MAGGIE'S FARM

sito italiano di BOB DYLAN

 

JAMES TAYLOR

 

James Taylor, nome e cognome dicono molto di più di qualsiasi presentazione

James Vernon Taylor (Belmont, 12 marzo 1948)

Qualcuno lo chiama l’ultimo romantico d’America. È James Taylor, una vita giocata sui contrasti, tra l’assolata California e le brume londinesi da dove è partito e dove torna periodicamente “per respirare il profumo del passato”, come dice tra il serio e il faceto. Lo incontriamo nella capitale londinese, dove quarant’anni fa la liaison coi Beatles diede impulso alla sua carriera.
"Ho un feeling speciale con questa città” dice. “Qui sono diventato uomo. La mia mente torna a quel 1968, anno di rivoluzioni sociali, quando lasciai casa per attraversare l’oceano e sentirmi libero. Una voce da dentro mi diceva di andare, di rischiare, di non accettare compromessi , così mi buttai. Dissi addio a mamma e papà e arrivai qui. Per i primi sei mesi mi aiutò un amico, intanto suonavo la chitarra per strada e nei club. Poi arrivò il primo contratto e affittai un appartamentino”. E poi c’è stato a little help from the Beatles e il contratto con la loro casa discografica, la Apple. “Mi hanno aiutato in molti modi, sia artisticamente che umanamente. Grazie al loro repertorio – soprattutto a Rubber Soul – ho capito come combinare le mie radici acustiche con i suoni elettrici. Ripensandoci adesso è incredibile come i Beatles fossero disponibili con me: erano delle superstar eppure non se la tiravano per nulla. Quattro personalità diverse: Ringo chiuso ma divertentissimo, Lennon l’impegnato, George lo sperimentatore, Paul il più disponibile. Io e McCartney siamo ancora molto legati, lui è la storia del rock e quando può viene ai miei concerti. È venuto anche agli ultimi show al London Hammersmith”.
Ai tempi Londra era la terra promessa anche per gente come Paul Simon e gli America che da qui sono partiti. Eppure il sogno proibito di tutti i musicisti era la California. “Certo, ma a Londra era nata la nuova musica, il beat, mentre il rock and roll sul finire degli anni 60 era già sorpassato. A Londra sembravano aprirsi nuovi e sconfinati territori di caccia. Poi c’è stata la rinascita culturale da noi, gli hippie, il Movement e tanta bella musica cresciuta e sviluppatasi sotto il sole della West Coast”.

Rimbalzando tra passato e presente, James è tornato alla formula chitarra acustica e voce e ha pubblicato uno splendido disco dal vivo intitolato One Man Band dove riprende i suoi classici ora con abbandono sentimental-carnale, ora con piglio sanguigno, giocando tra forza espressiva e libertà vocale, alternando piano e forte, toni ombrosi e giocosi, dramma e speranza riportando tutto a casa (come direbbe Bob Dylan) alla sua maniera di moderno stornellatore. Ma questo disco rappresenta il vero James Taylor?
“Tutti i miei dischi rappresentano il vero James Taylor, ma questo in particolare. Naturalmente qui ci sono delle esclusioni forzate; ho scelto i brani che funzionano meglio per voce e chitarra, quindi naturalmente ho lasciato fuori cose come Mexico e Shower The People. Invece Fire And Rain, Carolina In My Mind, Sweet Baby James, You’ve Got A Friend, Mean Old Man, My Traveling Star non hanno bisogno di niente, funzionano da sole con il loro carico di ricordi e sensazioni. Sono la rappresentazione del mio io più profondo”. Il re è nudo e mostra la sua anima nelle sue mille sfaccettature. “È un lavoro intimo, una specie di concerto in chiesa, c’è quella atmosfera semplice ma solenne che provai suonando in una chiesa sconsacrata di Milano; c’è uno sguardo sul passato ma anche una crescita continua nel modo di rivivere questi brani, io li trovo estremamente attuali”.
C’era un James Taylor con i capelli lunghi, i baffoni, i jeans e le bretelle sulla copertina di Mud Slide Slim; oggi ce n’è

uno coi capelli corti e la camicia bianca: che cos’è cambiato artisticamente da allora? “Complicato raccontarlo. Io cambio sempre ma sono sempre me stesso, così come molti artisti della mia generazione. Se ricordo la California di quei tempi provo un po’ di nostalgia e un po’ di tristezza ma prevale la tenerezza gioiosa. Eravamo una grande comunità musicale. C’era la regina Joni Mitchell, i bravi Crosby Stills Nash e Young, l’intellettuale Jackson Browne, il duro Lowell George, il poliedrico Ry Cooder, le meravigliose canzoni tagliate col rock e col country degli Eagles. Eravamo tutti molto uniti, complici e leali gli uni con gli altri. Quei brani sono diventati dei classici perché sono nati da una società in evoluzione, c’erano delle grandi motivazioni e dei grandi sogni dietro. La California negli anni 70 è stata un punto di riferimento per tutto il mondo. Terminata l’esperienza degli hyppies è nato un suono che univa le pulsioni del rock con la morbidezza del country; sono rinate le chitarre elettriche; il banjo s’è unito alla batteria, il violino al basso e le armonie vocali sono diventate la base su cui costruire le canzoni. Questa formula ha coinvolto tutti. È partita dai Buffalo Springfield e dai Byrds (non a caso nei Buffalo c’erano Young e Stills e nei Byrds Crosby, nda) e ha toccato anche un re della sperimentazione psichedelica come Jerry Garcia. Era la filosofia del take it easy, anche se la mia visione del mondo è sempre stata un po’ più malinconica e disincantata”. Credevate che le canzoni potessero cambiare il mondo... “Saranno state anche illusioni ma abbiamo lottato per un mondo più vivibile, più credibile, più giusto e alla portata di tutti. Era un’utopia, ma l’abbiamo vissuta fino in fondo. Invece a livello personale credo che le canzoni aiutino molto. Ad esempio Carole King ha scritto per me You’ve Got A Friend e quelle parole mi hanno aiutato a cambiare, mi ha toccato il cuore sapere che qualcuno s’interessava a me, credeva in me, avere qualcuno su cui contare quando vivi un momento davvero buio. Un testo semplice ma di un realismo pazzesco, una preghiera, un’esortazione a resistere, un inno all’altruismo, alla vera amicizia. Ecco, le canzoni a livello personale possono dare una mano, far pensare la gente, magari aiutarla a superare le crisi più profonde: per questo vale la pena continuare, lavorando sul particolare anziché sull’universale”.

James Taylor è un sopravvissuto. Non solo artisticamente. “La droga ha rischiato di uccidermi” racconta oggi. “Quando ne sono uscito ho capito quanto sono stato fortunato. La droga è una tragedia ma se riesci ad uscirne ti restano una forza e una sensibilità superiori agli altri. Devi mettere la tua esperienza a disposizione degli altri”. Profeta con la chitarra e profeta nella vita di tutti i giorni, oggi che è sereno, ma non appagato, Taylor affida il suo messaggio e la sua esperienza ai giovani. “I ragazzi devono capire che la vita è un bene troppo prezioso per rovinarlo. È un gioco meraviglioso con tanti alti e bassi, tanti dolori, quindi bisogna godersela momento per momento. È inutile nascondersi dietro il fatto che non conoscevamo gli effetti della droga, che pensavamo liberasse la percezione e la coscienza. La droga distrugge l’inconscio e non si può fare nulla per difendere il nucleo prezioso dell’essere umano. Anch’io ho vissuto un periodo estremamente oscuro, sono precipitato in un buco nero dove ho perso la stima e la fiducia in me stesso. La droga c’è sempre stata, nel Settecento, nell’Ottocento, se proprio ci finisci dentro devi cercare di dominarla vivendoci insieme, come hanno fatto poeti, scrittori, musicisti. La droga è un male, ma se ci cadi devi continuare a lavorare per combatterla. Infatti io ne sono uscito, nel 1983, perché finché ho avuto la fortuna di continuare a cantare, a scrivere, ad esibirmi mentre mi facevo, ad avere progetti, insomma. E alla fine l’incubo è finito. Questo è l’unico consiglio che posso dare: se siete preda dell’eroina non perdete di vista le vostre passioni, le vostre attitudini e continuate a lavorare. C’è naturalmente anche il rovescio della medaglia; la droga ti porta a un eccesso di produttività o ti brucia il cervello, come è sempre accaduto e in particolare per la nostra generazione è accaduto a geni come Janis Joplin o Jimi Hendrix”.
 

Nonostante la timidezza innata, James Taylor è un uomo forte e di saldi principi, un uomo libero il cui motto è “Never asking why, never knowing where”, come recita nel ritornello di My Traveling Star. “È la mia canzone preferita di questi ultimi anni, perché rappresenta la mia maturità e allo stesso tempo il mio gusto per nuove avventure senza chiedersi troppi perché. Bisogna saper vivere con lo spirito adatto, un po’ corsaro, ma anche controllando l’istinto. Vivere con la pancia, il cuore e la testa sarebbe l’ideale. È lo stesso procedimento che si usa per comporre una bella canzone, quello che provo quando compongo anche brani meno noti come Long Ago And Far Away”.
La sua avventura che non conosce il trascorrere del tempo perché fonde la sua parabola in un unicum che unisce gli anni 60 all’oggi e addirittura al domani. Il mese scorso ha festeggiato il mezzo secolo del mitico Troubadour in concerto con Carole King (vedi box a pagina 40). “È stata una grande festa. Tra me e Carole c’è il feeling di una volta, così come con Danny Kortchmar, Russ Kunkel e gli altri della band. Non è stato un ritorno perché da qui non me ne sono mai andato. Los Angeles è la mia patria adottiva, sono sempre qui, anche con lo spirito. L’atmosfera in concerto è stata fantastica, c’era un feeling incredibile, una enorme energia tra noi stessi e noi e il pubblico”. Torniamo al discorso delle emozioni personali. “Uno dei momenti più emozionanti del concerto è stato quando abbiamo eseguito Hey Mister That’s Me Upon The Jukebox. Quel brano all’epoca rappresentava la mia crisi di identità, la paura di essere stritolato dall’industria discografica, sfruttato... E sul palco ha ancora gli stessi significati e produce le stesse vibrazioni. Con Carole è stato un concerto di divertimento, testa e anima, di grande intensità. Sul palco del Troubadour c’erano tre telecamere e presto ne faremo un dvd cui tengo particolarmente”. Ma i progetti di Taylor non si fermano qui. “Sto preparando due nuovi album. Uno è una raccolta di classici country, un viaggio tra le radici e Memphis dai suoni sporchi e i ritmi veloci con pezzi come Summertime Blues e Memphis Tennessee. L’altro sarà un disco in studio completamente inedito con la mia band”.

Come Paul McCartney, Joni Mitchell ed Herbie Hancock, anche James Taylor pubblica ora per l’etichetta di proprietà della famosa catena di caffetterie Starbucks chiamata Hear Music: o tempora o mores...
“Alla Starbucks si occupano davvero di musica e rispettano gli artisti. In America all’interno delle case discografiche le persone cui far riferimento cambiano in continuazione e molti di loro trattano la musica come un semplice prodotto, oppure vogliono interferire nelle tue scelte artistiche. La Starbucks lavora e distribuisce con vera passione. A me interessa portare le canzoni alla gente; lo faccio dal palco ma se si tratta di un disco deve essere inciso e portato al pubblico nel modo migliore. Non m’importa dei soldi, mi bastano quelli che ho per la mia famiglia e per vivere on the road. Sono libero dai condizionamenti del denaro e del consumismo”. Eh, ma con tutti quei successi soldi ne avrà messi via parecchi... “Meno di quanto si creda perché, per l’entusiasmo di incidere i primi dischi, personaggi come Chip Taylor mi hanno convinto a cedere il copyright di pezzi come Fire And Rain e Carolina In My Mind. Il business è avido e un sacco di artisti, da John Fogerty Neil Young, hanno subito la stessa sorte. Comunque io non ho nessun rimpianto. Non ho rivendicazioni. Mi batto per l’ambiente, per battaglie che interessino la gente. Sono preoccupato per le guerre ma non critico il mio Paese all’estero. Sostanzialmente rimango un cantante, non un politico: canto ciò che vedo e ciò che sento. I miei riferimenti non sono i politici, ma Ray Charles, Hank Williams, Leadbelly, Gershwin, Rodgers & Hart, Miles Davis, i musical di Broadway. È a loro che devo render conto quando compongo. Quindi sto lavorando ai nuovi brani con molta attenzione e ispirazione perché quando hai fatto cose come Fire And Rain o Carolina In My Mind devi volare allo stesso livello. Non puoi permetterti passi falsi. Sono uno cui le canzoni fanno visita. Mi succede quando sono lì seduto a suonare, oppure quando sono in auto. Sweet Baby James ad esempio nacque mentre ero in macchina, diretto a sud. Forse è illegale farlo, ma viaggio sempre con un piccolo registratore digitale con me. Mi aiuta a ricordare le note perché non so leggere né scrivere musica. È per questo che i musicisti classici mi impressionano, e li conosco bene perché mia moglie lavora per la Boston Symphony Orchestra. Mi stupisce la loro abilità nel leggere e memorizzare la musica, e allo stesso tempo quanto faticano a improvvisare. Lei, mia moglie, ancora non crede che non riesca a leggere gli spartiti. Il nostro amico John Williams dice sempre: ovviamente James sa leggere la musica, tutti sanno farlo. Ma, giuro, non sono capace”.
Tornato allo schema voce-chitarra, Taylor non dimentica il suo lato di cantautore rock a tutto campo. “Vivo di musica acustica, ma mi piace spaziare nei suoni elettrici. Presto tornerò in giro con la mia band, alternando ai brani intimisti un po’ di sana energia. In aprile sarò in Italia, un Paese che amo e che mi mette sempre un po’ di timore, perché ho paura che non si comprendano bene i miei testi. Ho moltissimi fan in Italia e non vorrei deluderli; in Paesi come Germania, Svezia, Finlandia tutti sanno l’inglese, e a volte le sfumature delle mie liriche, per me importanti, hanno bisogno di piena comprensione. Testi e musica sono un tutt’uno che non puoi spezzare”.

(di Antonio Lodetti - jamonline.it)
 



Gli inizi
Cresciuto nella cittadina di Chapel Hill (Carolina del Nord), dove da bambino studiò violoncello, a partire dal 1960 preferì dedicarsi alla chitarra ispirandosi allo stile di Woody Guthrie. Abbandonò la scuola e formò una band col fratello Alex, ma venne ricoverato in un ospedale psichiatrico per curare una forma di depressione. Riuscì ad ottenere il diploma durante il soggiorno in ospedale, quindi si iscrisse alla Milton Academy dove incontrò Danny Kortchmar, col quale formò il gruppo "the Flying Machine", che incise un singolo di scarso successo: "Brighten Your Night with My Day".
Trasferitosi a New York, Taylor divenne tossicodipendente da eroina. La canzone "Jump Up Behind Me" si riferisce a quel periodo: è infatti un omaggio al padre di Taylor, Isaac, che in seguito ad una disperata telefonata del figlio dovette correre a New York per riportarlo a casa a Chapel Hill. Nel pezzo Taylor lo ringrazia per l'aiuto avuto in un periodo di disperato bisogno e descrive i ricordi del lungo viaggio in automobile verso casa.

Nel 1968 soggiornò a Londra per la registrazione di James Taylor, suo primo album, per la Apple records, casa discografica dei Beatles (al disco collaborarono anche Paul McCartney e George Harrison e quest'ultimo utilizzò il titolo di una canzone di Taylor - "Something in the way she moves" - per comporre la celeberrima "Something"); il disco non ebbe immediato successo. Tornato negli Stati Uniti si fece nuovamente ricoverare in ospedale per porre rimedio alla sua dipendenza dalle droghe, nel frattempo divenuta più forte. Quando le sue condizioni migliorarono, nel 1969, si esibì per sei serate al Troubadour Club di Los Angeles ed il 20 luglio al Newport Folk Festival. Poco tempo dopo ebbe un incidente motociclistico che gli procurò fratture multiple alle mani, impedendogli di suonare per diversi mesi.
 

James Taylor and carole King

Anni '70
Nel 1970, con l'uscita di Sweet Baby James raggiunse l'attenzione del grande pubblico, particolarmente con il brano Fire and Rain, ed il successo provocò la "riscoperta" dell'album precedente (e del brano Carolina in My Mind). Il settimanale Times gli dedicò la copertina e si cominciò a parlare di questa nuova corrente crepuscolare e soggettivista di cui Taylor fu il massimo alfiere degli anni settanta. Egli è, infatti, il prototipo del cantautorato crepuscolare, agrodolce, malinconico e dalle tinte pastello che tanta fortuna ebbe in quel decennio. In ciò fu aiutato da una vena compositiva felice, da una raffinata tecnica chitarristica improntata al finger picking e da una voce nasale duttile e pastosa che veicola in modo molto efficace il piccolo mondo romantico (o tardo-romantico) che si muove nell'universo individualista e un po' trascendentalista dell'America di ieri e di oggi.

Nel 1971 Taylor lavorò con Dennis Wilson (dei Beach Boys) nel film Two-Lane , che si rivelò un insuccesso. Sempre il 1971, però, vide l'uscita di Mud Slide Slim and the Blue Horizon, un altro album di classifica. Egli vinse un Grammy Award per la sua versione di You've Got a Friend, originariamente scritta da Carole King, che fu suo mentore, nonché partner sentimentale per breve tempo.

Nel 1972 Taylor ritornò con One Man Dog e sposò la collega cantante/autrice Carly Simon il 3 novembre. L'album successivo, Walking Man del 1974 fu una delusione, mentre il nuovo Gorilla fu un successo anche per la presenza del singolo di successo "How Sweet It Is (To Be Loved by You)", una cover del grande Marvin Gaye. Dopo In the Pocket, del 1976, fu pubblicato l'album Greatest Hits che includeva alcune versioni riarrangiate dei successi più vecchi. Questa realizzazione rimane ancora oggi l'album più venduto di questo autore.
Taylor e Simon ebbero due figli dal loro matrimonio, Ben e Sally. Tuttavia, a causa delle lunghe assenze di Taylor dovute alle tournée, la coppia entrò in crisi sino al rifiuto da parte dello stesso Taylor di accettare un ultimatum posto da Carly Simon sul passare più tempo con i bambini. Alla fine i due si separarono nel 1983.
Nel frattempo James Taylor aveva firmato un nuovo contratto con la Columbia Records e realizzato JT nel 1977, vincendo un altro Grammy Award per la Miglior Performance Vocale Pop, per "Handy Man".
Dopo aver collaborato con Art Garfunkel ed essersi brevemente dedicato a Broadway, Taylor si prese una pausa di due anni, per riapparire con un altro successo, l'album Flag. Taylor si è anche esibito per il concerto dei No Nukes al Madison Square Garden ed è apparso nell'album e nel filmato tratto dal "live".
 

Anni '80-'90
All'inizio degli anni '80 la carriera di Taylor sembrò in pericolo per colpa dei problemi di tossicodipendenza, del divorzio da Carly Simon, del calo di popolarità delle sue canzoni - ormai orientate verso un "easy listening" di classe, ma sempre portatrici di quella vena solipsistica e agrodolce -, e delle pressioni da parte del "music business". Taylor, infatti, dichiarò ripetutamente che si sarebbe ritirato nel 1985, dopo aver adempiuto all'ultimo obbligo contrattuale: il Rock in Rio. Dovendo esibirsi nella stessa sera di Ozzy Osbourne, Taylor si aspettava un pubblico ostile, ma fu molto sorpreso dall'accoglienza che gli riservarono i 250.000 spettatori del concerto. Risollevato dall'inaspettato consenso del pubblico decise di riprendere in mano la sua vita e la sua carriera.

In ricordo di quella serata venne scritta la canzone "Only a Dream in Rio", in una strofa della quale James Taylor dice "I was there that very day and my heart came back alive" ("Ero proprio lì quel giorno, e il mio cuore tornò a vivere"). Il pezzo venne incluso nel successivo album That's Why I'm Here, il primo di una serie di incisioni che, sebbene proposte con minor frequenza di pubblicazione rispetto al passato, mostrano un miglior livello qualitativo e un numero inferiore di cover.

Nel 1988 pubblicò Never Die Young. Ricominciò ad esibirsi in veri e propri tour, diventando popolare nell'ambito delle stagioni estive degli anfiteatri statunitensi all'aperto. Nei suoi concerti, ancora oggi, propone canzoni che spaziano attraverso tutto il suo repertorio e che vengono sottolineate dalle sonorità del gruppo e dei coristi. Il doppio disco dal vivo (LIVE) del 1993 ne è una fedele testimonianza, che trova un momento di spicco nel controcanto di Arnold McCuller nel finale di "Shower the People" e "I Will Follow".
I due nuovi album di materiale inedito degli anni '90 ebbero notevole successo: il tredicesimo album, New Moon Shine, divenne disco di platino nel 1991, mentre Hourglass del 1997 vinse il Grammy come miglior album pop non strumentale.
 

2000
Nel 2001 Taylor prese moglie per la terza volta, sposando Caroline ("Kim") Smedvig, Direttore delle Pubbliche Relazioni e Marketing della Boston Symphony Orchestra. La loro relazione influenzò il componimento dell'album October Road, in particolare la canzone "On the 4th of July." La coppia ha due gemelli, Rufus e Henry, nati nel 2001 da una donna, amica di famiglia, che prestò il suo utero in cui furono impiantati gli ovuli fecondati in vitro. I Taylor sono quindi i genitori biologici.

Immediatamente preceduto e seguito da due diverse raccolte di successi, il nuovo album October Road fu pubblicato nel 2002. Nel disco sono presenti accompagnamenti e passaggi strumentali delicati ed allo stesso tempo sofisticati. Nel 2004, una volta concluso il contratto con la Columbia/Sony, è uscito James Taylor: A Christmas Album, distribuito dalla Hallmark Cards.

Sempre molto attivo nella difesa dell'ambiente e politicamente schierato su posizioni progressiste, nell'ottobre 2004 Taylor si è unito al tour "Vote for Change", tenendo una serie di concerti negli Stati americani in cui la preferenza per il candidato alla Presidenza degli Stati Uniti era ancora considerata in bilico. Tali concerti sono stati organizzati dal movimento politico MoveOn.org, al fine di promuovere il voto a favore di John Kerry e contro George W. Bush nel corso della campagna per le elezioni presidenziali del 2004. Nel corso di questi concerti James Taylor si è esibito assieme alle Dixie Chicks.
 


Curiosità
James Taylor compare anche in un episodio de I Simpson, "Homer nello spazio profondo" (in originale "Deep Space Homer", ep. 1F13 - 5a stagione), cantando "You've got a friend" e "Fire and Rain".

Tra le numerose collaborazioni di Taylor c'è anche quella con gli italiani Elio e le Storie Tese, nel pezzo "First Me, Second Me" dal disco Eat the Phikis. Il testo della seconda parte della canzone, quella cantata da Taylor, è volutamente scritto in un inglese improbabile, frutto di una traduzione troppo letterale dall'italiano (i primi versi recitano "how you call you / how many years you have / from where come / how stay"). La collaborazione tra Taylor e gli Elio e le Storie Tese è proseguita nel programma televisivo "Night Express", in una puntata del quale il cantante si esibì dal vivo accompagnato dal complesso milanese, con la figlia Sally ed il cantante Elio ai cori.


Premi e riconoscimenti

Grammy Awards
Grammy Award per la migliore voce maschile, 1971, "You've Got a Friend"
Grammy Award per la migliore voce maschile, 1977, "Handy Man"
Grammy Award per il migliore album pop non strumentale, 1998, "Hourglass"
Grammy Award per la migliore voce maschile, 2001, "Don't Let Me Be Lonely Tonight"
Grammy Award per il migliore duetto vocale Country, 2003, "How's the World Treating You", con Alison Krauss
Grammy della Fondazione MusiCares come Personaggio dell'anno 2006. In una serata di gala a Los Angeles, musicisti di diverse generazioni hanno tributato un omaggio a Taylor interpretando le sue canzoni, spesso introducendole con un breve discorso a proposito dell'influenza esercitata da Taylor sulla loro decisione di entrare nel mondo della musica. Tra questi Carole King, Paul Simon, Bruce Springsteen, Sting, Taj Mahal, Dr. John, Bonnie Raitt, Jackson Browne, David Crosby, Sheryl Crow, le Dixie Chicks, India Arie, Alison Krauss, Keith Urban, e suo fratello Livingston Taylor.

Altri riconoscimenti
Laurea honoris causa in musica presso il Berklee College of Music, Boston, 1995
Ammesso nella Rock and Roll Hall of Fame, 2000
Ammesso nella Songwriters Hall of Fame, 2000
Il Chapel Hill Museum di Chapel Hill, in Carolina del Nord ha aperto una mostra permanente dedicata a Taylor il 26 aprile 2003. Nella stessa occasione il ponte della strada che attraversa Morgan Creek, accanto alla residenza della famiglia Taylor, citato nella canzone "Copperline", è stato intitolato a Taylor.
 

top row: Ralph Schuckett, middle row: Danny Kortchmar, Joel O'Brien & James Taylor,
bottom row: Carole King and Lee Sklar
 

Discografia

Studio
1968 - James Taylor
1970 - Sweet Baby James
1971 - James Taylor and the Original Flying Machine— registrato 1966–1967
1971 - Mud Slide Slim and the Blue Horizon
1972 - One Man Dog
1974 - Walking Man
1975 - Gorilla
1976 - In the Pocket
1977 - JT
1979 - Flag
1981 - Dad Loves His Work
1985 - That's Why I'm Here
1988 - Never Die Young
1991 - New Moon Shine
1997 - Hourglass
2002 - October Road
2004 - James Taylor: A Christmas Album

Live
1993 - (LIVE)
1994 - (Best LIVE)
2007 - (One Man Band)

Raccolte
1976 - Greatest Hits
2000 - Greatest Hits Volume 2
2003 - The Best of James Taylor
 

James Taylor, minimalismo d’autore
di Duccio Pasqua

James Taylor, semplicemente. Nome e cognome dicono molto di più di qualsiasi presentazione. Il cantautore di Boston è una vera e propria leggenda della canzone. Voce pacata e chitarra a tracolla, da quarant’anni propone al pubblico gioielli di tre minuti, celebri in tutto il mondo. Martedì sarà al Gran Teatro, per la tappa romana del «One man band tour». In scena con il pianista Larry Goldings, Taylor offrirà versioni minimali dei suoi brani, scarne e intime. One man band, nel frattempo, è diventato anche un disco dal vivo, corredato da un dvd prodotto dal grande regista Sydney Pollack e registrato alla fine del 2007, nel corso del tour americano. Durante il concerto, il musicista di Boston canta e si racconta, facendo scorrere alle sue spalle le immagini di quarant’anni di vita artistica. Le foto con Carole King, sua ex-moglie nonché autrice della meravigliosa You got a friend, le esibizioni storiche nei club americani, i grandi musicisti con cui ha suonato. E James Taylor, a sessant’anni, ha una gran quantità di avventure da raccontare, con le canzoni e con le parole. Una vita eccitante e turbolenta, nonostante la serenità che trasmette oggi con il suo inimitabile garbo: la collaborazione con i Beatles (è stato il primo cantante a incidere per la storica etichetta Apple), il legame artistico e sentimentale con Carole King e poi con Joni Mitchell, il pericoloso rapporto con le droghe e con la depressione. Tra le curiosità della sua carriera, una bizzarra e gustosa collaborazione con Elio e le Storie Tese, nata con la partecipazione all’album Eat the phikis (in cui Taylor si divertì a cantare versi in un inglese davvero improbabile) e continuata con un memorabile concerto televisivo, in cui il cantante americano lasciò a casa la sua band e chiese al gruppo meneghino di accompagnarlo dal vivo (varie testimonianze dell’evento sono reperibili su youtube).
 

James Taylor
Sweet Baby James
Autore: Marco Redaelli

Gli anni 60 sono stati uno dei momenti più caldi della storia del rock allora neonato: I movimenti studenteschi con il grande impegno politico e sociale dei cantautori come Dylan, Joan Baez, Neil Young e via dicendo; le esagerazioni pre punk degli Who; le ostentazioni equivoche di Mick Jagger prima e dei Velvet poi; l’abuso di droghe come fuga da una realtà triste e angosciosa del movimento psichedelico; la forza esplosivamente innovativa di Hendrix e il generale innamoramento per le chitarre elettriche. Insomma in quel decennio ne sono successe davvero di tutti i colori. L’apice di tutto questo avvenne a cavallo tra la fine dei ’60 e l’inizio dei ’70, quando le nuove band hard rock inglesi come Deep Purple e Led Zeppelin spopolavano proponendo una miscela esplosiva di suoni appunto hard. In mezzo a tutto questo come una meteora piomba nel 1970 “Sweet Baby James” secondo album in studio di James Taylor, un disco quasi totalmente acustico fatto di canzoni dal tono triste e introspettivo : Taylor, figlio della borghesia americana, con padre stimato dottore e madre cantante lirica, crebbe in un ambiente sano e colto, un ragazzo bello e istruito ma con una sorta di tormento interiore. A soli 17 anni fu vittima del suo primo esaurimento nervoso e fu ricoverato in un ospedale psichiatrico. Una volta guarito decise di intraprendere la carriera musicale e di trasferirsi a New York dove formò una sua band. Spostatosi a Londra, James fece la conoscenza di Peter Asher (nome che i fan dei Beatles conosceranno certamente bene) e incise il suo primo album omonimo (edito dalla Apple l’etichetta dei Beatles), che però passò quasi del tutto inosservato nonostante contenesse delle ottime canzoni e fosse prodotto da Paul McCartney. Ricadde nuovamente vittima di una forte crisi depressiva e ancora una volta venne ricoverato. Questa ennesima brutta esperienza fece però scattare qualcosa nel giovane James; dimesso dall’ospedale il nostro fece ritorno negli Stati Uniti e dopo poco diede alle stampe il suo capolavoro. Sweet Baby James è considerato, giustamente, un album epocale. In esso è contenuta la disillusione di un'intera generazione, proveniente dai sognanti anni 60, che si accorge che nonostante le lotte di piazza, gli slogan pacifisti e le promesse di un mondo nuovo, tutto è rimasto come prima. Le 11 canzoni che formano questo album non parlano di politica o di attualità, sono solo dei semplici spaccati di vita quotidiana, canzoni dal tono intimo dove i sentimenti, le delusioni e i turbamenti dall’animo umano sono l’elemento principale. La musica è una miscela di country, folk, jazz e blues lontana anni luce dalla furia elettrica che regnava all’ora. Con questo album James Taylor coglie l’esigenza della gente di ritornare all’antico, di voltare pagina per immergersi in una atmosfera più intimista. Il suo raffinato stile chitarristico e una certa semplicità degli arrangiamenti si sposano alla perfezione con il tema delle composizioni. Il disco si apre con la title track,un country rock semplice ed essenziale dall’andamento sognante dotato di una grande melodia che rimane subito impressa. La successiva “Lo and Behold” si rifà più al folk con la chitarra acustica, i cori e il battito di mani. Su tutto la voce dolce e delicata di James. “Sunny Skies” è più o meno sulle stesse coordinate ma con una maggior vena jazzata, una di quelle canzoni fresche e facili che fanno venir in mente paesaggi colorati e distensivi. “Steamroller Blues” è un talkin'
blues tutto incentrato sul piano e sulla chitarra elettrica sempre di matrice jazz a cui si aggiunge, circa a metà canzone, una imponente sezione fiati. Brano di classe e gusto cristallini.” Country Road” è una country rock song intima e crepuscolare. L’unica cover del disco è la successiva “Oh Susanna” di Stephen Foster un grande classico del folk bianco americano che James interpreta con la solita classe. Si continua con “Fire and Rain” la canzone più famosa e più bella del repertorio di Taylor: si tratta di una ballata country rock che parla dei mesi bui trascorsi nell’ospedale psichiatrico e della dipendenza dall'eroina, una canzone dotata di quella dirompente forza emotiva che può destare la vista di una montagna o del mare calmo, un capolavoro immortale e il vero manifesto della musica di James Taylor. Il disco prosegue con la leggiadra e sognante “Blossom” e con il country rock altamente melodico di “Anywhere Like Heaven” impreziosito dal violino e dal fiddle. “Oh Baby, Don't You Loose Your Lip on Me” riprende le radici più blues del cantautore di Boston mentre la conclusiva “Suite for 20 G” chiude
il disco così come era iniziato, con melodie sognanti che si contrappongono a parole cariche di intimo turbamento e di dubbi, per sfociare in una apertura corale con fiati tipici della West Coast.
Con questo album James Taylor ha inaugurato la stagione dei cantautori country rock denominati “intimisti”, quella che vedrà brillare le stelle degli Eagles di Joni Mitchell e di Jackson Brown. Sweet Baby James è un album che ha fatto scuola, un caposaldo della musica americana degli anni 70.
 


James Taylor fu il piu` celebre dei singer-songwriter che attaccarono il cliche` del folk-singer durante gli anni '70. Prototipo del cantautore colto e creativo degli anni '70, Taylor non e` mai riuscito a sfruttare appieno quella intuizione.
Taylor aveva esordito a New York nella Flying Machine, le cui registrazioni del 1967 verranno raccolte su The Original Flying Machine (1971) La carriera di James Taylor e` sempre stata tormentata a causa dei suoi malanni personali (reduce da un ospedale psichiatrico e poi tossico-dipendente), e le canzoni (che accompagna con la chitarra acustica traendo spunti dal jazz e dal rhythm and blues) riflettono le sue nevrosi interiori.
Dopo un primo album, James Taylor (Apple, 1969), di tenere ballate arrangiate con cura certosina, sul quale spiccavano Carolina On My Mind e Something In The Way She Moves, si affermo` con Sweet Baby James (Warner, 1970), dove la sua poliedrica timbrica vocale, la sua tecnica chitarristica e il pianismo sentimentale di Carole King concorrono a cesellare le struggenti Sweet Baby James, Fire And Rain, Country Road.
Mud Slide Slim And The Blue Horizon (1971), che si avvaleva di John Hartford e Richard Greene, aveva ancora You Can CLose Your Eyes e Long Ago And Far Away, ma era gia` molto inferiore.
You've Got A Friend, di King, lo piazzo` in testa alle classifiche, e la fama aumento` dopo il molto chiacchierato matrimonio con Carly Simon, e il loro duetto in Mockinbird (1974).
In realta` il frammentario One Man Dog (1972) e Walking Man (1973) avevano molto abbassato le sue quotazioni, e il tono domestico di Gorilla (1975), con l'ironica Mexico, tradiva i limiti intellettuali del personaggio.
A partire da In The Pocket (1976), con Shower The People, Taylor venne ri-definendosi come interprete sofisticato di canzoni orchestrali, in particolare cover di rhythm and blues. La conversione all'easy-listening gli frutto` un album di platino, JT (Columbia, 1977), con Handy Man. Flag (1979) sembra una raccolta di avanzi del disco precedente. Dad Loves His Work (1981), That's Why I'm Here (1985) e Never Die Young (1987) proseguirono la discesa in un pop raffinato. Migliore New Moon Shine (1991), che lo riporta a qualche atmosfera da brivido (Copperline). Hourglass (1997) e` anche piu` sofisticato, benche' abbia ormai poco o nulla in comune con la scena folk o rock. Lo stile autunnale di questi dischi si sublima su October Road (2002), che sembra il testamento di un vecchio sul punto di morte (On the 4th of July).
Greatest Hits (WB, 1976) raccoglie gli hits del periodo d'oro.
(Piero Scaruffi)

James Taylor video parade