UNDER THE RED SKY
di Tommaso
Siamo tutti d'accordo che il suo fratellone maggiore "Oh Mercy" è un disco
alto , bruno e fascinoso e Under The Red Sky è invece un album rossiccio e
lentigginoso, ma è anche intelligente, si applica, ed ha i suoi perché.
Molti insistono col dire che è stato vestito male, che gli arrangiamenti
gli stanno larghi e che la voce di Dylan gli sta stretta ai piedi, ma
(Gesù!) basta dargli modo di farsi conoscere per accorgersi che sono solo
antipatici pregiudizi.
Cosa c'é che non va in "Wiggle Wiggle" ? E' un boogie-woogie che salta sul
fuoco, minacciosamente sexy, un perfetto biglietto da visita dell'album
che quasi nessuno ha voluto leggere.
"Unbelievable" storce il naso allo yuppismo allora (e adesso) imperante,
opponendo all'ottimismo con i fucili puntati un perfetto hard blues,
sanamente bacchettone.
Con "TV Talkin' Song" Dylan torna all'antico amore per i talkin'blues, non
alle fluviali visioni dei primi album ma, ancora più indietro, alle
semplici e micidiali parabole di "Man On The Street" o "Hard Times in New
York". E' una barzelletta angosciata, che da sopra uno svelto tappeto
rhytm'n'blues ti punzecchia malevola.
"10000 Men" è un piccolo gioiello di pacato surrealismo blues, che si
adagia sornione tra chitarre taglienti e schernisce pensoso ancora gli
Yuppies, i nuovi padroni del mondo, che possono vantare sette mogli a
testa ma sono stati tutti in galera.
"2x2" è l'altra faccia della medaglia: i perdenti , gli sconfitti, che al
suono dolce e deciso di questa ballata bussano alle porte del paradiso e
si mettono in fila davanti all'arca, in attesa del nuovo diluvio.
E ad attenderli c'è il Dio invocato e temuto in "God Knows", una elettrica
preghiera che si innalza un po' irriguardosa al cielo. Il capolavoro
dell'album, se mi posso permettere.
Ma Dylan non si sottrae a questo scenario svagatamente apocalittico, così
con "Handy Dandy" si dipinge un autoritratto divertito e proprio per
questo stranamente impietoso, dove l'arrangiamento alla "Blonde On Blonde"
fa delicatamente comunella con la leggerezza anni cinquanta della melodia.
"Cat's In The Well" è la degna chiusa, un blues con il surf, lanciato
sulle onde di una nera filastrocca, desolata e inquietante (perché, a
qualcuno fa sorridere l'idea di un micio finito in fondo ad un pozzo?).
Ho volutamente lasciato di commentare "Under The Red Sky" e "Born In Time"
alla fine, perché, pur essendo paradossalmente le canzoni migliori
dell'album a livello di melodia ("Under The Red Sky") e di testi ("Born In
Time"), sono effettivamente le uniche mal servite, cromate e tirate a
lucido con una irritante verniciatura pop, a base di tastierine da
pianobar e chitarrine degne giusto di Baywatch. Ma anche così addobbate
riescono comunque a comunicare una certo
fascino, e se non altro, a mio parere, possono dare l'idea di come
avrebbero potuto suonare le canzoni di Dylan nella "trilogia maledetta"
degli anni ottanta, se solo fossero state arrangiate con quel minimo
indispensabile di cervello.
Concluderei così: se "Oh Mercy" è un oscuro e mirabolante "lato A", "Under
The Red Sky" è un dignitosissimo e divertente "lato B".
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