che io abbia mai incontrato. Ti guardava e ti diceva quel che tu eri.
E non giocava al riguardo. Se tu eri interessato a venirne a capo, potevi
stare lì e sforzarti di venirne a capo. Facevi il lavoro tutto da solo.
Lui era solo una specie di guida, o qualcosa del genere..."
Fu solo un po' di tempo dopo che riuscii finalmente ad identificare il
misterioso uomo che Dylan chiamava Norman, come Norman Raeben, nato in
Russia nel 1901, che era venuto in vacanza negli U.S.A con la propria
famiglia quando aveva tre anni e a 14 anni vi si era trasferito
permanentemente. Il padre di Norman era il famoso scrittore Yiddish,
Sholem Aleichem (1859-1916), un uomo oggi meglio conosciuto per aver
creato il personaggio di Tvye, la cui vita romanzata venne adattata per il
musical "Il violinsita sul tetto". Il cambiamento più notevole che derivò
dai mesi che Dylan passò nello studio di Norman Raeben riguardava la
maniera in cui componeva i testi delle sue canzoni.
Dylan disse a Jonathan Cott di Rolling Stone che, dopo il suo incidente
motociclistico del 29 luglio 1968, scoprì di non essere più in grado di
comporre liberamente come aveva fatto fino a quel momento:
"Da quel momento in poi ebbi una sorta di amnesia. Ora puoi prendere
questa dichiarazione letteralmente o metafisicamente come meglio credi ma
questo fu quello che mi successe. Mi ci volle un sacco di tempo prima che
riuscissi di nuovo a fare in maniera consapevole quello che prima facevo
in maniera inconsapevole".
Dylan ripetè il concetto a Malt Damsker:
"E' come se fossi stato colto da amnesia all'improvviso... Non ero in
grado di imparare a fare quello che ero sempre stato capace di fare in
maniera naturale, cose come Highway 61 Revisited. Voglio dire, non puoi
sederti e scrivere quelle cose in maniera consapevole perchè è qualcosa
che ha a che fare con la sospensione del tempo..."
Nel corso di un'intervista con Jonathan Cott, Dylan descrive i suoi album
John Wesley Harding e Nashville Skyline come delle prove:
"...per afferrare qualcosa che mi conducesse laddove pensavo che avrei
dovuto essere... ma non mi portò da nessuna parte. Ero convinto che non
avrei più fatto niente altro..."
Fu con questa sensazione di quasi disperazione per non riuscire più a
comporre come faceva un tempo che Dylan ebbe la "buona sorte" di
incontrare Norman, "che mi insegnò come riuscire a vedere":
"Mise insieme la mia mente, la mia mano ed il mio occhio, in una maniera
tale da permettermi di fare in maniera consapevole quello che sentivo in
maniera inconscia".
Il tempo trascorso insieme a Norman aiutò la psiche di Dylan tanto da
ridirigerla in maniera sufficiente a fargli scrivere alcune nuove canzoni,
le canzoni che furono poi incluse in quello che è ancora oggi il suo album
più celebrato, Blood On The Tracks:
"Tutti furono concordi nel dire che quel mio album era un qualcosa di
davvero diverso dal solito, e quel che era diverso era il fatto che
esisteva un codice nei testi, ed anche che non esisteva il senso del
tempo..."
Dylan fece ulteriori tentativi per spiegare il concetto di "assenza di
tempo" nelle sue nuove canzoni in una conversazione con Matt Damsker:
"Con Blood On The Tracks feci in maniera consapevole quel che in genere
facevo inconsciamente. Non lo eseguii bene. Non avevo la capacità di
eseguirlo correttamente. Ma avevo scritto le canzoni... quelle che avevano
quella frammentazione del tempo, in cui il tempo non esisteva, nel
tentativo di rendere il centro della narrazione come una magnifica lente
sotto il sole. Fare questa cosa in maniera consapevole è un trucco che io
ho utilizzato per la prima volta con Blood On The Tracks. Sapevo come fare
perchè avevo imparato la tecnica... In realtà avevo un insegnante per
quello..."
Nel libretto allegato a Biograph un commento di Cameron Crowe a proposito
di Blood On The Tracks sembra essere il risultato di un'osservazione non
accreditata dello stesso Dylan:
"Ispirato a detta della stampa e della gente dalla rottura del suo
matrimonio con Sara, l'album deriva molto del proprio stile dall'interesse
di Dylan per la pittura. Le canzoni affondano in profondità ed il loro
senso della prospettiva e della realtà è in continuo mutamento".
"I continui mutamenti" sono il risultato del senso di assenza del tempo
che caratterizza il LP. Parlando con la sua amica Mary Travers (di Peter,
Paul and Mary) il 26 aprile del 1975, Dylan fece un commento a proposito
del concetto di tempo, spiegando che egli aveva cercato non solo di fare
in modo che "il passato, il presente ed il futuro esistessero tutti", ma
anche che "fossero tutti presenti nello stesso momento", qualcosa che egli
aveva appreso da Norman.
"Tu hai ieri, oggi e domani tutti nello stesso spazio e c'è molto poco che
non puoi immaginarti succeda".
L'affermazione rilasciata da Dylan a Matt Damsker secondo la quale non
aveva eseguito le canzoni di Blood On The Tracks particolarmente bene può
essere sorprendente ma, proseguì Dylan, "esse potevano essere
modificate...".
Infatti, Dylan ha continuamente rielaborato quelle canzoni, cambiando i
testi più volte come ad esempio in brani come "Simple Twist Of Fate" e
"Tangled Up In Blue". Dylan lega insieme l'idea di tempo e di cambiamento
all'idea di canzone-come-un-quadro con specifico riferimento a "Tangled Up
In Blue" nelle note di Biograph, dove dice a proposito della canzone:
"Stavo solo cercando di scriverla come fosse un quadro in cui tu puoi
vedere le diverse singole parti ma puoi anche vedere il totale del
dipinto. Con quella canzone in particolare era quello che stavo cercando
di fare... con il concetto di tempo, ed il modo in cui i personaggi
cambiano dalla prima persona alla terza persona, e non sei mai sicuro del
tutto se stia parlando la terza o la prima. Ma quando getti uno sguardo
d'insieme al totale non ha molta importanza".
Il dissolvimento dei personaggi e del tempo nelle canzoni dell'album Blood
On The Tracks fu un traguardo notevole; Dylan cercò di applicare la stessa
tecnica al suo film Renaldo & Clara. Parlando dell'influenza del pensiero
di Norman Raeben, Dylan richiamò l'attenzione di Jonathan Cott su Renaldo
& Clara:
"...anche in quel film ho utilizzato quella caratteristica dell'assenza di
tempo. E credo che quel concetto di creazione sia più reale e vero di
quella che invece possiede il senso del tempo... Il film crea e contiene
il tempo. Ecco quel che dovrebbe fare, dovrebbe contenere il tempo,
respirare in quel tempo e fermare il tempo nel farlo. E' come quando
osservi un quadro di Cézanne, ti perdi in quel dipinto per un certo
periodo di tempo. E nel frattempo respiri, il tempo passa ma tu non te ne
accorgi. Sei come sotto l'influsso di una magia".
Non c'è da stupirsi, dunque, se Dylan fu molto scocciato da coloro che
criticavano il film per la sua eccessiva durata e forse non è
inappropriato menzionare una sua dichiarazione di fastidio più recente
rivolta a coloro i quali tentavano di etichettare una delle canzoni senza
tempo e senza personaggi di Blood On The Tracks:
"'You’re A Big Girl Now', beh, ho letto che questa canzone parlerebbe di
mia moglie. Vorrei che la gente mi chiedesse il permesso prima di
uscirsene con cose del genere".
Dylan un tempo era in grado di creare canzoni in cui era assente il
concetto di tempo e che avevano le caratteristiche di un dipinto. Molte
volte egli fece dei paralleli tra la canzone e la pittura, come per
esempio nella presentazione del brano "Love Minus Zero/No Limit" nei
concerti del 1965 durante i quali introduceva la canzone definendola un
"dipinto castano e argento" o ancora un "dipinto porpora", ma solo dopo
aver studiato con Norman Raeben egli fu in grado di ricatturare la sua
apparentemente perduta capacità di scrivere canzoni simili, ora con la
notevole differenza di una composizione consapevole. E se Blood On The
Tracks fu il primo tentativo di tradurre in canzone quello che Dylan aveva
appreso da Norman, fu Street-Legal a rappresentare il culmine di questa
tecnica di tempo/non-tempo. Così Dylan dichiarò a Matt Damsker:
"Mai fino a Blood On The Tracks ero riuscito ad ottenere quello che volevo
ottenere, ed una volta che ci riuscii, questo non avvenne nè con Blood On
The Tracks nè con Desire. Fu con Street-Legal che giunsi più vicino a
quello che volevo esprimere con la mia musica. E' qualcosa che ha a che
fare con un'illusione di tempo. Voglio dire che le canzoni sono
necessariamente caratterizzate da una illusione di tempo. E' stato un
vecchio che mi insegnò tutto ciò ed io cercai di imparare tutto quello che
potevo..."
Bert Cartwright
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