Da Sir George Martin
The Times, 25/07/2008
Regola n° 1
Bisogna andare d’accordo con l’artista.
Se non ti piace l’artista e a lui non piaci tu, non c’è futuro per la
collaborazione. Raccontare una barzelletta, fare ridere le persone, è molto
importante. Quello che avevano i Beatles era un grande carisma. Quando stavi
con loro ti sentivi sempre bene. Queste è una delle ragioni per cui li misi
sotto contratto. Pensai: se fanno sentire felice me, faranno sentire felice
anche il pubblico.
Regola n° 2
Non scartare una canzone se non funziona subito.
Una buon esempio è stata Please Please Me. La ascoltai e poi dissi loro che
secondo me il pezzo era molto noioso. Era una cantilena; se si fosse
raddoppiata la velocità, avrebbe potuto funzionare. Mi presero in parola. Se
ne andarono e più tardi mi fecero ascoltare una versione molto più veloce,
con l’aggiunta di un’armonica e divenne il loro primo grosso successo.
Regola n° 3
Affronta l’artista, chiunque esso sia.
Anche se è Paul McCartney, il produttore deve affrontare l’artista, è
importantissimo: se sei uno che dice sempre “sì” (a yes man) sei un
incompetente! Il problema è che la maggiore parte della gente lo è. Questo è
il motivo per cui Paul ha questi problemi oggi: non c’è nessuno che gli dice
davvero ciò che pensa.
Regola n° 4
Tratta con ogni artista secondo il suo carattere.
Una volta ero con John Lennon nel suo appartamento di New York, stavamo
ricordando i vecchi tempi e lui mi disse: “Sai George, se potessi rifarei
tutto da capo” Dissi: “Ti piacerebbe tornare nello studio a registrare di
nuovo le duecentocinquanta canzoni che abbiamo fatto?”. Rispose: “Potremmo
farle meglio”. Dissi: “E Strawberry Fields?”, “Specialmente Strawberry
Fields!” rispose.
Regola n° 5
Non entrare mai nello studio senza avere un’idea di base.
Devi avere già una buona idea di cosa vuole un’artista quando entri nello
studio con lui. Dopo Sgt Pepper, molti musicisti pensavano che si potesse
usare lo studio come fosse un workshop, che si poteva partire da zero e poi
le idee ti venivano mentre era lì. Questo non è vero. Dopo Pepper i Beatles
cercavano sempre di fare una musica diversa, qualcosa che nessuno avesse
ancora sentito. Se uno pensa di prendere in mano uno strumento e dice
“vediamo cosa mi viene in mente adesso” sbaglia di grosso. Forse si può
sviluppare un’idea che si ha già in testa ma di sicuro non una canzone
nuova.
Regola n° 6
Deve sapere il momento in cui fermare una sessione.
Quando un produttore si addormenta, è ora di andare a casa. Più di una volta
è successo a me anche con i Beatles. All’inizio c’erano i sindacati che non
ci facevano lavorare più di tre ore, però, verso la fine degli anni ‘60, era
già tutto diverso, era l’artista che decideva le ore che gli servivano per
completare il suo lavoro insieme con il produttore. I Beatles lavoravano
spesso tutta la notte e, credimi, non era sempre facile.
Regola n° 7
Bisogna avere il coraggio di parlare se qualcosa non funziona.
A volta la canzone è brutta. Stavo lavorando con Paul, forse era per l’album
“Pipes of Peace”, su una canzone già scartata quando l’avevamo ascoltata
qualche settimana prima. Lui era lì che lavorava sodo su quel pezzo, voleva
per forza salvarla. A un certo punto mi sono avvicinato e ho detto “Paul,
non sta funzionando, vero?” rispose “Perche non funziona?” mi guardava
minaccioso. Dissi “Perché la canzone e un po’
povera”. Lui mi guardò, poi dopo qualche secondo mi disse “Ma tu pensi che
io non lo sappia?” Non ci potevo credere, era l’artista che c’era in lui,
era il compositore che diceva “questa è la canzone e tu ne devi fare
qualcosa”. Quando entrai e spinsi, la realtà ebbe il sopravvento e lui la
abbandonò. E’ stata una cosa difficile da fare e lo feci arrabbiare. Per me
è stato duro dirglielo ma dovevo farlo.
Regola n° 8
Non lasciare che la tecnologia abbia il sopravvento.
Io penso che Sgt Pepper, il brano registrato su quattro piste, sarebbe stato
diverso se avessi avuto un numero di tracce infinito perché esercitò una
disciplina su di me e attraverso me sui Beatles. Dovevano fare le cose bene
e per fortuna loro sapevano come suonare. Una delle cose negative della
moderna tecnologia è che da troppe possibilità e ritarda il “momento
giusto”. Puoi ottenere ogni tipo di effetto sonoro pigiando un bottone senza
lavorare troppo mentre prima ci volevano giorni perché fossero fatti.
Regola n° 9
Cattura l’umanità a discapito della perfezione.
Credo molto nell’umanità. Mi recai ad una sessione di registrazione di Frank
Sinatra. Qualche volta, Frank stonava e faceva cose che, forse, avrebbe
potuto migliorare. Ma nonostante qualche volta stonasse, era un grande
cantante! Qualcuno non stona ma non è assolutamente piacevole da ascoltare.
Mi piace qualche piccolo errore e un pochino di umanità e con i Beatles
c’era. Prendi Ringo: in vita sua, non ha mai suonato un beat al quarzo!
(Dean Spencer News)
George Martin (Londra, 3 gennaio 1926) è un produttore
discografico britannico. Viene a volte definito come il "quinto Beatle", un
titolo dovuto al suo lavoro come produttore di praticamente tutte le
registrazioni dei The Beatles. In riconoscimento dei suoi servizi per
l'industria musicale è stato nominato cavaliere dell'Ordine dell'Impero
Britannico.
Martin aveva una grande cultura a carattere classico, avendo studiato oboe e
pianoforte alla "London School of Music". Negli anni '50 esplose il
Rock'n'Roll e la EMI divenne una delle più importanti etichette dell'epoca,
la Parlophone era una società minore sotto la guida del colosso
multinazionale, riservata prevalentemente all'incisione di dischi umoristici
quindi era noto alla EMI come produttore di artisti minori, che non
incidevano seriamente i loro dischi. Martin lavorò prima per la EMI nel 1950
diventando manager dell'etichetta Parlophone nel 1955. Originariamente
lavorò con comici come Peter Sellers e Rolf Harris. Fece la sua prima
audizione dei Beatles nel 1962 dopo che erano stati rifiutati dalla casa
discografica Decca.
Fece loro firmare un contratto, sebbene la sua prima reazione sia stata
"sono piuttosto orribili". Questo segnò l'inizio di una lunga relazione
nella quale l'esperienza musicale di Martin aiutò a colmare il varco tra il
talento grezzo ed il suono che volevano ottenere, trasformando semplici
motivetti in brani di successo. I Beatles non sapevano leggere la musica, e
la loro abilità nel suonare era tuttavia lodevole ma egli dovette affinare i
loro talenti nascosti. Uno dei suoi provvedimenti fu quello di sostituire
Ringo Starr alla batteria con il turnista Alan White, ritenuto da lui più
adatto: il singolo Love me do infatti vede il beatle relegato al tamburello.
Avrà modo di rivalutare le capacità musicali di Starr. La sua formazione
classica si riflette molto in canzoni come Yesterday e Eleanor Rigby. La
maggior parte degli arrangiamenti per strumenti orchestrali venne fatta da
Martin in collaborazione con membri dei Beatles, un buon esempio di questo
fu su Penny Lane, dove Martin lavorò con Paul McCartney su un assolo di
tromba: McCartney faceva la melodia con le labbra e Martin la trascriveva su
uno spartito.
A parte il suo lavoro con i Beatles (sia con il gruppo che con progetti in
singolo), Martin produsse anche album per molti altri artisti inclusi la
banda America e gli Ultravox, per i quali lavorò sul loro sesto album
Quartet (1982). È anche un famoso compositore, compose la musica del film
dei Beatles Yellow Submarine e quella del film di James Bond Vivi e lascia
morire (Live and let die), per il quale Paul McCartney cantò la canzone del
titolo.
|