MAGGIE'S FARM

sito italiano di BOB DYLAN

PARTE 441

 

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ehm... la lettera anonima su Carla Bruni in realtà era mia... avevo
dimenticato di firmare... :o)
Comunque consiglio a Picchio anche la
lettura di tutti gli articoli e interviste su Bubola che avevo fatto su MF.
ciao
Michele "Napoleon in rags"

Azzo....proprio tu dimentichi di firmare....bravo 7+  :o)

Mr.Tambourine

 

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Ciao ragazzi,

Mi chiamo Guido e sono un accanito fan di BOB da molti anni e da molti anni vi seguo
ma se mi permettete vorrei parlare e rendere un piccolo e forse ingenuo omaggio a chi
tra le altre cose BOB me lo ha fatto scoprire;
Gli ho scritto due righe e vorrei condividere questi sentimenti con voi:

Caro Fabrizio,

Dieci anni fa sei partito, te ne sei andato,
ricordo bene, la testa sentì la notizia,
il cuore non volle accettarla.
Piansi... di dolore, di solitudine, di rabbia,
fui molto egoista, piansi perchè non ti avevo mai visto in concerto,
di persona, avavo 18 anni.
Capiscimi se puoi,
Il pescatore è la Prima canzone che ricordo nella mia vita...
avevo tre anni e la cantavo a memoria... quella cassetta arancione;
sono nato con la tua musica, con la tua voce.
Grazie a Te ho conosciuto Bob,
Insieme avete fatto crescere la mia anima, la mia testa, il mio cuore.
Lui per me è l' idolo, tu sei il vero amico.
Non esistono secondo me etichette valide per te,
semplicemente sei e sarai sempre Fabrizio.
Ieri sera guardando tuo figlio cantare ho pianto di nuovo,
dopo 10 anni e ho capito finalmente il perchè,
Il tuo corpo ci ha lasciato ma tu vivi, ogni giorno, sempre.
Grazie grande amico prezioso, Grazie FABRIZIO.

grazie per lo spazio ragazzi, ciao.

A egregie cose il forte animo accendono l'urne dei forti.........

Caro Guido , grazie a nome di tutti per le sentite parole su Fabrizio :o)

Mr.Tambourine

 

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Ho letto tutta la storia del "mindeye" che sta alle spalle di Bob nei concerti , e non ho potuto fare a meno di piombare in questa osservazione : Lui dice di vedere con la mente e non con gli occhi , in poche parole vuol dire che bisogna capire quello che si vede e si sente , giusto ? Allora , perchè nei suoi concerti non si capisce niente di quello che si vede e nemmeno di quello che si sente , non vi pare una forte contraddizione ? Che Bob si ricordi di quello che ha alle spalle e del significato , anche se ora come ora io metterei un orecchio gigantesco al posto dell'occhio alle sue spalle !!! Scusatemi l'impertinenza , ma quando ci vuole ci vuole , eh ca.....spita !

Marisa Belli

Proposta decisamente interessante Marisa........:o)

Mr.Tambourine

 

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Caro Michele,
intanto ancora grazie per quello che fai per noi Dylaniani puri di cuore...
Purtroppo ci sono persone che parlano di Dylan come parlano tv e giornali di politica:cioè con notizie false e controllate,di solito basta invertire il tutto ed hai la vera notizia...
Sei il nostro Beppe Grillo....
due questioni:
1)Manco(perdonami, ma ho validi motivi) da 5 anni ai concerti di bob,a roma sarà il sesto in 16 anni,e leggo tutti i vostri commenti,prima impazzivo con Bob alla chitarra e col suo bizzarro ma purissimo talento:cosa devo aspettarmi ora, poichè ho avuto( da quello che leggo) la fortuna di non vederlo mai al piano sinora???

Io penso che tu debba assolutamente andare al prossimo concerto e vedere di persona , poi mandaci le tue impressioni , OK ?

2)sto completando la raccolta teatro-canzone di Giorgio Gaber:lo considero il più grande anti-conformista e graffiante paroliere italiano,e con De Andrè,seppur diverso,credo sia stato un artista di inarrivabile capacità espressiva,sia nella scrittura che nella recitazione musicale. Inoltre credo che le sue parole siano molto Dylaniane, seppur diversi i percorsi musicali.Ogni sua canzone è un quadro veritiero e tremendo per capire la politica insulsa,i vizi,le debolezze e le vergogne di molti settori del nostro paese e dell'animo umano.
Cosa ne pensi sia personalmente,sia in generale del signor G.?
Hai mai pubblicato qualcosa nel sito su di lui,o conosci qualcuno con cui si possa parlare di questo fantastico scrittore-cantautore??
grazie,Arnaldo

Non ho mai pubblicato niente su Giorgio , pur avendolo conosciuto di persona , grande artista nel vero senso della parola , quando gli altri smettevano di cercare lui continuava a scavare più a fondo , e trovava sempre qualcosa , prometto una delle prossime domeniche di dedicare lo special a lui.

Mr.Tambourine

 

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1 blonde on blonde
2 highway 61 revisited
3 bringing it all back home
4 freewhelin' bob dylan
5 blood on the tracks
6 john wesley harding
7 another side of bob dylan
8 the times they are a changin'
9 modern times
10 oh mercy

Arrick

Classifica aggiornata , grazie .

Mr.Tambourine

 

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Hey Tamb,
hai qualche info sulla foto che hai usato oggi (15/1) in testa al sito? Mi piacerebbe usarla per fare una copertina... potresti inviarmela o renderla disponibile?
Grazie
Gypsy Flag
 

Si, l'ho inviata via mail al tuo indirizzo , ciao

Mr.Tambourine

 

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Ciao Mr.Tamb,
ho ascoltato la colonna sonora di Into the wild (molto bella) e non ho fatto a
meno di notare che nella canzone Society, Vedder suona un assolo che tanto mi
ricorda Blowing in the wind...ascoltala e dimmi che ne pensi.

La canzone è Dylaniana 100% , Vedder è delicato , l'assolo è spudoratamente Blowin' , concordo pienamente con la tua opinione.

Per quanto riguarda Dylan, volevo chiederti quale sia il significato di
Subterranean Homesick Blues. So che Carrera aveva parlato in un intervista di
una canzone fatta di slang americani... ma quindi se non ci mettiamo a studiare
Americano non possiamo capirla?
Che senso ha, mi chiedo, dire che Johnny è in cantina che mischia la
medicina mentre io sono sul marciapiede (e quindi sopra la sua testa) che penso al governo?
Chi è Johnny? E tutto il resto?

Sai inoltre se Dylan abbia avuto contatti con Barrett o i Floyd?
Secondo te c'è qualcosa in comune tra Syd e Bob?
Spero di non essermi rivolto a te con toni troppo pedanti, non vorrei farti
sentire un guru, ma Dylan è interessante e per capirlo ci vuole anche
un po di cultura e forse, in questo campo, è ciò che mi manca.
Ti ringrazio!
Renecat

La traduzione di un pezzo dall'inglese è sempre un rischio , l'inglese è più sintetico ed usa poche parole , l'italiano , per dire la stessa cosa è ricco di vocaboli , mentre a volte nell'inglese si usa la stessa parola in diverse occasioni , da qui nasce il rischio di sbagliare o di travisare nella traduzione . Ecco cosa dice Alessandro Carrera , il traduttore ufficiale di Bob , al riguardo :

Per chi traduce poesia l’esilio peggiore è quello dal paradiso della rima. Lì non c’è ritorno o riconquista possibile. Non ci sarà modo di dare a un’altra cassa armonica le stesse risonanze di quel liuto che era stato messo insieme con il legno dell’albero edenico. Peggio ancora, poi, se il Testo da tradurre era originariamente parte di una canzone. Perché in questo caso il traduttore non dovrà tradurre solo il verso rimato, ma anche la voce del cantante, la sua intonazione, le sue idiosincrasie vocali, i suoi silenzi e le sue debolezze, perché tutto concorre al significato di una canzone, non solo quel che c’è scritto, ma ancor di più quello che nemmeno si può scrivere.
Bob Dylan, del quale ho tradotto 355 canzoni dall’estate del 2002 all’inizio del 2006 (ora raccolte in Lyrics 1962-2001, Feltrinelli 2006) è appunto l’incarnazione dell’incubo peggiore che possa assillare un traduttore: un autore nel quale tutta la scrittura è riassunta nella voce, anzi nelle voci, perché Dylan ne ha molte, una per ogni fase della sua carriera, al punto che spesso sembra mutare scrittura solo per rincorrere le metamorfosi della sua voce. E se una voce non si può mai adeguatamente trascrivere (autorevoli filosofi hanno così argomentato, in anni recenti), come si potrà addirittura tradurre?
Il criterio che ho seguito nella traduzione delle Lyrics dylaniane è stato quello di attenermi contemporaneamente a molti criteri, senza privilegiarne nessuno e cercando di evitare il più possibile ostinazioni o partiti presi. Soprattutto, ho cercato "to get it right", di tradurre cioè con la maggior precisione possibile le espressioni idiomatiche che, data la loro appartenenza a una lingua così mutevole come l’americano parlato, sono sfuggite ai traduttori che si sono fermati ai testi degli anni sessanta o che non hanno potuto spingersi oltre gli ottanta. Al loro occasionale surrealismo traduttoriale ho spesso sostituito significati che non erano poi così oscuri, a patto di conoscere l’espressione idiomatica di riferimento. Non che fosse facile (a volte si tratta di espressioni poco note anche agli americani), e ammetto di avere lavorato in condizioni migliori delle loro, se non altro perché avevo a disposizione più passato, più letteratura critica, più banche dati su carta e in internet, nonché amici competenti e volonterosi. La preoccupazione di tradurre veramente, e non di inventarmi una traduzione, mi ha costretto però a ridurre talvolta le mie ambizioni. Dove ho sentito che potevo osare senza stravolgere il verso, ho osato. Ma se il prezzo da pagare per una traduzione più poetica e cantante era, un’altra volta, l’incomprensione di ciò che Dylan effettivamente dice, allora ho preferito non pagarlo. A traduttori futuri che vorranno riscrivere Dylan secondo i loro criteri e per i loro fini passo volentieri la mano. Nel corso di questo lavoro mi sono reso conto che un traduttore può riscrivere, rimodellare, ricreare, ri-soffrire il páthos del testo originale, renderlo più fluido nella propria lingua, a volte perfino migliorarlo, ma che spesso deve abbassare la cresta e limitarsi a tradurre.

La prima decisione che dovevo prendere riguardava le allocuzioni affettive come "baby”, "mama”, "daddy”, "honey”, "love”. Ho scartato subito ogni variante di "bambina”, "bimba”, "dolcezza, "cara” o "tesoro” (a queste ultime due ho riservato solo un contesto ironico). In inglese si tratta di termini che non hanno età, non richiamano nessuna classe sociale e a volte non hanno nemmeno sesso, ma in italiano appartengono unicamente alla lingua della piccola borghesia o al lessico fortemente codificato del libretto d’opera primo Novecento e della canzone di consumo. "Bimba dagli occhi pieni di malia” si ascolta nella Madama Butterfly ma, visto che il personaggio che canta è un americano, non è detto che non sia un traduzione di "baby”. "Ciao, ciao, bambina, un bacio ancora” è stato il tentativo di Dino Verde e Domenico Modugno di tradurre "Bye, bye, baby” ma, nonostante il successo, l’espressione non ha avuto presa. In effetti non era nuova, e gli italiani avevano ancora nelle orecchie alcuni versi di canzoni degli anni trenta come "Bambina innamorata, stanotte ti ho sognata”. "Tesoro”, "cara” e "dolcezza”, poi, se non sono ironici (come in "cara mia”) sono semplicemente orribili, sanno di sceneggiato televisivo mal tradotto. "Amore” va usato con molta parsimonia, perché in inglese uno può dire indifferentemente che ama Dio, ama il suo cane o ama la crostata di mele di sua zia, ma in italiano bisogna andarci piano con l’amore (meglio "amore mio”). La lingua di Dylan, poi, non è quella della piccola borghesia americana, e in italiano necessita di uno strato più profondo, popolare senza essere per forza populista; quello che, se vogliamo restare nell’ambito della canzone, appartiene magari a Paolo Conte o a Enzo Jannacci.
In realtà la corrispondenza quasi perfetta con "baby” si avrebbe con le espressioni napoletane "nenna” o "nennella”, purtroppo inutilizzabili perché non diffuse su tutto il territorio nazionale (e sulla questione dei possibili apporti dialettali mi dilungherò più avanti). "Ragazza mia” si può usare se il tono non è troppo dolce. Quanto al maschile, "ragazzi” o "salve ragazzi” sa di oratorio e di trasmissioni per giovani alla radio negli anni sessanta, ed è quasi sempre meglio tradurlo con "amici” o "amici miei”. In definitiva, per trovare l’equivalente di "baby” mi sono letto l’antologia della poesia popolare italiana curata da Pier Paolo Pasolini nonché la raccolta di canti italiani curata da Roberto Leydi. L’unico possibile equivalente italiano, comune a tutti i dialetti e a tutte le tradizioni, è "bella” o "bella mia”. Ma anche "bella” non va inflazionato. Dylan canta, ha bisogno di riempire il verso e a questo scopo "baby” va sempre bene. Ma una volta che il suo testo viene letto, e letto in un’altra lingua, di simili riempitivi non c’è bisogno. Sulla pagina danno solo fastidio. Da qui la decisione di compiere un massacro degli innocenti e di eliminare quanti più "babies” possibile. Ho lasciato "bella”, "bella mia” o "ragazza mia” solo quando il verso e il senso lo richiedevano. Non l’ho usata neanche una volta in canzoni piene di "babies” come It Ain’t Me, Babe o Baby, Stop Crying. Ho lasciato l’espressione in inglese, invece, quando aveva un effetto fonetico che non si poteva alterare, come in It’s All Over Now, Baby Blue o in Sugar Baby, perché "Baby Blue” non si può tradurre con "bambina triste” o "bambina blu”. Può avere il senso, se si vuole, di "perla dei miei occhi”, ma in realtà non vuol dire niente di preciso, è semplicemente un effetto della tavolozza fonetica dell’inglese. Cercare di tradurlo in italiano sarebbe come voler tradurre in inglese "c’era una volta un bambino piccino picciò”. E una "sugar baby” non è necessariamente una "zuccherina”.
Certo, qualcosa nel passaggio si perde. Data l’ambiguità di "babe”, It Ain’t Me, Babe è una canzone rivolta da un uomo a una donna solo perché la canta Dylan. In realtà può anche essere indirizzata da una donna a un uomo (così infatti, senza cambiare una virgola, la canta Joan Baez). Per lasciare la stessa ambiguità in italiano avrei però dovuto concludere ogni strofa con un verso che non mi piaceva. Invece di "l’uomo che cerchi tu non sono io” avrei dovuto dire "chi cerchi tu non sono io” con un effetto di chiusura troppo brusco e dal suono troppo secco. Pazienza per l’ambiguità.

Il secondo problema consisteva nel rendere le espressioni di movimento come "I am walking”, "down the road”, "down the highway” o "along the line”. L’archetipo dylaniano è quello di un uomo che cammina lungo il ciglio di una strada di campagna. È così da I’m Walking Down the Line del 1962 a Love Sick del 1997, fino alla Ain’t Talking del recentissimo Modern Times ("Ain’t talking, just walking”; come a dire: "Parlare non parlo, cammino e basta”), perché è uno degli archetipi del blues e del country. Ma non è un archetipo italiano, e non è neanche una forma del moto che la lingua italiana abbia mai dovuto esprimere in quel modo. L’inglese pone un’enfasi tutta preposizionale (spero si possa dire così) su movimenti anche minimi che in italiano non può essere resa in parallelo. Non c’è modo di rendere letteralmente un verso come questo di Jim Morrison in The End: "And he walked on down the hall”. Bisogna ricorrere a "proseguì”, "mosse i suoi passi”, "avanzò”, "attraversò”, ma certo non si può tradurre "continuò a camminare lungo il salone” (per quanto ci siano esimi traduttori di testi rock perfettamente convinti che se tu non traduci così vuol dire che non sai l’inglese). Ma torniamo a Dylan e prendiamo un verso di Black Diamond Bay: "She walks across the marble floor”. Certo, si può tradurre: "Cammina sul marmo del pavimento”, ma si sente che non funziona, che in italiano l’espressione suona troppo generica, troppo meccanica, e che non dà nessun senso di direzione o di scopo. Diremo allora "attraversa la stanza dal pavimento di marmo” o, più concisamente, "attraversa la stanza di marmo”? Sì, pur di non usare "cammina”, perché in italiano non si cammina, si va a piedi. "È mezz’ora che cammino” va benissimo, perché descrive l’azione fisica e non la destinazione. Ma "si va a piedi” da Lodi a Milano, come dice la canzone della bella Gigogin. In italiano si "prende” una strada, si "fa” un certo tratto di strada, si "percorre una via”, anche, ma non fa parte del nostro bagaglio storico e linguistico dire di qualcuno che "camminava giù per l’autostrada”.
Anche perché (a parte il "giù” come traduzione sbrigativa di "down”), mentre il termine "highway” significa prima di tutto "strada maestra”, in Italia l’autostrada comincia ad esistere negli anni sessanta e corrisponde a "motorway”, "freeway” o "tollway” (autostrada a pedaggio). Quando Dylan parla di "highway” a volte si riferisce alla moderna autostrada, altre volte alla più antica strada maestra. Quello che Dylan ha in mente, in effetti, è la nostra "statale” (cosa che Guccini aveva capito benissimo quando ha scritto Statale 17, la sua canzone di autostop chiaramente ispirata a Down the Highway), e ancora di più il nostro "stradone”, dove mi viene in soccorso l’autorità del Bartali di Paolo Conte: "mi piace restar qui sullo stradone / impolverato, se tu vuoi andare vai” (Dirty Road Blues, a tutti gli effetti). Oppure, cambiando registro, l’autorità del Canzoniere di Petrarca. Mi sono scervellato per ore su come rendere in un italiano vero, non posticcio, non inglesizzato, il primo verso di Standing in the Doorway: "I’m walking through the summer nights”, finché mi è venuto in mente che Petrarca aveva già risolto il problema per me: "Solo e pensoso i più deserti campi / vo misurando a passi tardi e lenti”. Da cui la traduzione che infine ho adottato: "Misuro coi passi le sere d’estate”. Ma, proprio perché non dovevo irrigidirmi su nessuna soluzione, mi sono accorto che il primo verso di Love Sick, "I’m walking through streets that are dead” doveva risultare il più possibile ricalcato sull’inglese: "Cammino su strade che sono morte”. Non per come il verso è scritto, ma per come Dylan lo canta. Nessuna traduzione può trascurare il modo in cui la voce di Dylan scandisce le parole: "I’m walking - through streets that are DEAD”. E, giusto perché il richiamo alla poesia "alta” non è mai fuori luogo quando parliamo di Dylan, aggiungerò che ho tradotto All Along the Watchtower con Dalla torre di vedetta (e non, pigramente, con "Lungo la torre di guardia” o simili) perché una poesia di Mario Luzi raccolta in Onore del vero termina con il verso: "Tanto afferra l’occhio da questa torre di vedetta”.

Il terzo tormento consisteva nel decidere che soluzioni adottare riguardo alla rima e alla metrica. Come impostazione generale, ho cercato di resistere all’ossessione della rima a tutti i costi, e di usarla solo con prudenza, nei punti chiave, o quando il testo mi urlava nelle orecchie che la voleva assolutamente. Gli italiani sono stranamente convinti che la loro lingua abbia meno rime dell’inglese. T. S. Eliot (lo scrive nei suoi saggi su Dante) era convinto dell’esatto contrario. Certamente una volta l’italiano era una lingua straordinariamente flessibile, dato il grande numero di troncamenti e inversioni sintattiche che permetteva (altrimenti non sarebbe rimasto per due secoli la lingua franca dell’opera). Da quando però l’italiano si è slatinizzato, modernizzato e linearizzato, qc’è nessuno in questa casa?’ / Me ne stavo sui gradini / a sentirmi giù da cani. Poi arriva un contadino / che credeva fossi pazzo, / che mi guarda e che mi pianta / il fucile nei calzoni”.
4) Rime occasionali o strategiche, che danno coesione al testo senza doverlo gravare con consonanze cercate a tutti i costi. Desolation Row, ad esempio, ha cominciato a funzionare solo quando per ogni strofa ho inserito almeno una rima con "desolazione”, che è sempre la parola conclusiva. Per lo stesso motivo, ho consapevolmente inserito una zeppa nell’ultima strofa di Boots of Spanish Leather. Poiché la rima "weather / leather”, con l’anticipazione in "—eather” del suono della parola che è nel titolo, avverte l’aueste libertà si sono molto ridotte, e anzi oggi già troncare un infinito (come facevano ancora impunemente Mogol e Battisti alla fine degli anni sessanta) ci sembra una cosa vecchio stile, polverosa se non proprio brutta (De Gregori ha scritto Sotto le stelle del Messico a trapanar proprio per prendere in giro la scorciatoia dei troncamenti, e anzi voleva intitolare la canzone Infiniti tronchi). Io non so se l’inglese abbia o non abbia più rime dell’italiano. Certamente ha più rime tronche, ossitone, monosillabiche, e poiché la canzone rock è in gran parte modellata sul fraseggio dell’inglese, un testo italiano che voglia adattarsi al rock, evitando troncamenti ormai demodé, finisce per usare quelle poche parole ossitone che possono essere ficcate in fondo a un verso, oppure le solite rime morfologiche ottenute con i futuri e i passati remoti dei verbi. Per carità, è una soluzione alla quale ho fatto ricorso anch’io, e anche spesso, ma so che è una scorciatoia, un cavarsela con poco (più o meno l’equivalente delle quinte parallele in musica), e l’ho usata solo se mi sembrava che non disturbasse troppo, e anzi che si notasse il meno possibile.
La rima è un orologio interno. È un aiuto per l’ascoltatore che, non avendo il testo sottomano, sa quando aspettarsi la fine della strofa e, posto che l’autore del testo abbia lasciato cadere i segnali giusti, anche la fine della canzone. Ma una canzone resta una canzone anche alla lettura. A meno di non eliminare la divisione in strofe e spezzare la simmetria dei versi (come ha fatto ad esempio Giovanni Raboni nella sua traduzione dei Fiori del male, con un coraggio che non tutti hanno apprezzato), la stessa forma delle strofe, allineate come tante scatolette, sembra richiedere a gran voce che l’orologio interno non venga lasciato a scaricarsi.
La soluzione, almeno per me , è consistita nel lavorare più sulla musica interna del verso che sulla stampella della rima. Quindi ho utilizzato i seguenti criteri:
1) Prosa versificata, all’occorrenza ritmata, quando la canzone ha versi lunghi e una forte spinta narrativa. Non ha senso tradurre in rima e metrica canzoni come Hurricane o Brownsville Girl. Sono racconti che bisogna rendere leggibili e scorrevoli, senza l’impaccio di una struttura verbale appesantita da continui ritorni.
2) Verso libero, in canzoni dove ogni verso ha un’autonomia forte e non ha bisogno della rima per stare in piedi, come in A Hard Rain’s A-Gonna Fall o nelle ultime canzoni che sono essenzialmente composte di one-liners, vale a dire versi singoli di significato compiuto e che potrebbero essere spostati da una canzone all’altra. Più il verso si fa aforistico e meno ha bisogno della rima – anche se a volte, se non suonava sforzata, l’ho utilizzata.
3) Blank verse o versi sciolti, senza rima ma con una precisa struttura metrica. Dando una struttura metricamente omogenea alla canzone il bisogno della rima spariva, o si faceva sentire molto meno. Come esempio posso citare il ritornello di Tomorrow Is a Long Time: "E solo se il mio amore mi aspettasse, / se sentissi il suo cuore batter piano, / se solo si stendesse qui al mio fianco, / tornerei a dormire nel mio letto”. Sono quattro endecasillabi precisi, e l’unico modo di infilarci una rima consisteva nell’aggiungere una zeppa: "se sentissi il suo cuore batter piano nel mio petto”, giusto per far rima con "letto”. Per due canzoni narrative molto vivaci come Bob Dylan’s New Orleans Rag e Motorpsycho Nightmare ho usato l’ottonario o il settenario tronco, versi che in italiano hanno una storia illustre (Rolli, Metastasio, Carducci) ma che dopo Sergio Tofano e il suo Signor Bonaventura ("Qui comincia l’avventura / del signor Bonaventura”) sanno di vecchiotto e di comico, e quindi andavano benissimo per il tono di quelle canzoni. Del resto, Signor Bonaventura a parte, l’ottonario è una formidabile macchina metrica, molto facile da combinare e molto trascinante se si riesce a superare l’effetto cantilena. Ecco la prima strofa di Motorpsycho Nightmare: "Ho bussato a un podere / per un posto dove stare. / Ero stanco, stanco morto, / e venivo da lontano. / ‘Ehi, ehi’ dico, ‘voi lì dentro, ascoltate che la canzone sta per finire, un segnale ci doveva essere anche nella traduzione. Dunque ho tradotto "Take heed of the stormy weather” con "dunque attenta alla tempesta che ti bagna”, per lasciare la rima con "Spanish boots of Spanish leather”, cioè "stivali spagnoli, di cuoio di Spagna”. È chiaro che la tempesta "ti bagna”, non c’è bisogno di dirlo, e infatti Dylan non lo dice, ma lo dice Paolo Conte, ancora lui, in "Genova per noi, che stiamo in fondo alla campagna / e abbiamo il sole in piazza rare volte e il resto è pioggia che ci bagna”.
5) Rime "naturali”, cioè senza inversioni, all’occorrenza servendomi di infiniti, futuri e participi passati, ma solo se non sforzavano il verso, se non alteravano la linearità sintattica. Le ho usate soprattutto nei blues e nelle canzoni con versi brevi e molto ritmati, vicine alla filastrocca infantile, in particolare nell’ultima strofa giusto per chiudere in bellezza.
6) Rima e metrica in struttura rigorosa, quasi a specchio dell’originale. Mi ci sono avventurato solo poche volte, e proprio perché ero spinto dall’impulso all’autodistruzione che mi ha fatto passare notti su My Back Pages e Love Minus Zero / No Limit. Perché proprio quelle canzoni? Non lo so, l’hanno voluto loro. Nel caso di Mozambique, invece, l’unica canzone che mi sono permesso di riscrivere, l’ho voluto io. Non mi è mai piaciuta e me ne sono voluto vendicare, finendo per metterci molto più tempo a tradurla di quanto probabilmente Bob Dylan e Jacques Levy abbiano impiegato a scriverla. Ma era anche inevitabile. Qualunque traduzione che evitasse il gioco delle rime faceva l‘effetto di un dépliant da agenzia di viaggio.

La quarta necessità consisteva nell’essere più fedeli possibile a quei momenti in cui Dylan forza, consapevolmente o no, la lingua inglese, in senso grammaticale e per raggiungere inedite combinazioni di significato. Gli esempi, numerosissimi, coprono tutta la produzione degli anni sessanta e la prima degli anni settanta. A partire da Blood on the Tracks, che esce nel gennaio del 1975, la lingua di Dylan diviene più regolare, più "scritta”, il che non significa che non riservi sorprese, ma solo che non è più al limite del non-grammaticale come accade ad esempio nei Basement Tapes (il cui eloquio è talmente folle che in italiano li potrebbe cantare solo Jannacci, previa riscrittura nel suo milanese o nel suo italiano più lunatico).
In Ballad of Hollis Brown troviamo ad esempio I versi "Your baby’s eyes look crazy / They’re a-tuggin’ at your sleeve”, dove non si capisce se sono gli occhi del bambino a tirare la manica del padre oppure, per ellissi narrativa, tutti i cinque figli, anche se in quella strofa non sono nominati. Per cui ho tradotto: "Il più piccolo ha occhi da pazzo, ti tirano la manica”, senza pretendere di risolvere un’ambiguità che deve rimanere tale. Allo stesso modo, in One Too Many Mornings troviamo costruzioni grammaticalmente ardite come "An’ the silent night will shatter / From the sounds inside my mind” o "From the crossroads of my doorstep / My eyes start to fade”. Difficile qui stabilire se Dylan avesse il controllo della lingua o se fosse la lingua ad avere il controllo di lui. Non è facile rendere la stranezza di questi versi, ma qui stranezza e bellezza sono alleate (non sempre è così) e un tentativo andava fatto, da cui: "E la sera silenziosa andrà in frantumi / per i suoni che avrò in testa”, nonché: "Dagli incroci della soglia / i miei suoni si fanno più fiochi”. Una corrispondenza più precisa si può ottenere in un verso di Boots of Spanish Leather, nel quale "from the place that I’ll be landing” sta per "where I’ll be landing”, "quel luogo dove io sbarcherò”. Ma "that” e "che” possono essere polivalenti tanto in inglese quanto in italiano, per cui è possibile tradurre "quel luogo che io sbarcherò”. Non è corretto in nessuna lingua ma rende molto bene l’effetto di possesso fisico della terra "che” si sta sbarcando.

Il quinto rompicapo era dato dal livello parallelo dell’American English che è costituito dallo slang. Prendiamo ad esempio due versi di Hurricane: "If you're black you might as well not show up on the street / 'Less you wanna draw the heat”. Io ho tradotto: "se sei nero è meglio che neanche ti fai vedere in giro / se non vuoi tirarti addosso la questura”. Qui qualunque traduzione è discutibile, perché "less you wanna draw the heat” potrebbe voler dire "se non vuoi attirare l’attenzione” o addirittura "se non vuoi tirare fuori la pistola”. Ho scartato l’ipotesi della pistola perché, se l’idea è quella di non farsi notare visto che sei nero, allora non è il caso di pensare a tirar fuori la pistola. Ma rimaneva il problema di "heat” [calore] che in senso slang significa ”situazione scomoda o rischiosa” (conosciamo tutti i western o i polizieschi tradotti alla carlona nei quali poco prima di una sparatoria c’è sempre qualcuno che dice: "Qui tra poco comincerà a far caldo”) ma quando è con l’articolo ("the heat”) significa "la polizia”. Dylan usa il termine con lo stesso senso in Subterranean Homesick Blues, dove "Maggie comes… / Talkin' that the heat put / Plants in the bed” non vuol dire "Maggie arriva... / dice che il caldo le ha messo / piante nel letto”, come più o meno hanno tradotto tutti, bensì: "Ecco Maggie... / dice che la pula le ha messo / gli spioni nel letto” ("plants” è slang per "informatori della polizia”). Visto che tre versi prima avevo concluso un verso con un "ancora”, mi sono permesso un’italianizzazione ("questura” invece di "polizia”) per poter finire la strofa con un’assonanza. Quindi ho tradotto: "se non vuoi tirarti addosso la questura”. Altre traduzioni hanno: "a meno che tu non vada in cerca di guai”, chè è senz’altro accettabile, oppure: "se sei nero meglio che non ti si veda neanche per strada / o ti rifilano la patata”, intendendo probabilmente "heat” come "patata bollente”. Ma "trovarsi tra le mani una patata bollente” ha solo una vaghissima parentela con il non cercare guai o non voler attirare l’attenzione della polizia.

La sesta incognita era costituita dai livelli stilistici. In inglese io posso dire "I made a grievous mistake” oppure "I screwed up”. La prima frase è di tono più alto, la seconda è un colloquialismo. Ma dicono tutt’e due la stessa cosa: "Ho fatto un grave errore”, oppure: "Ho proprio fatto uno sbaglio”. Il problema è che "I screwed up” è molto più colloquiale di: "Ho proprio fatto uno sbaglio”, e anzi corrisponde anche a: "Ho incasinato tutto”. Solo che se in italiano dico: "Ho incasinato tutto” faccio ricorso a un registro che in molte circostanze sarebbe considerato eccessivamente basso, mentre in inglese "I screwed up” è accettabile anche in occasioni semi-ufficiali. L'American English ha la grande forza di essere una lingua dove un livello costamente colloquiale e gergale non è visto come "basso stile”. L’italiano ha perso in parte quel livello diciamo così "americano” diventando lingua standard e lasciandolo ai dialetti. Ad esempio, io ho tradotto "Miss Lonely” di Like a Rolling Stone con "Miss Malinconia” perché volevo che ci fosse un’allitterazione in italiano (Mi-ma-li), visto che c’è in inglese (Mi-lo-ly), e perché una di quelle canzoni degli anni trenta che una volta potevano far piangere le signorine comincia con "Buongiorno tristezza, amica della mia malinconia”. Il termine poteva giocare da controcanto ironico alla "Miss Lonely” della canzone, che è una borghese di buona famiglia ignara del destino al quale sta per andare incontro. La "Miss Liceo” degli Articolo 31, nella loro versione rap di Like a Rolling Stone, va altrettanto bene. Ma quando ho letto sul sito dylaniano www.maggiesfarm.it la traduzione in romanesco di Michele Murino, nella quale Miss Lonely diventa "Miss-puzza-al-naso” l’ho trovata formidabile, al punto di rivedere l’intera mia traduzione in chiave più colloquiale di quanto non fosse all’inizio (è da lì, per esempio, che mi è venuta l’idea di tradurre "thinkin’ that they got it made” con "gente convinta di andare alla grande”).
Però non avrei potuto appropriarmi di una soluzione come "Miss puzza-al-naso”. L’espressione è accettabile, anzi è perfetta, nel contesto di una parlata regionale e gergale, ma è troppo bassa per l’italiano standard, dove apparirebbe stonata. A meno, naturalmente, di non prendere il coraggio a due mani e riscrivere tutto Dylan in chiave di italiano il più possibile "basso”. Ma a queste operazioni bisogna avvicinarsi con molta cautela, perché l’italiano è una lingua che ha troppa storia e troppe storie. Eduardo De Filippo ha tradotto la Tempesta di Shakespeare nel napoletano del Seicento con un risultato straordinario, ma il napoletano del Seicento non era un dialetto, era una grande lingua, che possedeva tutti i livelli e li poteva giocare tutti assieme. Un tentativo di "abbassare” costantemente la lingua dylaniana ci porterebbe verso un linguaggio in ultima analisi povero e costretto a sostituire con un continuo ammiccare la complessità di significati che in realtà non sa dire.
Nemmeno Pasolini riusciva a mantenere un tono basso costantemente credibile nei suoi romanzi romani, e Gadda ci riusciva solo perché lo colorava di sarcasmo e di sapienza multilinguistica. Una fiducia eccessiva nel tono unicamente "basso” finisce con il tradurre il nome "Georgia Sam”, che compare in Highway 61 Revisited, con un orrendo "Bingo-Bongo” (l’esempio non è inventato). Per chiarire: "Georgia Sam” è un nome probabilmente ispirato a due cantanti blues che in alcune occasioni si erano fatti chiamare "Georgia Bill” (Blind Willie McTell) e "Georgia Tom” (Thomas A. Dorsey), e non ha nessuna delle connotazioni offensive e perfino razziste che invece si ricavano da quel personaggio di una canzonetta dell’epoca coloniale che parla con gli infiniti come una volta parlava la mamie di Via col vento: "Bingo Bango Bongo stare bene solo al Congo non mi muovo no no…”).
E poi, Dylan non è solo un imitatore degli imitatori di François Villon. In Lay Down Your Weary Tune circolano R. W. Emerson e la grande innodia protestante, Chimes of Freedom risuona di passaggi alla Walt Whitman, Mr. Tambourine Man riporta precisi echi di John Keats, All Along the Watchtower è fatta del libro di Isaia più T. S. Eliot più Wallace Stevens, Every Grain of Sand sarebbe impensabile senza William Blake alle spalle, Angelina, Jokerman e I and I sono ardite costruzioni intertestuali tenute insieme dall’intero tessuto della Bibbia e scritte nell’inglese più "alto” che il genere della canzone abbia mai potuto reggere. Del resto, se così non fosse, se Dylan non fosse anche questo, non esisterebbero le decine e decine di libri scritti su di lui, né i traduttori di mezzo mondo sarebbero così ansiosi di spaccarsi la testa per trovare, nella loro lingua, la resa migliore dei suoi versi."


Penso che avrai capito il succo del discorso , chi è Johnny ? che ci fa in cantina ? che medicina mischia ? Probabilmente Johnny è uno dei tanti , è solo un nome , molto usato nelle canzoni americane , in cantina probabilmente sta preparando qualcosa che è meglio che gli altri non vedano , chissà quante cose succedono sotto i nostri piedi , nelle cantine di tutto il mondo , quanti Johnny si preparano le dosi negli scantinati ? Centinaia di  migliaia..... quanti altri stanno fuori sulla strada e si preoccupano del governo , della politica ? Del come comportarsi , del cosa fare , del cosa non fare , del cosa dire , del cosa non dire? Credo altrettanti . Dylan dovrebbe voler dire che lì sotto , ma non solo lì , c'è tutto un mondo di paure e di sicurezze mai certe , nascosto per non vivere alla luce del giorno, mentre quello che si può vedere e dal quale bisogna stare attenti e detto chiaramente nella canzone. Nella sua disamina forzata ed esasperata dei vizi e dei pregi della sociatà Americana , Dylan usa un linguaggio popolare infittito da espressioni gergali per mettere in evidenza , vizii , virtà , meriti e demeriti , sicurezze e paure della società nella quale vive anche lui come tutti gli altri , sottoposto agli stessi problemi ed agli stessi rischi , in quegli anni di trasmormazione sotto la spinta del dopo guerra e della rivoluzione sociale i cui portabandiera erano diventati quattro ragazzi di Liverpool , forse anche loro incoscienti di quello che avevano scatenato e propagandato, quattro ragazzi che partirono per fare solo musica e finirino per cambiare il modo di vivere di tutti noi. Certo a volte bisogna usare la fantasia e la riflessione per cercare di capire esattamente cosa uno voglia dire , ma questo vale per Dylan come per de Gregori . Mi sono sempre chiesto il senso di molti versi di " Alice" , e non li ho mai capiti fino in fondo , forse Francesco stesso avrebbe dei problemi a spiegarli.

Clicca sul link sotto , trovarei altre cose interessantisssime nell'intervista fatta da Michele Murino ad Alessandro Carrera :

http://www.maggiesfarm.it/intervistaacchronicles.htm

Come vedi tradurre od interpretare Dylan è una scommessa , a volte vinci ed a volte perdi , fa parte del gioco della vita , never mind.... 

Per quanto riguarda i contatti con Pink Floyd e Syd ammmetto la mia ignoranza , possso però dirti che i Pink Floyd incisero Knockin' on heaven's door , ripresa più tardi dal solo Roger Waters :

Pink Flyd : http://it.youtube.com/watch?v=phst-3Tso-k

Roger Waters - Knockin' On Heaven's Door

Penso non ci siano stati rapporti tra Syd e Bob , anche se la spinta iniziale era comune a molta gente , le basi di partenza sono le basi di tutti , poi sviluppate su percorsi e storie diverse , situazioni diverse , maturazioni diverse , risultati diversi. Indubbiamente , pur nella sua pazzia , Syd era un genio , leggi questo saggio pubblicato da Maggie's Farm alcuni mesi fa , capirai quello che voglio dire :

http://83.103.52.33/maggiesfarm/zsydbarrett.htm

Un salutone , alla prossima :o)

Mr.Tambourine

 

5591

Ciao Tamb .
Ho sentito la storia della foto dei Beatles nascosta sulla copertina di John Wealey Harding di Bob , è vero ? Puoi dirmi come fare ? Io l’ho capovolta e l’ho passata tutta con la lente ma non ho visto niente , ciao e grazie per tutto quel che fai .
Alfred
 

Perchè hai guardato male , la foto è quella della copertina di Rubber Soul , ma i volti che si distinguono sono solamente quelli di Paul e Ringo , di meglio non ho saputo fare , forse con dei programmi di grafica migliori dei miei si sarebbe potuto scoprire tutta la foto , comunque è abbastanza chiaro anche così , ciao :o)

Mr.Tambourine

 

5592

Ciao Tamb , vorrei farmi la discografia di Tom Petty , cosa mi consigli per iniziare ?

Ciao e grazie , Enrico C.

Tom Petty nasce a Gainesville, in Florida, nel 1952. All’inizio degli anni ’70 inizia a muovere i primi passi nella musica, con gruppi come i Mudcrutch, formazione messa insieme a Mike Campbell (chitarra) e Benmont Tench (tastiere). Dopo alterne vicende, tra cui il contatto con l’etichetta Shelter per cui registrano alcuni provini, Petty si allontana dai due compagni per ritrovarli poco dopo insieme al bassista Ron Blair e al batterista Stan Lynch, nel nucleo definitivo degli Heartbreakers. Tre sono gli album pubblicati per la Shelter tra il 1976 e il 1978, ma è solo nel 1979 con DAMN THE TORPEDOES che il nome di Petty si afferma nell'olimpo del nuovo rock americano, insieme a Bruce Springsteen, Bob Seger e John Mellencamp. Gli anni ’80, soprattutto nella loro prima metà, sono il momento migliore per la musica del gruppo, che con HARD PROMISES firma il suo secondo album classico. Nel 1982 Howie Epstein sostituisce Ron Blair per l’album LONG AFTER DARK, nel quale si fa un uso massiccio di tastiere e campionatori al servizio di alcune splendide canzoni. L’album successivo, SOUTHERN ACCENTS, è prodotto da Dave Stewart. Lo zoccolo duro dei fan viene riconquistato sopratutto con la pubblicazione del live PACK UP THE PLANTATION, del 1985. Segue un tour come gruppo spalla di Bob Dylan e la pubblicazione, nel 1987, di un altro album, LET ME UP (I’VE HAD ENOUGH).
Nel frattempo Petty si unisce alla stramba formazione di evergreen del rock mondiale, i Traveling Wilburys, (Bob Dylan, Roy Orbison, Jeff Lynne e George Harrison) con cui inciderà due dischi.
FULL MOON FEVER, prodotto da Jeff Lynne, non cambia le sorti del biondo rocker, anche se "Free fallin’" lo riporta in classifica. Petty non è finito, comunque, almeno a giudicare dal grande successo del buon album del 1991 INTO THE GREAT WIDE OPEN, che lo ripropone (con i ritrovati Heartbreakers) al meglio della forma.
Inizia una collaborazione con Rick Rubin che si traduce nel passaggio alla WEA e nella pubblicazione di WILDFLOWERS, buon album di ritorno uscito nel 1994. L’anno successivo esce un monumentale cofanetto con inediti (6CD) intitolato PLAYBACK, mentre del 1996 è la colonna sonora del film "She’s the one". Bisognerà aspettare altri tre anni per assistere al ritorno sul mercato di Petty & Heartbreakers, in occasione dell’album ECHO, ancora una volta co-prodotto da Rick Rubin.
Segue nell'ottobre 2002 THE LAST DJ, in buona parte dedicato alle degenerazioni del music business. Arriva quindi un altro disco dal vivo, ma per attendere un album di inediti bisogna aspettare il 2006: nell'estate esce HIGWYAY COMPANION, inciso senza gli Heartbreakers.
Segue nell'ottobre 2002 THE LAST DJ, in buona parte dedicato alle degenerazioni del music business. Arriva quindi un altro disco dal vivo, ma per attendere un album di inediti bisogna aspettare il 2006: nell'estate esce HIGWYAY COMPANION, inciso senza gli Heartbreakers.
Il 2006 è anno di celebrazioni: si svolge un concerto a Gainesville, sua città natale, per festeggiare il trentennale dell'inizio della sua carriera. Il concerto viene pubblicato l'anno dopo, nel monumentale cofanetto di 3 DVD che comprende anche il film documentario di 4 ore "Runnin' down a dream", diretto da Peter Bogdanovich. Petty riforma i Mudcructh, la sua prima band, con i quali torna in studio per incidere un disco e ad inizio 2008 suona durante il Superbowl, la finale del football americano.

DISCOGRAFIA ESSENZIALE
TOM PETTY & THE HEARTBREAKERS 1976 Shelter
THE OFFICIALE LIVE BOOTLEG 1977 Shelter
YOU’RE GONNA GET IT! 1978 Shelter
DAMN THE TORPEDOES 1979 MCA
HARD PROMISES 1981 MCA
LONG AFTER DARK 1982 MCA
SOUTHERN ACCENTS 1985 MCA
PACK UP THE PLANTATION LIVE! 1985 MCA
LET ME UP (I’VE HAD ENOUGH) 1987 MCA
FULL MOON FEVER 1989 MCA
INTO THE GREAT WIDE OPEN 1991 MCA
GREATEST HITS 1993 MCA
WILDFLOWERS 1994 WEA
PLAYBACK 1995 WEA
SONGS AND MUSIC FROM THE MOTION PICTURE "SHE’S THE ONE" 1996 WEA
ECHO 1999 WEA
THE LAST DJ 2002 WEA
THE LAST DJ AT THE OLYMPIC 2003 WEA
HIGHWAY COMPANION 2006 WEA

Comincia con "Full moon fever" ed "Into the great wide open" , poi vedrai che ad uno ad uno li acquisterai tutti , troppo bravo e charismatico Tom ! Alla prossima ,

Mr.Tambourine

 

5593

caro mr tambourine,
aggiungi alla listona dei film in cui si parla di Dylan anche il bellissimo "valzer con bashir".
proprio all'inizio, nella scena del colloquio fra il regista-io narrante e il suo amico che ha l'incubo dei cani, nel bar in cui si svolge la loro chiacchierata compare un ritratto riconoscibilissimo del nostro.
e controllando sull'internet movie data base, ho scoperto che, alla fine dei titoli di coda, compare un ringraziamento specifico a bob dylan.
più di così...
keep up the good work
egle

Grazie della segnalazione , tabella aggirnata , ciao :o)

Mr.Tambourine

 

5594

GrazieTambourine , grazie davvero per il servizio dedicato al nostro immortale Ffaber !!!! Patrizia

:o)))))))

Mr.Tambourine

 

CLASSIFICA ALBUM PIU' VOTATI

1) Blonde on blonde ...................................voti 4
1) Highway 61 revisted
1) Blood on the tracks
1) Oh Mercy

2) The freewheelin' Bob Dylan..........................voti 3
2) Modern times

3) Tell Tale Signs.....................................voti 2
3) Bringing it all back home

4) Desire..............................................voti 1
4) "Love and Theft"
4) Budokan
4) Street legal
4) Planet waves
4) Knocked out loaded
4) Time out of mind
4) Empire burlesque
4) Rolling Thunder Revue 1975
4) John Wesley Harding
4) Another side of Bob Dylan
4) The times they are a-changin'

 

CLASSIFICA CANZONI PIU' VOTATE

1) Like a rolling stone..........................................................voti 3

2) Desolation row.………………….………………………… voti 2
2) Mississippi
2) Mr. tambourine man
2) Workingman's blues # 2
2) Miss the Mississippi

3) Dont think twice it's all right….………………………..…..voti 1
3) Stuck inside of Mobile with the Memphis blues again
3) Changin' of the guards
3) It's all over now baby blue
3) A hard rain's a-gonna fall
3) All along the watchtower
3) Man in the long black coat
3) Knockin' on heaven's door
3) Romance in Durango
3) Forever young
3) Slow train coming
3) Blowin’ in the wind
3) Miss the Mississippi
3) The man in me
3) Sad eyed lady of the lowlands
3) Red river shore
3) Not dark yet
3) Mississippi
3) Series of dreams

 

LE CITAZIONI DYLANIANE NEI FILM

Nota: in questa lista vanno inseriti solo ed esclusivamente i film in cui Dylan viene citato in qualche modo (il suo nome, un verso di una sua canzone, un poster, una copertina di un disco, o qualsiasi altro rimando di questo genere) e non quelli in cui appaiono semplicemente sue canzoni o cover delle sue canzoni (nè ovviamente quelli direttamente dedicati a lui come "Io non sono qui" o quelli fatti da lui of course... ;o) )
Aiutateci ad allungare la lista e segnalate, segnalate, segnalate...

"Valzer con Bashir" di Ari Folman
"Hurricane , il grido dell'innocenza - di Norman Jewison
"Come Dio comanda" - di Gabriele Salvatores - Knoockin' on heaven's door - Anthony & The Johnsons - OST di ( I'm not there )
"L'uomo che cadde sulla terra", protagonista David Bowie
"Chi è Herry Kellerman e perché dice quelle terribili cose su di me?" - Dustin Hoffman
In treatment - fiction televisiva
We shall overcome , una lezione di vita - di Niels Arden Oplev (2005) - Il Proff. Freddie cita Bob Dylan sfogliando i dischi con Frits .
Una casa alla fine del mondo"(con Colin Farrell 2004 )
It's a free world, di Ken Loach
Vanilla sky, di Cameron Crowe
Ma il cielo è sempre più blu, di Marco Turco (Fiction TV)
The ladykillers, di Ethan Coen e Joel Coen
Grindhouse (segmento Deathproof), di Quentin Tarantino
Ricky e Barabba, di Christian De Sica
Vacanze di Natale 2000, di Carlo Vanzina
Dangerous Minds, di John N. Smith
Simpson (vari episodi del cartone animato di Matt Groening)
Due nel mirino, di John Badham
Lady in the water, di M. Night Shyamalan
Walk the line, di James Mangold
The Doors, di Oliver Stone
Scrivimi una canzone
Blow, di Ted Demme
Bob Roberts, di Tim Robbins
The Hunted - La preda, di William Friedkin
Interstate 60, di Bob Gale
Be Cool, di F. Gary Gray
L'amore e' eterno finche' dura, di Carlo Verdone
Al Lupo Al Lupo, di Carlo Verdone
Forrest Gump - ( Blowing in the wind )
Io e Annie , di Woody Allen ( Just like a woman )

 

I RIFERIMENTI A DYLAN NEI ROMANZI O IN ALTRE OPERE LETTERARIE
 

Vuoi contribuire ad allungare la lista sottostante? Segnala a spettral@gmail.it i romanzi, i racconti o le altre opere letterarie  in cui viene citato direttamente o indirettamente Bob Dylan .

- "Prestami una vita" di Gianni Zanata (Edizionirebus, 2008)
- "Siamo tutti nella stessa barca" di Owen King (Frassinelli)
- "Come dio comanda" di N. Ammaniti (Mondadori)
- "Accecati dalla luce" di Gianluca Morozzi (Fernandel)
- "Chi è quel signore vestito di bianco vicino a Bob Dylan?" di Gianluca Morozzi ("Vertigine", numero unico - 2006)
- "Il cielo sopra Parigi" di Teo Lorini (Fernandel n. 58)
- "Venerati maestri" di E. Berselli (Mondadori)
- "Zona disagio" di Jonhatan Franzen (Einaudi)
- "Una vita da lettore" di Nick Hornby
- "Ragionevoli Dubbi" di Gianrico Carofiglio - Sellerio editore
- "31 Canzoni" di Nick Hornby
- "Questa scuola non è un'azienda. I racconti del prof. Bingo" di Vittorio Vandelli
- "I ponti di Madison County'' di R. J. Waller
- "La cultura del controllo" di David Garland
- "Il paese mancato" di Guido Crainz
- "Paura e disgusto a Las Vegas" di Hunter S. Thompson
- "L'ultima tazza di caffé" di Teo Lorini (da "Posa 'sto libro e baciami" - ed. Zandegù, Torino 2007)
- "Small world" di David Lodge
- "In cerca di te" di John Irving
- "Mi ammazzo, per il resto tutto ok" di Ned Vizzini, Mondadori.
- "Parlami d'amore" di Silvio Muccino e Carla Vangelista
- "Memorie di un artista della delusione" di Jonathan Lethem (Minimum fax)
- "Boccalone. Storia vera piena di bugie" di Enrico Palandri, Milano, L'erba voglio, 1979 (ristampato da Bompiani)
- "Vedi alla voce Radio Popolare", a cura di Sergio Ferrentino con Luca Gattuso e Tiziano Bonini, Milano, Garzanti, 2006, p. 240 ("Live In Paris - 1978").
- "Jim ha cambiato strada"(1987) di Jim Carroll. Edizione originale "Forced Entries:The Downtown Diaries 1971-1973", traduzione italiana: Milano, Frassinelli, 1997.
- "Desperation" di Stephen King
- "La bambola che dorme" di Jeffery Deaver, trad. ital., Milano, Sonzogno, 2007.
- "Testadipazzo-Brooklyn senza madre" di Jonathan Lethem (Tropea, e in ed. tascabile Saggiatore)
- "Questo libro ti salverà la vita" di A.M. Homes
- "A long way down" (tradotto in italiano con "Non buttiamoci giù") ed. Guanda.
- "La gloria dell'indigente" di Davide Imbrogno - Ibiskos Editrice Risolo
- "Hellbook" di Michele Murino (ovvero "X-Files Bob")

scrivete a : spettral@gmail.it