MAGGIE'S FARM

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SYD BARRETT

 

 

"C'è sempre un po' di follia nell'amore, ma c'è sempre un po' di ragione, nella follia"
(F.W. Nietzsche)





Roger Keith Barrett (Syd) è stata una delle più importanti ed interessanti personalità del rock, ed una delle più grandi leggende. Leggenda intellettuale, a differenza di altri miti rock vecchi o recenti come Jim Morrison o Kurt Cobain.

Syd Barrett è entrato nel mito senza esserlo mai stato. Ed è stata questa la sua fortuna, la fortuna di non essere un Jim Morrison o Donald Cobain, ed in quanto tale, la fortuna di non vedersi mai scaraventato nel mondo mainstream alienante.

Nasce il 6 Gennaio 1946 a Cambridge, città che racchiude tutta la sua vita.

Appassionato di musica fin da piccolo, la sua formazione si basa sul jazz e sul blues; inizia a suonare la chitarra a 14 anni e nel giro di poco tempo trova un maestro nel suo grande amico David Gilmour, all’epoca totalmente sconosciuto come lo stesso Syd e che, per ironia della sorte se vogliamo, o magari per semplice successione amichevole, come un passaggio di scettro, è destinato a sostituirlo all’interno di uno dei gruppi più importanti della storia del rock.

Il soprannome Syd gli venne dato in un locale jazz che Barrett frequentava in gioventù, per distinguerlo da un altro avventore abituale, un anziano di nome Sid Barrett; gli altri frequentatori del locale cominciarono a chiamare entrambi Sid, trasformando la "i" in "y" nel caso di Roger.

Sin dai primi anni, Syd rappresenta l’ideale di vita hippy degli anni ’60, accostandosi abbastanza rapidamente alle droghe psichedeliche che, in futuro, decreteranno la sua fine. Stringe i rapporti con David al punto da decidere di partire con lui in un viaggio hippy che li porta in Francia, a divertirsi mantenendosi con le elemosine racimolate suonando sui marciapiedi.

Fa amicizia anche con altri musicisti della sua città: George Roger Waters, Nicholas Berkeley Mason e Richard William Wright, con i quali forma un gruppo al quale lo stesso Syd trova il nome di The Pink Floyd Sound, successivamente cambiato in Pink Floyd, in onore dei musicisti blues preferiti da Syd, Pink Anderson e Floyd Council. Nome che al suo interno racchiude un senso psichedelico portante.
 


Penso che sia una cosa bella se una canzone ha più di un solo significato. Forse quella canzone può raggiungere molte più persone."
(Syd)
 



Pittore, autore, cantante e chitarrista, è un artista completo ed eccentrico. La sua personalità perennemente fanciullesca e dichiaratamente innamorata delle fiabe lo porta a scrivere praticamente da solo sia i primi singoli, sia la maggior parte dell’album di debutto dei Pink Floyd The piper at the gates of dawn, indiscussa pietra miliare del rock e tutt’ora stimato da molti fans, che viaggia tra le ballate alla Beatles e le possenti cavalcate psichedeliche, per arrivare all’ispezione da acido della mente con suoni e voci giunglesche. Tutti i testi scritti da Syd prendono spunto dalle fiabe e dai romanzi fantasy come Il signore degli anelli.

Fan sfegatato dei Beatles, vede in John Lennon un vero e proprio ideale da seguire e, in alcuni casi, da emulare. E registrando agli Abbey Road Studios della EMI ha modo di conoscere personalmente il suo idolo pagano. Nasce da questo la leggenda, mai confermata né smentita, che Pink Floyd e Beatles suonassero in studi affiancati e che, a causa delle scarse tecniche di insonorizzazione dell’epoca, si sentissero a vicenda e si copiassero a vicenda. E la leggenda che nella prima versione di un album dei Beatles si possano sentire in sottofondo i Pink Floyd che suonano nello studio a fianco.

Nel frattempo i problemi di Syd con le droghe psichedeliche si aggravano. Il suo abuso di LSD cresce notevolmente subito dopo la pubblicazione dell’album e la sua testa perennemente in acido, con i suoi due o tre viaggi quotidiani, gli impedisce di suonare in diverse date del tour promozionale.

La sua malattia mentale fa grossi progressi e pochi anni dopo Syd è ufficiosamente fuori dal gruppo, e riappare per una sola canzone in A saucerful of secrets, secondo album dei Pink Floyd, nel quale la sua Jugband Blues chiude l’album allo stesso modo in cui chiude la carriera del suo genio creatore nel mondo di uno dei maggiori gruppi rock della storia.

La sua posizione di cantante e chitarrista viene ora occupata da David Gilmour, e continuerà ad esserlo per 26 anni. I Pink Floyd continuano il loro percorso ma non perdono mai memoria del loro amico, sia dal vivo sia in studio. E ogni volta che decidono di pubblicare un capolavoro si rifanno a lui, al suo genio, alla sua malattia, ai suoi problemi con la droga, alla sua totale assenza. The dark side of the Moon ad esempio, l’album che ha definitivamente fatto esplodere i Pink, parla dell’alienazione e della pazzia che essa provoca. La pazzia nella quale è sprofondato Syd.

 



Wish you were here, che succede a Dark side, parla di assenza, o meglio di non-presenza, dell’essere in un posto senza esserci, di indifferenza tra le persone. L’album si apre e si chiude con le due parti di Shine on you crazy diamond (splendi pazzo diamante), dichiaratamente dedicata a Syd. In realtà, anche se non esplicitamente dichiarato, tutto l’album può essere un lungo e continuo pensiero a Syd. Welcome to the machine parla di un ragazzo con sogni di fama; è un chitarrista con una personalità fanciullesca, che ama i giocattoli e che viveva nelle tubature. Have a cigar parla di un gruppo ai primi contatti con una grossa casa discografica, ed il testo è incentrato sul discorso fatto dal manager; il gruppo in questione sono proprio i Pink Floyd, che hanno avuto i primi contatti con la EMI assieme a Syd. La celeberrima Wish you were here invece è il ricordo di un uomo che pensa ad una persona cara ormai lontana, un amico di vecchia data che ha percorso la sua stessa strada (essere un musicista) e ha trovato le sue stesse paure, e adesso vorrebbe che fosse là con lui a scrivere canzoni.

Durante il periodo di produzione di Wish You Were Here, per l'esattezza nella fase di presentazione dell'album ad amici e parenti, negli studi storici di Abbey Road, si presentò uno strano personaggio, completamente calvo, grasso, e con le sopracciglia rasate, con in mano una busta della spesa, che si aggirava tra i presenti completamente allibiti. Il primo a riconoscere Syd Barrett in quella figura ormai deturpata dagli abusi della gioventù fu, per ironia della sorte, proprio l'elemento che di Barrett aveva preso il posto, ossia David Gilmour. I compagni lo invitarono in regia ad ascoltare il prodotto della sua assenza. Dopo aver ascoltato i brani, Barrett disse, sorridendo: "Mi sembra un po' datato, che ne dite?", e uscì così come era arrivato, lasciando Waters e compagni inebetiti e con le lacrime agli occhi.

La sua voce torna a farsi sentire quattro anni dopo la pubblicazione di The piper. I discografici credono ancora molto in lui e hanno fede in una sua carriera solista. Nel 1970 escono i suoi unici due album, piccoli capolavori, piccoli contenitori di perle. Il primo ha un titolo che quasi fa pensare alla triste presa di coscienza della sua malattia mentale, e lo fa nel suo stile fanciullesco attingendo ad Alice nel paese delle meraviglie: The Madcap laughs, Il Cappellaio matto piange. Disco molto grezzo per quanto riguarda la produzione. Decisamente grezzo, tra grossolani errori e brani non completamente sviluppati. E decisamente assurdo.

Il secondo album è intitolato semplicemente Barrett ed è prodotto decisamente meglio dal suo vecchio amico David Gilmour, che compare anche come musicista assieme a Roger Waters e Rick Wright. E’ l’ultimo capolavoro della mente di un pazzo, e viaggia tra tematiche d’amore e di dolore interiore, condite con l’innocenza della voce del suo autore. E’ un album totalmente altalenante ed instabile, non segue nessun filo logico e le canzoni sorprendono l’ascoltatore che non può mai predire lo stile del brano successivo. Segue semplicemente lo stato d’animo instabile del suo autore.
 

"Non penso che quando parlo sia facile comprendermi. Ho qualcosa che non va in testa. E comunque non sono nulla di ciò che pensate io sia."
(Syd)
 

Come se volesse salutare i suoi fans nel modo più assurdo che potesse concepire, Syd si ritira totalmente dalla scena musicale dopo l’ultima nota di Effervescing elephan (ultma canzone di Barrett). Sparisce del tutto, nessuno sa più nulla di lui, forse nemmeno i suoi ex-compagni di band.

Il materiale per il suo terzo lavoro musicale mai uscito, insieme ad altro materiale scartato ed ad alcuni bootleg, è stato pubblicato nel 1988 col titolo Opel.

Si trasferisce nella casa di sua madre a Cambridge e là rimane per i successivi 36 anni.

E’ malato, gli acidi gli hanno provocato seri problemi cerebrali. Entra ed esce dai centri di cura mentale, forse per decenni.

Su di lui si dicono tante cose. Si dice che viva come un recluso, che non sia più in grado di intendere e di volere, e forse è vero a giudicare dalle varie dicerie più o meno ufficiali. Pare che la EMI negli anni ’80 abbia deciso di contattarlo per offrirgli una grossa somma di denaro, con la quale avrebbe registrato tutto quello che avrebbe voluto. Avrebbero pubblicato qualunque cosa avesse registrato, sicuri di vendere anche soltanto sul suo nome. Pare sia stata la sua famiglia, non lui, a rifiutare l’offerta, quindi probabilmente non era effettivamente in grado di prendere una decisione.

Le persone che hanno avuto contatti con lui, i familiari e qualche fan, dicono invece che no, non viveva come un recluso ma semplicemente come un normale vecchio malato di diabete, semplicemente è uscito di colpo dalla scena pubblica e non vi ha mai più messo piede.

Il diabete.                                                                                                                                                               Syd esce definitivamente di scena il 7 Luglio 2006 a Cambridge per complicazioni del diabete, a 60 anni di età. Il giorno dopo, Roger Waters, durante il concerto tenutosi a Lucca, ha dedicato all'amico appena scomparso Wish you were here, facendo apparire immagini dei primi Pink Floyd sul maxi schermo posto dietro al palco.
 

"Sono una persona piena di polvere e chitarre"

 

Il primo approccio alla musica Syd lo ebbe a 14 anni, quando convinse la madre a comprargli una chitarra, che cominciò ad usare in maniera ossessiva, suonandola per intere giornate. Il soprannome Syd gli venne dato in un locale jazz che Barrett frequentava in gioventù, per distinguerlo da un altro avventore abituale, un anziano di nome Sid Barrett; gli altri frequentatori del locale cominciarono a chiamare entrambi Sid, trasformando la "i" in "y" nel caso di Roger.

La prima chitarra acustica di Syd BarrettSyd rimase sempre legato al jazz e al blues. Ad inizio carriera il repertorio dei Floyd era formato da pezzi blues riarrangiati e resi irriconoscibili da lunghe improvvisazioni, di cui Barrett era specialista. Per la scelta del nome della band prese spunto dai suoi due bluesman preferiti: Pink Anderson e Floyd Council. Il primo singolo, Arnold Layne, ebbe un enorme successo, anche se alcune radio si rifiutarono di trasmetterlo per via del testo, il cui protagonista aveva come caratteristica l'hobby di collezionare vestiti da donna, tema non di certo usuale negli anni sessanta. Il locale che portò la band al successo fu l'UFO, dove i Pink Floyd riuscivano evidentemente a esprimersi al meglio; qui cominciarono a sperimentare il loro "Light Show", che divenne un elemento fondamentale delle esibizioni live, facendo da perfetta cornice alla loro musica. Con un ritmo frenetico, mentre lavoravano al primo album, uscì il secondo singolo, See Emily Play, che superò come successo il singolo precedente.
 


L'avventura coi Pink Floyd, il lavoro solista e l'abbandono della carriera musicale.
 

Nel 1967 finalmente uscì il primo album, The Piper At The Gates Of Dawn, che portò la band al vertice della psichedelia. Syd era chiaramente il leader e anima unica dei Pink Floyd. Tutti i brani erano composti da lui, tranne "Take up thy stethoscope and walk", di Roger Waters. Durante i concerti della band, Barrett era in grado di ipnotizzare il pubblico, come ricorda Pete Brown: "Syd Barrett faceva un incredibile lavoro sul palco. Era estremamente poetico e potevi quasi dire che prendeva vita in quegli spettacoli di luce, "light shows": una creatura dell'immaginazione. I suoi movimenti parevano orchestrati per armonizzarsi con le luci e sembrava un'estensione naturale, l'elemento umano, di quelle immagini liquide". Il successo, tuttavia, non fece bene a Barrett, che iniziò ad assumere massicciamente LSD. Le sue esibizioni live cominciarono a diventare problematiche, tanto che gli altri membri dei Pink Floyd chiamarono a supporto David Gilmour, pronto a subentrare quando Syd non apparve più in grado di suonare. Gilmour ha comunque dichiarato, in un'intervista, che i problemi mentali di Syd non sarebbero dovuti unicamente all'LSD e che la droga ne avrebbe soltanto accelerato la comparsa; in ogni caso Waters, suo affezionatissimo amico, che soffrì della sua mancanza anche a distanza di anni, facendo trasparire molto anche dai suoi componimenti, non sembra essere dello stesso parere.

Uno degli innumerevoli aneddoti riguarda l'ultima sessione di pratica a cui egli partecipò. Syd presentò ai suoi compagni una nuova canzone, intitolata "Have You Got It, Yet?" Inizialmente il brano sembrava semplice; ma mentre lo provavano, Barrett cominciò a cambiare l'arrangiamento. Per oltre un'ora Syd continuò a modificare la traccia, a suonarla con i nuovi cambiamenti, e a esclamare "Have you got it, yet?" (L'avete capita, adesso?); fin quando gli altri capirono che si trattava solo dell'ennesimo sfogo del bizzarro umorismo di Barrett.

Successivamente, per rafforzare il successo della prima raccolta, fu pubblicato un singolo con un altro brano di Barrett, "Apples and Oranges", che non compariva in "Piper". Un ulteriore singolo, "Scream thy last scream", sempre di Barrett, già completato, fu giudicato eccessivamente bizzarro dalla casa discografica, che rinunciò alla pubblicazione. Analoga sorte toccò a "Vegetable Man".

Durante la realizzazione del successivo A Saucerful Of Secrets (1968), Barrett era ormai l'ombra di se stesso e l'unica sua canzone presente nell'album è Jugband Blues, che suona quasi come un imminente addio. Di lì a poco Syd lasciò i suoi compagni definitivamente. Dopo un periodo di smarrimento in cui si pensò allo scioglimento, la band decise di proseguire la propria attività con Gilmour. Senza Syd, i Pink Floyd cominciarono progressivamente a cambiare il loro stile, divenendo più melodici e orientandosi sempre più verso il progressive rock. Successivamente uscirono due lavori solisti di Barrett, entrambi nel 1970: The Madcap Laughs e Barrett (album), con il supporto e l'aiuto di alcuni dei membri della sua vecchia band; tuttavia, incidere con Barrett era divenuto ormai troppo complicato, poiché durante le canzoni egli tendeva a cambiare ritmo di continuo e cominciava a balbettare. Si decise così di pubblicare il solo materiale di qualità accettabile che si riuscì a incidere.
 



Tempi recenti
Di Syd Barrett da allora si persero apparentemente le tracce. In realtà, di lì a poco tornò a vivere nella casa natale di Cambridge, assieme alla madre. Il materiale per il suo terzo lavoro musicale mai uscito, insieme ad altro materiale scartato ed ad alcuni bootleg, è stato pubblicato nel 1988 col titolo Opel.

Negli ultimi anni, l'ex leader dei Pink Floyd si faceva chiamare semplicemente Roger e continuò a vivere a Cambridge, ormai solo, in seguito alla morte della madre, isolato da tutto quello che in qualche maniera poteva ricordargli il passato. Coltivava la sua passione per la pittura, dipingendo secondo uno stile prevalentemente astratto, e si dedicava al giardinaggio. Non aveva nessuna voglia di ricordare i suoi trascorsi di musicista e i suoi vecchi compagni non lo contattavano più; voleva solo essere lasciato in pace.

Nel 2005, durante il Live 8 che ha visto i Pink Floyd riunirsi eccezionalmente per quella particolare occasione, Roger Waters ha ricordato l'ex compagno di band Barrett, dedicandogli l'esecuzione di Wish You Were Here:

 

« Anyway, we're doing this for everyone who's not here, particularly, of course for Syd. »
« Comunque, noi stiamo facendo ciò per tutti coloro che non sono qua, in particolare per Syd. »

 

È morto a Cambridge il 7 luglio 2006 a 60 anni per complicanze dovute al diabete.

La notizia è stata resa pubblica il 10 luglio. Il giorno dopo, Roger Waters, durante il concerto tenutosi a Lucca, ha dedicato all'amico appena scomparso Wish you were here, facendo apparire immagini dei primi Pink Floyd sul maxi schermo posto dietro al palco.

Influenza
Syd Barrett è una delle figure più carismatiche e controverse della storia del Rock: oltre ad essere il fondatore dei Pink Floyd (uno dei gruppi più importanti di sempre), Syd ha ispirato molte delle band di rock psichedelico e ha affascinato anche molti altri artisti importanti. Ha avuto gran peso anche il suo approccio verso la musica, libero, non tecnico e legato all'improvvisazione. Per molto tempo, dopo essersi diviso dai Pink Floyd, si è speculato sul suo stato di salute mentale e si sono create varie dicerie sul fatto che la sua pazzia fosse effettivamente dovuta all'uso di quantità industriali di acido. I fan più affezionati, gli amici e i familiari hanno smentito tutto, ma Barrett è ormai considerato l'esempio più folgorante di "rockstar fantasma".


La malattia
Molti si sono chiesti di quale malattia realmente soffrisse Syd Barrett. Sono state avanzate le ipotesi della schizofrenia, della psicosi maniaco-depressiva e della sindrome di Asperger senza che la sua patologia fosse mai chiarita del tutto.
L'uso di droghe psicotropiche da parte di Barrett, negli anni Sessanta, è ampiamente documentato. In parecchi ritengono che le droghe siano state il fattore scatenante della sua follia.
Ben documentate sono anche le sue "performance" sul palco e fuori da esso. Per June Bolan, i campanelli d'allarme iniziarono quando Syd tenne prigioniera in camera la sua ragazza per tre giorni, lasciando occasionalmente scivolare sotto la porta una porzione di biscotti. Secondo il critico Jonathan Meades, in un'occasione fu compiuto un atto di crudeltà verso Barrett, da parte dei groupies. Secondo il racconto, smentito da Storm Thorgerson, "Raggiunsi [l'appartamento di Barrett] per vedere Harry, e sentii questo gran fracasso, come tubi del riscaldamento che vibrano. Io dissi "Cosa sta succedendo?". Lui ridacchiò e mi rispose "Questo è Syd che sta avendo un brutto trip. L'abbiamo messo nell'armadio."" Sempre Storm Thorgerson racconta dell'umore estremamente incostante di Syd, dicendo che spesso doveva tirarlo via da Lynsey (la sua ragazza), perché smettesse di colpirla in testa con un mandolino.

David Gilmour, in un'intervista al National Post, diede una sua possibile diagnosi. Secondo lui Barrett era epilettico, ma soffriva solo di crisi parziali; le luci del palco e le droghe avrebbero provocato le crisi, scambiate per malattia mentale.
 

Album solisti
 

Octupus/Golden Hair (Singolo - 45 Giri) - 14 novembre 1969
 

The Madcap Laughs (Album - LP) - gennaio 1970
Musicisti - David Gilmour, Roger Waters, 'Willie' Wilson, Jerry Shirley, Mike Ratledge, Hugh Hopper, Robert Wyatt
 

Barrett (Album - LP) - novembre 1970
Musicisti - David Gilmour, Richard Wright, 'Willie' Wilson, Jerry Shirley, Vic Saywell
 

Syd Barrett (LP) - settembre 1974
 

Syd Barrett - The Peel Session (Mini LP) - febbraio 1983
Musicisti: David Gilmour, Jerry Shirley
 

Opel (Album - LP) - 1988
 

Crazy Diamond (CD Box) - 1993
 

Wouldn't You Miss Me? (CD - Raccolta) - 16 aprile 2001

 

Syd Barrett : strategia di una scomparsa .

La notizia della morte di Syd Barrett la scorsa settimana non lascia vuoti. Barrett se n'era già andato, prima nel 1968 abbandonando i Pink Floyd con un solo LP (The Piper at The Gates of Dawn) e una manciata di singoli, e poi, nel 1971, ritirandosi in un misterioso esilio nei labirinti della follia e degli additivi chimici dopo due meravigliosi album straniati (The Madcap Laughs e Barrett).
A più di trentacinque anni di distanza questi tre dischi, il primo che definisce un genere, gli altri che lo destrutturano, appaiono sempre più contemporanei. Più precisamente, essi suonano attraverso la musica degli altri, attraverso le canzoni di migliaia di band che, in epoca di post-rock e di campionature, sembrano ripercorrere la sua stessa strada. È come se nelle pieghe dell'assenza di Barrett si celasse una strategia nascosta del riverbero che fa in modo che gli altri moltiplichino il suo lavoro in absentia.

Questo curioso fenomeno costituisce uno straordinario specchio per analizzare la cultura popolare di massa non solo in un genere (la musica pop) ma nel suo intero funzionamento. In tempi di omologazione controllata attraverso la varietà dei riferimenti proposti dalla comunicazione, Barrett ha rovesciato i meccanismi di imitazione del postmoderno agendo come testo nascosto della canzone contemporanea. È interessante notare come egli abbia compiuto tutto ciò quasi inconsapevolmente ma questa amnesia l'ha salvato dalla formalizzazione della sua strategia, rendendola infinitamente ripetibile.
 

Nella teoria della letteratura recente, il testo nascosto nasce dallo studio dei residui di senso, dall'idea di un eccesso presente in ogni forma scritta, un resto incontrollabile che proietta la scrittura al di fuori dell'autorialità per legarla a altre forme attraverso sottintesi, quasi ci fosse una riserva incommensurabile di non detto che orienta segretamente il senso delle produzioni letterarie e che rimane non appropriabile. Così sono le canzoni di Barrett, esse sembrano ribaltare l'idea di consumo: più sono distanti, più si ripresentano nel pop contemporaneo quasi riscrivessero brani altrui senza potere essere appropriate come riferimenti. Motore di tutto ciò è la scomparsa dell'autore, scomparsa e non morte, sparizione in un'indecifrabilità senza punti fissi che lascia una riserva di presenza senza che si sappia dove essa sia. Barrett, d'altra parte, è l'unico caso di follia nella storia del pop, follia come scomparsa nella propria mente, follia come indecidibilità tra l'assenza di sé e la moltiplicazione di sé. Chi è quindi Barrett? È una o molteplici identità? La domanda rimane aperta, forse non lo sapeva neanche lui ma, intanto, senza enunciare oblique strategies come Eno, egli ha lasciato echeggiare suoni che operano per elaborazione postuma.

Barrett è riscritto dagli altri, è una matrice, una cifra che però rimane enigmatica perché ogni riscrittura recupera una sola parte della sua identità quasi egli volesse essere uno specchio dalle sfaccettature moltiplicate. Una carrellata dei generi e degli anti-generi presenti nella sua breve opera può servire a capirne la complessità:

 Barrett, con i primi Pink Floyd, inventa il rock psichedelico (è l'inizio più ovvio ma necessario). Nella sua produzione sono presenti tuttavia più direzioni. In brani come Interstellar Overdrive o Astronomy Domine c'è, in nuce, tutto lo sviluppo del rock orchestrale e sinfonico del decennio successivo che supera l'idea di canzone per intere suite e che porterà i suoi ex compagni di gruppo a compiere un arco che va delle felici sperimentazioni dei primi anni '70 all'attuale elefantiasi retorica chiusa in una stanca classicità (caratteristica questa che connota diversi dinosauri del rock romantico degli anni '70). Accanto alla dilatazione per articolazione, in questi brani notiamo però anche una dilatazione per estensione e ripetizione delle sfumature che forse costituisce la vera natura della psichedelia ed è legata all'idea di trance iterativa e a quella di improvvisazione controllata. Barrett sembra qui anticipare il rock dilatato di gruppi come i Radiohead o addirittura l'atmosfericità della house dove frammenti di campionature disperdono la loro identità in un tappeto armonico-ritmico cangiante.
 

- Nelle prime canzoni di Barrett con i Pink Floyd c'è anche un movimento opposto all'articolazione che propone filastrocche infantili, canzoni semplici e caratterizzate da un disarmante automatismo. Questa sindrome di Peter Pan, presente in brani come See Emily Play, The Scarecrow, The Gnome o Bike, descrive l'essere fuori di sé non come viaggio ma come negazione del presente e rifugio in una mitica età dell'oro, cristallizzata e definitivamente aliena. Alternativamente, queste canzoni possono essere viste come esplorazioni della banalità: contro ogni individuazione, riallacciano i legami tra canzonetta e motivo popolare (e in ciò sono sommamente pop, se con pop intendiamo la scoperta, proprio degli anni '60, dell'anonimato della cultura popolare commerciale).

- Altre canzoni del periodo 1966-67 anticipano già il rock decadente degli anni '70. Syd parla di travestismo (Arnold Layne), di dandysmo, di ambiguità identitaria e di perdita di se stessi (Jugband Blues), con spirito cabarettistico da entertainer che anticipa i Marc Bolan e gli Ziggy Stardust del decennio successivo (non casualmente Bowie gli renderà omaggio con una versione grottesca di See Emily Play nell'album di remake Pin Ups del 1973).

- Con The Madcap Laughs e Barrett, Syd smonta i generi che ha disseminato nei due anni precedenti. Produce canzoni sfilacciate, non rifinite, volutamente inconcludenti e che denunciano il processo del loro farsi (famose le stecche e i ripensamenti di Feel e If it's in You). Se la leggenda vuole che esse siano il prodotto di un Barrett perennemente sconvolto e tenuto in piedi dai session men che lo accompagnavano, c'è però un'intenzionalità nel non-finito di queste canzoni che anticipa tutta l'evoluzione dell'antiestetica del post-rock contemporaneo (con una linea che unisce periodi e autori diversi, dai Fall fino ai Wilco, dai Pavement fino alle varie impersonificazioni di Lou Barlow). Tutto ciò però con una differenza: mentre i cantanti attuali sono consciamente non rifiniti (rischiando quindi di ridurre l'anti-estetica a una nuova estetica), Barrett era genuinamente spontaneo nella sua esplorazione dello spaesamento. Ci vorranno infatti decenni perché i due dischi siano digeriti: la critica dell'epoca li liquida come inconcludenti abbozzi o come forme di cannibalismo della produzione sull’opera di un autore considerato finito.

- In varie ballate dei due dischi (Dominoes, Rats, No Man's Land, Baby Lemonade), affiorano tempi morti all'interno di strutture armoniche e vocali apparentemente definite che producono situazioni di attesa, apatia e alienazione che anticipano la nevrosi della New Wave e la rabbia del Grunge (non a caso, nel 1990 Robert Christgau aveva indicato nei tempi morti proprio la differenza tra Grunge e Hard Rock classico).
 

- Nonostante tutto ciò, in The Madcap Laughs e Barrett, Syd salta tra ruoli diversi e ripropone le figure del menestrello, dell'infante e del banale innamorato mischiando alta e bassa cultura con stralunata ironia (Golden Hair è un poesia di James Joyce del 1907 resa qui filastrocca).

- Questi due dischi non solo destrutturano i generi ma anche l'idea di produzione, o, meglio, l'idea di finitura. Anche qui, la testimonianza dei session men (che includevano gli altri Pink Floyd e i Soft Machine) narra che furono tentate strade diverse per seguire la follia di un Barrett intrattabile. Tra esse, il suonargli dietro di nascosto diffondendo la musica in un altro studio e la post-produzione di una base di sola voce e chitarra con infiniti overdubs. Tuttavia Barrett accetta i diversi processi e anticipa qui la propria disseminazione postuma negando una versione ultima di se stesso. Propone un'idea di campionatura che diviene pratica della dispersione dove egli è autore e parallelamente dub version della propria musica.
Ampliando le suddette pratiche da un'analisi musicale a più ampie considerazioni sullo stato della cultura dell'informazione, possiamo dire che la meteora di Barrett scardina diversi meccanismi della produzione dei segni contemporanea. È qui che il suo percorso fa ragionare con più ampie vedute:

- Barrett scombina il mito dell'originalità dell'autore proponendosi come versione multipla e postuma di se stesso. Non si è immolato alla società dello spettacolo ma ha preferito disperdersi nella moltiplicazione dei propri segni. Pur rimanendo sommamente personale, preferisce rispecchiarsi negli altri e guardare la loro individuazione. L'emergenza del linguaggio di Barrett nella musica altrui coglie tuttavia solo una delle sue facce senza comprenderlo e, in questo, Barrett non solo è stratega del postumo ma anche testo incompiuto del lavoro altrui, di un altrui che continua a cercare di raggiungerlo ma rimane perennemente in difetto. In questa incompiutezza sta la sua resistenza al consumo e la sua paradossale durata.

- La moltiplicazione dei segni del Postmoderno è da lui rovesciata: invece di appropriare e rielaborare molteplici linguaggi (un autore manipola più segni altri), egli opera al contrario definendo sin dalla partenza più linguaggi propri e facendo in modo che diversi autori si approprino di un'unica identità. Egli ricostruisce l'unicità dell'autore come personalità multipla scritta dagli altri (con una strategia che, in letteratura trova paralleli in autori come Borges o Pynchon).

- Barrett è maestro nel mescolare identità e differenze (un tema caro a Deleuze...). Con i Pink Floyd si propone come campione delle sfumature ("Più che una storia, nelle canzoni mi è sempre piaciuto creare un'atmosfera...") e poi le smonta con canzonette abbozzate rivelando che dietro le più sognanti strutture ci sono i soliti tre accordi (è il primo che denuncia il segreto del Rock'n'Roll). In questa iterazione, Barrett ha un supremo disprezzo per il lavoro come elaborazione originale. Nel postmoderno, l'operare sta nel continuo rimescolamento della medesima superficie mascherata da diversità. Smontando se stesso, Barrett è stato il primo a denunciare tale principio della cultura popolare nella musica leggera.

- L'autore in Barrett è quindi sempre anche spettatore di se stesso e si guarda dal di fuori nelle rielaborazioni che gli altri fanno di lui. Cosa avrà fatto Barrett nei decenni di esilio? Piace pensare che egli abbia compiuto una forma di autoriflessione nel segno dello sviluppo dei media, quei media che lo avevano creato e che egli ha eluso.

Cos'è alfine la psichedelia se queste sono le condizioni operative messe in gioco dal suo inventore? È un viaggio al di fuori di sé? È una ricerca di sé? È una compensazione psichica all'alienazione della cultura capitalistica? Nulla di tutto ciò: in Barrett la psichedelia sembra essere una condizione di assenza di sé per moltiplicazione nello spazio (più versioni, più generi) e nel tempo (più revival), una proiezione nel superfluo e nel non finito. Ma è proprio nel superfluo dei generi della cultura popolare che sta il segreto di un'epoca, essi sono l'espressione dei desideri repressi della collettività. In Parigi Capitale del XIX Secolo, Walter Benjamin analizzava le forme della banalità, il surplus che segnava un'epoca, nelle forme della moda, dell'arredo e della letteratura popolare. Barrett, nell'orizzonte della musica pop, definisce tale sovrastruttura con la strategia della scomparsa. Qui sta la cifra della sua genialità.

Pietro Valle
mail: pietrovalle@hotmail.com
sito: ARTLAND

 

la tomba di Syd Barrett