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Bob Dylan e` un folksinger, ma pochi
musicisti hanno avuto tanta influenza sulla musica rock (e sul costume del
suo tempo) come questo folksinger. Bob Dylan fu almeno due cose per la sua
generazione: prima il folksinger "a ruota libera", il folksinger dal dito
puntato che accusava i "masters of war" e aizzava le folle dei sit-in, e poi
il musicista che invento` il folk-rock e ne fece un'arte barocca.
Ma Bob Dylan e` piu` della somma delle sue parti. Bob Dylan e` innanzitutto
un mito, forse l'unico vero "mito" della storia del rock. La sua e` musica
mitologica, almeno dai primi inni politici fino alla conversione religiosa.
Le maggiori influenze su Dylan furono la Bibbia, le leggende della Frontiera
e poeti epici come Walt Whitman. Quello di Dylan e` pertanto un mito davvero
"americano": non Omero o Dante o Shakespeare, ma gli strumenti intellettuali
dei pionieri, delle carovane, dei coloni. Bob Dylan discende dagli
imbonitori e dai predicatori delle praterie, non dagli attori tragici di
London. Dylan si misura con i profeti dell'antica Palestina e con i
vagabondi della Frontiera. Come loro, Dylan era prima di tutto un mitomane,
un uomo illuminato da Dio lungo la retta via per guidare il suo popolo lungo
la stessa via. La sua musica e` pura mitologica.
La vera chiave per l'interpretazione di Dylan e` l'aspetto religioso della
sua opera. La musica di Dylan ha sempre posseduto un'essenza religiosa, fin
dai tempi dei suoi primi "talking blues". Dylan era un visionario invasato,
capace di evocare la propria era in termini apocalittici, di commentare
nelle vesti di giudice universale, di scagliare lugubri anatemi contro le
forze del male ("i padroni della guerra") e di innalzare soavi inni agli
angeli del paradiso (le "signore delle basse terre"). La sua visione etica e
politica dell'era contemporanea era una diretta emanazione di questo
neo-cristianesimo eroico. Dylan e` il suo profeta, inflessibile depositario
del Verbo ed estensore dei Comandamenti; e le sue litanie, da cantarsi nelle
catacombe dell' underground o durante i grandi raduni, come messe di fedeli,
costituiscono la nuova liturgia di una societa` che religiosa in senso
stretto non puo` piu` essere.
Bob Dylan fu la geniale invenzione di un ragazzo ebreo di nome Robert
Zimmermann, cresciuto nel Midwest, nel cuore rurale degli USA (a Duluth,
Minnesota), lontano dalle metropoli dell'est e dell'ovest. Dal Minnesota
dove aveva studiato e dove aveva compiuto le prime esperienze musicali in un
complessino di rock and roll, alla fine del 1960 Bob Dylan (cosi`
ribattezzatosi in onore al poeta Dylan Thomas) si trasferi` a New York,
primo per rendere omaggio di persona al morente Woody Guthrie e secondo per
frequentare i circoli del Greenwich Village.
Le case discografiche erano a quel tempo alla ricerca di giovani in grado di
colmare il vuoto lasciato dalla morte di Woody Guthrie. Al Greenwich
convergevano gli aspiranti folksinger di tutta la nazione, e al Greenwich
soggiornavano i talent scout delle case discografiche. Uno di questi, John
Hammond, scopri` Bob Dylan.
Dylan era diverso, e per diverse ragioni, non tutte ovvie. Dylan aveva una
voce cattiva e sgradevole, un piglio caustico ed arrogante. Il suo formato
preferito era una litania biascicata che venne definito "talking blues", con
la quale trasferiva in musica l'alienazione e la disperazione della sua
generazione. Non ci volle molto a capire che Dylan cantava meglio il blues
che il folk, ma ci volle un po' per capire che il blues era piu` indicato
del folk a esprimere l'umore di quella popolazione di giovani bianchi. Il
suo baritono nasale era forse anche un emblema inconscio dell'onesta` e
della giustezza.
Dylan era capace di scrivere liriche insolitamente forbite per un
folksinger, degne dei poeti surrealisti, liriche che costruivano ponti
letterari fra la feroce realta` sociopolitica e visioni metafisiche, e che
in tal modo esprimevano l'angoscia e l'anelito della sua generazione. Nel
forgiare un nuovo formato oratorio dai modelli storici dell'enfasi
"Whitmaniana" e della letteratura ebraica, Dylan lo piega a un elaborato
vernacolare che puo` soddisfare anche l'uomo della strada.
Musica e testi, insomma, sembravano calibrati per suggestionare i giovani.
La prima grande scoperta di Dylan fu quindi quella di saper cantare meglio i
blues, ma cantarli in un modo glaciale, tutto bianco, diametralmente opposto
a quello caldo e sofferto dei neri. La seconda grande scoperta di Dylan fu
che la poesia poteva piu` della retorica sui giovani.
Tutti i folksinger avevano un fascino "eroico", in quanto si ergevano contro
l'Establishment. Ma il talking blues e il talento letterario conferivano a
Dylan un fascino diverso, un fascino che risuonava piu` a fondo nell'animo
dei giovani "contestatori".
Picnic Massacre Blues e Talking John Birch Paranoid Blues (1962), i brani
piu` importanti di Bod Dylan (Columbia, 1962), fondono questi due elementi
in maniera ancora incerta. (Nota di Ornella Grannis: Pochissimi LP le
contengono perche' all'epoca erano considerate troppo radicali e il
presidente della Columbia records le fece togliere, e oggi quei pochi dischi
della prima tiratura che sono rimasti in circolazione sono valutati dai
20.000 dollari in su).
Ma l'album Freewheelin' (Columbia, 1963) trova l'equilibrio giusto e gli
conferisce il carisma di leader della protesta pacifista e di profeta
generazionale, un ruolo che era stato preparato nell'aprile del 1962
dall'esordio di Blowin' In The Wind (pubblicata nel maggio, registrata nel
luglio, ma edita su disco soltanto nel 1963), lo stereotipo di tutte le
canzoni di protesta degli anni '60, l'inno per eccellenza dell'America
pacifista, un'ode marziale contro la follia della guerra (divenuto un hit
nell'interpretazione di Peter, Paul & Mary nel giugno 1963).
Al festival di Newport del 1963, davanti a migliaia di attivisti, i nomi
sacri della canzone di protesta intonano prima We Shall Overcome e poi
Blowin' In The Wind.
Altri capolavori di canzone pacifista sono la rabbiosa e inflessibile
condanna di Masters Of War e la non meno sarcastica invettiva di I Shall Be
Free.
A Hard Rain's Gonna Fall (scritta nell'estate del 1962), un viaggio
immaginario attraverso gli orrori e le macerie del mondo "atomico", ispirata
dalla poesia di William Blake, inaugura la lunga canzone narrativa blues
visionaria, genere in cui Dylan dara` supremi capolavori. In questo poema
simbolista trova libero spazio quel tono profetico apocalittico mediato dal
linguaggio epico di Walt Whitman e da quello figurativo di Allen Ginsberg.
Il mondo di Dylan non e` pero` soltanto un mondo di conflitti sociopolitici.
Dylan si rivela anche forbito autore di ballate amorose con la sarcastica
Don't Think Twice, cantata in stile colloquiale, e la lirica Girl From The
North Country, cantata in tono visionario, nelle quali il tradizionale
autobiografismo dell'innamorato si sublima in "dantesche" idealizzazioni.
I commentari politici di Dylan in margine al Vietnam o al razzismo hanno lo
stesso fascino esaltante dei bollettini di guerra per i partigiani:
semplici, brevi, illeciti; preziosi perche' tali e perche' rivelatori di un
significato importante, di una verita` cruciale da tenere nascosta al
nemico.
Una generazione di giovani vede in Dylan l'audace che ha il coraggio di
gridare la verita` in faccia al Sistema, tanto piu` che un'innata mitomania
lo porta a parlare in prima persona a nome di tutti.
Questo disco segna un balzo di qualita` enorme per il movimento del folk
revival.
Su Times They Are A-Changin' (Columbia, 1963) Dylan specula appunto su
quell'immagine: l'album e` zeppo di ballate di protesta, dalla spettrale The
Times They Are A-Changin', alla marziale With God On Our Side, dalla
desolata The Lonesome Death Of Hattie Carroll, al sermone visionario di When
The Ship Comes In.
Il Dylan romantico indulge nell'autobiografica Nourth Country Blues e nella
serenata di Boots Of Spanish Leather.
Il disco e` inferiore al precedente perche' e` piu` politico che musicale
(tentando forse di vendere alle masse cio` che aveva fatto delirare le masse
sul disco precedente).
La politica stessa presenta palesi ambiguita` ideologiche: la sua America e`
immersa in un idealismo da vecchia Frontiera, e` ancora un paese contadino;
le sue storie sono sovente tragedie grossolane e patetiche; il suo pacifismo
resta a livello di rimprovero, senza mai istigare all'eversione. L'America
di Dylan e` una grande buona nazione che qualche politicante cattivo
vorrebbe traviare, non e` l'America del capitalismo e dell' imperialismo. E
Dylan non e` l'hipster emarginato, ma un severo oracolo al servizio di una
specie di Esercito della Salvezza. La sua non e` la voce del proletario
arrabbiato, ma quella del benestante di retti principi morali, intriso fino
al midollo di "american way of life".
Come cronache, le sue canzoni sono poco attendibili. Come prediche, sono
impeccabili.
Gia` attentissimo a non annoiare il pubblico, Dylan registro` poi Another
Side (1964), un disco che si lasciava alle spalle il "talking blues" e il
piglio apocalittico a favore di un umore romantico e quasi ironico. Il
tragico distacco dei primi tempi si trasforma in partecipazione emotiva.
Dylan smette gli abiti del folk-singer con il dito puntato, e indossa quelli
dell'autore di canzoni piu` dotato del momento. Dominano anzi le canzoni
d'amore: Spanish Harlem Incident, All I Really Want To Do, To Ramona, It
Ain't Me Baby. Una ballata nostalgica come My Back Pages e due lunghe
evocazioni dell'America provinciale e conservatrice, la sarcastica
Motorpsycho Nightmare e la tragica Ballad In Plain D, esplorano il mondo
privato di Dylan, sia pur nei soliti toni mitologici. Anche una visione
profetica come Chimes Of Freedom ha una risonanza piu` personale delle
canzoni di protesta del primo periodo.
Per quanto la strumentazione sia ancora scarna, con Dylan alla chitarra e
all'armonica, questo disco rappresenta una folata d'aria fresca rispetto
allo stantio folk dei primi dischi e rispetto alle forme ormai logore della
canzone di protesta.
Il grande avvenimento musicale del 1965 fu la British Invasion, capitanata
dai Beatles che avevano ricevuto ovazioni durante il loro tour americano e
dominavano le classifiche di vendita della musica leggera. Con fredda
determinazione, Dylan decise che quello era il cavallo vincente e imbraccio`
la chitarra elettrica. Gli ambienti folk, che mal gradivano simili riforme,
insorsero in una vera e propria crociata contro l'infedele, quando Dylan
oso' presentarsi al festival di Newport (il 26 Luglio 1965) addirittura con
un complesso rock (capitanato da Paul Butterfield). Il nuovo sound di Dylan,
che fondeva folk, blues e rock and roll, consisteva poi semplicemente
nell'adottare batteria e chitarra elettrica, ma il taglio dato da Dylan alle
nuove composizioni e la rimozione dei tabu armonici della musica folk
aprivano in prospettiva orizzonti sconfinati.
Dylan venne fischiato dal suo pubblico quando imbraccio` la chitarra
elettrica perche' a quei tempi (dopo l'eliminazione scientifica dei rockers
degli anni '50) la chitarra elettrica era diventata sinonimo di musica
leggera, commerciale, retrograda. Dylan fu abbastanza geniale da reinventare
invece la chitarra elettrica come strumento per musica alternativa, cosi`
come lo era stato prima che Beach Boys e Beatles banalizzassero la musica
elettrica con i loro ritornelli da classifica.
Gli effetti si videro subito su Bringing It All Back Home (Columbia, marzo
1965), un album che (benche' ancora di transizione) sembra provenire da un
altro pianeta.
La saga surreale d'America a puntate prosegue e si modernizza con
Subterranean Homesick Blues e Maggie's Farm. Il talking-blues delle origini
si incanaglisce nel Bob Dylan's 115th Dream. Le superbe meditazioni
sull'amore di Love Minus Zero e It's All Over Now Baby Blue non hanno piu`
nulla a che vedere con la convenzionale canzone d'amore, infarcite come sono
di velleita` letterarie. Le meditazioni sociali acquistano in poesia cio'
che perdono in aggressivita`, e in confessione individuale cio` che perdono
in denuncia. Gates Of Eden e It's All Right Ma sono ritratti fedeli del
giovane idealista combattuto fra insoddisfazione personale e voglia di
cambiare il mondo. Ma, di tutti i brani, il piu` influente sara' Mr.
Tambourine Man, il primo inno alla droga, il primo proclama psichedelico.
Esistenzialismo e simbolismo pervadono tutti i brani, con una carezza
malinconica o un'iniezione di sarcasmo. I temi sociale e amoroso si fondono
in un'unica forma-filastrocca che parla della vita. Il tema di fondo
trascende da politico a cosmico.
L'aggiornamento costante di Dylan travolge pubblico e colleghi. Nessuno e`
imitato e interpretato come lui. Dylan domina i rotocalchi con le sue
auto-glorificazioni e con la sua immagine di portavoce generazionale.
Dylan rende obsoleto mezzo mondo della musica. Visto il successo che ha
avuto l'arrangiamento di basso e batteria di Mr Tambourine Man nella
versione dei Byrds, visto cosa sono riusciti a fare gli Animals con House Of
The Rising Son (che compariva anche sul suo primo album), Dylan rompe gli
indugi e su Highway 61 Revisited (Columbia, agosto 1965) amplia
ulteriormente il complesso, dando spazio anche alle tastiere. Assordando i
puristi del folk, Dylan aggredisce e si lascia alle spalle i menestrelli della
sua generazione con un sound denso e graffiante.
I talking blues dei primordi diventano lunghe jam di blues-rock come
Tombstone Blues e Highway 61 Revisited, che raccontano le solite parabole
surreali ma con un piglio ben piu` grintoso.
La canzone d'amore (It Takes A Lot To Laugh) e la canzone sociale (Ballad Of
A Thin Man) si superano l'un l'altra in una gara d'arrangiamento che
sancisce la nascita di un nuovo genere e di una nuova era: il folk-rock.
Like A Rolling Stone, una ballata di sei minuti, il ritratto di una ragazza
fallita, consacro` la rivoluzione del costume giovanile e colmo` dieci anni
di stasi nella linguistica rock. Fra gli accompagnatori c'erano Al Kooper,
Robbie Robertson e Mike Bloomfield. Proprio l'organo di Kooper e`
protagonista del brano. Il produttore Tom Wilson architetto` il brano, e di
fatto invento` il folk-rock.
Il capolavoro del disco (e uno dei capolavori dell'anno) e` pero` Desolation
Row, l'estrema stilizzazione del talking blues, strutturato da Dylan come
una sorta di inferno dantesco: l'affollatissimo vicolo della desolazione
ospita un'umanita` tragicomica, specchio deformante di secoli di storia
abietta e gloriosa, passata e presente, reale e immaginaria, da Caino a
Cenerentola, dal gobbo di Notre-Dame al fantasma dell'Opera, da Einstein a
Eliot, da Romeo a Casanova; vangelo apocrifo , rivelazione inquietante del
vero volto della civilta` umana, bestiario eretico di miti stravolti, il
vicolo della desolazione e` il metafisico regno i cui abitanti sono
costretti a ripetere in eterno il loro mito, ma un mito estremamente
degradato (Einstein, un tempo famoso violinista, e` un venditore ambulante
di mele). La protesta sociale si sublima in astio astorico contro la
civilta` intera. Musicalmente, il brano ha l'andamento di un mantra indiano,
che riprende in continuazione quando sembra essere terminato.
Mentre la forma del poema rock, con incedere epico e sardonico, prende il
posto della ballata folk, parole e musica trovano un nuovo suggestivo
equilibrio.
A trionfare e` soprattutto il canto di Dylan, da sempre croce e delizia dei
suoi fan. Quel tono nasale, a tratti quasi stonato, incarna l'ambiguita' e
la doppiezza di una poetica che oscilla continuamente fra il lirismo
disperato e il sarcasmo beffardo, capace di confondere completamente con un
vagito o un grugnito il significato letterale di un verso e di conferirgli
cento altri riflessi emotivi. L'elasticita` di quel phrasing al tempo stesso
straccione e solenne articola l'umore di una generazione idealista che sara`
sempre schiacciata fra le dicotomie fede/disperazione e trionfo/desolazione.
L'influenza di Dylan e` ormai devastante: tutti i cliche' del canto, dell'
arrangiamento e dei testi sono stati stravolti. Il suo cinico humour
bohemien dara` l'inflessione a decenni di rock.
Dilagano intanto le versioni altrui di canzoni di Dylan, e il pubblico
sembra preferire i Byrds e i Turtles a Dylan. Dylan ha una voce che sembra
non avere il minimo interesse per la melodia che sta cantando. Il problema
e` che Dylan non canta, ma vive, le sue canzoni. Gli altri le cantano, ma
non le vivono.
Dylan, che si e` gia` lasciato dietro il peloton del resto della musica
rock, compie un altro prodigioso passo in avanti con il doppio album Blonde
On Blonde (Columbia, maggio 1966), registrato a Nashville fra l'ottobre 1965
e il marzo 1966, una delle pietre miliari della musica del ventesimo secolo,
uno dei grandi spartiacque culturali dell'epoca. Con questo disco finisce
un'era e ne comincia un'altra. Dopo Blonde On Blonde la musica rock sara`
un'arte e non soltanto un fenomeno sottoculturale o una trovata commerciale.
Con Blonde On Blonde inizia il processo di controllo qualita` che
trasformera` ogni disco in un'opera d'arte. Con Blonde On Blonde la musica
rock si affianca al jazz fra le grandi conquiste della civilta` musicale del
Novecento. L'album e` un limite di demarcazione netto, separa l'epoca del
dilettantismo per vocazione da quella dell'arte consapevole, il medioevo dal
rinascimento.
Da un lato completa l'assimilazione della musica rock britannica da parte
del folk americano, dall'altro personalizza il blues e il folk rivestendoli
con un'estetica del meraviglioso imperniata sull'arrangiamento creativo di
derivazione psichedelica. Soprattutto Dylan riprende l'esperimento iniziato
da Desolation Row in lunghi brani che non sembrano finire mai, che rinascono
in continuazione. Il complesso acquista un ruolo determinante: Dylan impiega
musicisti del calibro di Al Kooper (organo gospel) e Robbie Robertson
(chitarra country) per ottenere il massimo della suggestione dal sottofondo
di accompagnamento. I testi abbandonano il registro retorico e si distendono
in struggenti, disperate, tenere e malinconiche storie d'amore, che si
innalzano verso metafisiche idealizzazioni della donna amata.
I coloratissimi, enfatici, coinvolgenti, tripudi sonori di I Want You,
Absolutely Sweet Marie, Just Like A Woman, One Of Us Must Know sono i
capolavori del genere "cortese", melodie cadenzate con struggenti impennate
emotive, ritratti eliotiani, psicologici e simbolici di personaggi femminili
che, appena sfiorati dalla parola del poeta, sollevano un sontuoso luccichio
di emozioni. Fittamente colorate da organo, armonica e chitarra, sospinte da
ritmi brillanti, le frasi si librano in suggestioni sempre piu` trascinanti.
Dal canto loro le filastrocche sgangherate dall'ironia surreale si
stemperano in riflessioni elegiache (la sbornia goliardica di Rainy Day
Women); e il blues della desolazione si rinnova piu` sereno in Memphis Blues
Again, sfilata mozzafiato di senatori, Shakespeare e popolani, ennesimo
"sogno" a struttura iterativa che cicla e ricicla su se stesso avvolgendosi
man mano nella spirale di un sound denso e comunicativo.
Piu' addentro ancora al labirinto metafisico di Dylan sono i due lunghi
capolavori visionari, Visions Of Johanna, nel suo maestoso e arioso
incedere, e Sad Eyed Lady Of The Lowlands, lungo, solenne e commovente inno
alla bellezza, dal quale si staccano stasi abissali di mente sospesa sul
vuoto e luminosi miraggi di vallate soprannaturali; stupefatta ninnananna
per innamorati che si snoda in lenti vortici tintinnanti fino a emanare
soffi impalpabili di eternita'. E` l'ultimo stadio di un simbolismo che
fonde ormai meditazioni universali sulla vita e sull'amore ambientate in un
paradiso spettrale. Il tema di fondo del disco e` l'amore; ma l'amore
libero, selvaggio, sfrenato, delle altre canzoni contrasta con l'amore
astratto di questi due poemi allegorici, moderne visioni dantesche che
affermano l'entita` soprannaturale attraverso il miraggio di un arcano
essere femminile. L'organo di Kooper e` qui protagonista tanto quanto il
canto, con le sue impennate gospel e le sue note protratte.
Blonde On Blonde e`, insieme al coevo Freak Out di Frank Zappa , il primo
disco creativo della musica rock, la sua prima opera d'arte. La sua
influenza sulla musica dell'epoca fu enorme, perche' invoglio` un'intera
generazione di musicisti ad esprimere innanzitutto se stessi. Nel giro di
pochi anni tutti i complessi inglesi e americani concepirono il loro primo
disco creativo (battistrada commerciali i Beatles di Sgt. Pepper). Si
spalancarono le porte alla psichedelia. S'inauguro` decisamente la stagione
del 33 giri. Dopo Blonde On Blonde la musica rock e`, letteralmente,
un'altra cosa.
Il folksinger, il cantante di protesta, e` completamente cancellato. Il suo
itinerario artistico e` approdato a due fondamentali invenzioni: il blues
della desolazione e la ballata visionaria. Una miriade di elementi musicali
(folk, blues, beat), il disagio esistenziale, la personalita` mitomane, le
citazioni letterarie, si aggregano e si compenetrano in un unico blocco
sonoro-emotivo, di cui Desolation Row e Sad Eyed Lady sono i massimi esempi.
Ma l'intensa amarezza delle parabole dylaniane sottendeva in realta` un
perpetuo, infaticabile e maniacale autobiografismo. Un alone mitico
circondava gia` la vita di Dylan. La sua popolarita` era immensa, non solo
nei college e non solo negli USA. La misura della sua popolarita` non la
danno i dieci milioni di dischi venduti (una sciocchezza rispetto a Beach
Boys e Beatles) ma le 150 cover dei suoi brani realizzate da altri artisti,
un record mai piu` eguagliato.
Nella vita privata pero' Dylan si drogava ed era dominato, piu` che dalla
propria mitomania, dalla paura del mito stesso. L'intricata psicologia della
sua personalita`, come risalta dai testi di molti suoi brani, gli conferiva
un carisma misterioso e sinistro che affascinava ancor piu` i giovani, ma
poneva anche le basi per una tragedia personale.
Il 30 luglio 1966 quella tragedia si verifico`. Dylan si ritiro`
misteriosamente dalle scene, ufficialmente a causa di un incidente di
motocicletta, che gli avrebbe spezzato diverse vertebre e causato una
paralisi temporanea (benche' non esistano tracce di un tale incidente).
Durante la convalescenza i mezzi di informazione si sbizzarrirono a
inventare versioni sempre piu` sconvolgenti dell'accaduto, ora descrivendo
Dylan inebetito dalla droga, ora piangendolo addirittura morto. Intanto in
tutto il mondo i suoi brani vendevano milioni di dischi nelle
interpretazioni altrui, e per i suoi voraci fan veniva inventato il
"bootleg", il disco clandestino.
Lui, a Woodstock (presso New York), dove si era ritirato, incideva con la
Band quelli che diventeranno celebri come i Basement Tapes (Columbia, 1975),
stampati soltanto anni dopo. Sono piccole appendici al discorso di Blonde On
Blonde come This Wheel's On Fire, Tears Of Rage, Too Much Of Nothing, The
Mighty Queen, I Shall Be Released.
I tempi stavano cambiando di nuovo, e non soltanto perche' Dylan era stato
vittima di un "incidente di motocicletta". Dylan se ne rese conto e non
esito` ad andare di nuovo controcorrente, rendendo obsoleto il rock
psichedelico cosi` come aveva reso obsoleto il folk acustico. Il disco del
grande ritorno, John Wesley Harding (Columbia, 27 dicembre 1967), sorprese
tutti, ma in realta` era perfettamente logico. Dopo aver scatenato una vera
rivoluzione musicale, Dylan si rimangiava di nuovo tutto: scriveva una
raccolta di canzoni semplici e scarne, addirittura di ispirazione religiosa,
e, quel ch'e` peggio, le cantava con una voce calma e riposata che non aveva
piu` nulla delle nevrosi esistenziali e della rabbia generazionale che
l'avevano resa celebre, una voce che da dura e malata si era fatta dolce e
austera.
Dylan lancio` cosi` la moda della catarsi spirituale, del ritorno alle
tradizioni (il country) e ai valori perduti (la Bibbia). L'apparato retorico
del suo passato, parabole e visioni, profezie e sermoni, veniva messo al
servizio della nuova causa. La dedica al bandito Harding sembra piu` che
altro una dedica al Guthrie di Pretty Boy Floyd.
La visione apocalittica di All Along The Watchtower, la trasfigurazione
biblica di Ballad Of Frankie Lee And Judas Priest (l'amara allegoria sulla
verita` che e` in realta` un duro atto d'accusa contro i falsi profeti d'
America, un auto-ritratto schizofrenico e il manifesto dell'intera nuova
filosofia del mito), la predicazione spicciola di Drifter's Escape, sono i
momenti attraverso cui si compie la sua purificazione. E` nel complesso
l'album piu` unitario, piu` simbolico e piu` religioso di Dylan.
Dylan si stava allontanando sempre piu` dalla scena turbolenta della musica
rock e avvicinando a quella tranquilla del country di Nashville. Nacquero
cosi` il bucolico Nashville Skyline, con "scandalose" collaborazioni di
cantanti reazionari e canzoni sempre piu` orecchiabili (Country Pie, Lay
Lady Lay), Self Portrait (1970), arrangiato con cori e violini e zeppo di
brani di cover, e infine New Morning (1970), al limite dell'easy-listening (
If Not For You).
A questo punto, forse conscio che la critica non ha torto a linciarlo, Dylan
attua un secondo, clamoroso, ritiro. A parte una partecipazione nostalgica
al concerto di beneficenza per il Bangla Desh (1971), e la colonna sonora
messicana del film Pat Garrett And Billy The Kid (1973), comprendente
l'epico 45 giri Knocking On Heaven's Door, il suo silenzio dura ben quattro
anni. In compenso riceve la laurea honoris causa dall'Universita` di
Princeton. Nel mezzo (1972), lui realizza il singolo George Jackson
("...this whole world/ Is one big prison yard/ Some of us are prisoners/ The
rest of us are guards").
Il ritorno viene orchestrato in grande stile con una tournee` a cui
partecipa la Band. L'album Planet Waves (1974) lascia ancora a desiderare,
benche' sonnolente ballate country (On A Night Like This), sermoni
autobiografici (Dirge), stanze erotiche (Wedding Song) e proverbi
esistenziali (Forever Young) siano la naturale continuazione di John Wesley
Harding.
La rappacificazione con il pubblico si realizza piuttosto con il nostalgico
Before The Flood, doppio scatenato dal vivo, con la sfilata dei brani
classici, la voce dura e grintosa come ai vecchi tempi, una marea di
ovazioni e tanto rock and roll, anche se la qualita` delle interpretazioni
e` quella di uno dei tanti onesti epigoni di Dylan. Si prospetta un
dignitoso mestiere senza grandi idee, con il pericolo costante di una
retorica non sempre controllata.
Blood On The Tracks (Columbia, 1974), prevalentemente acustico, continua la
progressione: Idiot Wind, Lily Rosemary, A Simple Twist Of Fate, e Tangled Up
In Blues sono le cose migliori di questo periodo. Costruito attorno al tema
della delusione amorosa, il disco ritrova la piena corrispondenza fra versi
e note, una conduzione spigliata e un piglio quasi amatoriale, proprio da
"bei tempi andati".
Dopo i fasti della "Rolling Thunder Review", il circo musicale con cui porta
in giro per l'America il suo mito, Dylan registra Desire (Columbia, 1976),
un album maturo e commovente che potrebbe stare con i suoi capolavori.
All'insegna del country-rock e del tex-mex, con gran spiegamento di archi e
voci (Emmylou Harris), il disco segna una nuova svolta stilistica: l'elegia
di Isis e il lamento di Joey, la veemente Hurricane e la struggente Romance
In Durango, stanno a meta` strada fra le litanie del gospel e le colonne
sonore di Morricone. I fotoromanzi sul pugile Hurricane e sul gangster Joey
si affidano a una musica reboante e frenetica, ma tutto sommato banalmente
effettistica e caotica.
Street Legal (Columbia, 1978) cristallizza il nuovo stile: melodie che
attingono dal country e dal folk messicano arrangiate con molto ritmo e
spreco di strumenti (trombe e sassofoni) e di cori soul: Is Your Love In
Vain (una delle sue melodie piu` struggenti), Changing Of The Guard, No Time
To Think, Senior, sotto la bandiera del rock unificato, sono piatte ballate
di facile presa senza verve, senza quel tipico distacco inquietante e
drammatico.
Le sue tournee, e l'entourage che l'accompagna, assumono dimensioni
colossali. La sua nuova vita da star del rock contrasta parecchio con quella
riservata e purista di pochi anni prima. Il suo talento si e` ormai ridotto
alla routine, abilmente mascherata dalla cura con cui sono confezionati i
dischi. Il film Renaldo And Clara (1978) e la colonna sonora che
l'accompagna non contribuiscono a far luce sui mille misteri di Dylan. La
vita privata e` altrettanto avara di soddisfazioni: la villa principesca di
Malibu rimane vuota dopo il divorzio dalla moglie Sarah, sua compagna dai
tempi di Blonde On Blonde.
Ancora una volta pero`, raggiunto il punto di equilibrio, Dylan disfa tutto
e ricomincia da capo. Questa volta si converte al Cattolicesimo, lui ebreo
di nascita, e dedica i suoi dischi all'avvenimento, allestendo per
l'occasione un funky-gospel che tutt'al piu` si merita una Gotta Serve
Somebody e Precious Angel su Slow Train Coming (1979), una Every Grain Of
Sand su Shot Of Love (1981), una Jokerman su Infidels (1983), forse il disco
migliore del periodo.
Questa sua stagione, fatta di ritiri e di ritorni, e di continui
travestimenti, in una specie di gara a sorprendere sempre di piu` il
pubblico e soprattutto a restare sempre sulla cresta dell'onda, benche' duri
dal 1968 e` ben poco creativa. La stanchezza compositiva si riversa anche
sui testi, mai cosi` insipidi.
Per quanto sia finita da tempo la stagione in cui comandava il mondo della
musica popolare a bacchetta, Bob Dylan non ha certo perso l'abilita' di far
parlare di se'. Anzi, sembra quasi che pregusti le celebrazioni del
cinquantenario della nascita come in Empire Burlesque (Columbia, 1985),
l'album che inaugura la nuova, sconcertante stagione del bardo del
Minnesota. Non e' tanto la capacita' di procreare il proprio genere di
folk-rock nella lunga Tight Connection To My Heart o il proprio genere di
canzone amorosa in I'll Remember You, quanto il fatto di trovare finalmente
l'equilibrio tanto cercato fra funk, gospel, blues e boogie in Clean Cut Kid
e Seeing The Real You At Last, o persino con la discomusic ( Trust Yourself,
When The Night Comes Falling From The Sky), anche se in tal modo si sposta
su un versante piu' prossimo ai Doobie Brothers che a Woody Guthrie.
Il fattore determinante e' l' aver appreso come funziona lo studio di
registrazione: Dylan e' ora capace di trarre vantaggio dalla tecnica di
registrazione a strati, pur conservando l'illusione della spontaneita'. Cio'
che e' sempre piu' palese, semmai, e' la sua incapacita' di scrivere liriche
profonde: quando non incappa in concentrati nauseanti di cliche', blatera
parole vuote al vento.
Su Knocked Out Loaded (1986) quell'approccio porta a un sound chiassoso e
isterico, come nel reggae-gospel di Precious Memories, persino con una
pesantissima cadenza funky in Driftin' Too Far From Shore. Il sempre piu'
frequente ricorso alle cover e' il segno piu' evidente di una certa carenza
di ispirazione; ma e' anche il segnale che Dylan e' attratto dalle sue
radici, ii un caso cronico di regressione psicologica ed esistenziale verso
le sue origini.
La lunga Brownsville Girl, su testo del commediografo Sam Shepard, e
l'apocalittica epica di strada di Band Of The Hand sono i sussulti creativi
dell'epoca.
Down in the Groove (1988) e` una raccolta di canzoni sparse, per lo piu`
covers, provenienti da diverse session.
Oh Mercy (Columbia, 1989), prodotto da Daniel Lanois, e' comunque l'album
migliore del decennio: a parte il country-blues scoppiettante di Political
World, degno della Band, e la ballata da bayou Everything Is Broken, degna
dei Creedence Clearwater Revival, l'opera si muove in atmosfere
profondamente personali, fra una Where Teardrop Falls e una Shooting Star,
arrangiate in punta di piedi e ricche di emozioni (e confessioni) profonde
(e non a caso proprio queste fanno tornare in mente vecchi nomi del country
come Hank Williams e Woody Guthrie, rispettivamente). Dylan, che ha
insegnato un po' a tutti, dimostra anche di aver a sua volta imparato dalle
nuove generazioni, rubando a Jackson Browne il senso dell'atmosfera nella
ballata pianistica di Ring Them Bells, cadenzando Man In The Long Black Coat
come una parabola di Cohen ma con l'arrangiamento delicato di un Donovan del
periodo hippie, blaterando What Was It You Wanted nel registro rauco di
Waits con cadenze voodoo e chitarre del Delta in sottofondo. E' un disco al
ralenti', di grande effetto. Se non ha perso il vizio di predicare, freddo e
cinico come il piu' abbruttito degli emarginati, Dylan ha pero' conservato
in un angolo del cuore la poesia utopica e tenera della generazione che lo
elesse a mito.
Gli anni '80 si chiudono in sordina, con
Dylan che accetta di fare la parodia di se stesso nei Traveling Wilburys, in
compagnia di Tom Petty, George Harrison, Jeff Lynne e Roy Orbison.
Certamente si tratta del piu' grande supergruppo di tutti i tempi, ma invece
il risultato e' un'orgia di nonsense: fra le sue canzoni del Volume One
(Warner Bros, 1988) spicca Dirty World, dall'andamento scanzonato, con
arrangiamento rhythm and blues e coro "Zappiano" da novelty; fra quelle del
secondo album, intitolato Volume Three (Warner Bros), spiccano il rock and
roll di She's My Baby e il doo-wop di Seven Deadly Sins.
A quell'umore ironico e rilassato si riallaccia Under The Red Sky
(Columbia), che pero' fallisce la prova, come sempre piu' spesso capita
all'artista: anche la novelty Wiggle Wiggle, il boogie alla ZZ Top
Unbelievable e il blues 10000 Men sono brani fiacchi e irrisolti. Il disco
e' confuso e a tratti persino patetico. Dylan ritrova la sua vena soltanto
in Handy Dandy.
Al tempo stesso il leggendario folksinger snobba la stampa e conduce un tour
colossale in giro per il mondo (dureato quattro anni, davanti a piu' di tre
milioni di spettatori), evitando accuratamente i grandi stadi e preferendo
le cittadine di provincia. Alla premiazione dei "Grammy", mentre e' in corso
la guerra contro Saddam Hussein, scandalizza il pubblico eseguendo ubriaco e
forse drogato la sua Masters Of War. Durante i concerti in Israele rifiuta
di eseguire le canzoni del suo passato. Enigmatico e provocatore, Dylan ha
fatto della sua celebre riluttanza a spiegare se stesso e le sue azioni una
vera e propria arte. Ostile verso la propria notorieta' e i giornalisti che
la alimentano, non sembra per nulla impensierito dal fatto di stare cantando
per una generazione che non e' piu' la sua.
Sembra semmai sinceramente terrorizzato da un pubblico che non ha mai capito
e non riesce ancora a capire: "Nessuno e' piu' sorpreso di me della
longevita' delle mie canzoni" ha dichiarato nel Febbraio 1992 a San
Francisco in una delle rare occasioni. Il servizio d'ordine che lo
accompagna ovunque vada deve tenere sotto controllo 550 maniaci che cercano
di avvicinarlo da anni. Di nessun altro musicista (classico o popolare) sono
state scritte ben quattro biografie (Scaduto, Shelton, Spitz e Heylin)
mentre era ancora in vita.
In occasione della "Bobfest" (che si tiene al Madison Square Garden) per
celebrare i trent'anni di attivita', Dylan registra il primo disco acustico
degli ultimi ventisette anni, e senz'altro il disco piu' simile a quello
d'esordio, non foss'altro perche' e' dedicato a composizioni altrui: Good As
I Been To You (Columbia, 1992), doppiato l'anno dopo da World Gone Wrong
(Columbia, 1993). Il fatto conferma l'impenetrabilita' del personaggio, che
manda messaggi sempre piu' subdoli lasciando che il pubblico si diverta a
interpretarli, e serve piu' che altro a sottolineare quanto anti-accademici
siano sempre stati il suo phrasing e il suo picking. Rimane comunque
l'impressione che molti dischi di Dylan siano stati composti e registrati
frettolosamente, e che questa sia, banalmente, la causa di tanta incostanza
qualitativa.
L'evento piu' importante di quegli anni e' in realta' la pubblicazione dei
Bootleg Series (Columbia). Una delle poche certezze, dai Basement Tapes in
poi, e' che Dylan sia un mitomane e che ami lasciar curiosare i critici
nelle sue soffitte. Si scopre cosi' che forse la canzone migliore degli anni
'80 fu Blind Willie McTell del 1983, rimasta inedita. La quarta parte della
Bootleg Series, Royal Albert Hall Concert, presenta il concerto del maggio
1966 in Inghilterra (registrato in realta` a Manchester), un disco acustico
e uno elettrico, ed e` una delle performance piu` scatenate dell'epoca. E
dimostra come Dylan fosse anni avanti al proprio pubblico.
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(Translated by Ornella C.
Grannis) Time Out Of Mind (1997), la prima raccolta di materiale nuovo dopo tanti
anni, segna un'altra rinascita, piu' o meno come fece John Wesley Harding.
E' la migliore raccolta blues di Dylan, un testamento artistico di sorta,
nel quale l'artista si confronta con l'eternita' e le incertezze metafisiche
- Not Dark Yet, Cold Irons Bound, Standing In The Doorway. Dirt Road Blues e
Million Miles sono la ripresa a rallentatore della sua carriera. E' un'opera
tenebrosa, gotica, quasi macabra, che Dylan canta con voce distaccata, una
voce che non ha niente di profetico. La serenata Make You Feel My Love e'
toccante quanto le canzoni che Dylan scriveva negli anni 60. Il capolavoro
di questa raccolta e' Highlands, un pezzo di sedici minuti che suona come la
risposta a un se stesso di nuovo alla ricerca della Sad Eyed Lady Of The
Lowlands di Blonde on Blonde. Grazie agli arrangiamenti di Daniel Lanois
ogni nota conta.
Il 27 settembre 1997 Bob Dylan ha soddisfatto il suo sogno di bussare alla
porta del paradiso ("knocking on Heaven's door") suonando a Roma davanti al
Papa Giovanni Paolo II.
Nel 2001 Dylan ha celebrato il suo 60esimo compleanno e, di nuovo, sono
fioccate le celebrazioni.
Come ha scritto Robert Christgau: "puo' darsi che sia davvero un genio,
nonostante tutto".
°°°°°°°°°°°°°°° (Translated by Ornella C. Grannis) In Love And Theft (Columbia, 2001), Dylan impiega l'intera gamma di stili
musicali, dal jazz (Po Boy) al pop (Moonlight), dal rockabilly (Honest With
Me) al country (Mississippi), dal rhythm and blues (Summer Days) al ragtime,
fino a trovare la sua vera identita' nel blues che ha coltivato per una vita
intera (Tweedle Dum and Tweedle Dee). La sua vena poetica ha raggiunto il
punto di massima depressione ("every moment of existence seems like some
dirty trick, happiness can come suddenly and leave just as quick") e la sua
musica non ha piu' niente di rivoluzionario. Nel 1970 Dylan fece una cosa
che stupi' critici e fans: fece seguire al metafisico John Wesley Harding
una serie di insignificanti brani country. Trent'anni dopo ci riprova: al
metafisico Time Out Of Mind fa seguito un album da farsa. La maggior parte
dei brani non sono altro che imitazioni in blues, rock and roll and pop.
°°°°°°°°°°° (Tradotto da Luca "Motobyte") Nel 2003 Christopher Ricks, un illustre critico letterario, pubblica un
libro sulla poetica Dylaniana, "Dylan's Vision of Sin". Pochi musicisti nel
2006 possono sembrare cosi' estranei alla musica contemporanea quanto Dylan
in Modern Times (2006). D'altra parte ignorare le tendenze e' sempre stata
la sua arma segreta. (In passato, di solito, era lui che impostava le
tendenze future, ma questa e' un'altra storia). Il titolo dell'album
stranamente richiama un film di Charlie Chaplin, e la maggior parte delle
canzoni ricordano generi e stili dell'infanzia di Dylan. Il brano di
apertura, Thunder On the Mountain scimmiotta il suo sound blues-rock del
1965. Rollin' and Tumblin' e' una strana imitazione del blues-a-billy di
Muddy Waters. La romanza latina di Beyond Horizon e il pathos domestico di
Workingman's Blues #2, che vanta l'intimita' di una parabola di Cat Stevens,
rappresentano al meglio il centro di massa musicale ed emotivo dell'album:
una forma di nostalgia calma e rassegnata. La romantica Spirit On the Water
(una ballata vecchio stile cantata alla maniera di Louis Armstrong) e
l'apocalittica The Levee's Gonna Break allontanano l'idea che Dylan sia
semplicamente un'icona senile tenuta in vita da astuti uomini d'affari, ma
ben poco in quest'album va oltre l'attestazione della passata grandezza di
Dylan
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