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LUCIO BATTISTI |
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A dieci anni dalla scomparsa di Lucio......il nostro ricordo
Lucio Battisti (Poggio Bustone, 5 marzo 1943 – Milano, 9 settembre 1998) è stato un cantautore italiano. È considerato uno dei massimi autori ed interpreti nella storia della musica leggera italiana. La sua produzione ha rappresentato una svolta decisiva nel pop e nel rock italiani: da un punto di vista strettamente musicale, Lucio Battisti ha personalizzato e innovato in ogni senso la forma della canzone tradizionale e melodica (intesa come susseguirsi di strofa - ritornello - strofa - inciso - finale). Per ciò che attiene ai testi, grazie alla collaborazione con Mogol, Battisti ha rilanciato temi ritenuti esauriti o difficilmente innovabili, quali il coinvolgimento sentimentale, le gioie e i dolori della vita di coppia, e i piccoli avvenimenti della vita quotidiana. Ha inoltre saputo esplorare anche argomenti del tutto nuovi e inusuali, a volte controversi, spingendosi fino al limite della sperimentazione pura, sia su testi di Mogol sia nel successivo periodo di collaborazione con Pasquale Panella. Timidissimo fin da ragazzo e letteralmente "attaccato" alla sua chitarra che - attestano i più vecchi amici e colleghi nei gruppi musicali in cui ha militato - era capace di suonare ininterrottamente per ore estraniandosi da tutto, Lucio Battisti si è volutamente trasformato nell'"antipersonaggio" per eccellenza, dopo una discreta gavetta come autore e il successo travolgente come cantante esploso dalla fine degli anni sessanta. Poco amante dei concerti e delle esibizioni televisive, e refrattario ai tentativi della stampa d'invadere la sua vita privata, a partire dal 1976 Battisti cessa del tutto di concedersi al pubblico, manifestando l'intendimento di comunicare "solo con le sue canzoni" e procedendo con ferrea determinazione su questa strada. Di lì in poi si limita a concedere rarissime interviste a periodici specializzati (l'ultima nel 1982) e a fare qualche sporadica apparizione televisiva fuori dall'Italia. Da un'intervista di quegli anni emerge il suo bisogno di non subire l'onda del successo, capace di travolgere le abilità artistiche del musicista e soprattutto le abitudini di un uomo borghese che non ha alcuna intenzione di cambiare a scapito della sua serenità. Partito da un background di preferenze musicali costituito da band anglosassoni come gli Animals e i Beatles, ma soprattutto dai grandi del rhythm and blues come Otis Redding, Lucio Battisti affinò negli anni un suo stile personale, fatto di sonorità spesso inattese e innovative (anche se, dalla seconda metà degli anni settanta, influenzate da certo sound d'oltremanica), e di melodie efficaci, mai scontate e piene di sentimento. Ha quindi percorso una strada compositiva che ha saputo coniugare al meglio le sonorità "nere" da lui predilette con la tradizione italiana; un'operazione che a nessuno (se non, limitatamente all'interpretazione, a cantanti come Fausto Leali) era prima riuscita. Nel periodo artisticamente più felice, le sue melodie si sono perfettamente amalgamate coi testi scritti da Mogol, spesso onirici, all'insegna di un modo di parlare dei sentimenti moderno e coraggioso, in cui le virtù e le fragilità maschili e femminili venivano osservate in profondità con una notevole capacità di analisi introspettiva. In questo periodo, che durerà fino al 1980, un punto di forza di Battisti è il particolare uso della voce. Dotato di una notevole estensione vocale, Battisti fu criticato per il timbro fuori dai canoni dell'epoca, al punto da essere bocciato ad un provino sostenuto alla RAI all'inizio della sua carriera. Nella sua produzione, Lucio ignorerà le critiche e utilizzerà la sua originalissima voce in maniera "creativa", imponendo un modo di cantare lontano dalla tradizione ma marcatamente italiano. Il suo stile è imperniato su una continua tensione fatta di alternanze tra alti e bassi (emblematica è la canzone Le tre verità, cantata su ben tre ottave diverse), tra apparenti raucedini e acuti in falsetto (come si può cogliere nell'interpretazione della canzone La compagnia), talora facendo ricorso alla velocissima scansione di più sillabe in pochissime battute, per certi versi anticipatrice del rap. Dopo la separazione artistica da Mogol, oltre a interrompere del tutto ogni forma di comunicazione col pubblico, imprime una svolta alla sua musica, apprezzata da molti critici ma poco compresa e condivisa da larga parte del suo pubblico. I testi, affidati a Pasquale Panella, si fanno criptici, ermetici, densi di giochi di parole e di doppi sensi; le sonorità diventano più elettroniche, col dominio assoluto di una sezione ritmica sempre più orientata verso la musica techno; il canto diventa impersonale, con la quasi totale scomparsa degli acuti, delle raucedini, e dell'alternarsi di toni alti e bassi. Battisti e la politica A differenza di quanto accadrà negli anni sessanta e settanta per la gran parte dei cantautori italiani, nella dimensione artistica di Lucio Battisti l'impegno politico non assunse mai particolare rilievo. Battisti fu anzi all'epoca spesso criticato per la scelta di parlare solamente di sentimenti, o delle piccole cose del quotidiano, ritenuta espressione di un approccio "piccolo-borghese". Addirittura, non mancò chi lo indicava apertamente come fascista, in contrapposizione al gran numero di cantautori emergenti dell'epoca vicini alla sinistra o a movimenti anarchici. Tutto questo non senza dare corpo a voci, mai provate, secondo cui Battisti avrebbe anche finanziato organizzazioni di estrema destra. Pierangelo Bertoli una volta dichiarò come "negli anni settanta si sapeva che Battisti stava a destra e che era vicino al MSI. Non c'era bisogno di prove, lo si sapeva e basta". La tesi fu alimentata anche dalle discutibili interpretazioni di alcuni versi dei suoi più celebri pezzi: il celebre "o mare nero, mare nero" in La canzone del sole, o "planando sopra boschi di braccia tese" da La collina dei ciliegi, secondo alcuni avrebbero un significato strettamente politico, chiaramente da riferirsi al mondo fascista; persino la canzone Il mio canto libero fu ritenuta a suo tempo una metafora dell'innalzarsi dell'ideologia di destra. Altre canzoni, come La luce dell'est, furono accusate di essere apertamente anticomuniste e antisovietiche. In realtà, va ricordato che nell'epoca in cui nacquero queste interpretazioni, l'autore dei testi di Battisti, sicuramente da lui condivisi, era Mogol, un autore politicamente disincantato ma all'epoca molto sensibile a temi come l'ecologia, lontani dalle priorità della destra neofascista. Mogol comunque propose a Battisti anche temi quali la fragilità maschile, agli antipodi rispetto a quel mondo politico-culturale. Se per alcuni Battisti era vicino al movimento hippy e alla beat generation, negli ultimi anni Bruno Lauzi ha asserito che invece il cantautore aveva una certa simpatia per Marco Pannella e i Radicali. Alcuni critici, anche negli anni ottanta e novanta, non hanno mancato di voler rinvenire nei testi di Pasquale Panella, talora al limite dell'esoterismo, un qualche recondito significato politico. La copertina di Cosa succederà alla ragazza, con l'acronimo del titolo "C.S.A.R", fu da alcuni letta come una prova delle simpatie monarchiche di Battisti (CSAR come CZAR è la traslitterazione di "Zar", il titolo attribuito agli imperatori russi). In ogni caso Battisti si disinteressò sempre della politica attiva. Il solo ideale che egli sosteneva con costanza, come del resto Mogol, pareva essere appunto quello ecologico, in curiosa sinergia peraltro con Adriano Celentano, precursore assoluto della "canzone ecologica". Mogol non mancò più volte di dichiarare come lui e Battisti fossero stati etichettati come fascisti con il preciso scopo di renderli antipatici ad una grossa fetta del pubblico giovane, all'epoca particolarmente politicizzato. I due furono poi accusati di maschilismo per alcune canzoni, fra cui Innocenti evasioni, Il tempo di morire, Dio mio no, Comunque bella, e La canzone della terra, che secondo il movimento femminista proponevano un'ideale di donna datato e tradizionalista. Con il passare degli anni, mutò gradualmente a sinistra la considerazione verso l'opera battistiana, tanto che i dischi pubblicati da Battisti nel periodo del sodalizio con Panella ebbero un'accoglienza entusiastica da parte di Michele Serra in veste di critico per il quotidiano L'Unità. Il risultato fu che in occasione della morte del cantante nel 1998, nei commenti e nelle interviste pubblicate dai mass media italiani Battisti fu avvicinato un po' a tutte le parti politiche, a dimostrazione di quanto controversa resti ancora la questione. Mogol dal canto suo è sembrato mettere la parola fine al presunto neofascismo di Battisti in un'intervista al Corriere della Sera del 28 giugno 2005: secondo il paroliere l'origine dell'equivoco ebbe luogo durante un concerto, quando il braccio levato di Battisti per incitare il pubblico a cantare fu scambiato per un saluto romano. Secondo quanto riferisce Mogol, a Battisti non interessava la politica e non andava neanche a votare alle elezioni. Umanamente Uomo: il sogno
Per guidare verso Napoli sulla A1 all’altezza di Fiano
Romano si allunga da qualche anno a questa parte una bretella
autostradale che sbuca dritta a Monteporzio Catone. Ma solo fino alla metà
dei novanta per dirigerti a sud della Capitale dovevi per forza percorrere
il Gran Raccordo Autostradale, uno striminzita e improbabile superstrada
costrutita nel 1962 che ancora resiste al peso degli automobilisti romani,
una razza a parte. Al km 12 di essa si erge ancora oggi una casermone che
all’epoca della sua costruzione (1960) veniva descritto come ”modernissimo",
“innovativo”. Su di esso svettava, rossa in campo bianco, una bandiera che
recava una scritta semplice ma incisiva. Vi si leggeva: R.C.A che stava per
Record Corporation of America. Ogni estate la nostra macchina, diretta al
Sud, viaggiava veloce a fianco della più grande industria di successi
discografici dell’Italia degli anni sessanta: la RCA, l’etichetta di Rita
Pavone, Gianni Morandi, Gianni Meccia, Sergio Endrigo, Piero Ciampi, Nada,
dei Rokes, di Patty Pravo- la ragazza del Piper-, di Lucio Dalla, Dino, Mal
e dei suoi Primitives. La stessa RCA che in America annoverava tra i suoi
artisti Elvis Presley. Quella RCA d’Italia presso cui approderà nel tardo
1969 con il primo vero, solido, contratto di licenza Lucio Battisti e la sua
Numero Uno, soci il paroliere Giulio Rapeti in arte Mogol e il produttore
Alessio Colombini. Io, mentre la macchina dribblava i cornutoni romani e le
loro scassatissime quattro ruote, ogni qualvolta superavamo l’edificio,
allungavo l’orecchio per carpire un suono, uno che potesse in qualche modo
essere sfuggito ai tecnici in camice bianco che avevo visto tante volte alle
prese con manopole e cursori nelle scene lì dentro girate in colossi della
filmografia mondiale come “Quando dico che ti amo” (1967) o “Il professor
Matusa e i suoi hippies” (1968) o il mitico “Steasera mi Butto” (1969). ( Ernesto De Pascale )
Gli Inizi La prima esperienza in
un complesso musicale è nell’autunno 1962 come chitarrista de “I Mattatori”,
un gruppo di ragazzi napoletani. Arrivano i primi guadagni, ma non sono
abbastanza; ben presto Battisti cambia complesso e si unisce a “I Satiri”.
Nel 1964 Battisti compone assieme a Roby Matano le sue prime canzoni. Ecco i titoli in ordine cronologico.
1)
“Era” Battisti-Matano (con lo stesso titolo, ma con le parole di
Mogol diventerà il successo che conosciamo); il primo 45 giri di Lucio Battisti, "Per una lira", non aveva il suo volto in copertina. Un importante funzionario di quella che era allora la sua casa discografica aveva sentenziato:"Con quella faccia non potrà mai sfondare". E si era ricorsi ad un compromesso, mostrandolo a figura intera, di spalle, abbracciato a un ragazza, mentre sui due campeggiava la riproduzione di una liretta, monetina già a quel tempo assai rara.
Di queste storie è pieno il mondo della canzone. Tutti prima o poi hanno dato un giudizio avventato. Certo è che agli inizi Battisti sforzava a decollare come cantante, mentre mieteva successi come autore. Era nato il 5 marzo 1943, a Poggio Bustone, in provincia di Rieti. Con la famiglia si era poi trasferito a Roma. Conseguito il diploma di perito industriale, aveva scelto invece la musica. A Milano si era unito come chitarrista al complesso dei Campioni, che accompagnavano Tony Dallara, e con essi aveva girato anche l'Europa. Nel '65 l'incontro determinante con Giulio Rapetti, tra i più noti " parolieri " sotto lo pseudonimo di Mogol. I due trovarono una giusta forma di simbiosi che è durata felicemente per oltre tre lustri. Nel 1968, con " Balla Linda ", partecipava al Cantagiro, nel 69, in coppia con Wilson Pickett, presenta a Sanremo "Un'avventura". L'affermazione decisiva arrivava nell'estate seguente, al Festivalbar, con " Acqua azzurra, acqua chiara ". Ma gli anni di Battisti sono stati gli Anni Sessanta e anche gli Anni Ottanta. Li ha iniziati con un 45 giri con due canzoni di grande successo, " La canzone del sole " e " Anche per te ", incise per la sua nuova etichetta, da lui stesso fondata con alcuni amici e collaboratori, e che porta il nome emblematico di " Numero Uno ". E lì scandì con una serie impressionante di 8 LP, tutti al primo posto nelle classifiche. Ha fatto anche l'autore, l'editore e il discografico, dando dei successi a Mina, a Patty Pravo, alla Formula Tre, a Bruno Lauzi. Caratteristica più unica che rara, ha mantenuto il contatto con il pubblico solo attraverso i suoi dischi e qualche rara intervista concessa alla stampa, ignorando televisioni e concerti. Ha difeso strenuamente la sua vita privata. Ha abbandonato la città e si è ritirato in campagna, in Brianza, dove si è persino allestito uno studio di registrazione personale, il Mulino, prima di scegliere di recarsi in America e quindi in Inghilterra in cerca di un nuovo " sound ". I suoi LP sono stati sempre il frutto di un lavoro lungo e meticoloso, dove nulla è stato lasciato al caso, nemmeno la copertina. Ma non è stato il lavoro del contabile o dell'industriale, ma piuttosto dell'artigiano, se non vogliamo dire dell'artista. Hanno spesso avuto costi altissimi, in tempo, in fatica e in denaro, ma il prodotto finale non ha mai tradito le aspettative nè di chi lo aveva realizzato o aveva concorso a realizzarlo, né del pubblico cui era destinato. Battisti e Dylan
Un'altro pezzo di Battisti che mi ricorda Dylan è quello che parlava della
torta di
panna montata tutta contenta
di non essere stata lanciata... mmm aspetta... non mi ricordo come si
chiama...
La morte
di Lucio Battisti è un grande e profondo dispiacere popolare. Che cosa
significhi "popolo", oggi, non è più ben chiaro. Nel caso, però, è
chiarissimo: significa che molti milioni di italiani di ogni ceto sociale e
di almeno due generazioni hanno cantato le stesse canzoni. C'è una chiave,
in ogni bella canzone e in tante di Battisti, che ci apre e ci scioglie come
fossimo prigioni di burro. ...
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