Tom Petty ( Tom Petty & The Heartbreakers) con la 620/12 "TP signature" fireglo
LE ORIGINI DELLA
CHITARRA ELETTRICA
Non sono definite le origini della chitarra elettrica. Nacque probabilmente
dalla collaborazioni tra musicisti, ingegneri e liutai a seguito di
esperimenti e prove condotte negli States agli inizi degli anni Trenta. Gli
obiettivi erano quelli di produrre uno strumento che suonasse con un volume
maggiore ma con suoni ben definiti, quasi come quelli di un'acustica.
Dapprima si tentò di raggiungere questi obiettivi con sistemi meccanici ed i
risultati migliori credo fossero quelli ottenuti con le chitarre
resofoniche.
Si fece strada successivamente l'idea che il metodo più efficace fosse
quello di utilizzare dei pick up magnetici ed il primo (forse) ad
utilizzarli fu Adolph Rickenbacker che utilizzò questo suo metodo per dare
corpo a strumenti tipo steel guitar (slide guitar) impiegati per suonare
musica hawaiana, enormemente popolare a partire dalla fine della prima
guerra mondiale.
Successivamente furono le chitarre di tipo "Spanish" ad usufruire di questa
nuova tecnologia, sino all'arrivo di straordinari personaggi quali Les Paul,
Paul Bigsby, Merle Trevis e Leo Fender che sostituirono la cassa vuota con
una struttura piena, riducendo problemi di feedback e semplificando la
costruzione degli strumenti che poterono essere prodotti in grande serie a
costi inferiori.
George Harrison ( The Beatles) con la 330 fireglo
RICKENBACKER E LE PRIME ELETTRICHE
Il nome di Rickenbacker compare spesso nelle dispute tra gli storici
desiderosi di attribuire a questo o a quel personaggio l'invenzione della
chitarra elettrica.
In effetti tre degli strumenti ideati dallo stesso Rickenbacker hanno avuto
un ruolo basilare sulla genesi della chitarra elettrica: la Frying Pan
(padella per frittura) fu la prima steel elettrica, la Electro Spanish la
prima acustica elettrificata e la Rickenbacker Electro Model B forse la
prima solid body elettrica.
Attorno al 1925 Adolph Rickenbacker fonda la Rickenbacker Manufactoring
Company e, dopo aver conosciuto George Bauchamp, inizia a produrre parti
metalliche per le chitarre resofoniche ( Dobro )della National.
Bauchamp, buon chitarrista ed evidentemente buon inventore, aveva
collaborato con i fondatori della National, i fratelli Dopyera, per la
costruzione appunto delle chitarre resofoniche, strumenti metallici che
meccanicamente ottenevano una sonorità con volume maggiore e penetrante di
quelle costruite precedentemente.
Nello stesso tempo Bauchamp lavorava su un progetto per aumentare ancora il
volume degli strumenti: l'amplificazione elettrica.
Fu lo stesso Bauchamp, insieme ad un nipote di John Dopyera, tal Paul Barth,
a prototipare quella che fu la progenitrice dello strumento in essere, la
Frying Pan.
The Edge ( U2 ) con la 330 fireglo
RICKENBACKER: INDIVIDUALITA', ORIGINALITA' E STILE
di Alberto Guizzetti www.hendixguitars.com
La storia della Rickenbacker risale ai primi anni '30 e uno dei suoi primi
strumenti,
soprannominato ''la Padella'', ha una forte possibilita' di avere l'ambito
titolo di prina
chitarra elettrica del mondo. Da allora una Rickenbacker e' sempre stata una
delle
chitarre elettriche piu' individuali che si possa comprare, e la compagnia
e' ancora in
piena salute, producendo un numero relativamente basso di chitarre di
qualita'
incredibilmente buona.
Anche se molto popolare negli anni '30, '40 e '50( specialmente con le sue
lap-steel)
il biglietto per la notorieta' della Rickenbacker arrivo' grazie ai Beatles.
John
Lennon fu il primo, quando compro' una 325 a manico corto nel 1960 mentre il
gruppo faceva ancora la fame suonando alle feste ad Amburgo; tre anni dopo
George Harrison compro' una 425 a pickup singolo. Entro il 1965 i Beatles
erano il
piu' famoso gruppo del mondo e rappresentanti della Rickenbacker
arrangiarono un
incontro con i giovani di Liverpool a New York per regalare loro altre
chitarre. Una di
queste era ancora in via di sperimentazione, la oggi famosa Rickenbacker a
12
corde.
Roger McGuinn ( The Byrds ) con la 370/12 "RM signature" mapleglo
Si incontrarono all'hotel. George era steso da una brutta influenza, ma si
innamoro'
immediatamente dello strumento e comincio' ad usarlo alla prima occasione.
La
chitarra, un modello 360/12, era la prima Rickenbacker a 12 corde fatta in
modo che,
dando le pennate verso il basso, il plettro entrasse prima in contatto con
la corda piu'
spessa del paio, non la piu' sottile e piu' alta. Questo, accoppiato con gli
insoliti
costruzione e pickup della Rickenbacker, dava quel suono stridente che rende
il
sound delle Rickenbacker a 12 corde uno dei piu' riconoscibili del mondo.
Uno dei maggiori esponenti della Rickenbacker a 12 corde fu Roger McGuinn,
la cui
band, i Byrds, innovo' la musica a meta' degli anni '60 combinando il rock
ed il folk, il
jazz e le influenze etniche in canzoni come ''Mr. Tambourine Man'', ''Turn,
turn, turn''
e ''Eight Miles High''. ''Ho suonato una 12 corde acustica con un pickup, ma
suonava
troppo carnosa'' spiega McGuinn, ''e poi andammo con tutto il gruppo a
vedere 'A
Hard Day's Night'. George ne suonava una, cosi' ho venduto la mia acustica,
il mio
banjo, ne ho comprata una ed aveva un gran suono. Hanno manici estremamente
stretti e qualcuno le trova difficili da suonare, ma io mi sento molto a mio
agio - devi
solo riabituare le dita. Uso le dita ed un plettro allo stesso tempo,
suonando stile
banjo. La rickenbacker ti fa pensare in termini di melodia, invece che di
scale blues.
Non puoi fare molto bending - devi suonare un po' inquadrato!''
Circa nello stesso periodo Pete Townshend stava usando le Rick in modo molto
diverso - spingendole oltre i limiti del feedback, e spesso riducendole a
brandelli alla
fine di un concerto. Anche se ha usato queste chitarre solo fino alla fine
del 1966,
anno in cui e' passato alle Gibson SG, una delle attuali chitarre firmate
della
Rickenbacker e' il modello Pete Townshend. ''Un paio di ragazzi alla
fabbrica non ne
erano troppo felici'', ammette Townshend, che ha distrutto un bel po' di
Rickenbacker ai suoi tempi, ''Gli sembrava un imbroglio, ma io non ho falsi
romanticismi verso gli strumenti musicali - in fondo sono solo
legno!''(forse
all'ora lo pensava,ma deve aver cambiato idea ,osservando la sua vasta
collezione !)
Glen Frey ( The Eagles ) con la 260 "GF signature" limited edition
Questi tre - Harrison, McGuinn e Townshend - hanno mostrato quel che puo'
fare
una Rickenbacker Altri, come i Beach Boys, gli Steppenwolf e i Creedence
Clearwater Revival, li hanno seguiti ed oggi, piu' di venti anni dopo, ci
sono piu'
musicisti che mai che sfruttano il suo magico sound. Tom Petty, un grande
fan di
McGuinn, ha dato da solo il via ad una nuova moda Rickenbacker usando una
325/12 solid body e ancora oggi viene identificato con quel suono. Paul
Weller, dei
mod dell'era punk Jam, fortemente influenzato da Townshend, ha usato un
assortimento di Rickenbacker 330. Oggi, centinaia di band del circuito
indipendente
e sixty basano il loro sound su chitarre Rickenbacker.
Johnny Marr usava spesso Rickenbacker nei primi tempi degli Smith. ''La mia
330 e'
la mia vecchia fedele compagna'', dice, ''e ho anche una 360, come quella di
Roger
McGuinn. Sono una parte davvero importante del mio sound: la 330 ha una gran
potenza, ed un fondo davvero spesso, oltre al sound stridulo. Devo stare
lontano da
loro, perche' quando metti la sinistra sul manico di una Rickenbacker tendi
a
suonare in un certo modo - almeno, per me e' cosi'!''
Mick Dylan ( The Blackstones ) con la 340 jetglo
I bassi Rickenbacker modello 4001 hanno un seguito
quasi altrettanto nutrito. Il loro
sound e' piu' tagliente e pianistico rispetto ai bassi Fender, facendoli
scegliere da
musicisti molto distanti tra loro, da Paul McCartney (che abbandono'
temporaneamente il suo amato Hofner Violin Bass per un 4001, lo dipinse a
colori
psichedelici e lo uso' per gli ultimi lavori dei Beatles), Geddy Lee dei
Rush, John
Entwistle degli Who, Chris Squire, virtuoso del basso con gli Yes degli anni
'70, e
persino Lemmy dei Motorhead. In realta', la scelta del basso di Lemmy e'
piu' dovuta
al caso: ''Gli Hawkwind stavano facendo un concerto all'aperto, un giorno
d'estate,
ed il bassista non si presento'. Cosi' hanno detto: ''Chi suona il basso?''
e qualcuno
mi ha indicato. Mi hanno appeso un Rickenbacker al collo e mi hanno detto
'Vai!' ''
E qual'e' la ragione del successo continuo della Rickenbacker? ''Penso che
siamo
arrivati alla conclusione di un ciclo'', dice John Hall, presidente della
RIckenbacker,
''Abbiamo sentito lo stesso suono per cosi' tanto tempo che i chitarristi
stanno
cercando qualcosa di diverso, e molti lo trovano nei nostri strumenti. Le
Rickenbacker sono una specie di rivoluzione tradizionale!''
Se il vostro chitarrista preferito suona una Rickenbacker, c'e' un solo modo
di
ottenere lo stesso suono - prendete una Rickenbacker anche voi. Non ve ne
pentirete mai.
Rickenbacker 325
Pubblicato da Walrus il May-18-2008
La storia di questa chitarra è uno di quei casi in cui uno strumento è stato
talmente identificato con un musicista da diventarne quasi l’icona. La Ric
325 sta a John Lennon come la Fender Stratocaster sta a Jimi Hendrix, o la
Gibson SG sta ad Angus Young.
Lennon acquistò questa chitarra ad Amburgo nel 1961, investendo soldi
faticosamente messi da parte. Si trattava di un modello nel naturale color
legno, con il battipenna dorato e la particolarità di essere “a scala
corta”, vale a dire con un manico leggermente più corto del consueto. Era
uno strumento perfetto per il rock n’ roll dell’epoca: il corpo cavo (senza
buche a f) ma soprattutto i tre pickup di tipo “toaster” (così chiamati per
la loro somiglianza a un tostapane) producevano un suono squillante,
tagliente, che probabilmente non è stato più eguagliato da alcuno strumento.
Joe Perry ( Aerosmith ) con la "Joe Perry signature"
mapleglo
La chitarra continuò per alcuni anni ad essere il solo e unico strumento di
John Lennon. Anzi, si può dire che fu proprio lui a renderla famosa. Con un
altro aspetto, però: quando i Beatles raggiunsero il successo, nel 1962-63,
la Ric 325 era stata sottoposta dal suo possessore a una serie di modifiche,
la più evidente delle quali fu una bella passata di pittura nera. Questo -
si dice - perché si intonasse meglio con il nuovo look del gruppo.
Quando i Beatles sbarcarono in America nel 1964, la Rickenbacker non si fece
sfuggire l’occasione per sfruttare a scopo promozionale il fatto che un
chitarrista così famoso suonasse un proprio strumento. Fu così preparata una
nuova versione della 325, denominata Jetglo: differente per alcuni dettagli
tecnici (la scala era normale), ma soprattuto nera. Lennon presto adottò
questa versione come principale chitarra, in sostituzione della precedente.
Fu anche prodotta una variante a 12 corde, ma si trattò di un esperimento
senza molto successo.
Ma a partire dal 1965 l’uso della 325 divenne sempre più rado, fino al suo
totale abbandono. Una simile chitarra - così adatta al rock n’ roll - si
rivelava meno utile per le nuove tendenze del pop anni ’60: non si può dire
che desse il meglio di sé con l’overdrive o i primi distorsori “fuzz” che
comparivano in quegli anni.Così Lennon, tra il 1965 e il 1966, passò per
varie chitarre, compresa la Fender Stratocaster, fino a scegliere
definitivamente come sua preferita la Epiphone Casino.
Non si disfò però della Ric 325, che rimase in suo possesso e fu suonata - a
quanto sostiene qualcuno - addirittura durante le registrazioni di “Double
Fantasy” nel 1980.
Oggi la Rickenbacker produce due repliche fedeli delle 325 suonate da
Lennon, nell’ambito della serie C del suo catalogo. Se già normalmente le
Ric non sono chitarre economiche, queste in particolare sono abbastanza
costose. Ricordo di averne vista una in un negozio di Lecce, del tipo Jetglo
1964, in vendita per 2500 euro. È rimasta lì per anni, senza che nessuno
osasse nemmeno avvicinarsi. E ho la sensazione che sia ancora lì…
John Lennon ( The Beatles ) con la 325 "JL signature" mapleglo
L'idea della chitarra elettrica
L’ambiente nel quale videro la luce i prodromi della moderna chitarra
elettrica, fu l’America degli anni Trenta e Quaranta, dei tanti chitarristi
jazz, che ormai, con la loro rivoluzionaria musica, raggiungevano un numero
sempre crescente di ascoltatori. L’esigenza fondamentale che spinse tanti
pionieri, tecnici, liutai e musicisti in prima persona (come lo stesso Les
Paul), a ricercare nuove soluzioni foniche, era quella di ottenere uno
strumento dalla maggiore sonorità rispetto alle chitarre acustiche (chiamate
ai tempi "spagnole", termine omnicomprensivo e raggruppante, in realtà,
tutte le tipologie di chitarra non amplificata).
Molti chitarristi si arresero facilmente al soccombere del fievole suono dei
loro strumenti sotto il peso di bands via via più numerose; molti altri si
convertirono al banjo, strumento dal suono più squillante e, quindi, di
maggiore spicco.
Un passaggio intermedio, fu l’ideazione delle chitarre resofoniche, la cui
cassa interamente o in parte metallica, accoppiata ai risuonatori interni
(delle coppe, sostanzialmente, anch’esse metalliche, che amplificavano con
la loro vibrazione il suono emesso dalle corde), permetteva di ottenere un
suono più potente, suillante e, però, decisamente metallico.
Tra i primi ad immaginare un processo di amplificazione per il suono
dell’amata chitarra vi fu Adolf Rickenbacker (degli stessi strumenti
Rickenbacker che divennero famosi, tra gli altri, grazie alla fiducia di
musicisti del calibro dei Beatles), il quale ideò per primo un sistema di
pick-up magnetici. Dopo di lui, si fece strada l’idea di un’amplificazione
di tipo elettrico che fosse collegabile alle ormai anemiche "spagnole": fu
un ristretto manipolo di uomini che diede respiro ed evolse alcune
intuizioni che porteranno alle nostre attuali elettriche; tra loro Les Paul,
appunto, Paul Bigsby, Merle Travis e Leo Fender, i quali percorsero,
fondamentalmente, la stessa strada, cioè la sostituzione della tradizionale
cassa vuota con una piena che fungesse da supporto ai pick-up volti
all’amplificazione del suono, riducendo, al contempo, la difficoltà di
fabbricazione di uno strumento che, così fatto, poneva molti meno problemi
di liuteria.
I primi tentativi di questi audaci scopritori sono senz’altro anche i più
entusiasmanti da seguire, poiché tanto quanto spesso conducevano a soluzioni
stupefacenti per rispondenza agli obiettivi posti in principio, spesso
producevano oggetti quantomeno bizzarri, se confrontati con l’idea oggi
pacificata di chitarra: strumenti dotati di pulegge a motore applicate per
produrre particolari effetti e tanto pesanti da necessitare di sostegni per
poter essere suonate, come la Rickenbacker Vibrola Spanish, per esempio o
dalle forme tanto inconsuete da assumere nomi irrisibili come la Frying Pan
("padella per frittura"- e, la storia del design applicato allo strumento
chitarra, sarebbe argomento meritevole di un articolo a sé!), o, ancora,
prodotte con materiali dal valore stesso tanto elevato da farne veri oggetti
preziosi (legni pregiati per i corpi e le finiture, madreperla per gli
intarsi e, talvolta, metalli preziosi per la placcatura delle parti
metalliche).
Ma, se non è in questa sede possibile trattare con l’adeguata esaustività i
molti tentativi precursori portati a termine dai temerari pionieri fin qui
nominati, può essere d’uopo stilare una breve ed indicativa cronologia degli
eventi che portarono la chitarra elettrica, dal suo primigenio esemplare, ad
essere ciò che si manifestò e divenne, per la prima volta e compiutamente,
con la produzione dei primi esemplari della Fender Broadcaster e della
Gibson Les Paul Gold Top.
Mick Dylan ( The Blackstones ) con la 360 deluxe fireglo
1931: George Beauchamp, Paul Barth e Harry Watson
costruiscono in California il prototipo della Frying Pan di Rickenbacker,
considerata tra le prime chitarre steel del mondo.
1932: Rickenbacker comincia a produrre in serie la Frying Pan e lancia una
delle prime acustiche elettrificate, la Electro Spanish. Nello stesso
periodo, modelli molto simili alla ES vengono prodotti negli Stati Uniti
anche da altre case, tra cui la National, la Dobro e la Vivi-Tone.
1935: Nasce la Rickenbacker Model B, una elettrica steel con il corpo in
bachelite. Poche altre solid body vantano una data di nascita anteriore.
1936: Nei capannoni della Gibson nel Michigan ha inizio la produzione in
serie della prima elettrica della casa: la Electric Spanish ES150.
1939-41: Il chitarrista ed inventore Les Paul fabbrica nel New Jersey un
prototipo delle elettriche a cassa piena, la The Log. Inizialmente non
riesce ad interessare la Gibson al progetto.
1947-48: Il musicista country Merle Davis progetta una chitarra elettrica
solid body. In collaborazione con Paul Bigsby realizza in California uno
strumento noto come Bigsby/Travis, fabbricato in base al suo progetto.
1950: Leo Fender e George Fullerton progettano e realizzano in California la
prima elettrica solid Bodyche riesce ad ottenere un buon successo
commerciale: la Fender Broadcaster (presto ribattezzata Telecaster).
1951:Nel ’51, la Gibson reagisce al successo della Fender rimettendosi in
contatto con Les Paul e lanciando l’anno seguente sul mercato la sua prima
elettrica solid body: la Gibson Les Paul "Gold Top".(1)
Da questo punto in poi, il successo delle chitarre elettriche solid body
descrisse una parabola ascendente che ancora oggi non accenna a discendere.
Fu il perfetto connubio tra necessità squisitamente pragmatiche, maturate in
un paio di decenni nell’ambito di nuove e tradizionali correnti musicali dai
più svariati artisti (come l’attesa di uno strumento che, non dipendendo dal
diaframma della cassa armonica, il quale risponde e amplifica la vibrazione
non della singola corda pizzicata, ma anche quella delle limitrofe,
restituisse "il suono intrinseco", pulito ed amplificato, di ogni singola
corda), necessità costruttive (una solid boby è infinitamente più semplice
da costrure, anche attraverso una ben maggiore meccanizzazione del processo
produttivo), necessità artistiche (vedi l’enorme versatilità del nuovo
strumento) e vantaggio economico (una solid body discreta costava allora
molto meno di una acustica qualsiasi) a determinare quello che oggi si può
ritenere, a buona ragione, il successo planetario della chitarra elettrica,
simbolo intramontabile di generi musicali tra i più svariati e perfino
opposti, di generazioni, di mode.
di Francesco Cantù
Suzanna Hoffs ( The Bangles ) con la 350 Jetglo
Capire con precisione quando nacque la chitarra è molto difficile: le prime
rappresentazioni di strumenti a forma di "otto" si trovano nei geroglifici
babilonesi ed egiziani. Sicuramente è derivata dalla cetra e dal liuto ,
strumenti molto popolari in epoca medioevale. Le chitarre più antiche erano
di dimensioni più contenute, anche se molto simili per forma alle nostre
attuali. Si presentavano con un corpo di legno che poteva essere di diversi
tipi, forato al centro e con un manico diviso in tasti. Molto simile a
quello della chitarra moderna era anche il sistema di tensione delle corde,
che inizialmente erano quattro doppie e venivano chiamate cori . Questi
ultimi venivano pizzicati dell'esecutore in prossimità della camera di
risonanza, cioè quel foro che si trova in centro al corpo e da dove
fuoriesce il suono. Successivamente in Italia e in Spagna si iniziò ad usare
una sorta di ditale con delle unghie in legno o di osso che aveva la
funzione di pizzicare le corde più facilmente. Intorno al XVII secolo, i
liutai iniziarono a costruire chitarre a sei cori che erano accordate con la
scala tonale Mi basso, La, Re, Sol, Si, Mi cantino ancora in uso ai nostri
giorni. La chitarra divenne uno strumento molto diffuso in Europa, e ben
presto venne apportata un'altra decisiva modifica, vale a dire la
sostituzione dei cori con corde singole per facilitare sia l'accordatura sia
la tecnica d'esecuzione. Il merito per quest'accorgimento va al liutaio
spagnolo Antonio De Torres. Lo stesso De Torres introdusse altre migliorie,
costruendo casse molto più ampie, in modo da incrementare il volume dello
strumento. La Spagna, e in particolare Madrid, divenne il luogo di maggiore
produzione al mondo, esportando la tipica chitarra da flamenco in ogni
paese, grazie anche all'operato del gran chitarrista classico Andrés Segovia
che inizio a tenere concerti in tutto il mondo.
Le innovazioni americane
Negli Stati Uniti, agli inizi del XIX secolo, si diede avvio alla produzione
di chitarre con l'adozione di migliorie timbriche. In quel periodo si
delinearono due diversi tipi di costruzione: una denominata Flat-Top (a
cassa piatta), l'altra Arch-Top (a cassa bombata). Il merito di tutto questo
va al costruttore tedesco C.F.Martin che, trasferitosi negli Stati Uniti nel
1833, diede il via alla produzione in serie delle chitarre Flat-Top . Negli
anni seguenti nacque l'esigenza di amplificare maggiormente le chitarre
acustiche: a causa del loro volume relativamente basso, infatti, erano
utilizzate principalmente come accompagnamento nelle orchestre di jazz
dell'epoca, e non come strumenti solisti. Si iniziò con il mettere un
microfono di fronte al foro centrale, ma questa soluzione si rivelò ben
presto scomoda, specialmente perché l'esecutore non poteva muoversi più di
tanto per evitare di perdere il segnale. Per cercare di ovviare a
quest'inconveniente si comincio ad inserire all'interno o in prossimità
della cassa di risonanza un pick-up . Esistono molti tipi di pick-up ma
tutti più o meno hanno la stessa struttura: una matassa di rame avvolta a
dei magneti, che percepiscono la vibrazione della corda trasformandola in
segnale elettrico.
Pete Townsend ( The Who ) con la 330 "PT signature " fireglo
Nascita delle chitarre elettriche
La ditta americana Ovation perfezionò un pick-up composto da sei magneti
differenti posti in prossimità di ogni corda, i quali percepivano ogni
movimento della stessa: nacque così la chitarra acustica elettrificata.
Oltre alle chitarre classiche-acustiche, con lo sviluppo del jazz, del
blues, del country, e del rock and roll, furono create chitarre
completamente amplificate. Queste ultime sono composte da un corpo pieno,
senza foro centrale, con solo degli intarsi sulla parte superiore del corpo,
una sorta di chitarra semi acustica; il primo ad adottare questo sistema fu
Rickenbacker che lanciò sul mercato nel 1931 la chitarra elettroacustica.
Dopo di lui si fecero avanti personaggi come Les Paul e Leo Fender, i quali
ampliarono il discorso di Rickenbacker producendo strumenti con il corpo
completamente chiuso e riducendo la risonanza prodotta dalla cassa armonica:
nacquero così le solid body. Il corpo delle solid body veniva realizzato
utilizzando alcuni tipi di legno duri, come il noce, il frassino, il mogano
e l'acero, dato che questi materiali conferivano maggiore sustain (durata
della nota). Per il manico invece si usavano in genere legni come il
palissandro e l'ebano; sul manico venivano inseriti i tasti, che
generalmente erano di nickel. Le due parti principali della chitarra
venivano quindi unite con la colla o mediante delle viti. A questo punto si
realizzavano delle cavità delle dimensione dei pick-up , così da poterli
inserire all'interno del corpo. In genere uno dei due si trovava in
prossimità del ponte, e produceva un suono brillante e metallico, mentre
l'altro era vicino alla tastiera e garantiva un suono più morbido. Un altro
accessorio era il tremolo , utilizzato già dagli anni cinquanta: si tratta
di una sorta di ponte meccanico che tende più o meno le corde provocando un
bellissimo effetto di vibrato.
Carl Wilson ( The Beach Boys ) con la 360 deluxe fireglo
Gli innovatori
Nella seconda metà degli anni Sessanta, con l'avvento di nuovi stili
musicali, la produzione e la ricerca si incrementarono fino ad arrivare alle
nostre attuali chitarre elettriche. Modelli come Gibson Les Paul,
Diavoletto, Explorer, Fender Telecaster e Stratocaster hanno contribuito a
comporre la maggior parte della musica rock e non solo degli ultimi
quarant'anni. Anche i giapponesi hanno dato il loro contibuto:
multinazionali del suono come Yamaha, Ibanez, Takamine, dopo aver esordito
con la clonazione di strumenti famosi sia acustici che elettrici, invasero
il mercato mondiale con strumenti di ottima fattura. In Italia la ditta più
famosa è l'Eko di Recanati, che produce la maggior parte delle chitarre
acustiche ed elettriche in circolazione nel nostro paese. Gli anni Sessanta
e Settanta sfornarono moltissimi virtuosi della chitarra elettrica, i quali
componevano, utilizzando la frase ritmica, all'unisono con il basso , altro
strumento importante sempre derivato dalla chitarra. Tra i maggiori
esponenti di questa onda citiamo i Cream di Eric Clapton , il cui soprannome
era slow hand per il suo modo di eseguire gli assoli in maniera lenta e
molto melodica e i Pink Floyd di David Gilmour anch'egli famoso per la
melodia psichedelica. Il mito Jimi Hendrix invece rivoluzionò completamente
l'approccio esecutivo, creando un modo di suonare nuovo e spettacolare,
derivato dal blues, con soli molto lunghi e riff solidissimi. In tempi più
recenti, i principali eredi di questi suoni sono: Eddie Van Halen , Steve
Vai , Joe Satriani , Gary Moore e Steve Lukater. Non solo il rock ha
beneficiato della chitarra elettrica, generi come il jazz , il latin, il
blues e la fusion hanno avuto numerosi esponenti come B.B.King , Chuck Berry
, John McLaughlin , Pat Metheny , Carlos Santana , Jon Scofield, Mike Stern.
Tra gli italiani possiamo citare, Maurizio Solieri (chitarrista di Vasco
Rossi), Riki Portera (Stadio, Lucio Dalla), Franco Mussida (P.F.M.), Alberto
Radius (Battisti, Formula Tre) e Pino Daniele.
http://www.neesk.com/storia/
John Key ( The Steppenwolf ) con la 381 "JK signature" jetglo
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