Il mio Bob Dylan
di Paolo Enrico Archetti Maestri
(Yo Yo Mundi)
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Dylan che mi ha fatto sognare.
Fin da piccolo. Fin da subito.
E non capivo perché mai tutto quel casino per qualche chitarra elettrica
nei nuovi dischi.
Dylan e mio fratello Massimo che mi spiegava quello che un ragazzotto di
sette anni poteva capire su Bob Dylan e Mister Zimmerman o forse erano il
Dottor Jeckyl e Mister Hyde?
No mio caro Paolo, mi diceva paziente, Zimmeman è il suo cognome Dylan
l'ha preso dal nome di un poeta. Dylan è solo un nome d?arte. Capito?
E allora cercalo Dylan Thomas, scopri la sua poesia. E ti trovi tra le
mani un libro dalla copertina bellissima, un disegno sull'azzurro.
E le parole che mi lasciavano il segno, ma più come suono che come
significato.
E io che non smettevo di fare domande a Massimo (avete presente le domande
a raffica di un fratellino minore goloso della vita?), tra queste una : ma
perché Bob Dylan non è andato a Woodstock?
Dylan e la sua donna abbracciati sulla copertina del disco e poi ancora
Dylan, Bob Dylan e la sua storia d'amore con Joan Baez.
Immortalati sulle pagine dei giornali in bianco e nero. Con dei sorrisi
così diversi da quelli dei divi del cinema. Sorrisi di chi ha, come dire,
un po' paura del futuro. Dylan e l'incidente con la moto, Dylan grave, la
sua vita in pericolo e io che avevo davvero paura che non tornasse a più a
suonare. E a scrivere canzoni. Quelle canzoni.
Dylan, non credevo ai miei occhi, sull'antologia delle medie Blowin in the
Wind e con lui c'era anche De André con La Guerra di Piero.
Dylan e "cantava strano e non io non lo capivo", non potevo certo capire
tutto quello che diceva, ma sentivo che era qualcosa di importante.
Dylan e un libro intitolato Tarantola preso in prestito alla Biblioteca
comunale di Acqui.
E, anche stavolta, non capirci quasi niente. E portarlo in giro nella
giubba, bene in vista nella tasca esterna insieme a Rimbaud.
Avevo circa 13 anni.
E la lettera della biblioteca, scaduti i termini del prestito, che
intimava di restituirlo.
Insieme a Rimbaud.
Dylan, Dylan, Dylan. Bob Dylan e The Last Waltz.
Con gli amici più cari al cinema, la lunga fila per entrare e la voglia di
non uscire alla fine della proiezione e rivivere ancora quella festa.
Fare la fila per un film musicale in una cittadina di provincia sembra
così strano eh?
Seguirono La Febbre del Sabato Sera e poi Grease (a vedere Quadrophenia
ero praticamente da solo). Poi Ciao Nì di Renato Zero.
Poi più nulla, credo.
Un'altra folgorazione.
Dylan e Desire.
E Hurricane e la storia di Hurricane pugile nero condannato a morte per un
omicidio mai commesso in un'America dove la discriminazione razziale era
all'ordine del giorno. Mica come oggi! Ok scherzavo ...
Ed io che ripensavo al film su Sacco e Vanzetti.
Quello era un film che mi aveva sconvolto e allora proiettavo sul soffitto
della mia camera un 'mio' originale film su Hurricane - The Champion of
The World -, avevo scelto dei colori seppia e le inquadrature drammatiche
di Sacco e Vanzetti.
Lo fecero quel film poi, ma non aveva certo quel sapore.
E il violino di Hurricane? Del brano intendo, un violino suonato
addirittura da una donna!
E poi quell'altro violino - in questo caso cinese - acquistato d'incontro
a sole sei mila lire per cercare da solo tra le mie dite il riff
meraviglioso di quella canzone meravigliosa.
Dylan, Dylan, Dylan e Desire.
Un padellone nero - era l'epoca che li trovavi già colorati - che ha
girato per giorni sullo stereo di casa e che mi ha fatto immaginare la
musica che avrei voluto suonare.
E, anni dopo, che grande regalo: Avventura a Durango nella versione di De
André e Bubola (finalmente potevo cantarla anch'io senza più storpiare
l'inglese!).
E poi?
Ad esempio Dylan e la Rolling Thunder Revue, musica sghemba e calore,
passione allo stato brado e il suono che ricordava quello di una
locomotiva sui binari nel Far West.
E dopo anni - giusto un paio di anni fa - raccontare quelle vibranti
sensazioni a Mister Francesco De Gregori e ridere insieme felici parlando
di Mister Robert Zimmerman.
Lui che aveva indosso una maglietta con l'effige di Dylan, ci raccontò che
non si perdeva una data del suo tour europeo.
Lui, il Degre, che durante il concerto voleva suonare quello che gli
pareva, cambiando la scaletta, cambiando le linee del cantato, senza
curarsi della voce limpida e senza tanti barocchismi e gli Yo Yo Mundi -
ve lo assicuro ci è mancato davvero poco - che sarebbero stati volentieri
la sua Rolling Thunder Revue.
Dylan mitizzato. Sempre. E ogni volta di più. Il suo far impazzire i
musicisti della band con cambi repentini di programma e di scaletta e,
fors'anche, di tonalità.
Dylan che non rilascia interviste, ma in Italia, c'è qualcuno, che riesce
a farsela concedere. E che intervista! Sembra quasi vera.
Dylan e un'estate ad Acqui Terme e le discussioni tanto infinite quanto
inutili tra i dylaniani - capitanati da Gian Bezzato dei Knotououse - e i
fans di Cavallo Pazzo, Neil Young. E fiumi di birra sotto qualche luna di
passaggio nel cielo del Monferrato.
E Dylan che ha la crisi spirituale.
Dylan, Bob Dylan che scivola e si inciampa davanti al Papa. E mezzo mondo
che approva l'incontro. E noi altri che ci domandiamo perché? Perché lo
hai fatto Bob?
Dylan che è ancora lui. Dylan che è tornato, Dylan in tour con una gran
voglia di suonare. E di sorridere.
Dylan che io non ho mai visto dal vivo. Purtroppo.
In Sony mi regalarono un accredito per un suo concerto a Milano, avevo un
amico che impazziva per Bob Dylan, lui non aveva il biglietto, non aveva
tanti soldi, a malincuore glielo cedetti.
Lui, il mio amico, poi mi ha ripagato con una serie di cattiverie.
Che non vi dico. Chissà perché poi?
Insomma mi servirà da lezione - non regalerò mai più un accredito di un
concerto.
Dylan, Dylan, Dylan.
Bob Dylan che costringe quelli della security a portargli sotto il palco
del pubblico nuovo ogni sera, perché non ne può più di vedere sempre le
solite facce.
E poi, qualche tempo fa, quel cd nuovo, quello nuovo con la copertina
grigia e la scritta rossa, se non ricordo male.
'Suona da paura e ci sono tante canzoni notevoli'.
La penso proprio come il mio amico - e grande chitarrista blues - Paolo
Bonfanti.
Lui suona Dylan con amore infinito e una certa qual misurata devozione.
Suona Dylan e poi gli scappa la mano e la voce si colora di colori che non
esistono in natura.
Non è facile suonare Dylan per un essere umano - difatti la cover più
bella l'ha realizzata Jimi Hendrix, che umano non era!- , ma Paolo
Bonfanti ha il blues nel sangue e, ne sono sicuro - ogni tanto incontra di
nascosto Dylan in qualche crocicchio e insieme giocano a dadi con il
diavolo.
Qualche giorno fa Paolo mi raccontato di una gustosa leggenda locale che
vuole Dylan venire in Italia in incognito in un luogo situato - o meglio
perduto - tra Pian dei Grilli e le Capanne di Marcarolo, tra Ovada e
Genova, e ci verrebbe perché innamorato di una fanciulla del posto, forse
addirittura una cameriera!
Ecco svelato l'arcano - ecco dove si incontrano, ecco dove giocano a dadi
con il Diavolaccio!
Dylan, Dylan, Bob Dylan che è qui da qualche parte, perché i nostri
vestiti sono intrisi della sua musica e delle sue parole.
Perché stasera siamo qui a raccontarci quanto ci ha cambiato la vita.
Cantaci un'altra canzone vecchio caro Bob!
Un'altra carezza con quella tua voce, la voce più vicina al rumore bianco
della storia di tutto il circo del rock 'n' roll.
La voce di Bob Dylan. Il mio Bob Dylan.
Paolo Enrico Archetti Maestri
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