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Cari Mr. Tambourine &
Napoleon in rags,
vorrei dare il mio contributo alla questione delle "cruel arms" di
"Workingman's Blues #2". A mio parere le traduzioni per quel verso (in
realtà per i primi due distici della seconda strofa) possono essere
molte, ma il metodo è uno solo. Dylan sta citando due versi dei
"Tristia" di Ovidio nella traduzione inglese di Peter Green. I due versi
in latino sono:
Libro II, 1, 179
"parce, precor, fulmenque tuum, fera fela, reconde,";
Libro V, 14,2
"o mihi me coniunx carior, ipsa vides.".
La traduzione di Green recita:
"Show mercy, I beg you, shelve your cruel weapons"
e
"wife, dearer to me than myself, you yourself can see".
Il Nostro, ladro di pensieri, "ruba" il testo ovidiano, lo rielabora
(trasformando "shelve" per ottenere una rima con "myself") e non si
preoccupa certo di dover citare la fonte.
Dicevo che il metodo è uno solo. Si prenderà una traduzione "di
riferimento" dei "Tristia" e si adatterà il testo italiano alle scelte
di metrica, rima e stile. La traduzione in mio possesso riporta:
"pietà, ti prego, posa il tuo fulmine, le armi crudeli,"
"a me più cara di me, vedi tu stessa".
Per "on shelf" eviterei una letterale "sulla mensola/sullo scaffale"
perché in inglese l'espressione è immediatamente percepita come "idiom"
(in disparte) e il campo d'azione è vasto (una donna "left on the
shelf", per esempio, è una zitellona). Al limite si potrebbe seguire
"nel cassetto". Però, visto che l'adattamento dylaniano è probabilmente
dovuto alla rima, personalmente io seguirei il "reconde", naturalmente
non all'imperativo. La rima "shelf/self" è semplice e non è la prima
volta che Dylan ne fa uso. Mi vengono in mente Denise e Where Are You
Tonight (Journey Through Dark Heat).
Ma saranno i fulmini queste armi crudeli e divine per eccellenza? Ai
curiosi consiglio la lettura di Ovidio. Da tempo (immemorabile) Dylan è
capace di raccontarci intere storie con un solo verso. E a ogni
performance quel verso può aggiungere capitoli alla storia. E' per
questo che continuo ad andare ai concerti.
Comunque, "Modern Times" contiene parecchie citazioni ovidiane.
Ciao a tutti,
Santo Pettinato
Caro Santo , nella talking 366 di
lunedi 4 giugno 2007 , Maggie's Farm , attraverso le parole di
Alessandro Carrera aveva già dato la notizia che in Modern times
c'erano molte citazioni tratte da "Trista" ed "Ex Ponto"
di Ovidio , questo non
diminuisce il valore della tua ricerca e della tua mail , ma sei
arrivato secondo :o) .Spero che il discorso su Workingman blues # 2
continui e che altri mandino le loro opinioni , abbiamo fatto passare
le "cruel weapons" per bombe atomiche da riporre sugli scaffali ,
abbiamo coinvolto l'ex-URSS , poi fucili , poi parole cattive e
penetranti come proiettili , ora i fulmini di Ovidio , cosa ci potrà
riservare ancora di stupefacente l'analisi di questo testo ? Mi dichiaro
incompetente in questo ramo , non ho letto niente di Ovidio e ammetto di
non essere assolutamente in gradi di risponderti o di commentare per pro
o per contro la tua interpretazione . Il contest è sempre aperto ,
qualcuno dirà la sua , ti darà torto o forse ragione , ma questo fa
parte del gioco quando si naviga nella Talking . Ti ringrazio di aver
risollevato la questione , e a proposito di Modern Times sono andato a
ripescare dagli archivi della Fattoria alcuni commenti che è sempre
utile ripassare . Spero che qualcuno si senta di commentare questa tua
spiegazione , io mi sono già dichiarato incompetente , non per
malavoglia ma per pura ignoranza :o)
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In riferimento al dubbio relativo alla
questione Dylan/Virgilio della mail inviata da Stefano (vedi scorsa
puntata, lettera 4697) ci scrive Alessandro Carrera, che ringrazio, e ci
dice quanto segue:
4700) Caro Michele,
sì, la citazione è da Virgilio, e probabilmente Dylan si è servito della
traduzione inglese di Allen
Mandelbaum. Nelle note a "Lyrics" ho citato sia l'originale latino, sia
la traduzione inglese di
Mandelbaum, sia la traduzione italiana di Luca Canali. C'è tutta una
riflessione sull'impero e sulla
regalità in "Love and Theft", che va dal brindisi al Re (con la
maiuscola) alla menzione ironica
di un "impero imperiale". Posso aggiungere che in "Modern Times" ci sono
parecchie citazioni da
Ovidio, non dall'"Ars amandi", di cui Dylan cita il titolo probabilmente
per dare un'indicazione e insieme
per depistare, ma da "Tristia" ed "Ex Ponto". Tra le cose che Dylan
probabilmente non vuole divulgare
per non sembrare troppo secchione, c'è che quando era alla High School
di Hibbing faceva parte del
Club di Latino... Poi naturalmente all'intervista rilasciata a Roma nel
luglio 2001 dice "Ma io veramente
non leggo poesia..."
A presto,
Alessandro Carrera
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MODERN TIMES
Le note
a cura di Leonardo Mazzei
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Thunder on the mountain
Per il titolo e la prima strofa:
Esodo 19,16
Appunto al terzo giorno, sul far del mattino,
vi furono tuoni, lampi, una nube densa sul monte
e un suono fortissimo di tromba:
tutto il popolo che era nell'accampamento fu scosso da tremore.
"Ars Amatoria" (The Art of Love") è il titolo una serie di libri di
Ovidio.
"I've sucked the milk out of a thousand cows" è probabilmente riferita a
"Milkcow's Calf Blues" di Robert Johnson
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Spirit on the water
Sul titolo:
Genesi, 1, 1-2
In principio Dio creò il cielo e la terra.
Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e
lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Da '(My country) Sugar Mama' di Howlin' Wolf:
You know they're braggin' about your good sugar, you know
they're braggin' all over town
You know they're braggin' about your sugar babe, you know
they're braggin' all over town
(Spoken: what they sayin' about you)
They say that's granulated sugar, best ever to come off the farm
Inoltre 'Sugar in My Bowl' è una compilation del 1998 di Nina Simone (Il
titolo deriva dalla canzone 'I Want A Little Sugar In My Bowl').
"Life without you" è una canzone di Stevie Ray Vaughan dall'album "Soul
to soul" (Questa è probabilmente solo una
coincidenza con il riferimento a 'Soul To Soul' in 'When the deal goes
down')
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Rollin' & Tumblin'
'Rollin' and Tumblin'' è un classico di Muddy Waters:
Well, I rolled and I tumbled, cried the whole night long.
Well, I rolled and I tumbled, cried the whole night long.
Well, I woke up this mornin', didn't know right from wrong.
Muddy Waters, a sua volta, si era probabilmente ispirato, per la musica,
al pezzo di Robert Johnson 'If I Had Possession Over Judgment Day'
Il riferimento ai "Greenwood Glen" potrebbe riferirsi a 'Robin Hood',
sesto capitolo.
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When the deal goes down
"The last fair deal gone down" è una canzone di Robert Johnson.
'In the Still of the Nite' è una canzone di Fred Parris, registrata dai
'The Five Satins' nel 1956.
"Soul to soul" è un album di Stevie Ray Vaugan (Vedi note su 'Spirit on
the water')
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Someday Baby
Basata su 'Trouble No More' di Muddy Waters, che contiene:
Someday baby, you ain't gonna trouble poor me, anymore
C'è poi un riferimento a "Pile Drivin' Blues" di Kansas Joe McCoy
(Chicago, 14 July 1930) che contiene:
Want all you people / just to understand
That's when I do my driving / drive just like a man
When I was young / driving was my crave
You drove me so hard / drove me to my grave
Get you a hammer / you can drive all the time
You have broke my hammer / my hammer's out of line
Kansas Joe McCoy ha anche registrato "Levees Gonna Break".
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Workingman's Blues #2
Working Man's Blues è una canzone di Merle Haggard.
Il ritornello viene da "Meet Me Around the Corner" di Big Joe Williams:
Meet me around the corner baby / bring my boots and shoes
My best woman done quit me / and I ain't got no time to lose
Now she low and she squatty / she right down on the ground
Every time she wobbles / she make my love came down
Il verso del 'Night birds call' potrebbe essere riferito a 'Wichita' di
Gilian Welch:
Going back where the grass grows tall,
And the fields burn in the fall.
You can still hear the night birds call,
Back in Wichita
"I sleep in the kitchen with my feet in the hall" viene dal blues
"They're Red Hot" di Robert Johnson:
"I got a girl, shs long and tall / She sleeps in the kitchen with her
feets in the hall"
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Beyond the horizon
"The Bells of St Mary's" è un film di Leo McCarey del 1945 con Bing
Crosby e Ingrid Bergman.
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Nettie Moore
La fonte del titolo e del ritornello è: 'The Little White Cottage, or
Gentle Nettie Moore' (pubblicato il 16 Settembre 1857)
La struttura del ritornello (ed i primi due versi) sono pressoché
identici
O! I miss you Nettie Moore,
And my happiness is o'er,
While a spirit sad around my heart has come;
And the busy days are long,
And the nights are lonely now,
For you've gone from our little cottage home.
Il personaggio di apertura, Lost John, si riferisce alla canzone folk
tradizionale "Lost John", resa popolare da Lonnie Donegan
che l'ha anche registrata con Van Morrison. La prima strofa recita:
Lost John standin' by the railroad track
Waitin' for the freight train to come back
Freight train come and it didn't stop
Lost John thought he'd have to ride on top
Long long lost John
Long long lost John
Il verso 'Blues this mornin' fallin' down like hail' si riferisce alla
canzone di Robert Johnson "Hellhound on My Trail":
I gotta keep movin' / Yeah, keep movin'
Blues fallin' down like hail / Blues fallin' down like hail
An' the days keeps on worrin' me
There's an hellhound on my trail / Hellhound on my trail
I personaggi 'Frankie & Albert' sono già noti ai fan di Dylan. In
particolare qui c'è riferimento alla strofa 5 e 6:
Frankie went down to 12th Street.
Lookin' up through the window high.
She saw her Albert there.
Lovein' up Alice Bly.
He was her man but he done her wrong.
Frankie pulled out a pistol.
Pulled out a forty-four.
Gun went off a rootie-toot-toot
And Albert fell on the floor.
He was her man but he done her wrong.
Il verso successivo, 'I'm beginning to believe what the scriptures
tell', poi, contiene un riferimento allusivo alla canzone di Blind
Lemon Jefferson, "See That My Grave Is Kept Clean":
Well, my heart stopped beating and my hands turned cold
Now I believe what the Bible told.
'Where the Southern Cross the Yellow Dog: On Writers And Writing' è un
libro di Louis D. Rubin.
Il verso sul whisky è un riferimento a "Moonshiner":
And if whiskey don't kill me then I don't know what will.
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The Levee's Gonna Break
Basata su 'When the Levee Breaks' di Memphis Minnie (1929):
If it keeps on raining levee's going to break
And the water going to come: and we'll have no place to stay
e
I worked on the levee mama both night and day
I ain't got nobody to keep the water away
Il verso 'Put your cat clothes mama'è forse riferito alla canzone di
Carl Perkins "Put on Your Cat Clothes on"
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Ain't Talkin'
La 'Yon crystal fountain' è da 'Wild Mountain Thyme':
I will build my love a tower by yon clear crystal fountain,
And on it I will pile, all the flowers of the mountain
'World of woe' forse riferita a 'Wayfaring Stranger':
I am a poor wayfaring stranger
A-trav'lin' through this land of woe.
'I am a-tryin' to love my neighbor' ricorda Matteo 22, 39: 'Thou shalt
love thy neighbour as thyself'
'Eatin' hog-eyed grease in a hog-eyed town' dal traditional folk
"Hog-Eye Man":
I went down to hog-eye town,
Dey sot me down to table;
I et so much dat hog-eye grease,
Till the grease run out my nabel.
Nella quale troviamo anche il verso "Hand me down my walking cane".
"Hand Me Down My Walking Cane" è anche il titolo di un altro traditional
folk (si può trovare sull'home page di
Cheezeball, http://www.cheezeball.net/index2.html , in una registrazione
del 1927.)
"The Girl I Left Behind" è un altro traditional folk.
"Toothache in my Heel" è un B-side del 1951 di James Melton.
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Bob Dylan e Henry Timrod
di Alessandro Carrera
A proposito del furore sollevato un’altra volta sul presunto plagio di
cui Bob Dylan si sarebbe reso colpevole, ecco un intervento che spero
serva a chiarire le cose. Dylan è quel tale che ha plagiato “Blowin’ in
the Wind” da uno studente del New Jersey, vero?
Iniziamo da un certo Scott Warmuth, il primo ad accorgersi che alcuni
versi di “Modern Times” sono ricavati dalle poesie di un poeta americano
dell’Ottocento di nome Henry Timrod. Lo scandalo scoppia quando la
notizia arriva sul “New York Times” con un articolo di Motoko Rich del
14 settembre 2006: “Who’s This Guy Dylan Who’s Borrowing Lines From
Henry Timrod?” [Ma chi è questo Dylan che prende a prestito versi da
Henry Timrod?]
L’autore dell’articolo non accusa affatto Dylan di plagio, e nemmeno
alzano accuse di plagio alcuni esperti di poesia americana intervistati
dal giornalista del New York Times (l’unica eccezione è un insegnante di
scuola media di Albuquerque, New Mexico, il quale afferma che se “Modern
Times” fosse stato un compito a casa, Dylan sarebbe nei guai; figurarsi
la Terra desolata” di Eliot, allora, con tutti quei versi presi da Dante
e da Baudelaire...). Anzi affermano che si tratta di un onorevole
riconoscimento a un poeta poco conosciuto. Nonostante la sobrietà di
queste affermazioni, si è scatenata la cagnara che, da quando esiste
internet, sembra considerare ogni citazione fatta da Dylan nelle sue
canzoni come un atto che merita un’azione penale. Dylan fa quello che ha
sempre fatto, e in “Modern Times” non prende in prestito più di quanto
non abbia mai fatto in passato (compresi i suoi dischi più classici), ma
prima non c’era internet ed erano in pochi ad accorgersene.
Il poeta in questione è Henry Timrod (1828-1867), nato a Charleston in
South Carolina (dove gli è stato innalzato un monumento), giornalista,
insegnante e convinto sudista (la sua poesia “Carolina” è stata adottata
come testo dell’inno dello stato). Dopo la sua morte per tubercolosi
all’età di 39 anni, le sue poesie sono state raccolte in volume nel
1873. Dylan è, come ammette in “Chronicles Volume 1”, un grande
appassionato della Guerra di Secessione e, per quanto le sue idee sulla
schiavitù e sulla lotta per i diritti civili siano più che note, non ha
mai preso una posizione manichea sul conflitto che ha contrapposto il
Nord e il Sud degli Stati Uniti. Per questo non deve stupire il suo
interesse per un poeta “confederato” così come non deve stupire il fatto
che Dylan che esegua la canzone “Dixie” (uno degli inni di Confederati)
nella colonna sonora di “Masked & Anonymous”. Anche perché, come “Dixie”
era cantata in tutti gli Stati Uniti, non solo nel Sud, Timrod è stato
ampiamente letto anche anche al di fuori della Carolina. Tra l’altro
Dylan non cita le poesie esplicitamente “sudiste” di Timrod. Prende solo
alcuni elementi puramente lirici, inserendoli nella struttura di tre
canzoni di “Modern Times”.
1) “When the Deal Goes Down”
Dylan, v. 2
Where wisdom grows up in strife
Timrod, “Retirement”
There is a wisdom that grows up in strife,
Dylan, v. 12
Things I never meant nor wished to say
Timrod, “Sonnet XIII”
Things which you neither meant nor wished to say
Dylan, v. 18
Well, I scarcely feel the glow
Timrod, “Two Portraits”
Yourself will scarcely feel the glow
Dylan, v. 22
More frailer than the flowers, these precious hours
Timrod, “A Rhapsody of a Southern Winter Night”
These happy stars, and yonder setting moon,
Have seen me speed, unreckoned and untasked,
A round of precious hours.
Oh! here, where in that summer noon I basked,
And strove, with logic frailer than the flowers…
Dylan, v. 23
You come to my eyes like a vision from the skies
Timrod, “A Vision of Poesy – Part 1”
A strange far look would come into his eyes,
As if he saw a vision in the skies.
2) “Workingman’s Blues #2”
Dylan, v. 36
Sleep is like a temporary death
Timrod, “Two Portraits”
The germs of many virtues rest,
Which, ere they feel a lover's breath,
Lie in a temporary death…
3) “Beyond the Horizon”
Dylan, v. 3
In the long hours of twilight ‘neath the stardust above
Timrod, “A Vision of Poesy – Part 01”
In the long hours of twilight, when the breeze…
È tutto qui. Nessun verso viene citato integralmente e letteralmente,
sono tutti rielaborati e posti in un contesto differente. Che è quello
che tutti i poeti fanno tutti i giorni e in ogni poesia che scrivono.
Non mi sembra di dover spiegare quanti versi di Dante sono presi da
Virgilio o da Ovidio, o quanti versi di Leopardi sono riadattati da
Petrarca, da Tasso e perfino da Vincenzo Monti, che nemmeno gli stava
simpatico. La poesia non nasce dal nulla, nasce dalla sensibilità che ci
fa cercare i poeti che ci sono affini e ci spinge a incorporarli nel
nostro lavoro, per irrobustirlo, per arricchirlo, per dargli un passato.
T. S. Eliot diceva che se uno vuole restare poeta dopo i venticinque
anni deve sapere da dove viene e, mi verrebbe da aggiungere, deve sapere
da dove vuole venire. E Pavese diceva che i nostri antenati ce li
creiamo noi. Ma c’e molta gente in giro che evidentemente è ancora
convinta che per scrivere basta farsi una canna e poi i versi vengono da
soli. E quel tale che ha diffuso in internet il già fin troppo citato
giudizio secondo il quale Dylan sarebbe un “piccolo ladruncolo fetente”
(“a thieving little swine”,
pool.dylantree.com/phorum5/read.php?1,642969), deve essere uno che in
letteratura inglese non è mai andato molto bene. L’incidente non vale la
pena di essere ulteriormente discusso, e sull’ultimo numero del “New
Yorker” un trafiletto diceva appunto: “Rilassatevi, Dylan è ancora il
più grande autore di canzoni in circolazione, e se non lo sapevate ve lo
diciamo noi, che ha sempre preso da chi gli pareva”. E seguono alcuni
esempi da “Empire Burlesque” eccetera (gli stessi che ho menzionato
nelle note alle mie traduzioni, peraltro). Ma l’accaduto mi spinge a
qualche considerazione che vorrei dividere con i lettori di Maggie’s
Farm.
Per molti, Dylan rimane inspiegabile. Non sa cantare, non sa suonare, ed
evidentemente non sa nemmeno scrivere versi: quelli di “Thunder on the
Mountain”, in particolare la strofa sul non poter andare in paradiso per
averci ucciso un uomo una volta, sono stati giudicati una “ridicola
pappetta” da un certo Russ Smith sul New York Press (se li avesse
scritti Nick Cave credo che Smith avrebbe gridato al capolavoro), e Ron
Rosenbaum sul “New York Observer” ha autorevolmente sostenuto che
“Modern Times” è il più insulso disco di Dylan dai tempi di “Self
Portrait”. Ora, Ron Rosenbaum è sempre stato un fervente dylaniano. È
lui che ha riportato, in un’intervista a Dylan nel 1978 per “Playboy”,
la famosa frase dylaniana sul “mercury, thin, wild sound” di “Blonde on
Blonde” e degli altri dischi del periodo. E a giudicare dal numero di
volte in cui la cita probabilmente pensa di detenerne il copyright. O
Dylan è quella cosa lì, o non è. Perché altrimenti il suo giudizio resta
incomprensibile, soprattutto perché non è minimamente motivato. Ora, da
quando Dylan è salito sulle scene, cioè 45 anni fa, c’è sempre qualcuno
che, a scadenza mensile, lo giudica finito, superato, spacciato, atroce,
inascoltabile, una truffa vivente, una gloria del passato, un drogato,
un alcolizzato, un fegato spappolato, un relitto umano, un residuato
bellico, una figura patetica, un caso pietoso, uno spettro ambulante, un
ladro, un traditore, un venduto al miglior offerente. Eppure Dylan è
sempre lì, in relativa buona salute, scrive, canta, incide, pubblica,
vende a volte meno, a volte più, riceve premi e magari a 65 anni gli
capita anche di arrivare primo in classifica. Come direbbe lui stesso,
“it ain’t easy to swallow, it sticks in the throat” [non si può mandar
giù, resta in gola davvero].
Nei confronti di Dylan, come del resto nei confronti di molti altri
musicisti degli anni sessanta, c’è tutta una generazione che è cresciuta
con la cultura del sospetto. Non si voleva ammettere che si aveva
bisogno della musica che costoro producevano. Ci si voleva liberare di
loro il più in fretta possibile per poter godere della musica senza
dover rendere omaggio all’artista. Ai musicisti piace fare musica più di
ogni altra cosa; poi magari gli piacciono anche i soldi, il sesso o
anche la droga, ma se sono musicisti davvero viene prima la musica. Ma
il rapporto che il pubblico aveva negli anni sessanta e settanta con il
musicista era spesso simile a quello che ha il tossicodipendente con il
suo pusher. Non può fare a meno di lui, e dunque lo odia. Vorrebbe
potersi procurare la roba senza intermediari, ma non è possibile. Da qui
nasceva appunto quella che ho chiamato cultura del sospetto. Il
musicista lo fa per i soldi, lo fa per vendersi, ci sfrutta, noi povero
pubblico, per assicurarsi un contratto con le multinazionali o per avere
un ingaggio a Las Vegas. E poi chi ci dice che sia proprio lui a
scrivere i suoi pezzi? Senz’altro ha un esercito di ghost writers
trattati come schiavi che scrivono per lui, perché è chiaro che lui non
può essere così bravo, è ovvio che ci sta imbrogliando.
Ho esagerato? D’accordo, ho esagerato, ma il problema è che il mistero
dell’arte, dell’ispirazione, del talento, a volte del genio, mentre nel
caso dell’arte “alta” viene filtrato da secoli da apposite istituzioni
come il teatro, la sala da concerti o il museo, che servono appunto a
NON far spaventare il pubblico borghese che vi accede (se quel pubblico
sapesse che quello che trova lì dentro potrebbe davvero sconvolgergli la
vita non ci entrerebbe nemmeno), nel caso della musica rock è arrivato
al pubblico di massa quasi senza mediazioni, senza schermi protettivi, e
ha quindi generato attaccamenti fortissimi, beatlemania e collezionismo
forsennato, estasi e rapimenti, ma anche una buona dose di angoscia, che
arriva fino a Mark David Chapman che spara a John Lennon perché Lennon
gli è arrivato addosso per così dire allo stato puro, senza gli schermi
protettivi dell’istituzione culturale e della scuola. Chi sono questi
sciamannati sul palco con la chitarra in mano e perché hanno tanto
potere su di me, dopotutto? L’angoscia genera meccanismi di reazione e
di difesa, e supporre che l’artista tanto osannato in realtà sia un
“piccolo ladruncolo fetente” che ruba versi e accordi ai morti è un
notevole tranquillizzante, serve a far rientrare l’intera faccenda nella
norma. Tutto bene, ragazzi, Dylan non è un genio, è soltanto un mediocre
come me, se fossi stato al suo posto sarei stato capace anch’io.
Seconda osservazione. Lo so che da una prospettiva un po’ più cosmica il
fatto di arrivare primi o ultimi nella classifica di Billboard non conta
niente. Ma penso che per un momento sia utile soffermarsi sull’aspetto
sociologico della cosa. Un po’ di anni fa, Greil Marcus aveva scritto un
articolo nel quale citava qualcuno che, difendendo fin troppo la purezza
anticommerciale di Dylan, faceva notare con orgoglio: “Dylan non ha mai
avuto un numero 1 in classifica!” Si riferiva ai 45 giri, ovviamente, ma
il senso era chiaro. Il commento di Marcus era stato: “Beh, che cosa
aspetta? Non è ancora troppo vecchio”. La provocazione era chiara: avere
un numero 1 in classifica fa parte dell’esperienza di essere un artista,
è un risultato che si può raggiungere spesso o non raggiungere mai, ma
non è estraneo o ostile al lavoro che si sta facendo e al senso che gli
si vuole dare. Questo mi sembra un atteggiamento sano nei confronti del
processo artistico e del suo necessario rapporto con il mercato. Ma
essere numero 1 come lo è stato Dylan, magari solo per una settimana ma
con un disco come “Modern Times” che, comunque lo si voglia giudicare,
va contro a ogni regola attuale del mercato e a ogni regola di
produzione, è qualcosa che sconcerta. Qualche giorno fa il direttore del
dipartimento universitario dove lavoro (che quando gli ho mostrato il
volume delle traduzioni delle “Lyrics” l’ha contemplato con ammirazione
mista a orrore), mi incontra in ascensore e mi dice: “Quando ho visto
che Dylan ha fatto un altro disco di cui parlano tutti ho pensato:
questo significa un sacco di altro lavoro per Alessandro, non se ne può
più, perché quest’uomo non muore una volta per tutte e non ci lascia in
pace?” Scherzava, certo, ma l’umorismo è un modo di deflettere le cose
alle quali non sappiamo dare una spiegazione. La “tenuta” di Dylan è
precisamente uno di quei misteri che continueranno a tormentare tutti
coloro che sono convinti che “Dylan non ha più fatto niente di buono a
partire da...” (aggiungete voi l’anno o il titolo del disco), o che
magari non ha mai fatto niente di buono neanche prima.
Non mi è rimasto spazio per parlare di “Modern Times”, che va molto al
di là di queste considerazioni. Ma un’idea del disco ve la siete fatta,
e a questo punto della sua carriera Dylan non ha bisogno di altre
recensioni, semmai di interventi meditati e che hanno bisogno di tempo
per essere pensati. Ho letto molte recensioni, alcune belle e acute (in
particolare Peter Stone Brown su “Counterpunch”, Michelangelo Matos su
“City Pages” di Minneapolis e Thom Jurek su “All Music”). Sto aspettando
che Greil Marcus scriva qualcosa. Per ora so che ha giudicato “Modern
Times” un po’ “leggero”, ma ha fatto anche notare che Dylan è l’unico
che può pronunciare la parola “proletariat”, come fa in “Workingman’s
Blues #2”, con la stessa naturalezza con cui direbbe “baby”. Per il
momento vorrei solo confessare che sono stato tra i primi a sentire
“Modern Times”, alla fine di maggio, ma ero vincolato dalla promessa di
non dirlo a nessuno e ho dovuto mantenerla. L’ho sentito una volta sola,
senza conoscere i titoli dei brani e senza poter capire bene i testi,
per cui l’avevo semplicemente assorbito come una sola lunga canzone. Mi
era piaciuto moltissimo e quando poi ho avuto modo di sentirlo bene ho
potuto riconfermare il giudizio (anche “The Levee’s Gonna Break”, che al
primo ascolto mi era sembrata musicalmente non eccelsa, ha guadagnato ai
ripetuti ascolti), ma due melodie in particolare mi erano sembrate
qualcosa di straordinario, tra le più belle che Dylan avesse mai
composto. È ovvio che si trattava di “Workingman’s Blues #2” e di “Ain’t
Talkin’”. In particolare la prima delle due mi pareva affondare in
qualcosa di molto profondo, una struttura musicale antica e solidissima.
Era così. La strofa di “Workingman’s Blues #2” è basata all’incirca
sulle stesse armonie del “Canone” di Johann Pachelbel, uno dei brani più
celebri del barocco tedesco. Un altro furto del piccolo ladruncolo
fetente? No, intanto perché sono solo gli accordi, non la melodia. E poi
può anche darsi che il riferimento non sia del tutto conscio. Il
“Canone” di Pachelbel lo si sente molto in America in tempi natalizi ed
è facilissimo che la sua architettura armonica rimanga in testa anche
senza accorgersene. E poi, per chiudere con questa faccenda dei plagi,
vorrei citare proprio Scott Warmuth, la persona che ha scoperto i
riferimenti a Timrod in “Modern Times” (a proposito, fate l’anagramma di
“Modern Times” e trovate “Timrod Semen”, seme di Timrod, ma è una
coincidenza, sia chiaro): “Date pure le opere complete di Timrod a un
gruppo di persone a caso, e nessuno se ne uscirà con una canzone di Bob
Dylan”.
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IL CASO DEL GIORNO :Il Plagio di Dylan
di Michele Murino
Il luogo: la redazione di un noto quotidiano italiano
I personaggi:
Venceslao Guido Maria Vien Dal Colle (il Direttore)
Laudomia Grazia Maria Orimbelli del Santo Sepolcro (una redattrice)
Il giorno e l'ora:
14 settembre 2006, 20.33
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La redattrice: Signor Direttore è permesso?... Mi ha appena mandato
degli appunti il Guidobaldo Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare... Ha
fatto una ricerca sulla Rete... Forse ne viene fuori uno scoop per la
pagina Cultura&Spettacoli...
Il Direttore: Uno scoop?... Di che si tratta?
Mah! Gli appunti sono un po' confusi, gli ho appena dato una scorsa...
Comunque sembra che si tratti di un caso di plagio musicale...
Ah! E chi ha plagiato?
Mmm... aspetti... era scritto qui... un certo Bob... Bob... Ah, sì...
Bob Dylan!
Bob Dylan? Ma non era morto?
Mah! Non saprei... Ah, no quello forse era Bob Marley...
Ah! Mmm... Bob Dylan... Dylan... Dylan... Aspetta, ma chi è questo qui,
allora? Il nome qualcosa mi dice...
Mah, da quello che ho letto qui... Senta, secondo lei, può essere uno
che ha fatto la colonna sonora del film di Charlot... Tempi Moderni...?
No, no... aspetti... Ah, sì... Credo sia quello che aveva dedicato un
pezzo ai Rolling Stones...
Ah, già, ma certo! Like a Rolling Stones... Sì sì, ora ricordo... Quello
che aveva scritto quella canzone per i Guns and Roses...! E che plagio
sarebbe?
Mah, vediamo... qui dice che nel suo ultimo album ha copiato i versi di
un altro cantante... un certo Rod...
Rod Stewart...?
No, aspetti che leggo meglio, il Guidobaldo mi ha inviato tutto via
fax... ha le zampe di gallina... No, no... un certo Tim Rod! Sembra che
sia un poeta della Confederazione...
Mmm... un poeta Svizzero? Senta, signorina... ma questo Dylan... com'è
messo in classifica...? Ne vale la pena tirarci fuori una notizia?
Mmm... aspetti che mi è appena arrivato l'aggiornamento
ACNielsen/Fimi... Allora se tanto mi dà tanto sarà qui in coda...
Vediamo... 94mo... 63mo... 51mo... No, mi sa che non è neanche in
classifica... Mmm... 33mo... 21mo... Boh... Vediamo la Top Ten...
Tiziano Ferro... Ligabue... Iron Maiden... No, non c'è... non...
aspetta! C'è! C'E'! E' PRIMO!!!
PRIMO?!!! Cazzo! Qui sì che ci scappa lo scoop, allora! Okay, lo
mettiamo in prima pagina di Cultura&Spettacoli... Faccia fare il pezzo
al Guidobaldo... Foto del Dylan, foto del disco e foto dello svizzero...
Mmm... Sì... però aspetti, Direttore... sto leggendo meglio... qui dice
che i critici non hanno assolutamente parlato di plagio... sembra si
tratti solo di qualche parola, di pochi versi... anzi ci sono autorevoli
critici che affermano che si tratta di un onorevole riconoscimento a un
poeta poco conosciuto...
Mmm... mi faccia vedere... mi dia il foglio... Mmm... però qui dice
anche che c'è uno che ha definito questo Dylan un "piccolo ladruncolo
fetente"...
Ah, sì... però sembra che quello sia un semplice frequentatore di un
forum... sa, quei frustrati che la sera invece di uscire e divertirsi
passano ore a postare insulsi messaggi... insomma un signor nessuno...
probabilmente uno scemo qualsiasi...
Mmm... signorina, sia cauta con queste affermazioni... magari è un
celebre critico in incognito... Chiami il Guidobaldo e gli faccia fare
il pezzo... e che ci vada giù duro. Titolo: "L'ultimo album di Dylan, in
vetta a tutte le classifiche, è un plagio!"
Ma, veramente qui parla solo di qualche verso di un paio di canzoni...
Saranno in tutto una dozzina di parole...
...E poi mi raccomando, una trascrizione completa con traduzione dei
versi originali dell'elvetico...
Va bene, direttore, come vuole... Telefono subito al Serbelloni Mazzanti
Vien Dal Mare...
Certo che però... però... Cazzo!
Cosa?
No... pensavo... Questo Tim Rod... chi cazzo lo conosce? Chi cazzo lo ha
mai sentito nominare? Ma porca puttana, non poteva plagiare qualcuno più
famoso... Chessò... magari Mogol!
Già! O magari Al Bano...
Cazzo! E' vero! Al Bano! Quello sì che sarebbe stato lo scoop degli
scoop...
Anche se... a dire il vero...
A dire il vero...?
Beh... A dire il vero... Il Guidobaldo mi ha allegato qui anche i testi
del disco di quel Dylan... tradotti da un sito di un certo Napoleone...
dev'essere uno fuggito dal manicomio di Collegno...
E allora?...
No... dicevo... ho letto qualche verso qua e là...
E...?
Beh... Ad esempio qui c'è un verso di "Thunder on the mountain" che dice
"...vieni a leggere la scritta sul muro"... che potrebbe somigliare
pressssappoco a quel brano di Al Bano... "Ancora in volo"... quando dice
"sul muro rimbalzano stanche le nostre parole"...
Mmm... e poi?
E poi in "Nettie Moore" Dylan canta "Girerò per il mondo, ecco cosa
farò"... Ed in "Nostalgia Canaglia" Al Bano canta "si gira il mondo per
capire un po' di più..."
E... poi?
Beh, poi c'è questa, sempre da "Thunder on the mountain"... "presto il
sole arriverà"...
Scusi, secondo lei non somiglia a quel verso che fa "quando il sole
tornera'" da "Nel Sole" di Al Bano?... Senza dimenticare che il Carrisi,
sempre "Nel Sole" canta: "ma perche' i miei pensieri sono sempre gli
stessi..." E Dylan in "Someday baby" canta: "Continuo a riciclare gli
stessi vecchi pensieri..."
Cazzo! Se non è plagio questo!!!!!!!! Signorina ha fatto un ottimo
lavoro... Lasci perdere il Guidobaldo... Il pezzo lo firma lei e stasera
per festeggiare la invito a cena a casa mia... OK?
Il giorno dopo...
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da:
http://news.independent.co.uk/world/americas/article1603668.ece
Dylan prende in prestito da un oscuro poeta della Guerra Civile, dicono
i critici
di Andrew Buncombe - Washington
Pubblicato il 15 Settembre 2006
Per decenni, i fans ed i critici musicali hanno ponderato a proposito
dell'ispirazione dietro la musica e le parole di Bob Dylan. Era la
droga? Il sogno? O semplicemente il risultato di vivere negli anni '60?
Ma ora una musa più improbabile è stata rivelata dietro l'ultimo album
del 65enne musicista: un poco conosciuto poeta della Guerra Civile
Americana.
Gli esperti non hanno accusato direttamente Dylan di plagio ma dicono
che ci sono pochi dubbi che Dylan abbia deliberatamente "presto in
prestito" qualcosa dalle opere del poeta Confederato Henry Timrod.
Per esempio il verso nella sua canzone "When the Deal Goes Down", in cui
Dylan canta: "More frailer than the flowers, these precious hours",
somiglia a quello contenuto nella poesia di Timrod "A Rhapsody of a
Southern Winter Night", che recita: "A round of precious hours, Oh! Here
where in that summer noon I basked, And strove, with logic frailer than
the flowers." Altrove nella stessa canzone, Dylan canta "Where wisdom
grows up in strife" - molto simile ad un verso della poesia di Timrod
"Retirement", che recita: "There is a wisdom that grows up in strife."
Walter Cisco, autore di una biografia del poeta, intitolata Henry
Timrod, si è detto certo che Dylan ha preso in prestito dallo scrittore.
Parlando dalla sua casa di Orangeburg, South Carolina, ha dichiarato:
"E' straordinario. Non c'è dubbio che vengono da lì. Non può essere una
coincidenza. Sono felice che Timrod abbia ricevuto in qualche modo un
riconoscimento."
Nato nel 1828, Timrod ha lavorato in una piantagione prima della Guerra
Civile. Alcune delle sue prime poesie riguardano la natura ma con
l'inizio della guerra iniziò a scrivere delle avversità dovute al
conflitto e dell'impatto che ebbero sulle vite della gente.
Sebbene sia oggi considerato un poeta minore, il poeta Vittoriano Alfred
Lord Tennyson lo definì il Poeta Laureato della Conderazione. Timrod
morì di tubercolosi nel 1867.
L'apparente presa in prestito da parte di Dylan dei versi di Timrod è
stata rilevata per la prima volta da Scott Warmuth, un disc jockey del
New Mexico, che ha utilizzato internet per cercare di trovare la fonte
dei versi di Dylan. Warmuth ha detto di aver trovato 10 casi in cui i
versi di Dylan sono simili alle poesie di Timrod.
Mr Warmuth ha dichiarato al New York Times: "Penso che sia il modo in
cui Bob Dylan ha sempre scritto. E' parte del processo folk, se guardi
dal suo primo album in poi." Ma ha dichiarato di considerare originale
il lavoro di Dylan. "Puoi dare l'intera raccolta delle opere di Henry
Timrod ad un gruppo di persone ma nessuno di loro riuscirà ad ottenere
le canzoni di Bob Dylan."
Mr Warmuth ha postato originariamente la sua ricerca sul forum internet
Dylan Pool. In quella sede non tutti sono stati d'accordo nel ritenere
che la presa in prestito fatta da Dylan fosse accettabile. Un
frequentatore, Harvey, ha scritto: "Bob è davvero un piccolo maiale
ladro - le melodia, i riff, gli assoli, persino intere canzoni."
"Ed ora le liriche. Se si fosse trattato di un altro lo avremmo preso
per il collo, ma no, è Bobby Dee e si tratta del "processo folk."
Non è la prima volta che Dylan è stato accusato di prendere in prestito
da altre fonti. Quando il suo album precedente, "Love and theft", venne
pubblicato nel 2001, un fan scoprì una dozzina di casi in cui le liriche
erano molto simili alle frasi contenute in Confessions of a Yakuza, un
oscuro romanzo di gangster Giapponese di Junichi Saga.
Nè Dylan nè la sua etichetta discografica, la Columbia Records, hanno
commentato le affermazioni di Warmuth.
Le chatrooms dedicate a Dylan ed alla sua musica sono piene di
speculazioni e commenti. Alcuni fans hanno fatto notare che Dylan
potrebbe avere lasciato deliberatamente un indizio nel titolo
dell'album, Modern Times, che contiene le lettere della parola Timrod.
I debiti di Dylan
Henry Timrod
"A round of precious hours
Oh! here, where in that summer noon I basked
And strove, with logic frailer than the flowers..."
("A Rhapsody of a Southern Winter Night")
Bob Dylan
"More frailer than the flowers, these precious hours."
("When the Deal Goes Down")
Henry Timrod
"There is a wisdom that grows up in strife"
("Retirement")
Bob Dylan
"Where wisdom grows up in strife"
("When the Deal Goes Down")
Henry Timrod
"Which, ere they feel a lover's breath,
Lie in a temporary death"
("Two Portraits")
Bob Dylan
"In the dark I hear the night birds call
I can hear a lover's breath
I sleep in the kitchen with my feet in the hall
Sleep is like a temporary death"
("Workingman's Blues number 2")
Henry Timrod
"How then, O weary one! Explain
The sources of that hidden pain?"
("Two Portraits")
Bob Dylan
"Can't explain the sources of this hidden pain"
("Spirit on the Water")
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traduzione di Michele Murino
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DOTTI, MEDICI E SAPIENTI (ovvero: "Tanto ci
sarà sempre, lo sapete...")
Note e riflessioni sul Dylan Re delle classifiche
Modern Times, il nuovo album di Bob Dylan, è un lavoro splendido.
Chiunque abbia un minimo di orecchio musicale ed anche solo un briciolo
di sensibilità poetica se ne rende conto dopo un paio di ascolti e dopo
un'attenta lettura delle liriche.
Modern Times è un lavoro splendido che va ad allungare l'elenco delle
cose splendide che Dylan ha realizzato, discograficamente parlando, a
partire dai primi anni '90.
A partire cioè da quel Good as I been to you, uscito nel 1992, autentico
capolavoro acustico composto da entusiasmanti riletture dylaniane di
classici del folk della tradizione anglo-americana, da Frankie & Albert
a Jim Jones, da Blackjack Davey a Diamond Joe, resi unici
dall'interpretazione e dalla voce mai così evocativa e "saggia" di
Dylan. Un album puro, minimalista, registrato dal cantautore in perfetta
solitudine, così come il successivo World gone wrong, ideale seguito del
primo, uscito nel 1993, con altri dieci splendidi brani rivisitati da
Dylan e stavolta pescati soprattutto nel repertorio dei vecchi bluesmen,
con perle come Blood in my eyes, Ragged & Dirty, World gone wrong e
Delia, per citarne solo alcuni.
Dei due capolavori più recenti, Time out of mind (1997) e "Love And
Theft" (2001), inframmezzati da un altro lavoro superlativo quale è
stato il singolo Things have changed, si è parlato abbondantemente negli
ultimi 10 anni e ad essi sono stati giustamente tributati il plauso, le
lodi ed il successo da parte di critica e pubblico (in particolar modo
per il secondo dei due album) oltre ad una copiosa pioggia di premi,
Grammy Awards, Oscar, Golden Globe, recensioni esaltanti, riconoscimenti
e posizioni da Top Ten in classifica che mancavano a Dylan da quella che
era sembrata un'eternità (e che, per la maggior parte, non erano
addirittura nemmeno mai arrivati in oltre trent'anni di attività).
Modern Times, uscito alla fine di Agosto del 2006, va a coronare in
maniera degnissima questa lunga teoria di capolavori che hanno
costituito la rinascita di Dylan, dopo il periodo oscuro della seconda
metà degli anni '80, un Dylan che mattone dopo mattone ha ricostruito la
sua intera carriera, data per finita pressochè universalmente ed
inappellabilmente.
Un Dylan che, lasciatosi alle spalle un peso che avrebbe annichilito
anche il più tenace ed ostinato degli artisti (cioè almeno una decina di
dischi tra gli anni '60 e gli anni '70 di bellezza irraggiungibile,
alcuni dei quali considerati, nel campo musicale, il vertice
dell'espressione dell'arte popolare degli ultimi 50 anni) è riuscito
come la Fenice a rinascere dalle proprie ceneri, a scalare passo dopo
passo una montagna che sembrava insormontabile e a giungere finalmente
"on the top of the hill", figuratamente ma anche letteralmente parlando,
in questo 2006.
E' di questi giorni, infatti, la notizia che Modern Times è primo in
classifica praticamente in tutto il mondo (USA, Australia, Nuova
Zelanda, Irlanda, Svizzera, Norvegia...), o comunque nelle prime tre
posizioni (Gran Bretagna, Germania, Olanda, Svezia, Argentina...).
Addirittura, in USA, Dylan ha conquistato il primo posto dopo
trent'anni, dai tempi di Desire, uscito nel 1976, stabilendo oltretutto
l'ennesimo record della sua carriera, essendo l'artista più anziano mai
arrivato in vetta alla classifica di Billboard, tra quelli viventi.
Nonostante il consenso pressochè unanime a base di cinque stelle sulle
più prestigiose ed autorevoli riviste musicali del globo e di recensioni
entusiastiche sui più famosi quotidiani, corroborate da dichiarazioni da
parte dei maggiori artisti di tutto il mondo, conquistati dal nuovo
lavoro di Dylan, la sparuta pattuglia degli incontentabili, delle "voci
fuori dal coro", degli "unti dal Signore" capaci di vedere laddove i
poveri mortali non riescono, continua la propria inutile battaglia
cercando di sminuire il successo di un artista ritornato - ahiloro - a
pieno diritto, dopo 15 anni di duro lavoro e di ricostruzione
intelligente e metodica della propria credibilità artistica, al primo
posto nel gradimento di pubblico e critica.
Basta leggere i forum sparsi in giro per la Rete per rendersi conto che
questi (fortunatamente pochi) illuminati da due soldi al mazzo, questa
eletta schiera di critici saccenti, questi bastian contrari per partito
preso, non perdono occasione per dimostrare la loro pochezza, in chiave
analitica e critica, con lucide e fulminanti disamine costituite da
commenti che per lo più si estrinsecano in un "crap", o altre similari
espressioni bisillabe, basse e volgari quanto lapidarie (sarà che non
riescono ad imbastire frasi con più di due o tre parole in fila?), o -
quand'anche più articolate e pseudo-intellettuali - comunque incapaci di
esprimere un'analisi obiettiva senza salire sul pulpito di una presunta
superiore capacità di distinguere il bello, l'esclusivo, l'elitario
dalla sbobba che può piacere solo alla massa ottusa e bovina.
Tanto da affermare che "...beh, è chiaro che Modern Times è primo in
classifica... è tutto merito del marketing..." (Ma certo! E' ovvio, no?
Down in the groove non arrivò primo in classifica solo per questioni di
marketing... Se no...).
Oppure: "Beh, sì è chiaro... con tutta la pubblicità che Dylan ha
ricavato da Chronicles e da No Direction Home...".
O ancora: "Mmm... E' chiaro che i fans di Alicia Keys hanno fatto
lievitare le vendite..."
Deliranti (e a volte involontariamente esilaranti) motivazioni atte a
dimostrare che "...sì, vabbè, Dylan è primo... ma in realtà... Ora vi
spiego io, che sono intelligente e ne capisco di musica, come stanno
esattamente le cose... Dylan è Ebreo e si sa che gli Ebrei controllano
il mercato..." (ai tempi di Knocked out loaded ed Empire Burlesque,
invece, no?).
"Musici falliti, pii e teoreti" della stessa pasta dell'urlatore di
Manchester (quello di "Judas!"), o del mentecatto Weberman che rovistava
nei bidoni dell'immondizia davanti casa Dylan e che voleva decidere per
lui quello che doveva o non doveva cantare, delle battaglie che doveva o
non doveva sostenere. Di quella stessa pasta ormai ammuffita di cui son
fatti quelli che ancora oggi vanno a vedere i suoi concerti non già per
godersi l'esibizione di Dylan ma solo per far sfoggio del proprio acume
critico e pontificare su quello che va bene e su quello che non va bene,
su quale canzone merita il plauso e quale no e che osservano con faccia
schifata se il chitarrista sbaglia un assolo o se Dylan, a loro
inappellabile avviso, ci sta mettendo o no l'anima nel suonare e nel
cantare (persone che fortunatamente lo stesso Dylan ha ripetutamente
sfanculato). Gli "Sgarbi dei poveri", esegeti del bello, conoscitori del
mondo musicale di Dylan e più esperti di Dylan stesso, sempre pronti a
criticarlo per questa o per quell'altra cosa ed incapaci di accettare
che magari ci possa essere qualcuno a cui piaccia più "Modern Times" di
"Time Out Of Mind" o che apprezzi di più "Love And Theft" di
"Infidels"...
"Dotti, medici e sapienti" che ora pontificano e dispensano perle di
moderazione degli entusiasmi e di obiettiva capacità analitica non
offuscata da fanatismi idolatrici ma che, qualora Modern Times avesse
avuto un'accoglienza blanda, state certi, sarebbero qui ad affermare
quanto siamo tutti coglioni perchè non siamo riusciti ad apprezzarlo e
che gran disco è e quanto le masse non siano in grado di apprezzare
certe raffinatezze per pochi eletti e via blaterando...
Ci vuole così tanto ad ammettere che Dylan è in vetta alle classifiche
perchè ha semplicemente fatto un grande disco? Perchè ha scritto delle
bellissime canzoni, sia a livello musicale che letterario? Perchè ha
confermato quanto già di grande aveva fatto da Good as I been to you in
poi, in una escalation qualitativa impressionante che è passata per
World Gone Wrong, Time Out Of Mind, Things have changed e "Love And
Theft"? Un'escalation che per forza di cose doveva premiarlo a lungo
termine?
Ci vuole così tanto ad ammetterlo senza dover leggere deliri dello
stesso tenore di "... non mi sorprende che Modern Times sia primo in
classifica... Ho letto in un sito di astrologia che in base ai cicli
planetari, la congiunzione astrale di Urano con Nettuno, in Capricorno,
nel settembre del 2006, determinando il sinodo astrale, ovvero l'uovo
cosmico di ritorno all'unità in un centro comune di corpi celesti,
avrebbe favorito gli artisti di 65 anni il cui nome inizia per B e che
avrebbero dedicato alcuni versi a cantanti nere nate ad Hell's
Kitchen..."?
E' davvero così difficile ammettere questa semplice realtà?
Ci vuole davvero tanto?
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Michele Murino
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Alla prossima , stay tuned :o)
Mr.Tambourine
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