E' un
grande piacere per noi pubblicare questo bellissimo pezzo che ci manda
Paolo Vites, giornalista ben noto in particolar modo a tutti i "dylaniani"
per il suo lavoro di divulgazione dell'opera di Dylan.
Ecco quello che mi scrive Paolo, che ringrazio per i complimenti: Cari
amici del sito Maggie's Farm, sono Paolo Vites, un tempo pubblicavo una
fanzine dedicata a Bob Dylan (Rolling Thunder) e ancora oggi che sono
giornalista musicale (per la rivista JAM) continuo di tanto in tanto a
scrivere di Bob. Ho visitato il vostro sito e sono rimasto davvero
impressionato dalla mole di lavoro e di notizie che avete raccolto:
complimenti! Immagino la fatica... Quello che segue è un mio articolo
pubblicato (in parte) su "JAM" nel 1998 ed in maniera integrale sulla
rivista "LATE FOR THE SKY", Paolo Vites
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PLAY FUCKING LOUD!
di Paolo Vites
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Il leggendario concerto di Bob Dylan and the Hawks del maggio 1966,
bootlegato centinaia di volte, viene finalmente pubblicato ufficialmente:
fu una serata dai risvolti drammatici, dopo di cui la storia del rock non
fu più la stessa
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Qualcuno ha scritto un intero libro su quell'unica serata del 17 maggio
1966. Certo è che il bootleg (si stima venduto in oltre centomila copie,
una cifra enorme per un disco pirata) di quel concerto è uno dei più
famosi al mondo, ironia della sorte per quasi trent'anni intitolato in
modo sbagliato.
Ricordo ancora quando, nel 1978, ne comprai una copia per circa novemila
lire: Bob Dylan At The Royal Albert Hall. Nel giro di un paio d'anni lo si
poteva rivendere per settantantamila lire.
Poi l'avvento dei CD 'pirata' e la conseguente pubblicazione di decine di
titoli differenti contenenti sempre lo stesso materiale ne abbatté il
valore collezionistico. Ma la mia copia in vinile con quella bella foto in
bianco e nero ce l'ho ancora. Il bootleg, purtroppo, conteneneva, peraltro
in ottima qualità sonora, solo la porzione elettrica dello show, omettendo
l'iniziale set acustico che è stato finalmente pubblicato, sempre su un CD
'pirata', solo un paio di anni fa, sull'ottimo Guitars Kissing And The
Contemporary Fix.
Il concerto in effetti si tenne a Manchester, alla Free Trade Hall e fu
registrato dai tecnici della Columbia per un eventuale album live mai
pubblicato; i nastri ben presto furono trafugati (o venduti) e già alla
fine degli anni Sessanta giravano le prime copie.
Fu a lungo identificato come 'The Royal Albert Hall' di Londra (dove Dylan
si esibì pochi giorni dopo) perché i tecnici, per errore, così scrissero
sui nastri di Manchester. Poi la verità, grazie a quel drammatico scambio
di battute tra Dylan e un membro del pubblico che fecero ricordare a chi
era presente quella sera ogni cosa, e ne hanno anche scritto un libro.
Oggi sappiamo dunque che il concerto per anni bootlegato e adesso
pubblicato ufficialmente dalla Sony si tenne a Manchester.
Ma perché proprio quel concerto? E perché tanta importanza? E infine,
perché solo oggi, dopo ben trentadue anni, una pubblicazione ufficiale?
Per scoprire tutto questo un passo indietro nel tempo.
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JUDAS!
Il primo tour elettrico di Bob Dylan, dopo essere stato l'eroe del folk
revival, il paladino dei diritti civili, l'eroe della marcia su
Washington, fu un autentico shock nel mondo musicale dei tempi.
È difficile oggi credere alle polemiche rabbiose che esso sollevò, ma la
cosa più sconcertante fu che esse si ripetevano ogni sera identiche, in
ogni angolo del mondo dove Dylan e gli Hawks di Robbie Robertson si
esibivano, nel tour mondiale che durò dal novembre del '65 al maggio del
'66, dagli Stati Uniti all'Australia, dalla Francia alla Scozia, dalla
Svezia all'Inghilterra.
Il mondo non era ancora preparato per un vero rock'n'roll tour. Non solo;
a ogni concerto una buona parte del pubblico era composto dai 'duri e
puri' della tradizione folk, gli attivisti del movimento per i diritti
civili che come Pete Seeger, non potevano perdonare quello che per loro
era un autentico tradimento della 'causa' per una svolta considerata pop e
commerciale, degna tutt'al più dei Beatles.
Molti compravano il biglietto solo e unicamente per poter fischiare Dylan.
Per fortuna l'altra parte del pubblico era composta da giovani che avevano
scoperto Dylan grazie al recente successo di Like A Rolling Stone e che
poco conoscevano del menestrello di Blowin' In The Wind.
Nessuno, poi, prima di lui aveva girato le hall dei concerti con un
impianto di tale potenza, un impianto che oggi forse farebbe sorridere, ma
che ai tempi neanche Beatles o Rolling Stones si potevano permettere:
durante il set elettrico, come raccontano i testimoni dell'epoca, la gente
rimaneva letteralmente incollata alle sedie, shockata da una tale ondata
d'urto 'sonora' che oggi può essere paragonata all'effetto che può
suscitare aver assistito a un concerto dei Nirvana dopo aver ascoltato
solo musica classica.
Solo l'anno dopo, nel '67, gli Stones avrebbero fatto cosa analoga girando
le arene con un impianto simile.
Il rock da concerto era nato, ma prima aveva dovuto combattere una
durissima battaglia, tanto che Levon Helm, il batterista degli Hawks,
aveva lasciato il tour dopo una manciata di concerti negli States,
scoraggiato per i fischi e le contestazioni.
I concerti si componevano in una prima parte acustica in cui Dylan, da
solo, eseguiva alcuni dei brani pubblicati da poco su due dischi epocali
come Bringing It All Back Home e Highway 61 Revisited, canzoni come She
Belongs To Me, Desolation Row e Mr. Tambourine Man o ancora inediti come
Visions Of Johanna.
In questa prima parte tutti applaudivano con entusiasmo, anche quelli che
poi lo avrebbero fischiato: eppure non erano certo canzoni come The Times
They Are A-Changin' o The Lonesome Death Of Hattie Carroll. Ma non
importava; per loro Dylan doveva rimanere per sempre relegato all'immagine
dell'innocente cantore con la chitarra acustica. Dopo un breve intervallo
il sipario si apriva per mostrare Dylan circondato da un gruppo di
musicisti.
Alla Free Trade Hall di Manchester si lanciarono in un brano rimasto per
sempre inedito, un rock'n'roll vibrante e passionale, Tell Me Mama.
E cominciavano i fischi.
Molti abbandonavano la sala. Nella tradizione concertistica inglese, poi,
gli 'attivisti', cominciarono, tra un brano e l'altro, un serrato battere
di mani che corrispondeva ai molto più proletari fischi di americana
tradizione. Addirittura, come si racconta nel libro Like The Night, una
ragazza si alzò dal suo posto per consegnare un fogliettino allo stesso
Dylan. C'era scritto: “Manda a casa il gruppo e suona da solo”.
Ma Dylan continuava imperterrito. “La più grande frustrazione” racconta
Robertson “era di essere consapevoli di aver suonato della grandissima
musica ed essere accolti dai fischi.
Alla sera, in albergo, riascoltavamo le registrazioni ed eravamo shockati
dalla musica che eravamo riusciti ad ottenere. Ma quelli fischiavano...”.
Dylan, il punk, sostenuto da abbondanti dosi di anfetamine, andava per la
sua strada, convinto sempre più dall'estatico appoggio di gente come i
Beatles o i Rolling Stones, gli unici a percepire la grandezza di quella
musica.
A Parigi, il 24 maggio, giorno del suo venticinquesimo compleanno, toccò
il vertice della provocazione, aprendo la parte elettrica del concerto con
una enorme bandiera americana sullo sfondo.
Erano i giorni in cui cominciavano le grandi manifestazioni contro la
guerra in Vietnam, ad assistere era il colto pubblico studentesco francese
che da lì a poco, imbevuto di ideologia marxista, avrebbe dato il via al
maggio del '68, e quello sfrontato ragzzetto americano veniva lì a
esibirsi davanti a loro, suonando del rock assordante con una bandiera a
stelle e strisce dietro le spalle!
Quella sera, a Manchester, il pubblico si divise in due autentiche
fazioni: i sostenitori del Dylan elettrico e quelli del folksinger. Fu un
vero scontro in sala, tra chi contestava e chi cercava di esprimere la
propria solidarietà al nuovo Dylan, fino a che qualcuno gridò l'ormai
leggendario insulto, che ben si sente nel disco: “Judas!” (“Giuda”, nel
senso
di traditore).
Dylan rimase scosso, lui ebreo di nascita, a quell'insulto particolarmente
offensivo.
Mentre la band cominciava i primi accordi di Like A Rolling Stone rispose
al provocatore: “Non ti credo. Sei un bugiardo!”.
Mai, prima, e raramente anche in seguito, qualcosa di simile era accaduto
nel contesto di un semplice concerto rock. Girate le spalle al pubblico,
Dylan si rivolse alla band con un incitamento che è rimasto nella storia:
“Play fuckin' loud!” (“Suonate fottutamente forte!”). Tutti i musicisti
gettarono la loro frustrazione, la loro rabbia in una resa apocalittica di
Like A Rolling Stone che rovesciò letteralmente fiumi assordanti di note
sui contestatori, travolgendo tutto e tutti mentre Dylan disperatamente
urlava nel microfono “Come ci si sente / Come ci si sente / A essere per
conto tuo / Un completo sconosciuto / Come una pietra che rotola?”.
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ROCK'N'ROLL STAR
Contestazioni a parte, l'importanza di questo tour per gli sviluppi della
storia del rock fu enorme. Molti autorevoli critici musicali lo hanno
definito “il più grande rock tour della storia”.
L'impatto che ebbe sul mondo musicale è paragonabile a quello del primo
tour di Elvis, quando una intera generazione, solo vedendolo sul
palcoscenico, decise che ne avrebbe seguito la strada. Gente come John
Lennon, Springsteen, lo stesso Dylan. Il mondo del rock fino a questo tour
aveva conosciuto l'educato concertino di circa mezz'ora dei Beatles, dove,
con un ridicolo impianto sonoro, tutto quello che si poteva sentire erano
le urla delle ragazzine e quello che si poteva vedere erano quattro
ragazzotti col cravattino che facevano mossette e ammiccavano.
C'era la scena dei club, certo, per lo più blues club, ma nessuno si era
sognato di imporsi su un palcoscenico di un ampio teatro con tale
sfrontato atteggiamento, suonando una musica libera dagli schemi, con
continui assoli di chitarra, armonica, tastiere e pianoforte, con un
batterista, lo straordinario Mickey Jones, che pestava come un Keith Moon
ancora da venire.
Dylan dondolava al ritmo della sua musica, muovendo le mani in ampi gesti
drammatici, creando una coreografia scenica che incarnava il senso stesso
delle sue anfetaminiche canzoni che parlavano della scena 'hip' della New
York del tempo.
Con questo tour era nata la 'rock performance' che un anno dopo sarebbe
andata in scena nei palazzetti di tutto il mondo grazie ai Rolling Stones,
pronti a trarre vantaggio e a trasformare il tutto nel grande spettacolo
rock che oggi conosciamo a memoria.
L'unico commento che se ne può trarre, alla fine, era che lui era anni
luce avanti il suo pubblico, che disperatamente, come Mr. Jones, cercava
di capire cosa stesse succedendo. Non a caso uno dei pochi concerti dove
non ci furono reazioni negative fu quello al Community Theatre di
Berkeley, dove in prima fila sedevano i poeti beat come Allen Ginsberg e
dove l'audience era ricettiva e pronta a cedere al 'nuovo che avanzava'.
Il disco esce solo oggi in veste ufficiale benché due anni fa, per il
trentesimo anniversario, era già stato annunciato in uscita.
Dylan e il suo management però lo avevano bloccato. Il motivo era che,
mancando un grande disco di canzoni nuove del cantante ormai da anni, si
temeva che l'uscita di questo favoloso show cancellasse per sempre
l'immagine odierna di Dylan, relegandolo per sempre allo splendore degli
anni Sessanta.
Il grande successo di Time Out Of Mind (a tutt'oggi il disco di maggior
riscontro commerciale di tutta la carriera di Dylan e vincitore di ben tre
premi Grammy) che ha ridato dignità e visibilità all'artista alla fine del
millennio, ha fugato ogni paura. Ecco perché questo live, rimasterizzato,
arricchito di foto dell'epoca e di un commento di Tony Glover, bluesman
amico di gioventù di Dylan esce solo oggi: meglio tardi che mai.
Anche chi ne possiede diversi bootleg (come il sottoscritto) andrà a
comprarlo. Chi non lo avesse mai ascoltato invece lo faccia di corsa. Un
solo consiglio. Quando lo inserirete nel vostro CD player, mi raccomando:
play fuckin' loud!
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FINALE
Al concerto del 17 maggio a Manchester seguirono altre date, compresa una
a Parigi il 24 maggio, il giorno del suo compleanno.
Dylan quella sera era particolarmente 'fuori di testa', passando
lunghissimi minuti ad accordare la chitarra e a biascicare frasi sconnesse
al microfono.
Il modo per superare l'enorme stress delle contestazioni e le fatiche di
un tour mondiale che andava avanti da oltre sei mesi erano infatti
massicce dosi di stupefacenti.
Fisicamente e psichicamente Dylan era uno straccio.
Il tour sarebbe finito pochi giorni dopo alla prestigiosa Royal Albert
Hall di Londra, dove tenne due serate consecutive.
Tornato a Woodstock con sua moglie Sara per una breve vacanza prima di un
nuovo massacrante tour già programmato negli stadi americani di ben 64
date, il 29 luglio Dylan ebbe un incidente di motocicletta dove si ruppe
il collo.
Tutte le stazioni radio americane interruppero le trasmissioni per darne
la notizia. Ma paradossalmente fu l'incidente che probabilmente gli salvò
la vita: “Sopravvissi, ma sopravvissi a qualcosa di ben più duro di un
incidente di motocicletta. Fu un
incidente fisico, ma a volte nella vita ci sono cose che non vedi che sono
più difficili da superare delle cose che vedi” (Bob Dylan).
The Bootleg Series Vol. 4-5: The Manchester Free Trade
Hall Concert (Columbia/Sony)
Disc one: She Belongs To Me / Fourth Time Around / Visions Of Johanna /
It's All Over Now, Baby Blue / Desolation Row / Just Like A Woman / Mr.
Tambourine Man
Disc two: Tell Me Mama / I Don't Believe You / Baby Let Me Follow You Down
/ Just Like Tom Thumb's Blues / Leopard Skin Pill-Box Hat / One Too Many
Mornings / Ballad Of A Thin Man / Like A Rolling Stone
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