MASKED AND ANONYMOUS
music from the motion picture

E' uscito il cd con la colonna sonora del film "Masked and anonymous", il nuovo film di Bob Dylan in cui interpreta il ruolo di Jack Fate.
Il disco contiene 14 brani di cui 4 interpretati da Bob Dylan ed i restanti 10 da vari interpreti.

La scaletta dell'album (tra parentesi gli interpreti):

1) My Back Pages (Magokoro Brothers) - in giapponese
2) Gotta serve somebody (Shirley Caesar)
3) Down in the flood (nuova versione) (Bob Dylan)
4) It's all over now baby blue (Grateful Dead)
5) Most of the time (Sophie Zelmani)
6) On a night like this (Los Lobos) - in spagnolo ed inglese
7) Diamond Joe (Bob Dylan)
8) Come una pietra scalciata (Like a rolling stone) (Articolo 31) - in italiano
9) One more cup of coffee (Sertab)
10) Non dirle che non è così (If you see her say hello) (Francesco De Gregori) - in italiano
11) Dixie (Bob Dylan)
12) Senor (Tales of Yankee Power) (Jerry Garcia)
13) Cold Irons Bound (nuova versione) (Bob Dylan)
14) City of gold (Dixie Hummingbirds)

Tutte le canzoni: parole e musica Bob Dylan
tranne "Diamond Joe" e "Dixie": traditional arrangiati da Bob Dylan
"Like a rolling stone" (Come una pietra scalciata): scritta da Bob Dylan/Luca Perrini/Alessandro Aleotti 



La traduzione delle liner notes dell'album

In "Masked & Anonymous", Bob Dylan interpreta la parte della leggenda del rock ormai decaduta Jack Fate, che viene tirato fuori di prigione per suonare in un ambiguo concerto di beneficenza. Dylan appare nel film a fianco di attori di Hollywood del calibro di John Goodman, Jessica Lange, Jeff Bridges e Penelope Cruz. Ma in egual misura importante in questo ellittico e caleidoscopico film è la musica di Bob Dylan - la sua portata emozionale, il suo impatto globale, le sue diverse influenze, la sua vitalità continuamente in evoluzione. Le quattordici canzoni incluse in questa colonna sonora iniziano solo a suggerire gli aspetti della scrittura di Dylan rivelati all'interno di questo film.

Dal momento in cui ha incominciato a pensare ad un progetto riguardante Bob Dylan, il regista di "Masked & Anonymous" Larry Charles ha voluto trovare un approccio differente alla musica. E fin dai secondi iniziali del film la musica ci aiuta a catapultarci in un mondo strano e disorientante: dietro scene di esplosioni, guerre ed apocalisse urbana, una voce fuori campo predica un sermone evangelico, ed in sottofondo si sente una musica familiare. E' il classico di Dylan del 1964 "MY BACK PAGES", che risulta chiaro anche se le parole sono irriconoscibili. Ci vuole un momento per capire che non si tratta di un'allucinazione ma di una versione potente ed incalzante in giapponese eseguita dai Magokoro Brothers. E così il tono di sfida del film è preparato.

"Masked & Anonymous" è ambientato in quello che Charles chiama una "mitologica America da Terzo Mondo", una città di confine senza nome in un tempo di guerra civile e di caos. I notiziari annunciano che si è scoperto che il centro della Terra è cavo, pieno del "suono di anime sofferenti"; il personaggio interpretato da Jessica Lange, Nina Veronica, parla di  "alieni ammucchiati in depositi". Giovanni Ribisi tiene un monologo a proposito dei rivoluzionari e dei contro-rivoluzionari - "Ho cambiato lato", dice "e nessuno se n'è accorto". Le barriere etniche sono cadute; c'è un costante chiacchiericcio in varie lingue, le strade sono popolate da folle di tutti i colori. Nel bar in cui siamo accolti dai Los Lobos con la loro versione bilingue di "ON A NIGHT LIKE THIS" (registrata appositamente per il film) la folla è nera, bianca, meticcia, indiana, asiatica.

La natura multiculturale ed ambigua viene rispecchiata dalla decisione di presentare covers internazionali delle canzoni di Bob Dylan per tutto il film. Dall'eroe italiano del folk/pop Francesco De Gregori che esegue una triste e drammatica "IF YOU SEE HER SAY HELLO" alla resa sinuosa di "ONE MORE CUP OF COFFEE" della cantante turca Sertab Erener (che di recente è diventata la prima vincitrice di sempre del suo paese dell'annuale premio Eurovision per pop song). Le canzoni di "Masked & Anonymous" illustrano allo stesso tempo la rilevanza universale delle liriche di Bob Dylan e servono ad estrapolare il film da qualsivoglia specifico periodo temporale o luogo definito. Charles ha scorso letteralmente migliaia di covers esistenti di Dylan eseguite dagli artisti più disparati in tutto il globo prima di scegliere quelle di questo album - "E' stato come cadere in una grande caverna ed inciampare in questo vero e proprio tesoro".

Poi, naturalmente, ci sono le nuove canzoni che Dylan ha registrato per il film. Dopo che il resto del film era stato completato - in un lasso di tempo di tre settimane a pieno regime - due giorni finali sono stati utilizzati per riprendere Dylan e la sua band in un concerto sul palco. Molti degli attori del film sono ritornati sul set solo per assistere a questa speciale session che è risultata essere la prima registrazione live ufficialmente pubblicata negli U.S.A. di Dylan che suona con la sua straordinaria touring band degli anni recenti (i chitarristi Larry Campbell e Charlie Sexton ed il bassista Tony Garnier, con l'aggiunta del nuovo batterista George Recile - una band come egli non ha mai avuto).

Otto canzoni registrate durante questi due giorni sono state utilizzate nel film; quattro di esse sono state incluse in questa colonna sonora. Dal rock propulsivo di "DOWN IN THE FLOOD" alla versione scherzosa del motivo folk "DIAMOND JOE" (una versione completamente differente rispetto alla canzone omonima inclusa nel disco del 1992 "Good as I been to you"), queste canzoni catturano davvero un maestro in una forma eccellente. Ascoltate il modo in cui egli tende deliberatamente allo stridio nella sua voce in "Flood", o allo stomp da cimitero di "COLD IRONS BOUND", che serve da climax al film, con Dylan che canta i bisbiglii più agghiaccianti del brano, richiamando il fantasma di Howlin' Wolf.

Dylan e Charles avevano delle idee molto precise su come girare le sequenze del concerto. "Siamo ritornati al vecchio show televisivo di Johnny Cash, agli spettacoli Grand Ole Opry di Hank Williams", ha detto Charles. "Quelle riprese con inquadratura ampia, con i musicisti che guardavano direttamente la telecamera costringendoti a fare una connessione diretta. Tutto è stato registrato in una sola ripresa - senza accorgimenti o trucchi - proprio in maniera dura e drammatica". (In un'affascinante illustrazione di questa spontaneità, Dylan inciampa nelle parole di apertura del secondo verso di "DIXIE" e lancia un'occhiata a Larry Campbell, cercando un suggerimento).

La musica inonda interamente "Masked & Anonymous", e non solo le canzoni presenti in questo album. Le registrazioni di Dylan - "He was a friend of mine" (dalla primissima session in studio di Dylan del 1961), "Not dark yet", la devastante "Blind Willie McTell" - saltano senza sforzo attraverso le decadi ed occupano in maniera focale il mood e la narrazione del film. Una ragazzina interpreta una "The times they are a-changin'" che colpisce al cuore. E riferimenti musicali appaiono qua e là nella sceneggiatura più velocemente di quanto li si possa cogliere - allusioni a Blind Lemon Jefferson, Herman's Hermits, Stagger Lee.

In aggiunta ci sono due canzoni incluse in questo album e che non compaiono nel film. Entrambe sono versioni di canzoni di Dylan registrate da titani della gospel music. La versione potente di Shirley Caesar di "GOTTA SERVE SOMEBODY" funge da title track per la recente raccolta di canzoni gospel di Dylan registrata da vari artisti del genere. "CITY OF GOLD" è una maestosa composizione inedita di Dylan che apparirà sull'album di prossima uscita dei leggendari Dixie Hummingbirds, prodotto da Larry Campbell della band di Dylan. Era stato deciso che "City of gold" avrebbe preso il posto nel film del numero di chiusura, l'incomparabile "Blowin' in the wind" - se fosse stata completata prima del montaggio del film.

E' interessante notare in che modo ed in che momento le canzoni sono in realtà utilizzate in "Masked & Anonymous". In molti casi gli spunti musicali sembrano proprio letterali, basati sull'azione o sul dialogo dei personaggi. Charles tuttavia dice che queste giustapposizioni sono del tutto casuali, tutti felici incidenti. "Noi volevamo solo andare a cercare una canzone con il giusto feeling e ne emergeva un modello - è stato realizzato tutto come se fosse un esperimento di cut-up di William Burroughs", ha dichiarato. "Non abbiamo pensato a quale musica andava abbinata ad una scena fino alla post-produzione. E' stato un processo di costante evoluzione che ha portato il film a prendere forma". Se le coincidenze, il sincronismo, sembrano troppe per crederci, ricordiamoci solo l'ultima battuta del film, pronunciata da Dylan: "Ho smesso di cercare di capire tutto già molto tempo fa".

In un certo qual modo infatti "Masked & Anonymous" sembra nient'altro che una versione allungata e filmata di una canzone di Bob Dylan - fatta di episodi, di diversi piani di lettura, con improvvise virate surreali, con domande di storia ed integrità, come una "Desolation Row" o una "Things have changed" di 90 minuti. I nomi da racconto folk di personaggi come Uncle Sweetheart e Bobby Cupid caratterizzano la storia come una commedia a sfondo morale, ma quello che è difficile da analizzare, difficile da fissare è il pesonaggio di Penelope Cruz, Pagan Lace, che dice di amare le canzoni di Jack Fate "perchè non sono precise, sono completamente aperte ad ogni interpretazione".

I paralleli "è lui o non è lui" tra Jack Fate e Bob Dylan costituiscono forse l'elemento più intrigante del film. Quando l'odioso Friend sfida Fate dopo un'intervista dicendo "Si pensa che tu abbia tutte le risposte", o Veronica domanda amaramente: "Le sue canzoni saranno riconoscibili?", è chiaro quanto davvero assurde siano queste domande che hanno accompagnato Dylan durante la sua intera carriera.

"Sono sempre stato un cantante, e forse niente più di questo", dice Jack Fate, e ci ritorna alla mente la famosa conferenza stampa del 1965 quando, al culmine della sua fama, Bob Dylan descrisse se stesso come nient'altro che "a song-and-dance man". Ma come dimostrano le canzoni di questo album, dopo quarant'anni, la portata senza limiti del lavoro di questo cantante continua a galvanizzare la gente al di là delle culturre, delle lingue e delle generazioni.
Alan Light

traduzione di Michele Murino 


La band di Bob Dylan:

Voce, chitarra - Bob Dylan
Chitarra, seconda voce - Charlie Sexton
Chitarra, seconda voce - Larry Campbell
Basso - Tony Garnier
Batteria - George Recile

Prodotto da Jeff Rosen


Un commento alle canzoni
Album strano questo, che sicuramente resterà unico nella storia dylaniana se pensiamo che si apre con un sermone violento per passare ad una canzone in giapponese poi ad un gospel nero, poi si salta qua e là da atmosfere zingare mischiate a sonorità arabe, a canzoni in spagnolo, a traditional americani con tanto di banjo ed infine ad un rap (!!!) in italiano e ad una canzone nel più classico stile cantautorale italiano "modello" scuola romana. Ma lo scopo è proprio quello. Multietnicità. Dylan come linguaggio universale, come artista che ha valicato tutte le barriere, linguistiche, sociali, culturali, temporali, e di cui si può sentire una bellissima My Back Pages in giapponese eseguita dai Magokoro Brothers, assolutamente affascinante nella lingua del Sol Levante e con un pezzo di armonica molto bello. O la già collaudata (vedi premiazione di Bob con il Kennedy Award) strepitosa resa gospel della nera Shirley Caesar della trascinante "Gotta serve somebody". Assolutamente travolgente, ti fa venire voglia di alzarti e battere le mani a tempo per uno dei capolavori dylaniani di sempre. Poi un'autentica perla, una delle sorprese dell'album, una "On a night like this" (canzone di secondo piano dall'album Planet Waves) nella versione incredibile dei Los Lobos, mezza in inglese mezza in spagnolo, con tanto di splendida sezione di fiati. Una chicca. Mi ha convinto poco Most of the time, un po' troppo leccata e calligrafica nell'interpretazione di Sophie Zelmani. Splendida invece la Senor di Jerry Garcia con atmosfere alquanto alla Dire Straits, bellissima, incredibilmente d'atmosfera. Suggestiva. Poi un'altra perla, la One more cup of coffee della bella cantante turca Sertab, che mescola sonorità zingare (quelle tipiche del pezzo di Desire) con atmosfere mediorientali molto belle. Se ci si distrae un attimo sembra di sentire davvero un pezzo arabo. Non dirle che non è così di Francesco De Gregori è assolutamente deliziosa (e già lo si sapeva). Riascoltarla qui è un piacere, davvero. De Gregori riesce a restare fedele all'originale di Dylan ed allo stesso tempo a far sua la canzone, cosa non facile. La sua voce qui è davvero suggestiva. Bella ma non eccezionale secondo me la It's all over now Baby Blue dei Dead. Un discorso a parte merita Come una pietra scalciata degli Articolo 31 che è l'unica canzone dell'album a presentare liriche non solo dylaniane visto che il pezzo è scritto da Perrini ed Aleotti cui si affianca Dylan nelle parti tratte da Like a Rolling Stone. Il risultato finale non è affatto malvagio ed il duo riesce a catturare lo spirito del più celebre brano di Dylan con un rap non banale, un testo dalle belle concatenazioni di rime ed assonanze. Bella anche la bonus track City of gold, inedito dylaniano eseguito dai Dixie Hummingbirds.
E veniamo alle quattro canzoni interpretate da Dylan. Down in the flood è una grandiosa versione live che ha un ritmo incalzante ed è ben cantata da Bob, con convizione ed impegno. Una new version convincente come quella della glaciale Cold Irons Bound. Ma le due sorprese sono Dixie, un vero gioiellino, e Diamond Joe, entrambe assolutamente deliziose, la seconda con un banjo di sottofondo molto bello per un pezzo molto allegro e dal tono scherzoso.
Michele Murino


Recensione
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