Roy Orbison
apparteneva alla primissima generazione di rockabilly, ma controvoglia.
Nativo del Texas, aveva suonato country e cantato gospel nei medicine show,
aveva allietato feste e danze in duo con un mandolinista, ed aveva studiato
con Pat Boone. Scoperto dalla Sun, si converti` al genere di moda, ma il suo
successo nel rockabilly fu limitato al singolo Ooby Dooby (1956) e a
scrivere qualche canzone Jerry Lee Lewis e gli Everly Brothers, che
portarono al successo Claudette (1957). Quando l'enfasi si sposto` dal
rhythm and blues al ritmo piu` bianco di Buddy Holly, Orbison si reco` a
Nashville e scopri` la sua vera vocazione.
Le sue sontuose ballate romantiche, veri melodrammi orchestrali, scritti da
lui stesso, erano reminescenti delle funzioni religiose, degli shouter e del
bel canto. In breve divenne il Caruso del rock, anche se il suo tenore era
tutto malinconia e niente potenza, alternato a crescendo in falsetto. I
testi erano cupi, paranoici, e auto-commiserativi, quasi anticipando le
tragedie che si sarebbero abbatute sulla sua vita privata, che la voce
recitava con plastiche e fantasiose fluttuazioni di tono. L'insieme, liriche
deprimenti, ritmi latini, cadenze marziali, cori vocali, sezione d'archi
classica, canto melodioso, appariva monumentale, paragonato alle
scheletriche frenesie del rock and roll: Only The Lonely (1960, un'aria
romantica che si apre a cappella e sembra quasi un doo-wop), Running Scared
(1961, con un crescendo in stile bolero), Crying (1961), Dream Baby (1962),
sono le sue dolenti prediche amorose, che costituiscono anche il cuore degli
album Crying (Sony, 1962) e Lonely and Blue (Monument, 1963). In Dreams
(1963) e` il gioiello dell'album omonimo.
Il culmine lo raggiunse pero` piu` tardi, con Oh Pretty Woman (1964), piu`
graffiante sia ritmicamente sia melodicamente, un classico del rock di tutti
i tempi. Purtroppo l'anno dopo si converti` al country di Nashville con
l'album There Is Only One (MGM, 1965).
La morte in moto della moglie (1966) e quella dei figli in un incendio
(1968) pesarono duramente sulla sua carriera.
Very Best (Monument, 1966) raccoglie gli hit.
Alla fine degli anni '80 Orbison resuscito` al fianco di Dylan, George
Harrison, Jeff Lynne e Tom Petty nei Traveling Wilburys. Jeff Lynne e Tom
Petty lo aiutarono a scrivere You Got It, il singolo tratto dall'album
Mystery Girl (Virgin, 1989) che lo rilancio` nelle classifiche.
Orbison mori` poco prima l'uscita del disco per un attacco cardiaco.
(fonte : scaruffi.it)
Roy Kelton Orbison (Vernon, 23 aprile 1936 – Nashville, 6 dicembre 1988) è
stato un cantautore e chitarrista statunitense, noto soprattutto per le
canzoni "Only the Lonely", "You Got it", "Oh Pretty Woman", "Crying" e "In
Dreams".
Nato da una famiglia di estrazione operaia (il padre Orbie Lee Orbison per
trovare lavoro si spostò con la famiglia durante gli anni quaranta dapprima
a Forth Wort nel Texas e successivamente nel Nuovo Messico), il giovane Roy
dimostrò presto interesse per la musica fondando una band all'età di tredici
anni, i "Wink Westerners".
Il suo primo successo commerciale arrivò nel giugno del 1956 con "Ooby
Dooby", scritta dai compagni di college e registrata negli studi del
produttore Norman Petty a Clovis, nel Nuovo Messico.
Il periodo di maggiore successo della sua carrierà durò fino a circa metà
degli anni sessanta, durante il quale, oltre a scrivere ed interpretare i
suoi maggiori successi (Only the lonely", "You Got it", "Oh Pretty Woman),
collaborò con grandi interpreti dell'epoca, partecipando a varie tournee con
i Beach Boys negli Stati Uniti nel 1964, con i Rolling Stones in Australia
nel 1965 e coi Beatles in Europa nel 1963, dove strinse rapporti di amicizia
soprattutto con John Lennon e George Harrison (quest'ultimo formerà negli
anni ottanta il gruppo dei Traveling Wilburys insieme, tra gli altri,
proprio a Roy Orbison).
In seguito al mutamento dei gusti musicali negli Stati Uniti dovuti alle
novità stilistiche dei tardi anni sessanta, lo stile triste e melodico di
Orbison, con sonorità country, lo fece uscire dalle top ten del suo paese,
mentre continuò ad essere apprezzato all'estero, in particolare in Europa.
La carriera di Orbison negli anni settanta passò attraverso le esibizioni a
Las Vegas, come altri nomi illustri dell'epoca.
Negli anni ottanta Orbison ritornò con prepotenza alla ribalta, soprattutto
grazie ai tributi che gli pervennero da artisti di grandissima importanza
(Bruce Springsteen si ispirò a "Only the Lonely" di Orbison per scrivere la
sua "Thunder Road", nonchè per essere le sue canzoni ricomprese nelle
colonne sonore di film di grande successo ("Pretty Woman" di Garry Marshall,
Velluto blu di David Lynch)
Gli ultimi anni di vita lo videro protagonista di un progetto musicale assai
interessante con la partecipazione al gruppo dei Traveling Wilburys, di cui
fecero parte anche Bob Dylan, George Harrison, Tom Petty e Jeff Lynne. Il
gruppo non fu pubblicizzato e gli stessi componenti non svelarono
inizialmente le loro reali identità, spiazzando il pubblico ed ottenendo un
interessante successo con il primo album, intitolato Vol. 1, nel 1988. Poco
tempo dopo il lancio del disco, la notizia dell'improvvisa morte di Orbison
causata da un fatale attacco cardiaco che lo colpì a casa della madre a
Nashville, pregiudicò anche il futuro del gruppo che incise solo un secondo
album qualche anno dopo, intitolato Vol. 3, con minore successo del primo,
prima di sparire dal panorama musicale.
Discografia
1961 Lonely and Blue (Monument) Re-issued, 2006 (Legacy Recordings)
1962 Crying (Monument) Re-issued, 2006 (Legacy Recordings)
1962 Roy Orbison's Greatest Hits (Monument)
1963 In Dreams (Monument) Re-issued, 2006 (Legacy Recordings)
1964 More of Roy Orbison's Greatest Hits (Monument)
1965 There Is Only One Roy Orbison (MGM)
1965 Orbisongs (Monument)
1966 The Orbison Way (MGM)
1966 The Classic Roy Orbison (MGM)
1967 Roy Orbison Sings Don Gibson (MGM)
1967 The Fastest Guitar Alive (Movie Soundtrack) (MGM)
1967 Cry Softly Lonely One (MGM)
1969 Roy Orbison's Many Moods (MGM)
1970 The Great Songs of Roy Orbison (MGM)
1970 Hank Williams the Roy Orbison Way (MGM)
1970 The Big O (UK, London)
1970 Zig Zag (Movie Soundtrack) (MGM)
1972 Roy Orbison Sings (MGM)
1972 Memphis (MGM)
1973 Milestones (MGM)
1974 I'm Still in Love with You (Mercury)
1975 The Living Legend of Roy Orbison (compilation album, Columbia Special
Products, Candlelite Music)
1976 Regeneration (Monument)
1977 All-Time Greatest Hits (Monument)
1978 Living Legend (Movie Soundtrack, only 1,000 copies were made)
1979 Laminar Flow (Asylum)
1980 Roadie (Movie Soundtrack) (Warner Bros)
1985 Class of '55 (Lewis, Cash and Perkins) (Polygram)
1985 Insignificance (Movie Sountrack) (Zenith)
1986 Blue Velvet (Movie Soundtrack) (Varese Sarabande)
1987 In Dreams: The Greatest Hits (New recordings, Virgin)
1987 Less Than Zero (Movie Soundtrack)(Def Jam/Columbia)
1987 Hiding Out (Movie Soundtrack) (Virgin)
1988 Traveling Wilburys Vol. 1 (Wilbury/WB)
1989 Mystery Girl (Virgin)
1989 A Black & White Night Live (Virgin)
1992 King of Hearts (Virgin)
Traveling Wilburys sono stati un supergruppo musicale attivo alla fine degli
anni Ottanta.
Era composto da esponenti di spicco del panorama rock: Bob Dylan, George
Harrison, Tom Petty, Jeff Lynne e Roy Orbison. Sotto il curioso nome si
celava in realtà uno scherzo. Ed anche un piccolo mistero.
Il risultato di questa collaborazione tra affermate superstar della musica
pop - reduci da decenni di successi in attività singola o di gruppo - segnò
in ogni caso un gioioso (e giocoso) momento artistico in grado di produrre
una musica fresca, arricchita dagli umori dei quali ciascun componente del
gruppo era apportatore. Tuttavia qualche critico non mancò di ironizzare
accennando all'impresa di dinosauri del rock in gita premio.
L'idea di formare il gruppo sorse nel 1988 durante le sessioni di
registrazione del brano che doveva servire da lato B per un disco singolo di
Harrison (This is Love). Le sedute avvennero al Santa Monica California
Studio di Bob Dylan e il risultato fu la registrazione di una canzone -
Handle With Care - che apparve da subito troppo buona per essere limitata
come riempitivo per un 45 giri.
Il gruppo
Da qui alla decisione a cui giunsero i cinque futuri Wilburys di dare vita
ad un album collettivo e alla formazione di una estemporanea band, il passo
fu assai breve. Scritte da tutti i componenti il gruppo, le canzoni del
primo album dei Traveling Wilburys (che portava il titolo di Vol.1) furono
registrate a tempo di record (Dylan, ad esempio, sarebbe dovuto partire da
lì a poco per uno dei suoi interminabili tour in giro per il mondo).
Messo in commercio nell'ottobre dell''88 (a novembre in Italia), il disco
stupì (in un certo senso spiazzandolo) gran parte del pubblico appassionato
di musica rock (in particolare i fan personali di ciascun componente il
gruppo). La mancanza di un vero e proprio lancio pubblicitario, oltre che
l'inedito nome del gruppo, alimentò facilmente il piccolo mistero di chi
fosse a celarsi sotto le mentite spoglie dei fratelli Wilburys (peraltro
facilmente riconoscibili nonostante i vistosi occhiali scuri che indossavano
per la foto di copertina), figli di tale Charles Truscott Wilbury Sr..
Questo fatto non impedì al disco di scalare le classifiche di vendita (e di
gradimento, tanto da essere inserito fra i 100 migliori album di sempre
dalla rivista specializzata Rolling Stone).
A rattristare gli animi - e a condizionare evidentemente anche un possibile
sviluppo futuro del gruppo - giunse poche settimane dopo la pubblicazione
dell'album (il 7 dicembre) la notizia dell'improvvisa morte di uno dei
componenti il gruppo, Roy Orbison.
Due anni dopo, nell'ottobre 1990, il gruppo tornò tuttavia a farsi vivo -
ancora una volta a sorpresa - pubblicando un nuovo album, intitolato
ironicamente Vol.3. Un possibile Vol. 2 non fu mai immesso sul mercato
discografico eccetto che - come accadde poi per il vol. 4 - in versione
bootleg, quindi non ufficiale.
(wikipedia)
Nel 1972 il mondo non era il posto giusto dove risiedere per Roy Orbison:
troppo giovane per un revival ma per tropo anziano per andare a trovarsi un
nuovo pubblico il cantante triste dovette ripiegare su mercati “marginali “
come l’Australia presso cui la onda lunga della nuova musica (progressive,
jazz rock, hard rock) avevano attecchito molto meno che altrove. Proprio in
Australia Roy scoprì invece che un folto pubblico di affezionati ancora
esisteva e la venerazione si trasformò in realtà, un po’ come Las Vegas e le
Hawaii erano stato il cavallo di troia in quei primi anni settanta per Elvis
Presley.
In questo show televisivo dove Orbison è accompagnato non solo dal suo
gruppo (una combriccola di imbalsamati) ma da una intera orchestra il
cantante di "Crying", “Blue Bayou“, “Dream Baby“, “In dreams“, “Running
Scared “ e " Oh, Pretty Woman “ (qui ci sono tutte…) è sempre in perfetto
controllo dietro il suo paio di inseparabili occhiali neri. Incredibile che
sia in vita, in certi momenti ! Eppure qualcosa di straordinario accade
perché le canzoni di Orbison (venerato da Costello, Waits, Bono, Springsteen
e molti altri) prendono vita anche quando stai per dire che sono melense e
stagnanti. Sarà la voce agrodolce e rotta da una malinconia che lo fece
grande, sarà il suo essere così “cool “ certo è che Roy Orbison seppe per
moltissime stagioni l’ambasciatore dei cuori spezzati e – in qualche modo –
seppe portare questo compito a termine a testa alta, senza mai cedere. Un
vero country boy, insomma, fedele alla parola data!: Con una vita terribile
dietro e avanti a se (la morte del fratello, della madre, di un figlio,
l’incendio di tutti i suoi averi) Roy Orbison non cambiò mai una volta
espressione e seppe far sognare più di una generazione fino al trionfo
finale con “Mistery Girl“ e un intero album realizzato grazie a Bono e the
Edge. La sua musica è il suono di una stazione radio che non esiste più,
l’America di quella musica country che è più pop del pop perché popolar
dentro, fino al più profondo. La voce di Roy orbison, i suoi arrangiamenti –
qui eseguiti in modo quasi pedissequo – furono in insegnamento per le
tecniche di registrazione in Italia e il suo stile vocale un riferimento per
molti. Fosse rimasto vivo fino ad oggi avrebbe avuto il trattamento che è
stato riservato a Johnny Cash, ma non è andata così e Roy se ne è andato
come era venuto, un po’ in sordina. Rispettando il suo stile di sempre;
forse doveva essere così.
(Ernesto de Pascale)
Le radici musicali di Roy Orbison sono le stesse di Carl Perkins, Johnny
Cash ed Elvis Presley, quelle del primo rock 'n roll, del rockabilly e del
country. Ma lo stile di Orbison, una miscela di country-pop inserita su una
base rock?n?roll, si caratterizzava soprattutto per l?intensità drammatica
della sua voce e per i testi romantici e nostalgici. La figura del crooner,
il cantante triste e sconsolato, perdente e abbandonato dal suo grande
amore, trovava in lui una perfetta incarnazione. La sua influenza stilistica
è stata riconosciuta fondamentale da artisti come Bruce Springsteen, Chris
Isaak e i Beatles (con cui andrà in tour nel ?63) che dichiareranno, per
bocca di John Lennon, di aver scritto Please, Please me pensando al suo
stile. La sua prima hit è del ?56 con un brano rockabilly, Ooby Dooby, che
inaugurò il contratto con la Sun records. Ma dimostrò subito di trovarsi più
a suo agio con le ballate. I successivi singoli per la Sun non incontrarono
però grande riscontro e alla fine degli anni ?50 decise di concentrarsi nel
lavoro di songwriter per altri artisti. La sua Claudette ad esempio, fu un
grande successo degli Everly Brothers. Dopo aver lasciato la Sun e poi anche
la RCA, Orbison trovò la sua giusta dimensione artistica con la Monument
Records, per la quale incise Only the Lonely, che raggiunse il secondo posto
in classifica nel ?60. Le sue ballate melodiose su amori perduti,
interpretate con intensità da melodramma, trovarono nelle produzioni
Monument la massima enfasi, con arrangiamenti per archi e cori. Fra il 1960
e il ?65, Orbison piazzò 15 canzoni nella Top 40, fra cui il suo più grande
successo,Oh, Pretty Woman, n.1 nel 1964. In coincidenza con l?abbandono
della Monument per la MGM nel 1965, l?evoluzione del rock verso strade
innovative relegò il sound di Orbison fra le cose passate di moda. Nel ?66
avrebbe perso la moglie in un incidente motociclistico e alcuni anni dopo
anche due dei figli, nell?incendio della sua casa. Produzioni e apparizioni
dal vivo si diradarono molto, fino alla metà degli anni ?80, quando
l?inserimento nella colonna sonora del film Blue Velvet di David Lynch,
della sua In Dreams lo riportò in auge. Incise, con la produzione di T-Bone
Burnette un album di vecchi successi e partecipò con George Harrison, Bob
Dylan, Tom Petty e Jeff Lynne al supergruppo dei Traveling Wilburys. Il
successo di quella avventura spianò la strada a quello che sarebbe stato
l?album più venduto di Orbison da 20 anni, Mystery Girl. Morirà nel Dicembre
?88, a soli 52 anni, per un attacco cardiaco.
(kataweb.it)
Quando il destino sconfisse Roy Orbison. Due volte.
Pubblicato da Andrea Degidi Mer, 07/05/2008 - 08:16
Il rock americano è, naturalmente, Bob Dylan, Bruce Springsteen, Ryan Adams,
Jackson Browne, Tom Petty (e scusate chi dimentico). Parliamo del rock che
narra di strade polverose, amori infranti, vite operaie, guerre sbagliate.
Eppure c’è un’altra anima di quell’America che in Italia conosciamo
pochissimo. Ha il volto, tondo e rubicondo per niente da star, di Roy
Orbison, il rocker più sfigato della terra. Non ci credete? Allora leggete
la sua storia.
Nato nel 1936, Orbison cresce bruttino e timido, ma con una chitarra sempre
al suo fianco. Ragazzo dalla pelle pallidissima, si nasconde dietro ad un
paio di enormi occhialoni dalle lenti fumè, infagottato in terrificanti
giacche a frange. Fin da ragazzo elabora uno stile particolare: canzoni
semplici, con sfondo di archi lacrimosi, testi quasi tutti d’amore, melodie
plasmate con refrain melodrammatici e soprattutto infarcite di tanto miele
che stomacherebbe anche Winnie Pooh. Ma Roy ha subito un suo successo, negli
Usa. Perché? Perché la sua è la voce più bella del mondo: pulita,
soprattutto lirica, in grado di raggiungere toni altissimi.
Siamo negli anni Sessanta, il problema è che in America c’è un altro tizio
che fa musica come la sua, ma con un sex appeal decisamente superiore:
mister Elvis Presley. Comunque il ragazzo ha successo, scrive centinaia di
canzoni e si ritaglia un suo pubblico. Nel 1964 il botto, scrive ‘Pretty
woman’. Lo so quello che state per dire, ma non è dei Van Halen? Nossignori,
è del vecchio Roy quella canzone, usata poi come jingle per gli scompensi
dollarosi-ormonali ‘mi ami per quel che sono o per i miei soldi’ sbattuti
sul grande schermo dalla coppia Richard Gere-Julia Roberts. Le charts si
accorgono di lui, si sposa con Claudette, arrivano tre figli. La vita
sorride, alla faccia della concorrenza di Elvis? Illusione, nel 1966 Orbison
e signora escono con due moto per fare un giro. Claudette ha un incidente e
muore. Due anni per riprendersi dal dolore e nel 1968 un incendio devasta la
casa di Roy, uccidendo due dei tre figli. Come ci si può riprendere da un
bastardo simile attacco del destino? Semplicemente non ci si riprende.
Negli anni Settanta Orbison si esibisce nei locali country americani.
Sinceramente fa un po’ pena, ingobbito dal dolore, con la sua figura così
demodè, fra stivaletti da cowboy e giacche di pelle mentre in Inghilterra il
vento del punk spazza via tutto il vecchiume possibile, comprese le sue
ballatone sentimentali.
Un uomo e un cantante finito: questo è Roy Orbison negli anni Ottanta. Ma
siccome un briciolino di giustizia a questo mondo a volte c’è, Bruce
Springsteen decide che è tempo che il mondo riscopra Roy, proprio che lui
che l’aveva omaggiato nella sua epica ‘Thunder road’ (il Boss scriveva nel
testo ‘Roy Orbison canta per i solitari’, rifacendosi ad un successone di
Roy, ‘Only the lonely’). E così nel 1987 chiama a raccolta Tom Waits, Elvis
Costello e suonano con il vecchio maestro in un memorabile concerto-tributo
a Los Angeles. Quella sera frutterà un cd, ‘A black and white night’,
bellissimo, con le sue canzoni più belle: 'Crying', 'Only the lonely, 'Blue
bayou', Ooby dooby', 'Dream you', 'Leah' e naturalmente 'Pretty woman'.
È la rinascita. Tutti dicono, mica male questo Orbison. Lui ha 50 anni, il
look fuoritempo di sempre, il volto innocente e la voce ancora bella come
una stella alpina. Si risposa con Barabar e nel 1989 entra a far parte di un
supergruppo, moda di quegli anni, i Travelling Wilburys: con lui Bob Dylan , Jeff Lynne,
George Harrison e Tom Petty. Incidono un album che sbanca Billboard. La
resurrezione è ormai totale, Roy è fertilissimo, attualizza un po’ la sua
scrittura e prepara un altro album, ‘Mystery girl’: il disco straripa di
vip, George Harrison, Tom Petty, Bono e The Edge (che scrivono ‘Mystery
girl’) e, purtroppo, Jeff Lynne. Perché purtroppo? Perché Lynne, padre
padrone dell’Electric light orchestra, ha una mano produttiva kitsch e
pesante, un'impronta appiccicosa che ben si sente in ‘You got it’, ‘A love
so beautiful’ e ‘Windsurfer’. L’album resta bellissimo. È pronto per i
negozi quando il destino ritiene che il conto del signor Roy Orbison vada
ancora saldato. Un infarto stronca la seconda giovinezza, la vita, di
Orbison.
È il 6 dicembre 1988: aveva 52 anni.
(di Andrea Degidi)
di John Vignola
5 giugno 1961: Roy Orbison è primo nelle calssifiche americane con Running
Scared, che ottiene un buon risultato anche in Inghilterra (settimo posto).
E' l'inizio di un successo che tardava ad arrivare, nonostante un pugno di
ottime canzoni e l'appartenenza anagrafica al rock and roll della primissima
ora, insieme a nomi come Elvis Presley, Eddie Cochran, Jerry Lee Lewis.
Nato a Vernon, Texas, nel 1936, come Elvis nella scuderia della Sun Records
di Memphis, Orbison paga agli esordi un aspetto fisico non proprio avvenente
("mentre gli occhiali rendevano Buddy Holly un tipo interessante,
abbruttivano ancora di più la faccia tondeggiante di Roy", ricordava Sam
Phillips, il proprietario della Sun), malgrado pezzi del calibro di Ooby
Dooby e Devil Doll abbiano tutte le carte in regola per imporsi, con i loro
ritmi trascinanti e un falsetto particolarmente drammatico, che poi
diventerà il marchio di fabbrica dell'artista.
Sono invece gli Everly Brothers a portare la sua Claudette al successo
assoluto, mentre l'autore deve far passare un quinquennio in cui la sua
salute (soffre di cuore) e il suo volto non gli permettono di sfondare.
Dovranno cambiare i tempi, per dirla alla Dylan, che consentiranno alla sua
vena più drammatica e solitaria di affermarsi, a partire da Running Scared
per proseguire con Only The Lonely, In Dreams, Crying: canzoni in cui cuore
spezzato, solitudine e un certo vittimismo vanno a braccetto, ponendo le
basi per un dominio di classifica che durerà fino al '65. Sempre vestito di
nero, mai soridente, in realtà Orbison nasconde un estro che è di pochi: lo
testimoniano anche le sue composizioni più ritmate e coinvolgenti, che
regala quasi distrattamente, come Oh Pretty Woman e Mean Woman Blues.
Al periodo migliore seguiranno, in triste sintonia con le storie che ha
cantato, una serie di lutti personali (la moglie morirà in un incidente
motociclistico; due figli nell'incendio della casa) e la scomparsa quasi
assoluta dalla scena fino al 1987, quando un suo brano - In Dreams - finirà
nel film Blue Velvet di David Lynch e lui inciderà lo stupendo Mystery Girl,
segno di una classe riconosciutagli da pochi. Purtroppo un infarto lo
stroncherà l'anno successivo, poco dopo un commovente tributo a cui
partecipano estimatori insospettabili, fra cui Bruce Springsteen, Tom Waits
ed Elvis Costello, di cui rimane un dvd trascinante, in un elegantissimo
bianco e nero (A Black & White Night Live). Si sono ispirati dichiaratamente
a lui pure Paul McCartney, John Lennon e il nostro Bobby Solo...
(fonte : canali.kataweb.it)
VIDEO :
Oh Pretty Woman
Crying
You got it
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