MAGGIE'S FARM

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"THE SPIRIT" e Randy California

 
 

Verso la fine degli anni sessanta si assiste all’esplosione creativa di una band - capitanata dal carismatico Randy California, fan sfegatato e amico di Jimi Hendrix - che seppe realizzare una splendida doppietta mediante il sapiente utilizzo di rock, folk, blues, pop e psichedelia: erano gli Spirit, quintetto che comprendeva, oltre al chitarrista California, il raffinato batterista jazz Ed Cassidy, due tastieristi (Ferguson e Locke) ed un bassista (Andes) impegnati con ottimi risultati nella sezione vocale.
Dopo un discreto esordio con l’album omonimo del 1968contenete ottimi pezzi quali “Fresh Garbage”, “Mechanical World”, “Elijah”, “Topanga windows” e “Taurus” (oltremodo celebre per coincidere con la parte iniziale di Stairway to heaven, composta tre anni dopo dai Led Zeppelin, i quali agli inizi della propria carriera han fatto da gruppo spalla proprio agli Spirit…) mettono a segno un primo colpo da hall of fame realizzando The family that plays together (1969) , che immediatamente aggredisce l’attenzione dell’ascoltatore con l’irruenta “I got a line on you”, poi seguita da “it shall be” e “poor Richard” in un continuo saliscendi di ritmi ed emozioni; sarà proprio la sapiente alternanza di melodie, ora veloci ora più lente, e di parti strumentali a contraddistinguere il loro marchio di fabbrica! Tra i brani migliori del disco vanno indiscutibilmente segnalati “drunkard”, la romantica “darlin if”, l’irrefrenabile “it’s all the same” e la dolce melodia di “dream within a dream”, che fanno conquistare tranquillamente un meritato Otto all’intero lavoro.
Bisogna aspettare ancora quasi un biennio per giungere alla completa maturazione del loro talento, che infatti si innalza nella produzione di un immancabile capolavoro: 
Gli Spirit furono uno dei complessi piu` originali del rock psichedelico, anche se il loro stile non fu mai spettacolare o cacofonico come quello della maggioranza. Ogni loro canzone era un tripudio di piccoli esperimenti di buon gusto. Furono forse gli inventori del progressive-rock, un paio d'anni prima che i britannici ne facessero un fenomeno alla moda.
 

Gli Spirit nacquero nel 1967 dal sodalizio fra un giovanissimo chitarrista rock (Randy "California" Wolfe, emulo di Hendrix, gia` titolare di un complesso da garage) e un anziano batterista jazz (Ed Cassidy, veterano di musicisti jazz come Thelonious Monk, Art Pepper, Cannonball Adderley e Gerry Mulligan, e gia` con i Rising Sons di Taj Mahal e Ry Cooder nel 1965). A loro si unirono altri veterani della scena di Los Angeles, il bassista Mark Andes, il chitarrista Jay Ferguson e il tastierista John Locke.
Il loro primo singolo, Mechanical World, era gia` una canzone sui generis, ma fu il primo album, Spirit (Ode, 1968), a render giustizia al loro eclettismo. I brani passavano con disinvoltura da uno stile all'altro, sperimentando con elegenza e savoir faire le combinazioni piu` cervellotiche. La loro fase psichedelica era rappresentata da Fresh Garbage, acida e poliritmica, jazzata e distorta, e Taurus, capolavoro di California (con flauto, violino e clavicembalo), piece che sembrano vagare nel nulla, e proprio per questo risultano fra i piu` insoliti esperimenti del rock psichedelico, anticipazioni del progressive-rock. California invento` un linguaggio alla chitarra che era si` figlio di Hendrix, ma che integrava meglio gli "effetti" nel sound di gruppo.
Le ambizioni del gruppo culminarono in The Family That Plays Together (Ode, 1969), l'album che passa dal riff trascinante e quasi hard-rock di I've Got A Line On You (loro massimo successo) alla fantasia melodica di Silky Sam - Drunkard - Dream Within A Dream. La prima facciata e` di fatto una elaborata suite in piu` movimenti. Il contrappunto fra gli strumenti aveva raggiunto un livello quasi trascendentale di sofisticazione. I riferimenti al blues, al jazz, al raga e al rock si perdevano in un caleidoscopio di timbri soffici.
Clear Spirit (1969) e` un album di hard-rock piu` banale (Dark-Eyed Woman, 1984), uniche consolazioni la partitura sofisticata di Ice e l'onirica Clear.
Twelve Dreams Of Dr Sardonicous (Epic, 1971) fu il loro album piu` barocco, arrangiato con sintetizzatori (Space Child, Love Has Found A Way) ed effetti di studio. Sfoggia il country-boogie spiritato di Animal Zoo, l'eccentrico pastiche lisergico di Nature's Way, una ruggente, hendrixiana ed epilettica Nothing To Hide, il funk grottesco di Mr Skin e il surreale intermezzo acustico Why Can't I Be Free.
Ferguson formo` poi i Jo Jo Gunne, un mediocre complesso di hard-rock. Gli Spirit pubblicarono ancora Feedback (1971).
 

Randy California, ripresosi da un esaurimento nervoso, registro` poi l'album solista Kaptain Kopter (EPic, 1972).
La reunion Spirit Of '76 (Mercury, 1975), un doppio concept fantascientifico, lascio` ben presagire (nonostante i brani migliori fossero forse le cover), ma la sua continuazione, Son Of Spirit, non e` molto onorevole. Future Games (1977) e` invece un ritorno al formato piu` sperimentale, un collage di rumori, voci e canzoni
Time Circle (Epic, 1991) e` un'ottima antologia.
Negli anni in cui imperversavano Grateful Dead e Jefferson Airplane (circa 1965 - 1969) un gruppo di cinque eclettici musicisti poneva le basi della pura sperimentazione e del crossover. Clear Spirit viaggia nei meandri della mente, gli stessi Spirit sono magnetici, psichedelici e non lasciano nulla al caso. Guida “spirituale” è Randy California, scomparso assieme al figlio in mare qualche anno fa. Un disco ispirato, che apre le danze con una donna dagli occhi scuri, “Dark eye woman” presagio di passione; è l’esordio dell’alchimia. L’uomo prende le distanze dalla natura in “So little time to fly“, mentre in “1984“, si leggono chiare ispirazioni all’omonimo romanzo di Orwell. E’ il momento degli strumentali, accordi Jazz traspirano da tutti i pori e le chitarre distorte, ma fluide fanno vibrare il rullante della batteria di Ed Cassidy: prima “Ice” e poi “Caught“. L’inverno del 1969 nel Topanga Canyon, in California, è stato indimenticabile. L’amicizia con Hendrix e Randy California si percepisce chiaramente in brani come “Fuller brush man” (presente solo nella versione rimasterizzata del disco) e in “Policeman’s Ball“. Onirico il brano che dà il titolo a questo lavoro, “Clear“, che ben si mescola con i brani dal sapore più melodico come “New dope in town” e  “Give a life, take a life“. L’esperienza Spirit è tutta qui, nelle chitarre di un giovane California e nel basso morbido ma deciso di Mark Andes, persino nelle corde vocali dei cori che trasportano la band al centro della mente… la vostra.
Curiosità: la versione rimasterizzata di Clear Spirit è tutto un’altro sentire. Bisogna considerare gli anni del master (1969) che pesano sulle orecchie dell’audiofilo più esigente.
 

Randy California era un chitarrista col blues nel sangue: il leader degli Spirit vantava una la sua formazione musicale tipicamente bluesy grazie a un bluesman recentemente riscoperto, il texano Mance Limbscomb (a chi interessasse ci sentiamo di consigliare la raccolta “Texas Sharecropper & Songster”), la cui influenza sulla tecnica di Randy è evidente soprattutto nei brani acustici, con un fingerpicking imperniato bassi percussivi e ripetitivi e i colorati intrecci melodici. Importantissimo fu il ruolo svolto anche da Lightnin’ Hopkins, Sonny Terry e Brownie McGee, oltre che da lui, il grande Jimi Hendrix: Randall “Randy” Wolfe, questo il vero nome del mastermind degli Spirit, emigrato dalla California si ritrovò nel 1966 a suonare la slide per “Jimmy James and the blue flames”, un act messo su da Jimi… che per non confondere i due Randy del gruppo li battezzò egli stesso con un cognome derivato dagli Stati d’origine, ossia Randy Texas e, appunto Randy California!
Questa “Blues from the soul” è una raccolta curata dal noto giornalista Mick Skidmore, che ha raccolto ben trentacinque brani realizzati da Randy e dalla nuova line-up degli Spirit fra gli anni ’80 e ’90: la nuova line-up degli Spirit, scioltisi ufficialmente nel 1971 e riformatisi successivamente in due circostanza, comprendeva elementi di assoluto livello. Su tutti spiccava il batterista blues e jazz Ed Cassidy, colui che ebbe il merito di ridare stimoli a mr. California portando avanti con lui il vecchio “spirito degli Spirit” nonostante diverse difficoltà economiche; gli altri musicisti coinvolti erano Steve “Liberty” Loria al basso, Scott Monahan alle tastiere e Matt Andes alla slide. Randy purtroppo morì tragicamente nel 1997 e questa raccolta concepita da Skidmore è divisa in due CD dalle tematiche ben diverse: il primo ricostruisce in parte l’album “Blues from the Soul” come lo avrebbe voluto Randy, con tutte le tredici tracce (alcune già inserite nella release postuma “Cosmic Smile”, ancora reperibile ma la cui label, la Phoenix Gems, è fallita) oltre a brani non inclusi nella release degli anni ’90 “California Blues” ma suonati nelle session di quell’album (ancora reperibile). Il secondo CD è invece un mix di brani scelti da Skidmore: «It’s simply a compilation of my own making but one that I would hope would suit comfortably with the master that made the music.»
Alla luce delle influenze cui abbiamo già accennato, i brani qui presenti sono per lo più dei country blues e dei texas blues, anche se non mancano i blues elettrici e psichedelici e i classici Chicago blues. Numerosi e assai noti agli appassionati di blues sono gli artisti a cui Randy rende omaggio: Mississippi Fred McDowell, Leadbelly, Sonny Terry e Brownie McGhee,Willie Dixon, Howlin’ Wolfe e naturalmente Jimi Hendrix.
 

Recensire ogni singolo brano qui presente è impossibile, ma vi assicuriamo che la qualità di tutti e 35 i pezzi è elevatissima. Un particolare ascolto lo meritano tuttavia i seguenti bra “Wagon of wood”, “Key to the highway”, “Pawnshop blues”, “Kansas City”, “Fixin’ to die”, “Run sinner run” (di Lipscomb), la psichedelica “Cosmic smile” - che è sicuramente uno degli ultimi capolavori concepiti da Randy -, il medley di “Charlie James” e “Miss this train” (inizialmente concepite singolarmente) e infine “Devine love”. Perché spiccano questi brani? Semplice, sono quelli che sarebbero dovuti comparire nella versione concepita da Randy di “Blues from the soul”. E le altre tracce? Tutt’altro che dei tappabuchi come magari qualche malizioso potrebbe dire: troviamo, proprio in apertura, una cover gospel - blues anni ’30 di Blind Willie Johnson, un altro personaggio dalla vita enigmatica di cui poco sappiamo, se non del suo grande fervore religioso; una splendida cover di “Red house” dell’amico e maestro Jimi Hendrix, un omaggio doveroso questo, e i tradizionali brani blues “Pck a bale of cotton”, “When the saints go marchin’ in” e “Lord I’ll be with you always” che ci mostrano la grande sensibilità di questo artista nei confronti della “musica del diavolo”.
Dal secondo CD non possiamo non segnalare l’ottimo, ruvido blues rock di “The letter”, già interpretata a suo tempo da Joe Cocker ottenendo un buon successo e il classico “Ain’t superstitious” di Willie Dixon, maestro del Chicago blues. La splendida “California blues”, qui in versione demo con una bravissima Rachel Wolfe (la figlia di Randy) alle vocals, non perde il fascino della versione definitiva su album, rispetto alla quale vanta un minuto in più in coda. Semplicemente indescrivibile è “Down and dirty blues” trovata su uno dei DAT utilizzati da Skidmore per realizzare questo doppio album: una lunga (24:13!) jam quasi sicuramente improvvisata in studio da un Randy che sembra posseduto dal diavolo del blues! Purtroppo il pezzo si interrompe durante l’attacco di “All along the watchtower” e non è stato rinvenuto alcun DAT in cui fosse presente il proseguimento della registrazone.
Chiude l’album un brano folk tradizionale, registrato acustico dal vivo non si sa dove, “Last night I had the strangest dream” di Ed McCurdy, che chiude con un po’ di malinconica nostalgia “Blues from the soul”. Come disse Jay Ferguson, uno dei fondatori degli Spirit, «la cosa più triste, nonostante le grandi cose fatte da Randy, è che ho sempre sentito che il meglio dovesse ancora venire» e lo stesso vale per noi. Non possiamo fare altro che goderci questo ultimo regalo consegnatoci da questo grandissimo artista, ringraziando il buon Mike Skidmore che ha fatto sì che l’album finalmente uscisse.
Un doveroso omaggio a un grandissimo chitarrista forse troppo spesso dimenticato e allo stesso tempo una grandissima release blues imperdibile per gli appassionati del genere e non solo, vista la
quantità - e ovviamente la levatura – dei grandi classici presenti.
 
 


Spirit
 

Gli Spirit rappresentano, forse più di qualsiasi altra acid - band, lo "spirito" eclettico e la natura ibrida della Psychedelia; questa band, sempre in bilico (è bene ricordarlo) fra svariati generi musicali, tra il '68 ed il 1970 ha infatti generato una manciata di album destinati a riscuotere sì un timido successo commerciale, ma anche un ampio consenso della critica, grazie ad un sound fresco e graffiante, ricco di influenze che spaziano dal rock al jazz ed al country, sino al pop più immediato, assurgendo a ruolo di creatori di una miscela densa ma molto "digeribile", sempre sapientemente condita ed amalgamata dalla buone capacità tecniche degli strumentisti.
Nella formazione spiccano su tutti Ed Cassidy, maturo batterista jazz (nel 1968 conta ben 45 primavere), che fino a quel momento ha saggiato la sua tecnica esibendosi con mostri sacri quali Taj Mahal e Thelonius Monk.
Inoltre, fondamentale risulta la presenza di Randy California, talentuoso chitarrista di scuola hendrixiana, oltre che compositore irrequieto e vivace capace di spaziare fra svariati "registri" stilistici ed emotivi.
 
Nel 1968 la band debutta con l' lp "Spirit", album che sa fondere tutte le anime musicali del periodo con estrema perizia e scaltri cambi di direzione verso motivi e riffs più orecchiabili, i quali rivelano però un' originalità estrema ed una prepotente personalità, la quale troverà compimento nel più denso "The Family That Plays Together" nell' anno successivo.
Qui gli Spirit si divertono a delineare un prezioso gioiellino di tecnica ed estro, dove trovano spazio degli arrangiamenti orchestrali che come una sottile nebbia vanno ad impreziosire di "mistero" un lp ricco di spunti memorabili e soluzioni stilistiche i quali fanno di questo lavoro quanto di più originale, prezioso ed intrigante si sia mai udito nell' orbita Psychedelica.
 
 

 

Con "Twelve Dreams Of Dr. Sardonicus", la parabola acida della stagione dei fiori va via via scemando, gli Spirit attenuano i toni lisergici precedentemente espressi, ma puntano, se possibile, ancor più in alto, dando così alla luce un lavoro che a distanza di anni stordisce per la sua modernità.
Di certo quest' album non è memorabile per gli spunti psychedelici, ma senza dubbio è un' interessante "lente di ingrandimento" sull' evoluzione stilistica del rock a cavallo degli anni '60 e '70.
 
Dal '71 in poi la vena creativa del chitarrista California subisce una battuta d' arresto a causa di un forte esaurimento nervoso, ciò ovviamente si ripercuote sul resto della band che anno dopo anno vede scemare la propria fortuna ed il successo, fino allo sciglimento datato 1977.
Venti anni dopo, durante un periodo di vacanza, il chitarrista scompare tragicamente annegando nelle acque dell' oceano pacifico.
( di Ferdinando Santonicola )