James Taylor, nome e cognome dicono molto di più di qualsiasi presentazione
James Vernon Taylor (Belmont, 12 marzo
1948)
Qualcuno lo chiama l’ultimo romantico d’America. È James Taylor, una vita
giocata sui contrasti, tra l’assolata California e le brume londinesi da
dove è partito e dove torna periodicamente “per respirare il profumo del
passato”, come dice tra il serio e il faceto. Lo incontriamo nella capitale
londinese, dove quarant’anni fa la liaison coi Beatles diede impulso alla
sua carriera.
"Ho un feeling speciale con questa città” dice. “Qui sono diventato uomo. La
mia mente torna a quel 1968, anno di rivoluzioni sociali, quando lasciai
casa per attraversare l’oceano e sentirmi libero. Una voce da dentro mi
diceva di andare, di rischiare, di non accettare compromessi , così mi buttai.
Dissi addio a mamma e papà e arrivai qui. Per i primi sei mesi mi aiutò un
amico, intanto suonavo la chitarra per strada e nei club. Poi arrivò il
primo contratto e affittai un appartamentino”. E poi c’è stato a little help
from the Beatles e il contratto con la loro casa discografica, la Apple. “Mi
hanno aiutato in molti modi, sia artisticamente che umanamente. Grazie al
loro repertorio – soprattutto a Rubber Soul – ho capito come combinare le
mie radici acustiche con i suoni elettrici. Ripensandoci adesso è
incredibile come i Beatles fossero disponibili con me: erano delle superstar
eppure non se la tiravano per nulla. Quattro personalità diverse: Ringo
chiuso ma divertentissimo, Lennon l’impegnato, George lo sperimentatore,
Paul il più disponibile. Io e McCartney siamo ancora molto legati, lui è la
storia del rock e quando può viene ai miei concerti. È venuto anche agli
ultimi show al London Hammersmith”.
Ai tempi Londra era la terra promessa anche per gente come Paul Simon e gli
America che da qui sono partiti. Eppure il sogno proibito di tutti i
musicisti era la California. “Certo, ma a Londra era nata la nuova musica,
il beat, mentre il rock and roll sul finire degli anni 60 era già
sorpassato. A Londra sembravano aprirsi nuovi e sconfinati territori di
caccia. Poi c’è stata la rinascita culturale da noi, gli hippie, il Movement
e tanta bella musica cresciuta e sviluppatasi sotto il sole della West
Coast”.
Rimbalzando tra passato e presente, James è tornato alla formula chitarra
acustica e voce e ha pubblicato uno splendido disco dal vivo intitolato One
Man Band dove riprende i suoi classici ora con abbandono
sentimental-carnale, ora con piglio sanguigno, giocando tra forza espressiva
e libertà vocale, alternando piano e forte, toni ombrosi e giocosi, dramma e
speranza riportando tutto a casa (come direbbe Bob Dylan) alla sua maniera
di moderno stornellatore. Ma questo disco rappresenta il vero James Taylor?
“Tutti i miei dischi rappresentano il vero James Taylor, ma questo in
particolare. Naturalmente qui ci sono delle esclusioni forzate; ho scelto i
brani che funzionano meglio per voce e chitarra, quindi naturalmente ho
lasciato fuori cose come Mexico e Shower The People. Invece Fire And Rain,
Carolina In My Mind, Sweet Baby James, You’ve Got A Friend, Mean Old Man, My
Traveling Star non hanno bisogno di niente, funzionano da sole con il loro
carico di ricordi e sensazioni. Sono la rappresentazione del mio io più
profondo”. Il re è nudo e mostra la sua anima nelle sue mille sfaccettature.
“È un lavoro intimo, una specie di concerto in chiesa, c’è quella atmosfera
semplice ma solenne che provai suonando in una chiesa sconsacrata di Milano;
c’è uno sguardo sul passato ma anche una crescita continua nel modo di
rivivere questi brani, io li trovo estremamente attuali”.
C’era un James Taylor con i capelli lunghi, i baffoni, i jeans e le bretelle
sulla copertina di Mud Slide Slim; oggi ce n’è
uno coi capelli corti e la
camicia bianca: che cos’è cambiato artisticamente da allora? “Complicato
raccontarlo. Io cambio sempre ma sono sempre me stesso, così come molti
artisti della mia generazione. Se ricordo la California di quei tempi provo
un po’ di nostalgia e un po’ di tristezza ma prevale la tenerezza gioiosa.
Eravamo una grande comunità musicale. C’era la regina Joni Mitchell, i bravi
Crosby Stills Nash e Young, l’intellettuale Jackson Browne, il duro Lowell
George, il poliedrico Ry Cooder, le meravigliose canzoni tagliate col rock e
col country degli Eagles. Eravamo tutti molto uniti, complici e leali gli
uni con gli altri. Quei brani sono diventati dei classici perché sono nati
da una società in evoluzione, c’erano delle grandi motivazioni e dei grandi
sogni dietro. La California negli anni 70 è stata un punto di riferimento
per tutto il mondo. Terminata l’esperienza degli hyppies è nato un suono che univa
le pulsioni del rock con la morbidezza del country; sono rinate le chitarre
elettriche; il banjo s’è unito alla batteria, il violino al basso e le
armonie vocali sono diventate la base su cui costruire le canzoni. Questa
formula ha coinvolto tutti. È partita dai Buffalo Springfield e dai Byrds
(non a caso nei Buffalo c’erano Young e Stills e nei Byrds Crosby, nda) e ha
toccato anche un re della sperimentazione psichedelica come Jerry Garcia.
Era la filosofia del take it easy, anche se la mia visione del mondo è
sempre stata un po’ più malinconica e disincantata”. Credevate che le
canzoni potessero cambiare il mondo... “Saranno state anche illusioni ma
abbiamo lottato per un mondo più vivibile, più credibile, più giusto e alla
portata di tutti. Era un’utopia, ma l’abbiamo vissuta fino in fondo. Invece
a livello personale credo che le canzoni aiutino molto. Ad esempio Carole
King ha scritto per me You’ve Got A Friend e quelle parole mi hanno aiutato
a cambiare, mi ha toccato il cuore sapere che qualcuno s’interessava a me,
credeva in me, avere qualcuno su cui contare quando vivi un momento davvero
buio. Un testo semplice ma di un realismo pazzesco, una preghiera,
un’esortazione a resistere, un inno all’altruismo, alla vera amicizia. Ecco,
le canzoni a livello personale possono dare una mano, far pensare la gente,
magari aiutarla a superare le crisi più profonde: per questo vale la pena
continuare, lavorando sul particolare anziché sull’universale”.
James Taylor è un sopravvissuto. Non solo artisticamente. “La droga ha
rischiato di uccidermi” racconta oggi. “Quando ne sono uscito ho capito
quanto sono stato fortunato. La droga è una tragedia ma se riesci ad uscirne
ti restano una forza e una sensibilità superiori agli altri. Devi mettere la
tua esperienza a disposizione degli altri”. Profeta con la chitarra e
profeta nella vita di tutti i giorni, oggi che è sereno, ma non appagato,
Taylor affida il suo messaggio e la sua esperienza ai giovani. “I ragazzi
devono capire che la vita è un bene troppo prezioso per rovinarlo. È un
gioco meraviglioso con tanti alti e bassi, tanti dolori, quindi bisogna
godersela momento per momento. È inutile nascondersi dietro il fatto che non
conoscevamo gli effetti della droga, che pensavamo liberasse la percezione e
la coscienza. La droga distrugge l’inconscio e non si può fare nulla per
difendere il nucleo prezioso dell’essere umano. Anch’io ho vissuto un
periodo estremamente oscuro, sono precipitato in un buco nero dove ho perso
la stima e la fiducia in me stesso. La droga c’è sempre stata, nel
Settecento, nell’Ottocento, se proprio ci finisci dentro devi cercare di
dominarla vivendoci insieme, come hanno fatto poeti, scrittori, musicisti.
La droga è un male, ma se ci cadi devi continuare a lavorare per
combatterla. Infatti io ne sono uscito, nel 1983, perché finché ho avuto la
fortuna di continuare a cantare, a scrivere, ad esibirmi mentre mi facevo,
ad avere progetti, insomma. E alla fine l’incubo è finito. Questo è l’unico
consiglio che posso dare: se siete preda dell’eroina non perdete di vista le
vostre passioni, le vostre attitudini e continuate a lavorare. C’è
naturalmente anche il rovescio della medaglia; la droga ti porta a un
eccesso di produttività o ti brucia il cervello, come è sempre accaduto e in
particolare per la nostra generazione è accaduto a geni come Janis Joplin o
Jimi Hendrix”.
Nonostante la timidezza innata, James Taylor è un uomo forte e di saldi
principi, un uomo libero il cui motto è “Never asking why, never knowing
where”, come recita nel ritornello di My Traveling Star. “È la mia canzone
preferita di questi ultimi anni, perché rappresenta la mia maturità e allo
stesso tempo il mio gusto per nuove avventure senza chiedersi troppi perché.
Bisogna saper vivere con lo spirito adatto, un po’ corsaro, ma anche
controllando l’istinto. Vivere con la pancia, il cuore e la testa sarebbe
l’ideale. È lo stesso procedimento che si usa per comporre una bella
canzone, quello che provo quando compongo anche brani meno noti come Long
Ago And Far Away”.
La sua avventura che non conosce il trascorrere del tempo perché fonde la
sua parabola in un unicum che unisce gli anni 60 all’oggi e addirittura al
domani. Il mese scorso ha festeggiato il mezzo secolo del mitico Troubadour
in concerto con Carole King (vedi box a pagina 40). “È stata una grande
festa. Tra me e Carole c’è il feeling di una volta, così come con Danny
Kortchmar, Russ Kunkel e gli altri della band. Non è stato un ritorno perché
da qui non me ne sono mai andato. Los Angeles è la mia patria adottiva, sono
sempre qui, anche con lo spirito. L’atmosfera in concerto è stata
fantastica, c’era un feeling incredibile, una enorme energia tra noi stessi
e noi e il pubblico”. Torniamo al discorso delle emozioni personali. “Uno
dei momenti più emozionanti del concerto è stato quando abbiamo eseguito Hey
Mister That’s Me Upon The Jukebox. Quel brano all’epoca rappresentava la mia
crisi di identità, la paura di essere stritolato dall’industria
discografica, sfruttato... E sul palco ha ancora gli stessi significati e
produce le stesse vibrazioni. Con Carole è stato un concerto di
divertimento, testa e anima, di grande intensità. Sul palco del Troubadour
c’erano tre telecamere e presto ne faremo un dvd cui tengo particolarmente”.
Ma i progetti di Taylor non si fermano qui. “Sto preparando due nuovi album.
Uno è una raccolta di classici country, un viaggio tra le radici e Memphis
dai suoni sporchi e i ritmi veloci con pezzi come Summertime Blues e Memphis
Tennessee. L’altro sarà un disco in studio completamente inedito con la mia
band”.
Come Paul McCartney, Joni Mitchell ed Herbie Hancock, anche James Taylor
pubblica ora per l’etichetta di proprietà della famosa catena di caffetterie
Starbucks chiamata Hear Music: o tempora o mores...
“Alla Starbucks si occupano davvero di musica e rispettano gli artisti. In
America all’interno delle case discografiche le persone cui far riferimento
cambiano in continuazione e molti di loro trattano la musica come un
semplice prodotto, oppure vogliono interferire nelle tue scelte artistiche.
La Starbucks lavora e distribuisce con vera passione. A me interessa portare
le canzoni alla gente; lo faccio dal palco ma se si tratta di un disco deve
essere inciso e portato al pubblico nel modo migliore. Non m’importa dei
soldi, mi bastano quelli che ho per la mia famiglia e per vivere on the
road. Sono libero dai condizionamenti del denaro e del consumismo”. Eh, ma
con tutti quei successi soldi ne avrà messi via parecchi... “Meno di quanto
si creda perché, per l’entusiasmo di incidere i primi dischi, personaggi
come Chip Taylor mi hanno convinto a cedere il copyright di pezzi come Fire
And Rain e Carolina In My Mind. Il business è avido e un sacco di artisti,
da John Fogerty Neil Young, hanno subito la stessa sorte. Comunque io non ho
nessun rimpianto. Non ho rivendicazioni. Mi batto per l’ambiente, per
battaglie che interessino la gente. Sono preoccupato per le guerre ma non
critico il mio Paese all’estero. Sostanzialmente rimango un cantante, non un
politico: canto ciò che vedo e ciò che sento. I miei riferimenti non sono i
politici, ma Ray Charles, Hank Williams, Leadbelly, Gershwin, Rodgers &
Hart, Miles Davis, i musical di Broadway. È a loro che devo render conto
quando compongo. Quindi sto lavorando ai nuovi brani con molta attenzione e
ispirazione perché quando hai fatto cose come Fire And Rain o Carolina In My
Mind devi volare allo stesso livello. Non puoi permetterti passi falsi. Sono
uno cui le canzoni fanno visita. Mi succede quando sono lì seduto a suonare,
oppure quando sono in auto. Sweet Baby James ad esempio nacque mentre ero in
macchina, diretto a sud. Forse è illegale farlo, ma viaggio sempre con un
piccolo registratore digitale con me. Mi aiuta a ricordare le note perché
non so leggere né scrivere musica. È per questo che i musicisti classici mi
impressionano, e li conosco bene perché mia moglie lavora per la Boston
Symphony Orchestra. Mi stupisce la loro abilità nel leggere e memorizzare la
musica, e allo stesso tempo quanto faticano a improvvisare. Lei, mia moglie,
ancora non crede che non riesca a leggere gli spartiti. Il nostro amico John
Williams dice sempre: ovviamente James sa leggere la musica, tutti sanno
farlo. Ma, giuro, non sono capace”.
Tornato allo schema voce-chitarra, Taylor non dimentica il suo lato di
cantautore rock a tutto campo. “Vivo di musica acustica, ma mi piace
spaziare nei suoni elettrici. Presto tornerò in giro con la mia band,
alternando ai brani intimisti un po’ di sana energia. In aprile sarò in
Italia, un Paese che amo e che mi mette sempre un po’ di timore, perché ho
paura che non si comprendano bene i miei testi. Ho moltissimi fan in Italia
e non vorrei deluderli; in Paesi come Germania, Svezia, Finlandia tutti
sanno l’inglese, e a volte le sfumature delle mie liriche, per me
importanti, hanno bisogno di piena comprensione. Testi e musica sono un
tutt’uno che non puoi spezzare”.
(di Antonio Lodetti - jamonline.it)
Gli inizi
Cresciuto nella cittadina di Chapel Hill (Carolina del Nord), dove da
bambino studiò violoncello, a partire dal 1960 preferì dedicarsi alla
chitarra ispirandosi allo stile di Woody Guthrie. Abbandonò la scuola e
formò una band col fratello Alex, ma venne ricoverato in un ospedale
psichiatrico per curare una forma di depressione. Riuscì ad ottenere il
diploma durante il soggiorno in ospedale, quindi si iscrisse alla Milton
Academy dove incontrò Danny Kortchmar, col quale formò il gruppo "the Flying
Machine", che incise un singolo di scarso successo: "Brighten Your Night
with My Day".
Trasferitosi a New York, Taylor divenne tossicodipendente da eroina. La
canzone "Jump Up Behind Me" si riferisce a quel periodo: è infatti un
omaggio al padre di Taylor, Isaac, che in seguito ad una disperata
telefonata del figlio dovette correre a New York per riportarlo a casa a
Chapel Hill. Nel pezzo Taylor lo ringrazia per l'aiuto avuto in un periodo
di disperato bisogno e descrive i ricordi del lungo viaggio in automobile
verso casa.
Nel 1968 soggiornò a Londra per la registrazione di James Taylor, suo primo
album, per la Apple records, casa discografica dei Beatles (al disco
collaborarono anche Paul McCartney e George Harrison e quest'ultimo utilizzò
il titolo di una canzone di Taylor - "Something in the way she moves" - per
comporre la celeberrima "Something"); il disco non ebbe immediato successo.
Tornato negli Stati Uniti si fece nuovamente ricoverare in ospedale per
porre rimedio alla sua dipendenza dalle droghe, nel frattempo divenuta più
forte. Quando le sue condizioni migliorarono, nel 1969, si esibì per sei
serate al Troubadour Club di Los Angeles ed il 20 luglio al Newport Folk
Festival. Poco tempo dopo ebbe un incidente motociclistico che gli procurò
fratture multiple alle mani, impedendogli di suonare per diversi mesi.
James Taylor and carole
King
Anni '70
Nel 1970, con l'uscita di Sweet Baby James raggiunse l'attenzione del grande
pubblico, particolarmente con il brano Fire and Rain, ed il successo provocò
la "riscoperta" dell'album precedente (e del brano Carolina in My Mind). Il
settimanale Times gli dedicò la copertina e si cominciò a parlare di questa
nuova corrente crepuscolare e soggettivista di cui Taylor fu il massimo
alfiere degli anni settanta. Egli è, infatti, il prototipo del cantautorato
crepuscolare, agrodolce, malinconico e dalle tinte pastello che tanta
fortuna ebbe in quel decennio. In ciò fu aiutato da una vena compositiva
felice, da una raffinata tecnica chitarristica improntata al finger picking
e da una voce nasale duttile e pastosa che veicola in modo molto efficace il
piccolo mondo romantico (o tardo-romantico) che si muove nell'universo
individualista e un po' trascendentalista dell'America di ieri e di oggi.
Nel 1971 Taylor lavorò con Dennis Wilson (dei Beach Boys) nel film Two-Lane
, che si rivelò un insuccesso. Sempre il 1971, però, vide l'uscita di Mud
Slide Slim and the Blue Horizon, un altro album di classifica. Egli vinse un
Grammy Award per la sua versione di You've Got a Friend, originariamente
scritta da Carole King, che fu suo mentore, nonché partner sentimentale per
breve tempo.
Nel 1972 Taylor ritornò con One Man Dog e sposò la collega cantante/autrice
Carly Simon il 3 novembre. L'album successivo, Walking Man del 1974 fu una
delusione, mentre il nuovo Gorilla fu un successo anche per la presenza del
singolo di successo "How Sweet It Is (To Be Loved by You)", una cover del
grande Marvin Gaye. Dopo In the Pocket, del 1976, fu pubblicato l'album
Greatest Hits che includeva alcune versioni riarrangiate dei successi più
vecchi. Questa realizzazione rimane ancora oggi l'album più venduto di
questo autore.
Taylor e Simon ebbero due figli dal loro matrimonio, Ben e Sally. Tuttavia,
a causa delle lunghe assenze di Taylor dovute alle tournée, la coppia entrò
in crisi sino al rifiuto da parte dello stesso Taylor di accettare un
ultimatum posto da Carly Simon sul passare più tempo con i bambini. Alla
fine i due si separarono nel 1983.
Nel frattempo James Taylor aveva firmato un nuovo contratto con la Columbia
Records e realizzato JT nel 1977, vincendo un altro Grammy Award per la
Miglior Performance Vocale Pop, per "Handy Man".
Dopo aver collaborato con Art Garfunkel ed essersi brevemente dedicato a
Broadway, Taylor si prese una pausa di due anni, per riapparire con un altro
successo, l'album Flag. Taylor si è anche esibito per il concerto dei No
Nukes al Madison Square Garden ed è apparso nell'album e nel filmato tratto
dal "live".
Anni '80-'90
All'inizio degli anni '80 la carriera di Taylor sembrò in pericolo per colpa
dei problemi di tossicodipendenza, del divorzio da Carly Simon, del calo di
popolarità delle sue canzoni - ormai orientate verso un "easy listening" di
classe, ma sempre portatrici di quella vena solipsistica e agrodolce -, e
delle pressioni da parte del "music business". Taylor, infatti, dichiarò
ripetutamente che si sarebbe ritirato nel 1985, dopo aver adempiuto
all'ultimo obbligo contrattuale: il Rock in Rio. Dovendo esibirsi nella
stessa sera di Ozzy Osbourne, Taylor si aspettava un pubblico ostile, ma fu
molto sorpreso dall'accoglienza che gli riservarono i 250.000 spettatori del
concerto. Risollevato dall'inaspettato consenso del pubblico decise di
riprendere in mano la sua vita e la sua carriera.
In ricordo di quella serata venne scritta la canzone "Only a Dream in Rio",
in una strofa della quale James Taylor dice "I was there that very day and
my heart came back alive" ("Ero proprio lì quel giorno, e il mio cuore tornò
a vivere"). Il pezzo venne incluso nel successivo album That's Why I'm Here,
il primo di una serie di incisioni che, sebbene proposte con minor frequenza
di pubblicazione rispetto al passato, mostrano un miglior livello
qualitativo e un numero inferiore di cover.
Nel 1988 pubblicò Never Die Young. Ricominciò ad esibirsi in veri e propri
tour, diventando popolare nell'ambito delle stagioni estive degli anfiteatri
statunitensi all'aperto. Nei suoi concerti, ancora oggi, propone canzoni che
spaziano attraverso tutto il suo repertorio e che vengono sottolineate dalle
sonorità del gruppo e dei coristi. Il doppio disco dal vivo (LIVE) del 1993
ne è una fedele testimonianza, che trova un momento di spicco nel
controcanto di Arnold McCuller nel finale di "Shower the People" e "I Will
Follow".
I due nuovi album di materiale inedito degli anni '90 ebbero notevole
successo: il tredicesimo album, New Moon Shine, divenne disco di platino nel
1991, mentre Hourglass del 1997 vinse il Grammy come miglior album pop non
strumentale.
2000
Nel 2001 Taylor prese moglie per la terza volta, sposando Caroline ("Kim")
Smedvig, Direttore delle Pubbliche Relazioni e Marketing della Boston
Symphony Orchestra. La loro relazione influenzò il componimento dell'album
October Road, in particolare la canzone "On the 4th of July." La coppia ha
due gemelli, Rufus e Henry, nati nel 2001 da una donna, amica di famiglia,
che prestò il suo utero in cui furono impiantati gli ovuli fecondati in
vitro. I Taylor sono quindi i genitori biologici.
Immediatamente preceduto e seguito da due diverse raccolte di successi, il
nuovo album October Road fu pubblicato nel 2002. Nel disco sono presenti
accompagnamenti e passaggi strumentali delicati ed allo stesso tempo
sofisticati. Nel 2004, una volta concluso il contratto con la Columbia/Sony,
è uscito James Taylor: A Christmas Album, distribuito dalla Hallmark Cards.
Sempre molto attivo nella difesa dell'ambiente e politicamente schierato su
posizioni progressiste, nell'ottobre 2004 Taylor si è unito al tour "Vote
for Change", tenendo una serie di concerti negli Stati americani in cui la
preferenza per il candidato alla Presidenza degli Stati Uniti era ancora
considerata in bilico. Tali concerti sono stati organizzati dal movimento
politico MoveOn.org, al fine di promuovere il voto a favore di John Kerry e
contro George W. Bush nel corso della campagna per le elezioni presidenziali
del 2004. Nel corso di questi concerti James Taylor si è esibito assieme
alle Dixie Chicks.
Curiosità
James Taylor compare anche in un episodio de I Simpson, "Homer nello spazio
profondo" (in originale "Deep Space Homer", ep. 1F13 - 5a stagione),
cantando "You've got a friend" e "Fire and Rain".
Tra le numerose collaborazioni di Taylor c'è anche quella con gli italiani
Elio e le Storie Tese, nel pezzo "First Me, Second Me" dal disco Eat the
Phikis. Il testo della seconda parte della canzone, quella cantata da
Taylor, è volutamente scritto in un inglese improbabile, frutto di una
traduzione troppo letterale dall'italiano (i primi versi recitano "how you
call you / how many years you have / from where come / how stay"). La
collaborazione tra Taylor e gli Elio e le Storie Tese è proseguita nel
programma televisivo "Night Express", in una puntata del quale il cantante
si esibì dal vivo accompagnato dal complesso milanese, con la figlia Sally
ed il cantante Elio ai cori.
Premi e riconoscimenti
Grammy Awards
Grammy Award per la migliore voce maschile, 1971, "You've Got a Friend"
Grammy Award per la migliore voce maschile, 1977, "Handy Man"
Grammy Award per il migliore album pop non strumentale, 1998, "Hourglass"
Grammy Award per la migliore voce maschile, 2001, "Don't Let Me Be Lonely
Tonight"
Grammy Award per il migliore duetto vocale Country, 2003, "How's the World
Treating You", con Alison Krauss
Grammy della Fondazione MusiCares come Personaggio dell'anno 2006. In una
serata di gala a Los Angeles, musicisti di diverse generazioni hanno
tributato un omaggio a Taylor interpretando le sue canzoni, spesso
introducendole con un breve discorso a proposito dell'influenza esercitata
da Taylor sulla loro decisione di entrare nel mondo della musica. Tra questi
Carole King, Paul Simon, Bruce Springsteen, Sting, Taj Mahal, Dr. John,
Bonnie Raitt, Jackson Browne, David Crosby, Sheryl Crow, le Dixie Chicks,
India Arie, Alison Krauss, Keith Urban, e suo fratello Livingston Taylor.
Altri riconoscimenti
Laurea honoris causa in musica presso il Berklee College of Music, Boston,
1995
Ammesso nella Rock and Roll Hall of Fame, 2000
Ammesso nella Songwriters Hall of Fame, 2000
Il Chapel Hill Museum di Chapel Hill, in Carolina del Nord ha aperto una
mostra permanente dedicata a Taylor il 26 aprile 2003. Nella stessa
occasione il ponte della strada che attraversa Morgan Creek, accanto alla
residenza della famiglia Taylor, citato nella canzone "Copperline", è stato
intitolato a Taylor.
top row: Ralph
Schuckett, middle row: Danny Kortchmar, Joel O'Brien & James Taylor,
bottom row: Carole King and Lee Sklar
Discografia
Studio
1968 - James Taylor
1970 - Sweet Baby James
1971 - James Taylor and the Original Flying Machine— registrato 1966–1967
1971 - Mud Slide Slim and the Blue Horizon
1972 - One Man Dog
1974 - Walking Man
1975 - Gorilla
1976 - In the Pocket
1977 - JT
1979 - Flag
1981 - Dad Loves His Work
1985 - That's Why I'm Here
1988 - Never Die Young
1991 - New Moon Shine
1997 - Hourglass
2002 - October Road
2004 - James Taylor: A Christmas Album
Live
1993 - (LIVE)
1994 - (Best LIVE)
2007 - (One Man Band)
Raccolte
1976 - Greatest Hits
2000 - Greatest Hits Volume 2
2003 - The Best of James Taylor
James Taylor, minimalismo d’autore
di Duccio Pasqua
James Taylor, semplicemente. Nome e cognome dicono molto di più di qualsiasi
presentazione. Il cantautore di Boston è una vera e propria leggenda della
canzone. Voce pacata e chitarra a tracolla, da quarant’anni propone al
pubblico gioielli di tre minuti, celebri in tutto il mondo. Martedì sarà al
Gran Teatro, per la tappa romana del «One man band tour». In scena con il
pianista Larry Goldings, Taylor offrirà versioni minimali dei suoi brani,
scarne e intime. One man band, nel frattempo, è diventato anche un disco dal
vivo, corredato da un dvd prodotto dal grande regista Sydney Pollack e
registrato alla fine del 2007, nel corso del tour americano. Durante il
concerto, il musicista di Boston canta e si racconta, facendo scorrere alle
sue spalle le immagini di quarant’anni di vita artistica. Le foto con Carole
King, sua ex-moglie nonché autrice della meravigliosa You got a friend, le
esibizioni storiche nei club americani, i grandi musicisti con cui ha
suonato. E James Taylor, a sessant’anni, ha una gran quantità di avventure
da raccontare, con le canzoni e con le parole. Una vita eccitante e
turbolenta, nonostante la serenità che trasmette oggi con il suo inimitabile
garbo: la collaborazione con i Beatles (è stato il primo cantante a incidere
per la storica etichetta Apple), il legame artistico e sentimentale con
Carole King e poi con Joni Mitchell, il pericoloso rapporto con le droghe e
con la depressione. Tra le curiosità della sua carriera, una bizzarra e
gustosa collaborazione con Elio e le Storie Tese, nata con la partecipazione
all’album Eat the phikis (in cui Taylor si divertì a cantare versi in un
inglese davvero improbabile) e continuata con un memorabile concerto
televisivo, in cui il cantante americano lasciò a casa la sua band e chiese
al gruppo meneghino di accompagnarlo dal vivo (varie testimonianze
dell’evento sono reperibili su youtube).
James Taylor
Sweet Baby James
Autore: Marco Redaelli
Gli anni 60 sono stati uno dei momenti più caldi della storia del rock
allora neonato: I movimenti studenteschi con il grande impegno politico e
sociale dei cantautori come Dylan, Joan Baez, Neil Young e via dicendo; le
esagerazioni pre punk degli Who; le ostentazioni equivoche di Mick Jagger
prima e dei Velvet poi; l’abuso di droghe come fuga da una realtà triste e
angosciosa del movimento psichedelico; la forza esplosivamente innovativa di
Hendrix e il generale innamoramento per le chitarre elettriche. Insomma in
quel decennio ne sono successe davvero di tutti i colori. L’apice di tutto
questo avvenne a cavallo tra la fine dei ’60 e l’inizio dei ’70, quando le
nuove band hard rock inglesi come Deep Purple e Led Zeppelin spopolavano
proponendo una miscela esplosiva di suoni appunto hard. In mezzo a tutto
questo come una meteora piomba nel 1970 “Sweet Baby James” secondo album in
studio di James Taylor, un disco quasi totalmente acustico fatto di canzoni
dal tono triste e introspettivo : Taylor, figlio della borghesia americana,
con padre stimato dottore e madre cantante lirica, crebbe in un ambiente
sano e colto, un ragazzo bello e istruito ma con una sorta di tormento
interiore. A soli 17 anni fu vittima del suo primo esaurimento nervoso e fu
ricoverato in un ospedale psichiatrico. Una volta guarito decise di
intraprendere la carriera musicale e di trasferirsi a New York dove formò
una sua band. Spostatosi a Londra, James fece la conoscenza di Peter Asher
(nome che i fan dei Beatles conosceranno certamente bene) e incise il suo
primo album omonimo (edito dalla Apple l’etichetta dei Beatles), che però
passò quasi del tutto inosservato nonostante contenesse delle ottime canzoni
e fosse prodotto da Paul McCartney. Ricadde nuovamente vittima di una forte
crisi depressiva e ancora una volta venne ricoverato. Questa ennesima brutta
esperienza fece però scattare qualcosa nel giovane James; dimesso
dall’ospedale il nostro fece ritorno negli Stati Uniti e dopo poco diede
alle stampe il suo capolavoro. Sweet Baby James è considerato, giustamente,
un album epocale. In esso è contenuta la disillusione di un'intera
generazione, proveniente dai sognanti anni 60, che si accorge che nonostante
le lotte di piazza, gli slogan pacifisti e le promesse di un mondo nuovo,
tutto è rimasto come prima. Le 11 canzoni che formano questo album non
parlano di politica o di attualità, sono solo dei semplici spaccati di vita
quotidiana, canzoni dal tono intimo dove i sentimenti, le delusioni e i
turbamenti dall’animo umano sono l’elemento principale. La musica è una
miscela di country, folk, jazz e blues lontana anni luce dalla furia
elettrica che regnava all’ora. Con questo album James Taylor coglie
l’esigenza della gente di ritornare all’antico, di voltare pagina per
immergersi in una atmosfera più intimista. Il suo raffinato stile
chitarristico e una certa semplicità degli arrangiamenti si sposano alla
perfezione con il tema delle composizioni. Il disco si apre con la title
track,un country rock semplice ed essenziale dall’andamento sognante dotato
di una grande melodia che rimane subito impressa. La successiva “Lo and
Behold” si rifà più al folk con la chitarra acustica, i cori e il battito di
mani. Su tutto la voce dolce e delicata di James. “Sunny Skies” è più o meno
sulle stesse coordinate ma con una maggior vena jazzata, una di quelle
canzoni fresche e facili che fanno venir in mente paesaggi colorati e
distensivi. “Steamroller Blues” è un talkin'
blues tutto incentrato sul piano e sulla chitarra elettrica sempre di
matrice jazz a cui si aggiunge, circa a metà canzone, una imponente sezione
fiati. Brano di classe e gusto cristallini.” Country Road” è una country
rock song intima e crepuscolare. L’unica cover del disco è la successiva “Oh
Susanna” di Stephen Foster un grande classico del folk bianco americano che
James interpreta con la solita classe. Si continua con “Fire and Rain” la
canzone più famosa e più bella del repertorio di Taylor: si tratta di una
ballata country rock che parla dei mesi bui trascorsi nell’ospedale
psichiatrico e della dipendenza dall'eroina, una canzone dotata di quella
dirompente forza emotiva che può destare la vista di una montagna o del mare
calmo, un capolavoro immortale e il vero manifesto della musica di James
Taylor. Il disco prosegue con la leggiadra e sognante “Blossom” e con il
country rock altamente melodico di “Anywhere Like Heaven” impreziosito dal
violino e dal fiddle. “Oh Baby, Don't You Loose Your Lip on Me” riprende le
radici più blues del cantautore di Boston mentre la conclusiva “Suite for 20
G” chiude
il disco così come era iniziato, con melodie sognanti che si contrappongono
a parole cariche di intimo turbamento e di dubbi, per sfociare in una
apertura corale con fiati tipici della West Coast.
Con questo album James Taylor ha inaugurato la stagione dei cantautori
country rock denominati “intimisti”, quella che vedrà brillare le stelle
degli Eagles di Joni Mitchell e di Jackson Brown. Sweet Baby James è un
album che ha fatto scuola, un caposaldo della musica americana degli anni
70.
James Taylor fu il piu` celebre dei singer-songwriter che attaccarono il
cliche` del folk-singer durante gli anni '70. Prototipo del cantautore colto
e creativo degli anni '70, Taylor non e` mai riuscito a sfruttare appieno
quella intuizione.
Taylor aveva esordito a New York nella Flying Machine, le cui registrazioni
del 1967 verranno raccolte su The Original Flying Machine (1971) La carriera
di James Taylor e` sempre stata tormentata a causa dei suoi malanni
personali (reduce da un ospedale psichiatrico e poi tossico-dipendente), e
le canzoni (che accompagna con la chitarra acustica traendo spunti dal jazz
e dal rhythm and blues) riflettono le sue nevrosi interiori.
Dopo un primo album, James Taylor (Apple, 1969), di tenere ballate
arrangiate con cura certosina, sul quale spiccavano Carolina On My Mind e
Something In The Way She Moves, si affermo` con Sweet Baby James (Warner,
1970), dove la sua poliedrica timbrica vocale, la sua tecnica chitarristica
e il pianismo sentimentale di Carole King concorrono a cesellare le
struggenti Sweet Baby James, Fire And Rain, Country Road.
Mud Slide Slim And The Blue Horizon (1971), che si avvaleva di John Hartford
e Richard Greene, aveva ancora You Can CLose Your Eyes e Long Ago And Far
Away, ma era gia` molto inferiore.
You've Got A Friend, di King, lo piazzo` in testa alle classifiche, e la
fama aumento` dopo il molto chiacchierato matrimonio con Carly Simon, e il
loro duetto in Mockinbird (1974).
In realta` il frammentario One Man Dog (1972) e Walking Man (1973) avevano
molto abbassato le sue quotazioni, e il tono domestico di Gorilla (1975),
con l'ironica Mexico, tradiva i limiti intellettuali del personaggio.
A partire da In The Pocket (1976), con Shower The People, Taylor venne
ri-definendosi come interprete sofisticato di canzoni orchestrali, in
particolare cover di rhythm and blues. La conversione all'easy-listening gli
frutto` un album di platino, JT (Columbia, 1977), con Handy Man. Flag (1979)
sembra una raccolta di avanzi del disco precedente. Dad Loves His Work
(1981), That's Why I'm Here (1985) e Never Die Young (1987) proseguirono la
discesa in un pop raffinato. Migliore New Moon Shine (1991), che lo riporta
a qualche atmosfera da brivido (Copperline). Hourglass (1997) e` anche piu`
sofisticato, benche' abbia ormai poco o nulla in comune con la scena folk o
rock. Lo stile autunnale di questi dischi si sublima su October Road (2002),
che sembra il testamento di un vecchio sul punto di morte (On the 4th of
July).
Greatest Hits (WB, 1976) raccoglie gli hits del periodo d'oro.
(Piero Scaruffi)
James Taylor video parade |