MAGGIE'S FARM

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Le interviste di Maggie ’s Farm : DAVIDE "The Saint" IMBROGNO

 

 

di Shooting Star
 

Incontro Davide Imbrogno ma so già che sarà dura intervistare questo giovane autore. Stiamo parlando di un audace enfant terrible, scrittore e poeta calabrese. Stiamo parlando di una persona che i più conoscono per le sue bravate e per i tanti nomignoli che si porta dietro, non ultimo “The Saint”. Non fatevi dunque influenzare dalla sua giovane età, non credete alle leggende metropolitane sul suo conto. Anche perché lui con le metropoli ha poco a che fare, visto che vive in un paesino di mille e settecento anime. E anche con le leggende, tranne quando sono legate alla scrittura creativa e al suo stile di vita dissoluto. Intervistare Davide Imbrogno è come pescare un pesce persico nella bonaccia d’agosto. Non sta un attimo fermo e il proprio pensiero è continuamente in movimento, quasi non volesse essere racchiuso, identificato, definito.
Mi accoglie con il tipico modo ospitale d’ogni buon meridionale, sembra cortese e galante anche se un po’ diffidente nei miei confronti. Sarà un fatto generazionale, sarà il fatto che mi presento in netto ritardo all’appuntamento.
Davide veste in modo piuttosto bizzarro. Un gilè nero di raso, stivale nero a punta d’acciaio, blue jeans wash stone consumati, basette lunghe e capello vagamente anni ottanta. Camicia marron con bottoni di madreperla. Anello d’argento semplice, che rappresenta la sua fede spirituale, ci dirà poi.
Durante l’intervista insiste per aprire una bottiglia di whisky, un Johnny Walker, accompagnato da una bottiglia di Dreher ghiacciata da 66 cl. Lo lascio fare, capendo che magari è utile per sciogliere la possibile tensione.
Lo studio, situato in un piccolo soppalco sembra una mansarda d’artista parigino anni sessanta, non fosse per il computer sembrerebbe davvero di essere nella Francia degli anni sessanta, in compagnia di Jean Luc Godard o di una bella ninfa dai capelli biondo scuro e il viso cavallino. Spicca una bella sedia da regista, una chitarra Eko vintage acustica anni 70, di grande valore. La sua collezione di vinile, che comprende classici di Dylan, Springsteen, Tom Waits e Leonard Cohen. E poi ci sono i suoi quadri astratti, mai esposti, su tema unico: la numerologia. Davide è molto orgoglioso delle sue tele, che effettivamente dimostrano un certo stile e sicuramente arricchiscono un personaggio già di suo molto sfaccettato.
Cominciamo con l’intervista…
 

Il tuo libro “La gloria dell’indigente”, sembra caratterizzato da due aspetti, il vizio e la decadenza. Quale correlazione c’è tra questi aspetti della vita, se li reputi tali?
<<Dici bene! Entrambi sono due aspetti della vita. Il vizio ha due peculiarità, può sia rovinarti, che salvarti. Dipende dai punti di vista! La vita è priva di sapore, e il vizio sembra quasi un ingrediente che può dare il sapore giusto. La decadenza invece è parte di noi! (si alza in piedi esaltato!) E sia un aspetto biologico della vita, come la vecchiaia, ed è anche un aspetto meno visibile, cioè la decadenza interiore di ognuno di noi. Questo è stato l’aspetto che ho trattato nel libro, poi invece abbiamo altri tipologie di decadenza. Oggigiorno, siamo proiettati in un epoca in cui, ci vogliono far sembrare tutto e tutti vincenti, speranze di successo, sogno di diventare noti senza avere alcuna capacità intellettiva. Ragazze pronte a fare le troie in tv, solo per apparire in uno schermo, pronte a mostrare il loro culo e le loro facce. O meglio come diceva Enzo Biagi , i loro visi d’ignoranza. Credo che tutto ciò rispecchi la vera decadenza di quest’epoca, di questo mondo alquanto perverso.>>
 

Questa è una intervista per un sito dedicato a Bob Dylan. Cosa pensi di Dylan?
<<Come diceva Welles nella Ricotta di Pasolini, “egli danza”! Viene ricordato soprattutto per le opere degli anni sessanta, ma credo che l’opera di Dylan sia universale, immensa proprio per i cambiamenti che ha subito negli anni.>>
 

Cosa ti ha ispirato nella scrittura del racconto “Materiali di età neroniana”, racconto con notevoli citazioni dylaniane?
<<Tutto iniziò con un viaggio che feci a 17 anni con due amici di vecchia data a bordo di una vecchia Ritmo cabrio rosso fuoco, costeggiando il lungomare di Crotone. Faceva caldo, era maggio inoltrato, d’un tratto vedemmo una signora anziana vestita di nero con un maccaturo (fazzoletto in dialetto NDR) sull’uscio di casa, l’abitazione era traboccante di peperoncini rossi, noi stavamo ascoltando una cassetta di canzoni miste con brani di Battiato, De Gregori e De Andrè… e io non avevo mai ascoltato “Avventura a Durango” di De Andrè. Ettore, un mio caro amico, mi disse che in realtà questo brano era stato scritto da Bob Dylan nel 1976. Ettore è un archeologo, e quella volta, in macchina ci diceva che stava scrivendo la sua tesi di laurea dal titolo, “Materiali di età neroniana”. Dopo qualche tempo ascoltai nuovamente il brano su un traghetto diretto a Capri, ripensai al titolo della tesi, e mi venne in mente questa storia, alquanto inventata.>>
 

Cosa ti spinge a scrivere?
<<Uso la scrittura in maniera egoistica, nel senso che, per prima cosa, scrivo per me stesso. Quando mi trovo dinanzi al computer, o il foglio, non penso a cosa penseranno gli altri di ciò che scrivo, altrimenti se fosse così non scriverei nulla. In questa prima fase scrivo per un bisogno intimo, una necessità. E come quando hai fame. Poi c’è la seconda fase, quella della rilettura, della pubblicazione, e ovviamente quello è il modo per diffondere ciò che scrivi, relazionarti con gli altri. E devi cercare di farlo nel migliore dei modi.>>
 

Hai affermato che “Knockin’ on heavens door” è “la canzone del secolo”, perché?
<<Poesia e musica si fondono. Rappresenta l’umanità, (NDR mentre lo dice si esalta!) C’è tutto: disperazione, morte, sofferenza, cercare una redenzione. Credo che tutti, prima o poi ci troviamo a bussare alle porte del paradiso. La vita ha un prezzo, che prima o poi deve essere pagato. C’è chi il biglietto lo paga in anticipo, chi lo rateizza, chi paga alla fine del viaggio. Nei vari secoli, il mondo è stato messo a ferro e fuoco, idee di rivoluzione e cambiamento, manifestazioni e barricate. Ma il risultato non cambia, specialmente negli ultimi tempi. La grandezza è poter salvare noi stessi da un oblio infinito, fatto di pomeriggi inconsistenti privi di giustizia e di valore universale. Il protagonista della canzone, resta in attesa di entrare in un paradiso dove non c’è spazio per gli sconfitti.
“Chiamò tutti coloro che per un motivo o per un altro vennero scacciati, perché nessuno ci aveva offerto un biglietto per entrare” (NDR mi sembra opportuno citare una frase estrapolata dal racconto “La gloria dell’indigente”). E’ una canzone che sento mia, perché a volte mi sento escluso dal mondo e da ogni senso di umana rassegnazione, perché a volte dopo tanto viaggio, tutto quello di cui un viandante necessita è un materasso comodo, seni burrosi, birra e vacuità !>>
 

Chi è stato l‘artista che ti ha maggiormente influenzato?
<<Ti dirò, non ho un artista in particolare che mi ha influenzato, sicuramente ci sono stati libri, film, canzoni e dipinti, e poi traggo ispirazione dalle persone autentiche, dalle storie, dalla vita e dalla mia spiritualità. Sicuramente ti direi il mio paese, dove ci sono grandi personaggi di periferia silenziosa e disperata, autentici antieroi, gente che vive il proprio tempo, inevitabilmente persi fra l’erezione e l’oblio, fra un Brindisi Perpetuo e una vita contemplativa e meditabonda…>>
 

Parli di fede spirituale, sei un credente?
<<Tutti siamo credenti. Ognuno di noi crede in qualcosa. Anche il “non credere”, è in realtà una credenza. Si può credere in beni materiali, come si può credere in beni e valori spirituali. Come diceva qualcuno: “anche l’ateismo è una fede”.>>
Imbrogno sparisce per un attimo e torna con un deodorante per ambiente e lo spruzza dappertutto come un esagitato (!?!)
 

Nel libro parli di persone diseredate. Coloro che Thomas Wolfe definiva “gli invisibili”, perché hai deciso di trattare queste tematiche?
<<Si collega alla risposta di prima. Oggi vogliono farci vedere solo vincenti, persone cariche di gloria. Ma è solo un’ ipocrisia. È solo un modo squallido di proporci la società. In realtà tutti siamo indigenti. Tutti viviamo momenti di solitudine, sconfitta, e timore, anche coloro che appaiono sicuri, vincenti. I personaggi del mio libro sono consapevoli di se stessi, consapevoli di non essere compresi, consapevoli del proprio dolore. E cercano una redenzione, cercano il miglior modo per celebrare una vittoriosa sconfitta. Sono degli antieroi.>>
 

Le dicerie sul tuo conto circa il tuo essere “un tipo dionisiaco” sono frutto di pettegolezzi?
<<Credo che nella vita bisogna essere eclettici. >>
 

In che senso?
<<Si può apprezzare, come diceva Bertolucci, la pace dei monasteri tibetani, e contemporaneamente la confusione e il profumo di un cabaret cipriota (NDR i cabaret ciprioti sono in realtà night club). Si può apprezzare un semplice caffè con un amico in una piazza del Sud Italia, oppure una bottiglia di Brunello di Montalcino assaporato in un’occasione speciale dinnanzi a due occhi di donna capaci di comprenderti, e se paga lei è anche meglio… (NDR dice ridendo Imbrogno)>>
 

Tu sei molto giovane. Dopo l’aggressione di Verona, è tema di attualità la violenza tra i giovani, l’essere senza valori. Da ventenne come giudichi i tuoi coetanei?
<<Dipende quali coetanei! Ci sono ventenni validissimi, ragazzi che leggono, impegnati nel sociale, e in tante altre attività degne di attenzione. Ragazzi che vincono borse di studio e sono costretti ad emigrare all’estero, perché qui, in Italia non li vogliamo. Poi ci sono anche i nichilisti. Cioè quei giovani privi di senso morale, privi di valore, e colmi di vuoto. Capaci di uccidere un coetaneo, con la scusa di una sigaretta, guarda Verona. Usano la violenza, per il gusto di assaporarne il sapore, alla Arancia Meccanica. Il nichilismo fine a se stesso. Qualche decennio fa c’erano le barricate, ed i giovani usavano la violenza per giustificare un proprio ideale, e ovviamente, anche quello era un meccanismo perverso e assurdo. Molti di loro erano giovani acculturati, che studiavano. Oggi la situazione è opposta, questi giovani, questi violenti, sono completamenti devastati dall’ignoranza, da un vuoto che li circonda, e cercano di affermare se stessi attraverso la violenza, attraverso la forza materiale, adottando una mentalità da animali, da branco. Quindi, una volta c’era la violenza associata alla cultura, oggi la violenza associata all’ignoranza…Appare assurdo, vero? Sembriamo caduti in una situazione hobbessiana, uno stato di natura, privo di regole, di leggi, tutti contro tutti!>>
 

Tu sei un grande appassionato di musica rock, ci risulta… Tra i tanti, quale disco porteresti su un’isola deserta?
<<Sicuramente “Born to Run” di Bruce Springsteen. Fin dalla prima volta, quando ascoltai la canzone “Jungleland”, fui rapito da quel suono, da quella voce un po’ ubriaca, di vita e stupore… e quando attaccò il pezzo di sax sentii la chiamata, nella tarda ora dei dispersi. Penso di essere nato per una seconda volta e con maggiore consapevolezza ho respirato il fuoco della passione; da quel giorno la mia vita non è più stata uguale e io sono divenuto un adepto di questo Apostolo del Rock. Nessuno mai realizzerà un album più romantico, sfuggente e crepuscolare di “Born to run”, quel suono gonfio e selvatico, che sento mio… da provinciale che vuole vincere la propria battaglia, da solo con quattro ruote lanciate verso la Redenzione! (NDR dice un Imbrogno sentitamente emozionato)>>
 

Vino e donne, elementi importanti nella vita?
<<Direi essenziali. Aggiungerei anche il tabacco, per citare il vecchio proverbio…>>
La letteratura è una parte importante della tua vita. A cosa associ la tua passione per la lettura? Quali sono i tuoi libri preferiti?
<<Ce ne sono tanti. Te ne dico tre: “Il grande Gatsby” di Fizgerald, “Chiedi alla polvere” di Fante, e “Il ritratto di Dorian Gray” di Wilde. Ma non chiedermi di commentarli. Credo che sarebbe una cosa irrispettosa nei confronti di queste Opere. Non ne sarei all’altezza. E come trovarsi dinanzi la Venere di Botticelli, il Mosè di Michelangelo, oppure un’opera di Tiziano, e volerli commentare. Cosa c’è da dire? Puoi solo commuoverti in silenzio! Ti posso solo dire che ho un ricordo a proposito del libro “Chiedi alla polvere”. Lessi per la prima volta quel libro a quindici anni. Era estate. Restavo sdraiato sull’amaca in giardino, mia madre in cucina stava preparando delle frittelle di zucca, e quando finii il libro, ripensai al suo finale, ripensai a quelle parole, sentivo il vento, e quell’odore di frittelle invadeva l’aria come se si stesse perdendo nel Deserto, quasi come se fosse l’immagine finale del romanzo.>>
 

Come vedi la tua vita proiettata nel futuro?
<<Vivere in una Roulotte fra i miei castagni, la mia gente, i miei luoghi, in questo paese dove sono nato, situato sulla catena costiera tirrenica, e magari, non so, poter fare l’Assessore alla Cultura di questo paese (NDR dice sorridendo).>>
Dalle tue liriche emerge il disagio verso la vacuità e l’inconsistenza di quest’ Epoca, ma qual è il senso di tutto?
<<E’ il suo non senso! Non credo che ci sia un senso. Forse è cercare di dare un senso alla Vita! Sono molto relativista.>>
 

E tu che senso le daresti?
<<Una risata dinanzi un bicchiere di vino. Ironia e semplicità!>>
 

Vuoi salutare i tuoi amici di Maggies Farm?
<<Nel libro c’è un ringraziamento a Maggies Farm, cosa cui tengo molto, dato che è da lì che è iniziato tutto… Saluto il grande Michele Murino e il nuovo direttore Mr. Tambourine! E saluto il mio amico Dario Twist of Fate, che non vedo e non sento da ottobre 2007, ho sentito dire che vive a Cork, fra i musicisti diseredati e gli hobo irlandesi…Tieni , queste sono due foto che ho fatto allora conDario. >>
 


Dario "Twist of Fate" e Davide "The saint"


Il Libro
Non è facile recensire e giudicare un libro così struggente e vigoroso, con la tipica energia da poema decadente. I racconti di Imbrogno sono poemi liturgici, di brama di vivere e coraggio delle proprie opinioni, che sanno essere scomodi e fuori tempo massimo, che nessuno voleva scoprire, come verità nascoste che fluttuano su curve della memoria e sentimenti atavici di Redenzione.
Si pensi a “La gloria dell’indigente” (il racconto) al formidabile poema cubista di “Vino in scatola e amore in latta”, la prova più ardita e convincente della raccolta, che si scontra col lessico e la sintassi e diviene mare come direbbe Nietzsche.
“Un uomo diretto verso valle” storia di un novello Fauno di Lirico Clamore, perso nei suoi blues, che sa trovare ancora la forza di combattere contro ogni tipo di ingiustizia, probabilmente poco prima di dover provare a bussare all’Eden, fra omaggi al cinema western, fra Steinbeck e Faulkner, passando dal genio messicano di Guillermo Arriaga fino a Dos Passos, e ancora prima del grande successo di “No country for old man”, libro e film.
Anche se, personalmente il racconto più suggestivo per tematiche e narrazione appare “Materiali di età neroniana”, assurdo, eppure terribilmente veritiero, fra citazione ai maestri e beatificazione dei Caduti, sa regalare grandi momenti di poesia e strappa anche qualche risata, cosa che oggi non è facilmente riscontrabile nella narrativa contemporanea.
“Cigni disillusi in posizione fetale” storia di una giovane Ninfa in salsa barocca, impalpabile e romantico, intimista eppur sfuggente. “Liturgia ritmica”, titolo sublime e narrazione a ritroso di una rapsodia patriottica e solipsista di un musicista che deve fare i conti con le proprie ambizioni e illusioni di rivincita morale. “Il capodanno” apocalittica riflessione di anarchica gioia e di contemplazione trascendente, del vago e del misterioso, fino all’esistenza del soprannaturale. “E una volpe passò”, storia di dolore e sangue, di cicatrici di lunga guarigione e di frontiere inesistenti dove fioccano pallottole argentate destinate a sconquassare l’animo fino alle fondamenta della terra. Un piccolo capolavoro di rabbia e coraggio.
 

Dario "Twist of Fate" e Davide "The Saint"


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