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Salve!!!
sono una studentessa della facoltà di lingue dell'Università La
sapienza.Quest'anno il nostro
mitico professore ha svolto un modulo sulle canzoni di Bob Dylan,
concentrandosi in particolar modo sulle
strategie di traduzioni.La mia domanda è però di tipo contenutistico:
una domanda di esame molto diffusa , probabilmente perché nessuno
conosce la risposta riguarda il Doctor Filth di desolation Row....è un
rifderimento ad un personaggio preciso oppure è..diciamo...una
strategia per abbassare i voti? Grazie mille per l'informazione, da
Emanuela Rufini e...metà del corso di
Laurea Specialistica in traduzione!
rmanu
Effettivamente domanda subdola e
difficile , probabilmente il doctor Filth di Dylan non è nient'altro che
lo storpiamento per mascherare il vero nome del dottore che a quanto
sembra era Sigmund Freud , ti fornisco una probabile spiegazione in
inglese del perchè il doctor Filth è stato individuato come doctor Freud
, la cosa è in inglese ma questo per te , che studi lingue non sarà un
problema , spero di esserti stato utile , ciao :o)
Subject: 'Desolation Row': Dr Filth
verse (again)
Dave Palmer pointed out that Dr Filth could as well be American as
Russian: the Soviet use of psychiatry to lock up dissidents could be
paralleled by recent US phenomena like 'recovered memory syndrome' and
drug overprescription.
I certainly did not mean to suggest the abuse of psychiatry has been
confined to the old USSR, far from it. Dr Filth is no doubt all too
international.
Meanwhile here's a possible take on this verse:
I suspect Dr Filth's 'world', hidden inside his sinister, Daliesque
'leather cup', may be his (none too savoury) professional secret - his
'system' or 'method'. His patients are secretly planning a revolt,
with the aim of blowing up - destroying - the whole 'system' and
setting themselves free. This might recall the inmates' rebellion in
'One Flew Over the Cuckoo's Nest', or a story by Poe, 'The System of
Dr Tarr and Professor Fether', in which the patients take over a
mental hospital. They are called 'sexless', most likely because Dr
Filth's experiments have in some way damaged them as sexual beings.
They will not succeed, of course: the doctor has the nurse on his side
(as 'some local loser', she may typify the 'ordinary' person who is
willing to go along with dictatorship), and she has the stocks of
cyanide ready to eliminate the patients if they do rebel. Meanwhile,
Dr Filth tries to paste over the cracks in his edifice by encouraging
a totally spurious sense of 'community': and so we hear them 'all'
(this 'all' can only refer to doctor, nurse and patients) playing on
the penny whistle, perhaps at a hospital party.
Dr Filth is obviously the crudest and most cynical of manipulators,
and if anyone needs the message 'have mercy on his soul', this is the
man. The stanza probably dramatizes the abuse of
psychiatry/psychotherapy. One might even suggest the name 'Filth' is a
travesty of 'Freud' (same number of letters, both one syllable, both
begin with F). This is possible, though I don't think Dylan is
denigrating Freud as such (the reference in 'Joey' to the radical
post-Freudian psychotherapist Wilhelm Reich is, at least, neutral, not
derogatory). It is unlikely that in this song, with its possible
references to the Shoah, Dylan would offer an out-and-out satiric
image of a celebrated Jewish intellectual: I find the Einstein verse
more tragic than comic, with Einstein representing the Jewish
intellectual-turned-outlaw, depersonalized from fleeing persecution.
It is, however, quite conceivable that Dr Filth stands for the abuse
of Freud's ideas in unscrupulous hands ('sexless patients' could point
to Freud's theory that neurosis originates in repressed sexual ideas).
Finally, it would be interesting to trace Dylan's treatment of doctors
in general across his work - not, on the whole, very flattering, I
think we'd find!
Mr.Tambourine
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Ciao , mio
padre mi ha detto , parlando di Bob Dylan ( lui è un vecchio fan di Bob
della prima ora ) che Like a Rolling stone era uscita anche sui vecchi
45 giri , ma non si ricorda più il lato B , vorrei fargli una sorpresa ,
mi sai dire che canzone era ?
Grazie ,
Eugenia
Certo Eugenia , la
canzone era Gates of Eden , a testimone la copertina , ma puoi anche
dire a tuo padre che per la prima stampa di Like a rolling stone , la
Columbia , visto la lunghezza del pezzo , oltre 6 minuti , inusuale per
l'epoca , lo spezzò in due pubblicando metà canzone sul lato A e metà
canzone sul lato B , salvo dover fare immediatamente marcia indietro per
le proteste generali . Così Like a rolling stone inaugurò una nuova via
per i musicisti , non più costretti , grazie a Dylan , a stare entro i
canonici 3 minuti standard dell'epoca . Sotto puoi leggere un bellissimo
articolo scritto da Gabriele Benzing che parla della realizzazione di
Highway 61 , LP dal quale fu tratto il singolo LARS , LP che è una
pietra miliare della storia del rock . Ciao e buona sorpresa !
Mr.Tambourine
" Le pietre miliari :
Highway 61 Revisited "
di Gabriele Benzing
Uno sparo.
Una casa che sprofonda nel vuoto.
Un calcio che apre la porta della mente.
Da Greil Marcus a Bruce Springsteen, il primo ascolto di "Like A Rolling
Stone" è un'esperienza che non si può cancellare dalla memoria. Quel
secco colpo di rullante che spalanca la strada a un suono maestoso e
intrepido sembra segnare lo spartiacque di un intero universo.
È così che inizia il viaggio lungo l'Autostrada 61, archetipo della via
del blues: quel nastro d'asfalto che dal confine con il Canada conduce
fino a New Orleans rappresenta l'eredità di un'intera tradizione,
cresciuta tra il Delta del Mississippi e Chicago e cantata in almeno una
dozzina di brani a partire dagli anni Trenta. Passato e futuro non sono
altro che due facce della stessa medaglia, sulla Highway 61: lì tutto è
già accaduto, e lì tutto può ancora accadere. Metafora perfetta per una
musica le cui radici si agitano e trasformano al vento del presente,
fino a diventare un'allucinazione profetica.
Alle porte dell'estate del 1965, Bob Dylan ha deciso di smettere di
cantare. La parte che continua a recitare sui palchi inglesi nel tour
intrapreso nel mese di maggio, immortalato nel celebre documentario
"Don't Look Back" di Don Pennebaker, ha cessato da tempo di avere
significato per lui: non vuole più saperne della figura del folksinger
impegnato che gli è stata cucita addosso dopo i primi album.
Così, durante il viaggio di ritorno in aereo verso gli Stati Uniti,
Dylan comincia ad abbozzare un convulso sfogo in cui riversare tutta la
rabbia che cova dentro di sé. "Suonavo canzoni che non volevo suonare,
cantavo parole che non volevo cantare", ricorda. "Poi mi ritrovai a
scrivere questo lungo getto di vomito di venti pagine, da cui presi
"Like A Rolling Stone". Non poteva essere definita in nessun modo se non
come qualcosa di molto ritmico in cui il mio odio veniva diretto verso
un qualche punto. Non l'avevo mai pensata come una canzone, finché un
giorno, mentre ero al pianoforte, la pagina che avevo di fronte mi ha
cantato "How does it feel?" in un movimento lentissimo, come se stessi
nuotando nella lava. Da allora non fui più interessato a scrivere
romanzi o commedie".
È uno slancio febbrile, quello che porta Dylan a rinchiudersi nella sua
casa di Woodstock riempiendo pagine e pagine di quel vivido delirio di
versi. Bob tenta di tradurlo al piano a tempo di valzer, come si può
ascoltare in "The Bootleg Series, Vol. 1-3", ma è qualcos'altro quello
di cui è in cerca. "Non voglio che suoni quella merda alla B.B. King e
nemmeno quel blues del cazzo", intima senza mezzi termini a Michael
Bloomfield, formidabile chitarrista all'epoca in forza nella Paul
Butterfield Blues Band, convocato da Dylan come suo nuovo compagno
d'avventura.
Reduce dal fallimento delle session con i Bluesbrakers di John Mayall
improvvisate alla fine del tour britannico, Dylan è alla ricerca di un
suono più denso e potente rispetto al folk elettrificato del primo lato
di "Bringing It All Back Home", qualcosa capace di travalicare anche le
limpide vibrazioni della versione di "Mr. Tambourine Man" realizzata dai
Byrds, che proprio in quei giorni sta scalando le classifiche americane.
Così, alla metà di giugno, Dylan entra in studio a New York per
registrare "Like A Rolling Stone" con il produttore Tom Wilson alla
consolle, che di lì a poco avrebbe ideato la sovraincisione elettrica di
"The Sound Of Silence" di Simon & Garfunkel. Alla seduta si presenta
anche il chitarrista Al Kooper ma, non potendo in alcun modo competere
con Bloomfield, approfitta di un attimo di distrazione di Wilson per
andare a sedersi all'organo: quando il produttore se ne accorge ormai è
troppo tardi e Kooper è pronto a dare vita al suono che con le sue
intense pennellate caratterizzerà in maniera indelebile "Highway 61
Revisited".
Liturgia rock 'n' roll costruita sugli accordi de "La Bamba" di Ritchie
Valens, "Like A Rolling Stone" è un'invettiva in cui ogni sillaba
incalza quella successiva con un ghigno sardonico sempre più spudorato,
mentre lo scalpitare di chitarra e pianoforte insegue un epico climax
che si innalza sulle ali dell'organo.
Quello della "pietra rotolante" è un topos ben noto ai vecchi bluesman,
immagine del vagabondo senza dimora cantata in brani come "Rolling
Stone" di Muddy Waters e "Lost Highway" di Leon Payne. È da quella fonte
che Mick Jagger e soci (che nell'estate del 1965 hanno appena dato alle
stampe "(I Can't Get No) Satisfaction") hanno attinto per il nome della
propria band. Ed è da lì che Dylan prende le mosse per il proprio
viaggio, deciso a trasfigurare la lingua dei padri in qualcosa di
completamente diverso.
"Like A Rolling Stone" non è semplicemente un vendicativo sorriso di
scherno verso l'altezzosa "Miss Lonely" caduta in disgrazia,
protagonista dichiarata del brano. È una domanda molto più radicale,
quella che la voce tagliente di Dylan vuole insinuare con il suo accento
provocatorio: c'è qualcuno disposto ad abbandonare ogni cosa per vivere
davvero all'altezza dei propri desideri? Essere onesti fino in fondo con
il proprio cuore significa essere pronti a rinunciare a tutte le false
certezze: "When you got nothing, you got nothing to lose". "Fu questo il
tipo di dramma che 'Like A Rolling Stone' liberò nella musica di Bob
Dylan", osserva il critico americano Greil Marcus, che al brano ha
dedicato un intero saggio, "si arriva a quel momento in cui si rischia
tutto". È la libertà, allora, la stoffa di cui è fatta "Like A Rolling
Stone": la lama di rasoio di quel rischio continuo in cui si gioca
l'esistenza.
Inanellando una sarabanda di gatti siamesi, giocolieri, cavalli cromati
e imperatori in stracci, l'incontenibile cavalcata dylaniana raggiunge i
sei minuti di lunghezza: inconcepibile per l'industria discografica
pubblicarla come singolo. "Like A Rolling Stone" viene quindi tagliata a
metà e stampata sui due lati di un 45 giri. Ma le proteste del pubblico
sono tali da imporre alla label di tornare sui suoi passi, ripubblicando
il brano nella sua interezza.
Il 25 luglio del 1965, ad appena cinque giorni di distanza dall'uscita
del singolo, Dylan affronta i puristi del folk con la sua storica
esibizione elettrica al Festival di Newport. È il punto di non ritorno:
da quel momento in poi, per Dylan sarà guerra aperta.
Se i Beatles, in procinto di sfornare l'album "Help!" e ancora legati
più al formato del 45 giri che non a quello dell'Lp, inizieranno solo di
lì a qualche mese la loro avventura psichedelica, quella che Dylan ha in
mente è una sfida senza compromessi, capace di coniugare l'energia
istintiva del rock 'n' roll con la memoria senza tempo del folk.
"Il rock 'n' roll non mi bastava", osserva Dylan, "non rifletteva la
realtà della vita. Quando mi sono dedicato alla musica folk, ero
consapevole che si trattava di una cosa più seria. I brani sono colmi di
disperazione, tristezza, trionfo, fede nel soprannaturale, sentimenti
più profondi… C'era più vita reale in una sola frase di quanta ce ne
fosse in tutti i temi del rock 'n' roll. La vita è una faccenda
complessa e il rock 'n' roll proprio non la rifletteva. Se sono riuscito
a fare qualcosa di importante, è stato proprio fare incontrare questi
due generi".
Con ancora l'eco assordante dei fischi di Newport nella mente, tra la
fine di luglio e l'inizio di agosto Dylan torna in studio per portare a
compimento la traiettoria della pietra scagliata da "Like A Rolling
Stone", che proprio in quei giorni sta entrando in classifica in America
e in Gran Bretagna.
Dylan decide di allontanare Tom Wilson per ragioni mai del tutto
chiarite e lo fa sostituire con un produttore molto meno invadente come
Bob Johnston, dopo aver pensato di rivolgersi persino a Phil Spector. Le
sedute di registrazione, che occupano complessivamente meno di una
settimana, sono dominate dal tipico caos dylaniano: "Nessuno sembrava
capire nulla, tutto sembrava procedere a casaccio, come una specie di
jam session", ricorda Bloomfield. E Kooper gli fa subito eco: "Fu come
brancolare in una stanza buia alla ricerca dell'interruttore della
luce".
Alla fine di agosto, "Highway 61 Revisited" fa la sua comparsa nei
negozi di dischi, annunciato in copertina da un Dylan in sgargiante
camicia floreale e t-shirt da motociclista, che lancia il suo sguardo di
sfida verso l'obiettivo di Daniel Kramer.
Sulla scia di "Like A Rolling Stone", Dylan sfodera una serie di
anfetaminiche scariche di rock-blues, a partire dalla batteria
martellante e dal fraseggio acido di "Tombstone Blues", che Mr.
Zimmerman sostiene essergli stata ispirata da una conversazione tra
poliziotti ascoltata per caso in un caffè di New York, per arrivare fino
alla corsa indiavolata della title track, che il suono di un fischietto
introdotto per caso durante le registrazioni trasforma in irriverente
sberleffo.
Poi il ritmo rallenta per un attimo e il pianoforte di Paul Griffin
assume un'aria da saloon per la pigra andatura di "It Takes A Lot To
Laugh, It Takes A Train To Cry", marchiata dalla fiammeggiante armonica
di Dylan. Ma è solo una breve sosta, perché subito Dylan torna a
tuffarsi nel riff sferzante e adrenalinico di "From A Buick 6".
Sui rintocchi fatali di un pianoforte che sembra annunciare il giudizio
finale, entra così in scena "Ballad Of A Thin Man", scandita dalla voce
di Dylan come un'inappellabile sentenza di condanna, mentre l'organo di
Kooper volteggia in volute di fumo acre. Interrogarsi sull'identità del
"Mr. Jones" contro cui Dylan si scaglia nella sua irridente requisitoria
è una questione del tutto oziosa: basti sapere che la versione
maggiormente accreditata lo fa coincidere con uno dei tanti giornalisti
che Bob si divertiva a umiliare. Ma quello che Dylan punta a trafiggere
con il teatro dell'assurdo dal sapore kafkiano di "Ballad Of A Thin Man"
non è certo un semplice reporter: il suo obiettivo è piuttosto la
supponenza di chi non è disposto ad andare oltre all'illusoria
soddisfazione del proprio limite, finendo così per non rendersi nemmeno
conto di quello che sta accadendo intorno a sé.
Il secondo lato di "Highway 61 Revisited" si apre con la chitarra
liquida della ballata più suadente del disco, "Queen Jane
Approximately", che scivola su un tappeto d'organo punteggiato di
pianoforte nel sogno di un abbraccio capace di sciogliere ogni tormento.
Quindi la strada si spinge a lambire la costa assolata del Messico con
"Just Like Tom Thumb's Blues", tra dottori pronti a prescrivere sostanze
poco ortodosse e donne capaci di rubare la voce e l'anima, mentre un
piano in vena di romanticismo accompagna il profumo di frontiera della
chitarra.
L'epilogo si compie con la solenne discesa tra i gironi danteschi di
"Desolation Row", processione di anime affamate che scrutano da ogni
finestra in cerca di speranze di cui nutrirsi. La veste elettrica
inizialmente provata in studio non riesce a cogliere l'essenza del
brano, e così Johnston fa venire da Nashville il chitarrista Charlie
McCoy, che ricama uno struggente controcanto acustico intorno alla voce
aspra di Dylan.
Negli oltre dieci minuti di "Desolation Row", Dylan porta all'estremo la
propria tecnica poetica di estrapolare dal contesto le figure di
personaggi storici e letterari, trasformandole in immagini emblematiche
della commedia umana. Da Romeo a Cenerentola, da Caino e Abele al Gobbo
di Notre Dame, da Einstein a Casanova, i protagonisti di "Desolation
Row" sembrano sospesi tra solitudine e attesa come in un dipinto di
Edward Hopper, in lotta per portare a compimento il proprio destino
contro un mondo che sembra rinnegare il loro vero volto. Dylan
appartiene a loro, ai prigionieri del Vicolo della Desolazione: per
tutti gli altri, quelli che si accontentano di soffocare il loro grido,
occorre inventare nuovi nomi e facce nuove, perché le loro non hanno più
nessun significato.
Definitiva pietra dello scandalo, "Highway 61 Revisited" è lo specchio
infranto che segna la cruciale frattura tra Dylan e la propria maschera:
per gli intransigenti seguaci del folk revival Dylan si è ormai svenduto
alle classifiche, per il mondo del pop l'impatto visionario dei suoi
lisergici blues è un'inaudita provocazione. Dylan calza i suoi occhiali
scuri senza curarsi degli strali che lo attorniano e si prepara a
portare una sfida ancora più drastica sui palchi dei due lati
dell'Oceano. Il suo viaggio lungo l'Autostrada 61 rimane come uno
strappo impossibile da ricucire nel tessuto dell'America e del rock. Il
tradimento è compiuto: il riluttante profeta è pronto per diventare
Giuda.
|
LE
CITAZIONI DYLANIANE NEI FILM
Nota: in questa lista vanno
inseriti solo ed esclusivamente i film in cui Dylan viene citato in
qualche modo (il suo nome, un verso di una sua canzone, un poster, una
copertina di un disco, o qualsiasi altro rimando di questo genere) e
non quelli in cui appaiono semplicemente sue canzoni o cover delle
sue canzoni (nè ovviamente quelli direttamente dedicati a lui come "Io
non sono qui" o quelli fatti da lui of course... ;o) )
Aiutateci ad allungare la lista e segnalate, segnalate,
segnalate...
Una casa alla fine del mondo"(con Colin Farrell 2004 ) Ma il cielo è sempre più blu, di Marco Turco (Fiction
TV)
It's a free world, di Ken Loach
Vanilla sky, di Cameron Crowe
The ladykillers, di Ethan Coen e Joel Coen
Grindhouse (segmento Deathproof), di Quentin Tarantino
Ricky e Barabba, di Christian De Sica
Vacanze di Natale 2000, di Carlo Vanzina
Dangerous Minds, di John N. Smith
Simpson (vari episodi del cartone animato di Matt
Groening)
Due nel mirino
Lady in the water, di M. Night Shyamalan
Walk the line, di James Mangold
The Doors, di Oliver Stone
Scrivimi una canzone
Blow, di Ted Demme
Bob Roberts, di Tim Robbins
The Hunted - La preda, di William Friedkin
Interstate 60, di Bob Gale
Be Cool, di F. Gary Gray
L'amore e' eterno finche' dura, di Carlo Verdone
Al Lupo Al Lupo, di Carlo Verdone
Io e Annie , di Woody Allen ( Just like a woman )
Forrest Gump - ( Blowing in the wind )
|
I RIFERIMENTI A DYLAN NEI ROMANZI O IN
ALTRE OPERE LETTERARIE
Vuoi contribuire ad
allungare la lista sottostante? Segnala a spettral@gmail.it i romanzi, i
racconti o le altre opere letterarie in cui viene citato direttamente o
indirettamente Bob Dylan
-"Achille piè veloce"
di Stefano Benni, dove il cantante preferito della ragazza del
protagonista è, per l'appunto, Dylan.
-
"Music Box", Curcu&Genovese, Trento, 2006. ( Marc Pontoni )
- "Nel momento" di Andrea De Carlo
- "Alta fedeltà" di Nick Hornby
- "La spia e la rockstar" di Liaty Pisani, Fazi, 2006
- "L'era del porco" di Gianluca Morozzi, Parma, Guanda,
2005
- "Scirocco" di Girolamo De Michele, Torino, Einaudi,
2005
- "Giorni di un uomo sottile" di Ernesto Aloia nella sua
raccolta "Chi si ricorda di Peter Szoke?", minimum fax 2003
- "La ragazza dai capelli di cobalto" di Gianluca
Morozzi, nell'antologia di vari autori "Strettamente Personale", ed.
Pendragon, 2005.
- "L'Emilia o la dura legge della musica" di Gianluca
Morozzi - Guanda
- "Tokyo blues" di Murakami Haruki - Norvegian Wood
(trad. ital. Milano, Feltrinelli)
- "Dance dance dance" di Murakami Haruki (trad. ital.
Torino, Einaudi)
- "La Torre Nera" di Stephen King
- "I giorni felici di California Avenue" di Adam Langer
- "Per sempre giovane" di Gianni Biondillo, edizioni
Guanda - 2006
- "Americana" di Don de Lillo
- "Denti bianchi" di Zadie Smith
- "La Danza del Pitone", di Norman Silver
- "Troppi paradisi" di Walter Siti, Einaudi
- "La fortezza della solitudine" di Jonathan Lethem
(Tropea)
- "Siamo tutti nella stessa barca" di Owen King
(Frassinelli)
- "Come dio comanda" di N. Ammaniti (Mondadori)
- "Accecati dalla luce" di Gianluca Morozzi (Fernandel)
- "Chi è quel signore vestito di bianco vicino a Bob
Dylan?" di Gianluca Morozzi ("Vertigine", numero unico - 2006)
- "Il cielo sopra Parigi" di Teo Lorini (Fernandel n.
58)
- "Venerati maestri" di E. Berselli (Mondadori)
- "Zona disagio" di Jonhatan Franzen (Einaudi)
- "Una vita da lettore" di Nick Hornby
- "Ragionevoli Dubbi" di Gianrico Carofiglio - Sellerio
editore
- "31 Canzoni" di Nick Hornby
- "Questa scuola non è un'azienda. I racconti del prof.
Bingo" di Vittorio Vandelli
- "I ponti di Madison County'' di R. J. Waller
- "La cultura del controllo" di David Garland
- "Il paese mancato" di Guido Crainz
- "Paura e disgusto a Las Vegas" di Hunter S. Thompson
- "L'ultima tazza di caffé" di Teo Lorini (da "Posa 'sto
libro e baciami" - ed. Zandegù, Torino 2007)
- "Small world" di David Lodge
- "In cerca di te" di John Irving
- "Mi ammazzo, per il resto tutto ok" di Ned Vizzini,
Mondadori.
- "Parlami d'amore" di Silvio Muccino e Carla Vangelista
- "Memorie di un artista della delusione" di Jonathan
Lethem (Minimum fax)
- "Boccalone. Storia vera piena di bugie" di Enrico
Palandri, Milano, L'erba voglio, 1979 (ristampato da Bompiani)
- "Vedi alla voce Radio Popolare", a cura di Sergio
Ferrentino con Luca Gattuso e Tiziano Bonini, Milano, Garzanti, 2006, p.
240 ("Live In Paris - 1978").
- "Jim ha cambiato strada"(1987) di Jim Carroll.
Edizione originale "Forced Entries:The Downtown Diaries 1971-1973",
traduzione italiana: Milano, Frassinelli, 1997.
- "Desperation" di Stephen King
- "La bambola che dorme" di
Jeffery Deaver, trad. ital., Milano, Sonzogno, 2007.
- "Testadipazzo-Brooklyn senza madre" di Jonathan
Lethem (Tropea, e in ed. tascabile Saggiatore)
- "Questo libro ti salverà la vita" di A.M. Homes
- "A long way down" (tradotto in italiano con "Non
buttiamoci giù") ed. Guanda.
- "La gloria dell'indigente" di Davide Imbrogno -
Ibiskos Editrice Risolo
-
"Hellbook" di
Michele Murino (ovvero "X-Files Bob")
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