MAGGIE'S FARM sito italiano di BOB DYLAN |
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THE LOVIN' SPOONFUL |
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Vuole la leggenda che le radici dei Lovin' Spoonful risalgano a una sera famosa, quella della prima apparizione dei Beatles all' "Ed Sullivan Show", 9 febbraio 1964. Cass Elliott, l'indimenticabile Mama dei Mama's & Papa's, chiamò al telefono John Sebastian e lo invitò a vedere la TV con lei e con un altro amico chitarrista, Zal Yanovsky. I due si piacquero, si divertirono a suonare fino all'alba e cominciarono a progettare clonazioni folk Beatles che presto presero forma. Dapprima i Mugwumps, sfortunata band che lasciò poche tracce; poi appunto i Lovin' Spoonful, che presero il nome da un blues di Mississippi John Hurt e con quella fortunata sigla passarono dall'ago al milione in men che non si dica, vivendo quattro anni da piccole stelle. Sebastian, Yanovsky e poi Steve Boone, basso, e Joe Butler, batteria. Per dare le coordinate precise, siamo nel 1965; e siamo a New York, si badi bene, che si ricorda sempre come la città dei Velvet, dei Fugs, del Dylan arrabbiato ma tra le sue pieghe aveva anche un po' di leggerezza e buonumore, e i Lovin' Spoonful se li succhiarono tutti. La rinata Buddah Records ha appena pubblicato una bella e vasta antologia del complesso, "Greatest Hits - The Official Collection", che va dagli esordi al 1968, quando il gruppo si sfasciò e il solo Butler firmò un triste album sui generis, "Revelation Revolution ‘69" . Non a caso l'uscita del disco ha coinciso con i mesi estivi. Gli Spoonful sono stati un grande complesso estivo, una granita di sera in un baretto del Village con i tavolini fuori; e non per niente il loro più grande hit fu "Summer In The City", che con un' intrigante melodia beat e divertenti effetti speciali raccontava piaceri e frustrazioni della vita in città quando tutti erano in vacanza. Arrivò prima in classifica a Ferragosto del 1966, quando si dice il tempismo, ed è il pezzo forte che si ricorda sempre quando si
rievocano Sebastian e i suoi -
l'ha citata di recente anche Joe Jackson nel suo "Live In New York". Ma non
fu il primo hit, e nemmeno l'ultimo. C'erano già stati "Do You Believe In
Magic?" e "Daydream", "You Didn't Have To Be So Nice" e "Did You Ever Have
To Make Up Your Mind"; e poi sarebbero arrivati "Rain On The Roof" e
"Nashville Cats", "Darling Be Home Soon" e "You're A Big Girl Now", in una
sequenza e con una facilità che oggi sbalordiscono. Nei quattro anni che
abbiamo ricordato ("tre gloriosi e uno noioso", per dirla con John
Sebastian), i nostri boys produssero non meno di quattro album più due
colonne sonore, e regalo questo dato statistico a tante effimere stelle
della musica 2000 che faticano a inventarsi un album decente, non dico
memorabile, ogni due anni. Trovarono il punto d'incontro con il pubblico
giovane di allora e non lo persero mai; senza approfittarne, senza sbracare,
sempre sull'onda di quella loro musica gentile e vagamente lunatica che
vollero battezzare "good time music", come uno dei loro primi pezzi, e come
non essere d'accordo?, anche perché altrimenti si faticherebbe a trovargli
un nome. Non era "rock" come oggi lo si intende, alle ottuse orecchie
contemporanee dischi come "Hums" o come "Daydream" suonerebbero
impercettibili come un bisbiglio durante un concerto dei Korn. Era una
delicata fusion di beat e folk povero, di jug music e blues liofilizzato, in
cui è facile trovare venature di Beatles, di Buddy Holly ma anche un grande
amore per il patrimonio popolare e un profondo rispetto per i canoni del pop
contemporaneo. Quanto alle influenze successive, all'impronta lasciata dagli
Spoonful sulla scena americana anni ‘60, il dibattito è aperto. C'è chi
parla di Byrds, chi di Creedence Clearwater Revival. Io propenderei per
l'area folk rock ma non nell'accezione "acid-dylaniana" di Crosby e McGuinn:
piuttosto Simon & Garfunkel o al massimo i Buffalo Springfield. Non a caso,
finita l'avventura con gli Spoonful, John Sebastian sarebbe entrato nel giro
West Coast e avrebbe bazzicato Crosby, Stills, Nash & Young (ma a dire il
vero anche i Doors, a cui prestò l'armonica in più di un concerto). Non so
davvero come suoni questa musica alle orecchie di un ragazzo d'oggi.
Probabilmente strana e sottile, così sottile da svaporare via. Non ci sono
ritmi forti, gli strumenti sono educati e stanno al loro posto, si disegna
musica con matite a punta dolce o acquarelli. Sono canzonette, due o tre
minuti da succhiare come caramelle. Capisco che tutto ciò sia demodé ma
provate a indicarmi oggi artigiani di musica così precisi e solerti. Li
hanno appena accolti nella "Rock & Roll Hall Of Fame" e, come scrive bene
Ben Edmonds nelle note: ci voleva tanto? The Lovin' Spoonful"Greatest
Hits"(Buddah, importazione)
band
"Do You Believe In Magic" e' una canzone solare con un bel ritmo leggero
anche nel cantato.
JOHN SEBASTIAN (Usa) cantante, musicista e compositore, è una figura di primissimo piano nell’universo musicale americano. Cresciuto nello stimolante abbraccio culturale del Greenwich Village di New York da genitori legati al mondo della musica popolare e delle radio, inizia fin dai sedici anni a far parlare di sé calcando le scene dei folk clubs e delle cofeehouses, dove avrà modo di incontrare Zal Yanovsky con cui fonderà i “LOVIN’ SPOONFUL”. Con questa storica band incide, nel 1965, il primo hit “Do you believe in magic” ed inizia ad essere universalmente riconosciuto come uno dei padri del moderno folk-rock, capace di scrivere pezzi intramontabili come “Daydream” e “Summer in the city”, saldamente al top delle classifiche di vendita statunitensi per diversi anni. John si distingue anche per la sua versatilità che lo porta a collaborazioni importanti con artisti del calibro di Crosby, Stills & Nash, Doors, Bob Dylan,
The Everly Brothers, Art Garfunkel, Graham Parker, Dolly Parton, Peter, Paul & Mary, John Prine, Bonnie Raitt, solo per citarne alcuni. Di fondamentale importanza e nel ricordo di molti è la sua partecipazione nel 1969 a quello che fu il più grande ed importante raduno generazionale moderno, Woodstock, con seguente apparizione anche al festival dell’Isola di Wight del ’71. Gli anni settanta segnarono un momento di lieve flessione, legato allo scioglimento dei “Lovin’ Spoonful”, fino a una nuova età dell’oro che coincise con la pubblicazione di "Welcome Back", album solista che lo riportò agli onori della cronaca. Da allora la sua attività è coincisa con centinaia di collaborazioni, con la realizzazione di numerose colonne sonore e con la creazione della “JOHN SEBASTIAN AND J-BAND” con cui è tornato, dopo 30 anni, ad esibirsi al Villane, club da cui aveva iniziato la sua carriera. Il 2000 lo ha consacrato definitivamente con l’iscrizione dei “Lovin’ Spoonful” nella Rock and Roll Hall of Fame. John si presenta a Sarzana in ottima forma, del resto è un musicista straordinario, sia quando imbraccia la chitarra, il banjo o l’auto-harp, sia quando suona l’armonica a bocca. E’ un brillante esponente di una generazione di artisti che sembra quasi non sentire passare il tempo! www.johnbsebastian.com
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