Quando Dylan suonò con George Harrison
di Salvatore "Eagle"
Il 1971 fu un anno importante per Bob Dylan infatti, oltre al buon
successo riscosso da New Morning, con la partecipazione al Concerto per il
Bangladesh mosse uno dei primi passi del ritorno sulle scene, dopo il
lungo ritiro a seguito del famigerato incidente in moto.
L'idea di questo concerto fu di George Harrison che, discutendo con il suo
maestro di sitar - il musicista indiano Ravi Shankar - con cui aveva
collaborato sin dai tempi dei Beatles, venne a sapere dell'emergenza
umanitaria in cui versava la popolazione di quel paese, stremata da guerra
e fame.
E questo è proprio Harrison a raccontarlo nella sua autobiografia I, Me
Mine: "Ravi mi parlò dicendomi quanto desiderasse tenere un concerto, ma
un concerto più grande di quelli che faceva di solito, allo scopo di poter
raccogliere forse 25000 dollari per gli affamati del Bangladesh.
Mi chiese se potevo pensare a qualche manifestazione per essere d'aiuto,
come per esempio che fossi io a presentarlo o forse coinvolgere Peter
Sellers, "una maniera per dare una mano comunque".
A seguito infatti di una guerra civile, il Bangladesh si era reso
indipendente e ciò fece si' che milioni di profughi dal Pakistan
Occidentale si riversassero in India ed era per loro necessario un aiuto
immediato.
George pensò allora, sfruttando anche il successo dell'album solista All
Thing Must Pass, di sensibilizzare tutti gli artisti che sentiva vicini
invitandoli a partecipare a questa sua iniziativa che si sarebbe tenuta al
Madison Square Garden .
L'idea prevedeva due concerti che sarebbero confluiti in una selezione su
un doppio album (il disco uscì per la Apple, catalogo 01-468835) e un film
che documentassero questa iniziativa i cui ricavati dalle vendite, oltre
logicamente a quelli della vendita dei biglietti del concerto, sarebbero
stati destinati ad un fondo dell'UNICEF per gli aiuti a questa nazione.
George passò alcuni mesi al telefono per gettare le basi per organizzare
l'evento e convincere tutti coloro che in qualche modo gli erano vicini a
partecipare.
Risposero subito l'amico di sempre Ringo Starr ed Eric Clapton, oltre al
"quinto Beatle" Billy Preston; la loro presenza avrebbe sicuramente
attirato un gran pubblico, già solo per la possibilità di vedere due ex
componenti dei Beatles suonare ancora insieme dal vivo.
Mancava però la ciliegina sulla
torta; ecco allora che spuntò l'idea Bob Dylan, con cui George aveva
collaborato per due brani di All Thing Must Pass (If Not For You e I'd
Have You Anytime) e di cui era molto amico sin dall'epoca dei Beatles.
La presenza di Bob avrebbe aggiunto ancor più prestigio all'iniziativa ma
soprattutto avrebbe allargato la risonanza di quell'inziativa benefica,
dato che da sempre era stato sensibile alle tematiche sociali.
L'occasione si fece ancor più ghiotta per i fans perché quel concerto
avrebbe in qualche modo segnato due grandi ritorni sul palco, quello di
Bob Dylan che si sarebbe esibito nuovamente dopo l'apparizione al Festival
all'isola di Wight del 1969 e quello di Eric Clapton che tornava dopo un
periodo difficile segnato da una grave dipendenza dalla droga.
Così Bob fu arruolato con una telefonata, accettò subito nonostante fosse
da sempre molto problematico convincerlo a partecipare a concerti
collettivi, ma la sua partecipazione restò un'incognita fino a poco prima
che salisse sul palco.
Per fissare la data George si servì di un astrologo indiano che gli disse
che agosto sarebbe stato un ottimo periodo per lui.
La data fu fissata per il primo, tuttavia il concerto fu flagellato sin
dagli inizi da una marea di problemi organizzativi, si fecero pochissime
prove, o meglio non ci fu nessuna prova generale.
Bob prima del concerto provò alcuni pezzi del suo repertorio sia da solo
che accompagnato dalla band; tra queste provò, come dimostra anche uno
spezzone del film, anche If Not For You, tratta da New Morning che era
appena uscito.
Sarà stata la tensione o la paura dell'impatto con il pubblico dopo tanto
tempo, fatto sta che dopo le prove del concerto alla esplicita richiesta
di George Harrison di suonare Blowin' In The Wind (che probabilmente non
aveva provato), Bob rispose quasi infastidito: "Davvero? Ti interessa
quella roba?... E tu allora cosa canterai? I want to hold your hand?...".
In qualche modo poi Bob sembrò convincersi e tra l'incertezza generale la
macchina di Harrison partì; la prima parte della serata fu dedicata alla
musica del continente indiano con un quartetto guidato da Ravi Shankar al
sitar con Ali Akbar Khan secondo solista al sarod.
Poi seguì lo splendido set di Harrison circondato da una band messa su per
l'occasione composta da solisti d'eccezione e sessionmen di grande valore
come "slowhand" Eric Clapton alla chitarra, Billy Preston all'organo,
Klaus Voorman al basso, Jesse Ed Davis alla chitarra, Leon Russell al
piano, il gruppo Badfinger, la sezione fiati diretta da Jim Horn, e due
batterie con
Ringo Starr e Jim Keltner.
Tutto filava per il meglio, il sound era perfetto dato che George aveva
chiamato i tecnici del suono della Band a curare il tutto, stessa cosa per
le luci per cui fu chiamato Chip Monck.
Tuttavia, man mano che il concerto andava avanti, la presenza di Bob sul
palco sembrava essere meno sicura e tutto questo aveva condizionato anche
la scaletta del concerto che lo stesso George aveva attaccato alla propria
chitarra e in un certo punto, in corrispondenza dell'ipotetico set di
Dylan, aveva scritto solo il nome "Bob" seguito da un punto interrogativo.
Poco prima di salire sul palco Dylan, scorgendo un Madison Square Garden
stracolmo, stava quasi per mollare e disse a George Harrison qualcosa
come: "No, amico... Io non ci vado là fuori... Non è roba per me...".
Quando poi arrivò il momento, si scambiarono un'occhiata e Bob salì sul
palco.
Si presentò con la solita ciondolante andatura e lo stesso modo di
vestirsi degli anni sessanta, accompagnato dalla sola chitarra acustica e
dal reggiarmonica.
Poi Harrison si avvicinò al microfono e annunciò: "Ecco un altro mio
amico, qualcuno che conoscete tutti quanti: Mister Bob Dylan!" e subito il
Madison Square Garden esplose in un lungo applauso che si placò alle prime
note di A hard rain's a-gonna fall; la sua voce era perfetta, senza
sbavature, aveva abbandonato quel tono da hobo per abbracciarne uno più
diretto e immediato, il suo cantato era espressivo come mai facendo
emergere con forza ogni visione apocalittica contenuta in quella splendida
canzone.
Ancora un'ovazione accompagnò la successiva Blowin' in the wind che eseguì
ancora da solo, il fraseggio fu talmente particolare che questa versione
può essere considerata unica, mai più infatti la eseguirà in quel modo.
La terza canzone, It takes a lot to laugh, it takes a train to cry, fu
suonata con alcuni membri della band che Harrison aveva reclutato per
l'occasione ma con qualche cambiamento sostanziale, infatti Leon Russell,
che aveva registrato da poco dei pezzi con Bob, tra cui Watching the River
Flow, abbandonò il pianoforte per imbracciare il basso (così come accadeva
nella band di Joe Cocker immortalata in Mad dogs & Englishman), Ringo
Starr scese dalla batteria e prese in mano il tamburello.
Harrison restò come chitarra solista. Il fatto che per la prima volta Bob
cantasse dal vivo con un ex Beatle rendeva tutto ancor più interessante.
Il sound che generarono li' tutti insieme su quel palco fu qualcosa di
irripetibile, qualcuno ha provato a paragonarlo a quello dei moderni e
strombazzatissimi Unplugged, ma è impossibile; quella sera nell'aria c'era
qualcosa di magico.
Nonostante il brano avesse su disco un anima di blues elettrico,
quell'arrangiamento particolarissimo le imprimeva qualcosa in più.
«L'impatto sul pubblico era incredibile» ricorda Jim Horn, che guidava la
sezione fiati durante il concerto.
Splendide anche le successive Love Minus Zero e Just Like A Woman che
riuscì particolarmente bene dato che cantarono tutti insieme il ritornello
armonizzando.
Nonostante le paure iniziali tutto andò benissimo e Bob sembrò molto
divertito nel provare il brivido del palcoscenico dopo una sosta così
lunga.
I set di Dylan furono così una sorta di concerto nel concerto, durarono
entrambi circa 20 minuti, la sera ripetè la magnifica
performance del pomeriggio con la sola sostituzione di Love Minus
Zero/No-Limit con Mr.Tambourine Man.
Questo set serale finì nel disco dato che c'era molto più pubblico e
quindi più applausi, ci resta così solo la splendida versione di
Mr.Tambourine Man e non Love Minus Zero, che però è reperibile nel bootleg
Bob Dylan For Bangladesh.
Nei giorni successivi al concerto la stampa ne parlò benissimo, Robert
Shelton in Vita e Musica di Bob Dylan ne riporta alcuni interessanti
passaggi: "Richard Williams scrisse sul Times: - Il colpo grosso fu,
naturalmente, di aver persuaso Dylan, la
Garbo del rock, ad abbandonare l'isolamento che si è imposto e a ritornare
sulla scena.
La sua partecipazione ha trasformato il concerto in un avvenimento
storico, facendolo diventare un compendio di tutto quanto c'è stato di
meglio nella musica popolare degli anni Sessanta.
Anche Ray Coleman sul Melody Maker, non risparmiò elogi dicendo: - Nessuno
canta Dylan come Dylan. Ha dimostrato ancora una volta, di essere l'unico
grande solista della canzone contemporanea.
Sembra che Dylan abbia fatto un giro completo su di sé e sia tornato ad
amare le sue prime canzoni."
Anche il promotore iniziale dell'iniziativa, Ravi Shankar, commentò il
risultato dicendo: "Attraverso la nostra musica vorremmo farvi sentire
tutta l'agonia del Bangladesh".
Il rilievo dato dalla stampa all'evento fece sì che la Apple, la Capitol e
la Columbia Records, si contendessero il triplo album per mesi, poi uscì
nel gennaio del 1972 fruttando quasi quattro milioni di dollari
all'UNICEF.
Fu girato anche un documentario, ma il risultato non fu lo stesso, le
riprese erano state compromesse dalla scelta di Harrison di usare delle
telecamere fisse di cui alcune addirittura mal posizionate.
Altri problemi poi sorsero perché il palco era stato illuminato solo con
luci bianche per scelta del regista, scelta questa che fece scendere
moltissimo la qualità del filmato che vide la luce solamente dopo un lungo
lavoro di montaggio di oltre quaranta ore di girato.
Non mancarono poi anche gli errori a livello amministrativo infatti per un
disguido non si riuscì ad avvertire l'UNICEF prima e Harrison fu costretto
ad affidare tutto ad un gruppo di avvocati, dato che furono accusati di
volerne trarre dei profitti illeciti.
Il denaro ricavato che si aggirava tra gli otto e i diecimila dollari fu
congelato e solo dopo alcuni anni fu a disposizione della gente del
Bangladesh.
Tuttavia l'operazione, considerando l'epoca, fu assolutamente innovativa
dato che un'esperienza simile fu ripetuta solo molti anni dopo con il Live
Aid, organizzato da Bob Gedolf.
Harrison temette all'epoca che tutti i problemi organizzativi che avevano
afflitto il concerto avrebbero minato la sua amicizia con i vari colleghi
musicisti presenti al concerto; non fu così. Con Clapton sappiamo tutti
come è andata, con Keltner e gli altri anche. Con Bob fu lo stesso, la
loro amicizia era destinata a durare negli anni e aveva già portato a
varie collaborazioni musicali.
Già nel 1970 infatti per l'etichetta Living Legend (catalogo LLRCD 081)
uscì un disco semi ufficiale "Bob Dylan meets George Harrison and Johnny
Cash", che raccoglieva su un lato le sessions con l'ex beatle e sull'altro
quelle con Cash.
Questa è sicuramente un'importante testimonianza storica, più che un
caposaldo della discografia dei due artisti; splendidi comunque tra i
brani One too many mornings (riproposta da Dylan anche con Johnny Cash
nell'altro lato), la
cover beatlesiana, che suona un po' come una presa in giro, di Yesterday e
Song to Woody.
All'uscita di All things must pass, l'album solista di Harrison dopo la
separazione dai Beatles, si scoprirono due bei regali di Bob Dylan a
Harrison: la dolcissima If not for you e il ritornello di I'd have you
anytime, che cofirmò con lui.
FONTI:
George Harrison: I, Me, Mine Autobiografia
Howard Sounes: Bob Dylan Biografia
Robert Shelton: Vita e Musica di Bob Dylan
BOOTLEG DI RIFERIMENTO
BOB DYLAN FOR BANGLA DESH
Don't Ya Tell Henry 1CDR
(1) Concert For Bangla Desh rehearsal (New York, NY); July 31, 1971 [dal
film]
(2) Madison Square Garden (New York, NY); August 1, 1971 (pomeriggio)
(3) Madison Square Garden (New York, NY); August 1, 1971 (pomeriggio)
[line]
(4) Madison Square Garden (New York, NY); August 1, 1971 (sera)
(5) Registrazione casalinga (Woodstock, NY); November 1968
(6) David Bromberg
(1) If Not For You [fragment]
(2) Hard Rain's A-Gonna Fall, Blowin' In The Wind, It Takes A Lot To
Laugh,
Love Minus Zero, Just Like A Woman
(3) Love Minus Zero, Hard Rain's A-Gonna Fall
(4) Hard Rain's A-Gonna Fall, It Takes A Lot To Laugh, Blowin' In The
Wind,
Mr. Tambourine Man, Just Like A Woman
(5) Nowhere To Go, I'd Have You Anytime
(6) Sammy's Song (Dylan harp)
NOTE: Splendido bootleg che contenente tutti i set suonati da Bob al
concerto per il Bangladesh, il sound è ottimo, così come la voce di Bob
che è davvero perfetta, ne mielosa come ai tempi della partecipazione al
Festival all'isola di Wight, ne' spigolosa come nel tour del 1974 con The
Band. Insomma una perla impedibile, soprattutto se si pensa che come bonus
c'è la versione embrionale di I'd Have You Anytime cantata da Bob e poi
apparsa sul disco di George Harrison All Thing Must Pass. Da notare che le
tracce del set serale e la canzone "Sammy's Song" sono tratte da
pubblicazioni ufficiali.
Altri Bootleg riportano solo alcune canzoni come
- Acustic Trobadeur che riporta solo Love Minus Zero, Hard Rain's A-Gonna
Fall tratte dal concerto del pomeriggio.
- Night Of The Hurricane che riporta la sola Love Minus Zero
- Weberman Phone Calls che oltre a riportare le telefonate con il celebre
persecutore dilaniano, riporta l'intero concerto del pomeriggio.
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La scaletta del disco doppio che celebrò l'evento:
George Harrison/Ravi Shankar Introduction
Bangla Duhn
Wah-Wah
My Sweet Lord
Awaiting On You All
That's The Way God Planned It
It Don't Come Easy
Beware Of Darkness
While My Guitar Gently Weeps
Jumpin' Jack Flash / Youngblood
Here Comes The Sun
A Hard Rain's Gonna Fall
It Takes A Lot To Laugh, It Takes A Train To Cry
Blowin' In The Wind
Mr. Tambourine Man
Just Like A Woman
Something
Bangla Desh
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I dati del disco:
George Harrison & Ravi Shankar
ERIC CLAPTON
(courtesy of Polydor Records Ltd.)
BOB DYLAN
(courtesy of Columbia Records, Inc.)
BILLY PRESTON
(appears by the Grace of God)
LEON RUSSELL
(with love from Shelter Records, Inc.)
RINGO STARR
KLAUS VOORMANN
BADFINGER
Pete Ham
Tom Evans
Joey Molland
Mike Gibbons
ALAN BEUTLER
JESSE ED DAVIS
(courtesy of Atlantic Records, Inc.)
CHICK FINDLEY
MARLIN GREEN
(from Elektra Records - Peace)
JEANIE GREENE
(from Elektra Records - Peace)
JO GREEN
DOLORES HALL
JIM HORN
(with love from Shelter Records, Inc.)
KAMALA CHAKRAVARTY
JACKIE KELSO
JIM KELTNER
USTED ALIAKBAR KHAN
CLAUDIA LINNEAR
LOU McCREARY
DON NIX
(from Elektra Records - Peace)
DON PRESTON
CARL RADLE
ALLA RAKAH
RAVI SHANKAR
performed courtesy of Gramophone Co. of India Ltd.
PRODUCTION COORDINATON
Steve Lieber
Allan Steckler
Jon Taplin
SOUND
Band Concert Productions
Ed Anderson
Clare Brothers Inc.
STAGING & LIGHTING
Bruce De Forrest
Chip Monck Enterprises
INTRUMENTS AND SUPPLIES
Ampeg Corp.
Carrol Music Instrument Rental
Manny's Music
Total Piano & Organ Service
Warren Arhcer, Mike
Mahoney & Color Service
Al Aronowitz
Neil Aspinall
Nick Bell
Pete Bennett
Mal Evans
Gary Haber
Kevin Harrington
Paul Mozian
Queens Lithographing
Shyamsundar - Das
Album package, photography and design by
Barry Feinstein & Tom Wilkes for
Camouflage Productions.
Additional photography by Alan Pariser.
(c) 1971 APPLE RECORDS, INC.
(California) All Rights Reserved.
This recording was made using up to 44 microphones at one time.
Special thanks go to Gary Kellgren, Lillian, Dennis and Tom of Record
Plant, New York and to Norman and Steve mix
down engineers of A&M Studio, Los Angeles for their time and energy.
Mastered at Sterling Sound
All Glories to SRI KRSNA
Produced by George Harrison and Phil Spector
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