LINER NOTES ON "BOB DYLAN"
le note introduttive del primo
album di Bob Dylan
by STACEY
WILLIAMS
"Bob Dylan" - 1962
She's no good
Talkin' New York
In my time of dyin'
Man of constant sorrow
Fixin' to die blues
Pretty Peggy-O
Highway 51 blues
Gospel plow
Baby let me follow you down
House of the risin' sun
Freight train blues
Song to Woody
See that my grave is kept clean
prodotto da John Hammond
La Columbia Records è fiera di presentare una grande, nuova figura nella
musica folk Americana, Bob Dylan.
L’eccitazione ha cominciato a crescere fin dal momento in cui il giovane
con una chitarra entrò lemme lemme in uno studio di registrazione della
Columbia per due sedute di registrazione nel mese di novembre del 1961.
Sebbene abbia solo venti anni, Dylan è il più singolare nuovo talento
nella scena della muscia folk Americana.
Il suo talento si manifesta sotto molteplici forme. Dylan è uno dei più
irresistibili cantanti di blues bianchi che abbiano mai inciso un disco.
Egli è uno scrittore di canzoni dalla eccezionale facilità ed abilità. Sa
suonare la chitarra e l'armonica con capacità non comuni.
Nel giro di meno di un anno da quando vive a New York, Bob Dylan ha creato
tumulto nella scena degli appassionati del folk. Accesi ammiratori hanno
tessuto le sue lodi. Seguaci devoti hanno trovato in lui l'immagine del
cantante ribelle, una sorta di vagabondo Chaplin della musica, un giovane
Woody Guthrie, oppure un misto di alcuni dei migliori cantanti di country
blues.
Una buona parte del lavoro di chitarra acustica di Dylan è caratterizzato
da una forte venatura blues, anche se Dylan lo modifica con configurazioni
country, con il modo di suonare di Merle Travis ed altri stili. Alle volte
egli utilizza per la sua chitarra un coltello da cucina o persino il
cappuccio di metallo di un rossetto, conferendole il suono metallico dei
primi bluesmen country. La sua acuta, sferzante ed abile armonica viene
utilizzata alle volte nello stile di Walter Jacobs, che suona con la band
di Muddy Waters a Chicago, o nello stile evocativo di Sonny Terry.
Un'altra forte influenza nello stile di Bob Dylan è da ricercarsi non in
un musicista, anche se ha scritto della musica, ma in un comico, Charlie
Chaplin. Dopo aver visto molti film di Chaplin, Dylan si ritrovò ad
iniziare a studiare alcune movenze del classico vagabondo dei film muti.
Adesso, quando compare sul palco per una canzone umoristica, potete vedere
Dylan toccarsi nervosamente il cappello, aggiustarselo in testa, usarlo
come un appoggio, quasi pendere da esso, come Chaplin il vagabondo faceva
prima di lui.
A dispetto del suo approccio ironico, Bob Dylan ha, per quanto così
giovane, una strana attrazione nei confronti delle canzoni che hanno la
morte come argomento. Sebbene sia raro che egli abbia difficoltà ad
esprimersi, Dylan non riesce a spiegare il proprio interesse verso questo
genere di canzoni, a parte la loro forza e la frustata di emozioni che
esse gli danno, e che Dylan passa poi ai suoi ascoltatori. Può darsi che
tre anni fa, quando una grave malattia lo colpì, egli abbia acquisito la
percezione di quello di cui cantavano i bluesmen ossessionati dalla morte.
La sua vita
Bob Dylan è nato a Duluth, nel Minnesota, il 24 maggio 1941. Dopo aver
vissuto per qualche tempo a Sioux Falls, nel Sud Dakota, ed a Gallup nel
Nuovo Messico, ha conseguito il diploma al liceo di Hibbing, in Minnesota
"nei pressi del confine canadese".
Per sei difficili mesi, Bob ha frequentato l’Università del Minnesota
grazie ad una borsa di studio.
Ma, proprio come tanti altri inquieti studenti della sua generazione
sempre alla ricerca di qualcosa, i consueti confini scolastici non sono
riusciti a trattenerlo. "Non ero d’accordo con il sistema scolastico",
dichiara. "Venni bocciato. Iniziai a leggere molto, ma non i libri la cui
lettura mi veniva richiesta a scuola".
Ricorda di essere stato sveglio notti intere immerso nella filosofia di
Kant invece di leggere "Living with the birds" (Vivere con gli uccelli)
per un corso di scienze.
"In genere", dice sintetizzando i suoi giorni al college, "non riuscivo a
stare in un posto abbastanza a lungo".
Bob Dylan venne all'Est per la prima volta nel Febbraio del 1961. La sua
meta: il Greystone Hospital nel New Jersey. Il suo scopo: visitare Woody
Guthrie, ricoverato lì, cantante, autore di ballate e poeta. Fu l’inizio
di una profonda amicizia tra i due. Sebbene ci fossero trenta anni e due
generazioni di differenza tra loro, erano uniti da un amore per la musica,
un comune senso dell’umorismo ed una identica visione del mondo.
Il ragazzo di provincia cominciò a farsi in fretta amici a New York, e nel
frattempo continuava, proprio come faceva già dall’età di dieci anni, ad
assorbire idee musicali da tutti quelli che incontrava, da qualsiasi disco
ascoltasse. Egli trovò un'intesa con Dave Van Ronk e Jack Elliott, due dei
più assidui musicisti che suonavano allora al Greenwich Village, e scambiò
con loro canzoni, idee e concezioni stilistiche. Suonò alla Gaslight
Coffee House e nell’aprile 1961 si esibì di fronte a John Lee Hooker, il
cantante blues, nel locale chiamato Gerde’s Folk City. Le voci relative al
talento di Dylan incominciarono a crescere, ma in un ambiente carico di
rivalità come quello della comunità folk, crebbe anche l'invidia. La sua
canzone dal titolo "Talkin' New York" è un commento in musica
all'accoglienza avuta a New York.
Ricordando i suoi primi lavori musicali, Bob dice: "Non avrei mai pensato
di potere sparare lampi nel cielo del mondo dello spettacolo".
Nel 1959, a Central City in Colorado ebbe il suo primo lavoro, in un
povero e rumoroso locale da strip-tease.
"Io ero sul palco soltanto per pochi minuti con le mie canzoni folk. Poi
salivano sul palco le spogliarelliste per il loro numero. La folla gridava
per avere più numeri di spogliarello ma loro se ne andavano via, ed io
tornavo per suonare le mie canzoni folk. Più la notte avanzava e più
l’aria era pesante, più il pubblico diventava ubriaco e sgradevole, più io
mi nauseavo, così alla fine fui licenziato".
Bob Dylan ha incominciato a cantare ed a suonare la chitarra quando aveva
dieci anni. Cinque o sei anni più tardi scrisse la sua prima canzone,
dedicata a Brigitte Bardot. Ascoltava in continuazione ogni genere di
dischi, Hank Williams, l’ultimo Jimmie Rodgers, Jelly Roll Morton, Woody
Guthrie, Carl Perkins, il primo Elvis Presley. Un incontro con il cantante
texano Mance Lipscomb lasciò un'impronta nel suo lavoro, come i dischi
blues di Rabbit Brown e di Big Joe Williams. Dylan parla con ammirazione
del senso del ritmo dei grandi cantanti blues, e questo è già diventato il
marchio di fabbrica dei suoi lavori. La sua velocità nell’assorbire nuovi
stili e rielaborarli non è una delle cose meno sorprendenti di Dylan.
Il futuro:
"Voglio solo continuare a cantare ed a scrivere canzoni come sto facendo
ora. Voglio continuare ancora per molto tempo. Non penso a diventare
milionario. Se avessi un sacco di soldi che ne farei?", si chiede, chiude
gli occhi, si toglie il cappello e sorride:
"Comprerei un paio di motociclette, un po’ di condizionatori e 4 o 5
divani".
Le sue canzoni
La canzone con la quale si apre questo album, You're no good, è stata
appresa da Jesse Fuller, il cantante della West Coast. Il suo approccio
vaudeville e la sua enfatizzazione vengono usate per aumentare la finta
rabbia delle liriche.
Talkin' New York è una nota di diario messa in musica. Nel maggio del
1961, Dylan cominciò a fare l'autostop verso Ovest non particolarmente
soddisfatto per quello che aveva visto e sperimentato a New York. Lungo
l'autostrada iniziò a scribacchiare un po' di impressioni della città che
si stava lasciando alle spalle. Erano comiche, ma con sfumature
sarcastiche, molto in stile Woody Guthrie.
Dylan non aveva mai cantato In My Time Of Dyin' prima di questa seduta di
registrazione. Non si ricorda dove l'ha sentita per la prima volta. La
chitarra è accessoriata con il cappuccio del rossetto che aveva preso in
prestito dalla sua ragazza, Susie Rotolo, che se ne stava seduta
religiosamente e con gli occhi spalancati durante le registrazioni.
Man of constant sorrow è una canzone folk tradizionale delle montagne del
Sud di considerevole popolarità e molto vecchia, ma probabilmente mai
cantata in questa maniera prima d'ora.
Fixin' to die, che echeggia lo spirito ed alcune parole di In My Time Of
Dyin', è stata appresa da una vecchia registrazione di Bukka White.
Una canzone tradizionale scozzese è alla base del brano Pretty Peggy-O. Ma
la canzone ha perduto la sua pronuncia originaria ed ha acquistato invece
l'accento del Texas, ed un po' di nuovi versi da parte del cantante.
Una Highway 51 che ha il ritmo di un motore diesel è un brano cantato
dagli Everly Brothers e qui parzialmente riscritto da Dylan. La sua
chitarra ha l'accordatura aperta e presenta una figura particolarmente
irrestistibile nella sua improvvisazione. In maniera simile è l'uptempo di
Gospel Plow, che trasforma l'antico spiritual in una canzone virtualmente
nuova.
Ric Von Schmidt, un giovane artista e cantante blues di Boston, è stato la
fonte per Baby, Let Me Follow You Down.
House of the Risin' Sun è un lamento tradizionale di una donna di New
Orleans costretta alla prostituzione dalla sua condizione di povertà.
Dylan ha imparato la canzone dal cantante Dave Van Ronk: "Ho sempre
conosciuto Risin' Sun ma non l'ho mai veramente appresa finchè non l'ho
sentita cantare da Dave".
La versione di Dylan di Freight Train Blues è stata adattata da un vecchio
disco di Roy Acuff.
Song to Woody è un altro originale di Bob Dylan, dedicato ad uno dei suoi
più grandi ispiratori, e scritta nel linguaggio musicale del suo idolo.
In conclusione di questo album c'è la potenza travolgente e la tragedia
del blues di Blind Lemon Jefferson, See That My Grave Is Kept Clean.
L'acutezza e la passione di questa semplice canzone rivela sia la
tradizione del country blues sia la sua voce più nuova, Bob Dylan, nella
loro bellezza. STACEY
WILLIAMS
traduzione di Michele Murino
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"Bob Dylan: un caratteristico
cantante folk"
di Robert Shelton
dal "New York Times" di venerdì 29 Settembre 1961
Un brillante quanto nuovo volto della musica folk è apparso al Gerde’s
Folk City. Sebbene abbia solo venti anni, Bob Dylan è uno dei più
singolari cantanti folk che mai abbiano suonato nei locali di Manhattan da
molti mesi a questa parte.
Simile ad un incrocio tra un ragazzino da coro ed un giovane beatnik, il
Signor Dylan ha un look da cherubino ed una massa di capelli scompigliati
che in parte copre con il suo cappello di velluto nero simile a quello di
Huckleberry Finn. I suoi abiti dovrebbero essere un po' più curati ma
quando suona la sua chitarra, o l'armonica oppure il pianoforte e scrive
nuove canzoni più velocemente di quanto possa ricordarsele, non c’è alcun
dubbio che egli sprizza talento da tutti i pori.
La voce del Signor Dylan è tutto fuorchè bella. Egli sta consapevolmente
cercando di ricostruire la ruvida bellezza di un lavoratore dei campi del
Sud che canticchia meditabondo sotto il suo portico. La sua musica è
caratterizzata da un cantato tutto "tosse e latrato" ed una bruciante
intensità permea le sue canzoni.
Il Signor Dylan è allo stesso tempo comico e tragico. Proprio come un
attore di varietà del circuito rurale, egli offre una notevole quantità di
buffi monologhi musicali: "Talking Bear Mountain" satireggia l'eccessivo
affollamento di una barca per le vacanze, "Talkin' New York" fa la stessa
cosa con riferimento ai suoi problemi nel cercare di affermarsi e "Talking
Havah Nagilah" si fa beffe della musica folk di moda e del cantante
stesso.
Quando adopera la sua vena seria, il Signor Dylan sembra invece esibirsi
in un film al rallentatore. Frasi elasticizzate sono prolungate
all'inverosimile finchè si ha l'impressione che stiano per esplodere da un
momento all'altro. Egli scuote la testa ed il corpo, chiude gli occhi
sognante e sembra andare a tentoni in cerca di una parola o di uno stato
d’animo, poi risolve la tensione trovandoli entrambi.
Il suo approccio personalizzato alla musica folk è ancora in fase di
evoluzione. Sembra che egli abbia assorbito varie influenze come una
spugna. A volte, il dramma al quale tende è un melodramma fuori bersaglio
ed il suo stile minaccia di andare oltre per un eccesso di maniera.
Ma seppure non adatta a tutti i palati, la sua musica ha la maschera
dell’originalità e dell’ispirazione, entrambe in quantità più che
considerevole tenuto conto della sua età.
Il Signor Dylan è vago quando parla del proprio passato e del luogo di
nascita, ma non ha molta importanza dove è stato rispetto a dove sta
andando, e sembra che stia andando dritto in alto.
traduzione di Michele Murino
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LINER NOTES FROM "BOB DYLAN"
by Stacey Williams (actually Robert
Shelton)
Excitement has been running high since the young man with a guitar ambled
into a Columbia recording studio for two sessions in November, 1961. For
at only 20, Dylan is the most unusual new talent in American folk music.
His talent takes many forms. He is one of the most compelling white blues
singers ever recorded. He is a songwriter of exceptional facility and
cleverness. He is an uncommonly skillful guitar player and harmonica
player.
In less than one year in New York, Bob Dylan has thrown the folk crowd
into an uproar. Ardent fans have been shouting his praises. Devotees have
found in him the image of a singing rebel, a musical Chaplin tramp, a
young Woody Guthrie, or a composite of some of the best country blues
singers.
A good deal of Dylan’s steel-string guitar work runs strongly in the blues
vein, although he will vary it with country configurations, Merle Travis
picking and other methods. Sometimes he frets his instrument with the back
of a kitchen knife or even a metal lipstick holder, giving it the clangy
virility of the primitive country blues men. His pungent, driving, witty
harmonica is sometimes used in the manner of Walter Jacobs, who plays with
the Muddy Waters’ band in Chicago, or the evocative manner of Sonny Terry.
Another strong influence on Bob Dylan was not a musician primarily,
although he has written music, but a comedian — Charlie Chaplin. After
seeing many Chaplin films, Dylan found himself beginning to pick up some
of the gestures of the classic tramp of silent films. Now as he appears on
the stage in a humorous number, you can see Dylan nervously tapping his
hat, adjusting it, using it as a prop, almost leaning on it, as the
Chaplin tramp did before him.
Yet despite his comic flair, Bob Dylan has, for one so young, a curious
preoccupation with songs about death. Although he is rarely inarticulate,
Dylan can’t explain the attraction of these songs, beyond the power and
emotional wallop they give him, and which he passes on to his listeners.
It may be that three years ago, when a serious illness struck him, that he
got an indelible insight into what those death-haunted blues men were
singing about.
Bob Dylan was born in Duluth, Minnesota, on May 24, 1941. After living
briefly in Sioux Falls, South Dakota, and Gallup, New Mexico, he graduated
from high school in Hibbing, Minnesota “way up by the Canadian border.”
For six troubled months, Bob attended the University of Minnesota on a
scholarship. But like so many of the restless, questioning students of his
generation, the formal confines of college couldn’t hold him.
“I didn’t agree with school,” he says. “I flunked out. I read a lot, but
not the required readings.”
He remembers staying up all night plowing through the philosophy of Kant
instead of reading “Living With the Birds” for a science course.
“Mostly ,” he summarizes his college days, “I couldn’t stay in one place
long enough.”
Bob Dylan first came East in February, 1961. His destination: the
Greystone Hospital in New Jersey. His purpose: to visit the long-ailing
Woody Guthrie, singer, ballad-maker and poet. It was the beginning of a
deep friendship between the two. Although they were separated by thirty
years and two generations, they were united by a love of music, a kindred
sense of humor and a common view toward the world.
The young man from the provinces began to make friends very quickly in New
York, all the while continuing, as he has since he was ten, to assimilate
musical ideas from everyone he met, every record he heard. He fell in with
Dave Van Ronk and Jack Elliott, two of the most dedicated musicians then
playing in Greenwich Village, and swapped songs, ideas and stylistic
conceptions with them. He played at the Gaslight Coffeehouse, and in
April, 1961, appeared opposite John Lee Hooker, the blues singer, at
Gerde’s Folk City. Word of Dylan’s talent began to grow, but in the
surcharged atmosphere of rivalry that has crept into the folk-music world,
so did envy. His “Talkin’ New York” is a musical comment on his reception
in New York.
Recalling his first professional music job, Bob says:
“I never thought I would shoot lightning through the sky in the
entertainment world.
In 1959, in Central City, Colorado, he had that first job, in rough and
tumble striptease joint.
“I was onstage for just a few minutes with my folk songs. Then the
strippers would come on. The crowd would yell for more stripping, but they
went off, and I’d come bouncing back with my folky songs. As the night got
longer, the air got heavier, the audience got drunker and nastier, and I
got sicker and finally I got fired.”
Bob Dylan started to sing and play guitar when he was ten. Five to six
years later he wrote his first song, dedicated to Brigitte Bardot. All the
time, he listened to everything with both ears — Hank Williams, the late
Jimmie Rodgers, Jelly Roll Morton, Woody Guthrie, Carl Perkins, early
Elvis Presley. A meeting with Mance Lipscomb, Texas songster, left its
mark on his work, as did the blues recordings of Rabbit Brown and Big Joe
Williams. He speaks worshipfully of the sense of pace and timing the great
blues men had, and it has become a trademark of his work already. His
speed at assimilating new styles and digesting them is not the least
startling thing about Bob Dylan.
The future
“I just want to keep on singing and writing songs like I am doing now. I
just want to get along. I don’t think about making a million dollars. If I
had a lot of money what would I do?” he asked himself, closed his eyes,
shifted the hat on his head and smiled
“I would buy a couple of motorcycles, a few air-conditioners and four or
five couches.”
His Songs
The number that opens this album, “You’re No Good,” was learned from Jesse
Fuller, the West coast singer. Its vaudeville flair and exaggeration are
used to heighten the mock anger of the lyrics.
“Talkin’ New York” is a diary note set to music. In May, 1961, Dylan
started to hitchhike West, not overwhelmingly pleased at what he had seen
and experienced in New York. At a truck stop along the highway he started
to scribble down a few impressions of the city he left behind. They were
comic, but tinged with a certain sarcastic bite, very much in the Guthrie
vein.
Dylan had never sung “In My Time of Dyin'” prior to this recording
session. He does not recall where he first heard it. The guitar is fretted
with the lipstick holder he borrowed from his girl, Susie Rotolo, who sat
devotedly and wide-eyed through the recording sessions.
“Man of Constant Sorrow” is a traditional Southern mountain folk song of
considerable popularity and age, but probably never sung quite in this
fashion before.
“Fixin’ to Die,” which echoes the spirit and some of the words of “In My
Time of Dyin’,” was learned from an old recording by Bukka White.
A traditional Scottish song is the bare bones on which Dylan hangs “Pretty
Peggy-O.” But the song has lost its burr and acquired instead a Texas
accent, and a few new verses and fillips by the singer.
A diesel-tempoed “Highway 51” is of a type sung by the Everly Brothers,
partially rewritten by Dylan. His guitar is tuned to an open tuning and
features a particularly compelling vamping figure. Similarly up tempo is
his version of “Gospel Plow,” which turns the old spiritual into a
virtually new song.
Eric Von Schmidt, a young artist and blues singer from Boston, was the
source of “Baby, Let Me Follow You Down.” “House of the Risin’ Sun” is a
traditional lament of a New Orleans woman driven into prostitution by
poverty. Dylan learned the song from the singing of Dave Van Ronk: “I’d
always known ‘Risin’ Sun’ but never really knew I knew it until I heard
Dave sing it.” The singer’s version of “Freight Train Blues” was adapted
from an old disk by Roy Acuff.
“Song to Woody,” is another original by Bob Dylan, dedicated to one of his
greatest inspirations, and written much in the musical language of his
idol.
Ending this album is the surging power and tragedy of Blind Lemon
Jefferson’s blues — “See That My Grave Is Kept Clean.” The poignance and
passion of this simple song reveals both the country blues tradition — and
its newest voice, Bob Dylan — at their very finest.
– Stacey Williams (actually Robert Shelton)
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From the New York Times, Friday, September,
29 1961
Bob Dylan: A Distinctive Folk-Song Stylist
By ROBERT SHELTON
A bright new face in folk music is appearing at Gerde’s Folk City.
Although only 20 years old, Bob Dylan is one of the most distinctive
stylists to play in a Manhattan cabaret in months.
Resembling a cross between a choir boy and a beatnik, Mr. Dylan has a
cherubic look and a mop of tousled hair he partly covers up with a Huck
Finn black corduroy cap. His clothes may need a bit of tailoring, but when
he works his guitar, harmonica or piano and composes new songs faster than
he can remember them, there is no doubt that he is bursting at the seams
with talent.
Mr. Dylan’s voice is anything but pretty. He is consciously trying to
recapture the rude beauty of a Southern field hand musing in melody on his
back porch. All the “husk and bark” are left on his notes, and a searing
intensity pervades his songs.
Mr. Dylan is both comedian and tragedian. Like a vaudeville actor on the
rural circuit, he offers a variety of droll musical monologues. “Talking
Bear Mountain” lampoons the overcrowding of an excursion boat. “Talking
New York” satirizes his troubles in gaining recognition and “Talkin’ Hava
Negilah” burlesques the folk-music craze and the singer himself.
In his serious vein, Mr. Dylan seems to be performing in a slow-motion
film. Elasticized phrases are drawn out until you think they may snap. He
rocks his head and body. He closes his eyes in reverie, seems to be
groping for a word or a mood, then resolves the tension benevolently by
finding the word and the mood.
Mr. Dylan’s highly personalized approach toward folk song is still
evolving. He has been sopping up influences like a sponge. At times, the
drama he aims at is off-target melodrama and his stylization threatens to
topple over as a mannered excess.
But if not for every taste, his
music-making has the mark of originality and inspiration, all the more
noteworthy for his youth. Mr. Dylan is vague about his antecedents and
birthplace, but it matters less where he has been than where he is going,
and that would seem to be straight up.
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