VADEMECUM PER NEO-DYLANIANI
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Come può un "neo-dylaniano", un neofita cioè,
che magari ha sempre sentito parlare di Bob Dylan ma non ne ha mai ascoltato le
canzoni in maniera continuativa e sistematica, come può - dicevo - avvicinarsi
alla sterminata opera di questo artista senza rimanere alquanto disorientato
dalle mille facce, meglio, dalle mille sfaccettature, della suddetta
opera?
In questo breve
"excursus" traccerò a grandi linee una sorta di "identikit" delle differenti
produzioni di Bob Dylan, sempre diverse di anno in anno eppure tutte collegate e
caratterizzate da un unico fil rouge, un "marchio di fabbrica" distintivo che
accomuna i diversi periodi.
Periodi. Un pò come quelli di un pittore, ad esempio. Magari Picasso.
Non a caso Dylan è stato definito, tra le tante, anche con la frase "Picasso
della musica".
Dunque il
"neo-dylaniano" di cui parlavo all'inizio, che magari vorrebbe iniziare a
collezionare le opere di Bob Dylan (o anche solo conoscerle in maniera più
approfondita) ma si perde nel mare magnum della sterminata produzione quasi
quarantennale del "poeta di Duluth" (altra celebre "etichetta"), potrà quanto
meno discernere nella sua composita opera che, tra l'altro, è una delle più
vaste della Storia del Rock.
Bisogna prima di tutto bisogna tenere presente che la carriera musicale di Bob Dylan è quanto mai variegata essendo egli passato da un genere all'altro (sia per quanto riguarda la musica che i testi) mantenendo comunque un livello altissimo di produzione (salvo pochissime eccezioni).
Un primo "periodo dylaniano" è quello delle
cosiddette "protest songs", ovvero delle canzoni di protesta, spesso anche
canzoni politiche o con contenuti politici e sociali che copre il periodo
1961/1964.
Dylan in seguito
disconoscerà il termine "protest song" in maniera decisa e lo stesso farà nei
confronti del termine "canzone politica" affermando di non scrivere nè di aver
mai scritto canzoni di protesta nè tantomeno canzoni "politiche".
A questo proposito riportiamo di seguito uno
scambio di battute tra un giornalista italiano e Bob nel corso di una conferenza
stampa tenuta prima di una esibizione di Dylan all'Arena di
Verona:
GIORNALISTA: "Joan Baez ha
affermato che tu non ha mai scritto una sola canzone
politica..."
DYLAN: "Joan ha ragione!"
Ad ogni modo la prima produzione dylaniana è
indiscutibilmente ricca di canzoni su temi sociali ed in parte anche
politici.
Il disconoscimento
dell'etichetta da parte di Dylan è tuttavia più che giustificato dal fatto che
tale etichetta, in quanto tale, risultava, e risulta, assolutamente riduttiva
del valore universale dei suoi primi testi che, qualora strumentalizzati e
collegati per ragioni di comodo da questo o quel partito politico, da questo o
quel movimento ideologico, perderebbero il 90 per cento della loro importanza.
Il fatto stesso che Dylan non si sia mai legato ad alcun movimento o partito di
qualsivoglia corrente politica la dice lunga sul suo approccio a quel tipo di
testi.
Bob Dylan: Nelle mie intenzioni "Masters of
war" non è affatto una canzone politica. Per dirle ciò che penso fino in fondo,
non ne so niente di politica. Sono incapace di distinguere quello che è di
destra da quello che è di sinistra.
Non ragiono in questi temini. Un giorno potrò difendere un idea che
verrebbe qualificata come di destra ed il giorno dopo, su un altro argomento
potrei sostenere una posizione che si qualificherebbe di sinistra. Capisce?
Quando ho un'opinione non mi chiedo se è di destra o di sinistra. Posso restare
della stessa idea su uno stesso argomento ma con angolature
diverse
Canzoni importanti di questo primo periodo
sono brani come "The lonesome death of Hattie Carroll", ad esempio, nella quale
Dylan racconta la storia realmente accaduta di una cameriera negra uccisa da un
certo William Zanzinger, ricco rampollo di una potente famiglia con "relazioni
con le alte cariche della politica del Maryland" il quale l'aveva colpita con un
bastone durante un diverbio. Nella canzone, pubblicata sull'album "The times
they are a-changin'", Dylan si scaglia in maniera aperta contro l'assassino e
con accenti di sdegno sottolinea l'infamia della sentenza che lo vide condannato
a soli sei mesi di reclusione.
Canzoni come "Only a pawn in their game" nella quale, rifacendosi ad un
altro episodio di cronaca, Dylan racconta dell'omicidio di Medgar W. Evers,
leader negro del movimento per i diritti civili e segretario dell'Associazione
nazionale per il progresso della gente di colore, ucciso, dice Dylan, da
qualcuno che era in realtà solo una pedina nello sporco gioco dei potenti
politicanti degli Stati del Sud.
O come "The ballad of Donald White" in cui Dylan, nei panni di Donald
White, ladro condannato a morte mediante impiccagione, canta "Se avessi avuto un'educazione che mi desse un avvio decente avrei
potuto essere un dottore o un artista, ma ho usato le mani per rubare quand'ero
ancora un ragazzo (...) Ma ho solo una domanda da farvi prima che mi uccidano
(...) I ragazzi finiti su di una strada come la mia sono nemici o vittime della
vostra società?".
Come
si vede, quindi, canzoni che prendevano una precisa posizione in difesa dei
negri (da ricordare ancora "The death of Emmet Till" ragazzo di colore ucciso
dai bianchi per aver rivolto la parola ad una ragazza bianca) e delle minoranze
in genere, dagli hobos, ai ladri, ai poveri, agli zingari. O ancora canzoni che
prendevano in giro determinate classi sociali o schieramenti politici come nel
caso di "Playboys and Playgirls" o "Talkin' John Birch Paranoid Blues" nella
quale Dylan si faceva beffe di una associazione di destra che vedeva il pericolo
comunista dappertutto ("Ora noi tutti siamo d'accordo con il
punto di vista di Hitler, sebbene abbia ammazzato sei milioni di Ebrei. Non
importa se era un Fascista almeno non si può dire che fosse un Comunista! (...)
Bè, li ho cercati dappertutto questi dannati comunisti. Mi alzavo la mattina e
guardavo sotto il letto, guardavo nel lavandino, dietro la porta, guardavo nel
cruscotto della mia auto ma non sono riuscito a
trovarli...").
O canzoni
come "Blowin' in the wind", "Masters of war", "When the ship comes in", "The
times they are a-changin'" e "With God on our side" che lanciavano messaggi più
universali ma pur sempre legati a tematiche sociali.
I dischi che rientrano in questo primo periodo sono
"The freewheelin' Bob Dylan" e "The times they are
a-changin'".
Da un punto
di vista musicale è un periodo fortemente caratterizzato dai talkin' blues
(blues parlati), da motivi tradizionali rielaborati da Dylan (che spesso
utilizzava lo stesso motivo per più di una canzone), da melodie sostanzialmente
folk e blues.
La canzone che fa da "spartiacque" tra questo
primo periodo di canzoni dalle tematiche "sociali" o "universali" ed il
successivo è "It ain't me, babe", pubblicata sull'album "Another side of Bob
Dylan".
In questa canzone
Dylan, il quale ormai non sopportava più l'etichetta di cantante di protesta che
gli era stata appiccicata da pubblico e media e che rischiava di bruciarlo come
artista relegandolo per sempre ad un ruolo che lo avrebbe presto fatto
dimenticare, gridava al proprio pubblico "Non sono io
quello!" ("It ain't me", appunto) tirandosi fuori dalla mischia e
rinnegando il proprio ruolo di difensore dei diritti civili, ruolo da lui mai
richiesto nè accettato e rinnegato fin quasi da subito.
In questo secondo periodo che va dal 1964 al 1967 Dylan
cambia completamente il modo di scrivere canzoni affrontando tematiche personali
ed introspettive e solo raramente trattando temi sociali.
E' il periodo del Dylan più ermetico che
abbina alla sua musica (diventata nel frattempo elettrica e "psichedelica")
testi al limite dell'incomprensibilità, usando un linguaggio per iniziati, ricco
di metafore, di citazioni poetiche e letterarie, di visioni poetiche per lo più
surreali, di giochi di parole, un linguaggio che molto doveva anche alla
corrente letteraria della cosiddetta "scrittura automatica".
E' anche il periodo delle "drug songs"
(canzoni scritte presumibilmente sotto l'effetto di sostanze stupefacenti e che
metaforicamente parlano di droga), altro termine mai accettato da Dylan il quale
dichiarò di non scrivere "drug songs" e di non aver mai composto canzoni sotto
l'effetto di droghe ma piuttosto di essersi servito di queste ultime solo per
caricarsi durante le esecuzioni dal vivo.
Le canzoni che maggiormente rappresentano questo
secondo periodo sono "Visions of Johanna", "Mr. Tambourine man", "Like a rolling
stone", "Subterranean homesick blues", "Chimes of freedom", "Ballad of a thin
man", "Gates of Eden", "Desolation row" ed altre presenti sugli albums "Bringing
it all back home", "Highway 61 revisited", "Blonde on blonde" ed in parte su
"Another side of Bob Dylan".
Chiuso anche questo secondo periodo Dylan ne
apre un altro che, generalmente, è quello più contestato dalla critica, un
periodo in cui Bob abbandona il modo di scrivere ermetico ed adotta uno stile
più lineare con frasi molto brevi, semplici e sufficientemente chiare anche se
spesso con toni di parabola e riferimenti e citazioni bibliche.
Anche la sua musica cambia ed il nervosismo
degli arrangiamenti elettrici e del suono "mercuriale" degli albums del periodo
64/67 lascia il posto a dolci ballate spesso in stile country.
I temi sono spesso personali con canzoni
d'amore come "Lay lady lay", "I'll be your baby tonight", "Tonight I'll be
staying here with you" e "Peggy Day".
I dischi di questo periodo sono "John Wesley Harding", "Nashville
skyline", "Self portrait", "New morning" ed in parte anche "The basement
tapes".
Dylan cambia anche modo
di cantare e la sua stessa voce si fa differente. I toni rochi degli inizi o
quelli arrabbiati ed acidi degli album elettrici lasciano il posto ad una voce
da "crooner", da cantante confidenziale (quasi alla Johnny Cash o alla Elvis,
per intenderci), molto nasale e profonda ma non per questo meno bella di quella
dei primi album.
Un quarto periodo (a mio avviso il migliore)
si apre con l'album "Planet waves" e prosegue con "Blood on the tracks" e
"Desire".
Dylan abbandona il
"miele" del terzo periodo e passa al "veleno" col quale ridà vigore alla sua
musica ed ai suoi testi scrivendo alcune delle sue migliori canzoni di
sempre.
Sono spesso la
testimonianza di un uomo ferito, arrabbiato, reduce tra le altre cose da
un'esperienza matrimoniale difficile che sfociò nel divorzio dalla moglie Sara
Lowndes.
Canzoni come "Idiot
wind", "Dirge" ed "Hurricane" (con la quale Dylan torna all'antico prendendo le
difese del pugile negro Rubin "Hurricane" Carter" ingiustamente accusato di
omicidio).
Dylan torna in molti
casi alla struttura della ballata folk modernizzandola.
E' anche un periodo in cui i testi delle sue canzoni
cominciano sempre di più a somigliare a dei quadri, o a dei film. Lo stesso
Dylan affermerà che il suo intento era quello di scrivere testi che contenessero
diversi piani di lettura, in cui egli riuscisse a fermare il tempo facendo in
modo che l'azione si svolgesse contemporaneamente nel passato e nel
presente.
Tangled up in blue,
dall'album "Blood on the tracks" è l'esempio più celebre (e più riuscito) di
questo tipo di canzoni. Brani molto "narrativi", "descrittivi", sorta di
sceneggiature cinematografiche o di quadri tridimensionali.
In questo ambito è doveroso ricordare canzoni
come "Lily, Rosemary and the Jack of Hearts", "Black Diamond Bay", "Isis",
"Romance in Durango", "Simple twist of fate", "Hurricane" (provate a guardare
l'omonimo film ed assisterete quasi alla trasposizione su pellicola della
canzone di Dylan), Joey ed altre, tutte accomunate da testi dalla straordinaria
forza descrittiva ed evocativa che avvincono l'ascoltatore costringendolo a
prestare attenzione al racconto per "sapere come va a finire"...
Con "Street legal" si apre un nuovo periodo
dylaniano che da un punto di vista musicale presenta una repentina sterzata
verso il rythm and blues, il gospel ed il rock.
Cori femminili diventano una costante delle canzoni di
questo periodo che presentano anche la novità della presenza dei
fiati.
Ma la principale novità
è costituita dai testi che trattano quasi esclusivamente temi religiosi. E' di
questo periodo, infatti, la conversione di Dylan che, Ebreo di nascita,
abbraccia la fede dei Cristiani Rinati. Le canzoni del Dylan di questo periodo
sono quasi dei sermoni nei quali Bob predica il Verbo minacciando l'Inferno per
i peccatori e prospettando il Paradiso per coloro che vedranno la Luce. Canzoni
che parlano della Fine dei Tempi, dell'Armageddon, lo scontro finale tra il Bene
ed il Male, del ritorno di Gesù Cristo sulla Terra e di altri temi per lo più
ripresi dalla Bibbia o dai Vangeli.
Sebbene anche questo sia un periodo molto discusso (molti critici
musicali misero in dubbio la sincerità della Fede di Dylan) Bob scrisse in
questi anni alcuni capolavori quali "I believe in you" (uno dei più potenti
testi di Dylan da un punto di vista poetico), "Gotta serve somebody", "Every
grain of sand", "Slow train", "The groom's still waitin' at the altar", "Saved",
"When He returns", "Caribbean wind" e "Angelina" ed il periodo è da un punto di
vista dell'ispirazione musicale uno dei più ricchi dell'intera carriera di
Dylan.
Gli album di questo
periodo sono "Slow train coming", vero e proprio capolavoro, "Saved" e "Shot of
love".
Il periodo che segue a quello del cosiddetto
"Dylan predicatore" è caratterizzato dall'incertezza ed è generalmente
considerato il peggiore della sua intera produzione.
Fatta eccezione per l'ottimo "Infidels" è un periodo
caratterizzato da album contraddittorii, discontinui e talvolta mediocri, come
"Knocked-out loaded", "Empire Burlesque" e "Down in the groove", costituiti
anche da covers o da canzoni scritte in collaborazione con altri. La vena
compositiva di Dylan sembra inaridirsi in questi anni sebbene non manchino delle
perle come "Brownsville girl" e "Tight connection to my heart (Has anybody seen
my love)".
E' quasi un Dylan
che cerca di indossare i panni della rockstar, che cerca di "svecchiare" la
propria immagine adeguandola ai tempi. Strizzate d'occhi ad un certo tipo di
musica più commerciale se pur filtrata dall'estro poetico e dalle capacità
musicali indiscutibili di un artista che forse comincia a sentirsi superato e
comincia ad accettare qualche compromesso per restare in vetta (in questo senso
è sintomatico il fatto che il sound di questi anni è forse il meno "dylaniano"
di sempre con arrangiamenti che spaziano dalla "disco" al
"reggae"...)
A questo proposito
va inserito in questo ambito anche il live "Bob Dylan at Budokan".
Il periodo che va dalla fine degli anni 80 ai
primi anni del 2000 è meno produttivo dal punto di vista della quantità ma fa
registrare un livello qualitativo altissimo.
Gli album di questo periodo sono "Oh Mercy", "Under the
red sky", "Time out of mind" e "Love and Theft" con l'aggiunta del singolo
"Things have changed" (Premio Oscar) e dei due album di covers tradizionali
"Good as I been to you" e "World gone wrong".
In linea di massima Dylan torna al passato recuperando
gli stilemi della musica blues e folk e tornando ai fasti di un tempo con
canzoni di nuovo personali e, da un punto di vista musicale, molto crepuscolari,
blueseggianti e "notturne", nel caso di "Time out of mind", o memori delle
radici della musica Americana di fine 800 e dei primi del 900, nel caso dei due
dischi di covers prima citati e dell'acclamato "Love and Theft", album del 2001,
vero e proprio viaggio alla riscoperta della tradizione e delle radici musicali
americane e che riproietta Dylan in vetta alle classifiche di tutto il mondo
dopo decenni di scarso successo commerciale e che vede la critica internazionale
compatta nel riconoscere l'arte di nuovo rigenerata di un artista che a 60 anni
dimostra di essere all'apice della propria creatività.