LINER NOTES DI TONY
GLOVER DA "BOOTLEG SERIES VOL. 4"
BOB DYLAN LIVE 1966 - “The Royal Albert Hall” Concert
Di Tony Glover
St.Paul, maggio 1998
Questi due cd documentano una delle grandi performance di riscontro del
ventesimo secolo. BOB DYLAN, deciso a seguire la sua personale visione
interiore, non fu il primo artista a non dare al pubblico quel che esso
voleva — ma è probabilmente stato il più rumoroso.
Nel 1913, il compositore russo Igor Stravinsky scrisse la musica per Il
Rito Della Primavera, un balletto di Diaghilev con coreografia di
Nijinsky. Le sue scale dodecafoniche e l’uso di strutture poco conosciute
non causarono solo uno scandalo, ma piuttosto una sommossa, quando il
pubblico parigino si alzò in piedi gridando, e coprendo il suono
dell’orchestra. Consideravano la partitura di Stravinsky un “tentativo
blasfemo di distruggere la musica come arte” e fischiarono per tutta la
durata dello spettacolo.
Nel 1922, la ballerina di danza moderna Isadora Duncan partì per una
tourneé con il marito, il poeta russo Sergei Esenin. Lui leggeva, mentre
lei danzava, in vari teatri, attraversando gli Stati uniti. Era l’apice
del “Pericolo Rosso” (la repressione comunista) e i poteri di un tempo
erano oppressi dalla Rivoluzione Bolscevica di pochi anni prima. Quando la
Duncan si esibì a Boston, tenne un discorso appassionato, implorando un
pubblico molto conservatore – “Una volta qui eravate selvaggi, non
lasciate che loro vi ammansiscano!!!”. Quando sventolò una sciarpa rossa e
si scoprì un seno, dichiarando “La nudità è verità, è bellezza, è arte!”
il pubblico abbandonò la sala.
Nel 1935, l’attore-regista-autore Antonin artaud mise in scena a Parigi il
suo dramma The Cenci, drammatizzazione del mito di un omicidio, incesto e
adulterio. Artaud aveva creato il “Teatro della Crudeltà”, in cui il
pubblico doveva essere trasformato attraverso l’incontro con la sua opera.
Le scenografie erano disegnate per disorientare lo spettatore: effetti
sonori di passi registrati, un metronomo amplificato e campane da chiesa
che rintoccavano erano fatti risuonare tramite amplificatori posti ai
quattro angoli della sala e gli spettatori erano assaliti da macabri
effetti di luci e riflettori. La commedia chiuse i battenti presto, e in
seguito Artaud finì in manicomio.
Nel maggio del 1966, Bob Dylan è in piedi su un palcoscenico inglese, di
ritorno per la seconda parte di un concerto. La prima parte, eseguita da
solista e acustica, era stata ben accolta, anche se i testi delle canzoni
non erano quelli socialmente consapevoli e politicamente motivati che
avevano donato a Dylan la popolarità appena un anno prima. Ora lui appare
in completo da mod e stivaletti a punta davanti a una band di cinque
elementi, con una chitarra elettrica in mano, suonando rock’n’roll
incandescente. Ci sono fischi lungo tutta l’esibizione, e alla fine,
appena prima dell’ultimo pezzo, qualcuno grida “Giuda!” Dylan risponde,
“Non ti credo!” , si gira verso la band e ringhia, “Suonate fottutamente
forte!”. Il batterista Mickey Jones picchia sui tamburi come una raffica
di mitra e gli Hawks si lanciano con un boato in “Like A Rolling Stone”.
La voce di Dylan è un sogghigno velllutato quando urla il verso “How Does
It Feeeeeeeel” e la performance prosegue con forza, senso di sfida e una
pura maestà raramente catturata su nastro.
Quando il primo, cosiddetto bootleg “Royal Albert Hall” uscì, circa
quattro o cinque anni dopo, la mitologia era già al suo posto: un Woody
Guthrie con un pizzico di blues arriva dal Midwest, si trasferisce a New
York, scrive alcune canzoni attuali e poetiche che diventano la colonna
sonora delle lotte per i diritti civili e contro la guerra, poi diventa
intimista e inizia a produrre lavori esistenzialmente surrealisti e
visonari, si unisce a una rock band che picchia davvero duro, attraversa
come una tempesta gli Stati Uniti, l’Australia e l’Europa, conclude
quattro mesi di duro tour con un concerto trionfante, torna negli Stati
Uniti, si rompe l’osso del collo in un incidente di motocicletta, e si
chiude in un reclusione di venti mesi. Quando ritorna, è un uomo
profondamente cambiato, un barbuto poeta biblico, dalle parabole acustiche
che sembrano venire da un altro secolo. Allora, cos’era successo, e perché
la gente era così arrabbiata? C’è una storia dietro…
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These two CDs document one of the great
confrontational performances of the 20th century. Bob Dylan, intent on
following his own inner vision, wasn't the first artist to NOT give the
audience what they wanted, but he may have been the loudest.
In 1913, Russian composer Igor Stravinsky wrote music for "The Rite Of
Spring" a Diaghilev ballet, choreographed by Nijinsky. His twelve-tone
scales and use of unfamiliar structures caused not just a scandal, but
rather a riot, as Parisian audiences stood and shouted, drowning out the
orchestra. They considered Stravinski's score a "blasphemous attempt to
destroy music as an art" and booed roundly throughout the piece.
In 1922, modern dancer Isadora Duncan began a tour with her husband,
Russian poet Sergei Esenin, he read and she danced in auditoriums across
the US. It was the height of the Red Scare, the powers-that-be were
threatened by the bolshevik revolution of a few years before. When Duncan
performed in Boston, she gave an impassioned speech, imploring a highly
conservative audience- "you were once wild here, don't let them tame you!"
When she waved a red scarf and bared a breast, declaring "nudity is truth,
it is beauty, it is art!", the audience fled the hall.
In 1935, actor-director-writer Antonin Artaud performed his play "The
Cenci", a dramatized myth of murder, incest and adultery, in Paris. Artaud
had championed the "Theater Of Cruelty", where an audience was to be
transformed through their encounter with his work. Settings were designed
to disorient the spectator, recorded sound effects of trampling feet, an
amplified metronome and tolling church bells were played through
loudspeakers located in the four corners of the building and spectators
were assaulted with macabre lighting effects. The play soon closed, and
Artaud eventually wound up in an asylum.
In May of 1966, Bob Dylan stands on an English stage, coming back for the
second half of a concert. The first part, done solo and acoustic, was well
received, even though the lyrics were not the socially-conscious
politically-motivating messages that had gained Dylan popularity barely a
year before. Now he appears in a check houndstooth "rabbit" suit and
pointed boots in front of a 5 piece band with an electric guitar in hand,
playing incandescent rock and roll. There are catcalls throughout the set,
and finally, just before the last number, someone yells "Judas!". Dylan
replies, "I don't believe you!", turns to the band and snarls "play
fucking loud!"--drummer Mickey Jones cracks the snare like a rifle shot
and the Hawks roar into "Like A Rolling Stone". Dylan's voice is a velvet
sneer as he shouts out the line "how does it feeeeeeel" and the
performance rolls on with power, defiance and a sheer majesty rarely
captured on tape.
By the time the first so-called "Royal Albert Hall" bootleg came out, some
4 or 5 years later, the mythology was in place: a blues-tinged Woody
Guthrie comes out of the midwest, moves to NY, writes some poetic topical
songs that become the soundtrack for the civil rights and anti-war
struggles, turns inward and begins doing existentially surrealistic
visionary work, hooks up with a kick-ass rock band, barnstorms the US and
the Euro-continent, ends 4 months of grueling touring with a triumphant
concert, returns to the US, breaks his neck in a motorcycle accident, and
retires into a 20 month seclusion. When he returns, it's as a vastly
changed man, a bearded biblical poet, with acoustic parables from a whole
other century. So what happened, and why were those people so angry?
Therein lies a tale...
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l’inevitabile evoluzione degli eventi – ma quando li vivi e li attraversi,
la prospettiva è un po’più caotica. Incontrai per la prima volta Bob Dylan
a metà del 1960, pochi mesi prima che lui si dirigesse a est per andare a
trovare Woody Guthrie. C’era una scena musicale beat/folk a Dinkytown, una
zona di Minneapolis appena fuori dal campus dell’Università del Minnesota.
Appartamenti, negozi, e The Scholar, una coffee-house dirimpetto alle
botteghe, erano là. Era quel tipo di posto buio e dall’atmosfera alticcia,
in cui potevi bere una tazza di qualcosa, giocare a scacchi, stare a
guardare fuori dalla finestra o parlare di film stranieri senza essere
scocciato.
Anche se non lo sapevo finché non lessi alcuni libri, anni dopo, pare che
sia Bob che io fossimo espatriati musicali della scena Rock’n’Roll. Lui
era stato con una band liceale, e aveva suonato il piano a qualche
concerto del veterano della Top 40 Bobby Vee. Io avevo un gruppo di garage
blues-rock che suonava una musica il cui stile era un misto tra Bo Diddley
e Jimmy Reed — facemmo un paio di acetati e suonammo qualche ballo alla
VFW Hall. Quando la band si sciolse a causa di persone che venivano
arruolate o altre che lasciavano la città, mi misi a gravitare intorno
alla scena di Dinkytown, e incontrai le persone che facevano musica lì.
Negli anni 60 non potevi trovare una band con amplificatori, PA e batterie
in ogni strada, e non c’erano nemmeno tante chitarre Fender in giro — e
metà di quelle che c’erano venivano suonate al The Flame e altri CW bar in
centro città. La musica intorno all’Università si collocava nella linea
del folk tradizionale, fatto da persone che erano invaghite dele melodie
di montagna suonate con il banjo e di vecchie band chitarristiche con nomi
come Gid Tanner’s Skillet Lickers. Queste persone avevano grandi
collezioni di dischi e nastri. Alcuni mandavano addirittura denaro alla
Library of Congress per comprare copie su nastro delle registrazioni dal
vivo a 17 dollari l’ora. Venne costituita una Società Folk — la gente si
incontrava per discutere e suonare queste canzoni, ed era tutto piuttosto
accademico. Ero andato a ritroso dalle band blues di Chicago per scoprire
le radici in personaggi del blues/folk del Delta come Leadbelly e Sonny
Terry, e avevo scoperto le loro registrazioni della Folkways con Woody
Guthrie. Quando ho incontrato Bob, lui era un ragazzo che aveva cominciato
con i pezzi di Odetta e Harry Belafonte e ora stava giusto immergendosi
profondamente in Woody, e nelle sue canzoni come le cantava Ramblin’Jack
Elliott; faceva il flat-picking alla chitarra e stava iniziando a suonare
l’armonica con un appendino per abiti al collo. Suonammo ad alcune feste
qua e là e ci scambiammo alcuni riff di armonica.
Bob si diresse ad Est alla fine del 1960. Ci scrivemmo delle lettere e lui
mi spedì con orgoglio un volantino che pubblicizzava la sua esibizione al
Gerde’s Folk City insieme a John Lee Hooker. Quando firmò con la Columbia
e fecero uscire il suo primo album nel febbraio del 1962, per quanto mi
riguardava, lui era una star. Da lì in poi, era solo questione di livello.
L’album era un buon mix di blues e versioni interessanti di canzoni folk
tradizionali, con un paio di composizioni originali in stile Guthrie per
completare l’opera. Durante le session per il disco successivo, The
Freewheelin’ Bob Dylan, Bob si trovò unito a una band di quattro elementi.
Il 45 giri che ne risultò, “Mixed Up Confusion/Corrina, Corrina,” metteva
in coppia il pezzo tradizionale con una composizione originale
rockeggiante che suonava come Woody in chiave rockabilly, con un po’ di
bel piano e armonica in mezzo — era forte, anche se un po’ su un’altra
strada. Il singolo non era abbastanza commerciale per la radio da Top 40,
e gli strumenti elettrici erano un anatema per il pubblico folk, che
coscientemente voltava la schiena alla cultura di massa e alla musica pop.
I pezzi con la band originalmente intesi per l’album furono eliminati, e
ne rimase solo “Corrina”.
All’inizio del 1964 Bob era già considerato un portavoce da un certo
numero di gruppi dai diversi obiettivi.
Era apparso al raduno della Marcia su Washington dell’agosto 1963, durante
il quale Martin Luther King aveva pronunciato il suo famoso discorso
dall’incipit “Ho un Sogno”. Bob aveva cantato “Only A Pawn In Their Game”
e Peter, Paul e Mary si erano esibiti nel suo inno, “Blowin’In The Wind”.
Il suo nuovo album “The Times They are a-Changin’” conteneva ballate
politiche che parevano ispirate da Bertolt Brecht, ma anche canzoni sul
senso di perdita da groppo in gola come “One Too Many Mornings” e “Boots
Of Spanish Leather”. Era apparso in un certo numero di concerti a favore
di varie cause, suonato ad alcuni raduni di registrazione dei voti in
Mississippi ed era diventato il ragazzo dai capelli ordinati del movimento
della canzone d’attualità, con nuove canzoni che apparivano regolarmente
su Sing Out! e Broadside, le bibbie degli attivisti.
Nel giugno del 1964, Bob entrò in studio e cambiò direzione: in un sol
giorno incise Another Side of Bob Dylan, che univa canzoni d’amore e
umoristici talking blues all’immaginazione surrealista di “Chimes Of
Freedom”. Il risultato fu un coro di disapprovazione da parte del pubblico
delle cosiddette Canzoni della Gente. Non valse a nulla il fatto che non
fosse stato Bob a scegliere il titolo dell’album. Cameron Crowe riporta
questa sua dichiarazione nel libretto del box set di Biograph: “Tom Wilson
lo intitolò così, io lo pregai e scongiurai di non farlo. Capisci, pensavo
fosse esagerare l’ovvio… sembrava come una negazione del passato, cosa che
non corrispondeva affatto alla verità.” Come disse Richard Williams nel
suo A Man Called Alias: “Il fatto era che, nello stesso momento in cui Bob
Dylan iniziava a venir acclamato come la voce della coscienza politica
della sua generazione, il suo nuovo album era pieno di canzoni a tema
personale… il disco si spostava verso un paesaggio interiore, in cui
cameriere di colore assassinate, malvagi mercanti di armi, presidenti
assassinati e minatori affamati non si potevano trovare.”
La reazione non si fece attendere — nel numero di novembre di Sing Out!,
il direttore Irwin Silber lo castigò in una lettera aperta:
“…Tu hai detto di non essere un autore di canzoni “di protesta”… ma ogni
compositore che cerchi di confrontarsi onestamente con la realtà di questo
mondo è destinato a scrivere canzoni “di protesta”. Come può evitarlo? Le
tue nuove canzoni ora sembrano tutte improntate all’interiorità,
all’esplorazione di se stessi, alla coscienza di sé — forse sono perfino
un po’ebbre o crudeli, a volte. E succede anche sul palco. Sembra che tu
ora ti rivolga a una manciata di compari dietro le quinte piuttosto che a
tutti noi, là fuori di fronte a te. Ora, tutto ciò va bene — se è quello
che vuoi. Ma in questo caso sei un altro Bob Dylan rispetto a quello che
conoscevamo noi. Quello vecchio non ha mai sprecato il nostro tempo
prezioso… La Macchina del Successo Americano mastica geni al ritmo di uno
al giorno e non è mai sazia. Incapace di produrre vera arte da sé, il
Sistema dà origine alla creatività nella protesta e nell’anticonformismo
contro le istituzioni. E poi, attraverso la notorietà, i soldi veloci e lo
status, rende impossibile per l’artista funzionare e crescere. E’un
processo contro il quale bisogna costantemente tenersi in guardia e
combattere. Pensaci un po’, Bob. Credimi quando ti dico che questa lettera
è scritta per affetto e profonda preoccupazione… Irwin Silber.”
All’epoca, Koerner, Ray & Glover, il gruppo blues-folk con cui suonavo,
aveva pubblicato un paio di album ed eravamo stati inseriti nel programma
del Newport Folk Festival. Naturalmente anche Bob c’era, e ci incontrammo
nell’hotel. Uno dei miei ricordi più nitidi del weekend è quello di un
pomeriggio durante il quale il festival, là fuori, proseguiva nella sua
tradizionale modalità d’attualità, mentre in una stanza lui, Bob Neuwirth
e io cantavamo vecchi pezzi di Hank Williams — e lavoravamo sulle armonie
di “Tell Me” — un brano originale preso dal primo album dei Rolling
Stones. In ottobre, gli Animals erano all’Ed Sullivan Show a fare una
versione rock di “House Of The Rising Sun” , una ballata che si trovava
anche nel primo album di Bob. Lo stile era nell’aria…
Nel gennaio 1965, nel corso di una session di tre giorni, Bob incise i
pezzi di Bringing It All Back Home, un altro viaggio percorso ancora più a
fondo lungo la sua nuova strada. Un lato dell’album era suonato con una
band, l’altro era da solista e acustico. C’era molto su cui affondare i
denti — i pezzi da solista includevano “Gates Of Eden”, con frasi come
“sopra nuvole di foreste a quattro zampe l’angelo cowboy cavalca” e “la
madonna nera della motocicletta regina zingara delle due ruote” che
ricordavano il genere di giochi di parole che William Borroughs aveva
usato in manoscritti come Il Pasto Nudo. Aggiungete “Mr.Tambourine Man”,
“It’s Alright, Ma (I’m Only Bleeding)” e “It’s All Over Now, Baby Blue” e
avrete alcuni incredibili e innegabili capolavori malinconici —
interpretati in maniera eccellente. Forse è vero che Bob non ha mai avuto
una grande voce, ma diavolo!, è evocativa e regala le sue parole con
perfetta, misurata intensità emotiva — riuscite a immaginare qualcuno che
lo faccia con maggior compassione o autorità?
La parte elettrica causò nuove agitazioni. La maggior parte dei brani
erano di base pezzi stilisticamente folk eseguiti con l’accompagnamento di
una band — con un’unica grande eccezione, “Subterranean Homesick Blues”,
un riff potente e veloce, rappato, che mischiava Chuck Berry con
esplosioni di immaginazione poetica alla Allen Ginsberg. Era una vera
rivoluzione ed era entusiasmante sentirla alla radio — una strana
combinazione di rock gioioso e testi letterati che subito saltava
all’orecchio, ti solleticava e ti faceva battere il ritmo a terra con il
piede, tutto in un attimo. Arrivò al numero 39 delle classifiche pop. La
prima volta che la sentii, sorrisi e pensai, forte— è diventato abbastanza
grande da avere una band che lo accompagna.
Un paio di mesi dopo, intorno alla data di uscita dell’album a fine marzo,
Bob era seduto a suonare l’armonica con i Byrds, il primo gruppo
“folk-rock” ad essere entrato nella Top 40. Avevano diversi pezzi di Dylan
nel loro repertorio. C’era decisamente qualcosa che stava per cominciare.
Dopo aver tenuto diversi concerti in coppia con Joan Baez, Bob andò in
Inghilterra per un tour di due settimane nel tardo aprile. L’evento fu
filmato e nel 1967 ne uscì un film con il titolo di Don’t Look Back. E’un
documento su un uomo in conflitto — che suona doverosamente alle date che
sono già state fissate per lui, interpretando un repertorio rispetto al
quale era di gran lunga cresciuto durante quei giorni così intensi e
veloci. (Anche se c’erano sei canzoni dal nuovo album incluse nelle
setlist.) La sua hit alla radio in Inghilterra era The Times They Are a-
Changin’” e per chiunque vi prestasse attenzione, sarebbe dovuto risultare
ovvio che anche Bob stava cambiando. Le conferenze stampa erano esercizi
di stile sull’umorismo più assurdo e Bob indossava una fine giacca di
pelle invece della sua camicia da operaio. Una delle scene più eloquenti
del film lo mostra mentre si ferma per guardare la vetrina di un negozio
di musica, osservando una chitarra elettrica Burns. I Beatles e gli Stones
lo ammiravano, ma i fans volevano sentire più slogan e meno poesia rock.
Tornò negli Stati Uniti esausto.
“Dopo aver finito la tournée inglese, me ne sono andato perché era troppo
facile,” Bob disse allo scrittore Jules Siegel un anno dopo. “Non stava
succedendo niente, per me. Ogni concerto era uguale: prima parte, seconda
parte, due bis e scappa via, e poi dovermi occupare tutta la notte di me
stesso. Non capivo; ricevevo delle standing ovations senza che
significasse nulla. La prima volta non provai vergogna. Ma dopo, stavo
semplicemente andando dietro a me stesso. Ero lungo un sentiero già
tracciato.” Scrivere era sempre catartico e in uno dei suoi sfoghi alla
macchina da scrivere butto giù un lungo fiume di divagazioni. “Era lungo
dieci pagine. Non aveva titolo, solo una cosa ritmata su carta, tutta sul
mio perenne odio diretto su qualche obiettivo onesto. Alla fine non era
odio, era dire a qualcuno qualcosa che non sapevano, dire loro che erano
fortunati. Vendetta, quello è un termine migliore. Non ci avevo mai
pensato come a una canzone finché un giorno fui al piano, e sulla carta
c’era “come ci si sente?” da cantare in un ritmo rallentato, all’estremo
del rallentato, seguendo qualcosa… la scrissi. Non fallii, era diretta.” A
metà giugno 1965 era in uno studio di registrazione di New York con alcuni
ragazzi per la session e con il chitarrista da colpo sicuro Mike
Bloomfield, che presto avrebbe lavorato con la Paul Butterfield Blues
Band. Nel giro di due giorni incisero tre brani, uno dei quali era
l’epopea in sei minuti “Like A Rolling Stone”.
Un mese dopo la canzone era alla radio — per i deejay era stata pubblicata
divisa a metà su 45 giri, con la prima parte sul lato A e la seconda sul
lato B, ma quasi tutti le riunivano insieme su cassetta e mandavano in
onda una versione completa. Se “Subterranean” era un vero colpo per
l’autoradio, immaginatevi sentire “di solito cavalcavi un cavallo cromato
con il tuo diplomatico, che portava sulla spalla un gatto siamese/non è
dura quando scopri che lui in realtà non la contava giusta, dopo che ti ha
preso tutto quello che poteva rubare — come ci si seeeente?” e poi quella
chitarra perfetta che legava, dentro e fuori. Il pezzo si innalzava e
picchiava, ed era tutt’un'altra cosa sentirlo sul terreno del Newport
Festival a fine luglio, su piccole radio a transistor.
Traduzione di Benedicta "Hamster"
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Seconda Parte
Traduzione
di Michele Murino
C'era una sensazione strana nell'aria a Newport. Camion dei vigili del
fuoco stazionavano ai cancelli, rimanendo pronti nel caso in cui fosse
necessario ricorrere agli idranti per reprimere una rivolta, e c'era una
corsa continua tra la folla sicchè tutti avevano i nervi a fior di pelle.
Una lite avvenne durante le prove pomeridiane quando il folklorista e
collezionista di canzoni Alan Lomax (che aveva fatto i field recordings di
Son House, Fred McDowell e Muddy Waters) fece una presentazione molto
condiscendente nei confronti della Paul Butterfield Band durante una prova
blues del pomeriggio, qualcosa sul tipo di "Vediamo cosa pensano di poter
fare questi ragazzini". Mentre la band si lanciava in maniera stupefacente
nel primo set elettrico mai ascoltato sul suolo del Folk Festival di
Newport, il manager della band Albert Grossman (che era anche il manager
di Bob) andò da Lomax e gli disse che quella era stata una maniera di
merda di presentare la prova del gruppo. Lomax rispose : " Ah, siii?".
Qualcuno tirò un pugno ed entrambi si aggredirono rotolandosi nella
polvere per un certo numero di secondi mentre gli spettatori osservavano
stupefatti questi due corpulenti bestioni che si picchiavano l'un l'altro.
Bob eseguì una prova da solo nel pomeriggio del primo giorno, poi decisero
che per il suo concerto del giorno successivo egli avrebbe eseguito il suo
nuovo singolo. Il chitarrista Bloomfield era già lì sul posto con la band
di Butter così fu un lavoro facile reclutare la sezione ritmica con il
bassista Jerome Arnold ed il batterista Sam Lay ed il tastierista Al
Kooper (che era stato anche presente nella session per il singolo) e Barry
Goldberg. Le prove che avvennero durante la serata alla fine portarono ad
un set di tre canzoni.
Sembravano esserci due principali modelli di musica che erano accettabili
al Newport Folk Festival, un evento annuale fin dal 1963: o traditional
veri e propri (mountain ballads, intermezzi con il banjo, spirituals,
canzoni di lavoro, blues e bluegrass), o cantanti/cantautori che
eseguivano canzoni di protesta di attualità. Non era consentita una
categoria per chitarre elettriche o batteria, questi erano considerati
simboli disprezzati della cultura pop di Tin Pan Alley. C'erano molti
numeri in scaletta quella sera: il concerto della sera iniziò con Pete
Seeger, il veterano cantante di canzoni di attualità, il quale fece
ascoltare il nastro registrato di un bambino appena nato che piangeva e
chiese a coloro che si esibivano quella sera di spiegare al bimbo il mondo
in cui sarebbe cresciuto - era abbastanza ovvio il messaggio che egli
aveva in mente. Ci fu anche una maldestra esaltazione della musica
tradizionale fino al punto di far esibire un gruppo di neri che cantavano
canzoni di lavoro mentre tagliavano un ceppo di legno sul palcoscenico.
Quando fu la volta di Dylan di uscire sul palco a metà concerto gli
amplificatori e le tastiere furono tirati fuori. Le aspettative erano alte
- fino a quel momento lo show era stato abbastanza fiacco.
Io stavo osservando dalla postazione luci di Chip Monck messo di lato.
Chip fece un'accoglienza entusiasta; i musicisti furono accolti con un
caldo benvenuto, egli aveva un frigorifero ben rifornito ed in genere
aveva buona roba da fumare. C'era stata una discussione quel pomeriggio a
proposito di fare qualcosa di diverso con le luci durante il set di Bob -
dopo un mucchio di ipotesi l'idea di avere l'intero palco sotto una luce
rossa alla fine di ogni canzone venne approvata.
La prima canzone ad essere eseguita fu "Maggie's Farm". Il verso "I ain't
gonna work on Maggie's Farm no more", dato il contesto, assunse tutto un
ALTRO significato. C'era un notevole potere ed un'energia durante
quell'esibizione ma il problema fu che il suono veniva risucchiato
completamente. Paul Rothchild, produttore di album della Elektra Records,
era chiaramente fuori di testa mentre lottava con il soundboard. I volumi
della voce e delle chitarre erano troppo alti e/o sparivano completamente
ed il suono delle tastiere era praticamente non udibile. Io ho sentito
persone che urlavano "Alzate il volume!", "Non riusciamo a sentire il
piano!", etc.
Nel backstage, stando agli articoli pubblicati in seguito, Pete Seeger
stava aggirandosi furioso cercando di tagliare i cavi di alimentazione,
offeso da quella deviazione così sonora ed abrasiva dalla sua visione. Sul
palcoscenico la band proseguì lanciandosi in "Like a rolling stone". Senza
i monitors sul palco il suono era una vera e propria accozzaglia di
rumori. Tuttavia la pura energia era innegabile, al punto da spingere la
folla a gridare, e tra queste urla ci furono anche alcune voci che
chiedevano i vecchi brani.
Alcuni sembravano traditi, arrabbiati per il fatto che Dylan insieme al
suo accompagnamento amplificato, sembrava abbracciare il mondo di quella
musica commerciale dalla quale loro avevano fatto un consapevole ed enorme
sforzo per allontanarsi.
La band eseguì poi "It takes a lot to laugh, it takes a train to cry" (che
ancora si chiamava allora "Phantom Engineer") eseguita con un ritmo troppo
veloce per avere la malinconica maestà che avrebbe avuto in seguito.
Tra grida ulteriori del pubblico circa il sound ed il repertorio di
canzoni eseguite la band lasciò il palco - adesso la folla era furiosa.
Volevano più di tre sole canzoni - alcuni volevano la band, alcuni
volevano solo il loro vecchio solito "trobadour".
Il palcoscenico diventò vuoto e scuro per alcuni minuti mentre Peter
Yarrow del gruppo Peter Paul and Mary richiese a gran voce il ritorno di
Dylan - ma Bob disse che quelle erano le sole canzoni alle quali avevano
lavorato e che avevano provato. Peter disse: "Allora ritorna sul palco da
solo. La gente vuole vederti!". Così Bob uscì di nuovo sul palco con una
chitarra acustica presa in prestito ed eseguì ancora due canzoni
assolutamente profetiche: "It's all over now, Baby Blue" e, dopo aver
scroccato un'armonica dalle file del pubblico di fronte, "Mr Tambourine
Man". Coloro che protestavano furono in qualche modo placati
nell'ascoltare il materiale più vecchio e sembrò che l'avessero avuta
vinta loro, Dylan aveva abbandonato il vituperato armamentario elettrico.
Ma ovviamente questa fu anche la fine di un capitolo, ed una sorta di
addio. Una folla nervosa ed irritata più tardi quella sera sfilò via al
calmo suono di un assolo di armonica molto sentito, Mel Lyman della Jim
Kweskin Jug Band che suonava una "Rock of ages" molto sentita. I camion
dei vigili del fuoco tutto sommato non furono necessari.
Quattro giorni dopo, alle 10 di mattina del 29 luglio negli studi della
Columbia Records di New York City, ci furono le registrazioni del nuovo
album con la stessa formazione delle sessions di "Like a rolling stone".
Bob mi aveva invitato ed io mi trovai un angolo nella camera controllo.
Per quanto ne posso dire io il produttore Bob Johnston era della stessa
scuola di produzione di John Hammond; chiamava i numeri delle takes,
faceva telefonate. Le sole persone che io udii fare commenti a proposito
delle sessions furono Albert Grossman e Bobby Neuwirth. Le sessions
sembrarono essere piuttosto sciolte ma metodiche. I session men si
riunivano intorno a Bob mentre lui eseguiva un motivo per loro, cantava un
pò di versi mentre loro si annotavano i cambiamenti di accordi, poi si
sedevano con i loro strumenti e provavano i versi ed i ritmi. La prima
canzone fu "Phantom Engineer" che fu eseguita con lo stesso ritmo veloce
di Newport. Dopo un paio di takes la canzone fu completata e Bob passò a
"Tombstone Blues". Dopo circa quattro o cinque takes Bob si disse
soddisfatto e venne chiamata una pausa pranzo. Mentre la maggioranza dei
musicisti e dello staff tecnico se ne andava Bob si sedette al pianoforte
e lavorò a "Phantom Engineer" per oltre un'ora. Quando lo staff tecnico
tornò al proprio posto Bob spiegò come egli voleva eseguire la canzone in
maniera differente ed in sole tre takes riuscirono ad ottenere la bella
versione presente sull'album, "It takes a lot to laugh, it takes a train
to cry" con una gustosa parte di chitarra e pianoforte.
Poi Bob tirò fuori una nuova canzone, "Positively Fourth Street". Mentre
la band lavorava sull'arrangiamento, ad ogni take più affiatata, Neuwirth
ed io ci guardammo l'un l'altro ammiccando tra noi a come le liriche a
briglia sciolta di Bob potevano essere state ispirate da Newport ma si
riferivano anche ad un mucchio di periodi e di posti diversi (Fourth
Street, la Quarta Strada, attraversava il cuore di Dinkytown. Inoltre a
N.Y.C. Bob aveva vissuto sulla Quarta Strada Ovest per un pò di anni).
"You got a lotta nerve to say you are my friend, when I was down you just
stood there grinning/You got a lotta nerve to say you got a helping hand
to lend, you just wanna be on the side that's winning". Al verso finale
"You'd know what a drag it is to see you" era ovvio che ci trovavamo di
fronte ad un altro hit single.
I membri del Chambers Brothers Quartet che erano anche stati a Newport
capitarono per caso quel giorno e mentre ascoltavano le registrazioni se
ne vennero fuori con alcune parti armoniche per il coro di Tombstone
Blues. A Bob piacque e disse a Johnston di dar loro un acetato sul quale
lavorare (in seguito essi ritornarono e sovraincisero le loro parti sulla
traccia, ma questa versione non è mai stata utilizzata).
All'epoca io ero conscio di osservare un momento storico. Bob era in
quarta, era ad un vero e proprio picco creativo, e sia Kooper che
Bloomfield erano campi positivi di energia, definitivamente in sincronia
con il flusso creativo di Bob. A volte il processo creativo di
registrazione può essere terribilmente noioso da guardare. Ci sono spesso
molti lunghi momenti di noia mentre ripetizioni senza fine vengono
effettuate nel tentativo di aggiustare minuscole imperfezioni, ma in quel
caso non fu così. A Bob piaceva lavorare velocemente e la band era ottima
e lo assecondava in perfetta sintonia. C'era davvero un sorta di magia in
atto. Quella notte, dopo la session, ce ne andammo in città con la station
wagon. Neuwrith guidava e Bob guardava in silenzio fuori dal finestrino.
Quando alla radio trasmisero "Like a rolling stone" fu un momento
straordinario, un tipo di spostamento della realtà di cui nessuno ebbe
consapevolezza, ma la sua presenza sembrò giusta, era perfetta.
La session del giorno seguente fu fissata ad un orario più ragionevole
intorno alle 3/4 del pomeriggio, sostanzialmente con le stesse persone,
tranne Harvey Brooks che si era aggiunto per suonare il basso. L'energia
non era carica come il giorno prima, ma fu ugualmente un giorno proficuo.
"From a buick 6" venne fuori in circa tre takes, ma "Can you please crawl
out your window?" necessitò di un numero maggiore di tentativi e fu
interrotta numerose volte. A me sembrò che il risultato ottenuto fu una
versione più opaca di "Positively 4th street", con liriche meno
interessanti. Questa take, pubblicata poi come singolo, non aveva la
stessa rude energia di una versione successiva eseguita con gli Hawks.
L'ultima canzone che si tentò di registrare quella sera fu un lungo brano
chiamato "Desolation row". Già fin dal primo verso risultò chiaro che la
chitarra di Bob era nell'accordatura sbagliata. Sia Neuwirth che io lo
facemmo notare ma Albert non volle fermare la registrazione. "Lasciatelo
fare" disse impenetrabilmente. Dodici minuti dopo Bob ascoltò la
registrazione ed appena iniziò ci guardò torvi. "Ero nella tonalità
sbagliata - perchè non mi avete fermato? E' una canzone lunga". Albert
replicò "La prossima volta lo faremo".
Dopo un weekend per il paese dove Bob e Kooper passarono un pomeriggio a
preparare la lista delle canzoni e ad approntare le partiture con gli
accordi per i musicisti, le sessions della settimana seguente furono di
nuovo caratterizzate da una grande energia. Ad un certo punto comparve il
batterista Sam Lay della band di Butter e finì per rilevare la sezione
ritmica sul brano "Highway 61 Revisited". Infatti il fischio di sirena
giocattolo a forma di sigaro che Bob teneva infilato nel suo porta
armonica e che usò per punteggiare qua e là la canzone venne fuori dal
bagaglio di Lay. Il vero culmine di quella session fu "Ballad of a thin
man" con il suo ritornello quasi sinistro "Something's happening and you
don't know what it is, do you, Mr. Jones?". Ricordo lo sguardo furtivo
sulla faccia dell'organista mentre eseguiva di tanto in tanto assoli da
film horror. Dovetti tornare in Minnesota perciò mi persi la session in
cui venne registrata la take di "Desolation Row" che finì sul disco - ma
anche senza aver sentito quella ero sicuro che sarebbe stato un grande
album.
Tre settimane dopo ci fu una data il 28 Agosto a Forest Hills, New York,
con una nuova band di supporto. A fianco di Kooper e Brooks c'erano ora
Robbie Robertson alla chitarra e Levon Helm alla batteria. Venivano dagli
Hawks, una band canadese che aveva accompagnato il cantante rockabilly
Ronny Hawkins. Entrambi avevano partecipato all'eccellente "So many
roads", album di John Hammond all'epoca da poco uscito, e le tonalità
bollenti della chitarra di Robbie ispirate a Hubert Sumlin si abbinavano
perfettamente al suono della chitarra di Bloomfield.
Bob decise di fare la prima metà del concerto da solo e poi fece uscire la
band. "Iniziate a suonare, non importa quanto strano" disse ai musicisti.
Da Variety: "Bob Dylan ha spaccato a metà 15.000 dei suoi fans al Forest
Hills Tennis Stadium Domenica sera... Il più influente cantante/autore
della scena musicale pop dell'ultima decade, Dylan sembra essersi evoluto
troppo velocemente per alcuni dei suoi giovani seguaci, che sono pronti a
cambiamenti radicali... ripetendo la stessa scena che ebbe luogo durante
la sua esibizione al Folk Festival di Newport, Dylan ha eseguito canzoni
folk-rock ma ha dovuto scagliare il suo materiale contro un muro ostile di
persone che lo rimproveravano per aver tradito la causa della musica
folk".
Alcuni giorni dopo venne pubblicato l'album "Highway 61 Revisited", quasi
nello stesso momento di un concerto all'Hollywood Bowl. Venne organizzato
un tour attraverso il sud da iniziarsi a fine Settembre, ma Kooper e
Brooks dissero di non essere disponibili. A metà mese Bob era a Toronto a
cercare musicisti e provò con gli Hawks che lo avrebbero accompagnato per
il resto del tour.
Il 24 Settembre il tour iniziò ad Austin. Vale la pena di sottolineare che
Bob stava saltando da un burrone - non stava semplicemente allontanandosi
dal pubblico delle canzoni folk/di attualità, stava rischiando
letteralmente la sua intera carriera. Non c'era garanzia di successo nel
campo della musica pop; non si trattava di andare dove c'era denaro
facile. Egli stava non solo rischiando di fallire nella competitiva scena
rock ma si stava alienando anche le simpatie dei vecchi fans. Ma Bob aveva
la sua visione da seguire.
Da Newsweek, a proposito del nuovo fenomeno del cosiddetto folk-rock: "La
conversione di Dylan al folk-rock è stata istintiva. "Avevo questa cosa
che si chiamava "Subterranean Homesick Blues" che proprio non funzionava
se la suonavo da solo. Ho provato il pianoforte, il clavicembalo. L'ho
provata in chiave blues. L'ho provata con accompagnamento di organo a
canne. Con il kazoo. Ma funzionava solo con l'accompagnamento di una band.
Non sono cambiato, solo mi sono stufato di suonare la chitarra da
solo...".
Gli fu dato più spazio per parlare in un'intervista con Joseph Hass del
Chicago Daily News: "...Non sono entrato nella musica folk per fare soldi,
ma perchè era facile, potevi suonare da te. Non avevi bisogno di nessuno,
tutto quello che ti serviva era una chitarra, non avevi bisogno di nessun
altro... Suonavo rock'n'roll quando avevo 13 anni, e 14 e 15, ma dovetti
mollare quando avevo 16 o 17 anni perchè non potevo farcela in quel modo,
all'epoca andavano di moda Frankie Avalon o Fabian... Circa nel 1958 o '59
ho scoperto Odetta, Harry Belafonte e cantanti del genere e sono diventato
un folk singer... Con il r'n'r non potevi portarti dietro una chitarra
elettrica ed un amplificatore ed aspettarti di sopravvivere, costava
denaro comprare una chitarra elettrica, e dovevi fare più soldi per avere
abbastanza gente che suonasse la musica, avevi bisogno di due o tre
persone per creare un certo sound...".
Pochi giorni dopo l'inizio del tour "Positively 4th Street" entrò al
settimo posto nelle classifiche dei radio hits. Il tour toccò New York,
Bob suonò alla Carnegie Hall, poi ci fu una session in studio dove furono
registrate quattro canzoni tra cui una versione abbozzata di "Can you
please crawl out your window?" ed una di "I wanna be your lover", un altro
buon rock che cadde sul bordo della strada. Poi di nuovo on the road per
un giro di date di un mese e mezzo, inclusa una data il 5 Novembre nello
stesso auditorium di Minneapolis dove Elvis si era esibito una decade
prima, più o meno nello stesso periodo in cui uscì l'album "Heartbreak
Hotel". I biglietti costavano da un minimo di due dollari ad un massimo di
4 dollari e cinquanta centesimi. Bob mi mise in lista ma suppongo che non
avesse molta influenza perchè i posti erano nella parte di dietro della
sala. Bob aveva già cantato molte canzoni del suo set da solo quando un
tizio che era arrivato in ritardo si sedette di fianco a me. Dopo un paio
di canzoni si chinò verso di me e mi chiese: "Scusi, lei sa chi è
quello?". "Uhhh - chi si immaginava di vedere?" domandai. "Bob Dylan,
"Like a rolling stone" " mi rispose. Sembrò stupito quando gli spiegai che
era lui e che la band sarebbe uscita più tardi. Quello fu il momento in
cui realizzai che la scena stava passando su tutto un altro livello. Il
set con la band fu potente, e Bob era ovviamente caricato quando veniva
affiancato dal gruppo, sebbene il sound si disperdesse un pò nella grande
sala. Nel backstage mi incontrai con Bob, Neuwirth, Robbie e gli altri.
Dylan disse che era andato tutto bene e che sebbene la gente avesse
fischiato il set con la band perchè avevano letto sui giornali che era una
cosa da fare, in alcuni posti la gente dimostrava di apprezzarlo davvero.
Egli sembrò paziente a tal proposito - non c'era un sentimento di sfida,
si trattava piuttosto un uomo che seguiva le proprie convinzioni
aspettando che la gente fosse pronta ad ascoltare quello che egli diceva.
Arrivai in hotel mentre stavano preparando le valigie pronti a partire per
la data successiva di Buffalo, New York. Mentre Bob chiudeva la sua
valigia indicò il vestito di pelliccia che pendeva ad un attaccapanni
sulla porta, con il suo porta armonica avvolto dentro - "Lì c'è Bob
Dylan", sorrise. "Proprio lì".
Le date continuarono per tutto Novembre: Cleveland, Toronto, Chicago e
Washington. Alla fine del mese il batterista Levon Helm si stufò di tutto
quell'uscire sul palco ogni sera, suonare grandi pezzi e venire fischiati
per tutt'altri motivi non legati alla musica. Così abbandonò il tour e se
ne tornò in Arkansas. Il suo posto fu preso dal session man Bobby Gregg.
Furono effettuate ulteriori registrazioni a New York, un paio di
tentativi: un'altra versione di "Can you please crawl out your window?" ed
un'altra canzone molto lunga "Freeze Out" (che in seguito sarebbe
diventata "Visions of Johanna"). Il giorno successivo, il Primo Dicembre,
il tour raggiunse Seattle, seguito da un paio di settimane in California.
La televisione pubblica di San Francisco mandò in onda una conferenza
stampa live che presentò da un lato alcune domande da parte dei
giornalisti a Bob, domande che tentavano di ottenere una risposta su quali
fossero le ragioni della sua popolarità, e dall'altro Allen Ginsberg che
gli domandava: "Credi che sarai mai impiccato come un ladro?". Bob disse
che c'erano stati pochi posti dove non era stato fischiato; Texas,
Atlanta, Boston, Ohio e Minneapolis. A metà Dicembre il New York Herald
Tribune ed il New York Times presentarono contemporaneamente lunghi
articoli su Dylan. Il pezzo del Tribune, sebbene non firmato, fu in realtà
scritto da Dylan stesso.
Il tour si fermò per un mese riprendendo brevemente dopo ulteriori
sessions per l'album a fine Gennaio a N.Y.C., ora con Sandy Konikoff (un
altro allievo degli Hawks) alla batteria. Venne provato un certo numero di
canzoni che poi sarebbero finite su Blonde on Blonde ma solo una andò a
buon fine, "One of us must know (Sooner or Later)". Dopo una settimana e
mezza di date sulla Costa Est, Bob andò a Nashville negli studi della
Columbia dove registrò per tre giorni. Ne vennero fuori cinque takes che
includevano gemme come la mistica love ballad "Sad Eyed Lady Of The
Lowlands" e "Visions of Johanna" con la sua spettrale evocazione di una
terrificante corsa di notte fino all'alba. Tornato di nuovo on the road
Dylan fece date ad Ottawa, Montreal e Philadelphia. Verso la fine di
Febbraio venne pubblicato il singolo "One of us must know (Sooner or
Later)" che raggiunse il 45mo posto in classifica. Dopo Miami ci fu una
settimana di pausa dal tour. Per riposarsi? Volete scherzare: di nuovo a
Nashville per altre sedute di registrazione, altri tre giorni la seconda
settimana di Marzo a completare il resto di Blonde on Blonde incluse molte
canzoni che divennero degli hits radiofonici: "Just like a woman", "I want
you" e "Rainy day women # 12 & 35". Ascoltando l'album oggi esso suona
come una lavoro contemplativo, il risultato di un lavoro lungo ed attento.
Ma se si guarda alla tabella di marcia del tour si nota che in realtà il
disco fu ritagliato in momenti rubati, realizzato di corsa, il che rende
il risultato finale ancor più stupefacente.
Il giorno dopo il tour continuò e terminò a fine Marzo a Vancouver.
Sebbene il calendario mostrasse un paio di settimane di pausa il missaggio
dell'album e le sedute fotografiche continuarono. Bob non solo stava
bruciando le candele alle due estremità (modo di dire inglese che sta per
"esaurirsi"), stava usando una fiamma ossidrica esaurendone diversi
ottani.
Poi cominciò la parte europea del tour, con ancora un altro batterista,
Mickey Jones (che aveva lavorato in precedenza con Trini Lopez e Johnny
Rivers). La data del 9 Aprile ad Honolulu fu seguita da un benvenuto
ostile della stampa in Australia. Il gruppo arrivò a Stoccolma il 29
Aprile. Ci sarebbero stati altri 23 concerti nelle successive sei
settimane. Al gruppo si unì il regista D.A.Pennebaker, che aveva filmato
le precedenti date europee di Bob per il film Don't look back. Tra le
altre cose ci fu uno special televisivo della ABC e le riprese di
Pennebaker contribuirono con un pò di materiale alquanto rozzo. Circa in
questo periodo venne pubblicato il singolo di "Rainy Day Women # 12 & 35"
che in diverse recensioni sui giornali venne definita una drug song, da
altri venne definita invece un mucchio di immondizie.
La stampa musicale inglese aveva soffiato sul fuoco per diverso tempo. Una
recensione di "Like a rolling stone" l'Agosto precedente l'aveva definita
"Dylan sotto lo standard". E proseguiva: "La monotona linea melodica e
l'intonazione priva di espressione offenderà i puristi del folk con corde
(sic) e chitarre elettriche, ed è improbabile che piaccia ai fans del pop
a causa della sua durata, della sua monotonia e delle liriche surreali...
ma senza dubbio Dylan si diverte a confondere i critici".
A questa recensione fece seguito un mese dopo un intervista con
l'incrollabile seguace del folk e della tradizione Ewan McColl che
borbottò: "Dylan è per me il perfetto simbolo dell'anti-artista nella
nostra società. Egli è contro tutto - l'ultima risorsa di qualcuno che
veramente non vuole cambiare il mondo... Egli si occupa di
generalizzazioni... Inoltre credo che la sua poesia sia senza valore".
Questo provocò l'invio di molte lettere di protesta al direttore e
l'intervento di altri musicisti che commentarono l'articolo schierandosi
quasi tutti dalla parte di Dylan. Ma era ovvio che le opinioni erano molto
volubili.
Il 5 Maggio a Dublino il set elettrico venne interrotto dalle urla del
pubblico e la recensione del concerto aveva come titolo: "La notte della
grande delusione". La sera successiva a Belfast avvenne la stessa cosa. Il
fatto che Dylan e la band erano nel giusto è provato da una traccia
proveniente dal concerto di Dublino e pubblicata sull'album "Biograph", "I
don't believe you (She acts like we never have met)"; l'organo di Garth
turbinava dentro e fuori le linee melodiche della chitarra di Robbie
Robertson mentre la voce di Dylan e la sua armonica cavalcavano sulla
sommità dell'onda di suono.
Quella del 10 Maggio fu la prima data sul suolo britannico; vennero
allegramente riportate sui giornali notizie di altri urli sul tipo di
"Abbassate il volume" e notizie di gente che lasciava il concerto. La
maggior parte dei piccoli impianti di diffusione del suono delle sale dei
concerti non era adeguata a sostenere il suono di una band, sicchè il tour
introdusse la pratica innovativa di utilizzare un proprio impianto
personale, una pratica che sarebbe diventata comune solo molti anni più
tardi. Con i loro amplificatori, le proprie consolle ed enormi impianti di
altoparlanti il suono era, semplicemente, il più forte che un pubblico
avesse MAI sentito fino ad allora.
In molte date quando c'era il tutto esaurito venivano aggiunti posti extra
ai lati e sul retro del palco. In "Like The Night" di C.P.Lee (una cronaca
recente del tour Europeo che si focalizza sullo show di Manchester) le
foto mostrano facce che spuntano osservando attentamente a pochi passi
dalla postazione della batteria - circondando letteramente la band.
Le date successive furono Cardiff, Birmingham e Liverpool. Un'altra
traccia dal set dal vivo riaffiorò alla superficie successivamente come
lato b di "I want you" - "Just like Tom Thumb's Blues".
Il brano è un grande esempio di potere e di precisione che il gruppo
coraggiosamente dimostrava di fronte ad un'aperta ostilità. Fu poi la
volta di Leicester, e poi di Sheffield, il primo di quattro concerti
registrati dalla Columbia utilizzando un impianto a tre piste. Più tardi
in albergo tutto il gruppo ascoltò le registrazioni e probabilmente ebbe
la conferma ben accolta del fatto che, sì, stavano suonando grande musica
e che le urla di protesta non avevano niente a che vedere con la qualità
di quello che stavano creando.
La combinazione di febbrile attività concertistica e l'intenso calor
bianco cui Dylan era sottoposto cominciarono a chiedere il loro pedaggio.
A guardarlo nel film che venne diffuso successivamente con il titolo di
"Eat the document", Dylan fa paura, ha una fragilità tale che fa sì che
sembri che egli sia sul punto di svanire ad ogni momento nello scoppio di
una fiamma. E' al top della potenza e della bellezza di un giovane leone
ma si può davvero vedere "il fantasma dell'elettricità nelle ossa del suo
viso" - sembra un uomo con i nervi scoperti.
Paul Williams in "Performing Artist: The Music Of Bob Dylan 1960-73"
descrive la scena psichica: "I concerti erano incandescenti perchè il
cantante viveva per l'arte, stava letteralmente consumandosi, non per
compiacere il pubblico e certamente non per un obbligo, ma per la pura e
semplice gioia di farlo, viaggiando con intrepidi compagni in reami
estetici, accendendo luci in tenebre inesplorate".
17 Maggio, Manchester. Anche questo show venne registrato dalla Columbia
ed è la vera fonte per le registrazioni del presente disco, così come per
i numerosi bootlegs del cosidetto concerto alla "Royal Albert Hall". Il
pubblico è rispettoso e sensibile nella prima parte acustica tanto che si
sarebbe sentita volare una mosca, infatti avevano già ascoltato la metà di
quelle canzoni prima ed erano su un terreno conosciuto. Poi fu la volta
del set elettrico con la band e si scatenò di nuovo l'inferno.
Le date successive furono Glasgow (filmata sul palco da Pennebaker),
Edimburgo e Newcastle. In entrambe le date scozzessi Dylan fu fatto
oggetto di lenti applausi cadenzati (segno di protesta) ed a scene di
persone del pubblico che abbandonavano il concerto. C.P.Lee cita un membro
del partito Comunista Scozzese che affermò che tutto questo era in realtà
il risultato di infuocati incontri di partito in cui l'ordine del giorno
era come rispondere a Dylan in quanto traditore della causa del
proletariato (un vero e proprio complotto Comunista?). Dylan tenne
un'ultima conferenza stampa a Parigi il giorno prima del suo concerto
all'Odeon, nel giorno del suo 25mo compleanno. Ci sono fotografie di Dylan
che tiene sulle ginocchia una marionetta - le corde sarebbero state di
aiuto per entrambi.
Poi di nuovo a Londra per gli ultimi due concerti alla Royal Albert Hall.
A questo punto sembra che Dylan sia pericolosamente vicino a collassare
definitivamente. Tuttavia egli riesce a fare colpo su una folla di fans
per due sere, ancora con la Columbia che registrava i concerti. Venne
riportato in seguito che il set elettrico della prima sera fu registrato
in maniera distorta sui nastri, e questo è il motivo per cui non fu
pubblicato, e che la seconda sera era distorta in altro modo (sebbene sono
emersi degli ottimi nastri del set acustico, si veda ad esempio "Visions
of Johanna" del 26 su "Biograph").
Finalmente libero, Bob si recò in Spagna per una breve vacanza prima di
fare ritorno negli Stati Uniti.
A Giugno ed a Luglio ci furono settimane di impegni a Woodstock per
editare il film per lo special della ABC TV.
Pennebaker aveva realizzato una versione abbastanza schietta del tour dal
titolo "Something is happening", ma Bob ed il cameraman Howard Alk
decisero di rieditare il film utilizzando gli spezzoni scartati. Il
risultato fu il documentario raramente trasmesso intitolato "Eat The
Document" che in pratica era un prototipo dell'epoca dei video rock in
stile MTV che sarebbero stati realizzati solo molti anni dopo. Ci sono un
mucchio di tagli e di salti, di visi che si intravvedono appena, canzoni
interrotte a metà e fans intervistati - non c'è da meravigliarsi se venne
rifiutato dal network.
Alla fine di Luglio la ruota anteriore della motocicletta Triumph di Bob
si bloccò e lui venne scaraventato giù rompendosi il collo. Si ritirò in
una totale autoreclusione e tutti i progetti, incluso Tarantula, un libro
di frammenti in forma libera, furono rinviati.
Bob non sarebbe stato più ascoltato musicalmente fino al Novembre del
1967. Quando ritornò aveva i capelli corti, si era fatto crescere la
barba, e cantava sobrie canzoni mistiche, con una chitarra acustica. Da
allora il 1966 non fu solo il passato, fu un'altra vita. E così iniziò il
mito...
Quando i primi bootlegs furono diffusi vennero identificati erroneamente
come "Royal Abert Hall". Perchè? Beh, per un motivo, perchè creavano una
storia migliore - l'ultimo concerto di un tour straordinario prima che
l'artista crollasse, si consumasse e voltasse la schiena alla sua
precedente esistenza. Forse ci furono anche errori nell'archiviazione
delle scatole in cui venivano conservati i nastri registrati, con date e
luoghi confusi. Tutto questo è stato oggetto di speculazioni senza fine ed
argomentazioni varie sulle fanzines e su internet.
Ma in sostanza quello che realmente conta è che una sera del 1966, un
poeta era sul palco con una band che egli aveva scelto perche lo aiutasse
a portare avanti la sua visione e che aveva realizzato una musica
incredibilmente potente e che era totalmente unica. Era sincero nella sua
visione e si spinse fino all'estremo per difenderla. Oggigiorno questo
concerto resta uno dei più grandi eventi nella storia della musica rock.
Tony Glover
St. Paul, Maggio 1998
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A PROPOSITO DELLE REGISTRAZIONI
(traduzione di Benedicta "Hamster")
La Columbia Records registrò quattro concerti durante la tournée inglese;
Sheffield (16 maggio), Manchester (17 maggio — la fonte di questo set di
due cd), e Londra alla Royal Albert Hall (26 e 27 maggio). Fu utilizzato
un apparecchio di registrazione a tre piste, con una velocità di 15 IPS.
Anche un certo numero di show, da quelli australiani in poi, venne
registrato dall’equipe del film, per intero o in parte, con una linea in
sistema mono, utilizzando a regola d’arte un apparecchio Nagra a una
velocità di 7.5 IPS. Nel recensire le registrazioni dei concerti eseguite
dalla CBS, fu chiaro che in generale il concerto migliore, sia come
performance che come qualità della registrazione, veniva dai nastri di
Manchester. I problemi di velocità del nastro vennero corretti, usando
come punto di riferimento la tonalità fissa dell’armonica. Ribilanciare
gli strumenti non era possibile, poiché all’epoca erano stati pre-missati
in modo da rientrare in tre piste audio; basso e batteria su una,
pianoforte e organo sull’altra, voce e chitarra sull’ultima. Una prima
versione dei nastri rimasterizzati filtrava via gran parte del rumore del
pubblico e del rimbombo acustico della sala. Questo aggiunse vicinanza e
chiarezza alla voce, ma tolse parecchio all’ indiavolata acutezza del
suono e all’effetto del suono dal vivo. Quella versione fu abbandonata in
favore del suono più grezzo che si può sentire in questa.
Sui nastri era stato eseguito anche un intervento di compressione. Questo
al fine di ridurre la distorsione nel momento in cui si registravano suoni
forti, tagliando via la punta massima dei picchi di alto volume. Ebbe
inoltre la conseguenza di far risaltare i bassi, con il risultato di un
effetto di “respiro” nei livelli del suono. Se ascoltate con attenzione
potete sentirlo qua e là. La CBS aveva seguito gli standard del
procedimento della registrazione dal vivo, e usato come fonti due
registratori simultaneamente, uno dei quali iniziava a registrare alcuni
minuti dopo il primo, cosicché nulla sarebbe andato perduto se uno dei
nastri fosse finito proprio a metà di una canzone. Sfortunatamente, alla
fine si ebbe una gran quantità di rumore della sala e del pubblico nella
pista della voce, che portò a dei pezzi dal suono un po’coperto nella
parte acustica dello show. Si scoprì che in effetti i nastri del Nagra
avevano un suono migliore, e sono quelli usati qui — la CBS ne aveva fatto
uso anche per la versione dal vivo di “Just Like Tom Thumb’s Blues” di
Liverpool, pubblicata come lato B del singolo di “I Want You”, e sulle
registrazioni dal vivo del tour contenute nel set Biograph.
Le canzoni più vecchie nella parte solista acustica del concerto risalgono
all’album Bringing It All Back Home del gennaio 1965; la canzone
d’apertura “She Belongs To Me,” la conclusiva “Mr.Tambourine Man” e quella
di metà set “It’s all Over Now, Baby Blue” (le ultime due erano state
suonate anche nel tour inglese del 1965). C’è un unico pezzo dal disco del
luglio precedente, Highway 61 Revisited, ed è “Desolation Row”; tutte le
altre canzoni venivano da Blonde On Blonde, che in Inghilterra non era
ancora uscito. La sua armonica è allo stesso tempo sottile e melodica
mentre gioca con piccoli riff ritmici, tessendoli attraverso i cambi di
tono. Dylan è in gran forma con la sua voce — per avere un esempio della
sua prodezza vocale, ascoltate il modo in cui declama ed enfatizza i vari
aspetti delle sillabe in “Visions Of Johanna”. (Una nota tecnica: sia su
questo pezzo che su “Desolation Row” i nastri Nagra si fermarono.
Piuttosto che togliere del tutto le canzoni, queste esibizioni furono
completate aggiungendovi i finali dalle registrazioni della CBS — lo si
può captare, ascoltando con le cuffie, da un leggero cambiamento nel suono
dell’ambiente e della sala. Per entrare nel dettaglio, l’ultimo verso di
“Desolation” e le ultime due frasi di “Visions” sono prese dai nastri
della CBS.) Dylan potrà non essere un Sinatra, ma Frank non potrebbe avere
nulla da ridire, in materia di tessere reti musicali, su questa sognante,
onirica performance. Anche qui c’è un’armonica interessante: provate a
sentire lo stacco, a metà strada tra una marcia e un flamenco, di “
Desolation Row”, o il modo in cui l’arrivo finale dell’armonica nella
delicata “Just Like A Woman” scintilla come rocce di diamanti a specchio
nel flusso della corrente. La grande capacità tecnica non può competere
con un modo di suonare e cantare nettamente evocativo dal punto di vista
emotivo. Ci sono alcune forze favolose all’opera alla fine di
“Mr.Tambourine Man”, quando la linea dell’armonica sembra danzare libera,
poi si ferma sul cambio di tonalità prima di tornare al riff per terminare
il pezzo.
Cronologicamente, le canzoni della parte elettrica del concerto si
spingono anche più indietro, con la più vecchia, “Baby Let Me Follow You
Down”, che risale al suo album di debutto. “One Too Many Mornings” viene
da the Times They Are a-Changin’ del 1963, mentre “I Don’t believe You” è
del disco del 1964 Another Side. Ce ne sono tre da Highway 61, “Just Like
Tom Thumb’s Blues”, “Ballad Of A Thin Man” e “Rolling Stone”, e solo
“Leopard Skin Pill-Box Hat” è tratta da Blonde On Blonde. C’è un pezzo
inedito, una outtake, “Tell Me Momma”, la canzone d’apertura del set.
Dylan strimpella per accordare lo strumento, spingendosi faccia a faccia
con Robbie Robertson, e poi la band attacca. Qui Bob suona con il ritmo
delle parole, Robbie salta su con arditi stacchi di chitarra — la band è
serrata e palpitante, e Bob ricambia con energia a briglia sciolta. Con un
fare ironicamente conciliatorio, Bob annuncia la canzone successiva, “Una
volta questa faceva così, adesso va cosà”, e la parte più hippie del
pubblico sghignazza. I dissidenti accennano un derisorio applauso lento
mentre Bob parte con una canzone dal suo primo album, ignorandoli. Un paio
di canzoni più tardi, durante un’altra presentazione, si sentono urla e
altri applausi lenti, presto coperti da una tronca “Pill-Box Hat”. Dopo
altri strilli da parte del pubblico, Dylan mormora una storia a voce bassa
fino a quando quelli finalmente la smettono per sentire cosa sta dicendo,
quindi offre la battuta finale e si lancia in “One Too Many Mornings”, un
pezzo perfetto, per essere stato resuscitato dal vecchio repertorio.
“Ballad Of A Thin Man” mostra Bob al pianoforte, e il suo microfono per la
voce ha il volume un po’basso: Garth inserisce alcuni fillers rumorosi —
riuscite a sentire i passi fatti con il piede dopo il verso “you walk into
the room with a pencil in your hand?” Il testo è una sfida diretta alla
parte scontenta del pubblico — una doccia fredda per il cervello. Tra i
due pezzi qualche anima offesa urla “Giuda” e Dylan risponde, “Sei un
bugiardo!” dopodiché si butta nel pezzo di chiusura, una scintillante
versione di “Like A Rolling Stone”.
Un veloce “Grazie” e se n’è andato, il pubblico lugubramente silenzioso,
ora.
Di certo qualcosa è successa, qui… |