...I SAID THAT! |
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stesso in 40anni di interviste, dichiarazioni, articoli etc... DECIMA PUNTATA |
"DICONO DI LUI..." Seconda parte |
"In effetti devo ammettere che dopo la nostra brusca separazione non sono stata in grado di ascoltare i dischi di Bob con frequenza, fino adesso." (Joan Baez, 1978) "Quando finalmente ho conosciuto Sara Dylan, parlammo per ore di quei giorni in cui Bob ci tradiva entrambe; le raccontai di quanto lui fosse imprevedibile all' epoca, come quella volta che dopo essere sparito per giorni, all' improvviso si fece vivo con una camicia verde per me in regalo: A quel punto Sara esclamò: -Ah, ecco dove era finita!-" (Joan Baez, 1982) "... Che musica ascoltavi mentre scrivevi Senza Sangue?" - " Nick Cave, Skrjabin, Dylan, Part, il mio umidificatore." (Alessandro Baricco, 28 agosto 2002) "Ricordo che gia' Brel aveva detto cose stupende di Adamo. Come Bob Dylan ha una voce mantrica. Anche se una canzone non e' strepitosa, le loro voci sono cosi' affascinanti e evocative che trasmettono il mistero dell'esistenza." (Franco Battiato, agosto 2002) "Mi piace fare musica da un punto di vista differente rispetto al classico schema canzone. Joni Mitchell mi ha insegnato a farlo. E Bob Dylan. Sta ancora scrivendo le regole di quella che dovrebbe essere una moderna carriera di rockstar. Sono tutte balle quelle che lo vorrebbero soltanto un poeta. Su Blonde on Blonde è come Billie Holiday; odiosamente strano e meraviglioso. Una perfezione di cui essere invidiosi. E' tutto, da Wistling Pete a Lord Byron, da Woody Guthrie a Verlaine." (Jeff Buckley, 1994) "Nella mia carriera ho già interpretato Maggie's farm, un classico. Ma avere addirittura il privilegio di interpretare una canzone inedita di Dylan, un brano che ha cantato in concerto per anni e non ha mai inciso... Bob non regala facilmente una sua canzone, anche per questo sono doppiamente onorato." (Solomon Burke, 2002) "Lo ascolto da sempre, lo studio da anni e quello che riesce ancora a stupirmi è la sua straordinaria capacità di rinnovarsi continuamente, di crescere come autore e come chitarrista" (Massimo Bubola, 2001) "Di lui parlano tutti, ma pochi sono disposti a studiarlo sotto il profilo letterario. Eppure sono convinto che nei suoi confronti si dovrebbe usare lo stesso approccio che per Beckett o Pirandello" (Massimo Bubola, 2001) "Tutte le canzoni di altri autori che mi piacciono veramente sono incredibilmente semplici. Canzoni come Bridge over troubled water o Knockin' on Heaven's door, che sono così sublimi, eppure tanto semplici. Mi piacerebbe davvero essere in grado di scrivere dei testi semplici." (Nick Cave, 1989) "Adoro Bob Dylan, è il mio eroe. Amo tutto quello che fa, tutto di lui... Bob Dylan ha su di me una grande influenza. Penso che sia senza dubbio il migliore autore di versi del rock. Questo è quello che provo per Dylan. E amo il suo atteggiamento nei confronti della vita, sai è così arrabbiato, così acido... se ne fotte di tutti, fa esattamente quello che vuole e se ne fotte se è di moda oppure no, se qualcuno lo capisce." (Nick Cave, 1992) "Quella canzone di Dylan (Death is not the end) mi ha sempre fatto uno strano effetto. Fa un elenco di situazioni spiacevoli e continua a ripetere 'Ricorda che la morte non è la fine'. Per qualche motivo, forse il modo in cui è scritta mi ha fatto sempre pensare che in realtà dica che la vita è una merda e che non c'è scampo neanche con la morte." (Nick Cave, 1995) "E' escluso che tra dieci anni i Nirvana siano ancora sulla scena: la nostra è un'avventura a tempo determinato. Non riesco proprio a immaginare di fare le cose che faccio oggi tra dieci anni: non voglio fare la fine di Eric Clapton o di Bob Dylan..." (Kurt Cobain, Nirvana) "Sono basso, ho il naso camuso... visibilmente ebreo; Bob Dylan no. Bob Dylan è sempre stato esattamente ciò che intendevo per il termine poeta." (Leonard Cohen) "Credo che Dylan sia stato importante come pochi nello sviluppo della cultura, e in questo senso è stato molto importante anche per me" (Leonard Cohen, 1994) "Al di fuori delle sue canzoni, Dylan non ha mai detto frasi memorabili. C'è uno sdoppiamento in lui. Dylan esiste soltanto all'interno dei suoi testi. Tutto il resto sono frasi liberatorie, dette per liberarsi del giornalista, del compagno di strada, del politico occasionale che lo vuole mettere in riga, del mass media o per non andare in televisione. Questa sua libertà nella prateria non s'è lei mai lasciata confiscare da nessuno... Ha cambiato il modo di comunicare tra le persone e le generazioni." (Furio Colombo, 2001) "Quando ci rendemmo conto che potevamo prendere le canzoni di Dylan e trasformarle alla maniera di Roger (McGuinn), ne facemmo tantissime." (David Crosby, 1995) "Dylan? Qualcosa simile ad uno choc, una rivelazione. Tutto mi sembrava nuovo, coraggioso, addirittura di sinistra." (Lucio Dalla) "Dylan l' ho tradotto, ed è un ottimo poeta. Mi piace come mi piacciono Ginsberg e Corso, ma con qualcosa in più: mentre gli altri due si rifanno alla tradizione hippy, Bob Dylan si rifà alla Bibbia, è più profeta che poeta, quindi mi affascina di più. Forse ho scoperto attraverso di lui la sintesi tra musica e parole. Di lui mi piacciono almeno una cinquantina di canzoni, la sua è poesia e non musica di consumo, lo si è dimostrato nel momento in cui il pubblico lo ha estromesso dal mercato." (Fabrizio De André, 1984) "Quando collaboravo con De Gregori e Massimo Bubola, mi hanno convinto loro a tradurre Dylan. Il mio Dylan si chiamava George Brassens; il folk americano, Dylan e la Baez li ho conosciuti dopo negli anni settanta" (Fabrizio De André, 1995) "I miei poeti preferiti sono i cantanti che non solo ho ascoltato ma anche letto, come Bob Dylan e Leonard Cohen." (Cristina Dona', 1997) "Ascolto Dylan, tanto e tutto Dylan da "John Wesley Harding" a "Pat Garret & Billy the Kid" e... quello che mi capita a tiro del vecchio guru d'America" (Marino Severini, The Gang, dicembre 2000) "Si può fare arte con un Juke-box? Bene, Dylan ha dimostrato che è possibile" (Allen Ginsberg, 1968) "Se Dylan si è venduto si è venduto a Dio." (Allen Ginsberg, 1968) "Dopo aver piazzato la mia prima canzone mi chiesero di scriverne altre, e per spingermi ad avere qualche punto di riferimento mi regalarono una copia dell' album "The freewheelin' Bob Dylan". I miei amici americani del Dickinson college di Bologna mi avevano già parlato di lui, e conoscendolo finii praticamente col dimenticarmi di Brel, Brassens e tutti gli chansonnier francesi che ci sembravano il massimo. In un solo mese scrissi tre canzoni: "Noi non ci saremo", "Auschwitz", "E' dall' amore che nasce l' uomo", tutte figlie del verbo dylaniano." (Francesco Guccini, 1998) "Gli estremi sono importanti per me. E' il tipo di strada che mi piace seguire musicalmente. Non sempre ci riesco, ma in Highway 61 Revisited sì. L'ho registrata per un album tributo a Dylan e devo ammettere che è perfetta. Le parole della canzone sono affascinanti e poi lavorano per estremi, come se fosse il montaggio di un film, andando dal quasi biblico alla sensibilità moderna." (P. J. Harvey) "Mia madre mi ha fatto ascoltare alcune vecchie interviste a Bob Dylan. Era veramente abile nel gestire il rapporto con il giornalista. Quando ci provo io, mi faccio scoprire subito." (P. J. Harvey, aprile 1995) "Inoltre con il tempo cresce sempre di più la mia ammirazione per songwriter come Bob Dylan e Neil Young, la cui genialità si sviluppa intorno al potere della canzone." (P. J. Harvey, 2000) "Mi paragonano a lei (Patti Smith n.d.r.) perchè è il prototipo eclatante del songwriting al femminile, ma le mie muse restano Dylan e Young." (P. J. Harvey, 2000) "Se mi chiedi di pensare a un grande disco, mi vengono in mente Astral weeks (Van Morrison) o Blood on the tracks (Bob Dylan), quella è la memoria materiale contenente ciò che io considero il senso della musica e che è il mio senso musicale. Quelli sono i miei termini di paragone per dire cosa è grande e cosa no e sono una specie di punto di riferimento per spingermi a lavoare sempre più duramente nel tentativo di raggiungere quel livello di ispirazione." (Mark Lanegan, 2002) "Sono il più grande fan di Bob Dylan al mondo, ascolto i suoi dischi da quando avevo undici anni." (John Mellencamp, 1999) "Bob Dylan ha influenzato assolutamente tutto." (Tom Petty, 1992) "Prendi Dylan: sono sicuro che conosce pochissimi accordi eppure la sua esecuzione ha qualcosa di speciale, di riconoscibile. Ci sono degli errori che sono diventati parte del suo suono." (Chuck Prophet, già dei Green on Red) "Per la prima volta introdusse l'elemento civile nelle canzoni. E' lui che ha creato la canzone civile, parlando anche della guerra nucleare." (Fernanda Pivano, 2001) "Dylan mi fa venire i nervi: se ti trovi ad un party con lui vorresti che se ne stesse zitto." (Lou Reed, 1973) "Se mi chiedessero quali sono i personaggi a cui mi sento più legato oggi risponderei Johnny Cash, Bob Dylan ..." (Stan Ridgway, 2000) "Per me Dylan era la quintessenza del rock'n'roll. Ho cominciato ad ascoltarlo a metà dei sessanta, quindi non l' ho mai considerato un cantautore o un poeta folk; per me lui era rock, elettricità, movimento, e anche bastardo. Quando l' ho conosciuto, nel '75, gli dissi: -Tu adesso canti "Hurricane", canti di un pugile, di un combattente: e allora perché lo fai standotene così impalato?- Rispose: -Perché altrimenti direbbero che ti sto copiando- E io replicai: -Che ti importa? Sono dieci anni che tutti mi dicono che copio te!- A quel punto lui si mise a ridere" (Patty Smith) "Come Elvis ci ha liberato il corpo, Bob Dylan ci ha liberato la mente." (Bruce Springsteen, 1985) "Quando stavo cercando di capire cosa avrei voluto fare nella vita, ascoltavo Bob Dylan e James Brown. Loro erano i miei idoli musicali" (Tom Waits, 1999) A proposito di "The Basement tapes" - "Difficile dire su Dylan qualcosa che non sia già stato detto, e magari dirlo anche meglio. Basterà forse ribadire che Dylan è un pianeta ancora inesplorato. Per un cantautore lui è indispensabile almeno quanto lo sono per un falegname chiodi, martello e sega. Per me sono importanti anche i fruscii dei suoi bootleg degli anni Sessanta e Settanta. Dylan vive nell'essenza delle sue canzoni. Viva i Basement tapes." (Tom Waits, 2002) "Non ho scelto il nome di mio padre per comodità. Dylan è proprio il cognome che è registrato sul mio passaporto." (Jakob Dylan, Wallflowers, 2002) "Blood on the tracks - un tempo avrei nominato Blonde on blonde, ma ora che sono più vecchio questo disco ha acquistato un senso che non aveva mai avuto prima. Allo stesso modo, un giorno nel futuro potrei cambiare nuovamente la mia scelta a favore di Time out of mind. Una testimonianza dell'atemporalità di Bob Dylan" (Steve Wynn, 2001) "Mi ricordo che ogni volta che usciva un nuovo album dei Beatles o di Dylan, si sapeva che erano al di sopra degli altri. Facevano sempre qualcos'altro, qualcosa di nuovo; spostavano il limite." (Neil Young, 1979) |
A proposito di "When the ship Comes in", ispirata a "Jenny dei pirati" di Brecht:
Suze Rotolo: "Il mio interesse per Brecht costituì certamente un'influenza
per Bob. Stavo lavorando per il Circle in the Square Theatre, ed egli veniva a
sentire tutte le nostre rappresentazioni. Rimase molto colpito dalla canzone per
la quale è divenuta famosa Lotte Lenya, Jenny dei Pirati". (1964)
1964
A proposito di "The house of the rising sun" degli
Animals:
Eric Burdon (degli Animals): "Bene, sembra che un giorno
Dylan stesse andando in auto da New Orleans o giù di lì a San Francisco, quando
sentì il nostro pezzo alla radio ("House of the rising sun" versione degli
Animals). Quando venne annunciato egli disse a Joan Baez che era con lui in quel
momento: "Questa versione non l'avevo mai sentita, sebbene la canzone fosse
allora al primo posto in classifica negli Stati Uniti. Insomma, ascoltò la
canzone, fermò l'auto, ne fece cinque volte il giro, battè la testa contro il
paraurti e cominciò a saltare qua e là urlando: "Grande! Grande!".
Dylanmania!
Antea Joseph:
"Era il maggio del 1964 e stavamo uscendo dalla porta di servizio della Royal
Festival Hall - penso che questo dia la misura del fatto che nessuno si rendeva
conto di che star Dylan fosse - per prendere un taxi che ci portasse a cena in
un ristorante indiano. La CBS si era pressochè disinteressata del concerto, anzi
penso che proprio non fosse intervenuto nessuno della casa discografica.
Insomma, Bob uscì prima di me, che lo seguivo in compagnia di Albert Grossman, e
si ritrovò letteralmente sommerso da una marea umana che gli si aggrappò ai
vestiti, e persino ai capelli. Ne fu terrorizzato! Albert ed io, essendo
entrambi abbastanza alti e robusti, ci facemmo largo nella calca e lo
trascinammo via, riportandolo dentro... Fu una cosa del tutto inaspettata...
Voglio dire, cose del genere accadevano alle pop star, non ai cantautori".
Ballad in plain d
1964
Joan Baez:
"Bobby invitò me, mia sorella Mimi e suo marito Dick Farina nella casa,
momentaneamente libera, che Albert Grossman possedeva a Woodstock, nello Stato
di New York... Bob aveva una moto Triumph di 350 cc di cilindrata, che io
guidavo nei boschi e sulle strade, talvolta con lui dietro di me sul sedile. Per
quasi tutto il tempo che rimanemmo là, Bob se ne
rimase in un angolo seduto
davanti a una macchina per scrivere, a bere, fumare e a battere incessantemente
a macchina per ore e ore. Ogni tanto, nel bel mezzo della notte, si svegliava,
grugniva, prendeva una sigaretta e, barcollando, si andava nuovamente a sedere
alla macchina per scrivere. Produceva canzoni con la velocità di una
telescrivente, e io gliele rubavo con la stessa rapidità con la quale lui le
scriveva".
1964 |
A proposito delle registrazioni di
"Bringing it all back home"
Daniel Kramer: "Fu ovvio sin
dall'inizio che stava accadendo qualcosa di eccitante, e gran parte di quel
qualcosa accadde in maniera spontanea. Quando riascoltamrno la registrazione di
Maggie's Farm, fummo pervasi da un senso di gioia; si trattava di una cosa che
non suscitava dubbi: aveva ritmo, era allegra, era buona musica e, soprattutto,
era Dylan. I musicisti ne erano entusiasti; ogni volta che sorgeva un problema,
si riunivano immediatamente per parlarne e cercare di risolverlo subito. Dylan
rimbalzava da uno all'altro, spiegando a ognuno cosa desiderava da lui con
chiarezza, spesso illustrando le proprie idee al piano, finchè, come in un
gigantesco puzzle, tutti i pezzi combaciavano e la figura emergeva nella sua
interezza. Dylan lavorava come un pittore che versasse su di una gigantesca tela
i colori fornitigli dai musicisti, aggiungendo profondità e dimensione al lavoro
complessivo. Gran parte delle canzoni vennero realizzate con facilità, e spesso
erano necessarie solo tre o quattro
take prima che potessero essere
accettate come buone; in certi casi, la prima versione di un brano finiva per
suonare in modo completamente differente da quella finale, perchè il materiale
veniva suonato a un ritmo diverso, e forse anche la scelta degli accordi era
differente, e gli assolo venivano riarrangiati... Il suo metodo di lavoro, la
sicurezza da lui dimostrata nel sapere cosa desiderava mantenne le cose sempre
in movimento; riascoltava le canzoni in cabina di regia, discuteva un po' con
Tom Wilson, il produttore, e quindi passava al brano successivo. Se provava
qualcosa che sembrava non andare bene, la metteva da parte per un'altra session.
In questo modo le cose non ristagnarono mai - le tenne sempre in fermento".
Don't look back
D.A. Pennebaker: Grossman e Dylan ci avevano avvicinato perchè sua moglie
Sara aveva lavora to con noi a Life. Avevo lavorato con lei per circa un anno e
mezzo e pertanto la conoscevo piuttosto bene. Albert disse: Il mio cliente sta
per andare in Inghilterra; le interessa venire con noi e realizzare un film su
di lui? Risposi: Ma certo... Penso che Dylan avesse una mentalità a dir poco
dilettantesca a proposito dell'intera operazione. Aveva intenzione di fare le
cose in maniera totalmente differente da come erano state fatte... rifare tutto
in modo completamente nuovo, senza però avere idea di come farlo
Anthea Joseph: "Penso che avesse sempre intorno troppa gente... La
differenza era straordinaria... quando era solo con noi sembrava sentirsi
perfettamente a proprio agio, rilassato e tranquillo. Una volta però che il
posto si era riempito di gente, cambiava marcia, e diventava un personaggio
pubblico; di tanto in tanto, però, spariva, e allora lo trovavi intento a
battere sui tasti della propria macchina per scrivere".
Newport 1965
Joe
Boyd: "A Newport, Dylan era atteso con trepidazione perfino eccessiva - la gente
continuava a chiedere: "Non è arrivato, ancora? Quando arriva?" - e invece del
personaggio in blue jeans e camicia da lavoro che era arrivato nel 1964 per
interpretare il ruolo del Pifferaio Magico, eccotelo arrivare in compagnia di
Bob Neuwirth e Al Kooper... in camicia a pallini con le maniche a sbuffo e
occhiali da sole... Un'immagine molto, molto diversa. Avevano preso alloggio in
un lussuoso hotel appena fuori città, e si comportavano come un clan, tenendo
alla larga gli altri".
"La folla che circondava il Seminario dei Cantautori
era talmente grande che stava inondando anche gli altri seminari. La gente si
lamentava, e chiedeva a gran voce che venisse alzato il volume a Dylan a
discapito degli altri seminari: una cosa che andava contro a quello che si
supponeva fosse lo spirito del festival... Grossman divenne il bersaglio
dell'ostilità degli organizzatori, ai quali, peraltro, non era mai stato molto
simpatico: era sempre stato ritenuto, per così dire, uno dei mercanti che
profanavano il tempio, e non un sacerdote. Grossman, da parte sua, si comportava
in maniera arrogante, soprattutto ora che Dylan era
tanto famoso; cioè, era
molto calmo, ma il suo modo di essere calmo faceva girare le palle a più di una
persona".
"Peter Yarrow aveva esercitato un sacco di pressioni perchè la
Butterfield Blues Band venisse inserita nel programma, un'idea alla quale Lomax
si era tenacemente opposto sin dall'inizio. Sembrava avercela con Butterfield,
anzi, contro qualunque bianco
osasse suonare blues... In ogni caso, Lomax
venne costretto a inserire la band in cartellone, e quando salì sul palco per
presentarli, rivolse al pubblico un discorsetto nel quale trattò la band con
molta sufficienza.. Quando la band attaccò la propria esibizione, Lomax scese
dal palcoe venne affrontato da Grossman, il quale glie ne disse quattro a
proposito della presentazione che Lomax aveva appena fatto al gruppo... Una
parola tirò l'altra, ed ecco che dopo un po' i due, nessuno dei quali era quello
che si può definire un mingherlino, cominciarono a darsele di santa ragione,
rotolandosi addirittura per terra. Dovettero separarli, altrimenti chissà quanto
avrebbero continuato... Lomax indisse immediatamente una riunione d' emergenza
del
comitato organizzatore... che quella sera stessa votò per
l'allontanamento di Grossman dal terreno ove si svolgeva il festival. George
Wein, che era un consigliere senza diritto di voto del comitato organizzatore,
si fece avanti e disse: Guardate, io non ho diritto di voto, perciò la scelta
spetta a voi, ma una cosa vi dico, che se mandate via Grossman, state pronti a
vedere andar via anche Dylan, Peter, Paul & Mary e Buffy Saint-Marie!
...Pertanto, il comitato organizzatore ritirò il provvedimento di allontanamento
emanato a carico di Grossman, ma la cosa non servì certo a far diminuire la
tensione".
Michael Bloomfield: "C' eravamo tutti, a Newport: io, Kooper, Barry Goldberg, e questo negro Jerome, che suonava il basso ...era lui quello che incasinava più di tutti le cose. Eravamo tutti in una stanza, e c'era Odetta a vederci, e Mary Travers, e quello che suonavamo faceva veramente schifo, finchè non venne l' ora di salire sul palco e io e Barry dovemmo andare a vomitare nei cessi pubblici".
Joe Boyd: "Tra la fine del concerto di Domenica pomeriggio e l'inizio del set
della Butterfield Blues Band, previsto per quella sera, c' erano due ore di
tempo... pertanto, facemmo sgombrare la zona e facemmo il nostro soundcheck.
Sapevamo che Dylan voleva suonare qualcosa assieme ad altri musicisti, ed era
ovvio che un soundcheck fosse necessario...
Avevamo preso la precauzione di
far fare a quasi tutti gli altri artisti che si sarebbero esibiti la Domenica
sera il proprio soundcheck al mattino... Non avevamo sentito Dylan, ma avevamo
fatto in modo di lasciargli a disposizione questo intervallo di tempo... Egli
aveva intenzione di esibirsi con la Butterfield Blues Band e Al Kooper
all'organo. Sistemammo il palco come volevano loro, che poi era il modo in cui
andava comunque sistemato per la Butterfield Blues Band. Cominciarono a suonare,
e fin dalle prime note fu chiaro che erano grandi! Tutti ci rendemmo conto che
la loro esibizione avrebbe rappresentato qualcosa di significativo... Dissi
loro: Quante canzoni avete intenzione di suonare ? Loro - Butterfield,
Bloomfield e Dylan - si guardarono l'un l'altro e risposero: Be', ne abbiamo
pronte solo tre, perciò tante ne faremo".
Pete Seeger:
"Non fu un vero soundcheck. Armeggiarono un po' con i loro strumenti, e l'unica
cosa che sembravano volere era più volume - continuavano a ripeterlo!".
Liam Clancy: "Quell'anno, filmai l'intero festival; ero posizionato in cima a una piattaforma alta tre metri e mezzo circa, e avevo un tele obiettivo, in modo da poter zoomare sul palco. Quando Dylan salì sul palco, fu subito chiaro che era fatto: barcollava qua e là per il palco con una camminata alla Chaplin!".
Joe Boyd: "Dylan non salì sul palco alla fine della serata, ma a metà circa,
il penultimo a esibirsi prima dell'intervallo: erano le 21:15 circa. Io ero
salito sul palco prima di lui, per sistemare gli amplificatori ai giusti
livelli, e insieme a Rotschild avevamo preparato tutto a puntino; quando
attaccarono le prime note di Maggie's Farm... Be', diciamo che per gli standard
di oggi il volume non era quella gran cosa, ma per quei tempi era quanto di più
fragoroso chiunque avesse mai sentito. Il volume. Fu tutta questione di volume.
Non fu soltanto la musica, non fu solo il fatto di essere salito sul palco
accompagnato da una band elettrica... Era stato fatto di tutto perche fosse
Rotschild a mixare l'esibizione, e non qualche sconosciuto tecnico del suono che
aggeggiasse con i controlli fino a fare raggiungere al sound il bilanciamento
necessario, ammesso che ci riuscisse... Insomma, con Rotschild non c'era il
pericolo che venisse fuori un brutto mixaggio, e infatti non fu così: si trattò
di un concerto di rock 'n' roll dal sound poderoso, con le palle, e mixato da
mani esperte. Non appena ebbi messo a posto le cose sul palco, corsi verso il
settore riservato alla stampa, cioè di fronte al palco, poi di fianco al palco,
sempre pensando Grandioso! Mentre mi stavo godendo il concerto, qualcuno mi
prese per un braccio, e mi disse: Sarà meglio che tu vada nel backstage, c' è
qualcuno che ti
vuole parlare. Così feci, e mi trovai davanti Seeger, Lomax
e, penso, Theodore Bikel, o qualcun altro, che mi dissero: Il volume è troppo
alto! Dovete abbassarlo! È una cosa insopportabile! Erano incazzati, ma
incazzati neri. Io risposi: Non sono io il responsabile del sound, il mixer è là
in mezzo al pubblico. Così, Lomax chiese: Come faccio ad arrivare fin là?
Dimmelo, ci vado io. Risposi: Be', Alan, puoi andare fino infondo - sono solo
ottocento metri - poi spostarti verso il centro, mostrare il tuo distintivo
all'ingresso e passare per il corridoio centrale, fino al mixer. Lui replicò:
Come, non c' è un modo più veloce? Risposi: Bè puoi sempre scavalcare la
staccionata, dando contemporaneamente un'occhiata al suo panzone! Lui disse:
Ascolta, vacci tu: puoi farcela meglio di me. Vai là e gli dici che il comitato
organizzatore gli ordina di abbassare il volume. Accettai, e scavalcai la
staccionata in un punto in cui tutti, salendo sopra una scatola, avrebbero
potuto passarvi sopra. Quando arrivai là, penso che fossimo ormai giunti
all'inizio del secondo brano, e c'erano Grossman, Neuwirth, Yarrow e Rotschild
tutti seduti attorno al banco del mixer, con un sorriso che andava da un
orecchio all'altro, visibilmente soddisfatti di se stessi, mentre intanto il
pubblico stava dando fuori di testa... C' era persino gente che litigava, perche
c' era chi fischiava e chi invece applaudiva fino a spellarsi le mani... Io
riferii il messaggio di Lomax, e Peter Yarrow disse: Di' ad Alan Lomax di andare
a fare in culo, accompagnando la frase con un gesto inequivocabile. Io risposi:
Dài, Peter, non mettermi nei casini! Allora egli disse: Bè di' ad Alan Lomax che
il comitato organizzatore del festival è più che adeguatamente rappresentato qua
al banco del mixer, che abbiamo tutto perfettamente sotto controllo e che
riteniamo che i livelli sonori siano perfetti. Così, tornai indietro, scavalcai
di nuovo la staccionata e, giunto a destinazione, tutto quello che riuscii a
vedere di Pete Seeger fu la sua schiena che scompariva in
distanza lungo la
strada che oltrepassava il parcheggio... Venni nuovamente affrontato da Lomax e
Bikel, schiumanti di rabbia, ai quali riferii il messaggio di Yarrow; loro si
limitarono a imprecare e a digrignare i denti, anche perchè, ormai, l'esibizione
era quasi terminata".
Al Kooper: "Accadde che, in Maggie's Farm, sbagliammo
a entrare, e così il battere cadde, anzichè sulla seconda e sulla quarta
battuta, sulla prima e sulla terza. Sono cose che accadono, si sa, ma quando
accadono di solito succede un disastro, e così fu... Io mi persi del tutto".
Al Kooper: "Non c'era dubbio, il pubblico stava fischiando, ma solo perchè
l'esibizione era stata troppo breve, solo tre canzoni... La gente aveva pagato
un sacco di soldi, e penso che a nessuno fregasse alcunche degli altri artisti
che erano in programma. Erano venuti per vedere Dylan, ed egli aveva suonato
solo tre canzoni, quando uno come Son House aveva suonato per quarantacinque
minuti... Like a Rolling Stone era al primo posto in classifica, allora, o giù
di lì, per cui non so cosa la gente si aspettasse di sentire -Who Killed Davey
Moore, forse? Al festival, però c'era stata una gran polemica riguardo al fatto
che fosse stato concesso a qualcuno di esibirsi con degli strumenti elettrici, e
penso che chi non approvava questa cosa
si fosse mischiato a quelli che
protestavano per l'eccessiva brevità del set".
Bob Dylan: " Avevo fatto una cosa folle. Non sapevo cosa sarebbe accaduto, ma per certo so che ci fischiarono. Si potevano sentire fischi ovunque" [1965].
Joe Boyd: "Dopo l'intervallo, per qualche ragione il programma perse colpi, e sul palco salì ogni sorta di vecchio, stanco, finito, barboso scoreggione comunista si potesse immaginare - gente come Ronnie Gilbert, Oscar Brand, Josh White, che allora era veramente alla frutta, Theodore Bikel - finchè la serata non venne conclusa da Peter, Paul & Mary. Se ci fu una lezione da imparare, qualla sera, fu che tutta quella gente era finita, e che le cose avevano preso veramente un nuovo corso...".
1966
A proposito del successo di Dylan
Phil Ochs: C'è ora qualcosa di molto pericoloso di estremamente spaventoso
in tutta questa cosa. Dylan rappresentava un elemento di distruzione. Dyan sale
su un palco e canta grandi pensieri e grande poesia a chiunque e quando dico
chiunque intendo anche i pazzi gli immaturi gli appartenenti al
sottoproletariato urbano e le persone che non hanno il controllo delle prorprie
azioni. Dylan costringe tutti ad ascoltare perchè la qualità del suo lavoro è
veramente alta ed egli possiede grandi doti di comunicativa. Mi chiedo cosa
accadrà. Non so se Dylan da adesso a un anno sarà più in grado di salire su di
un palco ma credo proprio di no. Voglio dire: il fenomeno Dylan sarà diventato
talmente grande che sarà pericoloso farlo E' penetrato nella mente di tante
persone ma l'America è piena di gente che non ha il cervello a posto e la morte
è diventata parte integrante della società americana al giorno d'oggi"
Phil Ochs: "Ebbi una violenta lite con Dylan. Era solito frequentare il
Kettle of Fish, e teneva sempre un atteggiamento super-arrogante. Aveva
l'abitudine di fare una classifica di tutti gli altri scrittori, a seconda della
loro bravura. Per esempio, diceva a Eric Andersen che non era un vero scrittore,
o a me che non ero uno scrittore ma un giornalista e non avrei
nemmeno
dovuto provare a scrivere. Se ne partiva in queste lunghe, fantasiose tirate
nelle quali ci diceva che nessuno di noi era uno scrittore, solo lui lo era. Il
che, ammetto, da un punto di vista strettamente estetico era vero: era il
migliore di tutti noi. Ad ogni modo, un giorno si stava facendo fotografare da
Jerry Schatzberg, e ci stava facendo ascoltare uno dei suoi nuovi singoli.
Andava chiedendo a tutti cosa ne pensassimo, e quando toccò a me risposi che non
mi piaceva. Lui disse: Che significa, non ti piace ? Io risposi: Bè non vale
quanto le tue cose più vecchie, e da un punto di vista commerciale non penso che
venderà molto. Eravamo tutti in una limousine, e Dylan mi ordinò di scendere
dall'auto. Scesi".
A proposito di Edie
Sedgwick
Paul Morrissey: "La sua relazione con Dylan venne
fuori una sera in cui vedemmo Edie al Ginger Man. Ella ci disse che non voleva
più che Andy Warhol - di cui era intima amica - mostrasse i suoi film... Ci
disse di avere firmato un contratto con Albert Grossman, il manager di Dylan...
Dylan le telefonava frequentemente per invitarla a uscire con lui, dicendole di
non riferire a Andy o a chiunque altro che loro due si vedevano. La invitò a
Woodstock, e le disse che Grossman sperava di riuscire a metterla insieme a lui.
Avrebbe potuto essere la sua primadonna... Lei, convinta da Dylan, firmò un
contratto con Grossman... Disse: Faranno un film, e pare che io ne sarò la
protagonista assieme a Bobby. Improvvisamente, fu tutto un Bobby di qui, Bobby
di là, finche non ci rendemmo conto che aveva una cotta per lui... A un certo
punto, Andy non resistette più e le disse: Edie, lo sai che Bob Dylan è sposato?
Lei impallidì. Cosa? - disse - Non ci credo".
Gerard Malanga: "Fu dopo che Edie ebbe lasciato Andy Warhol e si fu legata a Dylan, cominciando quindi a farsi passare in giro di mano in mano, per così dire, che iniziò a fare uso di droghe pesanti... Probabilmente, non è vero che fu il gruppo di Dylan responsabile per la misera fine di Edie, ma certamente le dette una mano a rovinarsi".
D.A. Pennebaker: "Non so che razza di roba ingurgitassero lui e Robbie, ma, qualunque cosa fosse, li rendeva irascibili e parecchio strani. Lui sembrava non dormire mai, e dopo un po' io cominciai a non poterne più". (1966)
Adrian Rawlins: "Bob Dylan entrò nell'albergo. A quel
tempo, le sue entrate erano una cosa che aveva una ben precisa coreografia, come
l'ingresso in campo di una squadra per la finale del campionato. Continuava a
ballare qua e là, e sembrava non riuscire a stare fermo - scuoteva la testa,
strascicava i piedi... Mi disse che lui e Robbie Robertson avevano fatto
un
giro in auto per Melboume alla mia ricerca.
Dove sei stato ? disse. Dài, vieni su, facciamo quattro chiacchiere. Poi roteò
su se stesso e disse: Tu, tu, tu e tu, potete venire anche voi. Che
situazione... Andammo su nella sua suite, ordinammo Coca Cola e tè e
chiacchierammo dalle due di notte fino alle sette e mezza del mattino seguente".
(1966)
Rosemary Gerrette: "Rimasi alzata tutta notte assieme al gruppo... Erano in procinto di partire per Stoccolma, dove avrebbero tenuto un concerto. Stavano cercando di accumulare quanto più sonno possibile, in modo da passare dormendo le ventisette ore di volo che sarebbero state loro necessarie per arrivare in Europa, e così io ebbi modo di assistere a una seduta di composizione. Tazze di tè a non finire; nessuno del gruppo beve alcoolici. Accadono varie cose, ed ecco nate sei nuove canzoni. I testi sembravano essere già stati scritti. Dylan dice: Immagina un po' uno di questi tipi che viene giù per la collina all'alba, con un corno. Molto elisabettiano, capisci? Con le giarrettiere. Lui e il chitarrista elaborano una canzone, e i piedi di Dylan continuano a battere il ritmo, anche quando questo è soltanto nella sua mente. Arrivano le sei del mattino, e lui mi chiede se mi sento stanca. Dopo ci suona una melodia, molto speciale. Non la registrerò mai, ne la farò mai uscire; l'ho scritta per questa stravagante ragazza. Eravamo seduti su dei materassi, posti sul pavimento... per circa due ore, io le ho parlato con la mia chitarra, e lei mi ha capito... ovviamente, come la sto suonando ora non è come l'ho suonata a lei, perchè allora aveva un significato, per me, e ora non più". (1966)
Garth Hudson: "Facevamo sette, otto, dieci, a volte persino quindici canzoni al giorno. Alcune erano vecchie ballate e traditional, altre cose scritte in precedenza da Bob e Richard (Manuel), ma altre erano canzoni che Bob inventava lì per lì mentre suonavamo... Sign on the Cross sarebbe stata una canzone davvero buona, ma Bob non la completò mai. Suonavamo la melodia, lui cantava qualche parola che aveva scritto, poi ne inventava qualche altra, oppure modulava semplicemente un motivo o delle sillabe. Un bel modo, per comporre canzoni... ".
Robbie Robertson: "Quando ci sentivamo ispirati, andavamo in cantina e mettevamo qualcosa su nastro; alla fine, ci ritrovammo con una bella raccolta di canzoni, non c' è che dire. Non si trattava però di registrazioni fatte in modo professionale, perchè avevamo soltanto un piccolo registratore a nastri".
Richard Manuel: " Arrivò in cantina con un foglio di carta scritto a macchina, e disse: Avete qualche idea per mettere in musica questo? Io avevo pronti un paio di movimenti musicali che sembravano calzare a pennello... per cui mi limitai a elaborarli un po', perchè non ero sicuro di cosa volesse significare il testo. Voglio dire, non potevo andare da Bob e dirgli: Ascolta, cosa vuoi dire "Ora il cuore è pieno d'oro quasi fosse una borsa?".
Bibbia |
Beattie Zimmerman: "Ancora oggi, nella sua casa di Woodstock, c'è un'enorme Bibbia appoggiata a un leggìo proprio nel mezzo del suo studio. Di tutti i libri dei quali è piena zeppa quella casa, è quella Bibbia a ricevere la maggiore attenzione. La consulta in continuazione, alla ricerca di qualche riferimento" (1968)
|
George Harrison: "Dylan era guarito dall'infortunio al collo, ed era divenuto
un tipo molto tranquillo, che, in ogni caso, sembrava parecchio schivo... ecco
che impressione mi fece quando andai a trovarlo a Woodstock. Per un paio di
giorni, quasi non aprì bocca".
Elliot
Landy: "Non parla molto, preferisce ascoltare. Ha bisogno della gente, sai, e di
scoprire cosa accade... Un lato negativo della questione è che, a volte, non c'è
verso di cavargli di bocca una risposta sensata".
Happy Traum: "Non concedeva interviste, nel modo più assoluto. In effetti,
l'incidente l' aveva cambiato a un punto tale che era divenuto un uomo
religioso, un buon padre di famiglia: aveva perfino smesso di fumare. Insomma,
la sua personalità aveva subito un cambiamento radicale... Poi, un giorno,
semplicemente, mi disse: Perche non facciamo un'intervista per Sing Out?
...Chiamai così John Cohen, ed egli venne, rimase ospite per qualche tempo a
casa mia e si incontrò con Dylan. Per quasi tutto il tempo che durò
l'intervista, io me ne rimasi seduto ad ascoltare senza dire nulla. Lasciai che
fosse John a condurla, perchè era un tipo in gamba, e aveva un punto di vista
molto specifico; era un musicista, ma anche un artista, un pittore, un
fotografo. Poi però, all'incirca a tre quarti dell'intervista - la quale, mi
pare, si svolse in due parti separate - cominciai a rendermi conto che John ci
andava troppo piano con Bob, e non sembrava pressarlo su nessun argomento...
sembrava essere intimidito dal
fatto di stare conducendo un'intervista con
Dylan. Non lo metteva sotto pressione, e non lo incalzava con le domande. Io,
invece, mi rendevo conto che, perche l' intervista potesse risultare valida,
aveva bisogno di un po' di vita, di un pizzico di polemica... Allora - sto
parlando del 1968, ricorda - si faceva un gran parlare del suo abbandono della
politica, e del fatto che
non cantasse più canzoni impegnate; scriveva
soltanto canzoni d'amore, e aveva fatto alcune affermazioni riguardanti il fatto
che ormai aveva chiuso con la politica, non ne era più interessato, o qualcosa
del genere. Io, invece, pensavo che fosse importante riuscire a tirargli fuori
qualche risposta più specifica, qualcosa riguardante le sue idee in fatto di
politica, perchè era quello che la gente voleva sapere... Allora la guerra del
Vietnam era in pieno svolgimento, tutti ne eravamo sconvolti, e io volevo
veramente che lui si esprimesse in proposito. Insomma, cercai in tutti i modi di
convincere Bob a dire una volta per tutte da che parte
stava; invece, non ci
fu verso: continuava a parlare di questo tagliapietre che conosceva".
Elliot
Landy: "Woodstock è un posto che può essere paragonato a un utero. Là tutto è
speciale... è un posto dove ci sono grandi opportunità di crescita spirituale, e
la gente che vi si reca si trasforma, se vi risiede abbastanza a lungo. Anche
Dylan stava subendo questa trasformazione, penso... Stava imparando a conoscere
l'amore, e imparando a sentire amore, a esprimerlo e averne esperienza in modo
familiare. Ecco qual era l'essenza di Nashville Skyline - musica molto
introspettiva, molto ispirata al country, una specie di luogo di rifugio".
Dylan pittore
Elliot
Landy: Mi ricordo di avere visto un sacco dei suoi dipinti. Ho visto l'originale
di quello che apparve sulla copertina di Music From Big Pink, ed era
incredibile. Sulla copertina dell'album, fa un effetto molto inferiore... I suoi
dipinti erano davvero belli, e i suoi disegni mi ricordavano Van Gogh; voglio
dire, la mano è molto, molto simile. Aveva cominciato a dipingere quando stava a
Byrdcliffe, dove aveva un vicino di casa pittore il quale gli aveva insegnato i
primi rudimenti dell'arte. Ecco cosa si fa a Woodstock... È nell'aria".
I singoli
Clive Davis:
"La nostra maggiore fonte di problemi erano i singoli. Bob aveva sempre detto
che potevo fare di testa mia, eppure rimaneva invariabilmente sorpreso dalle
scelte da me operate, scelte che talvolta bocciò. Non gli importava dei singoli,
diceva, e non pensava che la radio AM fosse poi così importante. Nessuno dei
suoi amici la ascoltava".
Ebraismo |
Harold Leventhal: "Dopo la morte di suo padre, Bob cominciò a prendere coscienza del proprio ebraismo. Quando tornò da Israele era tutto entusiasta, e fu all'incirca in quel periodo che cominciò a parlare col Rabbino Meier Kahane, il quale aveva formato la Jewish Defense League".
Eve Brandstein: "Dylan venne al kibbutz Givat Haim, interessato a
trasferirvisi assieme a sua moglie Sara e ai bambini. L 'unica cosa che voleva
era essere tenuto a pensione; voleva che i figli frequentassero giornalmente il
kibbutz per fare esperienza, ma che sua moglie e lui fossero esentati dal
lavoro. In cambio di ciò avrebbe pagato ogni spesa... La sua richiesta venne
respinta... Lui voleva avere dei privilegi speciali.
1971 Le sessions Dylan/Ginsberg Allen Ginsberg: "Dylan ci telefonò nel nostro appartamento del Lower East Side e ci disse che il reading gli era piaciuto tantissimo, dopodiche, quella sera stessa, venne da noi, prese una chitarra che si trovava là e cominciò a improvvisare. Cominciò a suonare blues, e io a improvvisare i testi, cose parecchio strane, che in un primo momento lo fecero ridere. Dopodiche, Dylan lanciò un 'idea: Perchè non andiamo in studio e lo registriamo ? ...Una settimana dopo, radunammo un gruppo di musicisti, i quali comprendevano alcuni di quelli che avevano collaborato con lui in occasione del suo ultimo album e alcuni di quelli che avevano collaborato con me nei film, incluso un violoncellista buddista di San Francisco, e tutti insieme andammo in studio a improvvisare... Fui io a suggerire la progressione di accordi di September on Jessore Road; il mantra è tradizionale, e tutto il resto è opera di Dylan. Lui cominciava a suonare - da da da duro, chang chang - e io gli andavo dietro borbottando quel che mi passava per la testa". Happy Traum: "Fu una cosa molto informale - come sempre accade quando è Allen Ginsberg l'organizzatore - con gente che rideva e cadeva per terra dappertutto. Gregory Corso correva come un pazzo qua e là per lo studio, accompagnato da una cantante tibetana. Gli altri erano in stato di transizione, e camminavano su e giù come in delirio. Presto rimanemmo soltanto io, Allen e Bob. Fu allora che registrammo la musica". |
Le sessions con Happy Traum - 1971
Il concerto benefico per il Bangla
Desh
George Harrison: "Fino al momento in cui non mise
effettivamente piede sul palco, non fui sicuro che si sarebbe esibito: puoi
capire da te quanto la cosa mi rendesse nervoso... Attaccata alla mia chitarra
avevo una piccola scaletta, sulla quale, dopo Here Comes the Sun, c'era scritto
Bob, con accanto un punto interrogativo. Arrivato a quel punto, chiesi in giro
se Bob Dylan c'era, e, soprattutto, se aveva intenzione di esibirsi; la sera
prima, infatti, in occasione del soundcheck, alla vista dei microfoni, delle
cineprese e di quel posto enorme si era lasciato prendere dal panico, e aveva
detto: Ah, no, amico, questa non è la mia storia, non ce la faccio... Io ero
stanchissimo, per avere cercato di organizzare al meglio tutta quella cosa, e
lui continuava a dire: No, no, devo tornare a Long Island, ho un sacco da fare.
Insomma, mi guardai attorno per vedere se c'era modo di capire se Bob si sarebbe
esibito oppure no, ed ecco che te lo vedo arrivare, pronto, nervoso come pochi,
con l'armonica al collo, la chitarra in mano e un atteggiamento alla Adesso o
mai più".
Phil
Spector: "Quando attaccò Blowin' in the Wind, fu
una sorpresa per tutti. Non ci aspettavamo che la eseguisse... In occasione del
suo primo incontro con Harrison, George gli aveva chiesto: Pensi di poter
cantare Blowin. in the Wind? Alla gente piacerebbe un sacco... Bob lo aveva
guardato e aveva risposto: Ti interessa Blowin' in the Wind? E tu cosa canterai,
I Wanna Hold Your Hand?".
Una partecipazione ad un concerto di
John Prine - 1972 John Prine: "Avevo dato a Dylan una delle prime copie del mio disco d'esordio. Due settimane dopo, tenni il mio primo concerto fuori da Chicago; mi accompagnavano David Bromberg, Steve Burgh e Goodman, ma avevo bisogno di qualcuno che suonasse l'armonica, per cui chiesi in giro se c'era qualcuno in grado di farlo. Bene, era solo la mia seconda serata, ed ecco arrivare Bob Dylan. Aveva con se un'armonica, e aveva imparato a mente i ritornelli di tutte le mie canzoni; quando lo presentai al pubblico, forse due persone applaudirono. Nessuno,credeva che fosse lui; pensavano che Dylan fosse morto, o si fosse ritirato sul Monte Fuji". |
Pat Garrett and Billy the Kid - Il film
James Coburn: "Rudy era amico di Bob, che aveva scritto questa canzone che parlava di Billy ...Sam (Peckinpah, il regista del film) disse: E chi è questo Bob Dylan? Ah, sì, ora mi ricordo... I miei ragazzi sentivano sempre i suoi dischi. Be', io avevo pensato a quel tizio, Roger come-si-chiama, per interpretare questa parte... Al che, tutti replicammo: Come! No, bisogna proprio che tu conosca Dylan... E lui: Va be', portatemelo qua... Dylan era sparito di circolazione - intento a meditare, o a non so cosa - sin dai tempi del proprio incidente motociclistico, e quando arrivò aveva in testa un cappello tipo pellerossa e sotto il naso un paio di sottili baffi... Un tipo strano, ma davvero in gamba... Sembrava avesse l' argento vivo, addosso: non riuscivi mai neanche a toccarlo... Così, quella sera ci trovammo tutti a casa di Sam Peckinpah, a bere tequila e a chiacchierare, e a un certo punto, a metà cena, Sam disse: OK, ragazzo, fammi vedere cosa sai fare. Hai portato la chitarra? Si ritirarono in una stanzetta, dove Sam aveva una sedia a dondolo; Bob si sedette su uno sgabello davanti alla sedia a dondolo. C' erano solo loro due, in quella stanzetta... Bobby suonò tre o quattro canzoni, dopodiche Sam usci dalla stanzetta asciugandosi gli occhi con un fazzoletto e dicendo: Che sia dannato! Chi diavolo è, questo ragazzo? Prendiamolo con noi, subito! Era davvero commosso".
Kris Kristofferson (interprete di Billy the kid): "Sfortunatamente, Sam si trovò a dover risolvere tante di quelle stronzate con la Metro Goldwyn Mayer che non ebbe mai il tempo di sedersi un attimo a pensare quale fosse l'effettivo ruolo di Dylan nel film... Bob continuava a dirmi: "Be', perlomeno tu ci sei, nel copione".
Rudy Wurlitzer: "La cosa veramente interessante fu quello che accadde tra
Peckinpah e Dylan. Sam era un personaggio veramente "vecchio West", una specie
di fuorilegge, che amava guardare verso i grandi spazi aperti, e che non aveva
mai sentito parlare di Dylan. Dylan... portava un punto di vista completamente
differente a un film western. La sua parte
era piccola, ma importante, in un
certo qual strano modo. Mi chiedevo se i due avessero veramente qualcosa in
comune".
James Coburn (interprete di Pat Garrett): "Qualcuno fece cadere la cinepresa principale, e per un po' avemmo dei problemi con la messa a fuoco - ai lati dello schermo era tutto a posto, ma lo sfondo era sempre sfuocato. Quando finalmente la cinepresa venne aggiustata, avremmo voluto girare nuovamente quelle scene, ma la casa di produzione disse no".
Gordon Dawson: "Sam mi diceva di preparare una scena, dopodiche arrivava Carroll e poneva il proprio veto, affermando che nessuno ne aveva dato l' autorizzazione; allora cominciava una specie di corsa per vedere se riuscivo a girare le riprese prima che smontassero tutto".
Kris Kristofferson: "Dylan scrive delle canzoni che sono dinamite, ma non si
sa mai dove abbia la testa. Ci sono delle volte in cui stare accanto a qualcuno
che non apre mai la bocca dà un tantino sui nervi. Che cazzo, a volte non
parlava neanche a sua moglie per intere settimane... O almeno, questo era quanto
affermava lei".
"Passò un periodo veramente infernale là, amico; lo ammiro
per il coraggio da lui dimostrato nel resistere".
"Portai con me la mia band
fino in Messico, pensando che a loro sarebbe piaciuto suonare con Bob Dylan. Il
sindacato dei musicisti messicano ci impose di assumere un musicista locale per
ogni musicista americano che prendeva parte alla session;
Bob non parlava
spagnolo, e così gli chiesi se voleva che parlassi io ai trombettisti. Pensavo
che volesse da loro uno stile tipo border... Così, andai a parlare con loro, e
lui disse qualcosa di veramente reciso e asciutto, tipo: Questo puoi farlo sulla
tua canzone! Mi incazzai, e lo piantai lì... Non riuscivo a capire cosa gli
passasse per la testa, nè riuscivo a capire che sistema avesse di lavorare. La
mia band venne da me e mi disse che praticamente faceva a malapena vedere loro
gli accordi, che cercavano di imparare in tutta fretta prima che lui passasse
alla canzone successiva. E pensare che loro cercavano di dare il proprio meglio
per lui! Lui, però, sembrava interessato soltanto alla loro prima impressione,
come un certo tipo di pittori. Io
non riuscivo francamente a capire cosa
volesse; pensavo soltanto che mi stesse facendo andare fuori di cervello la
band".
"In questa scena, che, come al solito, nel copione non c'era, Sam
voleva che lui mi venisse incontro a cavallo; così, misero Bob su un cavallo e
gli dissero quello che volevano che facesse. Ora, Bob aveva sempre dei grossi
problemi a posizionarsi sui
segni, perche non c'era abituato; in questo
caso, però, avrebbe dovuto venire verso di me passando attraverso un gregge di
pecore, e quando Sam gli disse: OK, Bobby, avanza diretto verso la cinepresa,
lui prese e partì al galoppo, spaventando a morte pecore, cavalli, cameramen,
tutti! Amico, non avevo mai riso tanto in vita mia: avevo le lacrime agli occhi!
Anche
Sam rideva come un pazzo; quando riuscì a calmarsi, disse: No, Bobby,
non intendevo una cosa del genere. La cosa strana è che non sono mai riuscito a
capire se l'avesse fatto apposta o no".
Jerry Fielding: "Organizzai due sedute di sovraincisione. Dylan aveva composto questa canzone, Billy, la quale aveva un numero illimitato di strofe, che cantava senza un ordine ben preciso... Siccome Dylan non aveva scritto niente dovetti registrare su nastro la sua canzone.
Blood on the tracks |
Michael Bloomfield: «Venne da me, e insistette perchè non ci fosse nessuno in
casa oltre noi, come se dovessimo ordire chissà quale trama. Io volevo
registrare su nastro le canzoni, in modo tale da impararle al meglio e non fare
poi cazzate durante le sedute di registrazione... Lui mi guardò con
un'espressione orrenda, come se gli avessi appena detto che volevo fare
un
bootleg, o qualcosa del genere... Cominciò a suonare le maledette canzoni di
Blood on the Tracks e io proprio non riuscii a stargli dietro, proprio non ci
riuscii... Dylan aveva un atteggiamento glaciale, era sconcertante... Prese la
chitarra, l'accordò con un'accordatura aperta in Re e cominciò a suonare le
canzoni, senza mai fermarsi! Le suonò tutte, e io cercai di andargli dietro...
Le cantava per intero, e io gli dicevo: No, amico, non cantarle per intero,
cantane soltanto un ritornello e se non cambia lascia che io trascriva gli
accordi, in modo da poterlo suonare assieme a te. Niente da fare, continuava a
suonare, e basta. Le suonò una dietro l'altra, senza interruzione, e alla fine
io mi persi. Cominciarono a sembrarmi tutte uguali l'una all'altra: erano tutte
nella stessa tonalità ed erano anche tutte parecchio lunghe. Fu una delle
esperienze più strane della mia vita... Sembrava essere incazzato per il fatto
che non ero riuscito a stargli dietro... Sentivo che tra me e lui c'era una
specie di altissimo muro,
di gigantesca barriera, tanto tangibile che non
c'era modo di allentare la tensione con battute del tipo Ehi, amico, come ti va?
A fica come butta? Bevi ancora un sacco? E i tuo i figli ?"
John Hammond: "Bob mi disse: Voglio mettere giù un gruppo di canzoni. Non voglio sovraincisioni, voglio che siano sciolte e naturali. Bobby tornò a lavorare come faceva i primi tempi, e la cosa funzionò, tutto qua".
Eric Weissberg: "Era davvero strano. Per capire in che tonalità suonava, non
potevi neanche guardargli le mani, perche usava un'accordatura che non avevo mai
visto prima. Se si fosse trattato di chiunque altro, giuro che avrei piantato
tutto, perchè sembrava fare di tutto per crearci dei problemi. Non fosse stato
che mi piacevano le canzoni e che si trattava di Bob,
sarebbe stata una vera
rottura. Il suo talento l'ha vinta su un sacco di cose".
Charlie Brown: "Sembrava che si stesse divertendo. Il suo concetto
riguardante la realizzazione di un album sembrava essere Andate avanti a suonare
e, in qualunque modo venga fuori, sarà in quel modo... Non voleva fare un sacco
di take, e non glie ne potevo fare una colpa, perchè diverse canzoni erano
davvero molto lunghe. Semplicemente, gli guardavamo le mani, e pregavamo di
azzeccare l'accordo giusto".
Rolling Thunder Revue |
Patti Smith: "Dylan cominciò a uscire più spesso - gli piaceva il fatto di
poter stare in club senza che nessuno lo pestasse a sangue, perchè allora
succedevano un sacco di cose. Tutti noi passavamo le nostre serate là, e ci
divertivamo un sacco, perchè ci sbronzavamo, o altro, finche non cascavamo giù
per terra. La gente cominciava a farsi nuovamente vedere, al Village. Accadde
molto in fretta. C'era Jack Elliott, e un sacco di altra gente. Poi, una sera,
Bob salì sul palco e cominciò a jammare con questa gente. Vedevo che era
particolarmente attratto da certe persone - Rob Stoner, Bobby Neuwirth -
ed era bello vedere lui e Bob di nuovo insieme, perchè egli riesce veramente a
tirare fuori il peggio da Dylan, che è poi ciò che ci piace di lui. Stava allora
organizzando questa cosa della Rolling Thunder Revue; aveva in mente delle
improvvisazioni, e di ampliare i propri orizzonti in termini di linguaggio. Nei
colloqui che avemmo allora venne fuori che io avevo qualcosa che lui ammirava, e
che allora era difficile da comprendere; era di questo che parlavamo quando
cominciò a mettere assieme la Rolling Thunder Revue".
Isis
Jacques Levy: "Per un po' ci limitammo a chiacchierare, seduti... poi, andò
al piano e cominciò a suonare lsis. Era però una lsis molto differente da quella
che si può ascoltare adesso... Cominciammo quindi a lavorarci sopra, assieme.
Cominciavo a mettere assieme un testo, e lui diceva: Be', no, che ne dici di
questo? Non sarebbe meglio quest'altra cosa? Una vera attività cooperativa. Fu
straordinario... Andò a finire che portammo a termine lsis in una sola notte,
restando alzati fino all'alba. Non era la versione finale, e alcune parti
vennero riscritte, ma la storia di base c'era, io la trascrissi e poi, insieme,
la elaborammo. Ci recammo quindi all'Other End e Bob lesse il testo a un gruppo
di persone che sedeva qua e là nel bar, e ognuno offrì il proprio commento".
|
Hurricane
Jacques Levy: "Bob non era sicuro che sarebbe stato in grado di scrivere una
canzone... aveva soltanto tutti questi sentimenti a proposito della storia di
Hurricane. Non riusciva a fare il primo passo, che, secondo me, avrebbe dovuto
consistere nel porre l'intera storia entro una struttura narrativa. Non ricordo
chi fu ad avere l'idea di fare una cosa del genere, ma l'inizio
della
canzone assomiglia molto a una serie di indicazioni quali potrebbe dare un
regista sul set di un film, o a un copione cinematografico: "Colpi d'arma da
fuoco risuonano nella notte, ecco la storia dell'Uragano. Bum! Titoli. Sai, a
Bobby piace il cinema, ed è in grado di scrivere questi film che, nonostante si
svolgano in un arco di tempo mai superiore ai dieci
minuti, sembrano intensi
quanto un film normale, e anche di più".
Desire Sessions
Scarlett Rivera: "Erano delle session davvero affollate. Fu una sorpresa e uno shock, per me, specialmente dopo avere lavorato in maniera tanto intima e raccolta".
Mel Collins: "Dylan... stava sbagliando tutto. Venne in studio, suonò le canzoni un paio di volte e poi si mise lì ad aspettare che ognuno di noi fornisse un accompagnamento adeguato. Voglio dire, venne da me e da quest'altro tipo che suonava la tromba - e che io non avevo mai visto prima d'allora - e mi dette alcune indicazioni per una canzone, ma questo fu quanto".
Rob Stoner: "Dylan stava cercando di mettere insieme quello che sarebbe
diventato l' album Desire negli studi che la CBS aveva nella Cinquantaduesima
Strada... Una sera che Dylan era venuto ad assistere allo show di una band che
io accompagnavo - penso si trattasse di Ramblin' Jack - Don Devito mi prese da
parte e mi disse: Bob sta registrando, nei
quartieri alti. Voglio che tu
venga alla session di domani e mi dica cosa ne pensi... Così, la sera successiva
mi recai là, e il gruppo stava eseguendo le canzoni che Dylan aveva scritto in
collaborazione con Levy e che in seguito avrebbero fatto parte di Desire, ma che
allora sembravano proprio non funzionare. Cioè, era il gruppo che non andava;
stavano cercando di
fare una specie di session di superstar: c' erano Dave
Mason e questa band chiamata Kokomo, ed Eric Clapton. Un sacco di gente. In
realtà sembrava più un posto di ritrovo, perche tutti sembravano avere portato
con se almeno un paio di amici, come a dire Ehi, vuoi venirmi a vedere mentre
incido un disco con Bob Dylan? Avevano addirittura dovuto organizzare una
specie di buffet in una stanza adiacente per tutta questa gente in
soprannumero che non aveva niente a che fare con le session... Alla fine della
serata, quando tutti se ne furono andati, Devito venne da me e mi chiese cosa ne
pensavo, e io gli risposi che quello non mi sembrava certo il modo migliore per
realizzare qualcosa di produttivo, che c'era troppa gente, troppa confusione,
non funzionava nulla. La musica di Bob dipende molto dall'afferrare un
particolare momento - è come un'istantanea, una Polaroid...ll primo take sarà
sempre il migliore di tutti, anche se magari c'è qualche stecca... Penso che i
maggiori responsabili di quella situazione fossero proprio i Kokomo, perchè
erano fissati con un sound ben costruito e professionale... sembrava che si
trattasse del loro disco, e continuavano a registrare un take dopo l'altro
finchè non avevano ottenuto il risultato desiderato, solo che a quel punto Bob
ne aveva le scalole piene. A lui non piace fare una canzone più di due volte di
fila, e non so fargliene una colpa... Insomma, Devito mi chiese un suggerimento,
e io gli dissi: Perchè non portate in studio una band piccola e, possibilmente.
non lasciate fuori fidanzate, mogli, amici e rompiballe vari? Ricorda, una band
il più piccola possibile - basso, batteria, e poco altro, o perlomeno solo lo
stretto necessario".
Emmylou Harris: "Non avevo mai sentito le canzoni prima di allora, e gran
parte di esse vennero realizzate al massimo in un paio di take. Non c'erano
nastri, cantavamo tutto dal vivo. Il fraseggio di Dylan cambia un sacco, ma, d'
altra parte, anche quello di Gram; Gram e io avevamo lo stesso senso del
fraseggio, ma io lo osservavo sempre, e così feci altrettanto
con Dylan.
Osservavo la sua bocca, e osservavo ciò che diceva. Ecco da dove vengono tutti
quei mugolii; mi si può sentire mugolare in alcuni di quei brani... Mi ci vuole
sempre un po' di tempo per elaborare delle buone armonie vocali, e Dylan invece
lavorava a un ritmo impossibile; io sono più perfezionista, e mi sarebbe
piaciuto avere più tempo a disposizione.
C'erano delle volte in cui non
sapevo neanche che mi sarebbe toccato fare un intervento, per cui dovevo
improvvisare, e alla svelta, anche... In seguito, comunque, ho capito che non si
possono fare sovraincisioni in un album di Dylan, perche lui non è quel tipo di
artista. Gli chiesi di venire a sistemare le mie parti vocali, e lui disse che
l'avrebbe fatto, ma invece non
ce ne fu il tempo; ero sicura che non ne
avrebbe usata neanche una".
Howie Wyeth: Emmylou e Bob avevano il loro piccolo tavolo. Era come se
fossero in un piccolo ristorante francese, o qualcosa del genere... il resto di
noi era ovunque. Era come una scena separata. A un certo punto, Bob cominciava
un brano; non ci diceva mai i titoli dei brani. Ora ti racconto una cosa, che è
vera quanto il Vangelo, ma alla quale nessuno crede
mai. Quando attaccammo
la prima canzone, be', ti giuro che avevo appena conosciuto Dylan. Insomma,
attaccammo il brano (pensavo che stessimo registrando) e lo suonammo, però ne
sbagliammo il finale. Lui disse: Okay, la rifacciamo, e io commisi l'errore di
chiedergli: Bob, questa canzone finisce secca o verrà sfumata? Non l'avessi mai
fatto! Dylan partì in un'interminabile spiegazione, che andò avanti per quella
che sembrò un'eternità; sembrava non finirla mai, e ognuno di noi ne uscì con le
idee talmente confuse che andò a finire che non la suonammo neanche più. Disse:
Lasciamo perdere. Stoner mi prese da parte e mi disse: Non fargli domande:
suona, e basta. Insomma, lui aveva dato una risposta complicatissima, ma io
avevo soltanto chiesto: Questa canzone finisce all'improvviso o sfuma? Nessuno
aveva la benchè minima idea di che accidenti stesse parlando, e così,
semplicemente, decidemmo che forse era meglio passare ad altro. Non la suonammo
mai più, quella canzone".
Scarlett Rivera: "Ci dette meno di ventiquattr'ore di preavviso. Ci chiamò
una sera e ci disse che il giorno dopo avremmo dovuto essere a Chicago... Le
nostre prove avvennero essenzialmente in camerino, se prove si potevano dire; si
trattò più che altro di decidere in che tonalità eseguire i brani e di fare un
breve ripasso mentale delle parti di ciascuno...
Sicuramente provammo Simple
Twist of Fate in camerino".
Rolling Thunder Revue
Rappresentate della Colombia: "Si ha la
sensazione che a lui piaccia veramente essere di nuovo a New York. Ha in mente
di realizzare uno spettacolo a Broadway, forse una commedia, e anche uno alla
TV, forse uno special. Più di tutto, però, dopo queste serate trascorse qui
all'Other End, a lui farebbe piacere fare un lour in piccoli club come questo.
Ho sentito parlare dell'intenzione di prendere un furgone, girare il Paese,
capitare in un posto, a sorpresa come stasera, suonarvi per un paio di serate e
poi riparlire. Nessuno saprebbe della sua presenza finchè non fosse salito sul
palco, e questo impedirebbe un eccessivo aftlusso di pubblico. Inoltre, nessuno
saprebbe dove mai dove è diretto per lo show successivo".
Robbie Robertson: "Bob ha parlato per anni di questa cosa. Sono sicuro che gli sarebbe piaciuto portare la cosa fino in fondo e spostarsi in treno. Aveva sempre avuto in mente di creare una situazione tipo carrozzone di zingari nella quale tutto fosse piuttosto sciolto e sul quale potessero salire persone differenti per fare cose differenti in momenti differenti, e niente però fosse fuori posto".
Jacques Levy: "Bob mi disse: Ce la fai a pensare a un modo di realizzare una specie di presentazione ? Come sarebbe, eh? Così, mi misi a tavolino e tirai fuori qualcosa di non molto diverso da quello che avevo fatto per Oh! Calcutta: essenzialmente, capire chi entrava in scena per primo, chi per secondo, e così via -un po' come un allenatore di baseball che compili l'ordine di battuta. Sapevo che si sarebbe trattato di un grande spettacolo, di più di quattro ore di durata, così progettai qualcosa che avesse degli spazi vuoti, nei quali inserire degli eventuali ospiti. Non era affatto una cosa strutturata in modo rigido, il punto chiave era solo stabilire come arrivare al punto in cui sarebbe entrato in scena Bob e quando eseguire il nuovo materiale. Provammo lo show a New York per almeno due settimane. Avevamo ancora quest'enorme mucchio di materiale che doveva essere arrangiato, elaborato e messo in scena, solo che l'idea era non far sembrare che fosse una cosa preparata. Non volevamo che fosse uno spettacolo sgargiante, perche non si sarebbe adattato allo stile di nessuno; l' idea era di farlo sembrare un avvenimento spontaneo... come un vaudeville viaggiante o un circo viaggiante... C'era quasi un feeling da hootenanny... Tra una canzone e l'altra non c'erano pause o interruzioni. Grosse porzioni dello show erano uguali tutte le sere".
Mick Ronson: "Una sera, saliva sul palco e suonava tutto piuttosto velocemente. La sera dopo, invece, molto lentamente. Non so se lo facesse di proposito... o perchè non riuscisse a ricordarsi l' esatta esecuzione dei brani. Certe sere, sembrava essere ovunque; girovagava per il palco aspettandosi che noi gli andassimo dietro. Pensa che aveva persino difficoltà a ricordarsi in che tonalità erano i brani. Bisognava tenerlo d'occhio costantemente, perchè aveva il vizio di finire una canzone e iniziarne subito un'altra; se non prestavi attenzione, ti poteva capitare di continuare a suonare una canzone mentre lui era già passato a un' altra, come in realtà accadde. Ti costringeva a tenerlo costantemente sott'occhio, solo che, avendo egli un senso del tempo un po' incerto e ogni tanto sbagliando accordo, andava a finire che una buona metà delle volte nè noi nè lui sapevamo cosa stesse facendo... Inoltre, non suonava mai una canzone due volte di fila allo stesso modo".
Rob Stoner: "Prendiamo, per esempio, lsis. Ne facemmo una
versione reggae, una funky, una in 3/4 che sembrava un
valzer, una quasi metal. Guarda, questa è solo uno degli esempi
che ti potrei citare... Bob non fa questa cosa così, a cazzo, ma per
fare in modo di non annoiarsi... Chiunque se ne lamenti, non ha capito una
mazza e non dovrebbe stare sulla nostra stessa barca...".
SARA
Howie
Wyeth: "Lei apparve proprio il giorno in cui registrammo Hard Rain... Solo che
lui non ne sapeva nulla, e infatti si stava dando al bel tempo con due ragazze.
Bel casino!".
Joan Baez: "Sara arrivò verso alla fine del tour. Quando scese dall'aereo, sembrava una pazza: aveva le braccia cariche di borse piene di vestiti tutti spiegazzati, i capelli scarmigliati e dei cerchi neri sotto agli occhi da fare spavento... Dylan aveva rimorchiato una riccioluta ragazza del luogo - faceva la donna di servizio a ore - e lei gli stava appollaiata sul piano durante le prove, che si svolgevano in una sala da ballo adiacente al vestibolo principale dell'hotel. Sara apparve sulla porta d'ingresso vestita con indosso un completo di pelle di cervo e al collo una collana di smeraldi; si era messa addosso litri di un profumo dall'odore talmente dolciastro e penetrante da risultare quasi insopportabile. Mi salutò con un ciao assai poco espansivo e parlò distrattamente con me del più e del meno, sempre tenendo d'occhio la porta chiusa della sala da ballo".
Hard Rain - Il disco
Rob Stoner: "Tutti erano zuppi d'acqua, dal telone che riparava il palco gocciolava l' acqua e ogni tanto noi musicisti ci beccavamo una bella scossa per via del fatto che il palco era tutto bagnato; oltre a ciò, gli strumenti, a causa di tutta quella umidità, si scordavano di continuo. Insomma, uno schifo. Ecco così che tutti cantammo e sonammo come se da quella esibizione fosse dipesa la nostra stessa vita, ed è questo lo spirito che si può sentire sul disco tratto da quel concerto". |
Joel Bernstein: "Per quel che mi ricordo, lo show di
Salt
Lake City fu l'unica occasione in cui Bob e Joan
cantarono Lily, Rosemary and the Jack of Hearts insieme. La
canzone ha un qualcosa come diciotto strofe, e Dylan si era scritte le prime
frasi sul dorso della mano, sul polsino della camicia, sulla manica...Ne
interpretarono una versione veramente bella. Fu uno
show
veramente ispirato, forse perche era l'ultimo. La gente lo sapeva...".
BORN AGAIN |
Ken Gulliksen: " Alla fine di una riunione, venne da me e mi disse di volere nuovamente dedicare la propria vita al Signore... Ciò avvenne quel mattino stesso: Quindi mi rivelò di essere la ragazza di Bob Dylan, e mi chiese se non fosse possibile inviare due pastori a parlare con lui. Così, Larry Myers e Paul Esmond andarono a casa sua e gli prestarono soccorso spirituale; affermò di volere anch'egli accettare Cristo nella propria vita, e così quel giorno pregò e ricevette il Signore".
Vineyard Fellowship
Ken Gulliksen: "Bob seguì i corsi della School of
Discipleship... per tre mesi e mezzo.
Frequentò
la scuola tutti i giorni, e apprese la Parola, crescendo assieme al Signore.
Ecco, in
linea di massima, cosa accadde. Si
trattò di un corso intensivo sulla vita di Gesù, sui principi
dell'essere discepolo, sul Discorso della Montagna, sul vero
significato di credente; su come
crescere, e come
dividere il proprio con gli altri. Concetti pratici, ma dai quali si poteva
rica-
vare una buona conoscenza generale della
Bibbia".
BROWNSVILLE GIRL: NEW DANVILLE
GIRL
Sam Shepard: "Ha a che fare con un tipo che aspetta in
fila di assistere a un vecchio film
di Gregory Peck del quale neanche
ricorda il nome; poi, improvvisamente, la sua memoria ha
come uno scatto, e
tutto sembra spiegarsi davanti ai suoi occhi.
Ira Ingber: "Fu il batterista, Don Heffington, a scrivere veramente la
musica di New Danville Girl,
perchè, in qualità di batterista, suonò con un
tale dinamismo da creare addirittura una canzone;
il brano infatti consiste
di soli quattro accordi, che si ripetono in continuazione, ma lui, col proprio
drumming, riuscì a sottolinearne i ritornelli in maniera veramente superba,
per poi tornare a
un accompagnamento più calmo nelle strofe".
Dave Garfield: "Brownsville Girl fu una di quelle canzoni durante le
quali egli fermava tutto nel bel mezzo dell'esecuzione, si ritirava nel
salottino per un quarto d'ora o giù di lì e scriveva un nuovo testo".
Markus Innocenti ed Eddie Arno: "Trama. Dylan ha una storia con una ragazza.
Lei, vestita di pelle di daino, si reca assieme a lui ad assistere a un concerto
nel corso del quale la band esegue When the Night Comes Falling from the Sky.
Ignota a Dylan, una sua ex amante - un'altra attraente bruna vestita anch'essa
di pelle di daino -lo ha scorto dirigersi al concerto;
anche lei vi assiste,
ma i ricordi la sopraffanno, ed ella è costretta ad andarsene, prossima alle
lacrime. La ragazza esce, e vaga per Hollywood Boulevard, sapendo che non
rivedrà mai più il proprio ex innamorato. Questo è il punto in cui termina When
the Night Comes Falling from the Sky e Emotionally Yours ha inizio. Dylan, però,
era stato innamorato cotto di quella ragazza: perchè, se no, se ne sarebbe
scelta un'altra che le assomiglia tanto? Dopo il concerto Dylan rimane solo
nella sala. Mentre suona una chitarra acustica, i suoi ricordi corrono alla
prima ragazza vestita di pelle di daino, ed egli con rimpianto ripensa al
momento in cui le aveva detto che la loro relazione era finita",
KNOCKED OUT LOADED
AI
Kooper: "... Registrammo un sacco di materiale che avrebbe potuto fare di
Knocked Out Loaded un album coi fiocchi. In occasione di quelle session
incidemmo delle cose davvero stupende, che però, temo, non avremo mai modo di
ascoltare... Ero frustrato, perche mi impegnavo, suggerivo delle soluzioni, un
sacco di cose, tutto inutilmente... Alla fine, mandai tutto a fare in culo. Poi
sentii il disco, e l'unica cosa buona che conteneva era Brownsville Girl. E
pensare che avevamo realizzato un sacco di cose altrettanto valide».
Nick Cave su "Slow Train Coming"
"Credo che
la gente risponda a questo disco per il suo contenuto, cioè la conversione di
Dylan al cristianesimo. Secondo me non è questo il modo di rispondere all'arte.
Per me questo disco è un incredibile volo ricco di immagini. I testi sono
brillanti, incredibilmente declamati. E' veramente un disco coraggioso e
brutale. Credo che di tutti i suoi dischi sia il più spaventoso, grandioso. Un
urlo dalle profondità delle viscere".
Howie Wyeth: "Tutto d'un tratto, dissero: Abbiamo quattro giorni liberi prima del concerto di Fort Collins e la registrazione del live; vedrete, vi piacerà, vi abbiamo sistemato in questo ranch in mezzo alle montagne... Il problema fu che diluviò per tutto il tempo, così non ci fu verso di andare a cavallo, nè di fare passeggiate, senza contare che eravamo parecchio in alto, e respiravamo tutti con difficoltà. Insomma, non c'era nulla da fare, se non starsene chiusi dentro. Dopo tutte quelle scariche di adrenalina, stare lì a girarci i pollici ci fece sentire come dei tossici in crisi di astinenza... per quattro giorni. Due palle...".
Rob Stoner: "Durante quel fine settimana, Bob bevve come una spugna. Che
weekend del cazzo! Ci sono un sacco di cose che fanno di Hard Rain un'istantanea
straordinaria - come un disco punk, o qualcosa del genere. C'è tanta di quella
energia e di quella rabbia... Eravamo in uno stadio ali' aperto, e prima di
quello show era piovuto per quattro giorni di fila.
A Clearwater avevamo
fatto un tentativo - abortito - di realizzare questo special TV per la NBC;
penso che, in base agli accordi presi, Bob avesse il diritto di negare il
permesso di mandare in onda il video, qualora questo non fosse stato di suo
gradimento, ma che in seguito fosse stato deciso che il video sarebbe stato
realizzato a spese di Bob, con una troupe assunta da lui. Ecco così che egli
dovette assumere dei tecnici video e audio, noleggiare un'unità mobile di
registrazione da ventiquattro canali e un sacco di altra roba, e tutti i giorni
ti ritrovavi attorno tutta questa gente e tutto quell'equipaggiamento del cazzo
fatto venire appositamente da L.A. -il che spiega perchè realizzammo la cosa
nell'Ovest. In proporzione, comunque, far venire una troupe e tutto
l'equipaggiamento da Los Angeles era più costoso allora che ora... Si supponeva
che suonassimo per due o tre giorni consecutivi (ogni volta la data alternativa
in caso di pioggia veniva spostata al giorno dopo), ma piovve a catinelle per
quatttro giorni di fila, cosa che incise un bel po' sulle finanze di Bob, il
quale ovviamente doveva comunque pagare tutti anche se non potevano lavorare. Ci
ritrovammo così rinchiusi in questo piccolo hotel sulle montagne, sperduto
chissà dove, senza nient'altro da fare se non sbronzarsi... Bella situazione!
Era l'ultimo spettacolo del tour, e sembrava che ci sarebbe voluta un'eternità
perchè potesse avere luogo. Ogni giorno che passava, l'umore del capo diventava
sempre più di merda... Alla fine, decisero di fare il concerto comunque, pioggia
o non pioggia. Andò a finire che smise di piovere proprio mentre eseguivamo
l'ultima canzone...
Cazzo, fu il primo
raggio di sole da una settimana a quella parte!".
A proposito della sua relazione con
Bob
Suze Rotolo: "Eravamo giovani e vulnerabili, e accadevano
un sacco di cose veramente folli. E' strano pensare di quanto parlare si sia
fatto dei nostri anni insieme, io e Bob; la nostra relazione avrebbe potuto
seguire il proprio corso naturale, ma venne influenzata da un sacco di fattori
esterni, come per esempio la sua sempre crescente notorietà. Cominciò a snobbare
i suoi vecchi amici, il che, tutto sommato, poteva anche essere comprensibile,
anche se in modo un pò strano; capiva che sarebbero potute accadergli certe
cose, e voleva fare in modo che effettivamente accadessero, per cui, in un certo
senso, non aveva più tempo di darsi al bel tempo con loro: stava lavorando alla
propria immagine e alla propria carriera... Ci fu un tempo in cui io feci parte
delle cose che possedeva, e penso che non volesse realmente che io facessi
qualcosa senza renderlo partecipe. Voleva che facessi parte al cento per cento
di ciò che era lui. Era legato alla sua stessa evoluzione, e tutto il suo mondo
ruotava attorno alla musica".
FINE |
I said that 1/10
Opere citate:
"Bob
Dylan La Biografia" (Anthony Scaduto - Arcana), "Vita e musica di Bob Dylan"
(Robert Shelton -
Feltrinelli), "Positively Fourth
Street" (David Hajdu - Farrar, Straus and Giroux), "Bob Dylan" (Nemesio Ala -
Gammalibri), "La Voce di Bob Dylan" (Alessandro Carrera - Feltrinelli), "Bob
Dylan: 1962/2002 40 anni di canzoni" (Paolo Vites - Editori Riuniti), "Stories
from a Never Ending Concert" (Paolo Vites - Penguin's Editions), "Bob Dylan"
(Guido Harari - Fabbri), "Jokerman, vita e arte di Bob Dylan" (Clinton Heylin -
Tarab), "Bob Dylan dal mito alla storia" (Nemesio Ala - Savelli), "Dylan:
interviste cronache e saggi dal 1962 al 1984 - Arcana), "Dylaniana: Bob Dylan
racconta Bob Dylan" (Chris Williams - Gammalibri), "La Repubblica Invisibile"
(Greil Marcus - Arcana), "Buscadero", "Jam", "Mucchio Selvaggio", "Rolling
Stone", "Isis", "Maggie's Farm", "Beatles Anthology", "Sorrisi e Canzoni
TV".