*Sto
cercando di spiegare cose che non possono essere spiegate* - dice Bob Dylan.
*Dammi una mano*.
E’ una giornata di mezz’estate, circa un’ora prima di sera e siamo seduti ad
un tavolo in un patio ombreggiato nel retro di un ristorante di Santa
Monica.
Dylan e’ vestito piu’ pesante di quanto richiesto dal tempo della California
del Sud; porta una giacca di pelle abbottonata sopra una pesante maglietta
bianca.
Porta anche un berretto da neve, nero ai bordi e bianco in cima, ben calzato
sulle orecchie e abbassato sulla fronte.
Una frangetta a scodella di capelli rosso-biondi – chiaramente finti – si
arriccia leggermente al di fuori del cappellino, sulle sopracciglia.
Ha un bicchiere d’acqua davanti.
Nei 15 anni che son passati da Time Out Of Mind (1997), Dylan, che ora ha 71
anni, ha goduto di del piu’ marcato periodo di creativita’ della sua vita.
Il suo nuovo album – Tempest – racconta storie che culminano con la morte,
che trattano di fedelta’ morale e di discutibile grazia raggiunta ad alto
prezzo; il tutto culmina in una ballata curva ed epica (14 minuti) sulla
storia del Titanic, che mescola fatti e fantasia; seguita da una canzone
dolce e mistica dedicata al suo amico e compagno di viaggio John Lennon.
E’ improbabile, pero’, che Dylan riesca ad eclissare il rinnovamento
musicale e di stile che provoco’ negli anni ’60, e che a quei tempi lo
trasformo’ in un mito eterno.
Ma Dylan non e’ sempre stato a suo agio con gli effetti di quella nomea.
Nel 1966, in seguito ad una serie di sconvolgenti e criticate performance
elettriche, il giovane eroe perse il suo momento magico in seguito ad un
incidente motociclistico a Woodstrock.
La musica con cui segno’ il suo ritorno, nei tardi anni ’60 – John Wesley
Harding & Nashville Skyline – aveva l’impronta di un uomo totalmente
diverso.
A dirla tutta, lui ora dice che e’ cosi’ che effettivamente lui era; o
perlomeno e’ cosi’ che stava diventando.
Quello che Dylan crede gli accadde realmente dopo che sopravvisse al suo
picco di radicalismo cambia molto di quanto lui abbia mai rivelato prima
d’ora.
A quell’incidente Dylan ha fatto una breve allusione nella sua autobiografia
del 2004, Chronicles; Volume One; ma in questa intervista la materia viene
ad assumere implicazioni piu’ profonde.
A tratti, ho spinto su alcune domande e Dylan mi ha respinto.
Abbiamo continuato la conversazione per molti altri giorni, sia al telefono
che per iscritto.
Dylan non ha fatto barricate o cercato di stare troppo in guardia mentre la
cosa andava avanti.
Al contrario: si e’ aperto senza batter ciglio.
Questo e’ Bob Dylan come non l’avete mai conosciuto prima.
Credi che Tempest sia un album epocale,
come Time Out Of Mind o Love And Theft?
Tempest e’ stato come tutti gli altri: le
canzoni son venute da sole.
Non e’ l’album che volevo fare, pero’. Ne avevo uno diverso in mente. Volevo
fare qualcosa di piu’ religioso. Ma ci vuole molta piu’ concentrazione (ad
andare a segno dieci volte con lo stesso tema) di quanta ce ne voglia a fare
un disco come quello che ho finito per fare; dove tutto scorre e devi solo
fidarti del fatto che tutto insieme possa avere una logica.
Nonostante questo, pero’, sembra che questo disco stia tra i lavori
maggiori, come Time Out Of Mind; solo piu’ rivolto all’esterno e meno
all’interno.
Beh….Time Out Of Mind e’ stato per me iniziare a fare dischi per il pubblico
davanti a cui suonavo una sera dopo l’altra. Gente diversa, provenienti da
esperienze diverse, di diverso rango ed eta’.
Questa gente non aveva motivo di sentire canzoni che erano state scritte
trent’anni prima con scopi diversi. Se dovevo continuare, avevo bisogno di
canzoni nuove e avrei dovuto scriverle; non necessariamente per fare dei
dischi, ma per suonarle in pubblico.
Le canzoni di Time Out Of Mind non son state scritte per essere ascoltate a
casa.
La maggior parte delle canzoni funzionano; mentre prima possono esserci
stati dei dischi migliori, ma le canzoni non funzionano. Quindi preferisco
basarmi su quello che ho fatto dopo Time Out Of Mind piuttosto che affidarmi
a quello che facevo negli anni ’70 ed ’80, in cui le canzoni non funzionano
e basta.
Quell’album fu decisamente salutato come un punto di svolta. Diede
inizio ad una lunga striscia vincente.
Tutto, da allora in poi, fa parte di un lavoro che sta in piedi da solo.
Spero sia cosi’. Dovrebbe esserci un legame tra l’opera e le persone.
Il fatto e’ che c’e’ il vecchio ed il nuovo e bisogna mettere insieme
entrambe le cose.
Il vecchio se ne va ed il nuovo avanza, ma non c’e’ un confine ben marcato.
Il vecchio c’e’ ancora mentre il nuovo fa il suo ingresso in scena, qualche
volta senza nemmeno esser notato.
Il nuovo prende il sopravvento allo stesso tempo in cui il vecchio perde la
sua presa.
E va sempre avanti cosi’, per sempre nei secoli.
Prima o poi, prima ancora che te ne accorgi, ecco che tutto e’ nuovo; e
cos’e’ successo al vecchio?
E’ come un trucco da maghi; ma bisogna sempre tenere le antenne pronte.
E’ come quando si parla degli anni sessanta.
Se uno ricorda quegli anni, sa che i primi anni sessanta, fino a forse il
’64, il ’65, erano in realta’ i ’50, i tardi anni ’50.
Ma erano ancora i ’50, facevano parte della stessa cultura, perlomeno in
America.
Ed andavano ancora forte, pur se stavano declinando.
Nel ’66, o giu’ di li’, arrivarono gli anni ’60; e presero piede prima della
fine della decade.
Poi, al tempo di Woodstock, gli anni ’50 scomparvero del tutto.
Ed io non ho mai fatto veramente parte di quello che si chiama *gli anni
sessanta*.
Anche se vieni sempre identificato con quel periodo?
Chiaro che c’ero; e forse ne sono ancora influenzato. Ma non riuscivo
davvero ad identificarmi con quello che succedeva. Non avevo molto senso,
per me. Avevo la mia famiglia.
Per esempio, (Timothy) Leary ed altri come lui non sarebbero durati un solo
secondo nel periodo precedente.
E non furono certo aiutati dalla guerra in Vietnam.
Non ti preoccupi mai che le tue canzoni vengano interpretate in modi
sbagliati? Ad esempio, c’e’ ancora gente che pensa che *Rainy Day Women* sia
un titolo in codice per parlare di droga.
Non mi soprende che alcune persone la vedano cosi’. Sono persone che non
conoscono gli Atti Degli Apostoli.
A volte sembra che tu sia disgustato dagli anni ’60.
Gli anni ’50 sono stati un periodo piu’ semplice; almeno per me e per la
situazione in cui mi trovavo.
Non avevo alcuna esperienza di quello che altre persone della mia stessa
eta’ avevano provato, quelli che venivano dalle citta’ piu’ importanti. Dove
son cresciuto io si era distantissimi dal centro della cultura.
Ero ben distante dalle vie piu’ frequentate.
Pero’ avevo l’intera citta’ a portata di mano per andare in giro e in questo
non c’era alcuna tristezza o paura o insicurezza.
C’erano boschi, cielo, fiumi e torrenti, inverno ed estate, primavera ed
autunno. Il cambio delle stagioni.
La cultura era prevalentemente il circo ed il carnevale, i predicatori, i
piloti di piccoli aerei, gli spettacoli improvvisati, i comici, le big
band e tutto quello che accadeva in giro. Importanti spettacoli radiofonici
e musica trasmessa alla radio. Questo avveniva prima dell’avvento dei
supermercati e dei centri commerciali, delle multisala, dei negozi di
bricolage e molte altre cose. Insomma, era molto piu’ semplice.
E quando cresci in questo modo, questo mondo ti resta dentro.
Poi me ne sono andato; ed eravamo verso la fine degli anni cinquanta; ma ho
visto e sentito un sacco di cose nei cinquanta e sono queste cose che creano
quello che sono io oggi, come se io fossi quella persona li’.
Credo che gli anni ’50 siano finiti intorno al ’65.
E non ho delle belle sensazioni per quel periodo. E perche’ mai dovrei? Sono
stati giorni crudeli.
Perche’ mai? Forse perche’ c’era troppo caos per uno che era sempre al
centro di tutta l’attenzione?
Si’, questo di sicuro, ma anche un sacco di altre cose. Si cominciava ad
industrializzare le cose.
E questo non avrebbe significato molto per me, ma il fatto e’ che stava
succedendo anche alla musica.
Ho visto la morte di quello che amo e di un certo stile di vita che davo per
scontato.
Pero’ si pensava che la tua musica parlasse agli anni ’60 e ne
riflettesse gli umori.
Pensi sia la stessa cosa con la tua musica post-1997?
Certo; la mia musica parla sempre al tempo attuale.
Pero’ non dimentichiamo che la natura umana non e’ legata ad un periodo
storico particolare.
E tutto parte da qui.
Le mie canzoni sono la mia musica personale; non sono comunitarie.
Non vorrei che il pubblico le cantasse insieme a me. Mi sembrerebbe strambo.
Non suono per gente che e’ riunita intorno ad un falo’. Non ricordo nessuno
cantare insieme a Elvis o a Carl Perkins o a Little Richard.
Quello che devi ottenere e’ che il pubblico senta le proprie emozioni. Ma
l’artista, se sta facendo quello che deve fare, non sente emozione alcuna.
E’ come una specie di alchimia che un artista ha.
Non credi di essere una voce particolarmente *americana*, per come le
tue canzoni riflettono la nostra (dell’intervistatore e di Dylan; NDT)
storia e l’hanno giudicata?
Sono canzoni storiche. Ma sono anche biografiche e geografiche.
Rappresentano uno stato d’animo particolare. Un territorio preciso.
Quello che gli altri pensano di me, o provano per me, mi e’ assolutamente
indifferente.
Non piu’ di quanto sia per me, quando vado a vedere un film - diciamo *Cime
Tempestose* o un altro qualsiasi – e devo chiedermi cosa piaccia veramente a
Laurence Olivier.
Quando vedo un attore recitare, quando vedo qualcosa, non penso a come siano
gli attori.
Sono li’ perche’ voglio dimenticarmi di me, dimenticare quello che mi
interessa o quello che non mi interessa.
L’intrattenimento e’ come se fosse una disciplina sportiva. (Dylan
improvvisamente sembra scaldarsi)
Lascia che ti mostri una cosa. Voglio farti vedere una cosa. Potrebbe
interessarti. Potresti ricavarne qualcosa di interessante. Potrebbe farti
venir voglia di riformulare le tue domande o pensarne di nuove. (Ride)
Lascia che ti faccia vedere. (si alza e va ad un altro tavolo)
Vuoi che ti segua?
No, no, no, ce l’ho qui.
Pensavo che questo potesse interessarti. (porta un vecchio giornale al
tavolo)
Vedi questo libro? Mai sentito di questo tipo? (mi mostra *Hell’s Angel: la
vita e l’epoca di Sonny Barger e gli Hell’s Angels Motorcycle Club*, di
Sonny Barger)
Si’, certo.
E’ un Hell’s Angel.
E’ stato l’Hell’s Angel piu’ noto.
Guarda chi ha scritto questo libro. (indica i nomi degli autori, Keith
Zimmerman e Kent Zimmermann)
Questi nomi ti dicono niente? Ti sembra di conoscerli? Che dici? Uno si
chiede *Cosa c’entra questo con me? Eppure si’ che mi sembra di conoscerli.
E ce ne sono due. Sono due, no? Uno non bastava? Che ne dici?
(Dylan adesso e’ seduto e sorride) Mi riferisco a questo posto qui. (apre il
libro ad una pagina segnata da un angolo piegato) Leggi a voce altra qui.
Leggi a voce alta nel registratore.
*Uno dei primi presidenti degli Hells Angels di San
Bernardino e’ stato Bobby Zimmermann.
Mentre tornavamo a
casa dalla corsa di Bass Lake nel ’64, Bobby stava guidando al suo solito
posto – davanti a sinistra – quando gli cadde la marmitta dalla moto.
Pensando di riuscire a girarsi ed a riprenderla, Bobby scarto’ di colpo,
facendo una veloce inversione ad U dalla testa del gruppo. In quello stesso
momento, un Hells Angels di Richmond, Jack Egan, stava velocemente superando
tutti, passando dal retro verso il gruppo davanti.
Mentre superava la lunga fila di motociclette, Egan era dalla parte
sbagliata della strada proprio mentre Bobby si era lanciato nella sua
inversione.
Jack colpi’ il povero Bobby di fianco e lo uccise sul colpo.
Trascinammo il corpo senza vita di Bobby sul ciglio della strada.
Non potemmo far nulla tranne chiamare qualcuno in citta’ per aiutarci.
Povero Bobby.*
Gia’, povero Bobby. Sai come si chiama questa cosa? Si chiama
trasfigurazione. Ne hai mai sentito parlare?
Si’.
Beh, ne hai uno davanti.
Uno…..che e’ stato trasfigurato?
Si’, senza dubbio. Non sono come te, no? E non sono nemmeno come lui. Non ci
sono tante persone come me.
Sono simile ad uno che e’ stato trasfigurato. Quante persone conosci che
sono cosi’ o che sono come me?
Con la parola trasfigurazione, vuoi dire essere trasformato? O intendi
trasmigrazione, quando un’anima passa in un corpo diverso?
La trasmigrazione non c’entra con quello di cui stiamo parlando. Questa e’
una cosa diversa.
Ho avuto un incidente di moto, nel ’66. Ti ho gia’ detto del vecchio e del
nuovo, vero?
Ora, puoi mettere queste cose insieme come meglio credi. Puoi rielaborarle
come meglio credi.
La trasfigurazione; puoi cercare di saperne di piu’ presso la Chiesa
Cattolica, puoi cercare di saperne di piu’ da qualche vecchio libro di
mistica, ma il concetto e’ reale. E’ sempre accaduto, in ogni epoca.
Nessuno sa a chi e’ accaduto, o perche’. Ma in alcuni casi se ne hanno delle
prove reali.
Non e’ come una cosa di cui puoi solo sognare e immaginare.
Non e’ come reinventarsi una realta’ o come la reincarnazione; o come quando
uno crede di essere qualcuno vissuto nel passato, ma non ne ha le prove. Non
e’ qualcosa che ha a che fare col passato o col futuro.
Percio’, quando fai le tue domande, le stai facendo ad una persona che e’
morta da tempo.
Stai facendo domande ad una persona che non esiste. Eppure la gente continua
sempre a fare lo stesso errore, con me. Hai sentito parlare di un libro che
si chiama *Nessuno conosce la propria storia*? Parla di Joseph Smith, il
profeta mormone. Il titolo potrebbe riferirsi a me.
La trasfigurazione e’ quello che ti consente di venir fuori dal caos ed
elevarti al di sopra.
E’ cosi’ che riesco ancora a fare quello che faccio e scrivere le canzoni
che canto e ad andare avanti.
Quando dici che sto parlando ad una persona che e’ morta, intendi il
motociclista Bobby Zimmerman o intendi dire Bob Dylan?
Bob Dylan e’ qui. Stai parlando con lui.
Quindi la tua trasfigurazione e’…
E’ quello che e’. Non potrei tornare indietro e ritrovare Bobby nemmeno in
un milione di anni.
E non puoi farlo nemmeno tu e nessun’altro sulla faccia della Terra. Se n’e’
andato.
Se potessi, tornerei indietro. Mi piacerebbe tornare indietro. A questo
punto del mio tempo, mi piacerebbe tornare indietro e ritrovarlo; dargli la
mano e dirgli che ha trovato un amico. Ma non posso; se n’e’ andato e non
esiste piu’.
Ok, quindi quando parli di trasfigurazione…
So solo quello che ti ho detto. Devi indagare per conto tuo per capire di
cosa si tratta.
Sto cercando di capire da chi o in chi sei stato trasfigurato.
Te l’ho appena mostrato. Va’ a leggerti il libro.
Quindi e’ lui che hai in mente? Quale puo’ essere il legame che hai
con quel Bobby Zimmerman, a parte il nome?
Non e’ che ce l’abbia in mente. Non ho
scritto io quel libro. E non me lo sono inventato ne’ sognato.
Non ti sto dicendo che ieri ho fatto un sogno. Ricordi la canzone *Ieri ho
fatto un sogno stranissimo*?
(Last Night I Had The Strangest Dream) Beh, non ho scritto nemmeno quella.
Ti sto facendo vedere un libro che e’ stato scritto e pubblicato.
Voglio dire, guarda quante connessioni: le moto, Bobby Zimmerman, Keith e
Kent Zimmerman, 1964, 1966.
E c’e’ anche di piu’ di questo. Se andassi a trovare la famiglia di questo
tipo, troveresti un sacco di altre cose che si collegano. Te lo sto solo
spiegando. Va’ a vedere la tomba.
Quando ti e’ capitato di trovare quel
libro?
Eh…non so….quando ho trovato quel libro?
Qualcuno me l’ha messo in mano anni fa.
Avevo incontrato Sonny Barger negli anni ’60, ma non lo conoscevo bene. Era
amico di Jerry Garcia.
Forse l’ho visto da quelle parti, sullo scaffale di una libreria e il
commesso me l’ha messo tra le mani.
Ma ho cominciato a leggerlo e pensavo parlasse di Sonny ma poi sono arrivato
alla parte che ti ho detto ed ho capito che non parlava affatto di lui.
Fino a molto tempo dopo non avevo nemmeno fatto caso ai nomi degli autori, a
dirla tutta, ed anche questo mi ha sconvolto.
Circa un anno piu’ tardi, sono andato in una biblioteca a Roma ed ho trovato
un libro sulla trasfigurazione perche’ non e’ qualcosa di cui, a dire il
vero, si senta parlare ogni giorno; sai, fa parte delle cose mistiche e ne
sapevo solo quel poco che bastava per dirmi, beh, lo so; non e’ che io sia
un’autorita’ nel campo; ma in un certo senso ti fa capire bene quello che ti
distingue dagli altri.
Mi ero sempre sentito diverso dagli altri, ma questo libro mi ha detto
perche’.
Cosi’ come molte altre persone sono diverse.
Insomma, e’ come nella parola *pari* - voglio dire, vedo dappertutto *i tuoi
pari di qua…i tuoi pari di la’*.
E mi son sempre chiesto: *chi sono i miei pari?*
Quando ho ricevuto la Medaglia per le Liberta’ (Medal Of Freedom) ho
cominciato a pensarci di piu’.
Tipo, mi chiedevo *ma chi sono i miei pari*? Pero’ poi mi e’ stato chiaro.
I miei pari sono Aretha Franklin, Duke Ellington, B.B. King, John Glenn,
Madeleine Albright, Pat Summitt, Toni Morrison, Jasper Johns, Martha Graham,
Sidney Poitier. Gente di questo tipo; tutta gente diversa dagli altri, come
me. Ed io sono orgoglioso di stare tra di loro.
Non si scrivono le canzoni che scrivo io se si e’ dei normali cantautori.
E non credo che ci sara’ mai nessuno che ne scrivera’ cosi’; non piu’ di
quanto nessuno scrivera’ mai una canzone come Hank Williams o Irving Berlin.
Questo e’ poco ma sicuro.
Penso davvero di aver portato la cosa ad un altro livello perche’ ho dovuto
farlo. Perche’ sono stato obbligato a farlo. Devi ridare forma alle cose in
continuazione perche’ tutto continua ad espandersi intorno a te.
La vita ha il suo modo di diffondersi.
Perche’ senti il bisogno di ridare forma alle cose in continuazione?
Perche’ e’ nella natura dell’esistenza. Niente resta a lungo dov’e’.
Gli alberi crescono, le foglie cadono, i fiumi inaridiscono e i fiori
muoiono. Persone nuove nascono ogni giorno.
La vita non si ferma.
Fa parte di quello che per te rappresenta l’andare in giro in tour?
Andare in tour ha piu’ o meno qualsiasi significato si voglia attribuirgli.
C’e’ qualcosa di strano nell’andare in tour? Nel fare spettacoli dal vivo?
Se c’e’, dimmi tu cos’e’.
Willie (Nelson) e’ in tour da anni e nessuno gli chiede come mai lo faccia.
Guarda, si viaggia in posti diversi e si vedono cose che non potresti vedere
ogni giorno standotene a casa.
E si suona musica per la gente – tutta la gente, di tutti i paesi e di tutte
le nazionalita’.
Chiedi a qualsiasi persona che va in scena; tutti ti diranno la stessa cosa.
Che gli piace farlo e che vuol dire molto per la gente.
E’ come qualsiasi altra tipologia di lavoro, solo che e’ diverso.
E pero’ per un bel pezzo, dal 1966 al 1974, avevi smesso di girare. Hai
sempre immaginato che saresti tornato alle scene in quanto fa parte di
quello che fai?
So che ho smesso di girare, ma poi ho ripreso. Le cose cambiano.
E poi ci sono spettacoli che non vanno in giro. Potrebbero andare al massimo
a Las Vegas e restare li. Si potrebbe fare anche cosi’, chissa’, forse un
giorno potrei farlo anch’io. Ci sono modi molto peggiori di finire una
carriera.
E’ sempre stato cosi’ per chiunque faccia questo lavoro, anche andando
indietro ai tempi antichi.
Il carnevale arrivava, il carnevale se ne andava e tu te ne andavi con loro.
Andava cosi’.
Non arrivi alla fine di una carriera finche’ qualcuno non ti da’ un orologio
d’oro ed una pacca sulle spalle.
Ma non e’ cosi’ che funziona il gioco; in realta’ nessuno va veramente in
pensione.
In realta’ si declina; si esaurisce la benzina e la gente non e’ piu’
interessata a te.
Che pensi di Springsteen? E degli U2?
Voglio bene a Bruce come a un fratello. E’ un grandissimo, sul palcoscenico;
non c’e’ nessuno come lui.
Ne ho profonda stima.
Gli U2 sono una forza della natura con cui bisogna fare i conti.
L’energia di Bono arriva molto distante; in un certo senso, e’ una tempesta
anche per se’ stesso.
Miles Davis diceva che la musica dovrebbe essere ascoltata nel momento in
cui viene suonata; è li’ che la musica è davvero viva. La pensi piu o meno
così anche tu?
Eh, si’, e’ proprio cosi’. Ne abbiamo parlato. Le canzoni non vivono in uno
studio di registrazione.
Puoi dare il massimo, ma c’e’ sempre qualcosa che manca. E quello che manca
e’ il pubblico dal vivo.
Sinatra faceva dei dischi in quel modo; si portava la gente in studio per
fare da pubblico. Lo aiutava a entrare meglio nelle canzoni.
Quindi suonare dal vivo e’ un traguardo che ti appaga?
Se non ti appagano anche altre cose, il solo suonare dal vivo non potra’ mai
farti felice. Suonare dal vivo e’ qualcosa che bisogna imparare. Lo fai,
migliori e vai avanti. E se non migliori, devi smettere.
E’ appagante, come stile di vita? Beh, ma che tipo di vita e’ appagante?
Nessuno tipo di vita e’ appagante se la tua anima non e’ redenta.
Descrivi quello che fai non come una carriera, ma come una chiamata.
Tutti abbiamo una chiamata, no? Qualcuno e’ chiamato a qualcosa di grande,
qualcuno a qualcosa di umile.
Molti sono chiamati, ma pochi sono scelti. E ci sono un sacco di cose che
distraggono, quindi si rischia di non trovare dove sia il proprio io. Molta
gente non ci riesce.
Come descriveresti la tua chiamata?
La mia? Non diversa da quella di chiunque altro. Alcuni son chiamati ad
essere buoni marinai, altri ad essere buoni contadini, altri ad essere buoni
amici.
Devi dare il meglio in qualsiasi cosa tu sia chiamato, qualsiasi cosa tu
debba fare. Devi essere il migliore nel tuo campo, devi perfezionarti. E’
una questione di fiducia nei propri mezzi, non e’ arroganza.
Devi sapere che sei il migliore, che gli altri te lo dicano o no.
E che tu resterai, in un modo o nell’altro, piu’ a lungo di chiunque altro.
Da qualche parte che devi trovare dentro di te, devi credere che sia cosi’.
Qualcuno di noi pensa che la tua chiamata sia quella di qualcuno che ha
dato il suo meglio per dare testimonianza al mondo ed alla storia che ha
costruito quel mondo.
La storia e’ strana, no? La storia puo’ essere cambiata. Il passato puo’
essere distorto ed usato per propositi di propaganda. Le cose che ci han
detto son successe potrebbero benissimo non essere successe affatto.
E quello che ci han detto non esser mai successo potrebbe esser accaduto
davvero.
I giornali lo fanno sempre; i libri di storia lo fanno sempre.
Tutti cambiamo il passato a modo nostro; e’ normale, non credi?
Vediamo le cose non come son state veramente; oppure le vediamo come le
vogliamo vedere. Non possiamo cambiare il presente o il futuro. Possiamo
cambiare solo il passato, ed e’ quello che facciamo in continuazione.
Come dice il vecchio adagio: *La storia e’ scritta dai vincitori*-
Verissimo. E poi c’e’ Henry Ford. Lui non aveva molto tempo da sprecare con
la storia.
Ma tu ce l’hai. In *Chronicles* hai scritto del tuo interesse per la
Guerra Civile. Hai detto che lo spirito di divisione che c’era a quei tempi
ti e’ stato di spunto per quello che hai scritto nelle tue canzoni.
Hai scritto di aver letto le cronache di quei tempi. Leggere, per esempio,
le memorie di Grant e’ diverso dal leggere la storia della guerra civile di
Shelby Foote.
Le cronache non sono mai uguali. Shelby Foote e’ come se guardasse giu’ da
una montagna altissima e Grant invece c’e’ dentro fino al collo. Shelby
Foote non c’era. E non c’erano nemmeno i tipi che contestano le rievocazioni
della guerra civile. Grant c’era, ma stava guidando il suo esercito. Ne
scrisse solo una volta che tutto fu finito.
Se vuoi veramente sapere cosa accadde, leggiti i quotidiani di quell’epoca,
sia del Nord che del Sud.
Vedrai cose a cui non crederai.
Ci son troppe cose per poter approfondire adesso, ma in ogni caso niente a
che vedere con quello che si legge nei libri si storia. C’e’ molta piu’
morte, molto piu’ odio. Non sembra esserci molto di eroico o nobile;
autodistruttivo, invece. Quattro anni di saccheggi, sciacallaggio ed omicidi
che han costruito lo *stile americano*.
E’ incredibile quello che si legge in quegli articoli di giornale.
Tipo la *Gazzetta di Pittsburgh*, dove avvertivano i lavoratori che se gli
stati del Sud l’avessero avuta vinta, avrebbero preso il potere nelle nostre
fabbriche, ripristinato lo schiavismo al posto delle nostra forza lavoro e
messo fine al nostro stile di vita.
Cose di questo tipo, c’e’ di tutto; e questo prima ancora che si sparasse il
primo colpo.
Ma c’erano rivendicazioni e calunnie anche da parte del Sud nei confronti
del Nord…
Certo che c’erano, eccome, sui diritti degli Stati e la lealta’ verso il
nostro (stato). Ma non aveva senso.
Gli stati del Sud avevano gia’ i loro diritti. A volte piu’ degli stati del
Nord. Il Nord voleva solo che finisse lo schiavismo; e nemmeno ne voleva la
fine vera e propria, ma voleva che si smettesse di esportarlo. Non stavano
cercando di mandar via gli schiavi. Volevano solo evitare che lo schiavismo
si diffondesse.
E’ l’unico diritto che veniva contestato; lo schiavismo non forniva un
salario alla gente.
Se quel sistema economico fosse stato autorizzato a diffondersi, la gente
del Nord avrebbe preso in mano le armi.
La diffusione dello schiavismo era temuta moltissimo.
Vedi paralleli tra gli anni sessanta del diciannovesimo secolo e
l’America di oggi?
Mmm….non so come dire.
E’ come se….gli Stati Uniti fossero andati a fuoco e si fossero
autodistrutti col pretesto dello schiavismo.
Nessuno dei singoli stati mollo’ la presa e quindi fu un massacro.
L’intero sistema dovette essere rovesciato con la forza. Un sacco di morti.
Roba….tipo, quanti? 500mila persone?
Tanta devastazione per porre fine allo schiavismo; ecco che cosa fu.
Questo paese e’ veramente messo male per quanto riguarda il colore della
pelle. E’ una follia.
La gente si prende per la gola solo perche’ e’ di colore diverso. E’ il
massimo della follia; basterebbe a tenere arretrata qualsiasi nazione,
qualsiasi quartiere; qualsiasi cosa di qualsiasi tipo.
I neri sanno che alcuni bianchi non avrebbero voluto rinunciare allo
schiavismo; che se fosse andata come loro avrebbero voluto, i neri sarebbero
ancora legati al giogo; e non possono far finta di non saperlo.
Se essere uno schiavista o uno del (Ku Klux) Klan ce l’hai nel sangue, i
neri se ne accorgono.
E questa cosa stende la sua ombra fino ad oggi.
Cosi’ come gli ebrei fiutano chi ha il nazismo nel sangue e i serbi fiutano
il sangue croato.
Ho seri dubbi che l’America riesca mai a sbarazzarsi di questa infamia. E’
un paese fondato sulla schiena degli schiavi. Spero si capisca cosa intendo
dire. E’ una cosa che ha radici antiche e la causa e’ li’, alla radice.
Perche’ se lo schiavismo fosse stato abolito in modo piu’ pacifico,
l’America sarebbe molto piu’ avanti oggi.
Chiunque abbia inventato lo slogan *(andar dietro ad) una causa persa…*…….
Non c’e’ niente di eroico ad andar dietro una causa persa, niente; anche se
ci sono persone che ci credono ancora.
Speravi o immaginavi che l’elezione del presidente Obama sarebbe stato il
segnale di un cambiamento o c’e’ effettivamente stato un cambiamento?
Non mi son fatto un’idea precisa. Se vuoi cambiare, devi cambiare dentro di
te.
Dopo la sua elezione, si e’ ritrovato ad
avere molti contro.
E’ successo lo stesso con Bush, no? Ed han fatto lo stesso con Clinton,
anche, e prima di lui con Jimmy Carter.
Guarda cos’e’ successo a Kennedy. Chiunque si trovi in quel ruolo e’
destinato a passare tempi duri.
Non pensi che alcune delle reazioni (contro Obama, NDT) siano scaturite
appunto da quella risonanza razziale di cui stavi parlando?
Non so. Non lo so, ma non credo sia la stessa cosa. Non ho idea di cosa
dicano contro di lui. Non lo so davvero.
Non so se siano cose fondate o cose superficiali.
Sei conscio del fatto che e’ stato etichettato come non-Americano e
socialista…
Non si puo’ dare importanza a questo genere di cose, come se non si fossero
mai sentite prima.
Eisenhower fu accusato di essere non-Americano. E Nixon non era socialista?
Guarda cosa ha fatto in Cina.
Diranno cose negative anche del prossimo. (presidente, NDT)
Quindi non pensi che le reazioni anti-Obama siano una reazione al fatto
di avere un nero alla presidenza degli Stati Uniti?
Devo ripeterti quello che ho detto, parola per parola? Cosa hai capito? La
gente lo amava quando e’ stato eletto, quindi di cos’e che stiamo parlando?
Del fatto che la gente cambia idea? Va bene, ma chi sono quelli che han
cambiato idea? Parla con loro. Perche’ stan cambiando idea? Perche’
l’avevano votato?
Avrebbero dovuto votare qualcun altro se non pensavano che gli sarebbe
piaciuto.
Quello che voglio dire e’ che forse un certo risentimento americano che
ancora esiste riguardo alla razza sia ancora recepito dall’opposizione al
Presidente Obama, che infatti non e’ stata un’opposizione pacata.
Intendi dire sulla carta stampata? Non conosco nessuno personalmente che
dica le cose che dici tu.
La stampa dice tante cose. Non so cosa dicano. O perche’ le dicano.
E comunque non si puo’ credere a quello che dice la stampa.
Tu voti?
Beh…
E’ giusto farlo? E’ giusto votare?
Ma si’, perche’ non votare? Io rispetto il sistema elettorale.
Tutti dovrebbero avere il diritto di votare. Viviamo in democrazia.
Cosa vorresti che ti dicessi? Votare e’ cosa buona.
Mi incuriosiva sapere se voti.
(sorride) Eh?
Quando hai incontrato il presidente Obama, che idea ti sei fatto di lui?
Cosa penso di lui? Mi piace. Ma lo stai chiedendo alla persona sbagliata.
Sai a chi dovresti chiederlo?
Dovresti chiederlo a sua moglie, cosa pensa di lui. E’ l’unico parere che
conta.
Senti, io l’ho incontrato solo poche volte. Voglio dire….cosa vuoi che ti
dica? Ama la musica; e’ un bel tipo e si veste bene. Che cazzo vuoi che ti
dica?
Vivi in questi tempi, avrai pure delle reazioni ai vari alti e bassi
della nazione.
Sei deluso, per esempio, dalla resistenza che questo presidente ha
incontrato?
Vorresti vederlo rieletto?
Ho vissuto sotto un sacco di presidenti.! Ed anche tu! Alcuni vengono
rieletti, altri no. Essere rieletti non e’ segno dell’essere stato un grande
presidente. A volte la persona di cui ci si sbarazza e’ la persona che si
rivorrebbe avere.
Ho tirato fuori l’argomento un po’ perche’ la notte in cui fu eletto tu
dicesti: *Pare che adesso le cose cambieranno*.
Hai la sensazione che il cambio che avevi previsto sia andato in porto?
Potresti ridirmi cosa ho detto? Non mi ricordo assolutamente.
Era la notte delle elezioni, nel 2008. Sul palco dell’Universita’ del
Minnesota, presentando i membri della band, indicasti il tuo bassista
dicendo: *Tony Garnier, con una spilla di Obama. Tony pensa che stia
iniziando una nuova era. Io…io son nato nel ’41, l’anno in cui fu bombardata
Pearl Harbour.
Beh, da allora ho vissuto in un mondo oscuro. Ma adesso sembra che le cose
cambieranno.*
Non so se l’ho detto o no. Per quanto riguarda Garnier, si’, forse aveva la
spilla di Obama e forse ho detto quelle cose perche’ in quel momento le
trovavo appropriate. Forse ho detto che sembrava che le cose potessero
cambiare.
E forse son cambiate davvero.
Non penso che avrei potuto prevedere come sarebbero cambiate ma qualsiasi
cosa abbia detto, l’ho detta per il pubblico di quella sala e di quella
sera. Capito in che senso?
Non l’ho detto perche’ fosse inciso per sempre in un disco.
Ti risulta sia andato nel centro della citta’ a fare un comizio?
Ma eri sul palco.
Ma non ero in strada, no?
Sul palco, sul palco.
Ok, e’ stato sul palco. Non so cosa abbia voluto dire.
A volte si dicono delle cose che non si sa bene che cavolo di senso hanno.
Pero’ mentre le dici sei sincero. Spererei che le cose cambiassero.
E’ tutto quello che posso dire, qualsiasi cosa abbia detto allora. Non nego
che l’ho detto; avrei sperato che le cose cambiassero. Spero sinceramente
che siano cambiate.
Ho l’impressione, mentre ne parliamo, che tu sia riluttante a parlare del
presidente o di quanto sia stato criticato.
Vabbe’, e’ ovvio; ti ho detto quello che potevo dirti.
Se e’ cosi’, torniamo a *Tempest*. Puoi
parlare un po’ del tuo modo di scrivere canzoni in questo periodo?
Posso scrivere una canzone in una sala affollata. L’ispirazione ti colpisce
ovunque. E’ magica; va sicuramente oltre la mia capacita’ di comprensione.
E del tuo ruolo come produttore? Come descriverti il suono che hai
cercato di ottenere?
Il suono va di pari passo con la canzone. Ma e’ strano. Uno mi ha detto che
Justin Bieber non potrebbe cantare nessuna di queste canzoni. Gli ho detto
che nemmeno io saprei cantare le sue e lui mi ha risposto: *Caro mio, di
questo ti sono grato*
Ha un notevole peso il senso della morte; sicuramente nelle ultime tre
canzoni – *Tin Angel*, *Tempest* e *Roll On John* -. Persone che vanno
incontro a una fine cruenta.
Anche i protagonisti di *Frankie & Johnny*, *Stagger Lee* ed *El Paso* vanno
incontro a morti cruente ed e’ sicuramente cosi’ anche per una delle mie
canzoni preferite, *Delia*. Posso farti i nomi di centinaia di canzoni in
cui tutto finisce in tragedia. Si chiama tradizione, ed e’ quello di cui mi
occupo io. Tradizionale, con la T maiuscola.
Si vede che la gente ha un modo semplicistico di identificare un concetto,
quando non riesce ad afferrarlo in pieno; usa termini che si pensa possano
essere capiti, come mortalita’. Come quando si dice, *Mi pare che queste
canzoni parlino di morte. Beh, Dylan e’ vecchio, no? Si vede che ci sta
pensando.*
Sai come rispondo a queste cazzate? Dico che questi idioti non sanno quello
che dicono.
Andate a cercare qualcun altro con cui prendervela.
E’ pieno di canzoni sulla morte. Lo sai bene, nella musica folk quasi tutte
le canzoni parlano di morte.
E tutti le cantano. La morte fa parte della vita. Prima te ne rendi conto,
meglio stai. E’ l’unico modo di vedere le cose.
E sul fatto che io possa essere d’accordo su quanto viene comunemente
accettato a riguardo di quello che le mie canzoni vogliano o non vogliano
dire, beh, e’ proprio una follia.
Non sono assolutamente in grado di verificare o no quello che gli altri
dicono che le mie canzoni significano.
E’ interessante che all’indomani dell’affondamento del Titanic ci fossero
cosi’ tante canzoni folk, blues e country sull’argomento. Come mai, secondo
te?
In effetti i musicisti folk e blues hanno scritto un sacco di canzoni sul
Titanic.
Questo e’ quello che penso di saper fare meglio; essere un musicista folk o
blues; quindi nella mia testa e’ questo che devo fare.
Se sei un cantante folk o blues o rock & roll, o di qualsiasi altro tipo che
faccia parte di questa categoria, dovresti scrivere una canzone sul Titanic,
perchè in quel punto c’e’ l’asticella che va superata.
Oggi ci sono talmente tanti mezzi di comunicazione, che si e’ in grado di
vedere qualcosa ancora prima che accada.
Lo vieni a sapere o perlomeno pensi di farlo. Nessuno puo’ dirti nulla.
Non c’e’ bisogno di una canzone che parli dell’incendio accaduto ieri sera a
Chinatown perche’ era gia’ in tutti i telegiornali. Nelle canzoni, devi
raccontare alla gente di cose che non han visto e alle quali non erano
presenti, e devi farlo come se tu ci fossi stato.
Nessuno puo’ contestarti una canzone sul Titanic piu’ di quanto possa
contestartene una su Billy The Kid.
Questi musicisti folk, pero’, erano persone che non avrebbero mai potuto
essere a bordo del Titanic ne’ avrebbero potuto comandarlo.
No, ma tutti i vecchi cantanti country, quelli country blues, hillbilly e di
rock&roll avevano in comune una fortissima immaginazione. E ce l’ho anch’io.
Non e’ strano per me scrivere una canzone sulla tragedia del Titanic piu’ di
quanto non lo sia per Leadbelly.
Potrebbe essere strano il fatto che la ballata sia cosi’ lunga, ma non il
fatto in se’ che parli di quel disastro.
In alcune canzone sul Titanic appare una visione dell’evento come un
giudizio sui tempi moderni e sull’umanita’ per aver presunto che fosse
inaffondabile. C’e’ qualcosa del genere nella tua canzone?
No, no, io ho cercato di restar fuori da tutto questo. Non c’e’ nessuna
implicazione di questo tipo.
Non mi interessa. Mi interessa far vedere quello che e’ successo, in che
contesto e’ successo. Basta.
Il significato che c’e’ dietro io non posso capirlo.
Hai anche una canzone su John Lennon, *Roll On John*, su quest’album.
Cosa ti ha spinto a registrarla adesso?
Non ricordo; mi sentivo di farlo e basta. E mi sembrava che farlo adesso
fosse un tempo giusto non meno di altri.
Non ero neppure sicuro che la canzone sarebbe stata adatta al disco. Ho
rischiato e ce l’ho buttata dentro.
Penso che avrei finito per mettercela; non e’ come se l’avessi scritta ieri.
Ho cominciato a provarla alla fine dell’anno scorso in alcune tappe.
Lennon ha detto che e’ stato ispirato da te, ma che con te si sentiva
anche in competizione.
Tu e Lennon siete stati dei giganti della cultura negli anni ’60 e ’70.
Questo vi ha mai provocato disagio o vi ha trasmesso un senso di antagonismo
quando eravate insieme?
Penso che facessimo parte della stessa categoria qualche tempo fa, no?
John veniva dal nord della Gran Bretagna; dalle zone non avanzate; proprio
come me in America; quindi avevamo il terreno ambientale in comune, diciamo.
Entrambi i posti erano abbastanza isolati. Anche se il mio lo era molto piu’
del suo. E tutto ti si accumula contro, quando si viene da quei posti. Devi
aver del talento per superare tutte queste cose. Questa e’ una cosa che
avevo in comune con lui.
Avevamo circa la stessa eta’ e sentivamo esattamente le stesse cose, mentre
diventavamo grandi.
I nostri percorsi si sono incrociati, ad un certo punto, ed entrambi abbiamo
dovuto affrontare un sacco di contrarieta’.
Avevamo anche questo in comune. Mi piacerebbe che fosse ancora qui perche’
ora potremmo parlare di un sacco di cose.
Tu ci sei stato, a visitare Liverpool, dove Lennon e’ cresciuto. Quanto
tempo fa e’ stato?
Non so, un paio di anni fa? Strawberry Field e’ proprio dietro casa sua. Non
lo sapevo. Pare che sia cresciuto con sua zia. Andavano li’, a Strawberry
Field, un parco recintato dietro casa sua.
Vivendo in Gran Bretagna, hai alle spalle una storia di impiccagioni e di
teste tagliate. Voglio dire, ci cresci con queste cose, se sei un inglese.
(britannico, NDT).
Non capivo bene il verso sull’essere impiccati - *niente per cui essere
impiccati* - beh, i tempi son cambiati, pensavo avesse il senso di
*preoccuparsi/perderci tempo*, *niente di cui preoccuparsi*.
Invece lui intendeva letteralmente *Cosa fai in giro, John?*. *Non ti
preoccupare, mamma, niente per cui rischio di venire impiccato, niente per
cui si venga impiccati*. L’ho trovato abbastanza interessante.
(lingusticamene l’aneddoto di Dylan non ha molto
senso; anche se non credo valga la pena approfondire qui. NDT)
In *Roll On John*, si ha la sensazione che Lennon sia intrappolato in
America, distante da casa. Provi empatia per queste esperienze?
Come potrei non provarla? Ci sono tante cose da dire sulla vita di qualsiasi
persona. Non finiresti mai, a dire il vero.
Ho preso soltanto le cose che pensavo fossero piu’ vicine alla mia
sensibilita’ ed alla mia comprensione.
Si sentono varie ispirazioni e tributi in *Tempest* e nella tua musica
piu’ recente; compreso il suono di Muddy Waters, Howlin’ Wolf e lo spirito
di Charley Patton. Tu ti consideri un bluesman?
I bluesman vivono vite di grande travaglio. Ed io ho troppo rock&roll nel
sangue per definirmi un cantante blues.
Country blues, musica folk e rock&roll contribuiscono a formare la musica
che suono.
Si sentono anche echi di Bing Crosby; sembrano arrivare da *Nashville
Skyline*. Sei influenzato da lui?
Molti vorrebbero cantare come Bing Crosby, ma pochissimi possono competere
con la sua vocalita’ e la sua profondita’ di tono. Ha influenzato tutti i
veri cantanti, che loro ne siano consci o no.
Ascoltavo Bing Crosby da ragazzo e non mi colpiva molto; ma mi e’ entrato
dentro lo stesso.
Lui e Nat King Cole erano i cantanti preferiti di mio padre e quindi in casa
mia si ascoltavano i loro dischi.
Hai detto che all’inizio volevi fare un disco piu’ religioso, stavolta.
Mi puoi dire qualcosa di piu’?
Le canzoni di *Tempest* sono state elaborate durante le prove sul palco e i
soundcheck prima di andare in scena.
La canzoni religiose mi sembrava fossero troppo simili tra di loro per
pubblicarle in un album.
Prima o poi, durante la creazione del mio lavoro, avrei dovuto scegliere le
une o le altre; le canzoni di *Tempest* sono quelle che ho scelto. Ma non
sono ancora sicuro sia stata la decisione giusta.
Quando dici canzoni religiose…
Canzoni nuove, ma ispirate alla tradizione.
Come quelle di *Slow Train Coming*?
No, no. Assolutamente no. Piu’ simili a *Just A Closer Walk With Thee*
Dagli anni ’80 in poi, ci sono molte zone oscure nelle tue canzoni. Tutto
cio’ e’ il riflesso di un conflitto religioso che vivi interiormente e che
e’ ancora in corso?
Ma no, non ho nessun conflitto religioso. Ti ho appena fatto vedere quel
libro. La trasfigurazione elimina queste cose. Non si hanno quei tipi di
conflitti. Non li hai e non li avrai mai. No. Devi accrescere la tua fede.
Questi conflitti sono per altre persone. Altre persone che non conosci e non
conoscerai mai.
Anche se tutti abbiano qualche conflitto interiore, questo e’ certo.
Il tuo senso della fede e’ cambiato?
Certo che lo e’, o voi gente di poca fede. (cit. NDT)
Chi puo’ dire che io abbia una qualche fede di qualche genere? Vedo la mano
di Dio dappertutto.
In ogni persona, ogni posto e ogni cosa, ogni situazione.
Voglio dire che si puo’ avere fede piu’ o meno in tutto, no? Puoi avere fede
in quel Bloody Mary che stai bevendo.
Potrebbe calmarti i nervi. (ride)
E’ acqua, non e’ un Bloody Mary.
Vabbe’ (ride), mi sembrava un Bloody Mary. Diro’ che lo e’. Riscrivero’ la
storia per te.
In passato hai sempre voluto parlare di questi argomenti.
Si’, ma era una volta e adesso e’ adesso. Ho abbastanza fede in me da essere
fedele a me stesso.
La fede e’ una cosa buona, puo’ spostare le montagne. Non quella fede tipo
nel Bloody Mary che hai tu, ma il tipo di fede che hanno le persone come me.
Si puo’ dire se la gente abbia o no fede dal modo in cui si comprtano, dalle
stronzate che escono dalla loro bocca. Basta poca fede per fare tanta
strada.
E’ la cosa migliore che si possa avere. Quando si ha poco altro, basta
quella. Ma ci vuole del tempo per acquisirla.
Bisogna continuare a cercare.
Qualche volta si crede di averla raggiunta, poi ci sente come se la si
perdesse.
Si’, si’, certo. Si subiscono dei brutti colpi, nella vita. Si e’ colpiti
con tutto. Ci passiamo tutti.
Prendiamo tutti delle botte in testa. Ed alcuni ne prendono piu’ di altri.
Alcuni non hanno proprio scelta, ed alcuni ne hanno piu’ di una. Non ci sono
due persone uguali.
Devi spingere al massimo e dare il meglio di te; come dice Woody Guthrie
nella canzone *Hard Travelin’*.
E’ chiaro che il linguaggio biblico fornisca ancora ispirazione alle tue
canzoni.
Certo che si’, che altro ci potrebbe essere. Credo nell’Apocalisse. Credo
nella Rivelazione, no?
C’e’ della verita’ in tutti i libri, in un qualche modo.
Confucio, Sun Tzu, Marco Aurelio, il Corano, la Torah, il Nuovo Testamento,
i sutra Buddisti, il Bahagavad-Gita, il Libro dei Morti egiziano e migliaia
d’altri. Non si puo’ vivere senza leggere dei libri.
*Time Out Of Mind* iniziava con l’immagine di qualcuno che cammina lungo
strade che son morte.
Si cammina un sacco in quel disco, vero? Ne ho sentito parlare.
Quando quel narratore parla di percorrere questa o quella strada, hai in
mente le immagini di quelle strade?
Si’, ma non in senso specifico. Le senti, senza poterle vedere. E’ un
concetto che viene da distante: il blues *camminato*. (gioco di parole
walking >< talking blues, NDT)
Il cammino potrebbe essere quello che qualcuno vede di persona. Potrebbe
essere la strada verso la morte; potrebbe essere la strada verso
l’illuminazione.
Certo, potrebbe essere tutto questo. Quante strade deve percorrere un uomo?
Ne’ correre, ne’ guidare, ne’ strisciare? Son cresciuto con quest’idea. Il
blues del cammino. *Walking To New Orleans*, *Cadillac Walk*, *Hand Me Down
My Walkin’ Cane*. E’ l’unico percorso che conosco. Mi viene spontaneo.
La persona che cammina in queste canzoni, cammina da sola?
Qualche volta; ma, torno a dire, qualche volta no. Qualche volta devi
trovare un tuo spazio per un po’.
Non mi e’ mai venuto in mente, pero’, se cammino da solo o no. E’ come se
camminassi sempre con qualcuno.
In *Sugar Baby*, da *Love And Theft*, cantavi: *Ogni momento
dell’esistenza sembra un imbroglio*
Queste parole segnalavano un cambiamento rispetto a come percepivi le cose
prima di allora?
No, non c’e’ stato nessun cambio di sorta. Pensavo che molti avessero la
stessa percezione dell’esistenza e lo penso tuttora.
Voglio sapere di piu’ sulla questione della trasfigurazione. C’e’ un
momento preciso in cui ne hai preso coscienza?
Si’, posso far riferimento al libro. (la biografia di Sonny Barger). Avviene
per gradi.
Direi che quell’incidente, comunque, se vogliamo chiamarlo cosi’, penso
fosse nel ’64? (si riferisce alla morte di Bobby Zimmerman che, a dire il
vero, avvenne nel ’61).
Come ho detto prima, anch’io ho fatto un incidente, nel ’66, quindi parliamo
di circa due anni, una specie di graduale uscita di scena e di, si’, diciamo
di qualcos’altro che appare come dal nulla.
Ed e’ perfettamente logico, perche’ nel mondo reale,
(o c’e’ un errore di stampa o Dylan ha detto pero’ *mondo della verita’*,
al di la’ di quello che volesse dire) NDT), niente inizia o
finisce. Sai, e’ come qualcosa che inizia mentre qualcos’altro termina. Non
c’e’ mai un confine preciso o una linea di demarcazione; ne abbiamo gia’
parlato.
Si sa come esistano linee di demarcazione per le nazioni. Abbiamo i confini.
Beh, i confini nel mondo cosmologico non esistono proprio, cosi’ come non
esiste il confine tra notte e giorno.
Dopo il tuo incidente motociclistico, sei diventato in qualche modo una
persona diversa?
Sto cercando di spiegare qualcosa che non si puo’ spiegare. Devi darmi una
mano. Sfoglia quel libro.
Alcune persone non diventano quello che dovrebbero diventare. Il loro
destino viene spezzato e vanno in un’altra direzione. Succede spesso. Tutti
vediamo delle persone a cui e’ successo. Le vediamo per strada.
E’ come se avessero un cartello sopra di loro.
Avevi sentore di tutto cio’ prima di leggere il libro di Barger?
Non sapevo chi fossi prima di leggere il libro di Barger.
Ti dico un modo in cui si puo’ porre la questione: negli anni ’60, la
gente ti vedeva come una stella rivoluzionaria; fino all’incidente di moto.
Dopodiche’, con la musica che avevi fatto a Woodstock con la Band, con *John
Wesley Harding* *Nashville Skyline*, alcuni furono disorientati dalla tua
trasformazione.
E tu sei tornato da quella lunga pausa con un aspetto diverso e un suono
diverso nella voce, nella musica e nelle parole.
Ma perche’ quando la gente parla di me perde il lume della ragione? Che
cazzo c’hanno? Certo che ho fatto un incidente di moto. Certo che ho suonato
con la Band. E anche che ho fatto un disco che si chiama John Wesley
Harding, si’. Ed anche che avevo un suono diverso. E allora, che cazzo c’e’
di strano?
Vogliono sapere quello che nessuno puo’ sapere. Sono sempre a caccia, come
dei segugi.
Come nella canzone di Pete Townshend in cui dice che sta cercando di trovare
50 milioni di favole.
Perche’? Perche’ lo fanno? Non lo sanno nemmeno. E’ triste. Davvero. Possa
il Signore avere pieta’ di loro.
Sono anime perse. Non sanno veramente nulla. E’ triste, davvero. E’ triste
per me e lo e’ per loro.
Come mai pensi che facciano quello che dici?
Non ne ho la minima idea. Se lo dovessi scoprire, vieni a dirmelo.
Stai dicendo che non e’ possibile sapere chi sei davvero?
Nessuno sa niente. Chi sa chi e’ stato trasfigurato e chi no? Chi lo sa?
Aristotele, forse? Forse e’ stato trasfigurato anche lui? Non lo so. Giulio
Cesare, forse, e’ stato trasfigurato. Non lo so. Forse Shakespeare, forse
Dante, forse Napoleone, forse Churchill. Non si puo’ sapere, perche’ non e’
scritto nei libri di storia. Quello che dico e’ tutto qui.
A volte possiamo approfondire (la conoscenza di) noi stessi o aiutare le
altre persone cercando di conoscerle.
Se siamo responsabili di noi stessi, lo possiamo essere anche degli altri.
Ma dobbiamo prima conoscere noi stessi.
La gente ascolta le mie canzoni e pensa che io debba essere fatto in un
certo modo; e forse e’ cosi’ che sono davvero. Ma si puo’ andare anche
oltre.
Penso che quelli che ascoltano le mie canzoni possano capire anche chi sono
loro.
Quando dici che chi fa congetture su di te non sa quello che dici,
significa che ti senti incompreso?
Assolutamente no! (ride) Voglio dire, cosa c’e’ da capire? Voglio dire…no,
no. E’ proprio il contrario.
Chi e’ che dovrebbe capire? I miei parenti? Dovrei essere un qualche artista
incompreso che vive in un attico?
Dimmelo tu. Cosa c’e’ da capire? Possiamo farla finita, adesso?
Con domande di questo genere, dici? Solo un’altra: negli ultimi 10 anni
hai scritto un’autobiografia; c’e’ stato una tua biografia al cinema girata
come una fiction, *I’m Not There* e c’e’ stato il documentario di Martin
Scorsese, *No Direction Home*; tre seri tentativi di venire a capo della tua
storia. E il piu’ importante di tutti, forse, e’ stato il tuo libro:
*Chronicles*. Non e’ stato, in un certo senso, un tentativo di spiegare
certi fatti della tua vita?
Se leggi Chronicles, sapresti che non cerca di essere niente di piu’ di
quello che e’.
Dentro non ci troverai il significato della vita. Ne’ della mia ne’ di
quella di chiunque altro.
E se hai visto *No Direction Home*, magari hai notato che finisce nel ’66.
E per quanto riguarda I’m Not There, non so niente di quel film.
So solo che han concesso i diritti di 30 mie canzoni per farlo.
Ti e’ piaciuto *I’m Not There*?
Si’, mi e’ parso un bel film. Pensi che il regista fosse preoccupato che la
gente lo capisse o meno?
Penso che non gliene fregasse assolutamente nulla.
Penso che volesse solo fare un bel film. Mi e’ parso bello e gli attori mi
son sembrati eccezionali.
Penso che il film sia nato da una radicata percezione di te come di
qualcuno con molte fasi e diverse identita’.
Non mi identifico in questa visione. Ma cosa importa? E’ solo un film.
In *Chronicles* hai detto di aver rifiutato di scrivere le canzoni per un
dramma di Archibald MacLeish del 1971 perche’ pensavi che l’opera,
*Scratch*, *…suonava come un canto funebre per la societa’ e per un’umanita’
che stava faccia a terra nel proprio sangue.* Questa stessa visione non la
si puo’ applicare al film del 2003 a cui hai collaborato alla sceneggiatura,
*Masked & Anonymous*?
Beh, si’. Puoi vederla cosi’.
Sei stato contento di *Masked & Anonymous*?
No. Qualsiasi prospettiva avessi per quel film, non e’ mai arrivata sullo
schermo.
Quando vuoi fare un film e usi finanziamenti esterni, ci sono troppe persone
a cui dare retta.
Io amo quel film.
Mi fa piacere che ad alcuni piaccia. So che c’e’ a chi piace. Alcune
recitazioni sono state eccellenti.
John Goodman non e’ stato grandioso? E Jessica Lange. Son stati tutti bravi,
a dire il vero. Tutti tranne me. Ah ah!
Non avevo un vero ruolo, a dirti la verita’.
Come si chiama…..Cate Blanchett (tra gli attori che han recitato la parte di
Dylan in *I’m Not There*), avrebbe dovuto recitare la parte che ho fatto io.
Probabilmente sarebbe diventato un film di successo.
Ci sara’ un *Chronicles 2*?
Oh, speriamo di si’. Lavoro di continuo ad alcune parti. Ma l’altro
*Chronicles* l’ho fatto tutto da solo.
Non ero nemmeno sicuro che avrei avuto un vero editore che lo pubblicasse.
Non me la sento di dire troppo a riguardo. E’ un lavoro enorme. Non che mi
dispaccia scrivere, ma e’ la rilettura ed il tempo che vi vuole per farlo;
questa per me e’ la parte difficile.
Hai detto prima che ci sono delle cose che non ricordi. Ho chiuso
*Chronicles* pensando che invece tu ricordi quasi tutto. Perche’ non hai mai
parlato prima di quella vita della mente di cui hai avuto esperienza?
(non chiaro se l’intervistatore si riferisca a
passi di Chronicles o quanto da Dylan appena saputo sulla trasfigurazione,
NDT)
Non e’ che abbia una gran memoria. Ricordo quello che voglio ricordare. E
quello che voglio dimenticare, lo dimentico.
Quando scrivi cosi’, e’ come se una cosa ti portasse ad un’altra e poi ad
un’altra ancora; continui ad aprire porte, scivolare dentro e poi trovare
l’uscita. Sono come gli anelli di una catena; colleghi le cose mentre vai
avanti.
Negli ultimi anni hai ricevuto diverse onorificenze, compreso una di
recente alla Casa Bianca, dove sei stato insignito di una Medaglia alla
Liberta’. Non sei sempre stato a tuo agio in questo tipo di eventi.
Cos’e’ che ti ha reso piu’ propenso ad accettare questi riconoscimenti?
Sono molte di piu’ le medaglie e le onorificenze che rifiuto di quello che
accetto. Mi arrivano da tutte le parti, da tutto il mondo. La maggior parte
le rifiuto perche’ non posso andare fisicamente a riceverle tutte.
Ma ogni tanto, ne arriva qualcuna di importante, un’onorificenza
eccezionalmente alta che non mi sarei mai sognato di ricevere, come la
Medaglia alle Liberta’. Non avrebbe senso rifiutare quelle.
Accetti i riconoscimenti anche per la tua famiglia, per i tuoi posteri?
Li accetto per me e solo per me. Non li considero sotto nessun’altra luce e
non passo molto tempo a pensarci sopra.
E’ un onore incredibile.
Ricevere la Medaglia alle Liberta’ deve essere stato parecchio
emozionante.
Certo che e’ stato emozionante! Insomma, chi non vorrebbe ricevere una
lettera dalla Casa Bianca?
E le persone nella cui categoria sono stato incluso sono veramente
incredibili.
Gente come John Glenn e Madeleine Albright, Toni Morrison e Pat Summit, John
Doer, William Foege ed altri.
Questa gente ha fatto cose incredibili ed ha raggiunti notevolissimi
traguardi.
Solo Pat Summitt ha vinto piu’ partite di basket con la sua squadra di
qualsiasi altro allenatore della NCAA.
John Glenn; sappiamo tutti quello che ha fatto. E Toni Morrison; piu’ bravo
di cosi’ non si puo’.
Mi piace passare del tempo con loro. Qual e’ l’alternativa? Andare in giro
con boss della finanza o gigolo’ di Hollywood? Non so se mi spiego.
La Medaglia alle Liberta’; e’ una stella messa su un nastro che pende dal
collo?
Si’, proprio cosi’. Avresti dovuto dirmi che volevi vederla. L’avrei portata
e avresti potuto darci un’occhiata, se avessi voluto.
Magari la prossima volta.
Ok, va bene. La prossima volta.
Nel Luglio del 2009, la polizia ti ha fermato a Long Branch, New Jersey,
mentre andavi in giro a piedi, pare mentre cercavi la vecchia casa di Bruce
Springsteen.
Cos’e’ successo esattamente?
Eravamo in hotel. L’autobus era in sosta ed io decisi di andare a fare
quattro passi.
Pioveva; credo che da quelle parti non siano abituati a vedere gente che va
in giro con la pioggia.
Ero l’unico in giro per strada. Qualcuno mi ha visto dalla finestra ed ha
chiamato la polizia.
Di colpo, una macchina della polizia accosta e mi chiede i documenti. Beh,
non li avevo. (ride)
Porto sempre con me un sacco di cambi di vestiti.
La donna, cioe’ il poliziotto, non mi conosceva. Come la maggior parte della
gente; han solo sentito il mio nome.
Posso andare in posti in cui nessuno sa chi sono e poi, improvvisamente,
arriva qualcuno che mi riconosce e allora devo dirlo a tutti e
allora……diventa imbarazzante.
Questo e’ il lato delle persone che vedo io. La gente ama tradire gli altri.
C’e’ qualcosa nella gente che li spinge a tradire qualcuno. *Eccolo li’, e’
laggiu’* Come quando hanno tradito Gesu’. C’e’ la voglia di essere quello
che ti tradisce. C’e’ qualcosa nelle persone che le fa essere cosi’. Io ne
ho avuto esperienza. Molte volte.
Prima che chiudiamo la conversazione, volevo chiederti della controversia
riguardo alle citazioni - nelle tue canzoni - di altri scrittori, come
l’autore giapponese Junichi Saga e il suo *Confessioni di uno Yakuza* e il
poeta della guerra civile Henry Timrod. Alcuni critici dicono che non citi
le tue fonti in modo chiaro.
Pero’ nel folk e nel jazz, citare ha una tradizione florida e fertile.
Come rispondi a queste accuse?
Eh, certo, nel folk e nel jazz la citazione e’ una tradizione florida e
fertile. E’ assolutamente vero.
E’ vero per tutti, non per me. Voglio dire, tutti lo possono fare, tranne
me. Per me ci sono regole diverse.
E se parliamo di Henry Timrod, beh, ne hai mai sentito parlare? Chi l’ha
letto, ultimamente? Chi l’ha portato alla ribalta? Chi te l’ha fatto
leggere? Chiedi ai suoi eredi cosa ne pensano del casino che e’ nato.
E se credi sia cosi’ tanto facile citarlo e che sia di aiuto per un tuo
lavoro, fallo e vedi se vai distante.
Sono sfigati senza palle quelli che si lamentano di queste cose.
E’ una cosa vecchia che fa parte della tradizione; risale a molto tempo fa.
Queste persone son le stesse che mi hanno affibbiato il nome di Giuda. Giuda
a me, Giuda; il nome piu’ odiato nella storia dell’uomo!
Se pensi di essere stato insultato, prova a pensare che ti venga detto
quello che han detto a me. E poi, per cosa?
Per aver suonato una chitarra elettrica? Come se farlo fosse paragonabile a
tradire nostro Signore e consegnarlo perche’ fosse crocifisso. Tutti quei
maledetti figli di puttana devono marcire all’inferno.
Dici sul serio?
Io lavoro all’interno della mia forma di arte. E’ molto semplice. Ci lavoro
con le regole e le limitazioni di questa forma.
Ci sono autorita’ nel campo che possono spiegarti questa forma d’arte meglio
di quanto sappia fare io.
E’ l’arte dello scrivere canzoni. Ha a che fare con la melodia, col ritmo e
poi, fatto questo, tutto scorre.
Tutto diventa tuo. Lo facciamo tutti.
Quando quelle parole entrano a far parte di una canzone, sei conscio del
fatto che succede?
Non del tutto, a dire il vero. Ma anche se lo fossi, lascerei perdere. Non
pongo limiti a quello che posso dire.
Devo essere fedele alla canzone. E’ una forma d’arte particolare che ha le
sue proprie regole. E’ una cosa diversa.
Tutta la mia roba viene dalla tradizione folk; non e’ del tutto assimilabile
al mondo del pop.
Quindi trovi queste critiche infondate o stupide?
Cerco di andare oltre. Devo. Quando mi chiedi se trovo che le critiche al
mio lavoro siano infondate o stupide ti dico no; non se sono costruttive. Se
qualcuno indicasse un punto da una parte o da un’altra, in cui il mio lavoro
possa essere migliorato, penso che sarei interessato ad ascoltarlo. Quelli
ossessionati con la critica, invece – no, non e’ critica onesta. E comunque
non sono quelle le persone per cui suono.
Ma sicuramente ne hai sentito parlare, di questa specifica controversia.
La gente ha cercato di fermarmi sempre, ad ogni passo del mio cammino. Hanno
sempre avuto cose cattive da dire su di me. La rivista Newsweek accese la
miccia, molto tempo fa. Newsweek scrisse che un ragazzo del New Jersey aveva
scritto *Blowin’ In The Wind*; che non ero stato io. E quando questa
calunnia non decollo’, allora le gente mi accuso’ di aver rubato la melodia
da un Inno Sacro protestante del sedicesimo secolo.
E quando nemmeno questo attecchi’, dissero che avevano sbagliato e che in
realta’ la canzone era un vecchio Spiritual negro.
(sic, NDT) Quindi cosa cambia? Va avanti da cosi’ tanto tempo che
non riuscirei piu’ a viverci senza, ormai. Vadano affanculo. Ci ritroveremo
tutti nella tomba.
Tutto quello che dice la gente di me, lo dicono di loro stessi. Stanno
parlando di loro; mai notato?
Nel mio caso, c’e’ un intero mondo di studiosi, di professori, di Dylanologi
e tutti quelli influenzati da me in qualche modo. Ed io ho dato loro vita,
in un certo qual modo. Non sarebbero andati da nessuna parte senza di me.
E li hai ispirati.
No, non son capaci di tanto.
L’altra faccia dell’essere critici…
Gia’, avere una profonda ammirazione per qualcuno. (ride)
L’altra faccia e’ che c’e’ anche un pubblico che ti ama veramente.
Certo. Credo proprio di si’. Ma amano la musica e le canzoni che suono, non
me.
Perche’ lo dici?
Perche’ la gente e’ cosi’. La gente dice che ama un sacco di cose, ma in
realta’ non e’ cosi’.
E’ solo una parola abusata. Quando rischi la tua vita per qualcuno, quello
e’ amore.
Ma non lo saprai mai finche’ non ti capita davvero. Quando qualcuno morira’
per te, quello e’ amore.
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