MAGGIE'S FARM

SITO ITALIANO DI BOB DYLAN

ROLLING WITH THE THUNDER
di Paolo Vites

Un grazie di cuore a Paolo Vites per aver concesso a "Maggie's Farm" questi articoli da Jam n. 88 (Dicembre 2002)



°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

ROLLING WITH THE THUNDER
di Paolo Vites

Nell'autunno del 1975, senza alcun battage pubblicitario, alcuni dei più grandi protagonisti degli anni Sessanta prendono la strada e cominciano a esibirsi a sorpresa, senza neanche annunciare chi salirà sul palco. Alla loro testa c'è Bob Dylan: quell'incredibile circo di santi, vagabondi, ubriachi, poeti e musicisti attraversa gli States per celebrare l'America e lo spirito del rock'n'roll. Oggi, quasi trent'anni dopo, esce finalmente la prima documentazione ufficiale di quel tour. Ne abbiamo parlato con due che c'erano, Bob Neuwrith, "fratello di sangue" di Dylan, e il giornalista Larry Sloman che per Rolling Stone seguì quel tour e ne trasse un bellissimo libro, ristampato per l'occasione. In più, recensiamo ovviamente The Bootleg Series Vol. 5, esaminiamo Renaldo & Clara, il controverso film che documenta la tournée, parliamo di Desire, l'allora disco inedito che Dylan presentò in anteprima, e apriamo una finestra sul tour del '76, quello da cui fu tratto il bellissimo live Hard Rain. Get ready! The Rolling Thunder Revue is in town...

--------------------------------------------------------------------------------
Estate del 1975. Le strade del Greenwich Village, New York. I giorni di gloria del quartiere bohemien sono passati da un pezzo, almeno da quando il cantautore Jim Croce, alla fine dei Sessanta, ha detto che "New York is not my home anymore". Lì dove, un decennio prima, la gente faceva la fila per entrare nelle coffee house per ascoltare il folksinger di turno; là dove, con un po' di fortuna, si poteva incontrare un allucinato Bob Dylan scendere da una limousine con la sua corte di poeti e spacciatori, con al braccio una stellina rubata ad Andy Warhol, oppure ascoltare un Jimi Hendrix ancora sconosciuto far esplodere la sua chitarra tra le mura del Cafè Wha?, adesso ci sono solo fantasmi. Ad esempio quello di Tim Hardin, un tempo splendido cantautore di successo, adesso magro come uno zombie in giro a scroccare un'altra dose di eroina. Oppure Phil Ochs, gonfio e stordito, mentre si scola un'altra bottiglia di whisky, patetica immagine di quel cantautore di sinistra che metteva alla berlina i presidenti degli Stati Uniti e guidava le marce per la pace. Tutti sono andati in California a cercar fortuna, molti hanno mollato la spugna da quando fare il folksinger non è più cool come una volta.
C'è una scena, però, a New York, che brucia e ribolle di novità: è quella del puzzolente CBGB's, qualche isolato più in giù del Greenwich, un club che sarebbe meglio definire una toilet con un palco, dove sta emergendo il futuro del rock'n'roll e della Grande Mela: Patti Smith, Television e Ramones, tra gli altri sono i nuovi eroi. Oppure devi andare al Bottom Line, dove in quell'agosto del '75 Bruce Springsteen, il nuovo santo in città, sta tenendo dieci serate consecutive per lanciare al mondo il suo sogno di rock'n'roll, meglio noto come Born To Run. Per quando avrà finito quella maratona, avrà "lasciato questa città di perdenti": se ne sta andando per vincere, sulla sua thunder road.
Qualche sopravvissuto, a dire il vero, lo trovi ancora in quello che una volta era il cuore del fok revival, il Bitter End, da un anno ribattezzato The Other End. Ad esempio Ramblin' Jack Elliott e Bob Neuwirth, due vecchi amici di Bob Dylan nei Sixties che stanno suonando proprio lì, in quell'agosto del '75. Ed è lì che, senza alcun annuncio, silenziosamente e inaspettato, Bob Dylan stesso sta tornando. Al Greenwich, ai suoi fantasmi e a un nuovo mattino che sta inseguendo da quel pomeriggio, nel luglio '66, quando per poco non ci era rimasto, a bordo di una motocicletta, sulle colline di Woodstock.
Quando era la rockstar più popolare del pianeta, insieme ai Beatles.
A Bob Dylan, infatti, non è bastato un clamoroso comeback tour, un anno prima, con i vecchi amici di The Band, un tour passato alla storia come campione di incassi bruciando ogni precedente tournée rock. Nè gli è bastato incidere Blood On The Tracks, il suo più bel disco dai tempi di Blonde On Blonde, un capolavoro di intima riflessione acustica.
Sente l'aria che arriva da New York, Bob Dylan.
Va a vedere Patti Smith che suona, in quell'estate, e ne è talmente colpito che scrive un brano, Isis, ispirato dalla sua performance.
Poi va ad ascoltare Jack Eiliott, duetta con lui e si ubriaca con Phil Ochs. Una sera appare anche, non annunciato, sul palco del vecchio Folk City, dove i sopravvissuti dei Sixties festeggiano Mike Porco, il proprietario di quel club che dieci anni prima aveva permesso a ognuno di loro, Dylan compreso, di lanciare la propria carriera. Poi discute con il vecchio amico ritrovato Bob Neuwirth un sogno che culla da anni, quello di una tournée itinerante che attraversa gli Stati Uniti senza battage pubblicitario, con a bordo tutti quelli che hanno voglia di esserci. "Sarà come un tuono fragoroso che rotola per l'America", dice Dylan.
Un rolling thunder...Uno schiaffo in faccia a quello che è diventato il rock'n'roll, un mega business dove le star si esibiscono negli stadi da 80mila spettatori per esaltare il proprio ego più che per fare buona musica. Addirittura Dylan e Neuwirth pensano di prenotare in segreto i locali e senza dire, fino al giorno prima, che Bob Dylan è in città. Sarà un medicine show, una revue stile compagnia dell'arte italiana del Rinascimento, una pazzia mai vista prima nel mondo del rock. Per Dylan c'è una risposta sola: perche un tour, adesso?
"Perchè credo sia quello che devo fare. Andare in tour è nel mio sangue."

Quell'estate del '75 è anche quella che vede Dylan comporre e registrare il suo nuovo disco Desire una serie di ballate forti
come un racconto di Steinbeck, che attraversano l' America e le sue ingiustizie (la storia di Hurricane), i suoi sogni più romantici (Joey, un mafioso descritto come una sorta di Robin Hood), così come le visioni del suo poeta rock più famoso, lo stesso Dylan: Iside, la dea della luna; Sara, la musa che gli ha salvato la vita; la figlia del re degli zingari e un amore impossibile (One More Cup Of Coffee). E' un Bob Dylan che sta bruciando, come non gli accadeva da anni, di una passione artistica incontenibile: l'unica valvola di sfogo è la strada dei concerti. Dopo una serata improvvisata, al Greenwich, in cui si alternano tra gli altri Ramblin' Jack Elliott, Bob Neuwirth, Ronee Blakey, Joan Baez, Roger McGuinn, Patti Smith, Eric Andersen e Dylan, il cast del tour è pronto.
Oltre a Dylan, che si esibirà nel corso di ogni serata più o meno a metà dello show, avranno il loro spotlight tutti i nomi prima citati (meno Andersen e la Smith, che declinano l'invito per altri impegni), mentre ospiti occasionali si aggiungeranno in alcune date: Joni Mitchell, Robbie Robertson, Ronnie Hawkins, Kinky Friedman, Arlo Guthrie. Guida spirituale è il santone della beat generation, Allen Ginsberg: "Non ho mai sentito Dylan esibirsi in modo così potente. Sembra un imperatore del suono", dirà.
E' chiaro che si tratta di una celebrazione di un'intera generazione, quella dei Sessanta, e di alcuni tra i suoi maggiori protagonisti. Ma è anche, in vista delle celebrazioni dei 200 anni dalla nascita degli Stati Uniti d' America che scatteranno l'anno seguente, nel '76, una sorta di viaggio alla riscoperta dell'America stessa, partendo, non a caso, da quella città di Plymouth, Massachussetts, dove arrivarono i padri pellegrini a fondare la nazione. Ma anche l' America e quanto di alternativo essa ha espresso: Jack Kerouac, ad esempio, con il concerto tenuto nella sua città, Lowell, e la visita sulla sua tomba, su cui Dylan e Ginsberg improvviseranno poesia e musica.
Non basta ancora. Dylan è talmente 'carico' che decide che tutta l'avventura sarà filmata ("Ne faremo un film che manderà all'aria Hollywood", dichiara): non solo i momenti musicali, ma anche l'intero tour, con ogni protagonista che si improvvisa attore. Il risultato sarà il discusso film di quattro ore di durata Renaldo & Clara, alla cui produzione collabora il drammaturgo Sam Shepard, anche lui a bordo del carrozzone, naturalmente.
I concerti della Rolling Thunder Revue rivelano un Dylan ai livelli massimi della sua capacità di performer. Ben coadiuvato da un'ottima band, i Guam (al cui interno militano la sezione ritmica che ha collaborato alla registrazione di Desire, il bassista proveniente dal rockabilly Rob Stoner e il batterista Howye Wyeth, più David Mansfield alla pedal steel e mandolino, la violinista Scarlet Rivera, il chitarrista T-Bone Burnett e l'altro chitarrista Mick Ronson, già negli Spider Of Mars di David Bowie, più Steven Soles, chitarra e voce), Dylan sembra aver fatto pace con i fantasmi che lo avevano ossessionato durante il comeback tour con The Band di un anno prima, in cui sembrava quasi costretto, di malavoglia, a riprendere in mano quello scottante songbook che aveva composto negli anni Sessanta.
Adesso, invece, appare liberato: canzoni come Mr. Tambourine Man, eseguite in modo fascinosissimo, con amore e passione, o addirittura Blowin' In The Wind eseguita ogni sera in duetto con Joan Baez, sono un autentico riappropriarsi di quanto di buono gli anni Sessanta avevano creato. E lui ne è consapevole, sa che sta tornando al suo posto di portavoce dell' America stessa, per chi lo vuole ascoltare: per i sopravvissuti dei sixties come lui o per chi era troppo giovane allora e lo scopre solo adesso.
Altri classici, ad esempio Hard Rain, vengono ristrutturati in devastanti esecuzioni elettriche, mentre il suo ruolo di portavoce dell'America che soffre è siglato dalla nuova ballata Hurricane. Canzone che diventa anche sigla di una campagna sociale tesa a riaprire il caso del pugile Rubin 'Hurricane' Carter, accusato di omicidio durante una rapina, avvenuta nel luglio 1966. E' un evidente caso di persecuzione razziale, avvenuto in un momento storico in cui i ghetti di mezza America erano sconvolti da incidenti e sommosse popolari. Che cosa di meglio che accusare di omicidio un nero che sta per diventare campione del mondo, arrogante e minaccioso per la supremazia bianca? Bob Dylan, nei primi mesi del '75, aveva letto la biografia di Carter, The Sixteenth Round, ne era rimasto talmente colpito da averlo voluto incontrare in carcere, di persona.
Hurricane, un brano di furiosa denuncia sociale, non solo guida Desire, una volta pubblicato, al successo in tutto il mondo con oltre un milione di copie vendute, ma apre una ferita nel cuore dell'America. L'ultimo concerto del tour è un benefit per Rubin Carter, The Night Of The Hurricane, tenuto al Madison Square Garden con la presenza di Mohammed Alì, cioè Cassius Clay ("Non sapevo manco chi fosse questo Bob Dylan", dirà l'ex pugile), l'ultimo grande momento di coinvolgimento politico e sociale di Bob Dylan. E' presente anche l'uomo che, pochi mesi dopo, diventerà il nuovo presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter. Purtroppo, nonostante i segnali che sembrano positivi, una nuova revisione del processo non darà alcun risultato e Carter resterà in prigione fino al 1985.
Lo spirito che anima la Rolling Thunder è unico: certe sere Joan Baez, con su i vestiti di Dylan, viene annunciata come Bob Dylan. Lo stesso cantautore sale sul palco, ogni sera, con una maschera che ne deforma i tratti e solo quando comincia a cantare il pubblico capisce di chi si tratta. Come un recitante della commedia dell'arte italiana, poi, Dylan ha il volto completamente pitturato di vernice bianca. Dirà di aver preso l'idea dai Kiss (!)... Allen Ginsberg benedice a modo suo ogni serata e quanto l'atmosfera generale abbia ispirato Bob Dylan in alcune delle sue più significative performance di tutta la carriera, lo mostra sufficientemente bene l'esecuzione di Isis, immortalata in Renaldo & Clara e visibile finalmente al grande
pubblico (chè il film non è mai stato pubblicato come vhs e gira solo sporadicamente in qualche cinema d'essai) nel dvd allegato all'edizione speciale di Bootleg Series Vol. 5.
Senza la chitarra, un gesto già oltraggioso, Dylan è spiritato e invasato, come lo era solo nel corso dell'epocale tour del 1966: gli occhi lanciano autentiche saette in ogni direzione, mentre le mani e le braccia disegnano ampi gesti celebrativi nell'aria. La musica intorno a lui è selvaggia e delirante e si consuma, in quell'esecuzione, un autentico sabba degno di un medicine show, quasi Dylan stia evocando i fantasmi di Robert Johnson e Hank Williams. Il rock come forma di espressione totale.
La Rolling Thunder Revue poi, vive di momenti propri anche al di là del palcoscenico, in uno spirito di cameratismo e di
poesia unici: l'incontro con i nativi americani in una riserva (tributo alle radici più vere del Paese), il cui capo, incredibile
coincidenza, si chiama proprio Rolling Thunder; la cerimonia buddista sulle rive del fiume, all'alba, guidata da Ginsberg; la visita a un'anziana maga di origine napoletana (Mama) in cui ognuno si fa leggere i tarocchi; il concerto nella prigione di Hurricane con spettatori i detenuti; la visita alla tomba di Jack Kerouac con Ginsberg che chiede a Dylan che epitaffio vorrebbe sulla propria tomba e lui che risponde: "Nessuno".
"Ho lasciato la strada che ci vedevo doppio. Ma di sicuro è stato un viaggio che ne è valsa la pena", dirà Dylan al termine del tour. Era stato assente dalle scene per otto anni (dall'estate del '66 al gennaio del '74), tranne sporadiche apparizioni. Poi venne il tour del comeback con The Band che non fu abbastanza per fargli ritrovare la voglia di esibirsi. Fino a quando giunse il tempo della Rolling Thunder Revue. Si può dire, a ragione veduta, che quella voglia incessante di esibirsi che è giunta all'eccesso del cosiddetto Never Ending Tour sia nata proprio allora. E' dal 1975, praticamente, che Bob Dylan è sempre in giro ad esibirsi, infrangendo le regole del music biz che vogliono un artista in tournee solo dopo l'uscita di un album nuovo. Quando comincia la RTR, nell'ottobre del '75, Desire non è ancora stato pubblicato, lo sarà solo nel gennaio 1976. Nella primavera di quell'anno la Revue si rimette on the road e Dylan, a Larry Sloman, confida che adesso sarà così per sempre, ci sarà sempre una revue a portare in giro la sua musica. Quel re degli zingari di cui cantava nelle strofe oscure di One More Cup Of Coffee alla fine ha tolto la maschera: è Bob Dylan.
Nel corso degli anni sul palco, ancor più che in studio, Dylan darà vita ad alcuni dei momenti più alti (così come ad alcune autentiche cadute) della sua intera carriera. "Quando avrò novant'anni e mi vorrai vedere, mi troverai su di un palcoscenico, da qualche parte", ha confidato alcuni anni fa. La musica ha senso solo nell'atto della performance, è questa l'eredità più bella che la Rolling Thunder Revue ci ha lasciato. Un concetto che sconfigge ogni pretesa di consegnare la musica rock ai musei o ai freddi solchi di un vinile o di un cd. La musica è una cosa viva in continua trasformazione e ha significato nel momento della sua rappresentazione, costi quel che costi, anche una serata svogliata e balorda. Ma quando l'artista vince, allora potremo solo mangiarci le mani per non essere stati presenti.
"Andare in tour è nel mio sangue" , aveva detto Dylan nel '75. Il suo è il sangue di uno zingaro.
Lui è lo zingaro del rock'n'roll.

--------------------------------------------------------------------------------

Canzoni di redenzione

"Desire": il disco della Rolling Thunder Revue
di Paolo Vites
(tratto dal libro di Paolo Vites e Alessandro Cavazzuti "Bob Dylan 1962-2002: 40 anni di canzoni", Editori Riuniti)

Nella seconda metà di luglio 1975 (dopo una prima infruttuosa session in studio, quella del 14, come vedremo dopo) Dylan e Jacques Levy decidono di abbandonare per un po' di giorni l'ambiente del Greenwich che, tra concerti, bevute e rimpatriate con vecchi amici, sta distraendo Dylan dal flusso creativo che l'ha colpito appena vi ha rimesso piede. Prendono in affitto una casa ad East Hampton, nei pressi di New York, dove lavorano a oltre una dozzina di brani. L'apporto di Levy, co-accreditato per i testi in tutti i brani di Desire tranne Sara e One More Cup Of Coffee, è evidente nell'impronta narrativa e immaginifica allo stesso tempo di tutte le canzoni, che potrebbero essere ognuna di esse sceneggiature per film. Il 14 luglio Dylan pensa di essere pronto a entrare in studio, ma non ha le idee chiare sul tipo di sound che vuole ottenere. Con lui il produttore della Columbia Don DeVito, che ha assemblato, secondo le indicazioni del cantautore, un numero sproporzionato di musicisti, tra cui i membri del gruppo inglese di pub rock Kokomo: si contano cinque chitarristi, tra cui l'amico Eric Clapton (alla fine la sua chitarra si sentirà in un solo brano, Romance In Durango), un chitarrista slide, un sassofonista, un armonicista, un fisarmonicista, due voci femminili (Emmylou Harris e la corista di Clapton, Yvonne Elliman) oltre alla sezione ritmica e a Scarlet Rivera al violino.
Da quanto Clapton racconterà anni dopo ("Me ne dovetti uscire in fretta all'aria fresca perche lì dentro era pazzia pura"), questa prima session è un delirio totale da cui si ricaveranno per Desire solo varie parti di Joey che poi verranno mixate con altre registrazioni del brano per ottenere il risultato finale.
Dopo ben quattordici giorni (passati con Levy a rimaneggiare e sistemare i versi delle canzoni che ha pronte), il 28 Dylan e accompagnatori tornano in studio: si otterrà praticamente un solo brano, la già citata Romance In Durango che in effetti, per ricchezza strumentale, si discosta dall'atmosfera musicale del resto del disco.
Il giorno dopo Dylan prova una prima versione di Hurricane, in un arrangiamento quasi da disco music.
Il 30 manda tutti a casa tranne la sezione ritmica, la Rivera ed Emmylou Harris (Clapton e la sua corista se ne sono già andati di propria iniziativa; il chitarrista inglese non è neanche citato nei crediti dell'album). La fantastica vocalist country, che Dylan ha ammirato nei duetti con lo scomparso Gram Parsons, purtroppo non ha modo di far valere tutte le sue doti, perchè non avvezza al modo di lavorare di Dylan: "Mi diceva di cantare, sempre, senza che io avessi ancora imparato le canzoni, e registrava sempre. Fu terribile".
In effetti la voce della Harris è spesso e volentieri in difficoltà, si capisce in modo distinto che sta cercando di andare dietro a quella di Dylan al meglio delle sue possibilità. Ad esempio in Joey: diverse volte i due attaccano fuori tempo.
In una atmosfera finalmente rilassata vengono registrati molti brani, tra cui Oh Sister; One More Cup Of Coffee, Joey, una nuova take di Hurricane, Black Diamond Bay, Rita Mae (che sarà esclusa dal disco e pubblicata come singolo nel '76), Catfish Blues e Golden loom, le ultime due apparse poi su The Bootleg Series.
La sera del 31 luglio Dylan è accompagnato in studio dalla moglie Sara. Emmylou Harris invece non c'è più. E' la sera altamente emozionale (e per certi versi anche drammatica) in cui Dylan incide, in una sola take, Sara, con la moglie che lo osserva dall'altra parte del vetro della sala di registrazione. Per i musicisti presenti è quasi una violazione dell'intimità, mentre Dylan, voltatosi verso Sara, le dice al microfono: "Questa è per te" e attacca il brano che nessuno ha mai ascoltato prima. Rob Stoner, la Rivera e Howye Wyeth seguono però prontamente Dylan che lascia uscire dal cuore un disperato messaggio di riconciliazione verso la donna che così tanto ha significato per lui. E' abbastanza impressionante pensare che questo momento così privato è stato immortalato per l'eternità, ed è ascoltabile da chiunque: ogni volta che Desire gira nel vostro cd player, o sul giradischi, quel momento, con Dylan e Sara in studio si ripeterà un'altra volta, e un'altra ancora, per sempre...
La performance di Sara (così come la sua melodia) è uno dei momenti più alti di un disco che ha nelle intensissime performance vocali di Dylan il suo punto più alto.
Quella sera Dylan registra anche la bellissima Abandoned Love che, purtroppo, sarà esclusa dal disco per essere pubblicata solo nell'85 su Biograph, e quindi Isis in versione al pianoforte (quella decisiva).
Desire è completato. Così sembra. Vengono scelti i brani da includere e ai primi di agosto Dylan lascia New York. Ma alla fine di ottobre, quando il disco è in procinto di essere stampato per essere nei negozi entro Natale, il cantante deve precipitarsi di nuovo in studio. Gli avvocati della Columbia, ascoltando Hurricane, hanno trovato alcune parti che, secondo loro, potrebbero costare una citazione in giudizio e il conseguente rischio di ritiro del disco dai negozi. In Hurricane, infatti, Dylan cita coraggiosamente nomi e cognomi dei principali personaggi coinvolti nella sporca storia di Rubin Carter ma una inesattezza a proposito della presenza di Arthur Bradley nel bar dove si svolse l'omicidio (era Bello infatti, a trovarsi sul luogo del delitto) lo costringe a reincidere la canzone con nuovi versi. L'accortezza degli avvocati della Columbia non impedirà a Dylan e alla casa discografica di beccarsi una denuncia da parte di Miss Patti Valentine, non troppo felice di venir tirata in ballo come testimone che ha mentito a proposito dei fatti.

DYLAN INCONTRA HURRICANE

Il 24 ottobre Dylan è in studio. Con lui, vista l'indisponibiltà in quel periodo di Emmylou Harris, al controcanto c'è questa volta la cantautrice Ronee Blakely. Ci vorranno sei prove complete senza che si ottenga il giusto risultato. Ogni volta Dylan esegue una linea melodica differente o si lascia prendere dal nervosismo. Alle quattro del mattino un Dylan evidentemente frustrato e incazzato si infila la giacca e si gira verso Don DeVito: "Ehi, Don", gli dice, "scegli tu la versione migliore". E sparisce dallo studio. DeVito farà un massacrante lavoro di taglia e incolla con le sei versioni del 24 ottobre e le sette realizzate il 30 luglio per montare una parte vocale che regga i continui cambiamenti di mood che Dylan attraversa in ogni versione registrata, incapace di mantenere lo stesso feeling (e la stessa parte melodica) in due prove di uno stesso brano. Il risultato sarà incredibilmente perfetto.
Il disco sarà nei negozi solo a metà gennaio 1976, con l'ormai programmato tour promozionale già completamente finito (si
svolgerà dal 30 ottobre all'8 dicembre del '75). Desire è un disco particolarissimo nella carriera di Dylan. La caratteristica principale è la formidabile performance vocale del cantante, una voce che raggiunge le vette espressive della sua carriera: in passato non è mai stata così brillante, non lo sarà mai più in futuro.
Performance vocali che sono rintracciabili solo nei concerti del periodo, quelli con la Rolling Thunder Revue del '75 ma soprattutto del '76.
La voce di Dylan, chiara, pulita, priva di alcuna forzatura, ha un'urgenza dettata dal fuoco della passione e della creatività che brucia in lui durante queste session. La percussionista Sheena racconta come il disco, essenzialmente, abbia preso forma nella session del 30 luglio, in una sola notte, come ai tempi migliori: "Mi chiamò quel pomeriggio dicendomi che non riusciva a dormire... L'energia che sentiva era troppo forte, troppo intensa... L'emotività, la magia, a cui stava cercando di dare una forma artistica".
E' effettivamente un disco ricco di magia, evidentemente influenzato dal mondo dei gitani che tanto lo colpì in Francia. La chiave del disco, musicalmente, è ovviamente il violino della Rivera: assolutamente non una musicista dall'alto tasso tecnico, Scarlet porta il tocco gitano che Dylan vuole. Basta ascoltare l'ammaliante parte che esegue nella splendida One More Cup Of Coffee, una parte che davvero colpisce al cuore.
Sebbene da Desire siano rimasti fuori brani come Abandoned Love o Rita Mae, che sicuramente avrebbero meritato di essere inclusi, quantomeno al posto della banale Mozambique, le canzoni sono tutte di alto livello. Sono quasi tutti, poi, brani molto lunghi, dai sei minuti fino agli undici di Joey.
Isis è guidata da un'incredibile, martellante e ossessiva performance di Dylan al pianoforte: brano dall'incedere blues (e dalla fantastica performance vocale del cantante), ha un testo misterioso e affascinante, tipico del periodo che Dylan stava attraversando, pieno di visioni, dee, zingari, tarocchi (che spuntano anche sul retro copertina), piramidi egiziane, il potere della luna...
Mozambique è... beh, un piccolo divertimento, con un testo che sembra essere stato scritto come spot pubblicitario dell'agenzia turistica del paese africano. One More Cup Of Coffee è probabilmente il capolavoro del disco; composta in Francia, al festival degli zingari, ha liriche oscure e inquietanti e un ritornello dall'uncino perfetto. Oh, Sister è una dichiarazione di amore universale, con un passo melodico ancora nostalgico e intimo; Joey gode di un'altra performance vocale di Dylan sbalorditiva: brano controverso (dedicato al boss mafioso italo americano Joe Gallo, veramente esistito, e che Dylan descrive come una sorta di Robin Hood) che scatena molte critiche, ha dei crescendo strumentali e vocali nei ritornelli davvero epocali.
Romance In Durango ricorda il periodo speso in Messico ai tempi di Pat Garrett & Billy The Kid.
Black Diamond Bay è un'altra storia di taglio decisamente cinematografico, piena di personaggi ambigui e bizzarri, sorta di
Desolation Row degli anni Settanta: è l'unico brano del disco che Dylan non ha mai eseguito dal vivo. E infine l'altro capolavoro dell'album, e uno dei suoi vertici lirici e musicali di sempre, la toccante Sara, in cui Dylan confessa particolari di vita privata come non aveva mai fatto in passato (nè farà in futuro).
Per Desire Dylan scrive anche delle brevi ma significative note di copertina; non solo: anche il poeta più importante
dell'America del dopoguerra, il vecchio amico Allen Ginsberg, scrive un lungo saggio (dal taglio decisamente poetico) all'interno del disco, vergognosamente non ristampato in alcune edizioni su cd.
Il saggio, intitolato Songs Of Redemption, lascia trasparire tutto l'entusiasmo per l'incredibile esperienza della Rolling Thunder Revue. E' infatti scritto il 10 novembre del '75, durante il tour, di cui Ginsberg è una specie di guida spirituale, quel tour che è come una specie di circo, un tributo agli antichi medicine show dei primi anni del Novecento. Si spinge fino a immaginare una nuova rinascita delle arti e dello spirito, come quella che lui e gli altri poeti beat lanciarono a metà degli anni Cinquanta e come quella del grande movimento pacifista degli anni Sessanta: "Queste canzoni sono il culmine di Poesia-musica come fu sognata negli anni Cinquanta e Sessanta (...) Ogni decade-generazionale sboccia nel suo mezzo, la Rinascita Poetica del 1955, Pace in Vietnam a Berkeley nel 1965 (...). Siamo in America, alla fine, redenti. O Generazione, continua a lavorare!". Era un sogno, quello di Ginsberg, naturalmente; un sogno che Dylan racconterà efficacemente nel controverso e discusso (ma affascinante e sincero) lungo film su quel tour, Renaldo & Clara.