MAGGIE'S FARM

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IL PROGRESSIVE ROCK

 
 

 

L'inizio fu la ricerca di un nuovo suono da parte di Bob Dylan per realizzare l'album "Blonde on blonde" , e  poi............

come per tutta la musica rock e per ciò che poi ne è seguito, le radici del progressive rock vanno sempre ricercate in uno dei due gruppi che, ognuno in maniera diversa, hanno dato origine ad un vero e proprio terremoto nella musica contemporanea, ovvero Beatles e Rolling Stones.

Il progressive rock si innesta nel filone dei Beatles, non i Beatles “elviseggianti” della prima ora, ma quelli più maturi e litigiosi della fine della loro brevissima storia. E’ incredibile pensare a ciò che hanno sovvertito in campo musicale i Beatles in appena 7 anni di carriera (il primo album è “Please Please Me” del 1963 e l’ultimo “Let it be” del 1970).

La svolta verso tematiche che ritroveremo poi nel progressive rock si ha però a cavallo tra il 1966 ed il 1967, grazie soprattutto alla vena melodica ed intimista di Paul McCartney.

E’ difficile oggi non individuare in brani come “Eleanor Rigby” (Revolver - 1966), “A Day in the life” (Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band - 1967) “Penny Lane” e “Strawberry fields forever” (Magical Mystery Tour – 1967), “Because” (Abbey Road – 1969), “Let it be” e “The Long and Winding Road” (Let It Be – 1970) l’embrione di quello che diverrà poi il progressive.

Parallelamente, sulla scena inglese, negli stessi anni, altri gruppi sperimentano un nuovo modo di fare rock che esce dagli schemi dei soliti quattro accordi, seppur magistralmente combinati tra loro, per attingere alla tradizione della cultura musicale europea.

Ecco allora che da Birmingham arrivano i Moody Blues (biografia e discografia), in origine poco fortunata band di Rhythm and Blues, ma che nel 1966, con l’album Days of Future Passed, che conteneva anche la celeberrima “Nights in white satin”, dà un’improvvisa sterzata verso composizioni più elaborate e musicalmente complesse. I Moody Blues hanno tra l’altro il grande merito di introdurre per primi nella musica rock l’uso del mellotron.

Il mellotron era in verità già stato utilizzato sia dai Beatles in “Strawberry Fields Forever” e in “I Am the Walrus” (Magical Mystery Tour – 1967) che dai Rolling Stones in “She's a Rainbow” (Their Satanic Majesties Request – 1967), ma mai in maniera così continua e caratterizzante.

Altro gruppo fondamentale in questa svolta della musica rock, sono i Procol Harum (biografia e discografia), del pianista e cantante Gary Brooker, del tastierista Matthew Fisher e del chitarrista Robin Trower, che, sempre nel 1967, con il singolo di esordio “A Whiter Shade of Pale”, raggiungono il primo posto nella hit inglese e vi rimangono per sei settimane. Quel brano, vagamente ispirato dall’Aria sulla quarta corda dalla Suite n. 3 in sol maggiore di Johann Sebastian Bach, caratterizzato da maestosi e struggenti suoni dell’organo Hammond, altro grande protagonista della musica progressive, scala le classifiche di mezzo mondo vendendo oltre sei milioni di copie, un’enormità per quegli anni.

I Procol Harum introducono altre novità rivoluzionarie per l’epoca: sono il primo gruppo ad avere contemporaneamente in formazione un organista ed un pianista, i primi a comporre una suite interamente strumentale come ”Repent Walpurgis”, pubblicato da noi – chissà perché – con il titolo di “Fortuna” (Procol Harum – 1967), i primi ad utilizzare suoni ambientali come parte integrante di un brano in “A Salty Dog” (A Salty Dog – 1969) nel quale si possono udire il fischio di un nocchiere, le grida dei gabbiani ed il rumore della risacca sullo sfondo, particolarità queste che ritroveremo poi successivamente in molti album dei Pink Floyd.

Provenendo dal folk convergono verso le stesse atmosfere gruppi totalmente differenti come gli Amazing Blondel ed i Jethro Tull.

Gli Amazing Blondel (biografia e discografia) sono uno dei gruppi più originali ed insoliti del panorama rock di tutti i tempi. Il nome stesso, che deriva da quello del leggendario menestrello di Re Riccardo “Cuor di Leone”, fa intuire come il trio si ispiri alla musica di stile medievale. La strumentazione è altrettanto inusuale includendo, tra gli altri, anche liuto, ocarina, cornamusa, harmonium ed oboe. Nel 1971 incidono l’album “Fantasia Lindum” che contiene anche l’omonima leggendaria suite della durata di oltre venti minuti. Sebbene i brani, per via della strumentazione, appaiano ripetitivi, le atmosfere che riescono a creare sono realmente magiche. “England”, del 1972, è probabilmente l’album più significativo inciso dagli Amazing Blondel nella loro breve storia.

Dal folk arrivano anche i più famosi Jethro Tull (biografia e discografia) dell’istrionico flautista folletto Ian Anderson, tanto popolari tra il pubblico, quanto osteggiati dalla critica. La loro musica è una miscela di hardrock, blues, melodie folk tradizionali, brani classici rivisitati ed attualizzati, un esempio tra tutti “Bouree” tratto dall’omonima composizione di Johann Sebastian Bach (Stand Up – 1969).

Sia gli Amazing Blondel che i Jethro Tull introducono per primi l’uso ricorrente del flauto traverso come strumento solistico.

A Manchester, nel 1968, l’incontro tra il batterista Chris Judge Smith, il visionario cantante e compositore Peter Hammill ed il tastierista Nick Peame da vita ai Van Der Graaf Generator. I testi oscuri ed esistenziali di Hammill ben si adattano alla musica sperimentale, jazzisticamente ispirata, degli altri componenti, che si concretizza nel loro indiscusso capolavoro “Pawn Hearts” del 1971.

Nel 1967, sulla scena londinese, debuttano The Nice, gruppo che suonerà solo per 3 anni, ma che ha il grande merito di costruire un ponte tra il pop psichedelico e ciò che diventerà il progressive rock. Della formazione fa parte anche Keith Emerson, tastierista eclettico ed egocentrico, dotato di una mostruosa tecnica strumentale e di un altrettanto mostruoso assolutismo e gusto per la provocazione. L’organista attira l’attenzione della critica e del pubblico in performances “Hendrixiane” pugnalando la tastiera o simulando amplessi sul palco con il proprio organo Hammond, bruciando amplificatori ed altri oggetti, inclusa una bandiera americana durante un concerto alla Royal Albert Hall, sfiorando l’incidente diplomatico. La musica di The Nice è un misto di rock, musica classica, jazz tradizionale e fusion che si concretizza nel loro secondo album “Ars Longa Vita Brevis”, del 1968, nel quale spicca l’omonima suite per gruppo e orchestra che occupa l’intera seconda facciata e che si ispira ai Concerti Brandeburghesi di Bach, riprendendo anche la Suite Karelia di Jean Sibelius.

Nel frattempo, a Canterbury, nel 1966, il batterista Robert Wyatt ed il bassista e cantante Kevin Ayers, fondano, assieme al tastierista Mike Ratledge ed al chitarrista australiano Daevid Allen il gruppo dei Soft Machine. Le liriche surreali e le complesse architetture armoniche di ispirazione jazz-pop appaiono del tutto rivoluzionarie per l’epoca. Già dal secondo album (Vol. 2 - 1969), l’impronta musicale jazz-rock prende il sopravvento sui testi e sulle parti cantate che diventano accessorie, i brani appaiono onirici e quasi inaccessibili. L’album successivo (Soft Machine Third – 1970) vede l’introduzione nella formazione di una sezione di fiati ed è considerato l’archetipo sia del progressive rock che del jazz-rock.

Tutto questo fermento concentrato in pochissimi anni, questa continua ricerca di nuove vie, di contaminazioni, di esperimenti, doveva sfociare per forza in qualche cosa di innovativo, di “mai sentito prima” nel panorama rock mondiale.

Nell’estate sempre del 1967 il batterista Michael Giles e suo fratello Peter, bassista, veterani delle scene rock minori inglesi, contattano Robert Fripp che, dopo aver militato in piccole formazioni locali, suona la chitarra in una piccola orchestra in un hotel. Formano un gruppo e superano un provino alla Decca Records che consente loro di incidere un album, The Cheerful Insanity of Giles, Giles & Fripp, una strana mistura di jazz, musica psichedelica, ballate e humor demenziale che passa praticamente inosservato.

Peter Giles, entusiasta comunque del progetto, contatta anche Julie Dyble, ex cantante dei Fairport Convention ed il polistrumentista Ian McDonald con i quali vengono incisi alcuni brani. Mentre Julie Dyble abbandona ben presto il gruppo, Ian McDonald si trova a suo agio in questo melting pot di idee e chiama anche un suo amico, il poeta visionario Peter Sinfield. Il sound del gruppo si affina sempre più, grazie anche all’utilizzo del mellotron. Nel 1968 Peter Giles decide di abbandonare la carriera ed abbandona il gruppo e Fripp propone agli altri di sostituirlo con un suo vecchio amico, bassista e cantante, Greg Lake. Il nome del gruppo “Giles, Giles & Fripp” è oramai inadeguato e la fantasia di Sinfield ne concepisce un nuovo, quello di King Crimson ( biografia e discografia).

E’ il 1969 e viene pubblicato “In the Court of the Crimson King” (recensione): è nato il Progressive.

 

La strumentazione e la scena

La ricerca di un suono quanto più vicino alla musica sinfonica e medievale, porta i gruppi Progressive all’assimilazione di una nuova strumentazione o alla riscoperta di strumenti tradizionali, ma estranei fino ad allora al palcoscenico rock.

Inizialmente vengono introdotti nelle formazioni il flauto traverso ed il violino, ne sono un esempio le prime composizioni dei King Crimson, dei Genesis e, in Italia, della PFM, alle volte anche strumenti meno usuali come cornamusa, harmonium ed oboe, ma la grande mancanza sono le sezioni strumentali, tanto che in alcuni casi vengono ingaggiate delle vere e proprie orchestre.

Il punto di svolta si ha con l’introduzione del mellotron, strumento tanto semplice quanto geniale. Il mellotron è una tastiera, generalmente di tre ottave, in cui ogni tasto aziona la testina di un registratore ad esso collegato. Sul nastro possono essere incisi dei suoni e quindi violini, viole, strumenti a fiato, ma anche intere sezioni di strumenti ad arco o a fiato, cori, rumori, ogni nastro può contenere sino a tre tracce differenti lunghe 8 secondi ciascuna. Rilasciato il tasto, il nastro si riavvolge automaticamente ed è pronto per una nuova esecuzione. Il musicista, agendo appunto sui tasti, di fatto attiva una testina di un registratore facendo emettere allo strumento il suono che è presente sul nastro.

Mellotron

Mellotron

Ecco dunque che le formazioni possono allargare la propria strumentazione all’infinito, aggiungendo ai brani quelle atmosfere tipicamente sinfoniche o etniche che erano loro precluse, soprattutto nelle esecuzioni live.

Grande importanza in questo sound innovativo riveste l’organo e la scelta dei gruppi cade quasi sempre sull’Hammond, soprattutto sui modelli B3, C3 e L100, per il particolarissimo suono aspirato.

L’Hammond ha due tastiere sovrapposte da 61 chiavi ed una pedaliera di 25 chiavi basse. Una caratteristica unica che contraddistingue gli organi Hammond da tutti gli altri è la presenza sulla console di nove tiranti a stantuffo ciascuno impostabile su altrettante posizioni diverse, che, combinandosi tra loro, permettono al musicista di variare all’infinito le tonalità ed il volume dello strumento. In simbiosi con l’organo Hammond vi sono quasi sempre i diffusori della Leslie che, grazie ad un congegno elettromeccanico che convoglia il suono in un condotto elicoidale, genera un tremolo del tutto particolare.

Hammond C3

Organo Hammond C3

Note gravi e note acute vengono dapprima filtrate e poi indirizzate verso due distinti rotori, che girano a velocità disuguali, creando così una modulazione sonora sempre differente. Il Leslie 122 ed il Leslie 142 sono i modelli più famosi e generano un suono morbido e rotondo, quello che si ascolta nelle esecuzioni di Richard Wright dei Pink Floyd. Il Leslie 147 ed il Leslie 145 producono un suono più aspro e duro, quello preferito ad esempio da Jon Lord dei Deep Purple.

Altro strumento innovativo che trova spazio nelle esecuzioni Progressive è il Mini-Moog, progenitore del Sintetizzatore, strumento totalmente elettronico costituito da oscillatori, generatori d'inviluppo, mixer e filtri, una console piena di interruttori e manopole che regolano ogni aspetto del suono generato ed una tastiera a tre ottave e mezza. il Mini-Moog, con la sua possibilità di modulare il suono da nota a nota, consente per la prima volta al tastierista di “svisare”, ovvero di passare da una nota alla successiva attraverso le “non-note” dei suoni intermedi, possibilità fino ad ora riservata agli strumenti a corda, chitarra in testa a tutti.

Mellotron e MiniMoog

Mellotron con Mini-Moog

 

Sostanzialmente i modelli di chitarra più usati dai chitarristi Progressive sono due: la Fender Stratocaster e la Gibson Les Paul , anche nel suo modello Custom, amplificate dai giganteschi Marshall o dai piccoli Vox AC30. La scelta dello strumento è realizzata dal chitarrista in funzione della propria sensibilità, del genere di musica che ama suonare, della maneggevolezza del manico, della leggerezza o durezza dell’accordatura, della sonorità che vuole raggiungere.

Le Gibson Les Paul dal suono più caldo e armonico sono le preferite, ma anche le Fender Statocaster dal suono più chiaro e preciso hanno i loro estimatori.

Tra i chitarristi pro-Gibson si annoverano, tra gli altri, Robert Fripp dei King Crimson, Gary Green dei Gentle Giant, Steve Hackett dei Genesis, Martin Barre dei Jethro Tull, Steve Howe degli Yes, tra i pro-Fender David Gilmour dei Pink Floyd, Robin Trower dei Procol Harum. Altri chitarristi si alternano indifferentemente dall’una all’altra: è il caso di Andy Latimer dei Camel.

Fender Stratocaster

Fender Stratocaster

Gibson Les Paul Custom

Gibson Les Paul Custom

La ricerca di sonorità complesse fa sì che, davanti al chitarrista, appaiano pedaliere di tutti i tipi: dal substain per allungare la vibrazione della corda, ai controlli del volume e della tonalità, ai distorsori, all’E-bow, strumento elettronico che agisce su una singola nota, la fa vibrare e la sostiene e consente al chitarrista di ottenere suoni simili a quelli di un violino o di un flauto o atmosfere eteree ed impalpabili.

Quella che tradizionalmente è la sezione ritmica, basso e batteria, nel Progressive subisce un’impressionante evoluzione. Le complesse tessiture ed i cambi repentini di tempo esaltano le doti degli strumentisti chiamati per la prima volta anche a vere e proprie esecuzioni solistiche al pari di tutti gli altri membri del gruppo. Tra gli strumenti assume una buona popolarità il basso Rickenbacker dal suono secco e metallico usato, tra gli altri, da Mike Rutherford dei Genesis, Chris Squire degli Yes, Roger Waters dei Pink Floyd ed appaiono percussioni inusuali, come gong, campane tubulari, strumenti dalle origini etniche più svariate e i Roto Tom, dei tom-tom sintetici montati su un telaio d’acciaio che hanno la possibilità, ruotando sul supporto, di modificare la tonalità del suono emesso, creando interessanti effetti di movimento.

Rickenbacker 400x

Basso Rickenbacker 400x

Roto Tom

Roto Tom

Con gli strumentisti spesso impegnati in esecuzioni complesse, spesso seduti davanti ad uno spartito, la presenza scenica è fatalmente ridotta all’osso. Occorre studiare forme nuove di catalizzazione dell’attenzione dello spettatore che sopperiscano alla staticità degli strumentisti. Alcuni gruppi, come i Pink Floyd, utilizzano luci e fumo, laser e sfere riflettenti come coreografia alla musica, altri performances con il proprio strumento come Keith Emerson che accoltella o da fuoco al proprio Hammond durante il concerto. I Genesis sfruttano invece l’inventiva e la vena eclettica di Peter Gabriel per creare attorno ai brani un vero e proprio spettacolo fatto di costumi, travestimenti, luci ed ombre sapientemente spalmate sulla scena per sottolineare una storia, una situazione, un personaggio.

Il rock non è mai stato così creativo!

“In the Court of the Crimson King” (recensione) viene considerato l’origine ed il manifesto del Progressive perché ne contiene gran parte degli elementi caratterizzanti. “21st century Schizoid Man”, brano che apre l’album, ci scaraventa d’impatto dentro un allucinato mondo dell’allora futuro, oggi presente, un mondo opprimente, violento come i suoni che urlano gli strumenti: ed ecco gli improvvisi cambi di ritmo, gli assoli che spezzano le frasi, le rincorse, i continui ritorni del riff feroce, intollerabile e angosciante. La splendida “I talk to the Wind” ci trascina in un universo contrapposto, sognante ed estasiato ed è dominata dal lirismo della voce di Greg Lake e dal flauto di Ian Mc Donald, così come la malinconica e velata “Epitaph” (Confusion we’ll be my epitaph…”) e la grandiosa “The Court of the Crimson King”, mausoleo all’ambientazione Progressive.

Come in mille altri casi della vita, molto probabilmente il Progressive non avrebbe mai visto la luce se i King Crimson, nel luglio del 1969, non fossero stati gruppo di supporto al concerto gratuito dei Rolling Stones ad Hyde Park di fronte a 650.000 persone: una pubblicità così clamorosa consegna immediatamente i King Crimson all’olimpo della Hit Parade inglese dove raggiungono il sesto posto per vendite nel novembre dello stesso anno: incredibile per un gruppo al debutto.

Quel nuovo “suono” incomincia ad essere passato nelle radio inglesi più d’avanguardia e ripreso anche da molte emittenti europee contribuendo alla diffusione di questi intarsi vocali e strumentali del tutto estranei all’orecchio dell’ascoltatore.

Quello stesso anno vede il debutto degli Yes (biografia e discografia) del cantante Jon Anderson, del bassista Chris Squire e del batterista Bill Bruford. L’album, chiamato semplicemente “Yes”, mostra tutte le peculiarità che caratterizzeranno il gruppo nell’intera successiva produzione: armonie impeccabili e pulite, piene di enfasi e roboanti che fanno immediatamente pensare alla musica sinfonica e jazz. L’album contiene sia covers di gruppi famosi reinventate in stile Progressive, come la sorprendente “I see you” dei Byrds, un esperimento jazz del chitarrista Peter Banks e del batterista Bill Bruford che giocano attorno al riff originale, che anche e soprattutto brani originali.

I Pink Floyd (biografia e discografia), dopo aver inciso “More”, colonna sonora dell’omonimo film, sempre nel 1969 pubblicano “Ummagumma”, album doppio venduto al prezzo di un album normale, che contiene una parte dal vivo, registrata a Birmingham ed a Manchester nel giugno dello stesso anno, ed una parte in studio molto sperimentale nella quale ogni membro del gruppo porta la sua personale musica. I Pink Floyd non fanno parte del Progressive in senso stretto, la loro musica è ineguagliabile ed ineguagliata, ma alcune loro composizioni entrano ed escono dai canoni del Prog, basti pensare alla suite di "Atom Heart Mother" (recensione), alle composizioni “concept” come “The Dark side of the moon” (recensione) o “The wall” (recensione). La loro musica quindi si intreccia e va a braccetto in quegli anni con quella degli altri gruppi Progressive dai quali ricevono ed ai quali cedono alcune caratteristiche.

Dalla cosiddetta “Scuola di Canterbury” provengono invece i Soft Machine che, nel 1969, incidono il loro secondo album, intitolato appunto “Volume Two”, che combina l’energia del rock psichedelico con l’improvvisazione vibrante del jazz. I Soft Machine non hanno mai avuto un successo di massa, proprio per le caratteristiche surreali e spesso inaccessibili della loro musica, ma nei primi anni settanta diventano uno dei gruppi più seguiti ed amati nell’ambiente underground londinese. Nonostante il successo di nicchia, i Soft Machine sono una delle band che influenzerà maggiormente tutta la scena musicale di quegli anni.

 

Sempre nel 1969, i Van Der Graaf Generator incidono il loro secondo album “The least we can do is wave to each other” associando alla musica sperimentale e cerebrale, testi che spaziano dal misticismo all’astrologia, alla numerologia, alla magia, alla fantascienza, all’ecologia.

In quasi tutti i concerti londinesi dei Van Der Graaf Generator appare di spalla un nuovo gruppo emergente sulla scena musicale inglese a cavallo degli anni sessanta e settanta. Il gruppo fondato nel 1965 da quattro studenti della Charterhouse School a Godalming nel Surrey, ovvero Peter Gabriel, Tony Banks, Michael Rutherford e Anthony Phillips a cui si aggiunge il batterista Chris Stewart, nel 1967 prenderanno il nome di Genesis (biografia e discografia). Proprio nel 1969 incidono il loro primo album “From Genesis to Revelation”, distribuito anche con il nome di “In the beginning”, album grezzo che però contiene già, qui e là, i semi di quella che sarà la loro musica.

Nel 1970, infatti, esce “Trespass”, che fa loro scalare moltissime posizioni nel gradimento del pubblico Progressive, ma poche nelle classifiche di vendita, per lo meno in Inghilterra.

Occorre dire infatti che, mentre il Progressive stentava ad affermarsi nei Paesi di lingua anglosassone, nel resto d’Europa e soprattutto in Italia ebbe quasi subito un buon seguito.

“Trespass” è un album di crescita verso la maturazione e la consacrazione dei Genesis, comincia a prendere forma la drammaticità e teatralità della loro musica e delle loro liriche: brani come “Looking for someone”, “Stagnation” e, soprattutto, “The knife” costituiscono pietre miliari della storia del Progressive.

Sulla scia del loro primo successo, i King Crimson pubblicano, sempre nel 1970, “In the Wake of Poseidon” (recensione) che costituisce l’ideale continuazione di atmosfere e tematiche di “In the court of Crimson King”. Sorprendentemente non è la chitarra di Fripp lo strumento dominante in quest’album, ma il mellotron suonato dallo stesso Fripp dopo l’abbandono del gruppo da parte di Ian Mc Donald. In quest’album, oltre all’omonimo brano che introduce una partitura per batteria assolutamente innovativa, vi sono “The Devil’s triangle” e soprattutto “Cadence and Cascade”, uno dei brani più suggestivi di tutta la produzione crimsoniana e forse dell’intero movimento Progressive.

Durante l’incisione di “In the Wake of Poseidon” (Mc Donald e Giles avevano già lasciato il gruppo alla fine del 1969), anche Greg Lake abbandona la formazione e, assieme a Keith Emerson dei Nice e Carl Palmer proveniente dai Crazy World of Arthur Brown, forma il primo supergruppo della musica progressive: gli Emerson, Lake and Palmer o più semplicemente E.L.P.. Non si sa se sia un matrimonio d’amore o d’interesse l’unione di questi tre musicisti, fatto sta che si portano dietro l’apprezzamento dei fans dei vari gruppi dai quali provenivano. Amati dalla stampa e dal pubblico, passati in continuazione nelle radio di mezzo mondo, ampliano la platea degli ascoltatori del Progressive da poche centinaia di migliaia a decine di milioni. Nel 1970 esce il loro primo album chiamato semplicemente “Emerson, Lake & Palmer” che si apre con un brano di musica classica reinterpretato in chiave progressive, “The Barbarian” di Bela Bartok, e con una serie di brani dominati dalle tastiere di Keith Emerson , ma in cui trovano spazio, come in ogni supergruppo che si rispetti, anche l’enorme talento di Greg Lake e di Carl Palmer .

Orfani di Greg Lake, i King Crimson tornano in sala d’incisione e, alla fine del 1970, esce il terzo album, “Lizard”. Entrano a far parte del gruppo Gordon Haskell al basso ed alla voce, Mel Collins al sax ed al flauto e Andy McCullough alla batteria, ma alla realizzazione dell’album contribuiscono anche ospiti di nome, come il cantante Jon Anderson degli Yes, il pianista jazz Keith Tippett e Marc Charig, virtuoso di oboe e corno inglese. Con una formazione così eterogenea e complessa non poteva che uscire un album altrettanto eterogeneo e complesso. I brani sono lunghi, suddivisi in arie dove si alternano elementi di classica ad altri di jazz, il piano di Tippett fa da contraltare al mellotron ed agli altri strumenti elettronici e disegna delicate ed evanescenti armonie sul tappeto creato dal mellotron di Fripp. Anche i testi sono più complessi e rarefatti, epici come in “Ragnarok” dove si intreccia la battaglia tra il bene ed il male o grotteschi come in “Cirkus”. Il brano omonimo “Lizard” è una lunga suite di 25 minuti divisa in tre parti nettamente distinte per atmosfera e ritmica, mentre “Lady of the Dancing Water” costituisce un gioiellino etereo.

I Soft Machine, nel medesimo anno, incidono il loro terzo album, “Third”, che è considerato il punto di incontro tra il progressive-rock ed il jazz-rock, tanto da risultare di difficile ascolto sia per i fans del rock che per quelli del progressive.

Sempre nel 1970 viene pubblicato un ardito album che miscela tra loro hard-rock e musica medievale con l’apporto di strumentazione rigorosamente d’epoca. Il coraggioso progetto è portato avanti dai Gentle Giant (biografia e discografia) nel loro primo omonimo album.

Mentre gli Yes pubblicano “Time and a Word”, escono, sempre nel 1970, “If I could do It all over again I'd do it all over you” dei Caravan e “H to He, who am the only one” dei Van Der Graaf Generator.

Ma il 1970 è soprattutto l’anno della mucca, quella mucca che incredibilmente campeggia sulla copertina di “Atom Heart Mother” dei Pink Floyd, album indispensabile non solo per la comprensione dell’evoluzione della musica floydiana, ma anche e soprattutto per comprendere come possa essere fusa e forgiata in altre forme ogni tipo di composizione musicale.

La cometa si allontana

Il 1976 vede il ritorno dei Genesis, con “Trick of the Tail”, album che pare non risentire della partenza di Peter Gabriel: incredibilmente la voce di Phil Collins, dopo la titubante performance di “More fool Me” in “Selling England by the pound”, appare del tutto identica a quella di Gabriel!

Il sound appare sempre molto raffinato e complesso, le liriche di buon livello, anche se i giochi di parole tanto cari a Gabriel spariscono del tutto, ma brani come “Dance on a volcano” , “Entangled” , “Robbery, assault and battery” e soprattutto “Ripples” rimangono splendidi esempi di Progressive.

Nello stesso anno esce anche “Wind & Wuthering” nel quale, per la prima volta, i brani non sono composti coralmente, ma sono opera dei singoli membri del gruppo, segno evidente di uno scollamento che conduce, dopo l’incisione, all’abbandono anche di Steve Hackett che inizia una carriera solista piena di album classicheggianti nei quali abbandona quasi del tutto la chitarra elettrica per tornare a tempo pieno a quella acustica.

I Camel incidono “Moonmadness”, il suono diventa più largo ed arioso e viene concesso molto spazio all’improvvisazione dei solisti Latimer e Bardens. Pur non essendo uno dei migliori album del gruppo, contiene dei brani come “Air born” e “Song within a song” che diverranno dei capisaldi della loro musica.

I Van Der Graaf Generator escono addirittura con due album, “Still Life” e “World Record”. Il primo soprattutto è degno di nota per le atmosfere epiche, mentre il secondo risente dei dissidi interni sempre più insanabili tra Peter Hammill ed i restanti componenti che sfoceranno di lì a poco allo scioglimento del gruppo.

“Going for the one” segna il ritorno di Rick Wakeman tra le fila degli Yes. Il gruppo abbandona le larghe suite degli album precedenti per approdare a composizioni brevi e melodiche. Nel brano che dà il titolo all’album, Steve Howe introduce per la prima volta in un’esecuzione rock la pedal steel guitar. L’album contiene la maestosa “Parallels” che diviene la track con la quale, negli anni a venire, il gruppo apre ogni concerto.

I Gentle Giant pubblicano “Interview” che è considerata l’ultima opera progressive del gruppo che, da quel momento in avanti, “commercializzeranno” il loro sound per venire incontro alle esigenze dei discografici. “Interview” è un po’ la summa del lavoro di ricerca fino a lì realizzato dai Gentle Giant e l’album ne risente, apparendo spezzettato e compresso: meglio sarebbe stato un album doppio, ma il mercato non l’avrebbe accettato.

In Italia la PFM, ingaggiato Bernardo Lanzetti ex Area alla voce, continua la sua strada anglo-americana con “Chocolate Kings” nel quale risaltano le tastiere di Flavio Premoli in “From under” e la chitarra acustica di Franco Mussida in “Harlequin”. Ne segue un tour mondiale di buon successo al termine del quale Mauro Pagani decide di lasciare il gruppo per dedicarsi allo studio strumentale.

Il Banco pubblica addirittura tre album, “Come in un'ultima cena”, uscito per il mercato di lingua inglese sotto il nome di “As in a last supper”, e “Garofano Rosso”. “Come in un'ultima cena” è probabilmente l’ultimo album “classico” del Banco: nel corso degli anni ’80 la band svolterà infatti verso un sound più commerciale. Di rilievo nell’album, peraltro abbastanza anonimo, la sola track “Slogan”. “Garofano Rosso” è invece un album totalmente strumentale, colonna sonora dell’omonimo film diretto da Luigi Faccini, ed è singolare che un gruppo che ha una delle sue peculiarità nella voce di Francesco Di Giacomo, decida di incidere un album facendone volutamente a meno!

Il 1977 è un anno di calma piatta per la produzione dei gruppi progressive.

Da segnalare la pubblicazione di “I Robot” di The Alan Parsons Project, ispirato all’omonima saga fantascientifica di Isaac Asimov, che è probabilmente il miglior album di questa strana formazione.

I Genesis pubblicano il doppio live “Seconds out” che, con Phil Collins stabilmente alla voce e Chester Thompson alla batteria, contiene anche brani della produzione dei tempi di Gabriel. Se Collins è perfettamente a suo agio nei brani soft e meno eclettici, in brani del vecchio repertorio come “Supper’s ready”, “Firth of Fifth” o “The lamb lies down on Broadway” il confronto con la voce poliedrica di Gabriel appare spietato.

I Camel pubblicano “Rain dances” (recensione) che vede l’apporto di Richard Sinclair, co-fondatore dei Caravan, al basso, di Mel Collins ai fiati e di Brian Eno, ex Roxy Music, alle tastiere nel brano “Elke”. I Camel, in assoluta controtendenza, continuano a “progredire” e “Rain dances” è un album maturo, ben strutturato ed omogeneo: tra i brani, tutti di buon livello, spicca una splendida “Uneven song”.

I Van Der Graaf Generator sotto il nome accorciato di Van Der Graaf pubblicano “The quiet zone/The pleasure dome”, brani brevi che consentono a Peter Hammill, attorniato da nuovi musicisti e da altri di ritorno, di sperimentare nuove architetture sonore.

La PFM con “Jet Lag” torna a rivolgersi al mercato italiano con un sound meno Progressive e più jazzato che contraddistinguerà anche la successiva produzione del gruppo.

Il 1978 è da ricordare solo per un paio di album sopra la media, “Pyramid” di The Alan Parsons Project e “Breathless” dei soliti Camel e per la pubblicazione da parte dei Genesis di “And then there were three” che segna il definitivo addio al progressive per approdare ad un più remunerativo pop-rock con brani tutti di lunghezza adeguata per passare in radio. I successivi album seguiranno tutti questa linea ed apriranno la strada alla carriera solistica di grande successo di Phil Collins ed un po’ meno di successo di Mike Rutherford e Tony Banks.

Il 1979, anno di pubblicazione di “The wall” (recensione) dei Pink Floyd, è da ricordare per i fans del progressive per il solo “I can see your house from here” dei Camel , orfani di Peter Bardens, che contiene due perle, “Hymn to her”, ma soprattutto la misteriosa e immaginifica “Ice”.

 

Mike Oldfield continua monocorde a produrre album che non si discostano molto dai primi: “Incantation” del 1978 e “Platinum” del 1979 non tolgono nulla alla bravura del polistrumetista, ma non aggiungono molto alla limitata creatività del musicista di Reading.

Analoghe considerazioni si possono fare per Alan Parsons che produce album sempre di buon livello, ma esageratamente ripetitivi.

Molti anni sono passati dall’urlo lacerante di Greg Lake...

Blood rack, barbed wire,
polititians' funeral pyre,
innocents raped with napalm fire:
twenty first century schizoid man...

…abbiamo assistito all’ascesa ed al declino di decine di generi musicali, di fenomeni durati il tempo di una stagione, di mitici artisti tutti prematuramente dimenticati, ma in angoli nascosti, nel completo disinteresse di radio e televisioni, si può ancora udire qualche respiro…

Men of steel who endured the most,
the father, the son and the holy ghost,
the butterflies of war flying so high,
sick as a pig on American pie...

…e qualora non ci bastasse, rimangono i grandi, quelli per i quali ci viene ancora il desiderio del delicato rituale di estrarre un vinile dalla foderina, di appoggiarlo su un piatto e di sederci a riascoltare storie di cavalieri e di isole deserte, di re Cremisi e di carrozze di Hans, di scatole musicali e di immutevoli giganti gentili…