JOAN BAEZ IN CONCERT,
PART 2
dall'album JOAN BAEZ IN CONCERT VOL.2 (VANGUARD 1964)
JOAN BAEZ IN CONCERT, PART 2
di Bob Dylan
traduzione di Michele Murino
Negli anni della mia
giovinezza ero solito inginocchiarmi
Su di un campo ferroviario nei pressi della casa di mia zia
E strappavo via i ciuffi d'erba dal suolo
Strappandoli selvaggiamente con tutte le radici
E trascorrevo ore intere a contarne i fili
E macchie di verde mi si spandevano sulle mani
In attesa di udire il suono
Dei vagoni pieni di ferro delle miniere che arrivavano
I binari avrebbero cominciato a tremare ed io a mordermi
Le labbra
Con presa stretta mentre il fischio ululava
Rannichiato mentre il motore ruggiva
Avrei timidamente fatto segno con la mano al fuochista
Contando le carrozze mentre mi passavano davanti
Ma quando l'eco si perdeva nel giorno
E capivo che il treno era passato
Era allora che i miei occhi tornavano a guardare
Le macchie di verde sulle mie mani
Che mi rigavano i palmi quasi fossero sangue che diceva
Che avevo preso senza dar nulla in cambio
Ma lanciando un'occhiata alle zolle rimosse
Laddove il terreno era rivoltato
E le radici giacevano morte di fianco all'albero
Dicevo tra me "che mi importa"
Oppure "Sono sicuro che all'erba non gliene frega niente
E ad ogni modo ricrescerà
In fondo che vuoi che sia per qualche zolla?
E mi pulivo le mani per levare la macchia
E lanciavo un sasso al di là dei binari
Con ancora l'eco del treno
Che restava sospeso e pesante come una nube temporalesca
Nell'alba della pioggia di domani
E chiedevo a me stesso di essere mio amico
E percorrevo la mia strada come una volpe terrorizzata
E cantavo la mia canzone come un diavoletto
Con un calcio ed una maledizione
Quand'ero ancora nel ventre di mia madre -
In anni più recenti sebbene ancora giovane
La testa mi partì con curve tortuose
Ed un confuso sentiero girava e si tendeva
Entro i limiti della mia giovinezza
Finchè alla fine andai così distante
Dalle mura del mondo e dai giochi senza amici
Che non avevo più nemmeno una parola da dire
A chiunque avesse incontrato il mio sguardo
E mi autoreclusi gettando la chiave
E lasciai che i simboli prendessero la loro forma
E creassero per me un nemico contro cui combattere
Contro cui sferzare la lingua e ribellarmi
E sputargli con forza parole vomitate
Ma imparai a sceglier bene i miei idoli
Perchè fossero la mia voce e raccontassero la mia storia
E mi aiutassero a combattere la mia lotta fantasma
Ed il mio primo idolo fu Hank Williams
Perchè cantava di ferrovie
E di sbarre di ferro e di ruote sferraglianti
Non lasciava dubbi che fossero reali
Ed il mio primo simbolo fu la parola "bello"
Perchè le ferrovie non erano belle
Erano nere per il fumo e color di fogna
E piene di puzzo e fuliggine e polvere
Ed avrei giudicato la bellezza secondo queste regole
Accettandola solo se era brutta
E se potevo toccarla con mano
Perchè solo allora avrei compreso
Dicendo "questo sì che è reale"
E percorrevo la mia strada e cantavo la mia canzone
Come un pagliaccio triste
Nel circo del mio mondo personale -
Più tardi i miei idoli crollarono
Perchè capii che erano soltanto uomini
E che c'erano dei motivi per le loro azioni
Che non mi appartenevano affatto
E che non potevo più dipendere da loro
Ma ciò che appresi da ogni dio dimenticato
Fu che il campo di battaglia era mio soltanto
E che soltanto io potevo tirarmi le pietre
E che i simboli che ora erano cresciuti
Sformandosi ma forti alla vista
Erano percepiti da me in una luce più netta
Ed il simbolo "bellezza" ancora mi colpiva alle budella
Ma ora con un suono più vergognoso
E mi ribellai con maggior forza
e dieci volte più orgoglioso
E percorrevo la mia strada e cantavo la mia canzone
Come un criminale che non ha fatto nulla di male
E che non ha commesso alcun crimine ma che urla
da dietro le sbarre
Della prigione di qualcun altro -
Più tardi ancora a New York
Dal mio punto di vista dicevo con l'età
"La sola bellezza è nelle crepe e nei cordoni dei marciapiede
Con vesti di polvere e sudiciume"
E la cercavo in ogni buco
E mi ci buttavo a capofitto in seno
Sussurrandole melodie all'orecchio
Baciandole la bocca ed abbracciandola
E nuotando nel suo corpo
E svenendo sul suo ventre
E come un amante accecato in volo ardito
Gridavo dall'interno delle mie ferite
"La voce che parla per me e di me
E' il duro e sudicio suono della fogna
Perchè è il solo che io possa toccare
E la sola bellezza che io possa sentire"
E mi tuffai di nuovo e per mia libera scelta
A nutrire la mia pelle di buchi affamati
E respinsi ogni altra voce
E percorsi la mia strada cantando la mia canzone
Come un re solitario
In piedi nella furia del giardino di una regina
Con lo sguardo fisso
su una tomba poco profonda -
Il tempo passava e così le facce
E molti concetti mi furono insegnati
Da nomi e teste troppo numerose per contarle
Che incrociavano il mio sentiero per poi sparire subito
Ma alcuni mi rimanevano amici
E sebbene ognuno sia il primo e nessuno il migliore
E' a questo punto che parlerò di una
Che mi dimostrò che i ragazzi crescono in continuazione
Una ragazza che incontrai in ambito comune
Che come me strimpellava melodie solitarie
Con una "bella voce" come mi si diceva all'inizio
"Una cosa davvero bella" diceva la gente
"Suoni meravigliosi" scrivevano gli scrittori
"Odio quel genere di suono" risposi io
"L'unica bellezza è brutta, amici
I suoni scricchiolanti tremanti spezzati sono
La sola bellezza che comprendo"
Così tra le nostre lingue c'era una barriera
E sebbene parlassimo delle paure del mondo
E ridessimo sonoramente alle stesse battute
E puntassimo i nostri sguardi verso lo stesso obiettivo
Quando vedevo che era pronta per cantare
Uno steccato di sordità alla velocità di un proiettile
scattava come una sorta di vetro di protezione
All'entrata delle mie orecchie
E parlavo a voce alta nella mia testa
Come un doppio scudo contro i suoni
"Non esiste voce se non una brutta voce
E in fondo non me ne frega niente
Se non posso sentirla al tatto
Allora non crediate che la comprenda
Ma aspetterò che la canzone sia terminata
Perchè tu possiedi un qualcosa
Ma non so cosa"
E percorrevo la mia strada e cantavo la mia canzone
Come un poeta spaventato
Che cammina sulla spiaggia
dando calci a pezzi di legno alla deriva con la mia ombra
Spaventata dal mare -
Viaggiavamo in auto e mi raccontò
Delle ore della sua fanciullezza
Come una ragazzina in un paese Arabo
E mi raccontò dei cani che aveva visto
Massacrati in strada
E mi disse di come la gente rideva
Mentre picchiavano a morte quei cani mansueti
Col racconto visto dagli occhi di una bambina
Che aveva provato e fallito
Nel tentativo di nascondere un cane in casa sua
E voltai la testa senza dire una parola
E fissai la strada con sguardo freddo
Mentre il vento mi colpiva metà viso
La mia memoria strisciava mentre l'autostrada scorreva via
E tornò indietro per un istante
Ad una zolla di erba che moriva
Quasi nello stesso istante in cui un cane veniva nascosto
E quel rimorso ritornò
Non per le radici che avevo strappato
Ma per lei che aveva visto i cani uccisi
E dissi piano tra me e me
"Dovresti ascoltare la sua voce...
Forse c'è qualcosa nel suono...
Ah ma ad ogni modo che gliene può importare a lei
Scaccia quei pensieri - non servono a nulla
Solo il brutto può esser compreso"
E sporsi la testa fuori dal finestrino
E lasciai che il vento mi soffiasse le parole
Fuori dal fiato mentre passava un camion
E quasi ci fece uscire di strada
Ed allora non avevo nessuna canzone da cantare -
A Woodstock in casa di un pittore
Con amici sparsi per la stanza
E lei che parlava su una sedia
Ed io che me ne stavo a gambe conserte sul tappeto
Mi accesi una sigaretta e risi
E trangugiai vino rosso perdendo il controllo
Di ogni vena pulsante che dimorava
Nelle radici del mio cuore ballerino
E la stanza turbinava e roteava ed ondeggiava
Senza alcuna barriera a trattenerla
Quando tutt'a un tratto l'aria silenziosa
Si scisse in due al suono della sua voce
Uscita senza preavviso dalle sue labbra
Ed istintivamente il sangue mi scorse al contrario
E di colpo cercai di raggiungere
Quel muro che supponevo stesse per crollare
Ma i miei nervi riposati non erano più agitati
E stavolta non mi saltarono
"Lascia che la sua voce squilli" gridarono
"Siamo troppo stanchi per fermarla"
E questo frantumò tutte le mie regole
Lasciandomi imbarazzato e senza alcuna scelta
Tranne ascoltare la sua voce
E quando mi appoggiai sui miei gomiti nudi
Che fiacchi mi tenevano su
Sentivo il viso che mi si ghiacciava fino alle ossa
E la bocca come ghiaccio o marmo
Non avrei potuto muovermi se mi avessero chiamato
Ed il tempo come velluto ondeggiava
Finchè con dolore rabbioso gridai
"Non smettere di cantare... canta ancora"
E come altri che mi hanno insegnato tanto
Non di loro ma di me stesso
Lei rise forte come se sapesse
Che le barriere tra di noi erano cadute
Ed io risi quasi come un pazzo
Contro il soffitto
Quando capii l'ordine che le avevo dato
Ed i gomiti mi vennero meno
E la testa mi si poggiò sul pavimento
Ed i miei nervi scossi galleggiarono liberi
Ma io memorizzai le parole da scrivere
In un altro momento all'alba del giorno successivo
E tenni celati sogni non sfidati
Mentre svenivo da qualche parte nella notte -
Non iniziai a toccare
Finchè non sentii finalmente quello che non c'era
Oh come era confuso folle piccolo e triste
Il mio pensiero che la bellezza fosse
Solo bruttura e sudiciume
Quando in realtà è come una bacchetta magica
Che fa segno e stuzzica la mia mente
E sa che solo lei posso sentire
E sa che non ho alcuna scelta
E mi prende in giro facendomi pensare cose
Come che è con le mani che io capisco
Ah ah come deve ridere
Di storpi come me che cercano
Di raccogliere i suoni delle correnti
Di cogliere la furia delle onde
Ah ma hai finito di prendermi in giro
Perchè la brezza che ho avvertito nel respiro di una ragazza
Si è dimostrata vera come il sesso e la femminilità
E profonda come il più profondo degli abissi della morte
E forte come i venti più impetuosi
E durevole come il destino e la paternità
E come tamburi zingari
E gong cinesi
E campane di cattedrale
E suoni melodiosi
Aveva in sè inni di mistero
E il mistero è troppo avviluppato
Non può essere compreso o risolto
Da mani e piedi e polpastrelli
E non dovrebbe esser definito con un nome vergognoso
Da parte di coloro che cercano risposte semplici
In ogni libro tranne che in loro stessi
Vai avanti a ridere di me fulmine
Fai lampeggiare i denti
Schiaffeggiati le ginocchia
Condivido il tuo scherzo
Persino mi sto puntando il dito
Ma peccato che ci è voluto così tanto tempo
Così, è di nuovo inverno
E questo significa che aspetterò fino a primavera
Per gironzolare laddove mi inginocchiavo
Quando all'inizio sentivo il treno della miniera cantare
E sradicavo il terreno alle radici
Ma stavolta non userò la mia forza
Per passare il tempo a strappare erba
In attesa del suono del treno
No la prossima volta sarà un giorno diverso
Perchè il treno potrebbe esser là quando arriverò
E potrei attendere ore ed ore finchè sian passati i vagoni
E poi quando sarà svanita l'eco
Mi chinerò per contare i fili d'erba
Ma una cosa che di certo accadrà
E' che invece di strapparla dalla terra
La coccolerò come un'amica
E quando il motore di quel treno sarà vicino
Farò un cenno con la testa verso le grandi ruote di ottone
E dirò "salve" al macchinista
E gli griderò che Joanie lo saluta
E guarderò il ferroviere grattarsi la testa
E chiedersi cosa avrò mai voluto dire
E resterò là in piedi a ricordarmi quando
Un sasso veniva scagliato da un monello
E percorrerò la mia strada da qualche parte
Tra il verde nascosto ed il treno nero per gli scarichi
E canterò la mia canzone come un selvaggio ribelle
Perchè è ciò che sono e non posso negarlo
Ma almeno adesso saprò come non ferire
Non spingere
Non soffrire
E Dio la sa... non provarci nemmeno - |