Bob Dylan:
The Nobel lecture
Traduzione di Silvano Cattaneo
Appeno ho ricevuto il Premio Nobel per la Letteratura, mi sono chiesto
proprio come le mie canzoni fossero collegate alla letteratura. Volevo
rifletterci e capire dov’era la connessione. Ora provo ad argomentarlo.
Molto probabilmente sarà in un modo un po’ indiretto, ma spero che
quello che dirò possa essere utile e significativo.
Se dovessi tornare all'alba di tutto, credo che dovrei iniziare con
Buddy Holly. Buddy è morto quando io avevo circa diciott'anni e lui
ventidue. Dal momento in cui l’ascoltai per la prima volta, mi sentii
simile. Mi sentii legato, come se fosse un fratello maggiore. Pensai
persino di assomigliargli. Buddy suonava la musica che amavo, la musica
con cui ero cresciuto: country western, rock 'n' roll e rhythm and
blues. Tre filoni distinti di musica che lui intrecciò e fuse in un solo
genere. Un marchio. E Buddy scrisse canzoni - canzoni che avevano belle
melodie e testi fantasiosi. E cantava alla grande, cantava con più voci
diverse. Era l'archetipo. Tutto quello che non ero e che volevo essere.
Lo vidi una sola volta e fu pochi giorni prima che morisse. Dovetti
percorrere un centinaio di miglia per vederlo esibirsi e non rimasi
deluso. (1)
Era potente ed elettrizzante e aveva una grande presenza. Ero solo a
pochi metri di distanza. Era ipnotizzante. Guardavo il suo volto, le sue
mani, il modo in cui batteva il piede, i suoi grandi occhiali neri, gli
occhi dietro gli occhiali, il modo in cui teneva la chitarra, la sua
postura, il suo abito curato. Tutto di lui. Sembrava più vecchio dei
suoi ventidue anni. Qualcosa di lui sembrava indelebile, e mi riempì di
certezze. Poi, di punto in bianco, è successa la cosa più inspiegabile.
Mi guardò proprio dritto negli occhi e mi trasmise qualcosa. Qualcosa
che non capivo bene. E che mi diede i brividi.
Credo che fosse uno o due giorni prima che il suo aereo cadesse.
Qualcuno - qualcuno che non avevo mai visto prima - mi passò un disco di
Leadbelly in cui c'era la canzone "Cottonfields". E quel disco cambiò la
mia vita, proprio in quel momento. Mi trasportò in un mondo che non
avevo mai conosciuto. Fu come un'esplosione che si dissolveva. Come se
fino ad allora avessi camminato nell'oscurità e all'improvviso
l'oscurità si illuminasse. Era come qualcuno che mi imponeva le mani.
Credo di aver ascoltato quel disco centinaia volte.
Era su un'etichetta di cui non avevo mai sentito parlare, all'interno
c’era un opuscolo che pubblicizzava gli altri artisti dell'etichetta:
Sonny Terry and Brownie McGhee, New Lost City Ramblers, Jean Ritchie,
string band. Nemmeno di nessuno di loro avevo mai sentito parlare. Ma
pensai che se erano su questa etichetta con Leadbelly, dovevano essere
roba buona, quindi avevo bisogno di sentirli. Volevo sapere tutto e
suonare quel genere di musica. Avevo ancora un certo interesse per la
musica con cui ero cresciuto, ma a quel punto la dimenticai. Non ci
pensai più. Da quel momento se ne andò per un bel po'.
Non avevo ancora lasciato casa, ma non potevo aspettare. Volevo imparare
questa musica e incontrare le persone che la suonavano. Infine me ne
andai, e imparai a suonare quelle canzoni. Erano diverse dalle canzoni
della radio che avevo ascoltato fino ad allora. Erano più vibranti e
sincere nei confronti della vita. Con le canzoni della radio, un
esecutore poteva ottenere il successo con un lancio di dadi o una mano
fortunata, ma questo non aveva importanza nel mondo del folk. Tutto era
un successo. Tutto quello che dovevi fare era essere ben preparato e in
grado di suonare la melodia. Alcune di queste canzoni erano facili,
altre no. Ebbi un feeling naturale per le antiche ballate e il country
blues, ma tutto il resto dovetti impararlo da zero. Suonavo per un
pubblico ristretto, a volte non più di quattro o cinque persone in una
stanza o all'angolo di strada. Dovevi avere un ampio repertorio, e
dovevi sapere cosa suonare e quando. Alcune canzoni erano intime, altre
dovevi urlare per farle sentire
Ascoltando tutti quei primi artisti folk e cantando tu stesso quelle
canzoni, ne acquisisci il gergo. Lo interiorizzi. Lo canti nei ragtime
blues, nei canti di lavoro, nei canti marinareschi della Georgia, nelle
ballate degli Appalachi, nelle canzoni dei cowboy. Cogli le sottigliezze
e impari i dettagli.
Capisci di cosa si tratta. Estrarre la pistola e rimetterla in tasca.
Sfrecciare nel traffico, parlare al buio. Sai che Stagger Lee era un
uomo cattivo e che Frankie era una brava ragazza. (2) Sai che Washington
è una città borghese e hai sentito la voce profonda di John il
Rivelatore e hai visto affondare il Titanic in un ruscello fangoso. E tu
sei amico del selvaggio vagabondo irlandese e del selvaggio ragazzo
delle colonie. Hai sentito i tamburi attutiti e i pifferi degli eserciti
suonare sommessamente. Hai visto il vigoroso Lord Donald piantare un
coltello a sua moglie, e molti tuoi compagni avvolti nel lino bianco.
Avevo digerito tutto il gergo. Conoscevo la retorica. Niente di quel
mondo mi era sfuggito - gli strumenti, le tecniche, i segreti, i misteri
- e conoscevo anche tutte le strade deserte che aveva percorso. Potevo
collegarlo tutto e trasferirlo nell'attualità. Quando ho iniziato a
scrivere le mie canzoni, il linguaggio popolare era l'unico vocabolario
che conoscevo, e l'ho usato.
Ma io avevo anche qualcos'altro. Avevo fondamenta e sensibilità e una
visione informata del mondo. E le avevo da un po'. Ho imparato tutto
alla scuola elementare. Don Chisciotte, Ivanhoe, Robinson Crusoe, I
viaggi di Gulliver, Racconto di due città e tutto il resto - tipiche
letture scolastiche che ti davano un modo di guardare la vita, una
comprensione della natura umana e un metro per misurare le cose. Avevo
tutto con me quando ho iniziato a scrivere versi. E i temi di quei libri
si sono ritrovati in molte delle mie canzoni, sia consapevolmente che
inconsciamente. Volevo scrivere canzoni diverse da qualunque cosa che si
fosse sentita e quei temi erano fondamentali.
Libri specifici che mi hanno colpito fin da quando li ho letti a scuola
- e voglio parlarvi di tre di loro: Moby Dick, Niente di nuovo sul
fronte occidentale e Odissea.
____________________
Moby Dick è un libro affascinante, un libro ricco di scene di grande
dramma e di dialoghi drammatici. Il libro ti impone delle domande. La
trama è semplice. Il misterioso capitano Achab - capitano di una nave
chiamata Pequod - un egomaniaco con una gamba di legno, dà la caccia
alla sua nemesi, la grande balena bianca Moby Dick che gli ha tolto la
gamba. E le dà la caccia per tutto l'Atlantico, fino alla punta
dell'Africa e nell'Oceano Indiano. Insegue la balena da un capo
all'altro della Terra. È un obiettivo astratto, niente di concreto o
preciso. Chiama Moby l'imperatore, la vede come l'incarnazione del male.
Achab ha una moglie e un bambino a Nantucket, che ricorda di tanto in
tanto. Potete già immaginare cosa succederà.
L'equipaggio della nave è composto da uomini di razze diverse e chiunque
di loro avvisti la balena sarà ricompensato con una moneta d'oro. Molti
simboli dello zodiaco, allegorie religiose, stereotipi. Achab incontra
altre baleniere, pressa i capitani per avere dettagli su Moby. L'hanno
vista? Su una delle navi c'è un profeta pazzo, Gabriele, e predice ad
Achab il suo destino. Dice che Moby è l'incarnazione del dio degli
Shaker
(Gli Shakers sono i membri di
un ramo del calvinismo puritano dei quaccheri nati nel primo Settecento,
conosciuti anche con il nome di Società Unita dei Credenti nella Seconda
Apparizione del Cristo) e qualsiasi relazione con lui porterà al
disastro. Questo dice al capitano Achab. Il capitano di un'altra nave -
capitano Boomer - ha perso un braccio per Moby. Ma lo sopporta, lui è
felice di essere sopravvissuto. Non può accettare la brama di vendetta
di Achab.
Questo libro spiega come uomini diversi reagiscono in modi diversi alla
stessa esperienza. C'è molto del vecchio Testamento, allegorie bibliche:
Gabriele, Rachele, Geroboamo, Bildah, Elia. E anche nomi pagani:
Tashtego, Flask, Daggoo, Fleece, Starbuck, Stubb, Martha’s Vineyard. I
pagani sono adoratori di idoli. Alcuni adorano piccole figure di cera,
altri figure di legno. Alcuni adorano il fuoco. Pequod è il nome di una
tribù indiana.
Moby Dick è una storia di mare. Uno degli uomini, il narratore, dice:
"Chiamatemi Ismaele". Qualcuno gli chiede da dove viene e lui risponde:
"Non è su una mappa. I luoghi veri non lo sono mai." Stubb non dà
importanza a nulla, dice che tutto è predestinato. Ismaele ha trascorso
tutta la sua vita su un veliero. Chiama i velieri le sue Harvard e Yale.
Si tiene a distanza dalle persone.
Un tifone colpisce il Pequod. Il capitano Achab pensa che sia un buon
auspicio. Starbuck pensa che sia un cattivo presagio, medita di uccidere
di Achab. Appena finisce la tempesta, un membro dell'equipaggio cade
dall'albero della nave e annega, prefigurando quello che succederà. Un
pacifico prete quacchero, che in realtà è un uomo d'affari sanguinario,
racconta a Flask: "Alcuni uomini che ricevono ferite arrivano a Dio,
altri al rancore". (3)
Tutto è mischiato. Tutti i miti: la bibbia giudeo-cristiana, miti indù,
leggende britanniche, San Giorgio, Perseo, Ercole… sono tutti balenieri.
Mitologia greca, la sanguinosa attività di macellare una balena. Un
libro ricco di fatti, conoscenze geografiche, olio di balena - buono per
l’incoronazione dei monarchi - famiglie nobili impegnate nell’industria
delle balene. L’olio di balena è usato per ungere i re. Storia della
balena, frenologia, filosofia classica, teorie pseudoscientifiche,
giustificazione della discriminazione - tutto buttato lì e niente in
modo particolarmente razionale. Intellettualismi e cultura popolare,
inseguire le illusioni e inseguire la morte, la grande balena bianca,
bianca come l’orso polare, bianca come l’uomo bianco, l’imperatore, la
nemesi, l’incarnazione del male. Il capitano demente che ha perso la
gamba anni prima nel tentativo di assalire Moby con un coltello.
Noi vediamo solo la superficie delle cose. Possiamo interpretare quello
che c'è sotto come ci aggrada. Gli uomini dell’equipaggio si muovono sul
ponte cercando di sentire il canto delle sirene, mentre squali e
avvoltoi inseguono la nave. Leggono teschi e volti come voi leggete un
libro. Ecco un volto. Ve lo metterò di fronte. Leggetelo se ci riuscite.
Tasthego dice di essere morto e rinato. I suoi giorni in più sono un
dono. Ma non è stato salvato da Cristo, dice di essere stato salvato da
un compagno, e nemmeno cristiano. Fa la parodia della resurrezione.
Quando Starbuck dice ad Achab che dovrebbe lasciare il passato al
passato, il capitano arrabbiato replica seccamente: “Non dire bestemmie,
uomo. Colpirei anche il sole se mi insultasse.” Anche Achab è un poeta
di eloquenza. Dice: “Il cammino verso il mio scopo fisso è steso su
binari di ferro sui quali la mia anima è incanalata per correre.” O
frasi come “Tutti gli oggetti visibili non sono altro che maschere di
cartapesta.” Espressioni poetiche citabili che non possono essere
superate.
Infine Achab vede Moby, si tirano fuori gli arpioni. Vengono tirate giù
le scialuppe. L’arpione di Achab è stato battezzato nel sangue. Moby
attacca la barca di Achab e la distrugge. Il giorno dopo lui vede di
nuovo Moby. Le scialuppe sono di nuovo abbassate. Moby attacca di nuovo
la scialuppa di Achab. Il terzo giorno un’altra barca entra in scena.
Altra allegoria religiosa. Lui è risorto. Moby attacca ancora una volta,
colpendo violentemente il Pequod e affondandolo. Achab resta avviluppato
nelle cime degli arpioni e viene gettato fuori dalla sua barca in una
tomba d'acqua. Ismaele sopravvive. È in mare, galleggia su una bara. E
questo è tutto. È tutta la storia. Quel tema e tutto ciò che implica si
sarebbe fatto strada in parecchie delle mie canzoni.
____________________
Niente di nuovo sul fronte occidentale è un altro libro che ha fatto lo
stesso. È un racconto dell’orrore. Un libro dove perdi la tua
giovinezza, la tua fede in un mondo che abbia un significato, il tuo
interesse per le persone. Sei bloccato in un incubo. Risucchiato in un
misterioso vortice di morte e dolore. Stai difendendo te stesso
dall’eliminazione. Stai per essere cancellato dalla faccia della terra.
Un tempo eri un giovane innocente con il grande sogno di diventare un
pianista concertista. Un tempo hai amato la vita e il mondo, mentre ora
lo stai facendo a pezzi.
Un giorno dopo l'altro, i calabroni ti pungono e i vermi leccano il tuo
sangue. Sei un animale stretto in un angolo. Non puoi stare da nessuna
parte. La pioggia cade monotona. Ci sono assalti interminabili, gas
tossico, gas nervino, morfina, torrenti di benzina in fiamme, cerchi
cibo tra i rifiuti, influenza, tifo, dissenteria. La vita crolla attorno
a te e fischiano le pallottole. Questa è la regione più bassa
dell’inferno. Fango, filo spinato, trincee invase dai topi, topi che
mangiano gli intestini dei morti, trincee piene di sudiciume ed
escrementi. Qualcuno grida: “Ehi, tu laggiù! Alzati e combatti."
Chi sa quanto durerà questo caos? La guerra non ha limiti. Sei
annientato e quella tua gamba sta sanguinando troppo. Hai ucciso un uomo
ieri e hai parlato al suo cadavere. Gli hai detto che dopo che tutto
questo sarà finito, passerai il resto della vita a prenderti cura della
sua famiglia. Chi guadagna qui? I capi e i generali acquisiscono fama e
molti altri lucrano profitti finanziari. Ma sei tu che stai facendo il
lavoro sporco. Uno dei tuoi compagni dice: “Aspetta un momento, dove
stai andando?” E tu dici: “Lasciami stare. Torno tra un minuto”. Poi
cammini nei boschi della morte in cerca di un pezzo di salsiccia. Non
riesci proprio a capire come qualcuno nella vita civile possa avere un
qualche scopo. Tutte le loro preoccupazioni, tutti i loro desideri...
non riesci a capirlo.
Altre mitragliatrici crepitano, altre parti di corpi pendono dai fili di
ferro, altri pezzi di braccia e gambe e crani dove le farfalle si posano
sui denti, altre ferite orribili, pus che esce da ogni poro, ferite ai
polmoni, ferite troppo grandi per il corpo, cadaveri che emettono gas e
corpi morti che producono rumori vomitevoli. La morte è dappertutto.
Nient'altro è possibile. Qualcuno ti ucciderà e userà il tuo corpo per
esercitarsi al tiro al bersaglio. Scarponi. Sono la tua preziosa
proprietà. Ma presto saranno ai piedi di qualcun altro.
Ci sono francesi in arrivo tra gli alberi. Bastardi impietosi. Partono i
tuoi proiettili. “Non è leale tornare da noi così presto”, dici. Uno dei
tuoi compagni è steso nel sudiciume e vuoi portarlo all’ospedale da
campo. Qualcun altro dice: “Potresti risparmiarti il viaggio.” “Cosa
vuoi dire?” “Giralo e vedrai cosa voglio dire”.
Attendi di sentire le notizie. Non capisci perché la guerra non sia
ancora finita. L’esercito è così a corto di rimpiazzi che arruola
ragazzi di scarsa utilità militare, ma li arruolano comunque perché
stanno esaurendo gli uomini. Nausea e umiliazione ti hanno spezzato il
cuore. Sei stato tradito dai genitori, dai maestri di scuola, dai
sacerdoti e persino dal tuo stesso governo.
Anche il generale che fuma sigari lentamente ti ha tradito, ti ha
trasformato in un violento e in un assassino. Se potessi, gli
pianteresti una pallottola in faccia. Anche al comandante. Fantastichi
che se avessi soldi metteresti una taglia per chiunque lo uccida, con
qualsiasi mezzo. E se dovesse perdere la vita nel farlo, che i soldi
vadano ai suoi eredi. Un altro è il colonnello, con il suo caviale e il
suo caffè. Passa tutto il suo tempo nel bordello per ufficiali. Vorresti
veder lapidato a morte pure lui. E poi Tommy e Johnny con i loro whack
fo’ me daddy-o e i loro whiskey in the jars (4). Ne uccidi venti e altri
venti altri spunteranno al loro posto. È solo puzza nelle narici.
Sei arrivato a detestare la vecchia generazione che ti ha mandato in
questa follia, in questa camera di tortura. Attorno a te i tuoi compagni
stanno morendo. Muoiono di ferite al ventre, di doppie amputazioni, di
osso iliaco a pezzi e tu pensi “Ho solo vent’anni, ma sono in grado di
uccidere chiunque. Persino mio padre se mi capitasse vicino”.
Ieri hai cercato di salvare un cane staffetta ferito e qualcuno ha
urlato: “Non fare lo scemo!” Un francese farfuglia ai tuoi piedi. Lo
colpisci allo stomaco con un pugnale ma il tipo è ancora vivo. Sai che
dovresti finire il lavoro, ma non ci riesci. Sei sulla croce di ferro
vera, e un soldato romano sta posando una spugna di aceto sulle tue
labbra.
Passano i mesi. Vai a casa in permesso. Non riesci a comunicare con tuo
padre. Aveva detto: “Saresti un vigliacco se non ti arruolassi”. Anche
tua madre, mentre sei già fuori per andartene, dice: “Adesso attento a
quelle ragazze francesi”. Altra pazzia. Combatti per una settimana o un
mese e guadagni dieci metri. E poi il mese successivo se li sono
ripresi.
E di tutta quella cultura di mille anni fa, quella filosofia, quella
saggezza - Platone, Aristotele, Socrate - cosa ne è stato? Avrebbe
dovuto evitare questo. I tuoi pensieri tornano a casa. E ancora una
volta sei uno scolaro che cammina attraverso alti pioppi. È un ricordo
piacevole. Altre bombe ti cadono addosso dai dirigibili. Adesso devi
tornare in te. Non puoi nemmeno guardare qualcuno per paura che possa
accadere qualcosa di imprevisto. La fossa comune. Non ci sono altre
possibilità.
Poi noti i fiori di ciliegio e capisci che la natura non è toccata da
tutto questo. I pioppi, le farfalle rosse, la fragile bellezza dei
fiori, il sole. Vedi come la natura è indifferente a tutto questo, a
tutta la violenza e alla sofferenza di tutto il genere umano. La natura
nemmeno lo nota.
Sei così solo. Poi il frammento di un proiettile ti colpisce la testa di
lato e sei morto. Sei stato fatto fuori, depennato. Sei stato
sterminato. Ho messo giù questo libro e l’ho chiuso. Non ho mai più
voluto leggere un romanzo di guerra, e non l’ho mai più fatto.
Charlie Poole, della North Carolina, aveva una canzone che collegava
tutto questo. Si intitola “You Ain’t Talkin’ to Me” e i versi dicono:
Ho visto un cartello in una vetrina andando un giorno in città.
Entra nell’esercito, gira il mondo”, è quello che diceva
“Vedrai posti eccitanti in allegra compagnia,
Incontrerai persone interessanti e imparerai anche a ucciderle”.
Oh, non stai parlando a me, non stai parlando a me.
posso essere matto e tutto quanto, ma credimi, ho buonsenso.
Non stai parlando a me, non stai parlando a me.
Uccidere con un’arma non suona divertente.
Non stai parlando a me.
____________________
L’Odissea è un grande libro i cui temi sono entrati nelle ballate di
molti autori: “Homeward Bound”, “Green, Green Grass of Home”, “Home on
the Range” e anche in canzoni mie.
L’Odissea è uno strano, avventuroso racconto di un uomo adulto che cerca
di tornare a casa dopo aver combattuto in una guerra. È in un lungo
viaggio verso casa, pieno di trappole e di insidie. È dannato a vagare.
È sempre portato in mare, sempre in situazioni difficili. Grandi macigni
scuotono la sua nave. Fa arrabbiare chi non dovrebbe. Ci sono
sobillatori nel suo equipaggio. Tradimenti. I suoi uomini sono
trasformati in maiali e poi ritrasformati in uomini più giovani, più
attraenti. Lui cerca sempre di salvare qualcuno. È un viaggiatore,
costretto a troppe soste.
È spiaggiato su un’isola deserta. Trova caverne deserte e ci si
nasconde. Incontra giganti che dicono: “Ti mangerò per ultimo”. E sfugge
ai giganti. Cerca di tornare a casa ma è fatto girare e rigirare dai
venti. Venti incessanti, venti gelidi, venti ostili. Viaggia per un
lungo tratto e poi è risoffiato indietro.
È sempre messo in guardia su ciò che accadrà. Tocca cose che non
dovrebbe. Ci sono due strade da prendere e sono entrambe sbagliate.
Entrambe pericolose. Su una puoi annegare, sull’altra puoi morire di
fame. Entra in piccoli stretti di mare con vortici schiumanti che lo
inghiottono. Incontra mostri a sei teste con zanne affilate. Fulmini si
scagliano su di lui. Fa un balzo per raggiungere dei rami e mettersi in
salvo da un fiume furente. Dee e dei lo proteggono, ma altri vogliono
ucciderlo. Cambia identità. È esausto. Cade addormentato ed è
risvegliato dal suono di risate. Racconta la sua storia a stranieri. È
stato via vent’anni. È stato portato da qualche parte e lasciato là.
Sono state versate droghe nel suo vino. È stato un viaggio duro da fare.
Per molti aspetti, alcune di queste stesse cose sono capitate anche a
te. Anche a te hanno messo droghe nel vino. Anche tu hai diviso un letto
con la donna sbagliata. Anche tu sei stato ammaliato da voci magiche,
voci dolci con strane melodie. Anche tu sei arrivato tanto lontano e sei
stato risoffiato altrettanto lontano. E anche tu hai rischiato grosso.
Hai fatto arrabbiare persone che non avresti dovuto. E hai vagato per
questo Paese in lungo e in largo. E hai anche sentito quel vento
contrario, quello che non porta nulla di buono. E non è ancora tutto.
Quando torna a casa, la situazione non è affatto migliore. Ci sono
entrate canaglie e stanno approfittando dell’ospitalità di sua moglie. E
ce ne sono troppi. E anche se lui è più grande di tutti loro e migliore
in tutto – miglior falegname, miglior cacciatore, miglior esperto di
animali, miglior marinaio – non lo salverà il suo coraggio, ma il suo
inganno.
Tutti questi sbandati dovranno pagare per aver profanato il suo palazzo.
Si traveste da sudicio mendicante, ma l’ultimo dei servi lo caccia a
pedate dalle scale con arroganza e stupidità. L’arroganza del servo lo
fa infuriare, ma lui controlla la sua rabbia. È uno contro cento, ma
cadranno tutti, persino i più forti. Era Nessuno. E quando finalmente si
ritrova a casa, si siede con sua moglie a raccontarle le storie.
____________________
Dunque, che cosa significa tutto questo? Io e molti altri autori di
canzoni siamo stati influenzati proprio da questi stessi temi. E possono
significare un mucchio di cose differenti. Se una canzone vi tocca,
questo è tutto quello che importa. Non occorre che io sappia cosa
significhi una canzone. Ho scritto ogni sorta di cose nelle mie canzoni.
E non sto a preoccuparmi di cosa significhi tutto questo. Quando
Melville mise in un’unica storia tutti i suoi riferimenti biblici
dell’antico testamento, teorie scientifiche, dottrine protestanti e
tutta quella conoscenza del mare, dei velieri e delle balene, non penso
che neppure lui se ne preoccupasse - cosa significa tutto questo.
John Donne, il poeta prete vissuto all’epoca di Shakespeare, scrisse
queste parole: “Il Sesto e l’Abido dei suoi seni. Non di due amanti, ma
di due amori, i nidi”. Non so che cosa significhi. Ma suona bene. E tu
vuoi che le tue canzoni suonino bene.
Quando nell’Odissea, Odisseo incontra il famoso guerriero Achille
nell’aldilà, Achille - che aveva scambiato una lunga vita piena di pace
e contentezza per una breve vita ricca di onori e gloria - dice a
Odisseo che era stato tutto un errore. “Sono solo morto e questo è
tutto.” Non c’era stato alcun onore. Nessuna immortalità. E se avesse
potuto, avrebbe scelto di tornare indietro e di essere l'umile schiavo
di un fittavolo sulla terra piuttosto che essere quello che era: un re
nella terra dei morti. E qualsiasi fossero le difficoltà di Odisseo
nella vita, erano preferibili all’essere lì, in quel luogo morto.
Anche le canzoni sono questo. Le nostre canzoni sono vive nella terra
dei vivi. Ma le canzoni sono diverse dalla letteratura. Sono fatte
apposta per essere cantate, non lette. Le parole delle commedie di
Shakespeare erano concepite per essere recitate sul palco. Proprio come
i versi delle canzoni sono per essere cantati, non letti su una pagina.
E spero che alcuni di voi coglieranno l’occasione per ascoltare quei
versi nella forma in cui sono stati concepiti per essere ascoltati: in
concerto, o su disco, o in qualsiasi modo oggi si ascoltano le canzoni.
Torno ancora una volta a Omero, che dice: “Canta in me, o Musa, e
attraverso me racconta la storia”.
NOTE
(1) Bob Dylan ha ricordato in altre occasioni il concerto di Buddy Holly
cui assistette in gioventù. Ha sempre detto, però, di averlo visto a
Duluth. In effetti, Buddy Holly si esibì al Duluth Nat’l Guard Armory il
31 gennaio 1959, un paio di giorni prima dell’incidente aereo in cui
persero la vita anche Ritchie Valens, Big Bopper e il pilota. Qui un
estratto dello speech di Dylan ai Grammy 1998, in cui ricorda appunto
quell’episodio: https://www.youtube.com/watch?v=4yGh3S4wMLY
(2) In questa parte, Dylan elenca alcuni famosi traditional che hanno
formato la sua educazione musicale, citandone versi o situazioni.
Nell’ordine, si riferisce a: “Stack a Lee”, “Frankie and Johnny”, “The
Bourgeois Blues”, “John the Revelator”, “The Titanic”, “The Wild Rover”,
“The Wild Colonial Boy”, "The Unfortunate Rake”, “Matty Groves”,
“Streets of Laredo”. “Stak a Lee” e “Frankie and Johnny” sono anche
entrati nella sua discografia ufficiale.
(3) Nel testo originale: “Some men who receive injuries are led to God,
others are led to bitterness.” Ma questa frase pare non ci sia nel libro
di Melville. La citazione è quindi un falso inventato da Dylan. Fonte:
https://newrepublic.com/minutes/143130/bob-dylan-fake-melville-quote-nobel-lecture
(4) Cita il ritornello del celebre traditional irlandese “Whiskey in the
Jar”.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Dylan's Nobel Lecture
5 June 2017
When I first received this Nobel Prize for Literature, I got to
wondering exactly how my songs related to literature. I wanted to
reflect on it and see where the connection was. I'm going to try to
articulate that to you. And most likely it will go in a roundabout way,
but I hope what I say will be worthwhile and purposeful.
If I was to go back to the dawning of it all, I guess I'd have to start
with Buddy Holly. Buddy died when I was about eighteen and he was
twenty-two. From the moment I first heard him, I felt akin. I felt
related, like he was an older brother. I even thought I resembled him.
Buddy played the music that I loved – the music I grew up on: country
western, rock ‘n' roll, and rhythm and blues. Three separate strands of
music that he intertwined and infused into one genre. One brand. And
Buddy wrote songs – songs that had beautiful melodies and imaginative
verses. And he sang great – sang in more than a few voices. He was the
archetype. Everything I wasn't and wanted to be. I saw him only but
once, and that was a few days before he was gone. I had to travel a
hundred miles to get to see him play, and I wasn't disappointed.
He was powerful and electrifying and had a commanding presence. I was
only six feet away. He was mesmerizing. I watched his face, his hands,
the way he tapped his foot, his big black glasses, the eyes behind the
glasses, the way he held his guitar, the way he stood, his neat suit.
Everything about him. He looked older than twenty-two. Something about
him seemed permanent, and he filled me with conviction. Then, out of the
blue, the most uncanny thing happened. He looked me right straight dead
in the eye, and he transmitted something. Something I didn't know what.
And it gave me the chills.
I think it was a day or two after that that his plane went down. And
somebody – somebody I'd never seen before – handed me a Leadbelly record
with the song "Cottonfields" on it. And that record changed my life
right then and there. Transported me into a world I'd never known. It
was like an explosion went off. Like I'd been walking in darkness and
all of the sudden the darkness was illuminated. It was like somebody
laid hands on me. I must have played that record a hundred times.
It was on a label I'd never heard of with a booklet inside with
advertisements for other artists on the label: Sonny Terry and Brownie
McGhee, the New Lost City Ramblers, Jean Ritchie, string bands. I'd
never heard of any of them. But I reckoned if they were on this label
with Leadbelly, they had to be good, so I needed to hear them. I wanted
to know all about it and play that kind of music. I still had a feeling
for the music I'd grown up with, but for right now, I forgot about it.
Didn't even think about it. For the time being, it was long gone.
I hadn't left home yet, but I couldn't wait to. I wanted to learn this
music and meet the people who played it. Eventually, I did leave, and I
did learn to play those songs. They were different than the radio songs
that I'd been listening to all along. They were more vibrant and
truthful to life. With radio songs, a performer might get a hit with a
roll of the dice or a fall of the cards, but that didn't matter in the
folk world. Everything was a hit. All you had to do was be well versed
and be able to play the melody. Some of these songs were easy, some not.
I had a natural feeling for the ancient ballads and country blues, but
everything else I had to learn from scratch. I was playing for small
crowds, sometimes no more than four or five people in a room or on a
street corner. You had to have a wide repertoire, and you had to know
what to play and when. Some songs were intimate, some you had to shout
to be heard.
By listening to all the early folk artists and singing the songs
yourself, you pick up the vernacular. You internalize it. You sing it in
the ragtime blues, work songs, Georgia sea shanties, Appalachian ballads
and cowboy songs. You hear all the finer points, and you learn the
details.
You know what it's all about. Takin' the pistol out and puttin' it back
in your pocket. Whippin' your way through traffic, talkin' in the dark.
You know that Stagger Lee was a bad man and that Frankie was a good
girl. You know that Washington is a bourgeois town and you've heard the
deep-pitched voice of John the Revelator and you saw the Titanic sink in
a boggy creek. And you're pals with the wild Irish rover and the wild
colonial boy. You heard the muffled drums and the fifes that played
lowly. You've seen the lusty Lord Donald stick a knife in his wife, and
a lot of your comrades have been wrapped in white linen.
I had all the vernacular down. I knew the rhetoric. None of it went over
my head – the devices, the techniques, the secrets, the mysteries – and
I knew all the deserted roads that it traveled on, too. I could make it
all connect and move with the current of the day. When I started writing
my own songs, the folk lingo was the only vocabulary that I knew, and I
used it.
But I had something else as well. I had principles and sensibilities and
an informed view of the world. And I had had that for a while. Learned
it all in grammar school. Don Quixote, Ivanhoe, Robinson Crusoe,
Gulliver's Travels, Tale of Two Cities, all the rest – typical grammar
school reading that gave you a way of looking at life, an understanding
of human nature, and a standard to measure things by. I took all that
with me when I started composing lyrics. And the themes from those books
worked their way into many of my songs, either knowingly or
unintentionally. I wanted to write songs unlike anything anybody ever
heard, and these themes were fundamental.
Specific books that have stuck with me ever since I read them way back
in grammar school – I want to tell you about three of them: Moby Dick,
All Quiet on the Western Front and The Odyssey.
Moby Dick is a fascinating book, a book that's filled with scenes of
high drama and dramatic dialogue. The book makes demands on you. The
plot is straightforward. The mysterious Captain Ahab – captain of a ship
called the Pequod – an egomaniac with a peg leg pursuing his nemesis,
the great white whale Moby Dick who took his leg. And he pursues him all
the way from the Atlantic around the tip of Africa and into the Indian
Ocean. He pursues the whale around both sides of the earth. It's an
abstract goal, nothing concrete or definite. He calls Moby the emperor,
sees him as the embodiment of evil. Ahab's got a wife and child back in
Nantucket that he reminisces about now and again. You can anticipate
what will happen.
The ship's crew is made up of men of different races, and any one of
them who sights the whale will be given the reward of a gold coin. A lot
of Zodiac symbols, religious allegory, stereotypes. Ahab encounters
other whaling vessels, presses the captains for details about Moby. Have
they seen him? There's a crazy prophet, Gabriel, on one of the vessels,
and he predicts Ahab's doom. Says Moby is the incarnate of a Shaker god,
and that any dealings with him will lead to disaster. He says that to
Captain Ahab. Another ship's captain – Captain Boomer – he lost an arm
to Moby. But he tolerates that, and he's happy to have survived. He
can't accept Ahab's lust for vengeance.
This book tells how different men react in different ways to the same
experience. A lot of Old Testament, biblical allegory: Gabriel, Rachel,
Jeroboam, Bildah, Elijah. Pagan names as well: Tashtego, Flask, Daggoo,
Fleece, Starbuck, Stubb, Martha's Vineyard. The Pagans are idol
worshippers. Some worship little wax figures, some wooden figures. Some
worship fire. The Pequod is the name of an Indian tribe.
Moby Dick is a seafaring tale. One of the men, the narrator, says, "Call
me Ishmael." Somebody asks him where he's from, and he says, "It's not
down on any map. True places never are." Stubb gives no significance to
anything, says everything is predestined. Ishmael's been on a sailing
ship his entire life. Calls the sailing ships his Harvard and Yale. He
keeps his distance from people.
A typhoon hits the Pequod. Captain Ahab thinks it's a good omen.
Starbuck thinks it's a bad omen, considers killing Ahab. As soon as the
storm ends, a crewmember falls from the ship's mast and drowns,
foreshadowing what's to come. A Quaker pacifist priest, who is actually
a bloodthirsty businessman, tells Flask, "Some men who receive injuries
are led to God, others are led to bitterness."
Everything is mixed in. All the myths: the Judeo Christian bible, Hindu
myths, British legends, Saint George, Perseus, Hercules – they're all
whalers. Greek mythology, the gory business of cutting up a whale. Lots
of facts in this book, geographical knowledge, whale oil – good for
coronation of royalty – noble families in the whaling industry. Whale
oil is used to anoint the kings. History of the whale, phrenology,
classical philosophy, pseudo-scientific theories, justification for
discrimination – everything thrown in and none of it hardly rational.
Highbrow, lowbrow, chasing illusion, chasing death, the great white
whale, white as polar bear, white as a white man, the emperor, the
nemesis, the embodiment of evil. The demented captain who actually lost
his leg years ago trying to attack Moby with a knife.
We see only the surface of things. We can interpret what lies below any
way we see fit. Crewmen walk around on deck listening for mermaids, and
sharks and vultures follow the ship. Reading skulls and faces like you
read a book. Here's a face. I'll put it in front of you. Read it if you
can.
Tashtego says that he died and was reborn. His extra days are a gift. He
wasn't saved by Christ, though, he says he was saved by a fellow man and
a non-Christian at that. He parodies the resurrection.
When Starbuck tells Ahab that he should let bygones be bygones, the
angry captain snaps back, "Speak not to me of blasphemy, man, I'd strike
the sun if it insulted me." Ahab, too, is a poet of eloquence. He says,
"The path to my fixed purpose is laid with iron rails whereon my soul is
grooved to run." Or these lines, "All visible objects are but pasteboard
masks." Quotable poetic phrases that can't be beat.
Finally, Ahab spots Moby, and the harpoons come out. Boats are lowered.
Ahab's harpoon has been baptized in blood. Moby attacks Ahab's boat and
destroys it. Next day, he sights Moby again. Boats are lowered again.
Moby attacks Ahab's boat again. On the third day, another boat goes in.
More religious allegory. He has risen. Moby attacks one more time,
ramming the Pequod and sinking it. Ahab gets tangled up in the harpoon
lines and is thrown out of his boat into a watery grave.
Ishmael survives. He's in the sea floating on a coffin. And that's about
it. That's the whole story. That theme and all that it implies would
work its way into more than a few of my songs.
All Quiet on the Western Front was another book that did. All Quiet on
the Western Front is a horror story. This is a book where you lose your
childhood, your faith in a meaningful world, and your concern for
individuals. You're stuck in a nightmare. Sucked up into a mysterious
whirlpool of death and pain. You're defending yourself from elimination.
You're being wiped off the face of the map. Once upon a time you were an
innocent youth with big dreams about being a concert pianist. Once you
loved life and the world, and now you're shooting it to pieces.
Day after day, the hornets bite you and worms lap your blood. You're a
cornered animal. You don't fit anywhere. The falling rain is monotonous.
There's endless assaults, poison gas, nerve gas, morphine, burning
streams of gasoline, scavenging and scabbing for food, influenza,
typhus, dysentery. Life is breaking down all around you, and the shells
are whistling. This is the lower region of hell. Mud, barbed wire,
rat-filled trenches, rats eating the intestines of dead men, trenches
filled with filth and excrement. Someone shouts, "Hey, you there. Stand
and fight."
Who knows how long this mess will go on? Warfare has no limits. You're
being annihilated, and that leg of yours is bleeding too much. You
killed a man yesterday, and you spoke to his corpse. You told him after
this is over, you'll spend the rest of your life looking after his
family. Who's profiting here? The leaders and the generals gain fame,
and many others profit financially. But you're doing the dirty work. One
of your comrades says, "Wait a minute, where are you going?" And you
say, "Leave me alone, I'll be back in a minute." Then you walk out into
the woods of death hunting for a piece of sausage. You can't see how
anybody in civilian life has any kind of purpose at all. All their
worries, all their desires – you can't comprehend it.
More machine guns rattle, more parts of bodies hanging from wires, more
pieces of arms and legs and skulls where butterflies perch on teeth,
more hideous wounds, pus coming out of every pore, lung wounds, wounds
too big for the body, gas-blowing cadavers, and dead bodies making
retching noises. Death is everywhere. Nothing else is possible. Someone
will kill you and use your dead body for target practice. Boots, too.
They're your prized possession. But soon they'll be on somebody else's
feet.
There's Froggies coming through the trees. Merciless bastards. Your
shells are running out. "It's not fair to come at us again so soon," you
say. One of your companions is laying in the dirt, and you want to take
him to the field hospital. Someone else says, "You might save yourself a
trip." "What do you mean?" "Turn him over, you'll see what I mean."
You wait to hear the news. You don't understand why the war isn't over.
The army is so strapped for replacement troops that they're drafting
young boys who are of little military use, but they're draftin' ‘em
anyway because they're running out of men. Sickness and humiliation have
broken your heart. You were betrayed by your parents, your
schoolmasters, your ministers, and even your own government.
The general with the slowly smoked cigar betrayed you too – turned you
into a thug and a murderer. If you could, you'd put a bullet in his
face. The commander as well. You fantasize that if you had the money,
you'd put up a reward for any man who would take his life by any means
necessary. And if he should lose his life by doing that, then let the
money go to his heirs. The colonel, too, with his caviar and his coffee
– he's another one. Spends all his time in the officers' brothel. You'd
like to see him stoned dead too. More Tommies and Johnnies with their
whack fo' me daddy-o and their whiskey in the jars. You kill twenty of
‘em and twenty more will spring up in their place. It just stinks in
your nostrils.
You've come to despise that older generation that sent you out into this
madness, into this torture chamber. All around you, your comrades are
dying. Dying from abdominal wounds, double amputations, shattered
hipbones, and you think, "I'm only twenty years old, but I'm capable of
killing anybody. Even my father if he came at me."
Yesterday, you tried to save a wounded messenger dog, and somebody
shouted, "Don't be a fool." One Froggy is laying gurgling at your feet.
You stuck him with a dagger in his stomach, but the man still lives. You
know you should finish the job, but you can't. You're on the real iron
cross, and a Roman soldier's putting a sponge of vinegar to your lips.
Months pass by. You go home on leave. You can't communicate with your
father. He said, "You'd be a coward if you don't enlist." Your mother,
too, on your way back out the door, she says, "You be careful of those
French girls now." More madness. You fight for a week or a month, and
you gain ten yards. And then the next month it gets taken back.
All that culture from a thousand years ago, that philosophy, that wisdom
– Plato, Aristotle, Socrates – what happened to it? It should have
prevented this. Your thoughts turn homeward. And once again you're a
schoolboy walking through the tall poplar trees. It's a pleasant memory.
More bombs dropping on you from blimps. You got to get it together now.
You can't even look at anybody for fear of some miscalculable thing that
might happen. The common grave. There are no other possibilities.
Then you notice the cherry blossoms, and you see that nature is
unaffected by all this. Poplar trees, the red butterflies, the fragile
beauty of flowers, the sun – you see how nature is indifferent to it
all. All the violence and suffering of all mankind. Nature doesn't even
notice it.
You're so alone. Then a piece of shrapnel hits the side of your head and
you're dead.
You've been ruled out, crossed out. You've been exterminated. I put this
book down and closed it up. I never wanted to read another war novel
again, and I never did.
Charlie Poole from North Carolina had a song that connected to all this.
It's called "You Ain't Talkin' to Me," and the lyrics go like this:
I saw a sign in a window walking up town one day.
Join the army, see the world is what it had to say.
You'll see exciting places with a jolly crew,
You'll meet interesting people, and learn to kill them too.
Oh you ain't talkin' to me, you ain't talking to me.
I may be crazy and all that, but I got good sense you see.
You ain't talkin' to me, you ain't talkin' to me.
Killin' with a gun don't sound like fun.
You ain't talkin' to me.
The Odyssey is a great book whose themes have worked its way into the
ballads of a lot of songwriters: "Homeward Bound, "Green, Green Grass of
Home," "Home on the Range," and my songs as well.
The Odyssey is a strange, adventurous tale of a grown man trying to get
home after fighting in a war. He's on that long journey home, and it's
filled with traps and pitfalls. He's cursed to wander. He's always
getting carried out to sea, always having close calls. Huge chunks of
boulders rock his boat. He angers people he shouldn't. There's
troublemakers in his crew. Treachery. His men are turned into pigs and
then are turned back into younger, more handsome men. He's always trying
to rescue somebody. He's a travelin' man, but he's making a lot of
stops.
He's stranded on a desert island. He finds deserted caves, and he hides
in them. He meets giants that say, "I'll eat you last." And he escapes
from giants. He's trying to get back home, but he's tossed and turned by
the winds. Restless winds, chilly winds, unfriendly winds. He travels
far, and then he gets blown back.
He's always being warned of things to come. Touching things he's told
not to. There's two roads to take, and they're both bad. Both hazardous.
On one you could drown and on the other you could starve. He goes into
the narrow straits with foaming whirlpools that swallow him. Meets
six-headed monsters with sharp fangs. Thunderbolts strike at him.
Overhanging branches that he makes a leap to reach for to save himself
from a raging river. Goddesses and gods protect him, but some others
want to kill him. He changes identities. He's exhausted. He falls
asleep, and he's woken up by the sound of laughter. He tells his story
to strangers. He's been gone twenty years. He was carried off somewhere
and left there. Drugs have been dropped into his wine. It's been a hard
road to travel.
In a lot of ways, some of these same things have happened to you. You
too have had drugs dropped into your wine. You too have shared a bed
with the wrong woman. You too have been spellbound by magical voices,
sweet voices with strange melodies. You too have come so far and have
been so far blown back. And you've had close calls as well. You have
angered people you should not have. And you too have rambled this
country all around. And you've also felt that ill wind, the one that
blows you no good. And that's still not all of it.
When he gets back home, things aren't any better. Scoundrels have moved
in and are taking advantage of his wife's hospitality. And there's too
many of ‘em. And though he's greater than them all and the best at
everything – best carpenter, best hunter, best expert on animals, best
seaman – his courage won't save him, but his trickery will.
All these stragglers will have to pay for desecrating his palace. He'll
disguise himself as a filthy beggar, and a lowly servant kicks him down
the steps with arrogance and stupidity. The servant's arrogance revolts
him, but he controls his anger. He's one against a hundred, but they'll
all fall, even the strongest. He was nobody. And when it's all said and
done, when he's home at last, he sits with his wife, and he tells her
the stories.
So what does it all mean? Myself and a lot of other songwriters have
been influenced by these very same themes. And they can mean a lot of
different things. If a song moves you, that's all that's important. I
don't have to know what a song means. I've written all kinds of things
into my songs. And I'm not going to worry about it – what it all means.
When Melville put all his old testament, biblical references, scientific
theories, Protestant doctrines, and all that knowledge of the sea and
sailing ships and whales into one story, I don't think he would have
worried about it either – what it all means.
John Donne as well, the poet-priest who lived in the time of
Shakespeare, wrote these words, "The Sestos and Abydos of her breasts.
Not of two lovers, but two loves, the nests." I don't know what it
means, either. But it sounds good. And you want your songs to sound
good.
When Odysseus in The Odyssey visits the famed warrior Achilles in the
underworld – Achilles, who traded a long life full of peace and
contentment for a short one full of honor and glory – tells Odysseus it
was all a mistake. "I just died, that's all." There was no honor. No
immortality. And that if he could, he would choose to go back and be a
lowly slave to a tenant farmer on Earth rather than be what he is – a
king in the land of the dead – that whatever his struggles of life were,
they were preferable to being here in this dead place.
That's what songs are too. Our songs are alive in the land of the
living. But songs are unlike literature. They're meant to be sung, not
read. The words in Shakespeare's plays were meant to be acted on the
stage. Just as lyrics in songs are meant to be sung, not read on a page.
And I hope some of you get the chance to listen to these lyrics the way
they were intended to be heard: in concert or on record or however
people are listening to songs these days. I return once again to Homer,
who says, "Sing in me, oh Muse, and through me tell the story."
(Fonte:
https://www.nobelprize.org/nobel_prizes/literature/laureates/2016/dylan-lecture.html)
|