"AARP
THE MAGAZINE" INTERVIEW
traduzione
a cura di Rossana Battezzati e Danilo Sisto
“Devi credere a ciò
che dicono le parole
E le parole sono importanti quanto la melodia
a meno che tu non creda alla canzone e non l’abbia vissuta
non c’è molto senso nell’eseguirla”
Sono sempre stato attratto dalle canzoni religiose - Bob Dylan mi
dice - in “Amazing Grace” il verso “che salvò un disgraziato come me”,
non è qualcosa che tutti diremmo se fossimo abbastanza onesti?
A 73 anni Dylan è ancora in pista, ancora brutalmente onesto e
autenticamente se stesso, come potrete vedere in questa versione
completa dell’esclusiva intervista apparsa nel numero di Febbraio/Marzo
di AARP The Magazine e che potete trovare qui online.
Nelle 9000 e oltre parole che seguono, Dylan affronta ciò che raramente
ha in precedenza affrontato in una conversazione pubblica: esplora i
suoi processi creativi e offre i suoi pensieri profondi sulla scrittura
di canzoni, la loro presentazione al pubblico, registrazione, e la
distruzione creativa scatenata dal rock and roll.
Per divertimento, forse, ci lancia alcune acute digressioni su
contemporanei quali Elton John ed Eric Clapton, ma riserva il suo elogio
incondizionato per la poesia di Chuck Berry e il fuoco che ustiona
l’anima di Billy Graham.
Si rimane colpiti, ed io lo ero allora come adesso, di quanto forte sia
il ruolo che la musica ha giocato nella vita di Dylan che in diversi momenti rimase ipnotizzato, incantato, elevato, messo al
tappeto da quel che aveva sentito. Ascoltando le Staple Singers la prima
volta a 14 anni, disse, di non aver potuto dormire quella notte “entrò dentro come se il mio corpo fosse invisibile”.
Dall’istante in cui inciampò nel blues, country e gospel arrivando al
fondo della manopola della radio, non interruppe più l' ascolto attento,
assorbendone il meglio. Studente e professore della più vera musica
d’America, inizia la nostra conversazione spiegando la sua decisione di
registrare i 10 standard amati per "Shadows in the Night".
D. Dopo molti dischi di canzoni originali acclamati dalla critica,
perché hai registrato un disco come questo ora?
R. Ora è il momento giusto. Ci ho pensato per un pò almeno da quando ho
ascoltato Stardust di Willie (Nelson) alla fine degli anni ’70. Pensai che potevo
farlo anch’io. Così andai a trovare Walter Yetnikoff, che era il Presidente
della Columbia Records. Gli dissi che volevo fare un disco di standard,
come il disco di Willie. Ciò che lui disse fu ”Puoi andare avanti e fare
quel disco, ma non lo sosterrò economicamente e non lo realizzeremo. Ma
và avanti e fallo se vuoi”. Così me ne andai e feci invece Street Legal. Probabilmente Yetnikoff aveva ragione. Era troppo presto perché io
facessi un disco di standard.
Nel corso degli anni ho sentito queste canzoni registrate da altre
persone e ho sempre avuto l'idea di farlo anch’io. E mi domandavo se qualcun
altro la vedesse allo stesso modo. Non vedevo l’ora di ascoltare le
registrazioni di quegli standard fatte da Rod (Stewart). Mi chiedevo se qualcuno
potesse mettere qualcosa di diverso in queste canzoni. Rod certamente
era in grado di farlo. Ma il suo disco fu deludente. Rod è un grande cantante. Ha
una gran voce, ma non c’era ragione di mettergli dietro un’orchestra di
30 elementi. Non voglio contestare il diritto di nessuno di guadagnarsi
da vivere, ma puoi sempre dire se qualcuno ci mette il cuore e l’anima e
non penso che Rod ce l’abbia messi. Suona come un sacco di dischi in cui
le parti vocali sono sovraregistrate e questo tipo di canzoni non
vengono bene se usi le tecniche di registrazione moderne.
Per coloro i quali sono cresciuti con questo tipo di canzoni e non le
hanno mai prese in grande considerazione, queste sono le stesse canzoni
che il rock and roll è venuto a distruggere, music hall, tangos, pop
songs dagli anni ’40, fox-trots, rumbas, Irving Berlin, Gershwin, Harold
Arlen, Hammerstein, compositori di grande fama. E’ difficile per i cantanti moderni
sintonizzarsi con questo tipo di musica e di canzoni.
Quando infine abbiamo registrato, avevo circa 30 canzoni e queste 10
sono venute a comporre una specie di dramma. Tutte sembrano collegate in
un modo o nell’altro.
Abbiamo suonato un mucchio di queste canzoni ai sound checks sul palco
in giro per il mondo senza un microfono per la voce e si poteva sentire
piuttosto bene. Di solito queste canzoni si sentono con un’orchestra
completa, ma io le stavo suonando con una band di 5 persone e non si sentiva la
mancanza di un’orchestra.
Naturalmente un produttore sarebbe venuto e avrebbe detto “mettiamo un
pò di strumenti a corda qui e una sezione di fiati là”. Ma io non
volevo fare questo. Non avevo neppure l’intenzione di usare tastiere o
pianoforte. Il pianoforte copre troppi territori e riesce a dominare
canzoni come queste in modi che tu non desideri. Una delle chiavi con
cui è fatto questo disco era lasciare fuori il piano e fare in modo che
non lo influenzasse in alcun modo.
D. Non pensi che sarà una sorpresa per i tuoi fans tradizionali?
R. Bene, non dovrebbero esserne sorpresi. Ci sono un sacco di esempi di
canzoni che ho cantato negli anni e sicuramente mi hanno in precedenza
sentito cantare degli standards.
D. Conoscevi molte di queste canzoni dall’infanzia? Alcune di queste
sono piuttosto vecchie
R. Sì, le conoscevo. Di solito non dimentico le canzoni se mi piacciono,
fosse pure di 30 anni fa o giù di lì.
D. Che tipo di procedimento hai seguito?
R. Una volta che ritieni di conoscere la canzone allora devi andare a
vedere come l’hanno fatta gli altri. Una versione ha portata all’altra
finché non abbiamo cominciato ad assimilare persino gli arrangiamenti di
Harry James. Addirittura quelli di Perez Prado. Il mio chitarrista di
pedal steel (Donnie Herron) è un genio in questo tipo di cose. Può suonare qualunque
cosa dal hillbilly al bebop. Qui abbiamo due chitarre e una fa solo la
ritmica. Il contrabbasso suona la partitura orchestrata. In un certo senso
è quasi come la musica folk. Voglio dire, non ci sono percussioni nella
band di Bill Monroe. Non le usava neppure Hank Williams. A volte il
battito rivela il mistero del ritmo. Forse sempre. Ho potuto registrare
queste canzoni in un solo modo, cioè dal vivo, per terra e con un
esiguo numero di microfoni. Niente cuffie, niente sovraincisioni,
niente sala di registrazione vocale, niente piste separate. Lo so che
questo è il vecchio stile ma per me è l’unico modo che poteva funzionare
per pezzi come questi. Penso di aver cantato ad un quindicina di
centimetri dal microfono. Per la maggior parte ho usato un microfono
(nell’originale “mix” invece di “mic” certamente un refuso) da studio
mixato così come veniva registrato. Abbiamo suonato il pezzo alcune
volte per il tecnico del suono, che ha messo qualche microfono
tutt’intorno. Gli ho detto che lo potevamo suonare tutte le volte che
voleva. E’ così che sono stai fatti tutti i pezzi.
D. Sembra quasi che avessi il microfono in faccia
R. Già, già…
D. Il materiale ha una resa molto intima. Suppongo che sia proprio quel
che volevi
R. Esatto. L’abbiamo registrato ai Capitol Studios che è l’ideale per un
disco così. Ma non abbiamo usato nulla della nuova attrezzatura. Il
tecnico aveva la sua personale attrezzatura che aveva usato ai vecchi
tempi e ce l’ha portata tutta. Come ho detto prima, ho provato con la
band tutto lo scorso autunno durante in tour che abbiamo fatto in
Europa. Abbiamo provato un bel pò di cose sul palco senza microfoni, di
modo che si potesse suonare al giusto volume. Quando abbiamo registrato
il disco è stao come se l’avessimo già fatto.
D. Splendidi fiati, davvero smorzati, quasi d’atmosfera
R. Sì, ma sono pochi. Corno francese, una tromba, un trombone, tutti a
suonare in armonia. Tutti insieme fanno un sound magnifico.
D. Gli arrangiamenti li hai fatti tu?
R. No, gli arrangiamenti originali erano per fino a 30 strumenti. Non
potevamo confrontarci con quelli e non ci abbiamo nemmeno provato.
Quello che dovevamo fare era fondamentalmente arrivare al cuore di
quello che rende ancora vive queste canzoni. Per farlo abbiamo preso
solo le parti necessarie. In un caso come questo, devi fidarti solo del
tuo istinto.
D. Hai ascoltato diverse versioni e poi le hai gettate via, ti sei
sciacquato la bocca e hai fatto la tua versione personale?
R. Be’, molte di queste canzoni sono state stracciate nel corso degli
anni. Ho voluto usare canzoni che tutti conoscono o pensano di
conoscere. Volevo mostrarne un lato diverso e ho aperto quel mondo in un
modo ancor più singolare. Devi credere a quel che dicono le parole e le
parole sono importanti come la melodia. Se non credi nella canzone e non
l’hai vissuta, ha poco senso suonarla. “Some Enchanted Evening” - quella
è una. Un’altra è “Autumn Leaves”. Questa è una canzone che è stata
eseguita fino alla morte. Voglio dire, chi è che non l’ha fatta? Se
canti “Autumn Leaves” devi sapere qualcosa dell’amore e della perdita e
sentirlo ugualmente dentro - altrimenti non ha senso farlo. E’ una
canzone troppo profonda. Uno scolaro non potrebbe mai cantarla in modo
convincente. La gente parla sempre di Frank (Sinatra) - ed è bene che lo
facciano - ma lui aveva i migliori arrangiatori. E non solo questo. Lui
ha fatto venire alla luce il meglio da gente come Billy May, Nelson
Riddle o Gordon Jenkins. Chiunque questi fossero, hanno lavorato per lui
diversamente da come hanno lavorato per altri. Gli hanno dato
arrangiamenti che sono semplicemente sublimi ad ogni livello. E lui,
naturalmente, ne è stato all’altezza perché aveva quella particolare
abilità di entrare nelle canzoni con una specie di modalità colloquiale.
Frank cantava per te, non di fronte a te, come fanno oggi molti cantanti
pop. Anche cantanti di standards. Non ho mai voluto essere un cantante
che canta di fronte a qualcuno. Ho sempre voluto cantare per qualcuno.
Potrei aver acquisito subliminalmente questa cosa da Frank molti anni
fa. Lo faceva anche Hank Williams. Lui cantava per te.
D. Questa è una selezione ad ampio raggio di canzoni di quello che la
gente chiama “The American Songbook”. Ma ho notato che Frank le ha fatte
tutte e 10. Ce l’avevi in mente?
R. Sai, quando cominci a fare queste canzoni è ovvio che tu abbia in
mente Frank. Perché lui è la montagna. Quella è la montagna che devi
scalare anche se ne fai soltanto un pezzo. Ed è difficile trovare una
canzone che lui non abbia fatto. E’ con lui che ti devi confrontare. Mi
piace particolarmente anche Nancy. Penso che Nancy sia di gran lunga
superiore alla maggior parte delle ragazzine che cantano oggi. E’ piena
di soul, anche in senso colloquiale. E da dove vengono queste doti? Bè,
è la figlia di Frank, no? Così, naturalmente. Anche Frank jr. è un bravo
cantante. Per lo stesso motivo, se vuoi fare una canzone di Woody
Guthrie, devi andare oltre Bruce Springsteen e approdare a Jack Elliott.
Così, finalmente arriverai a Woody ma potrebbe essere un lungo processo.
D. Hai scritto che la versione di Frank della canzone classica“Ebb Tide”
ti ha fatto stramazzare al suolo negli anni 60. Ma hai detto “Non potevo
ascoltare quella roba. Non era il momento giusto”.
R. Certamente…sì. Davvero. Ci sono un sacco di cose del genere nel mio
passato che ho dovuto lasciar perdere e continuare a muovermi nella mia
propria direzione. A volte mi sopraffaceva, perché quel mondo non era il
mio. Ebb Tide è una canzone con cui sono cresciuto. Non so dire
precisamente quando. Ma era un hit, una canzone pop. L’ha fatta Roy
Hamilton che era un cantante fantastico e l’ha fatta in modo grandioso.
E pensavo di conoscerla. Poi, a casa di qualcuno, avevano messo un disco
di Frank dove c’era Ebb Tide. Devo averla riascoltata 100 volte. Mi sono
reso conto che non la conoscevo. Ancora non la conosco oggi.
L’esecuzione ti ipnotizza. E’ un’esecuzione incantata. Non ho mai
ascoltato nulla di così supremo, ad ogni singolo livello.
D. Forse quella musica era troppo quadrata per ammettere che allora ti
piaceva?
R. Quadrata? Non penso che qualcuno avrebbe mai avuto il coraggio di
definire quadrato Frank. Lo sentiva anche Kerouac oltre a Bird [Charlie
Parker] e Dizzy [Gillespie]. Ma io stesso allora non ho mai comprato un
disco di Frank Sinatra, se è questo che intendi. Non ho mai ascoltato
Frank come uno che mi potesse influenzare. Quello di cui dovevo tener
conto erano i dischi e i dischi erano dappertutto, orchestrati in un
modo o in un altro. Swing music, Count Basie, romantic ballads, jazz
bands - difficile rendersi conto
di lui. Ma, come ho detto, lo sentivi comunque. Lo sentivi in macchina o
al juke-box. Eri consapevole dell’esistenza di Frank Sinatra, a
prescindere dalla tua età. Di certo nessuno adorava Frank Sinatra negli
anni 60 come invece accadeva negli anni 40. Ma lui non è mai scomparso.
Tutte le cose che pensavamo sarebbero rimaste per sempre, se ne sono
andate. Ma lui no.
D. Pensi che questo sia un album a rischio? Queste canzoni hanno fans
che diranno che la versione di Sinatra è intoccabile.
R. Rischio? Come camminare in un campo minato? O lavorare in una
fabbrica di gas velenoso? Non c’è niente di rischioso nel fare dischi.
Compararmi a Frank Sinatra? Stai scherzando. Essere menzionato insieme a
lui deve essere un specie di enorme complimento. Nessuno può
eguagliarlo. Né io né nessun altro.
D. Cosa credi che penserebbe Frank di quest’album?
R. Penso che innanzi tutto si stupirebbe che io abbia fatto queste
canzoni con una band di 5 elementi. Penso che, in qualche modo, ne
sarebbe orgoglioso.
“Mi hanno portato giù sulla terra e mi hanno sollevato
in aria allo stesso tempo
e Mavis era una grande cantante, profonda e misteriosa,
e persino da giovane, ho sentito che la vita stessa era un mistero”.
(Dylan a proposito della prima volta che sentì le Staples Sisters)
D. Che altro genere di musica ascoltavi crescendo?
R. All’inizio, prima del rock’n’roll, ascoltavo la musica delle big
band: Harry James, Russ Columbo, Glenn Miller. Cantanti tipo Jo
Stafford, Kay Starr, Dick Haymes. Qualunque cosa venisse dalla radio e
la musica suonata dalle band negli hotels dove i nostri genitori andavano
a ballare. Avevamo una grande radio che sembrava un jukebox, con sopra
un giradischi
Tutti i mobili erano stati lasciati nella casa dal precedente
proprietario, incluso un piano.
La radio/giradischi suonava i dischi a 78 giri. E quando traslocammo in
quella casa c’era su un disco. Il disco aveva un’etichetta rossa e
penso fosse un disco della Columbia. Cantava Bill Monroe o forse erano
gli Stanley Brothers. E cantavano “Drifting Too Far From Shore”. Non
avevo mai sentito niente del genere prima. Mai. E mi ha portato via da
tutta la musica convenzionale che ascoltavo.
Per comprendere questo dovreste sapere da dove venivo. Vengo dal
profondo nord. Ascoltavamo spettacoli radiofonici continuamente. Penso
di appartenere all’ultima generazione, o quasi all’ultima, che è
cresciuta senza la TV. Così ascoltavamo parecchio la radio. Molti di questi
shows erano drammi teatrali radiofonici. Per noi questa era come la nostra
TV. Tutto quel che sentivamo potevamo immaginarlo come se lo vedessimo,
anche i cantanti che ascoltavamo alla radio, non potevo vedere com’erano,
così immaginavo com’erano, com’erano vestiti, le loro movenze. Gene
Vincent? Quando me lo raffigurai per la prima volta, me l’immaginavo
come un tipo alto, allampanato e biondo.
D. Questo ha fatto di te un ascoltatore migliore?
R. Ha fatto di me l’ascoltatore che sono oggi. Mi ha fatto ascoltare le
piccole cose: lo sbattere delle porte, il tintinnare delle chiavi
dell’auto. Il vento che soffia tra gli alberi, le canzoni degli uccelli,
il rumore dei passi, un martello che pianta un chiodo. Suoni casuali. Il
muggire delle mucche.
Potrei mettere tutto quanto insieme e farne una canzone. Questo mi ha
fatto ascoltare la vita in un modo diverso. Sento ancora qualcuna di
quelle vecchie esibizioni radiofoniche e molte di esse sono ancora
valide.
Voglio dire, le battute potrebbero essere un pò datate, ma le
situazioni sembrano essere pressappoco le stesse. Non sento the Fat Man
o Superman o Inner Sanctum in un modo che chiameresti nostalgico.
Non riportano delle memorie. Proprio, mi piacciono.
D. Che cosa ascoltavi oltre ai drammi radiofonici?
R. Su al nord, la notte, potevi trovare queste stazioni radio senza nome
sul quadro delle frequenze, sai,che suonavano cose pre - rock’n’roll -
country blues. Volevamo ascoltare Slim Harpo o Lightnin’ Slim e i gruppi
gospel, i Dixie Hummingbirds, i Five Blind Boys of Alabama. Io ero nel
lontano nord, non sapevo neppure dove fosse l’Alabama. E poi c’erano a
orari differenti pezzi blues, potevi sentire Jimmy Reed, Wynonie Harris
e Little Walter. Poi c’era una stazione fuori Chicago? WSM-? E’ quella
la stazione che penso? Mandava tutta roba hillbilly. Riley Puckett,
Uncle Dave Macon, the Delmore Brothers. Sentivamo anche il Grand Ole
Opry da Nashville tutti i sabato sera. Ho sentito Hank Williams
piuttosto presto, quando era ancora vivo. Molte di quelle stars
dell’Opry, tranne Hank, naturalmente, sono venute a suonare all’Arsenale
nella città in cui vivevo. . Webb Pierce, Hank Snow, Carl Smith, Porter
Wagoner. Ho visto crescere tutte quelle stelle del country.
Una sera stavo a letto ad ascoltare la radio. Penso che fosse una
stazione di Shreveport, Louisiana. Non ero neanche sicuro di dove fosse
la Louisiana. Ricordo che sentivo “Uncloudy Day” degli Staple Singers. Ed
era la cosa più misteriosa che avessi mai sentito. Come la nebbia che
sale. L’ho riascoltata, forse la sera dopo, e il suo mistero s’è ancor
più infittito. Che cos’era? Come si può fare una cosa del genere? Mi ha
attraversato come se il mio corpo fosse invisibile. E quello cos’è? Una
chitarra col tremolo? E cos’è una chitarra col tremolo? Non ne avevo
idea. Non ne avevo mai vista una. E che razza di battimani è quello? E
quel cantante estrae dalla mia anima cose che neppure sapevo di avere.
Dopo aver ascoltato "Uncloudy Day” per la seconda volta penso di non
essere neppure riuscito a dormire quella notte. Sapevo che questi Staple
Singers erano diversi da qualunque altro gruppo gospel. E tuttavia chi
erano?
Pensavo a loro anche sul mio banco di scuola. Riuscii ad andare alle
Twin Cities (Minneapolis e St. Paul Minnesota) e a mettere le mani su
di un LP degli Staple Singers e una delle canzoni era proprio “Uncloudy
Day”. E ho pensato: “Ragazzi!” Ho guardato la copertina e l’ho studiata,
come di solito si fa con le copertine dei dischi. Sapevo chi era Mavis
senza bisogno che qualcuno me lo dicesse. Sapevo che era lei che cantava
la parte principale. Sapevo chi era Pops. Tutte le informazioni erano
sul retro del disco. Non molte, ma quanto bastava per farmi sapere
qualcosa. Nella foto sembrava che Mavis avesse più o meno la mia età. Il
suo modo di cantare mi ha messo al tappeto. Ho sentito parecchio gli
Staple Singers. Certo più di qualunque altro gruppo gospel. Mi piacciono
gli spirituals. Mi hanno colpito perché sono sinceri e seri. Mi hanno
portato giù sulla terra e mi hanno sollevato in aria allo stesso tempo,
e
Mavis era una grande cantante, profonda e misteriosa. E persino da
giovane ho sentito che la vita stessa era un mistero.
Questo prima che la musica folk entrasse nella mia vita. Ero ancora un
aspirante rock ‘n’ roller, il discendente, se vuoi, della prima
generazione della gente che suonava il rock ‘n’ roll, che è stata
spazzata via. Buddy Holly, Little Richard, Chuck Berry, Carl Perkins,
Gene Vincent, Jerry Lee Lewis. Suonavano questo tipo di musica che era
nera e bianca. Estremamente incendiaria. I tuoi vestiti potevano prender
fuoco. Era una mescolanza di cultura nera e di cultura hillbilly. Quando
ho sentito per la prima volta Chuck Berry, non ho pensato che fosse un
nero. Pensavo che fosse un bianco hillbilly. Per il poco che sapevo, era
anche un grande poeta. “Mentre volavo su un aereo della TWA sopra il
deserto ho visto una donna che camminava nella sabbia. Aveva camminato
per 30 miglia in direzione Bombay per incontrare un bell’uomo dagli
occhi castani”. Non pensavo alla poesia in quei tempi, le parole
semplicemente volavano via. Solo più tardi mi sono reso conto di quanto
sia difficile scrivere versi così. Chuck Berry avrebbe potuto essere
quel che voleva nel business della musica. Si è fermato dove stava ma
avrebbe potuto essere un cantante jazz, un cantante di ballate, un
virtuoso della chitarra. Avrebbe potuto essere un sacco di cose. Ma c’è
anche un aspetto spirituale in lui. Nel giro di 50 o 100 anni lo si
potrebbe anche ritenere un’icona religiosa. Ma c’è un solo lui, e
perfino quello che fa fisicamente è difficile da imitare. Se lo vedi dal
vivo, vedi che stona parecchio. Ma a chi non capiterebbe? Deve
costantemente suonare note da un ottavo sulla chitarra e cantare allo
stesso tempo, e in più suonare i brani e cantare. La gente pensa che
suonare e cantare sia facile. Non lo è. E’ facile strimpellare da soli
cantando una canzone - e questo va bene – ma se vuoi davvero suonare,
quando è importante, quello è davvero difficile e non molti sono in
grado di farlo bene.
D. E lui è sempre stato il chitarrista principale nella sua band.
R. Era l’unico chitarrista. Già. E c’era Jerry Lee [Lewis], la sua
controparte, e gente del genere. Ci deve essere stato qualche potere
elitistico che doveva sbarazzarsi di questi ragazzi e stroncare il rock
’n’ roll per quello che era e che rappresentava, non di meno per il
fatto che era una roba da bianchi e neri, legati e ben saldati insieme.
Se separi le due componenti, lo uccidi.
D. Vuoi dire la mescolanza razziale musicale ed è questo che l’ha reso
pericoloso?
R. Bè, il pregiudizio razziale c’era, per cui sì. E questo era
estremamente minaccioso per le autorità, direi. Quando si sono davvero
resi conto di cos’era, dovevano smantellarlo. Cosa che hanno fatto
cominciando con scandali di mazzette e cose del genere. L’elemento nero
fu virato nella soul music e quello bianco nel pop inglese. Li hanno
separati. Penso che il rock’n’roll sia una combinazione di country blues
e musica swing per gruppi, non il blues di Chicago, e pop moderno. Il
vero rock’n’roll esiste da quando? 1961, 1962? Bè, era parte del mio
DNA, così non se ne è mai andato via da me. L’ho soltanto incorporato in
altri aspetti di quel che stavo facendo. Non so se ho risposto alla tua
domanda (ride). Non ricordo qual era la domanda.
D. Parlavamo delle influenze che hai avuto e della tua cotta per Mavis
Staple.
R. Oh, gli Staple Singers! Mavis! Così avevo visto quella foto degli
Staple Singers. E mi sono detto: “Guarda, un giorno starai qui
abbracciato a quella ragazza”. Ricordo di aver pensato quello. 10 anni
dopo ero lì, abbracciato a quella ragazza. Ma è stato così naturale. Mi
sembrava di esserci stato già parecchie volte prima. Bè, c’ ero stato,
nella mia mente.
D. Ricordi cosa hai pensato in quel momento?
R. No, andavo troppo svelto. Mi sono ricordato di qualcosa solo almeno
10 anni dopo.
D. Pensavo a quanto sia stato importante per te andare alla ricerca dei
dischi di Woody Guthrie quando eri giovane. E pensavo a quanto Mick
[Jagger] e Keith [Richards] percorressero tutta Londra alla ricerca di
dischi di blues e a quanti quarti di dollaro introducesse Neil Young nel
juke-boxe per sentire Ian e Sylvia.
E a quanto in Internet ci sia tutto, schiacci appena un bottone e
ascolti qualunque cosa nella storia della musica registrata. Questo ha
reso la musica migliore? O peggiore? Valutata di più o di meno?
R. Bè, se tu fai parte del pubblico generico e hai tutta quella musica a
disposizione, cosa ascolterai? Quante di queste cose ascolterai allo
stesso tempo? Ti si incepperà la mente, sarà tutta confusione, penso.
Ai tempi, se volevi sentire Memphis Minnie, dovevi cercare una
compilation in cui ci fosse una canzone di Memphis Minnie. E se tu
allora avessi ascoltato Memphis Minnie, l’avresti accidentalmente
scoperta in un disco che conteneva anche Son House e Skip James e la
Memphis Jug Band. E magari avresti cercato Memphis Minnie in qualche
altro posto , una canzone qui, una là. Avresti cercato di capire chi
era. E’ ancora viva? Suona uno strumento? Può insegnarmi qualcosa? Posso
uscire con lei? Posso fare qualcosa per lei? Ha bisogno di qualcosa? Ma
ora, se vuoi sentire Memphis Minnie, puoi andarti a sentire un migliaio
di canzoni. Lo stesso per tutto il resto di questi artisti, come Blind
Lemon [Jefferson]. In passato forse avresti potuto sentire “Matchbox” e
“Prison Cell Blues.” E quello sarebbe stato tutto quello che avresti
potuto sentire, così quelle canzoni sarebbero state di spicco nella tua
mente. Ma quando senti una bufera di più di 100 canzoni di Blind Lemon,
ti viene da dire:”Oh, gente, che esagerazione!”. Ed è facile che le
apprezzeresti di meno.
"Queste canzoni (del mio album) sono state scritte da gente
che è finita fuori moda anni fa. Probabilmente sono uno che ha
contribuito
a mandarli fuori moda. Ma ciò che essi hanno fatto
è una forma d’arte perduta".
D. Le canzoni di questo album sono nell’ordine in cui tu vorresti che la
gente li ascoltasse? Ti importa se la Apple le vende una per volta?
R. Lo scopo commerciale del disco non è un fatto mio. Certo, spero che
venda e mi piacerebbe che la gente lo ascoltasse. Ma il modo di
ascoltare musica delle persone è cambiato e spero che abbiano la
possibilità di ascoltare tutte le canzoni in un modo o in un altro. Ma
ho registrato queste canzoni, che ci crediate o no, nello stesso ordine
in cui le ascolterete. Non che questo davvero importi. Non ho prestato
attenzione alla sequenza come per altri dischi. Normalmente noi facciamo
una canzone in tre ore. Non c’è mixaggio. Questo è il modo in cui le
abbiamo suonate. Niente manopole, niente potenziamenti, niente - è tutto.
La Capitol ha quelle grandi camere eco. Per cui probabilmente le hanno
un pò usate. Noi abbiamo usato meno tecnologia possibile. Si è
sbagliato molte altre volte. Volevo farlo nel modo giusto.
D. Questa registrazione è un esperimento?
R. E’ stato più che un esperimento. Per il semplice fatto che avevamo
già suonato queste canzoni. Eravamo assolutamente sicuri che potevamo
eseguirle. La questione è solo se eravamo in grado di registrarle
correttamente. Immagino che diresti che l’abbiamo fatto nel vecchio
stile. Questo è il modo in cui sono comunque abituato a fare dischi. Non
ho mai usato cuffie fino agli anni ’80 o’90. Non mi piace usare cuffie.
D. Senti che questo crea distanza?
R. Sì, c’è una totale disconnessione. Puoi sopraffare te stesso nella
tua stessa testa. Non ho mai sentito nessuno cantare efficacemente con
quelle cose sulle orecchie. Ti danno falso un senso di sicurezza. Molti
di noi non usano le cuffie. Non penso che le usi Springsteen. So che
Mick non le usa. Non penso che le usi. Ma altri più o meno si sono
arresi. Lo fanno. Ma non dovrebbero. Non ne hanno bisogno. In special
modo se hanno una buona band.
Gli studi di registrazione sono pieni di tecnologia. Sono organizzati in
quel modo. E aggiornarli significa per me che bisognerebbe tornare
indietro. Questa è la mia idea di miglioramento. E questo non succederà.
Per quanto ne so, gli studi di registrazione sono sempre prenotati,
Così, ovviamente, la gente ama tutti i miglioramenti. Più avanzano
tecnicamente, più ottengono richieste. Le corporation hanno preso il
controllo. Perfino nello studio di registrazione. Di fatto, le
corporation hanno preso il controllo della vita americana quasi ovunque.
Vai da una costa all’altra e troverai persone tutte vestite nello stesso
modo, che hanno gli stessi pensieri e mangiano gli stessi cibi. Tutto
viene gestito.
D. Parliamo della prima canzone dell’album “I’m a Fool To Want You.”.
Sono interessato al modo in cui hai comunicato lo strazio che c’è in
questo pezzo. Si pensa che Frank Sinatra lo abbia scritto per Ava
Gardner, suo grande amore. Una volta tu hai scritto che il performer,
l’artista trasmette emozioni in modo alchemico “Io questo non lo sento,”
hai detto ”quel che sto facendo è comunicarlo” E’ corretto?
R. Hai ragione, ma non vuoi enfatizzarlo. Guarda, ha tutto a che fare
con la tecnica. Ogni cantante ha tre o quattro o cinque tecniche e le
puoi mettere insieme in varie combinazioni. Alcune tecniche le scarti
strada facendo e ne raccogli altre. Ma ti servono. Come per qualunque
altra cosa. Devi sapere certe cose di quel che stai facendo che altri
non conoscono. Cantare ha a che fare con le tecniche e con quante ne
utilizzi allo stesso tempo. Una sola non funziona. Non è il caso di
superare le tre. Ma puoi interscambiarle quando ti pare opportuno. Così,
sì, è un pò come l’alchimia. E’ diverso dall’essere un attore che può
richiamare risorse dalla sua stessa esperienza a cui può ricorrere sia
che si tratti di un dramma di Shakespeare o di un qualsivoglia show
televisivo. Con una canzone non è la stessa cosa. Un attore finge di
essere qualcuno, ma un cantante no. Non può nascondersi dietro a nulla.
E questa è la differenza. I cantanti oggi devono cantare canzoni in cui
è coinvolta poca emozione. Questo e il fatto che debbano cantare dischi
hit degli anni passati non lascia molto spazio ad alcuna forma
d’intelligente creatività. In un certo qual modo, avere hits seppellisce
un cantante nel passato. Molti cantanti si nascondono nel passato perché
laggiù è più sicuro. Se hai sentito la musica country di oggi, capirai
di cosa sto parlando.
Perché tutte queste canzoni fanno fiasco? Penso che la tecnologia abbia
molto a che fare con questo. La tecnologia è meccanica e contraria alle
emozioni che permeano la vita di una persona. Il campo della musica
country è stato in particolare colpito duramente da questi cambiamenti.
Queste canzoni (del mio album) sono state scritte da persone che sono
andate fuori moda anni fa. Probabilmente sono uno che ha contribuito a
mandarli fuori moda. Ma ciò che hanno fatto è una forma d’arte perduta.
Come Leonardo da Vinci e Renoir e Van Gogh. Nessuno dipinge più così. Ma
non è sbagliato provarci.
Così una canzone come “I’m a Fool to Want You”- conosco quella canzone.
So cantare quella canzone. Sento ogni parola di quella canzone. E’ come
se l’avessi scritta. Ho sentito ogni parola di quella canzone. Voglio
dire, conosco quella canzone. E’ più facile per me cantare quella
canzone che cantare “Won’t you come see me, Queen Jane”. All’epoca non
sarebbe stato così. Ma ora è così. Perché “Queen Jane” potrebbe essere
un pò datata. Non può essere sorpassata. Ma questa canzone non è
datata. Ha a che fare con l’emozione umana, che è una costante. Non c’è
niente di artificioso in queste canzoni. Non c’è una sola parola falsa
in esse. Sono eterne, liricamente e musicalmente
D. Ti piacerebbe averle scritte?
R. In un certo modo, sono felice di non averne scritta nessuna. Ho un
atteggiamento positivo con le canzoni che non ho scritto, se mi
piacciono. So già com’è la canzone, così ho maggior libertà a trattarla.
Capisco queste canzoni.. Le conosco da 40, 50 anni, forse di più, e
questo è significativo. Così non giungo a loro come uno straniero. Ho
scritto tutte le canzoni che sentivo fossero…non so come dire.. Viaggi
nel mondo, vai a vedere cose diverse. Mi piace vedere i drammi di
Shakespeare, così ci vado, voglio dire, persino se è in una lingua
diversa. Non m’importa, mi piace Shakespeare, sai. Ho visto negli anni
l’Otello e l’Amleto ed Il Mercante di Venezia, e alcune versioni sono
migliori di altre. Molto migliori. E’ come ascoltare una brutta versione
di una canzone. Ma poi da qualche altra parte qualcuno ne fa una grande
versione.
D. Mi piace la tua versione di “Lucky Old Sun.” Puoi parlarci di che
cosa ti ha attratto in questo pezzo in particolare? Te ne ricordi?
R. Oh, ho sempre conosciuto quella canzone. Non penso che qualcuno della
mia età ricordi di non aver mai conosciuto quella canzone. Intendo, è
stata registrata migliaia di volte. L’ho cantata in concerto.
D. Davvero?
R. Sì, ma non ero mai andato al cuore della canzone fino a poco tempo fa.
D. Dunque, come hai fatto?
R. Bene, riduci all’osso la canzone e vedi se è davvero alla tua
portata. La maggior parte delle canzoni sono intercalate da ponti. Un
ponte è qualcosa che distrae un ascoltatore dai versi principali di una
canzone così che chi ascolta non ne sia ripetitivamente annoiato. Le mie
canzoni non hanno molti ponti perché la poesia lirica non ne aveva mai
avuti.
Ma quando una canzone come “Autumn Leaves” si presenta, devi decidere
cosa di questa sia reale e cosa no. Ascolta come la fa Eric Clapton. Lui
canta la canzone e poi suona la chitarra
per 10 minuti, quindi canta la canzone ancora. Forse suona addirittura
ancora la chitarra, non ricordo. Ma quando ascolti la sua versione, dove
pensi sia la sua importanza? Ovviamente sta nel fatto che suona la
chitarra. Canta la canzone due volte ed entrambe nello stesso modo. E
non c’è realmente ragione nel farlo a meno che tu non canti la canzone
in un modo differente.. E’ Ok per Eric perché lui è un maestro nel
suonare la chitarra e, naturalmente, questo è ciò che vuole evidenziare
in ogni canzone che registra.. Ma altri non sanno farlo e cercano di
cavarsela. E questo non è proprio il modo di cogliere in profondo
“Autumn Leaves”.
E in quanto a performer, non hai molte possibilità nel farlo. E quando
ne hai l’opportunità, non vuoi sprecarla. Con tutte queste canzoni devi
studiare i testi. Devi osservare ognuna di queste canzoni ed essere in
grado di identificarti con esse in modo significativo. Difficilmente
puoi cantare queste canzoni a meno che tu non sia dentro di esse. Se
vuoi fingere, vai avanti. Fingi se vuoi. Ma io non sono quel tipo di
cantante.
D. Possiamo parlare un pò delle melodie di queste canzoni?
R. Sì, sono incredibili, non credi? Tutte queste canzoni hanno sotto
temi di musica classica. Perché? Perché tutti questi compositori hanno
studiato musica classica. Sono compositori che conoscevano la teoria
musicale e uscivano dalle accademie di musica. Potrebbe esserci un
pezzetto di Mozart, Bach, Paul Simon ha costruito un’intera canzone su
una melodia di Bach, o potrebbe essere un pezzo Beethoven o Liszt,
Chopin, Rachmaninoff, o Stravinsky o Tchaikovsky.
Puoi ricavare un sacco di grandi melodie ascoltando Tchaikovsky se sei
un autore di canzoni commerciali e questi lo hanno fatto. Non che io
stesso riconosca da dove vengano queste melodie o parti di queste, ma
so che provengono da qualche parte in quella direzione. La maggior parte
di queste canzoni sono scritte da due persone, una la musica e l’altra
le parole.
C’è solo uno di questi che io conosco che ha fatto tutto ed è Irving
Berlin. Scriveva melodia e versi. Questo tipo era assolutamente un
genio. Voglio dire che aveva un dono, come dire, che non cessava mai di
generare, nonostante i temi classici, perché non penso ne usasse. Ma
chiunque altro scriveva testi doveva dipendere dalla parte musicale. Gli
stessi autori di versi erano una razza buffa. Non erano ciò che
penseresti. Arrivavano da ogni percorso di vita. Intellettuali, poco
colti…Poteva essere un riparatore di telefoni, un compositore tipografico,
un'assicuratore. Uno era imbianchino, un altro meccanico,
Jimmy Van Heusen era un pilota stunt. Tutte queste persone sapevano come
farla facile e conoscevano l’ordinaria vita quotidiana, la vita comune.
E hanno fatto un buon lavoro.
D. Che sapevano parlare in vernacolo?
R. Che parlavano in vernacolo. Esattamente. Così non c’è niente di
forzato in queste canzoni. Non c’è una sola parola falsa in esse.
D Ti piace Johnny Mercer?
R. Amo Johnny Mercer. Sì, mi piace
D. Ha scritto il testo inglese di “Autumn leaves”.
R. Sì. Beh, questo non mi sorprende. Amo tutte le cose che ha fatto, è
uno degli autori più dotati. Sì. “Jeepers Creepers”, “Lazy Bones”,
“Blues in the Night”. Facciamo un mucchio di queste canzoni durante le
prove del suono. Se fosse in giro ora, mi piacerebbe dargli qualcuna
delle mie registrazioni strumentali. Vedere cosa ne farebbe. Ma
poterebbero essere indegne di lui.
D. Le tue interpretazioni e questi arrangiamenti sono molto rispettosi.
Gli arrangiamenti sono quasi austeri, ma le tue interpretazioni sono
molto rispettose di queste melodie, più di quanto tu sia rispetto alle
tue proprie canzoni quando le esegui.
R. Bene, amo queste canzoni, e non mancherò mai di rispetto ad esse né le
tratterò in modo irriverente. Rovinare queste canzoni sarebbe sacrilego.
Abbiamo tutti sentito queste canzoni rovinate e ci siamo abituati.
Passano senza neanche essere ascoltate. In qualche modo vuoi raddrizzare
il torto, forse inconsciamente. Ma non faccio crociate. Penso che se
altri vogliono farla, possono e devono. Ma va bene lo stesso anche se
non lo fanno. Non penso a queste canzoni come cover. Le ritengo canzoni
che sono state eseguite prima in molti modi. La parola “cover” è entrata
nel gergo musicale. Nessuno avrebbe potuto capirlo negli anni ’50 e ’60.
E’ una specie di termine spregiativo. Cosa significa quando copri
qualcosa? Che la nascondi? Non ho mai compreso quel termine. Sto facendo
un mazzo di covers? Bene, sì, se la metti così.
D.Così ti stai veramente svelando?
R. Esattamente. Questo è il punto
THE FANS
“Non direi che ci sia un solo tipo di fan…ce n’è di tutti i tipi.
Posso vedere che ce ne sono di diversi tipi,
a prescindere dall’età".
D . Queste canzoni avranno un pubblico diversa rispetto a quello che
avevano in origine. Ti senti come un archeologo musicale?
R. No, semplicemente amo queste canzoni e sento di potermici connettere.
Spero che la gente si connetta con loro nel mio stesso modo. Non ho idea
di cosa piaccia o meno alla gente. Sarebbe presuntuoso pensare che
queste canzoni troveranno nuovo pubblico come se emergessero dal nulla.
Certamente, le persone che sentivano queste canzoni prima, come i miei
genitori e persone così, non sono più con noi. Non posso generalizzare a
chi interesseranno queste canzoni. Inoltre, quando guardo giù dal palco,
vedo qualcosa di diverso da quello che forse vedono gli altri performer
D. Che cosa vedi dal palco?
R. Di sicuro non un mare di conformità. Gente che non posso
categorizzare facilmente. Non direi che c’è un solo tipo di fan. Vedo un
tipo vestito in abito e cravatta accanto ad uno in blue jeans. Vedo un
altro in abito sportivo accanto ad uno in T shirt e stivali da cow boy.
Vedo qualche volta donne in abito da sera e vedo ragazze in stile punk.
Tutti i tipi di persone. Posso vedere che ce n’è di tutti i tipi a
prescindere dall’età. Sono stato ad uno spettacolo di Elton John ed è
stato interessante. Ci devono essere state almeno tre generazioni di
persone là. Ma erano tutti uguali. Persino i bambini piccoli.
Assomigliavano proprio ai loro nonni. Era strano. La gente solleva
polveroni a proposito di quante generazioni seguano un certo tipo di
performer. Ma che importa se tutte le generazioni sono uguali? Sono
lieto di non vedere un certo tipo di persone che sarebbero facilmente
individuabili. Non mi curo dell’età, ma il mercato dei giovani
adolescenti, penso che sia ovvio, potrebbe non avere l’esperienza che ci
vuole per comprendere queste canzoni e apprezzarle.
D. Così noi all’ AARP rappresentiamo persone di 50 anni e oltre. La
rivista raggiunge i 35 milioni di lettori
R. Bene, molti di quei lettori ameranno questo disco. Se dipendesse da
me vi darei i dischi per niente e voi li dareste ad ogni lettore della
vostra rivista. Penso che molti dei vostri lettori si identificheranno
con queste canzoni.
D. Le canzoni di questo album evocano una specie di amore romantico che
è quasi antico, perché non c’è più molta resistenza nel corteggiamento.
La gente si dà appuntamenti e finisce subito a letto. Quel dolce,
doloroso concupire degli anni ’40 e ’50 non esiste più. Pensi che queste
canzoni suoneranno sdolcinate (corny) alle orecchie dei più giovani ?
R. Tu lo dici. Voglio dire, non so perché dovrebbero suonare tali, ma
cosa significa esattamente la parola “sdolcinato”? La conosco ma non la
uso molto. E’ come “pacchiano” (tacky). Non dico neppure quella parola.
Non c’è potere in quelle parole. Queste canzoni, prendere o lasciare, se
non altro, sono canzoni di grande virtù. E’ ciò che sono. Se suonano
trite e sdolcinate per qualcuno, amen. Ma la vita della gente oggi è
piena a così tanti livelli di vizio e dei suoi segni esteriori.
Ambizione, avidità ed egoismo tutte hanno a che fare col vizio. Presto o
tardi devi capirlo o non sopravvivi. Non vediamo la gente che il vizio
distrugge. Ne vediamo ogni giorno il riverbero, ovunque guardiamo, dai
segnali sui cartelloni ai cinema, ai giornali, alle riviste. Vediamo la
distruzione e la derisione della vita umana, ovunque si guardi. Queste
canzoni sono tutto fuorché questo. L’amore romantico non va mai fuori
moda. E’ radicale. Forse non è in linea con la corrente cultura dei
media.. Se non lo è, amen.
D. Qual è la canzone migliore che hai scritto sullo strazio amoroso e la
perdita?
R. Penso “Love Sick” [da Time Out of Mind del 1997]
D. U tuo compatriota del Minnesota, F. Scott Fitzgerald, disse
notoriamente “Non ci sono secondi atti nella vita americana” Tu sei un
uomo che ha avuto probabilmente quattro o cinque secondi atti. Poeta,
voce di una generazione, trovatore, rocker ed ora crooner!
R. Sì.[Ride]. Lo so. Giusto. Bene, vedi, probabilmente l’ha detto in un
giorno e ad un’ età in cui diceva la verità.
D. Una volta hai detto che come artista folk sei entrato nel business
musicale attraverso la porta laterale.
R. L’ho detto?
D. Sì. E penso di sapere cosa volevi dire, perché nessuno pensava che la
musica folk avrebbe avuto molta importanza nel business musicale
all’epoca. Ora eccoti qui con questa grande parata di iconiche canzoni
americane. Sei finalmente entrato dalla porta principale?
R. Direi che è abbastanza corretto. Devi proprio continuare ad andare
avanti per trovare quello che ti farà entrare nella porta se davvero
vuoi entrarci. Qualche volta nella vita quando viene il momento giusto e
hai avuto la chiave, la butti via. Ti rendi conto che qualunque cosa tu
stessi cercando da tutta la vita non è dove pensavi che fosse. La musica
folk è arrivata esattamente al momento giusto nella mia vita. Non
avrebbe potuto succedere 10 anni più tardi e 10 anni prima non avrei
neppure saputo che tipo di canzoni fossero. Erano così diverse dalla
musica popolare. Ma è venuta al momento giusto, così ho proseguito per
quella strada. Poi la musica folk venne relegata ai margini. Forse era
divenuta commerciale o forse i Beatles l’hanno uccisa. Forse non sarebbe
andata da nessuna parte comunque. Ma effettivamente, in questo tempo ed
epoca, è ancora una vibrante forma di musica e molte persone la cantano
e la suonano molto meglio di quanto avessimo mai fatto noi. Non si può
proprio dire che facesse parte del campo del pop. Io sono arrivato lì in
un momento in cui non c’era nessun altro o addirittura ne conosceva
l’esistenza, così ho avuto per me l’intero panorama. Ho cominciato a
scrivere canzoni. Immaginavo che dovessi farlo, non potevo essere un
rocker infernale: Ma potevo scrivere versi infernali.
Quando stavo crescendo, Billy Graham era molto popolare. E’ stato il più grande
predicatore evangelico dei miei tempi, quel tipo poteva salvare le
anime e l’ha fatto. Sono stato a due o tre dei suoi raduni negli anni 50
e 60. Questo tipo era il rock ’n’ roll personificato, pericoloso,
esplosivo. Aveva i capelli, il tono di voce, l’eloquenza, quando
parlava tirava giù il temporale. Le nuvole si scioglievano. Le anime si
salvavano, a volte 30 o 40.000. Se tu fossi mai stato allora ad un raduno
di Billy Graham, saresti cambiato per sempre. Non c’è mai stato un
predicatore come lui. Poteva riempire stadi di football come nessun
altro. Poteva riempire il Giants Stadium perfino più della stessa
squadra dei Giants. Sembra un sacco di tempo fa. Molto prima che Mick
Jagger cantasse la sua prima nota o Bruce si mettesse a tracolla la sua
prima chitarra - quella è un pò la parte del rock ’n’ roll che ho
conservato. Dovevo. Ho visto Billy Graham in carne ed ossa e l’ho
sentito forte e chiaro.
Il Metodo
“Una volta che mi focalizzo su qualcosa, me la suono davvero nella mia
mente finché
arriva un’idea dal nulla, ed è normalmente la chiave per l’intera
canzone. E’ l’idea che conta
L’idea mi fluttua intorno a lungo”.
D. Molte delle tue canzoni più recenti trattano della vecchiaia. Una
volta hai detto che le persone non si ritirano, svaniscono, si
esauriscono. Ed ora a 73 anni, tu sei bisnonno.
R. Guarda, si invecchia.. La passione è un gioco da giovani, ok? I
giovani possono essere appassionati. Le persone più anziane devono
diventare più sagge. Voglio dire, sei in giro da un pò, lasci certe
cose ai giovani e non cerchi di comportarti come se fossi un giovane.
Potersti veramente farti male.
D. Attorno al 1966, ti sei isolato per più di un anno e ci sono state
molte speculazioni sui motivi. Ma era per proteggere la tua famiglia,
non è così?
R. Assolutamente. E’ così.
D. E penso che la gente non volesse davvero capirlo, perché la tua
visione stravagante del mondo come artista gli aveva fatto pensare che tu
eri
una persona stravagante, ma in realtà eri un tipico papà che stava
cercando di proteggere i suoi bambini.
R. Assolutamente. Ho rinunciato alla mia arte per farlo.
D. Ed è stato doloroso?
R. Assolutamente frustrante e doloroso, naturalmente, perché quel dono
istintivo, che per me è essere portato per la musica, mi aveva portato
fin lì. L’ho fatto, sì, ed è stato doloroso doverlo fare. Ma non avevo
scelta.
D. Ora la tua vita la passi per lo più sulla strada: un centinaio di
serate all’anno. Ho letto che una volta tua nonna ti disse che la
felicità non è la strada verso alcunchè. Disse che è la strada (ciò che
porta a qualcosa – n.d.t.).
R. Mia nonna era una donna meravigliosa.
D. Tu ovviamente trai grande gioia e collegamento con chi ti viene a
vedere.
R. Non è diverso rispetto ad uno sportivo che sta molto sulla strada.
Roger Federer, il tennista, voglio dire, sai, lavora la maggior parte
dell’anno. Forse qualcosa come 250 giorni all’anno, ogni anno, anno dopo
anno. Voglio dire, è più di quanto faccia B.B.King. Quindi è relativo.
Voglio dire, sì, devi andare dove la gente sta. Non puoi portarla dove
sei tu a meno che tu non abbia un contratto per suonare a Vegas. Ma la
felicità, stiamo parlando della felicità?
D. Sì.
R. OK. Un sacco di gente dice che non esiste la felicità in questa vita,
e certamente non c’è una felicità permanente. Ma l’autosufficienza
produce felicità. La felicità è uno stato di beatitudine. A dir la
verità, non ha mai attraversato la mia mente. Solo perché tu sei felice
un momento, dici sì, è un buon pasto, mi rende felice, bene, non deve
necessariamente essere vero l’ora successiva. La vita ha i suoi alti e
bassi, e il tempo deve essere il tuo compagno, sai? Veramente, il tempo
è il solo amico del tuo spirito. I bambini sono felici. Ma non hanno
ancora esperienza degli alti e bassi della vita. Non sono nemmeno sicuro
di cosa significhi la felicità, a dire il vero. Non so se personalmente
la potrei definire.
D. L’hai toccata?
R. Sì, lo facciamo tutti.
D. La stringiamo?
R. Lo facciamo tutti ad un certo punto, ma è come l’acqua, scivola via
dalle mani. Finché c’è sofferenza, puoi solo essere così felice. Come
può essere felice una persona se ha sfortuna? Può il denaro far felice
una persona? Un ricco miliardario che può comprarsi 30 macchine e forse
una squadra sportiva è un tipo felice? Cosa potrebbe renderlo più
felice? Lo farebbe felice regalare il proprio denaro a paesi stranieri?
C’è più contentezza in questo che donarlo qui nei quartieri poveri e
creare lavoro. Questa è una falsa premessa, và avanti e credici. Il
governo non ha intenzione di creare lavoro? Non è scritto da nessuna
parte che uno dei compiti del governo è quello di creare posti di
lavoro. E’ una falsa premessa. Ma se ti piacciono le bugie vai avanti
così e credici. Il governo non creerà posti di lavoro. Non è compito
suo. E’ la gente che deve creare lavoro e questi grandi miliardari sono
coloro che possono farlo. Non vediamo che sta accadendo. Vediamo
esplodere il crimine ed i quartieri poveri, con gente che non ha nulla da
fare se non vagabondare dandosi al bere e alle droghe, diventando
assassini e carcerati. Potrebbero tutti aver un'occupazione,e un lavoro creato per loro
da tutti questi miliardari di successo. Di certo questo creerebbe un
sacco di felicità. Ora, non sto dicendo che lo debbano fare, non sto
parlando di comunismo, ma che ne fanno dei loro soldi? Li usano in modo
virtuoso? Se non hai idea del tutto di cosa sia la virtù, cerca in un
dizionario greco. Non c’è niente di sentimentale in questo.
D. Perciò dovrebbero spostare i loro obiettivi?
R. Sì, penso che dovrebbero, sì, perché ci sono un sacco di cose
sbagliate in America e specialmente nei quartieri poveri che loro
potrebbero risolvere. Sono zone pericolose e non dovrebbero esserlo. C’è
brava gente là, ma è oppressa dalla mancanza di lavoro, Queste persone
potrebbero tutte essere impegnate in qualcosa. Questi multimiliardari, e
sembrano essercene sempre più ogni giorno, possono creare industrie
proprio lì nei ghetti d’America. Ma nessuno può dire loro cosa fare. Dio
deve guidarli.
D.Il lavoro remunerativo rappresenta una sorte di salvezza nella tua
visione? Sentire valore e orgoglio in quel che fai?
R. Certamente.
D. Lasciami parlare per un attimo del tuo dono. Ci sono artisti come
George Balanchine, il coreografo, che sentiva di essere un servo della
sua musa. Qualcun altro come Picasso sentiva di essere il padrone nel
processo creativo. Come hai affrontato il tuo proprio dono nel corso
degli anni? Intendo lo scrivere canzoni, la tua ispirazione, la tua
creatività?
R. [Risata]
D. Questo ti fa ridere?
R. Bene. Scambierei ruolo con Picasso se potessi, creativamente
parlando. Mi piacerebbe pensare che sono stato il padrone del mio
processo creativo, pure, e che ho potuto fare solo quel che volevo
quando volevo e che l’ho fatto su vasta scala. Ma naturalmente non è
vero. Come Sinatra, c’è stato solo un Picasso. Per quanto riguarda
George il coreografo, sono più propenso a sentire quel che faccio nel
suo stesso modo. Non è facile determinare il processo creativo.
D. E’ sfuggente?
R. Sì, completamente, assolutamente. E’ incontrollabile. Rende senza
senso i termini letterali. Vorrei poterti illuminare, ma non riesco,
suona stupido solo provarci. Ma tenterò. Comincia così. Che tipo di
canzone ho bisogno di suonare nel mio show? Cosa non ho? Spesso inizia
con quello che non ho invece di lavorare su più cose dello stesso tipo.
Ho bisogno di ogni tipo di canzoni, veloci, lente, in chiave minore,
ballate, rumbe, e me le palleggio tutte durante uno show dal vivo. Cerco
da anni di inventare canzoni che abbiano la sensibilità di un dramma
Shakespeariano, così parto sempre da questo. Una volta che mi focalizzo
su qualcosa, me la suono davvero nella mia mente finché arriva un’idea
dal nulla, ed è normalmente la chiave per l’intera canzone. E’ l’idea che
conta. L’idea mi fluttua intorno a lungo. E’ come l’elettricità, che
esisteva molto prima che Edison la imbrigliasse. Il comunismo era
nell’aria da tanto prima che Lenin lo rilevasse. Pete Townshend ha
pensato a Tommy per anni prima di scriverci effettivamente qualche
canzone. Quindi la creatività ha molto a che fare con l’idea di fondo.
L’ispirazione è quello che viene quando tu stai lavorando su quell’idea.
Ma l’ispirazione non susciterà ciò che non c’era già dall’inizio.
D. Sei stato generoso ad accettare tutte queste domande.
R. Ho trovato le domande molto interessanti. L’ultima volta che ho fatto
un’intervista, il tipo voleva sapere di tutto tranne che di musica.
Amico, sono solo un musicista, sai? La gente lo fa dagli anni ’60, mi
fanno domande come se le rivolgessero a un medico o a uno psichiatra o a
un professore o a un politico. Perché? Perché mi chiedete queste cose?
D. Che genere di domande si fanno a un musicista?
R. Di musica! Esattamente.
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