John Wesley Harding:
il fuorilegge come Messia
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"Stephen Pickering, John Wesley Harding: The Outlaw As A Messiah" -
su "Dylan: A Commemoration"
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II nucleo centrale di John Wesley Harding è senza dubbio, l'e-
sperienza mistica, estensione logica dell'intero gruppo di canzoni
che comprendono la registrazione di base, l'album e vari na-
stri-prova per la Dwarf e la Big Sky Music, tutte registrate nel
1967. La dialettica tra "realtà" e percezione extrasensoriale (cioè,
"al di là della realtà") è resa chiara dalle note di copertina, in par-
titolare al quinto paragrafo. "Terry Shute" nome che ricorda
quelli inventati per Tarantula, dice che c'è una "insinuante distru-
zione nel paese... Non chiedono niente e non ricevono niente. Tra
di loro non c'è perdono. La desolazione devasta le loro menti. Di-
sprezzano la vedova e abusano del bambino ma temo che non
avranno la meglio sul destino di questo ragazzo, neppure loro".
Ma Dylan/Frank rifiuta l'intolleranza dei tempi passati, preferen-
do invece la compassione e un certo livello di comprensione: "Esci
di qui, straccione! Non tornare più!''. C'è poi il modo affascinante
in cui Dylan sceglie sua moglie Sarah/Vera, al di là della follia di
chi è preso dalla mania delle categorie. Sventola la sua camicia,
spacca una lampadina (in Don't Look Back Dylan arriva all'aero-
porto di Londra, nel 1965, con una lampadina industriale dicendo
a un giornalista: "L'ho sbattuta contro il muro finché la casa è
esplosa"). "Poi respirò profondamente, iniziò a lamentarsi e dette
un pugno contro il vetro della finestra". In Million Dollar Bush,
Dylan: "Ho guardato il mio orologio / ho guardato il mio polso /
mi sono dato un pugno in faccia", E la "finestra" è il tema ricor-
rente in Crawl Out Your Window (1965) e in I Dreamed I Saw St.
Augustine.
Per Richard Rolle, il mistico del XIV secolo, l'esperienza mi-
stica in qualche modo rappresentò il "culmine" dell'esistenza uma-
na. Nei termini di Rolle, era questo il "fuoco d'amore" o quello
della "consolazione" divina. Per il mistico tedesco Meister Eckhart
(morto nel 1300), l'esperienza mistica rappresentò "non me in Dio
ma Dio in me", cioè “en theos” cioè l''entusiasmo", il fervore della
fede, la "divina follia". È nel lavoro di Jan van Ruysbroek (morto
nel 1381) che troviamo il concetto, per noi importante, che il fine
ultimo è la consapevolezza in se stessa, "la visione beatifica". Cioè,
il mistico è capace di vedere Dio in sé e quando quella consapevo-
lezza è consapevolezza della "grazia" (essenza) allora l'individuo
può in qualche modo connetterla a una "divinità piena di grazia".
L'unione dei due, per Ruysbroek avviene "senza mediazioni (sen-
za un terzo intermediario) e senza differenza" (vale a dire, oltre
la definizione, oltre il bene ed il male). Ma egli ammonisce anche
della possibile delusione in The Spiritual Espousals. Se l'esperienza
mistica produce vanità invece di amore e umanità, allora l' "espe-
rienza", egli avvisa, non era niente più che una fantasia personale.
Oltre a quello che viene considerato il "culmine", si pensa an-
che che l'esperienza mistica sia molto diretta e personale, in que-
sto senso può prendere tre forme: in Sant'Agostino, era la relazio-
ne conoscitiva tra soggetto e oggetto (vedi anche Desolation Row),
per Sant'Ignazio di Loyola è "l'intuito" accompagnato dall'uso dei
sensi (vedi Sad Eyed Lady Of The Lowlands) e per San Giovanni
della Croce l'esperienza è "conoscenza ricevuta" passivamente da
Dio (vedi la turbolenza di Nothing Was Delivered). Per Dylan, co-
munque, in John Wesley Harding, nessuna di queste tre definizioni
costituisce una base soddisfacente per guardare e rivalutare se stes-
so e il proprio lavoro. Infatti, il potere fondamentale e la grazia
dell'album sono la viva capacità di Dylan nel sintetizzare incon-
sciamente (o consciamente) queste tradizioni passate in una sola:
l'esperienza mistica diventa dinamica, insieme caotica e tranquillizzan-
te, sensuale e fisica. Dopo il suo incidente di moto, per descrivere
le sue esperienze Dylan usa analogie fisiche ma le loro sfumature,
egli chiarisce, sono al di là della comprensione, al di là della verba-
lizzazione. Si percepisce una parte ulteriore della sua eredità misti-
ca: l'esperienza mistica (attraverso tutto John Wesley Harding, in
particolare in Drifter's Escape) si scontra con la propria immaginata
posizione teologica o politica, si scontra con i propri desideri. Nel-
l’affascinante studio Varieties of Mystic Experience, Padre Elmer
O'Brien scrive a proposito di Agostino che "restando alla periferia
della sua religione introspettiva" si può rimanere ingannati perché
il pensiero e il linguaggio di Agostino sono divenuti parti integran-
te della nostra cultura. "Siamo a casa, con lui, tanto tranquilli co-
me se fossimo da soli, nelle stesse circostanze... consapevoli soltan-
to della consistenza superficiale, ignari del mistero che riposa al
centro della esistenza di ogni uomo". Lo stesso concetto può esse-
re applicato, senza riserve, a John Wesley Harding, non solo agli
arazzi mistici di I Dreamed I Saw St. Augustine ma anche a All
Along The Watchtower. Nel De Quantitate Animae di S. Agostino
(scritto poco dopo il suo battesimo e la sua prima esperienza misti-
ca, nel 387) troviamo il concetto dell'esistenza di sette gradi che
portano alla "verità". Il quarto è la "virtù", l’idea che il controllo
dei sensi fisici avrà lo scopo in prospettiva di prevenirne una tiran-
nia sulla mente. Il seguente è la "tranquillità", concetto che si spiega
da sé (e che echeggia in Down Along the Cove e in I'II Be Your Baby
Tonight). Dopo la tranquillità viene la saggezza, "la sola luce" (in la-
tino, "ingressio"). Il grado finale non è la verità, ma il pensiero medi-
tativo o mansio, luogo in cui abita la "contemplazione".
Tutto ciò risuona così vivamente nelle veloci, surreali immagini
di All Along The Watchtower. A chi non conosce bene il lavoro di
Dylan, o a chi è stato fuorviato dalla versione massacrata da Hen-
drix, All Along The Watchtower potrebbe apparire come una de-
scrizione "misteriosa" (cosa che in un certo senso è vera) dello sce-
nario di un incubo. Comunque, la canzone non ha niente dell'in-
cubo. "Deve esserci un modo di uscire di qui", così inizia il dialo-
go tra il giullare e un ladro mentre "l'ora si sta facendo tarda", gli
uomini a cavallo si avvicinano e il vento ulula. L'armonica di Dy-
lan geme come quel vento, ossessivo, malinconico e penetrante.
Ma in questa canzone c'è più di questo e perciò essa diventa una
brillante testimonianza del sottile genio di Dylan. In primo luogo,
l’ordine dei versi è rovesciato: l’ultima strofa e la prima si con-
giungono come in un anello di Moebius. All Along The Watchto-
wer andrebbe letta cosi:
Lungo le torri di guardia
I principi stavano all'erta
Mentre le donne andavano e venivano
E anche i servitori scalzi
Lontano un gatto selvaggio ringhiò
Due uomini a cavallo si avvicinavano
II vento cominciò a ululare
Deve esserci un modo di uscire di qui
Disse il giullare al ladro
C'è troppa confusione
Non riesco a trovare un attimo di pace
Gli uomini d'affari bevono il mio vino
Gli uomini con l'aratro scavano la mia terra
Nessuno lungo la linea
Conosce il valore di tutto ciò
Non c'è ragione di preoccuparvi
II ladro gentilmente parlò
Molti qui fra noi
Pensano che la vita sia solo una beffa
Ma tu e io queste cose le sappiamo
E non è questo il nostro destino
Cosi non parliamo falsamente adesso
L'ora si sta facendo tarda
Si può interpretare il simbolismo religioso e piramidale di All
Along The Watchtower esaminando il "giullare" e il "ladro" nei
termini della vita stessa di Dylan e in particolare delle sue prospet-
tive religiose. I due uomini a cavallo sono senz'altro il giullare e il
ladro e stanno scappando da qualcosa, e quel "qualcosa" è insieme
il turbolento presente e il passato: il giullare e il ladro sono Dylan
stesso. Cosa rappresenta il giullare. Studiando a fondo la storia
ebraica scopriamo che la moderna carta da gioco che raffigura il
jolly ha origine dalle carte dei tarocchi, quelle antiche carte colora-
te che sono al tempo stesso assurde e stimolanti. Nei tarocchi il
giullare è "il matto", rappresentato da un “giovane”, principalmen-
te perché siamo portati a concepire l'esistenza in termini di "asso-
luti" personalizzati. Il Matto, inoltre, guarda verso nord-ovest,
una direzione che nella tradizione ebraica dei tarocchi rappresenta
lo "sconosciuto", e quello stato mentale che "precede l'iniziazione
a un processo creativo". Tra le pieghe del suo vestito, intorno al
collo, c'è la parola ebraica IHVH, the significa "iehovah". La
"follia di Dio che è più saggio degli uomini", ha detto un mistico
del Settecento, può prendersi gioco di tutti noi.
Potrebbe sembrare irrilevante ma non lo è. In primo luogo, il
simbolo del Matto in ebraico è Aleph, che corrisponde nel nostro
alfabeto alla lettera A, la prima dell'alfabeto. Per i latini corri-
spondeva ad Ald, che vuol dire "Toro”. Secondo la leggenda
ebraica, l'alfabeto si formò durante "l'età del Toro", quando il to-
ro era il simbolo religioso dominante, rappresentativo della forza e
del potere vitale. In ebraico questa "forza" corrisponde alla parola
Ruach, che vuol dire "soffio", spiritus in latino. Il Matto, allora, è
il giullare caratterizzato dalla sua intelligenza scintillante e arden-
te, che d'altro canto rappresenta l'inesperienza spirituale della gio-
vinezza. "C'è troppa confusione / non riesco a trovare un attimo
di pace", queste parole sono l'eco del Dylan che in Crawl Out
Your Window diceva: "Se ha bisogno di un terzo occhio / se ne
faccia crescere uno". È il Dylan che ha rivoluzionato la coscienza
di una intera cultura mentre veniva inghiottito dall'autodistru-
zione.
L'impazienza del giullare è temperata dal ladro. Dylan, poco
dopo il suo primo concerto "elettrico" (a Forest Hills, nell'agosto
del 1965) ha detto "un giorno potrei essere appeso come un la-
dro". Ora, in All Along The Watchtower, "non c'è ragione di
preoccuparsi", il ladro gentilmente parlò.
Il ladro, tracciandone una storia simbolica come per il giulla-
re, diventa "l´impiccato” dei tarocchi. La parola ebraica che gli
corrisponde è Mem, la seconda lettera delle tre "madri" lettere
dell'alfabeto ebraico che significa letteralmente "mari" o “acqua
quieta". Il fatto che l'Impiccato sia appeso a testa in giù indica
che la sua mente è sospesa. Per gli antichi ebrei, e per coloro
che per primi usarono i tarocchi, l'Impiccato rappresenta il tem-
po passato, l'antichità, oppure, cosa ancora più importante, per i
mistici Hassidici (i rabbini "eretici" e mistici), la "sola luce". Ri-
cordate Agostino? Uno dei gradi che portano alla "verità, ha
detto, era la tranquillità, seguita dalla saggezza, "ingressio":la
“sola luce".
La categoria numerica che corrisponde all'Impiccato è LVX
che in latino vuol dire "luce". In ebraico corrisponde ad "Adonai"
o "Signore". LVX è anche 50, 5 e 10 - 65, la numerazione del no-
me ebraico Adni, o "Adonai". Nel contesto della canzone di Dy-
lan, allora, appare la dialettica, il dialogo animato ed emotivo tra il
giullare e il ladro, il Matto e l'Impiccato. Il giullare, trascurando
di considerare la compassione del ladro, l'Impiccato, la sola luce, è
così la "parola" dei profeti dell'antico Testamento - la "parola di
Dia fatta carne nell'uomo". Nei tarocchi, questo corrisponde alla
parola esoterica ebraica che significa Gesù, cioè IWShVH, Iod-
Heh-Shin-Vau-Heh, Iehoshva, Joshua, da cui si suppone derivi il
nome storico di Gesù.
Mem, l' "acqua quieta", il Ladro, l'Impiccato, "gentilmente par-
lò". L'intera tematica dell'Impiccato si basa sulla considerazione
che ogni individuo è legato al suo passato e, quindi, al suo presen-
te; il fatto che il ladro sia appeso alla forca, nelle parole di Jacob
Boheme, è rappresentativo del fatto che anche la saggezza dell'Im-
piccato (il Ladro/Dylan di oggi) poggia ancora sull'idea che egli
procede "in tutte le cose al contrario del mondo". Il ribelle, poeti-
co e metafisico, che prima del 1967 era al nocciolo dell'esistenzia-
lismo dylaniano, è diventato più saggio ma non è sparito.
Nel mio precedente articolo su New Morning, ho discusso la ful-
gida religiosità che pervade il lavoro dylaniano di questi primi anni
'70. Questa intensità religiosa si riallaccia, naturalmente, all'educa-
zione ebraica di Dylan e, di converso, si estende e pervade tutto
ciò che l'artista ha scritto. Le allusioni bibliche all'antico Testa-
mento, è ben difficile che siano casuali, anche se alcuni ignoranti
dell'argomento possono pensare il contrario. E in Three Angels e
Father Of Night, Dylan ha smesso per un attimo ogni finzione per
strillare a tutti coloro in grado di ascoltarlo i suoi concetti cruciali,
che siamo cioè tutti Cavalieri, Ladri, e Buffoni. "Tutti i cavalli
stanchi al sole / Come potrò mai cavalcare?"; i versi di All The Ti-
red Horses assumono cosi l'aspetto di un lamento e di una afferma-
zione.
"Dylan sfuma in un classico background americano che è in parte politico o
psico-politico. Se è in grado d'integrarsi nella musica del sud, nel
country & western, nel folk, nella musica che la gente ascolta in
automobile, la musica dei camionisti e degli autostoppisti e si tiene
saldamente radicato a questo, allora qualsiasi ne sia lo sviluppo sarà una
base veramente vasta e universale. Qualunque messaggio, qualunque
comunicazione egli trasmetta attraverso quel tipo di musica potrebbe
essere molto bello. Considererei la cosa come se lui si
stesse solo esercitando... Il prodotto... il lavoro artistico è sempre
rivoluzionario... Il suo prodotto diffonde intelligenza, intuito,
percezioni che
svegliano ogni tipo di persona, i giovani come i vecchi".
"A Conversation with Allen Ginsberg", The Organ, luglio 1970.
L'incidente del luglio 1966, senza dubbio, ha prodotto il cam-
biamento psicologico e poetico più significativo e meno compreso
nella "visione del mondo" di Bob Dylan. Blonde On Blonde, con le
sue emozioni aeree e il suo simbolismo piramidale, è rimasta la più
significativa visione di Dylan dell'Apocalisse e della Pentecoste.
Vale a dire, come Marcuse ha notato in Negations, una visione di
questo tipo ha il suo centro nella "distinzione di ogni cosa e
(nel)la redenzione di ogni cosa: la liberazione finale del contenuto
represso - abolizione del principio di realtà, non solo, abolizione
della realtà". "Abolizione della realtà", l'abolizione dell'auto-
inganno e dello sfruttamento di se stessi, traducendo l'impossibile
nel possibile, "l'assurdo mistico nell'assurdo reale, l'utopia metafi-
sica in quella storica, poiché quest'ultima deriva dalla prima, la re-
denzione nella liberazione" (Marcuse). Ma la visione della Pente-
coste non apparve e nel 1967 Dylan in un isolamento meritato, ri-
definì le sue prospettive e, in The Basement Tapes, prese in consi-
derazione l'esistenzialismo surreale che era stato interrotto dall'in-
cidente, dalle pressioni organizzative e dai progetti d'affari di Al-
bert Grossman. Quindi in Too Much Of Nothing, ha potuto dire:
Troppo di niente può far diventare un uomo bugiardo
Un altro lo farà dormire sui chiodi
A un altro farà mangiare il fuoco
Tutti fanno qualcosa
L'ho sentito in un sogno
Ma quando c'è troppo di niente
Finisce che un uomo diventa cattivo
La strofa chiave è "l'ho sentito in un sogno" Dylan ha infatti
detto una volta: "Io sogno con gli occhi aperti e gli altri vedono i
miei sogni", Bob Dylan's 115th Dream ecc. E l'intero assetto delle
esperienze mistiche delineate in John Wesley Harding è sostenuto
dal concetto affine a quello junghiano di "sogno come punto fo-
cale primario del processo creativo”. Sant'Agostino, ad esempio, ha
postulato una volta la "Città dell'Uomo" come un "santuario...
(di) immunità per una moltitudine di criminali". E a questi crimi-
nali, a questi individui prigionieri di se stessi, è dedicata in John
Wesley Harding la visione di Dylan della Pentecoste.
In Varieties of Religious Experience, di William James, si trova
l'idea che "è come se ci fossero nella coscienza umana un senso di
realtà, una sensazione di presenza oggettiva, una percezione di quello
che potremmo definire come 'qualcosa lì', più profonde e più ge-
nerali di qualsiasi 'senso' speciale e particolare da cui la psicologia
corrente presuppone che le realtà esistenti siano originalmente ri-
velate". Cosi l' "esperienza mistica", secondo la sua natura autenti-
ca, è indefinibile in John Wesley Harding. Possiamo comprendere e
assorbire il modo simbolico di Dylan di vedere e creare una "nuo-
va realtà" ma possiamo solo farne esperienza senza verbalizzarne il
misticismo religioso ed emozionale. Come Paul Nelson ha appro-
priatamente notato, nella sua introduzione al libro di canzoni trat-
te da Blonde On Blonde (Witmark, 1966): "In una canzone di Dy-
lan, gli oggetti fisici non sono più oggetti fisici in quanto tali ma si
trasformano in qualità intellettuali; il mondo intero è ridotto a una
plasticità cerebrale e non fisica e noi siamo liberi di fluttuare tra le
immagini in tutta la loro vivezza cinetica".
Perciò determinate parole e immagini della composizione poeti-
ca di Dylan evocano determinate risposte emotive. Questa spiccata
ontologia di John Wesley Harding (soprattutto nella seconda faccia-
ta, che inizia con Dear Landlord e termina con I'll Be Your Baby
Tonight) dà qualche idea della struttura dell'esperienza mistica. Va-
le a dire, la sensazione intrinseca e le esperienze individuali messe
a confronto con la morte, la consapevolezza di "essere già stati
qui", la sensazione, per dirlo con le parole di Norman O. Brown,
che "ogni cosa è solo una metafora, esiste solo la poesia".
“Caro padrone / ti prego non mettere un prezzo sulla mia ani-
ma" è all'interno della prospettiva metafisica, la Pentecoste dopo
1'Apocalisse; Dylan pone la questione in modo tale da poter rifiu-
tare le innocue richieste individuali che gli sono state imposte. In
un altro senso sono queste le stesse richieste che una struttura so-
ciale può imporre a un singolo individuo. Dear Landlord, come The
Wicked Messenger, è costruita sull'antropomorfismo, gli aspetti im-
maginari di un "dio" proiettato nell'uomo: "unità", ragione, ecc.
Questi formano "concetti" alla portata dell'intelletto ma al di là
della definizione. (Confronta per esempio "Il mio peso è greve"
con L'Ascesa Al Monte Carmelo di San Giovanni della Croce, dove
l'anima si trova "gravata da un peso oscuro e incommensurabile").
Così, in I Pity the Poor Immigrant (che non è una canzone sul Viet-
nam), la razionalità umana è anche, per Dylan, l'irrazionale in un
universo "ordinato" o il fatto che la "fede" è del tutto distinguibi-
le dal "sentimento". "Il tipo di canzone che mi piace" ha detto
Dylan dopo che l'album era uscito, "e quella che, quando l’ascolti,
ti ispira, ti muove a desiderare di fare cose buone". E queste cose
buone possono prendere forma solo quando, enfatizza Dylan, si
capisce e si è resi più saggi da una consapevolezza e/o da un con-
fronto con la morte. "... Nessun martire adesso è fra voi / che voi
possiate chiamare vostro", egli avvisa. "Ma seguite la vostra strada
/ e sappiate che non siete soli". Ed è questo il povero immigrante
(in un certo senso il "primo" Dylan) "che odia appassionatamente
la sua vita e ugualmente teme la morte". Il povero immigrante di-
venta il vigoroso esistenzialista, il messaggero terribile a cui Dylan
dice (ed è, in effetti, un monologo interiore) che "se non può por-
tare buone notizie, allora non ne porti nessuna". E c'è Judas
Priest, che "sa tutto", che discute con intensità surreale con Fran-
kie Lee, poi "indicò lungo la strada" sapendo che i soldi e la fortuna
sono sogni illusori, "e disse 'eternità"'. E questa visione dell'eter-
nità ("anche se forse potresti chiamarla paradiso") è la Pentecoste
in tutta la sua verità, in tutta la sua interezza. Ma "il peso è gre-
ve, i miei sogni sono oltre ogni controllo". E Dylan, come Meister
Eckhart, ripete in molti modi richieste a coloro che possono ascol-
tare, perché un uomo può essere distrutto dall'ologramma della
"realtà", di quelle "cose che puoi sentire ma non toccare". E "se
non sottovaluti me, non sottovaluterai te stesso".
E mentre le note finali di L’ll Be Your Baby Tonight indugiano
nella nostra memoria, ci si rende conto che la chiave più importan-
te per comprendere l’esperienza mistica di Dylan è una sintesi di
"secolare", "profano" e "divino". Questa "chiave", in una parola,
è nel termine "santo". (Tergsteen: "Un Dio compreso non è Dio...
L'amore non è altro che ira repressa").
La parola "santo" è diventata una parola interamente derivata,
avendo perso da molto tempo il suo significato originale. "Santo"
vuol dire in genere "assolutamente buono". Vale a dire, come ha
scritto Rudolf Otto in The Idea Of The Holy, "è l’attributo morale
assoluto, che denota il compimento della bontà morale". Ma il si-
gnificato originario indica una eccedenza di senso, una "forza vi-
vente" che ha nomi particolari: in ebraico "qadosh"; in latino
“santus” o “sacer”; per noi "sacro" o "santo". Ma essi indicano
qualcosa di "più" del "buono" o quello che Otto ha chiamato "il
luminoso nell'esperienza mistica"; la storia è "impulso religioso" e
la religione è divenuta "moralità attraversata dall'emozione'',
quando, originariamente, era l'emozione stessa, "il sentimento del
'sovrannaturale', il brivido del timore sacro e della riverenza, il
senso di dipendenza, di impotenza o della nullità o, ancora, i sen-
timenti di rapimento e di estasi religiosa". E, in John Wesley Har-
ding, è questa la concettualizzazione della "coscienza cosmica" o
della "coscienza del creato"; l’acquiescenza della "divinità nel-
l’uomo”.
Gentili signore e signori
Presto io sarò andato
Ma lasciate che avverta tutti voi
Prima di sparire per sempre
Liberatevi da meschine gelosie
E non vivete secondo regole altrui
E tenete per voi i vostri giudizi
O finirete anche voi su questa strada
Il punto più alto di The Wicked Messenger, di I Am A Loneso-
me Hobo ("Ma non mi fidai del mio fratello, e fui la causa della
sua rovina / che portò me al mio destino fatale / a vagare lontano
con vergogna") e di I Pity The Poor Immigrant, è il mysterium tre-
mendum - il "tremendo mistero" dell'esistenza, il "tremore" da-
vanti al "mistero" della morte, l' "emah di Jahvè", la "paura di
Dio". In altre parole è il "timore sacro" dell'esistenza piuttosto
che un "terrore" cieco.
"C'era un messaggero terribile / da Eli egli veniva..." "Eli",
Jahvè, il Dio ebraico e i suoi profeti, Elia, Eliseo e Michea, forma-
no il nucleo sotterraneo de The Wicked Messenger. Elia è il profe-
ta, il "messaggero terribile" (malakh) del Patto ebraico (berith). Il
significato del "terribile messaggero" appare nella mitologia del-
l'antico Testamento, Exod. 23: 20-21: "Ecco, io mando un ange-
lo, perché ti protegga per via e ti introduca nel luogo che ho pre-
parato". Di conseguenza il popolo deve ascoltare il messaggero, an-
che se è disilluso egli stesso, perché egli è il portatore del destino.
I1 messaggero, allora, è il "precursore del giudizio divino ed Elia è
il prototipo del Messaggero" (Eric Voegelin, Israel and Revelation).
Così, in The Wicked Messenger, troviamo ulteriore conferma del-
l’insistenza di Dylan su un rapido ma onesto esame di coscienza.
L'uomo ha rifiutato la via della carità e ora il messaggero terribile
arriva, ostile (forse perfino cinico), perso tra L’ombra e L’atto, tra
la Parola e la parola, il dualismo di "biondo su biondo". L'Elia
storico, secondo le parole di Voegelin, era il "portavoce di una
esperienza riferita. Le figure storiche sono ragionevoli... perché c'è
ragionevolezza nella storia; la trama della storia può divenire il lin-
guaggio simbolico... del giudizio, perché il giudizio è presente nella
trama della storia". E il "giudizio", che appare per la prima volta
come il "Giorno di Jahvè" con Amos, è così onnipresente: "le
piante dei miei piedi / giuro che stanno bruciando". Ciò che Elia,
il terribile messaggero, tentava di fare era erigere le fondamenta
per la "discendenza profetica". Nei biblici libri dei Re, ad esem-
pio, troviamo il simbolismo mitico della morte di Elia: "ecco che
un carro di fuoco, con cavalli di fuoco li separò ('Tutti i cavalli
stanchi nel sole...') ed Elia salì in cielo in un turbine". Eliseo gri-
dò: "Padre mio, padre mio! carro d'Israele e suo cavaliere!".
The Wicked Messenger, come I Dreamed I Saw St. Augustine e
All Along The Watchtower, è permeato dal modo sottile e brillan-
te, proprio di Bob Dylan, di "alterare" la mitologia del "passato" e
successivamente di rendere quel passato una caricatura simbolica
dell’ “oggi”. In un senso molto reale, il rifiuto di Dylan dell'orto-
dossia religiosa e politica permea la sua opera di un "ateismo divi-
no", un sistema divino di fede attraverso la mancanza di fede. La
fede di Dylan è, per parafrasare un concetto di Norman O.
Brown, quel che può trasformare la disillusione in teurgia, il "fare
dio". Vale a dire, come sottolinea Brown, "la demistificazione divie-
ne la scoperta di un nuovo mistero e tutto rimane uguale... L'in-
terpretazione letterale comporta l’idolatria delle parole; l’alternati-
va all'idolatria è il mistero... L’alternativa alla reificazione è la mi-
stificazione.
I1 "carro d'Israele", il carro di una "terra promessa" (o futu-
ra/presente). Per applicare la mitologia alle correnti religiose pre-
senti in John Wesley Harding, questo "carro" è l'esperienza mistica:
"quando gli chiedevano chi lo avesse mandato / rispondeva con il
pollice / perché la sua lingua non poteva parlare / ma solo lusinga-
re". Ma mentre Elia stava per morire, i mari si spalancarono davan-
ti a lui (il "mare" nella simbologia ebraica sta a indicare la tranquil-
lità profonda, l’ “acqua quieta") e lui trova la sua "salvezza": "Oh,
le foglie allora seccarono / e i mari si spalancarono / e gli uomini
che lo fronteggiarono erano molti / e a lui queste parole sole venne-
ro dette / che gli aprirono il cuore / se non puoi portare buone noti-
zie / allora non portarne alcuna". E, per fare un salto indietro, po-
tremmo dire che il messaggero terribile è Dylan stesso, il "profeta di
Elia", il "custode", come più avanti Dylan ha indicato, che giunge
con le sue visioni; visioni divenute più sagge a cinque anni dall'inci-
dente in moto. "Ogni interessante tendenza estetica oggi è una for-
ma di radicalismo", scrive Susan Sontag. (Styles of Radical Will).
Esistono molti archetipi dell'uomo "moderno" o "perfetto".
Per Camus era Sisifo; Freud si è rivolto a Edipo; Rilke lo ha tro-
vato in Orfeo; Kerenyi lo cercava in Prometeo; e il Dioniso di
Nietzsche ha costituito il modello per altri. In John Wesley Har-
ding, comunque, Dylan non fornisce alcun modello dell' "uomo mo-
derno"; le emozioni di All Along The Watchtower, in breve, l’inte-
ro scintillio del lavoro, sono in realtà sintesi brillanti che si riferi-
scono all'anima di Dylan stesso. Piuttosto che scegliere di fossiliz-
zarsi in un "sistema", Dylan fluttua, manipola le sue prospettive (e
le nostre), mantenendo sempre la sua visione sotto controllo. Dy-
lan mostra che non c'è un prototipo, che il concetto filosofico è
solo un assurdo. La perfezione, per usare un cliché, è negli occhi
di chi guarda. Come osserva G.E. Wright in The Old Testament
Against Its Environment, "la poesia mitica, nel passato, non era una
mera forma di trattenimento e neppure spiegazione pura e semplice
di controverse questioni intellettuali; era il racconto sotto for-
ma di storia dei fatti universali a cui l’uomo deve adattarsi".
L’ “adattamento" di Dylan, nelle sue parabole, tende a favorire l’i-
dea di Schelling che questa esistenza, per il poeta, sta soffrendo
una "crisi di consapevolezza mitologica". E per citare ancora Su-
san Sontag: "Il silenzio è l’ultimo gesto sovrannaturale dell'artista:
col silenzio egli si libera della schiavitù servile verso il mondo, che
appare come mecenate, cliente, consumatore, antagonista, arbitro
e che deforma il suo lavoro".
Nonostante la surreale "crudeltà" del passato ("crudele" nel
senso che egli non ha mai avuto, giustamente, un'atteggiamento
supplichevole nella sua richiesta di onestà e umanità), John Wesley
Harding presenta il "messia come fuorilegge", il "profeta" come
l'individuo che articola le visioni di "inconsapevolezza mistica" e
che rifiuta ogni classificazione arbitraria. "Ogni concetto", ha det-
to Santayana, "è concepito nella sua ironia", e ciò corrisponde alla
struttura piramidale di John Wesley Harding, la struttura della con-
sapevolezza dell'illuminazione. In I'll Be Your Baby Tonight egli ci
dice melodiosamente (René Char: "Nessun uccello ha il cuore per
cantare in un bosco pieno di problemi") che allargherà l'esperienza
mistica per includervi contatti con la dimensione materiale basati
non solo su teologie rivolte alla società ma anche, cosa più impor-
tante, scoprendo e coltivando la sensualità dell'esistenza umana.
Vale a dire, come scrive Sant'Agostino nelle Confessioni: "Cosa è
che brilla di gioia attraverso di me e colpisce il mio cuore senza fe-
rirlo? Sono insieme una fiamma e un brivido. Una fiamma verso
quanto è più dissimile, un brivido verso ciò che mi somiglia".
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Le citazioni bibliche fanno riferimento a "La Bibbia Concordata", in 3
voll.,
Mondadori, Milano, 1983.
Per i testi di Dylan sono state usate alcune traduzioni di Stefano Rizzo
raccolte in Blues, Ballate e Canzoni, Newton Compton Italiana, Roma, 1972:
e in Canzoni d'Amore e di Protesta, Newton Compton Italiana, Roma, 1972
(N.d.T.).
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