Davvero una bella serata di musica “Dylaniana” quella che
i Blackstones, con il contributo dell’ottima performance di Al Diesan e Pino
Tocco (il duo che li ha preceduti sul palco), ci hanno fatto passare il 12
luglio a Trevignano Romano, piccolo centro nei pressi della capitale,
adagiato sul Lago di Bracciano. Lago che ha prestato agli artisti una
deliziosa , delicata ed insolita cornice con il palco nell’acqua ed il lago,
con tutti i suoi riflessi notturni, a fare da sfondo, rendendo ancor più
piacevole per il pubblico la loro esibizione.
Proviamo quindi a parlare della musica che abbiamo ascoltato, naturalmente
senza alcuna pretesa di pontificare, e più che altro per rivivere, scrivendo,
il piacere dei momenti passati insieme.
Ha aperto la serata Al Diesan, coadiuvato dal chitarrista Pino Tocco, e,
credeteci, per un attimo è sembrato che il “moderno” Dylan” fosse
miracolosamente apparso a Trevignano per esaudire le preghiere di quanti
vorrebbero provare di nuovo, nei concerti di oggi, il sapore della musica di
ieri… Infatti, Al Diesan è un artista che, già nell’aspetto, non nasconde la
venerazione per il Maestro, proponendosi con il “vestito di scena” e le
movenze del Dylan di questi tormentati e discussi anni, e l’effetto è ancora
più sorprendente quando Al inizia a cantare, poiché il timbro è davvero
identico a quello di Bob.
Ma non siamo di fronte ad un imitatore, bensì ad un artista di talento che
esplicita senza timidezze, anche nel modo esteriore di presentarsi, quale
sia il suo punto di riferimento musicale, ma ha tuttavia la sua vera
sostanza altrove e, precisamente, nelle ottime capacità di interprete, nella
voce sicura ed espressiva ed in una tecnica di accompagnamento alla chitarra
con un equilibrato strumming, lineare e di qualità, essenziale nell’economia
generale del sound del duo, completato dalla chitarra di Pino Tocco (preciso
e “virtuoso”, una sorta di lead guitar acustica), e di cui sono parte
integrante anche gli ottimi interventi con l’armonica (come avrebbero potuto
mancare?), sempre di Al, e le parti a due voci.
L’elevato standard qualitativo imporrebbe di mettere sullo stesso piano
tutti i brani eseguiti, ma il puro gusto personale ci fa ricordare con
particolare piacere The lonesome death of Hattie Carroll e la splendida Oh
sister.
Conclusa l’esibizione di Al Diesan e Pino Tocco, è stata la volta dei
Blackstones, che si sono avvicendati al duo acustico in un bel clima di
stima reciproca ed amicizia (concretizzatosi, a fine serata, in una
trascinante session collettiva), dando poi vita alla loro musica che è,
dichiaratamente, di tutt’altro genere.
In questa band vivace e ben amalgamata, che merita davvero i complimenti,
tutti i musicisti contribuiscono al prodotto finale, ciascuno con uno
specifico valore aggiunto, e ci fa sinceramente piacere menzionare fin da
ora ognuno di loro (aggiungendo poi qualcosa parlando di alcuni singoli
pezzi): il gruppo è composto dall’inesauribile frontman Mick Dylan (chitarra
ritmica sonora e squillante, incisiva ma mai invadente), capace e
professionale nel trascinare i compagni e coinvolgere il pubblico; dal
bassista Lanny Brush (bravissimo, non perde un colpo e, quasi nascosto nelle
“retrovie” del palco, sostiene ogni brano con le solide fondamenta delle
note profonde e morbide che escono dal suo strumento - fra l’altro,
artigianale ed “autocostruito” - dal bellissimo timbro); dal batterista Riki
Van Der Wall (energico ed “esatto” quanto necessario, ma anche musicalmente
fantasioso e vivace), dal tastierista Sir Darius McCarthy (elegante,
avvolgente e garbato, nonché sobriamente incisivo nei momenti giusti); dal
chitarrista solista Frank Nigth, la cui padronanza della tecnica e la cui
creatività emergono senza incertezze in ogni pezzo eseguito, con impeccabili
ed efficaci incursioni anche nel territorio della chitarra slide.
Presentata la band, vale al pena di spendere qualche parola su alcuni pezzi
che, sempre secondo il nostro personalissimo giudizio, tra i circa venti
brani eseguiti (tutti comunque pregevoli), ci hanno particolarmente
emozionato.
Possiamo cominciare col segnalare il pezzo di apertura, una bella versione
di A hard rain’s a-gonna fall (con Frank alla slide), e I shall be released
(in cui ha avuto ancora modo di mettersi in mostra la chitarra di Frank). Un
altro momento forte è arrivato con Hurricane, sostenuta dall’ottima batteria
di Riki e non meno piacevoli sono state le note di The Mighty Quinn, la cui
melodia, anche grazie alla vecchia cover dei Manfred Mann, è probabilmente
nota anche a qualche non-dylaniano.
Veniamo ora a quella che (a parte il finale collettivo, che merita un
discorso a parte) è stato, dal punto di vista strettamente musicale, il
pezzo forte della serata: Highway 61 revisited. Si tratta di una versione
assai particolare e molto bella, secondo noi una vera chicca, che
nell’impianto ritmico in quartine (l’originale di Bob è in terzine) e nel
caratteristico riff, costituisce una chiara citazione dell’immenso Chuck
Berry. Tutti bravi e, per questo pezzo, di nuovo una segnalazione per la
chitarra di Frank.
Altro brano che è impossibile non ricordare è Workingman blues, eseguita in
un personale ed interessante arrangiamento dei Blackstones, in cui il
carattere malinconico del pezzo non viene contraddetto, ed anzi convive
egregiamente, con una “lettura” un po’ più energica e un sound più robusto
rispetto alla versione originale.
Belle (fra le altre belle, si intende…) anche Like a rolling stone, in cui
ha spiccato la prestazione vocale di Mick, e Don’t think twice, eseguita
nella “storica” versione blues di Eric Clapton e preceduta da una utile e
gradevole premessa di Mick, che, proponendone una strofa con chitarra e
voce, in una versione alternativa (per altro, anch’essa comunque diversa
dall’originale), ha evidenziato con chiarezza un elemento essenziale
dell’arte di Bob Dylan, ossia lo straordinario potenziale di ogni sua
composizione, da cui, come da un pozzo senza fondo, è sempre possibile
attingere nuovi Significati e nuova Bellezza.
A fine concerto, di nuovo tutti insieme, con Al Diesan e Pino Tocco chiamati
sul palco per una chiusura collettiva davvero corposa (Knocking on Heaven’s
door, Forever young, Idiot wind e Blowing in the wind), nell’insieme molto
trascinante (in cui si sono particolarmente sciolte le vele del tastierista
Sir Darius) e gradita dal pubblico, che per la verità, fin dall’inizio del
concerto, non ha mancato di premiare ognuno dei pezzi eseguiti con calorosi
applausi ai musicisti, che se li sono davvero meritati. Complimenti a tutti.
Carlo, Floriano e Marina
VIDEO :
YOU AIN'T GOIN' NOWHERE - AL DIESAN & PINO TOCCO
HIGHWAY 61 REVISITED - THE BLACKSTONES
OH SISTER - AL DIESAN & PINO TOCCO
KNOCKIN' ON HEAVEN'S DOOR - THE BLACKSTONES
WITH
AL DIESAN & PINO TOCCO
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